Una cena in ambasciata. Linguaggio FORMALE

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Ramona: ebbene, sarei curiosa di sapere se è stata resa nota la data della cena in ambasciata per discutere dell’emergenza immigrazione.

Shrouk:  purtroppo,  onorevole, sembra che ci sia ancora qualche impedimento. 

Adriana: anche io ne sono oltremodo rammaricata; qualcuno è a conoscenza delle motivazioni?

Thiago: credo di poter dire, con quasi assoluta certezza, che non tutti gli invitati abbiano ancora dato la loro disponibilità  per la data proposta dell’ambasciatore.

Lilia: onorevoli colleghi, vi invito cortesemente a prendere una decisione in merito in tempi brevi.

Amany:  non me ne vogliate, è stata una mia mancanza. Ho avuto un’agenda che recentemente ha subito stravolgimenti imprevisti.

Ahmed: non è il caso di farne un problema onorevole, non crolla il mondo se posticipiamo di una settimana.

Jasna: certamente, sebbene sarebbe opportuno che  non si vada troppo in là, a prescindere dagli impegni personali, considerata l’urgenza.


Buonasera membri della famiglia di Italiano Semplicemente, e grazie di essere qui all’ascolto del file audio di oggi.

Prima però voglio dare il benvenuto ai due nuovi membri dello staff, Lilia e Jasna, rispettivamente dalla Russia e dalla Slovenia che mi aiuteranno per comunicare con coloro che parlano il russo, il tedesco e la lingua slovena.

Grazie poi anche agli amici che hanno partecipato a questo file audio, e che lo hanno reso più divertente e piacevole con le loro voci.

Dunque oggi, dopo aver pubblicato il podcast sulla cena tra amici, dove abbiamo spiegato alcune espressioni informali, cioè familiari, oggi vediamo una conversazione più formale.

ambasciata ditaliaCredo sia utile, credo sia anzi molto utile, approfondire queste due categorie di linguaggio e quindi essere in grado di comprendere non solamente il linguaggio di tutti i giorni, cioè il linguaggio che utilizziamo in famiglia o con gli amici, vale a dire il linguaggio informale, o lessico familiare, ma approfondire anche le espressioni più formali, le frasi e i modi in cui possiamo esprimerci in occasioni più formali, in occasioni importanti.

Quando parlo di espressioni formali, sto evidentemente parlando di forma. C’è la parola forma all’origine del linguaggio formale.

Cosa significa? La forma è una caratteristica, come sapete, degli oggetti. Ogni oggetto ha una sua forma: quadrata, rettangolare, rotonda, eccetera. Ogni oggetto ha una sua forma. Però in realtà la forma non si riferisce solamente agli oggetti, ma possiamo applicarla anche ai discorsi, quindi anche alle parole ed alle frasi. La forma rappresenta come gli oggetti si presentano alla vista, ci dicono qualcosa degli oggetti, non ci dicono tutto, d’accordo, ma qualcosa ci dicono. Dalla forma quindi, dalla forma che ha un oggetto ci facciamo una idea di un oggetto.

Analogamente, dalla forma di una frase, dalla forma di una espressione verbale ci facciamo un’idea della frase, e ci formiamo una nostra idea anche di chi l’ha pronunciata, quella frase, lo chiedo a Salma, egiziana, che è la prima ospite d’onore di questo podcast. Non è vero Salma?

Salma: certo Gianni, le cose infatti si possono dire in molti modi diversi ed in Italia si dice, si usa dire che “la forma è sostanza”, cioè che la forma è importante, è importante cioè esprimere una idea, un’opinione, un concetto, nel modo giusto. È esatto Gianni?

Esatto Salma, proprio così. Come parla bene Salma vero? Molto brava Salma. Quindi quando diciamo che una espressione è informale, vuol dire che non si sta attenti alla forma. Informale significa che la frase è una frase che non è stata curata molto, e chi l’ha pronunciata non ha badato alla forma, ma ha usato un linguaggio, appunto, informale. Quello che conta è il contenuto; la cosa a cui ha prestato maggiore attenzione, chi l’ha pronunciata, è il contenuto della frase, e non la forma.

