365 Darsi una regolata

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Giovanni: il verbo regolare probabilmente molti di voi lo conoscono: ha molti utilizzi diversi: può significare:

ordinare:

Le leggi regolano la vita dei cittadini, ed anche i regolamenti. Il nome non è casuale

Significa anche limitare, controllare, o cambiare, modificare:

Occorre regolare le spese perché spendiamo troppo!

Oppure sistemare, risolvere:

Devo regolare una faccenda complicata!

Si usa anche con gli strumenti e le cose meccaniche:

Regolare l’orologio, la temperatura eccetera. Come se dovessimo girare una manopola per cambiare la temperatura. tenete a mente quest’immagine. Questa è la regolazione, diverso da un regolamento.

Anche mantenere costante qualcosa:

Regolare il flusso dell’acqua

Invece “regolarsi”, la forma riflessiva, è più facile da spiegare e da capire.

Regolarsi si usa parlando di sé stessi, e regolare sé stessi è molto simile a controllarsi. Si parla del comportamento da tenere in certe situazioni.
In particolare si parla di esagerazioni, quindi si parla di tenere il controllo di qualcosa che dipende dal proprio comportamento, che deve essere più corretto, più giusto, più moderato, forse la moderazione è ciò a cui si ambisce maggiormente.

Probabilmente però il verbo più adatto a sostituire regolarsi è contenersi, un altro verbo riflessivo.

Facciamo alcuni esempi:

Non bere così tanto! Ti devi regolare, altrimenti rischi di fare un incidente.

Quando siamo con gli amici cerca di regolarti e non parlare di sesso!

Dovrei fare piatti meno abbondanti, è vero. Non riesco mai a regolarmi

Poi c’è “darsi una regolata” che ha lo stesso significato, ma con un uso più informale: Il senso è quello di abbassare il livello, girare la manopola, come si fa con la temperatura ad esempio.

Mi devo dare una regolata perché ultimamente sto mangiando troppo

Datti una regolata con queste spese, altrimenti andiamo in rovina

Diamoci una regolata quando andiamo in discoteca, non beviamo troppo, altrimenti faremo un incidente.

Regolarsi, in realtà ha un uso ancora più ampio, perché si usa anche nel senso di “comportarsi“. Ad esempio posso chiedere:

Come mi devo regolare con questi ragazzi? Posso sgridarli se fanno confusione o se non studiano?

Quanto tempo ho per consegnare questo lavoro? Come devo regolarmi con i tempi?

Quindi è come dire: come devo comportarmi?

Regolati tu!

Questa potrebbe essere una risposta, simile a: vedi tu, fai come vuoi, cerca di capirlo da solo.

Allora usare il verbo “dare” nella espressione darsi una regolata serve proprio a evitare che si confondano questi due significati.

Darsi una regolata significa contenersi, non esagerare, controllarsi, moderare il proprio atteggiamento, e si usa verso sè stessi ma anche verso gli altri, come un invito o un ordine a contenersi, a moderarsi, a non esagerare. Può essere offensivo, attenzione al tono che usate.

Ora mi scuserete ma non sono riuscito neanche stavolta a regolarmi con la durata di questo episodio. Abbiate pazienza. Adesso ripassiamo un po’.

Carmen: ciao a tutti, oggi su quale argomento ci cimentiamo?
Anne France: dacché mi sono iscritto/a all’associazione non ho mai parlato di politica
Khaled: meglio così. Ancora ancora se parliamo di sport o di lingua italiana, ma di politica meglio stare zitti.
Rauno: la politica in quanto tale rischia di farci litigare
Sofie: e poi sarebbe un argomento appannaggio di esperti del settore, ed io proprio non me ne intendo di politica

Proverbi italiani: Chi vive sperando, muore cantando

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Chi vive sperando, muore cantando.

