Programma settimanale – corso di italiano – 27/2 – 4/3/2023

Programma settimanale corso di italiano dal 27/2 al 4/3/2023 (scarica audio)

Video

Trascrizione

Sofie: Buongiorno, oggi sono qui a parlarvi del programma di questa settimana.

Ieri era lunedì e abbiamo già messo online l’episodio sul “piacere“.

Si sono spiegati, con l’aiuto di qualche membro dell’associazione Italiano Semplicemente, gli utilizzi del termine “piacere“, sia con l’articolo “il” che con “un” a seconda che si ratti di una cortesia o di un segnale di disapprovazione.

Abbiamo visto anche l’importanza di “ma” e della preposizione “di” (di cui ci siamo già occupati in altri episodi (primo, secondo, terzo) ma in termini abbastanza generali)
Oggi invece è martedì e come ogni martedì ascoltiamo e commentiamo il notiziario del giorno. Oggi si parla (in 140 secondi) del nuovo segretario del Partito Democratico. Se ci sono termini o verbi o espressioni particolari li chiariamo nel gruppo WhatsApp dell’associazione e chi vuole può provare a fare la trascrizione del file audio.
Il Mercoledì, quindi domani, vediamo “la vittoria di Pirro“, una espressione che abbiamo incontrato sabato scorso, direi appannaggio dei più colti e che abbiamo inserito nella rubrica dedicata al linguaggio della politica italiana.
Dopodomani, quindi giovedì, ci occupiamo della lingua del commercio con una espressione che tutti conoscono: soddisfatti o rimborsati.
Venerdì invece vediamo il termine  “retaggio” un termine che usano spesso i giornalisti e che troviamo spesso quando parliamo di storia e di “eredità”.
Sabato, come di consueto  sarà dedicato alla lettura e all’ascolto di un capitolo di libro. Siamo arrivati al  il capitolo numero nove de “Il treno dei bambini” e poi leggiamo anche qualche riga dedicata alla la Storia d’Italia.

Dopo aver parlato, nelle scorse settimane, del nome Italia, degli Etruschi e della repubblica, ci occupiamo in cinque minuti della crisi della Repubblica.

Tutti i file audio passati sono contenuti come sapete nelle varie cartelle su Google Drive a cui i membri hanno accesso..

Anche per il programma di sabato, nel gruppo WhatsApp verrà spiegato ai membri ciò che non viene compreso.

Ricordo che chi vuole unirsi al nostro gruppo per conoscere meglio l’Italia e soprattutto la lingua italiana deve fare richiesta attraverso il sito italianosemplicemnete.com diventando membro della nostra bella associazione, anche perché giugno si avvicina e ci potremo incontrare (stavolta in Toscana) per passare una settimana insieme.

Un saluto a tutti.

913 Il piacere

Il piacere (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: Oggi parliamo di piacere. Mi aiuterà qualche membro dell’associazione Italiano semplicemente che ogni tanto interverrà nella spiegazione rispolverando anche qualche episodio passato.

Avete piacere di parlare di piacere?

Vi fa piacere parlare di piacere?

Vi piace parlarne?

Il termine piacere è particolare.

Infatti è, ad esempio, sia verbo che sostantivo.

Piacere di conoscerla, mi chiamo Giovanni.

Piacere mio!

Che piacere che mi fa averla a cena stasera!

Il piacere è poi diverso a seconda del verbo che usiamo. Si “ha” piacere oppure si “prova” piacere.

Si usa il verbo provare in particolare nel caso di piacere fisico.

Provo piacere quando mi fanno un massaggio alla schiena.

Nel caso di sensazioni emotive dipende, ma “provare” trasmette maggiore intimità:

Ho il piacere di presentarti mia moglie.

Provo un certo piacere quando vengo a sapere che la mia ex squadra perde una partita.

Ma piacere, come dicevo, è anche un verbo.

Piacere piace a tutti.

Piacere a sé stessi poi è ancora più importante.

Estelle: Stasera voglio essere bellissima. Voglio piacere da morire. Mi metterò in ghingheri!

Piacere a tutti è sempre difficile.

Edita: Qualcuno potrebbe essere di diverso avviso e dire:

Marcelo: Ma questo non risponde al vero! Si può piacere a tutto il mondo!

Una possibile risposta:

Ma fammi il piacere!

Ecco, questa esclamazione vale la pena di spiegarla. Abbiamo il verbo fare.