Questo accade nel lessico familiare.

Il linguaggio formale si usa quindi in tutte quelle occasioni in cui non è importante solamente comunicare un concetto, dove non conta solamente il contenuto di una frase, ma conta, cioè ha la sua importanza, anche il modo in cui si dice, le parole che si usano. Il fatto stesso di utilizzare parole non di comune utilizzo, non di tutti i giorni, il fatto di usare parole più rare, meno usate normalmente, ebbene questo è già di per sé indicazione della volontà di dare una forma alla frase, di volerla presentare in modo diverso, non in modo semplice, quindi, non in modo informale.

Personalmente non amo molto la comunicazione formale, preferisco quella informale, ma ci sono vari livelli di comunicazione formale.

Vediamo cosa ne pensa Neringa, ragazza Lituana, cioè della Lituania. Cosa ne pensi Neringa? Preferisci il lessico familiare o quello formale?

Neringa: per ora forse informale. Perché sono laureata, diciamo così, di cose di leggi, e sarà più difficile studiare cose di legge.

Credo che il linguaggio a cui ti riferisci, Neringa,  sia il linguaggio tecnico.

Il linguaggio formale però non è proprio uguale a quello tecnico. Il linguaggio tecnico è quello ad esempio proprio delle leggi, cioè il linguaggio della giurisprudenza, quello di cui parli tu, ma anche quello della medicina va bene?  In generale è il linguaggio scientifico, il linguaggio delle varie scienze, delle discipline. Ma non solo: anche il gioco del calcio ha un suo linguaggio tecnico ed anche gli altri sport. Ma chi si intende di sport e usa questo linguaggio specifico non significa che sta parlando in modo formale. E’ vero che a volte può essere confuso il linguaggio tecnico con quello formale: se ad esempio un medico dice: “le raccomando di detergere bene le mani prima di ogni pasto“, il verbo detergere, che significa lavare, è un termine tecnico, perché è utilizzato da un medico, ma se lo dico io ad un mio collega di lavoro diventa un termine formale. Non lo sto usando perché sono un medico.

Una cosa è certa, chi parla in modo formale può farlo per due motivi: o perché non c’è confidenza con la persona con cui parla, a cui si rivolge,  oppure questa persona vuole creare una distanza con il suo interlocutore, non vuole avere confidenza, non vuole che ci sia amicizia, ok? Invece vuole essere rispettato, e crede che con un linguaggio formale aumenti il rispetto del suo interlocutore verso di lui.

Bene, iniziamo a vedere le frasi di oggi, le frasi della nostra conversazione. Questa volta si tratta di una cena con l’ambasciatore, di una cena che si svolge in ambasciata.

A questa cena parteciperanno dei politici, degli uomini e della politica italiana, cioè degli onorevoli.

Il motivo della cena, l’oggetto della cena, dell’incontro tra i politici e l’ambasciatore sarà l’emergenza immigrazione.

Ho scelto quindi un tema di attualità, ed evidentemente di queste cene se ne faranno molte in Italia. L’immigrazione è quando degli stranieri entrano in un paese, e questo paese in questo caso è l’Italia.

Quella che avete ascoltato in realtà è la fase organizzativa delle cena. La data della cena non è stata ancora decisa, per qualche motivo, e i politici invitati alla cena, gli onorevoli che parteciperanno alla cena, stanno parlando proprio di questo: come mai non si decide quando cenare insieme? Onorevole è una parola che viene da onore,  quindi un onorevole ha l’onore di essere un onorevole,  un rappresentante dello Stato italiano, quindi va onorato,  va cioè rispettato. Gli va dato onore di questo, gli va cioè riconosciuto il merito di essere stato eletto come rappresentante dello Stato Italiano. Per questo si chiama onorevole. Per lo stesso motivo chi merita un premio si può chiamare meritevole, e se una cosa dura molto tempo si dice durevole, se gira si dice girevole eccetera. Quindi onorevole è una persona che ha onore.

E come mai non si raggiunge un accordo sulla data della cena? Sul giorno della cena?