Sono numerosi i proverbi sulla speranza. In alcuni di questi la speranza e la vita o la morte si trovano spesso a convivere.
In questo caso la speranza è positiva: bisogna avere speranza, bisogna sperare, bisogna sognare: più si spera e meglio è, più si sogna, meglio è. Non si vive forse solo di sogni, di progetti, di desideri? Dunque se si spera continuamente in qualcosa, se si è continuamente alla ricerca di un obbiettivo da raggiungere, se non si perde mai la speranza, si morirà felici, quindi probabilmente si morirà cantando… canzoni italiane!

364 Pur di

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pur di - LINGUA ITALIANATrascrizione

Giovanni: oggi, pur di stare nei due minuti di durata, farò miracoli.

L’argomento del giorno è l’uso di “pur” nella locuzione “pur di”.

Gli italiani la usano moltissimo, e lo fanno per un motivo preciso: quando si vuole raggiungere un obiettivo con determinazione, quando si ha un desiderio e quando si vuole evitare una conseguenza con altrettanta determinazione.

Pur di farla finitafarei qualunque cosa

Vuol, dire che io voglio farla finita e sarei disposto a fare qualunque cosa al fine di raggiungere questo obiettivo.

Pur di imparare la lingua italiana studio 10 ore al giorno!

Pur di non andare a scuola, è disposto anche a rompersi un braccio!

Anche in questo caso c’è determinazione e l’obiettivo è evitare qualcosa (la scuola in questo caso).

Notate che dovete per forza usare la preposizione “di” e solamente questa preposizione se volete che la frase abbia questo senso.

Si scrive “pur di” poi l’obiettivo da raggiungere, poi si usa generalmente il congiuntivo.

Pur di andare in Italia, ci andrei anche a piedi.

Pur di mangiare qualcosa, sarei disposto a mettermi in ginocchio.

“Pur di” è simile a “purché”.

Purché si avveri il mio sogno sono disposto a fare molti sacrifici.

Direi che “purché” ha un uso più ampio rispetto a “pur di”. Casomai ne parliamo in un altro episodio.

Adesso, pur di ascoltare qualche membro con una frase di ripasso, sono disposto anche a sforare i due minuti.

Ulrike: Ci sono alcune espressioni della rubrica “due minuti con italiano semplicemente“, che mi sfuggono sempre di nuovo. Non vi dico che rabbia!!
Per esempio il verbo vertere; voi l’avete presente? Io invece ho dovuto fare mente locale sperando di poter così rimettere in sesto il mio cervello, ma niente da fare.
Per evitare di andare in tilt scervellandomi troppo, sono stata costretta a riascoltare la puntata 89 che verte proprio su questo verbo che ci fa capacitare anche delle preposizioni da usare col verbo. Date anche voi un’occhiata all’episodio! La memoria è quello che è, L’unico modo di imparare a giostrarsi con questa caterva di espressioni è ripeterle.

Proverbi italiani: L’appetito vien mangiando

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L’appetito vien mangiando.

Un proverbio chiaro: inizi a mangiare e anche se all’inizio non avevi fame, ti viene mentre mangi.

La fame, cioè l’appetito, non si riferiscono però solo al cibo, ma a tutto ciò che possiamo possedere: soldi, case, gioielli e volendo anche amore e successo. Beni materiali e immateriali, tutto ciò che può darci soddisfazione e felicità.
Più si ha e più si vuole avere.

L’uomo non si accontenta mai. Mi è già venuto un certo appetito!! Vado a mangiare qualcosa!

Proverbi italiani: A caval donato non si guarda in bocca.

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A caval donato non si guarda in bocca.

Se ricevete un cavallo come regalo, non bisogna guardare in bocca al cavallo.

Infatti è guardando i denti del cavallo che si capisce l’età dello stesso.

Questo proverbio ci insegna che
non bisogna essere troppo schizzinosi quando si riceve un regalo.

Un regalo bisogna sempre accettarlo (anche se non si tratta di un cavallo, che sarebbe un regalo un pò strano al giorno d’oggi), perché è il pensiero che conta. Questo è il messaggio del proverbio.