Fammi il piacere” può essere però diverso da “fammi un piacere”.

Vediamo cosa cambia.

Es:

Fammi un piacere, appena a arrivi a casa chiamami, così non sto preoccupato.

Peggy: La mamma dice sempre frasi di questo tipo per non paventarsi qualcosa di cattivo che ci è successo.

Oppure:

Mi fai un piacere? Potresti chiudere la porta?

Grazie, mi hai fatto un grande piacere aiutandomi.

In questi casi si tratta di piaceri nel senso di cortesie, gentilezze.

Se invece mettiamo l’articolo “il” molto spesso siamo arrabbiati, specie se la frase inizia con “ma”, come nella frase di prima.

Es: due persone vogliono parcheggiare l’auto ma c’è solamente un posto a disposizione. Uno dei due dice:

Non puoi parcheggiare la macchina qui. C’ero prima io!

Una possibile risposta può essere:

Irina: Ma mi faccia il piacere! Non faccia il finto tonto. È mezz’ora che aspetto che si liberi il posto! Ma dimmi tu!

Queste due persone sono evidentemente in disaccordo, e soprattutto la seconda persona afferma che non è assolutamente vero che è arrivato prima lui.

La frase “fammi il piacere” o “mi faccia il piacere” (se sto dando del lei) sta per: ma cosa stai dicendo? Non sono assolutamente d’accordo! Un modo colloquiale ma molto forte.

Si dice spesso anche “ma per favore!

Somiglia molto a: non dire sciocchezze, non dire stupidaggini.

È la presenza del verbo fare (nella forma imperativa) insieme all’articolo “il” a dare questo senso alla frase.

Non basta il verbo fare.

Es:

Fa piacere a tutti ricevere complimenti.

Mi fa piacere se vieni a trovarmi.

Non basta neanche il solo articolo “il” :

Es:

Piacere di conoscerla.

Risposta:

Il piacere è tutto mio!

A volte c’è anche la preposizione “di” quando siamo arrabbiati:

Fammi il piacere di stare zitto qualche volta!

Facci il piacere di non occuparti delle questioni che non ti riguardano.

In questi casi, proprio come quest’ultimo esempio si può anche usare la forma in “noi” (facci il piacere) se si parla in rappresentanza di più persone.

È importante notare che se invece non si è in disaccordo ma stiamo veramente chiedendo un piacere, una cortesia, una gentilezza a una persona, normalmente non si dice “fammi il piacere” o “mi faccia il piacere” ma la forma “posso chiederti un piacere?” oppure “ti chiedo la cortesia di lasciarci soli”, o anche “per cortesia, chiuda la porta”.

Non è carino dire frasi come:

Fammi il piacere, chiudi la porta!

Fammi il piacere di chiudere la porta!

Fammi la cortesia di chiudere la porta quando esci!

Queste modalità, in cui si usa l’imperativo e l’articolo il (piacere) o “la” (cortesia) sono normalmente usate con tono scocciato, piccato, infastidito.

Si tratta di un rimprovero e evidenziano una situazione di tensione, come a dire:

Non chiudi mai la porta quando esci, cerca di ricordarti la prossima volta!

Jasna: Se non si è sicuri di usare la forma giusta, in questi casi occorre stare attenti al tono che si usa, tanto per non dire qualcosa di fuori luogo.

Inoltre posso aggiungere che usare la parola “gentilezza” è più comune se volete essere gentili e non volete rimproverare.

Danielle: Evitate la forma imperativa (fammi, facci, mi faccia) perché in questi casi potreste incorrere in spavalderia. Infine potete usare il tono della domanda e non quello dell’ordine.

Un altro consiglio: se usate l’imperativo, non iniziate con “ma“, altrimenti non c’è alcun dubbio che si tratta di una disapprovazione.

Se volete criticare e rimproverare invece potete fare l’opposto.

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912 Condannare e demonizzare

Condannare e demonizzare (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: Oggi parliamo del diavolo, anzi del demonio.

Non abbiate paura, perché l’obiettivo di questo episodio è solamente quello di farvi capire il verbo demonizzare.

Lo farò con l’aiuto di quattro membri dell’associazione Italiano Semplicemente: Peggy, Ulrike, Irina e Hartmut, che interverranno nel corso della spiegazione. Quando lo faranno utilizzeranno qualcosa che abbiamo spiegato in un episodio precedente. Io poi farò un commento su questo utilizzo e continuerò la spiegazione.