Si tratta quindi dello stesso tipo di conversazione che abbiamo visto qualche giorno fa nella “cena tra amici“, l’ultimo podcast pubblicato sul sito italianosemplicemente.com.

Questa volta però i partecipanti alla cena non sono amici ma sono… “colleghi” potremmo dire così, poiché sono tutti dei politici italiani. Fanno tutti lo stesso mestiere, lo stesso lavoro.

Sapete  cosa sono i colleghi? Vediamo se  Manel, dall’Algeria, conosce questa parola.

Manel: allora, colleghi, lo so cosa significa perché assomiglia ad una parola francese: collega significa un amico nel lavoro, o un amico nell’aula. Penso che è questo, ma credo che è giusto

Ok Manel, ci siamo, i colleghi lavorano con noi, e possono anche essere amici, ma non è detto. Poi hai detto penso “che è questo” e naturalmente volevi dire “penso sia questo”. Allo stesso modo la tua ultima frase “credo che è giusto” si dice “credo sia giusto”.

Quelli della storia, gli onorevoli, sono dei personaggi importanti, che non è detto si conoscano bene, quindi utilizzano un linguaggio formale, anche perché devono andare a cena da un ambasciatore. Non abbiamo detto quale ambasciatore, ma non è importante per la spiegazione.

L’Ambasciatore comunque  è la persona che viene detta un agente diplomatico, una persona che si occupa di rapporti diplomatici, cioè di diplomazia, e tra tutti gli agenti diplomatici è quello che appartiene alla classe di rango più elevato, dove il rango rappresenta l’importanza.

Se una persona ha un alto rango, vuol dire che è molto importante. L’ambasciatore è una persona molto importante.

Quindi l’ambasciata è il luogo ideale per una cena formale e per parlare in modo formale. Non trovate?

Si dice anche parlare in modo forbito. Manel voglio farti una seconda domanda: sai cosa significa “linguaggio forbito?

Manel: Forbito non lo so! non so cosa significa forbito, penso che venga dalla parola furbo, cioè molto intelligente.

Beh Manel, forbito  è una parola difficile ed è normale che tu non la conosca. L’hai però pronunciata molto bene. Forbito è simile alla parola furbo, ma invece vuol dire una cosa diversa: vuol dire curato, raffinato, elegante, ricercato. E’ una parola che si usa per il linguaggio ed il modo di parlare. Quindi si può parlare in modo forbito, si può avere uno stile forbito, ok? Si può anche dire che una persona è forbita nel parlare. Si dice anche “ricercato“. Attenti però perché se una persona “è ricercata” vuol dire solamente che la polizia la sta cercando, è ricercata dalla polizia, ed è ricercata per andare in prigione, perché ha commesso un crimine. Invece si dice anche che una persona parla, si esprime, in modo ricercato. State attenti che la lingua italiana qualche volta è pericolosa.

Non provate a dire a qualcuno: “vedo che lei è ricercato!” Perché potrebbe offendersi! La frase esatta è: vedo che lei parla in modo ricercato! o in modo forbito.

Allora vediamo quindi le frasi e la pronuncia della conversazione.

Inizia la nostra Ramona da Beirut, che dice:

Ramona: ebbene, sarei curiosa di sapere se è stata resa nota la data della cena in ambasciata per discutere dell’emergenza immigrazione.

Cominciamo da “ebbene“. Non è una parola che si usa molto nel linguaggio comune. Solitamente si dice “insomma?”, “allora?”, ” Beh allora? “in definitiva?”. Ebbene si usa nelle domande, si usa per fare  le domande, e serve a sollecitare una spiegazione o una decisione. “Ebbene cosa pensi di fare?”, “Ebbene, hai deciso?”. Sollecitare significa fare in modo che qualcuno faccia qualcosa, chiedere, stimolare, insistere. Quando si vuol sollecitare gentilmente qualcuno si può dire “ebbene?”.