Qualunque sia il regalo dunque, non vi lamentate quindi se il colore non vi piace, o se ci sono altri dettagli che non vi soddisfano appieno.

Non fate i difficili, non i complicati, non fate gli schizzinosi.

363 Ha il suo perché

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Giuseppina: quella che vi spiego oggi è un’espressione che si sente spessissimo pronunciare in contesti informali.

L’espressione è “ha il/un suo perché”, che si utilizza quando vogliamo evidenziare un aspetto positivo di una persona, di una situazione e in generale di qualsiasi cosa. Si può usare quando si cerca di dare una spiegazione, un senso logico ad un aspetto quando potrebbe sembrare non esserci una spiegazione logica, ma invece, secondo noi, c’è. Altre volte si usa semplicemente per evidenziare l’importanza di un aspetto, anche quando potrebbe non sembrare importante, o per sottolineare una caratteristica unica.

Questo aspetto positivo o questa importanza o caratteristica unica non è del tutto evidente.

Allora con questa espressione vogliamo quindi tirar fuori, esprimere questo aspetto positivo o questa importanza. Si usa la parola “perché” come a voler spiegare un motivo, una ragione non del tutto chiara.

Inoltre si usa “un suo perché” per esprimere il senso, il significato di questo aspetto positivo, che in qualche modo è del tutto peculiare, personale, particolare, come a dire che esiste un motivo particolare per dare una spiegazione, c’è “un suo” personale motivo, un suo perché.

Esempio:

Fare il bagno senza costume, quindi completamente nudo, ha il suo perchè, infatti nei paesi nordici dove fa molto freddo, sembra che col costume il freddo si avverta maggiormente.

Ecco dunque il motivo, il perché.

Infatti “perché” è anche sostantivo. Posso dire “il perché” per indicare il motivo, la ragione:

Mi dici il perché del tuo comportamento? C’è un perché?

Voglio sapere il perché non mi chiami più!

Non si capisce il perché tu non riesca a capire.

Un altro esempio:

Anche se gli stadi sono vuoti, per un calciatore, entrare nello stadio Olimpico di Roma per giocare la sua prima partita nel campionato di serie A italiano ha il suo perché.

In questo caso è come chiedersi: Perché ci si emoziona nel giocare nello stadio olimpico di Roma anche senza spettatori?

Risposta: c’è un perché, c’è un motivo. È comunque emozionante, quindi giocare anche senza spettatori ha un suo perchè.

Se voglio fare un complimento o evidenziare un qualcosa di unico, posso dire:

Il metodo di Italiano Semplicemente, che non è centrato sullo studio della grammatica, ha un suo perché.

È un modo abbastanza veloce di cercare di dare una spiegazione, senza peraltro spiegare nulla. Infatti in teoria bisognerebbe aggiungere qualcos’altro per dare un senso alla frase, ad ogni modo su parla sempre di giuste motivazioni o di caratteristiche positive.

Se stiamo parlando male di una persona di nome Giovanni , evidenziando le sue caratteristiche negative, qualcuno potrebbe dire che però Giovanni ha un suo perchè, sto facendo un complimento a Giovanni. Voglio dire che è un tipo particolare, unico, ha una sua personalità.

Non si usa “il mio perché” o “il tuo perché” o “il loro perché” e non chiedetemi il perché!!

Ripasso:

Carmen: Amici, cosa facciamo stasera? Nessuno fa proposte? Battiamo la fiacca?
Komi: Macché! Ci stavo giusto pensando. Vi porterò in un posto “in”, dove ci divertiremo di brutto, un posto che è appannaggio solamente dei personaggi più celebri, di solito. Mica pizza e ficchi!
Irina: ehi, neanche per sogno! Non fa per me! Quante arie si danno le persone celebri.
Emma: Non è che non ne abbia voglia, ma purtroppo la stanchezza spesso ha la meglio su di me.

21 – L’IVA – 2 minuti con Italiano semplicemente – LINGUAGGIO COMMERCIALE

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Descrizione

Lezione numero 21 di due minuti con Italiano Commerciale.