Poi Ramona dice: “sarei curiosa di sapere”. Ramona avrebbe potuto dire “sono curiosa di sapere”, oppure “voglio sapere”, oppure “qualcuno mi dica”, “desidero sapere” ad invece Ramona usa il condizionale: dice “sarei curiosa” e non “sono curiosa”. Questo perché il condizionale rende la frase più educata, meno brusca, e questo non avviene  solamente nella lingua italiana. Quindi se si vuole usare un po’ di delicatezza, usare il condizionale è una buona idea. Il condizionale si usa anche per fare ironia però, attenti, quindi state attenti al tono ed alla situazione in cui vi trovate.

Ad esempio una moglie potrebbe dire al marito: “Sarei curiosa di sapere dove sei stato stasera!” è ironico, non è rispettoso. Attenti quindi al condizionale.

Poi, “è stata resa nota la data” vuol dire “è stata decisa”, “è stata comunicata”. Rendere noto vuol dire “far diventare conosciuta” una cosa. Prima di rendere nota una informazione questa informazione non si conosceva, ma dopo che qualcuno l’ha resa nota allora tutti ne vengono a conoscenza.

Infine il verbo “discutere“, “discutere dell’emergenza immigrazione”, qui è usato come sinonimo di parlare, cercare delle soluzioni insieme, scambiarci le proprie opinioni, ma nel linguaggio informale discutere significa anche litigare, ed è più utilizzato per dire che ci sono delle persone che non sono d’accordo su un argomento: Quindi nel linguaggio di tutti i giorni se dico ad  esempio: “io e mia moglie abbiamo discusso molto oggi” vuol dire che abbiamo parlato ad alta voce, quasi litigato, abbiamo alzato la voce, non eravamo d’accordo e abbiamo così discusso. In ambasciata invece discutere di immigrazione vuol dire parlare, scambiarci le idee. Se non riuscite a capire il senso  potete essere sicuri del vero significato della parola “discutere” solamente in un caso: quando c’è la particella “ne”. Quando ascoltate la frase “ne abbiamo discusso”, con il “ne” davanti, vuol dire sempre “parlare”, “confrontarci”: “ne abbiamo discusso, cioè ne abbiamo parlato”. Invece se ascoltate “abbiamo discusso”, senza il “ne”, non potete essere sicuri se si parla di parlare o di litigare.

Passiamo alla frase di Shrouk:

Shrouk:  purtroppo,  onorevole, sembra che ci sia ancora qualche impedimento. 

Purtroppo“, cioè la parola “purtroppo” non possiamo definirla una parola formale, ricercata, perché si usa sempre, ma volendo Shrouk avrebbe potuto dire “malauguratamente”, che è molto più formale, ed anche più comprensibile da chi parla il francese, infatti è simile all’equivalente in francese (malheureusement). In italiano nessuno usa però malauguratamente, che viene da male augurio, cioè è una cosa che non si augura, che non si deve augurare, non si deve desiderare, e quindi vuol dire purtroppo, malauguratamente quindi vuol dire in modo malaugurato. Infatti anche altre parole, come ad esempio efficientemente ad esempio vuol dire in modo efficiente, e fortunatamente vuol dire in modo fortunoso, eccetera.

Poi Shrouk dice “sembra che ci sia ancora qualche impedimento“, che in modo più semplice avrei potuto dire “pare che ci sia ancora qualche problema“. “pare che ci sia qualcosa che non va”. Pare quindi è come sembra, ma pare non si usa in questi casi importanti. Un impedimento invece è un problema, qualcosa che “impedisce” è qualcosa che “non permette”: in questo caso non permette, cioè impedisce, di fissare la data, e di rendere nota la data della cena.

La parola “impedimento” è poco usata nel linguaggio di tutti i giorni: si usa sempre “problema” al suo posto.

Arriva a questo punto Adriana dalla Colombia, da Bogotà:

Adriana: anche io ne sono oltremodo rammaricata; qualcuno è a conoscenza delle motivazioni?

Adriana ne è rammaricata, cioè ne è dispiaciuta. Adriana prova del rammarico, prova cioè del dispiacere. Questa sì che è una parola forbita: essere rammaricati è veramente una caratteristica di chi ha veramente un rango elevato: lo potrebbe dire un Re, una Regina, o anche un ambasciatore. In bocca ad un onorevole, ad un uomo politico, veramente suona un po’ ridicolo, cioè fa un po’ ridere. Se ascoltate qualcuno che usa questo verbo sicuramente lo sta facendo per farsi notare, per “darsi un tono”, si dice in Italia, cioè per sembrare una persona che sa parlare bene.

Adriana quindi è rammaricata, accidenti Adriana, non lo avrei masi immaginato!!Adriana poi ha detto che ne e oltremodo rammaricata! La parola “oltremodo“, cara Adriana, è ancora più formale di rammaricata!

Oltremodo significa molto, oltremisura. Semplice quindi. Oltremodo vuol dire oltre, cioè al di là, di piùmoltissimo, oltre la misura normale, di più del normale.

Adriana è rammaricata oltremisura perché non è a conoscenza delle motivazioni. Ad una amica Adriana avrebbe detto: “accidenti, qualcuno sa perché?” “qualcuno sa il motivo?”ed invece di dire questo dice “qualcuno è a conoscenza? cioè “qualcuno conosce?”, “qualcuno sa?”, “qualcuno conosce il motivo?“, “qualcuno conosce il perché?“, “qualcuno sa il perché?” Essere a conoscenza delle motivazioni suona molto più formale, molto più ufficiale, molto più importante, ed Adriana si sente molto importante, l’onorevole Adriana! Scusa Adriana se ti prendo in giro:

Adriana: non è giusto però!

Sentiamo Thiago dal Brasile:

Thiago: credo di poter dire, con quasi assoluta certezza, che non tutti gli invitati abbiano ancora dato la loro disponibilità  per la data proposta dell’ambasciatore.

Thiago dice “credo di poter dire“, cioè semplicemente “crede” ok? crede “con quasi assoluta certezza“, cioè “crede quasi sicuramente”, ne è quasi sicuro, che c’è qualcuno che ancora “non ha dato la sua disponibilità”, cioè non ha detto “ok” all’ambasciatore, alla data proposta dall’ambasciatore. L’ambasciatore aveva deciso una data, la aveva proposta a tutti gli invitati alla cena e qualcuno ancora  non ha detto “ok” a quella data. Dare la propria disponibilità significa dire si essere disponibili, di esserci, per quella data, quindi vuol dire dire di sì. Dire “ok” alla data.

Lilia: onorevoli colleghi, vi invito cortesemente a prendere una decisione in merito in tempi brevi.

Lilia dalla Russia, appena entrata nello staff di Italiano Semplicemente, “invita cortesemente” i suoi colleghi onorevoli. Il verbo invitare è normalmente usato per far venire le persone a casa propria, o ad una festa: invitare una persona a casa, invitare una persona alla festa di compleanno eccetera. Ma si può anche invitare qualcuno a parlare, o a fare una qualsiasi azione. In questo caso significa sollecitare, spingere qualcuno a fare qualcosa. Come dire: “prego signore, dica pure!” “prego signora”, quando si dice “prego”, si invita qualcuno, si sollecita qualcuno a fare qualcosa.

Invitare è anche un modo cortese di dire “prego“, e spesso è seguito dalla parola “cortesemente”, quindi vi invito cortesemente equivale a vi invito con cortesia, vi invito con gentilezza. Lilia quindi, invita cortesemente i suoi collegjhi a “prendere una decisione”, cioè a decidere. Li invita a decidere “in merito.

Anche questo “in merito” è molto formale, si usa nelle dichiarazioni ufficiali, sia usa molto nella forma scritta.

In merito vuol dire “in proposito”, cioè “su questa cosa”, sulla cosa di cui si sta parlando”, cioè sulla data della cena.

Posso dire:

  • qual è la tua opinione in merito?
  • Il tuo collega, in merito, cosa ne pensa?
  • La tua azienda, in merito, cosa può offrirci?

quindi questo è come dire:

  • qual è la tua opinione in proposito?
  • Il tuo collega cosa dice di questo?
  • La tua azienda, in proposito, cosa può offrirci?