Oggi parliamo dell’IVA, vale a dire dell’imposta sul valore aggiunto.

362 Appannaggio

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Giovanni: Oggi voglio spiegarvi il, termine “appannaggio”. Bene. Iniziamo.

Vi piace la panna? E vi è mai successo di avere la vostra automobile in panne? E vi si sono mai appannati gli occhiali? Ultima domanda: avete mai avuto un appannamento della vista?

Non sono impazzito, state tranquilli. Solo per dirvi che c’è un termine, e questo termine è appannaggio, che non c’entra nulla con la panna, quella che deriva dal latte, per intenderci. Appannaggio non c’entra nulla neanche con l’automobile in panne, che significa che l’automobile si è improvvisamente rotta, per un guasto qualsiasi.

E appannaggio non c’entra nulla neanche con gli occhiali appannati, cioè con gli occhiali quando diventano opachi, un appannamento provocato magari dal calore del vostro fiato, quando respirate.

Ah, l’appannamento… oltre a quello degli occhiali e di tutti i vetri, quando diventano opachi, c’è anche l’appannamento della vista. Si dice così quando non riuscite a vedere bene per qualche secondo, o perché magari state svenendo per un calo di energie.

Ma purtroppo né la panna del latte, né la macchina in panne, e tanto meno l’appannamento dei vetri e della vista hanno a che fare con l’appannaggio.

Questo termine invece ha a che fare con i privilegi e le qualità e le doti. A volte indica semplicemente una prerogativa, cioè qualcosa di riservato solamente a qualcuno.

Ad esempio se vuoi dire che le mercedes (le automobili Mercedes) possono acquistarle solamente le persone ricche, posso dire:

Solo i ricchi possono acquistare le Mercedes

Oppure:

Le mercedes sono appannaggio solamente dei ricchi.

Come dire: sono riservate solo a loro, i ricchi, solamente loro hanno questo privilegio.

Vediamo altri esempi:

La presunzione è appannaggio degli ignoranti

I questo caso non è un privilegio, perché essere presuntuosi è un tratto negativo del carattere.

Questa settimana il caldo sarà appannaggio solamente del sud-Italia.

Quindi solamente nel sud della penisola italiana si potrà godere del caldo.

Oggi i telefoni cellulari possono acquistarli più o meno tutti, mentre tanti anni fa erano appannaggio solamente di alcune persone.

Tutti gli audio-libri di Italiano Semplicemente e tutti i file audio della rubrica “2 minuti con Italiano Semplicemente” sono appannaggio esclusivo dei membri dell’associazione.

Adesso ripassiamo:

M1: che ti è successo ? Come sei pallido/a!
M2: Tieniti forte, è venuto in ufficio stamani un tale dicendo che l’azienda naviga in cattive acque.
M3: ma dai, non prendere per oro colato ciò che diceva questo tizio.
M4: Ma se è vero ed il nostro datore di lavoro non riuscirà a giostrare la situazione? Saremo spacciati! Facciamo qualcosa, hai visto mai!
M5: ma lui non lascerà nulla d’intentato per salvare l’azienda, e ci riuscirà, anche se solo in calcio d’angolo.

Proverbi italiani: L’erba del vicino è sempre più verde

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Questo proverbio ci dice che le cose degli altri ci sembrano sempre migliori delle nostre.

Il giardino del nostro vicino, della persona che abita vicino noi, sembra più bello del nostro; ci appare più bello, e l’erba che ci cresce sembra più verde. In realtà è esattamente come il nostro.

L’idea che ci facciamo delle cose degli altri, solo perché non ci appartengono, è però distorta. Infatti l’apparenza spesso inganna.

Questo però è un altro proverbio!

361 Bando alle ciance

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Giovanni: cosa possiamo dire quando vogliamo arrivare subito al nocciolo della questione?

Spesso capita di parlare con una o più persone e si ha un po’ di fretta, non si vuole perdere tempo perché il tempo è denaro!