Ok. invece “in tempi brevi” invece cosa significa? Lo chiedo a Dalila di Algeri:

Dalila: l’espressione in tempi brevi vuol dire fra un piccolo tempo o un limitato tempo

Brava Dalila, infatti vuol dire proprio così, “velocemente”. Anche questa espressione non si usa normalmente, ma non è super-formale, solo un po’ più ricercata, niente di più.

Arriva l’onorevole Amany, ragazza egiziana,  che   dice che è colpa sua:

Amany:  non me ne vogliate, è stata una mia mancanza. Ho avuto un’agenda che recentemente ha subito stravolgimenti imprevisti.

“Non me ne vogliate” è molto formale. Vogliate viene dal verbo volere. Spero che voi non ve la prenderete,  spero che voi non vogliate offendervi,  non vogliate offendervi per colpa mia,  quindi spero non me ne vogliate, non vogliate vedermi come il colpevole,  non vogliate vedere me,  come colpevole,  per questo,  per questo motivo,  ecco perché c’è il “ne”.

“Non me ne vogliate” è la forma abbreviata di “non vogliate offendervi con me per questo”.

“E’ stata una mia mancanza” vuol dire che è stata colpa mia,  che a me è mancato qualcosa,  sono io che ho mancato,  che ho mancato di dire la mia opinione.

In parole povere Amany sta dicendo che è colpa sua. Semplicemente.

La sua agenda ha avuto degli stravolgimenti imprevisti. L’agenda è il calendario degli appuntamenti,  degli impegni.  La sua agenda è stata stravolta. Cioè è stata modificata,  è stata molto modificata,  completamente modificata.  È stata stravolta. “Stra” vuol dire molto,  in modo esagerato.  Come ad esempio straordinario,  stratosferico,  strabiliante, stramaledetto.  E gli stravolgimenti sono stati imprevisti. L’agenda è stata modificata, stravolta,  in modo imprevisto,  inaspettato, non era previsto,  non era aspettato.  Quindi era imprevisto ed inaspettato.

In pratica l’onorevole Amany dice che ha avuto problemi,  ed in gergo familiare diremmo che è stata incasinata,  che ha avuto dei casini imprevisti, che non erano previsti.

Poi Amany dice che ha subito, la sua agenda ha subito stravolgimenti imprevisti, quindi ha subito vuol dire che ha avuto, quindi subito si scrive come “subito” ma viene dal verbo subire, quindi  la sua agenda ha subito stravolgimenti imprevisti vuol dire che è stata stravolta, che   ha subito stravolgimenti imprevisti.

Poi c’è Ahmed, egiziano:

Ahmed: non è il caso di farne un problema onorevole, non crolla il mondo se posticipiamo di una settimana.

Non ne facciamo un problema” dice Ahmed, non crolla il mondo. La frase “non crolla il mondo“, è sicuramente più formale della frase “non muore nessuno”, oppure “non succede nulla”, oppure “non cambia nulla” più dirette come frasi, quindi meno delicate e meno cortesi, meno gentili.

Jasna: certamente, sebbene sarebbe opportuno che non si vada troppo in là, a prescindere dagli impegni personali, considerata l’urgenza.

Ok grazie Jasna, anche lei nuovo membro della redazione: “Certamente”  equivale a “certo”, “sicuramente”, ma è un po’ meno familiare. La parola “sebbene” solitamente è sostituita da “anche se”. Sebbene ed “anche se” sono dunque equivalenti.

Attenzione perché “sebbene” non è la stessa cosa che “ebbene”. Attenzione, sono delle parole che si scrivono e si pronunciano quasi nello stesso modo, ma hanno un significato molto diverso. Sebbene vuol dire “anche se”, “seppure”, “nonostante”, ad esempio:

“Sebbene sono raffreddata, andrò al lavoro” cioè: “Anche se sono raffreddata andrò al lavoro”, “nonostante io sia raffreddata, andrò al lavoro”.

Poi c’è “sarebbe opportuno” “sebbene sarebbe opportuno”, dice Jasna. Possiamo dirlo anche come “anche se sarebbe meglio”, “anche se mi piacerebbe”, “anche se mi farebbe piacere”, “anche se non mi dispiacerebbe”, “anche se vorrei”.