Si ha voglia di arrivare al dunque.

Non si vogliono chiacchiere inutili, si vogliono, possiamo dire, “bandire le ciance” , si vogliono mettere al bando le ciance.

Vi spiego meglio:

Una delle espressioni che si possono usare in questo caso è “bando alla ciance“, dove le ciance sono proprio le chiacchiere inutili, che non servono a nulla.

Esiste anche il verbo “cianciare“, ovviamente, un verbo un po’ “forte”, potremmo dire, nel senso che qualcuno si potrebbe offendere se venisse accusato di cianciare, ma vediamo qualche esempio con “bando alle ciance” :

Dai ragazzi, bando alle ciance, cerchiamo una soluzione al nostro problema.

Sono due ore che discutiamo inutilmente, adesso bando alle ciance, dobbiamo trovare un accordo.

Ma perché usiamo il termine bando?

Si sta parlando di un annuncio pubblico, che tutti possono vedere. Questo è il bando. Ma cosa c’entra?

Anche oggi esistono i bandi, infatti questo termine si usa quando ci sono dei concorsi o delle gare per costruire opere pubbliche, tanto per fare alcuni esempi, e questi bandi si pubblicano su internet cosicché tutti possano leggerli. Ma un tempo, molti anni fa, un bando era una sorta di manifesto cartaceo (ma non è molto diverso in fondo), e su questo bando si scriveva una condanna di una persona colpevole di qualche crimine.

Tutti dovevano sapere che questa persona era colpevole, per questo questa persona “si metteva al bando”, si dice, cioè si esponeva al pubblico giudizio.

A quei tempi si poteva urlare:

Bando ai criminali

Bando alle streghe

Bando ai ladri

Come a dire: tutti devono sapere chi sono e cosa hanno fatto!

Allora l’espressione di oggi, “bando alle ciance”, si usa per condannare non una persona ma le ciance, le chiacchiere. Si potrebbe dire, “mettiamo al bando le ciance” o “bandiamo le ciance”.

Infatti esiste anche il verbo bandire. Si può bandire un concorso, una gara pubblica, ma bandire si usa oggi anche nel senso di vietare, non solo per condannare, ed anche nel senso di cacciare via, allontanare, o anche eliminare, abolire, vietare.

Allora vedete che ha senso dire “bando alle ciance” perché si vogliono eliminare, vietare le chiacchiere, abolire, perché non sono gradite. Meglio essere concisi.

L’espressione è comunque colloquiale, non posso usarla nelle occasioni importanti. In quei casi meglio dire:

– andiamo al punto

– andiamo al nocciolo della questione

– evitiamo inutili preamboli

– cerchiamo di essere sintetici

– siamo/siate concisi

Ma tra amici e colleghi, o in famiglia potete usarla tranquillamente ogni volta che non vi va di perdere tempo inutilmente.

Ora ripassiamo un po’ con Irina dalla CALIFORNIA.

Le frasi di ripasso, lo ricordo, servono a non dimenticare le spiegazioni già fatte e sono appannaggio dei soli membri dell’associazione italiano semplicemente.

So cosa state pensando. Ma state tranquilli, perché il prossimo episodio lo dedichiamo alla spiegazione del termine “appannaggio“.

Irina: Non sono in vena ultimamente. Passi che tutto è chiuso dalle mie parti in California, passi pure che non possiamo viaggiare, però sono persino sguarnita di qualsiasi divertimento.
È vero, ho a portata di mano l’oceano e ci sono un paio di ristoranti all’aperto in spiaggia. Però è risaputo che l’oceano qui è freddissimo e di sera fa troppo freddo per mangiare fuori.
Una bistecca fredda non è il mio piatto preferito.
Dopo essermi scervellata su cosa fare, ho deciso di godere delle cose semplici a casa. Stasera quindi mangerò di nuovo un gelato serale ascoltando musica italiana e ballando un pò da sola. Almeno non faccio bisboccia, quindi non posso prendere una brutta piega.