Opportuno viene da porto, ed il porto è dove le navi arrivano. Quindi i porto è la destinazione di un viaggio, quindi opportuno vuol dire “che spinge verso il porto”. Quindi se una cosa è opportuna, vuol dire che bisogna farla, che ci permette di risolvere un problema, di arrivare a destinazione. Si dice anche “andare in porto”, soprattutto in ambiente di business, di affari, in ambiente lavorativo. Se un affare va in porto, vuol dire che si riuscirà a concludere, che si farà l’affare.

Chi di voi ha prenotato il corso di Italiano Professionale vedrà che l’espressione “andare in porto” è solamente una delle tantissime espressioni idiomatiche utilizzate in ambito lavorativo, cioè al lavoro, nel mondo degli affari. Ce ne sono almeno altre 10, tra le più diffuse ed abitualmente utilizzate dagli italiani riguardanti i risultati. Sto parlando della lezione numero 8 della prima parte del corso, la prima sezione, dedicata alle espressioni idiomatiche. Per chi è interessato metterò un link nella pagina di questo podcast per poter leggere l’intero programma del corso e prenotare gratuitamente il corso.

Quindi Jasna dice che sarebbe opportuno che non si vada troppo in là. Andare troppo in là vuol dire andare troppo avanti. Là si scrive con l’accento sulla a, quindi è diverso dall’articolo “la”: es: “la macchina” eccetera.

Là significa in quel luogo, e “andare troppo in là” vuol dire esagerare. Si può dire “andare troppo in là con i tempi”, oppure anche “andare troppo in là con l’età”, quando si è molto anziani.

Jasna dice sebbene sarebbe opportuno che non si vada troppo in là, cioè sarebbe meglio non esagerare con i tempi, sarebbe meglio non posticipare troppo, non esagerare. Quindi Jasna dice: “ok Ahmed, non crolla il mondo per una settimana in più” ma non più di una settimana. Non più in là di una settimana. Se si andasse al di là di una settimana, sarebbe troppo, non sarebbe opportuno, non sarei daccordo. Jasna dice questo perché dobbiamo considerare l’urgenza, dobbiamo tener presente l’urgenza immigrazione, che è una questione che bisogna risolvere in poco tempo, in tempi brevi, come diceva Lilia in precedenza.

Quindi Jasna dice che occorre non andare troppo in là, “a prescindere dagli impegni personali”. A prescindere vuol dire “indipendentemente”, vuol dire “non tenendo conto”, “no considerare”. Quindi non dobbiamo posticipare troppo, anche se ci sono molti impegni personali. Non dobbiamo considerare importanti gli impegni personali, non dobbiamo tenere conto, (ok?) degli impegni personali, ma dobbiamo fare come se non ne avessimo. Dobbiamo comportarci a prescindere dagli impegni personali.

Vedete che prescindere contiene il prefisso “pre”, che sta per “prima”, “precedente”. Quindi di capisce che prima ancora di sapere se ho impegni personali, io devo prendere una decisione, come se non ne avessi.

Bene ragazzi, abbiamo finito…

Adriana: non è giusto però!

Ok Adriana, ma è un podcast lungo e prima o poi bisogna finire. Quindi salutiamo coloro che sono all’ascolto, e se volete ascoltare altri audio-file basta andare su italianosemplicemente.com.

Il prossimo podcast sarà la spiegazione della frase idiomatica “botta di culo”, e di tutte le espressioni italiane che riguardano la fortuna.

Ciao ragazzi


 

(sigla finale estratta dal festival della canzone italiana su Facebook – voce di Camilo Salazar, il vincitore – premio: corso di Italiano Professionale)

 

9 pensieri su “Una cena in ambasciata. Linguaggio FORMALE

  1. – Se Thiago ne ha la quasi assoluta certezza, perché non dice “”Credo di poter dire […] che non tutti gli invitati HANNO ancora dato…”?
    – Non sarebbe più opportuno che (Jasna) “non si ANDASSE troppo in là”?
    – Perché mai le minuscole ad inizio battuta?
    Grazie.

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