Allora, l’origine di demonizzare l’avete già capita: il demonio, cioè il diavolo.

Il demonio è una figura presente nella cultura e nella religione cristiana.

Rappresenta un essere malvagio, oscuro e, appunto, demoniaco.

Peggy: Secondo la tradizione cristiana, il demonio o Satana (è il suo nome), è un Angelo che si è ribellato contro Dio e al contempo ha cercato di diventare eguale a lui.

Ulrike: Dio lo ha quindi espulso dal cielo nonché lo ha condannato all’eterna dannazione.

Va comunque sottolineato che il concetto di demonio e la sua rappresentazione variano a seconda delle culture e delle religioni, e non tutte le religioni credono in un’entità malvagia simile al demonio cristiano.

Il verbo “demonizzare” significa dipingere qualcosa o qualcuno come malvagio, pericoloso o negativo, e può essere usato sia in contesti formali che colloquiali.

Irina: Il verbo “demonizzare” viene spesso e volentieri utilizzato in riferimento a un fenomeno, un’idea, un gruppo o una persona, che viene presentata come dannosa o immorale.

Molto simile a “condannare” ma condannare si usa quando si giudica negativamente una persona o un fatto per qualcosa che ha fatto senza possibilità di scuse. Si tratta spesso di una colpevolezza morale, di una “sentenza” di colpevolezza ma non parliamo solamente delle sentenze di un giudice. Il giudice condanna nel senso che infligge una vera pena da scontare, tipo 10 anni di prigione o 1000 euro da pagare per scontare la condanna.

Il senso di condannare in questo caso è più generale: considerare colpevole una persona o sbagliato un comportamento.

Condannare è quindi simile a disapprovare o criticare, più leggeri da questo punto di vista rispetto a demonizzare, perché il demonio è il male in persona!

Poi per condannare c’è spesso bisogno di un fatto, un qualcosa che si disapprova, si condanna, si critica.

Ciò che si demonifica invece può essere una figura, un’idea, un fenomeno, un gruppo sociale, un mestiere, per ciò che rappresenta, per le conseguenze che comporta.

Vediamo esempi di condannare:

Non puoi condannarmi per averti tradito una sola volta!

Non condannarmi solo perché la penso diversamente da te.

Condanniamo chiunque usi la violenza.

Condannare l’operato di un arbitro per aver assegnato un rigore dubbio mi sembra esagerato.

Non basta condannare il comportamento di Giovanni; occorre anche impedirgli di fare del male alle persone.

Demonizzare” ha quindi un’accezione più forte e spesso viene usato in situazioni in cui si vuole enfatizzare la malvagità o la pericolosità di ciò che si sta descrivendo.

Ecco alcuni esempi:

La Guerra va demonizzata sempre e comunque. Senza se e senza ma.

La stampa ha demonizzato la figura del politico, presentandolo come un mostro. Non sempre è così però.

La società ha demonizzato la figura del tossicodipendente, senza considerare i suoi problemi di salute mentale.

In questo periodo storico, molti gruppi sociali sono stati demonizzati e perseguitati.

Nella campagna elettorale, la figura del candidato è stata demonizzata dai media.

Hartmut: In alcuni Paesi, malgrado il progresso raggiunto, l’omosessualità viene ancora demonizzata da alcune fazioni conservatrici.

Il conflitto tra le due nazioni ha portato alla demonizzazione reciproca delle rispettive culture.

Per iscriversi alla facoltà di medicina bisogna superare un test. C’è chi demonizza questo test ma c’è anche chi è d’accordo.

Rispetto a condannare, demonizzare ha dunque un tono più forte e negativo, è meno legato a singoli fatti e comportamenti singoli e si usa per considerare qualcosa in modo estremamente negativo e pericoloso, senza possibilità di redenzione. Dall’inferno non si torna!

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Lo sbocco – ITALIANO PROFESSIONALE

Lo Sbocco

tutte le lezioni di italiano per il lavoro

i verbi professionali (audio-libro)

Descrizione

Questo approfondimento di italiano professionale riguarda gli sbocchi.

Parliamo soprattutto degli sbocchi lavorativi e professionali.

Per leggere e ascoltare l’episodio occorre essere membri dell’associazione Italiano Semplicemente. 

Il gotha – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 31)

Il gotha (scarica audio)

Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

gotha

Trascrizione

Giovanni: oggi parliamo di potere, e quando parliamo di potere c’è quasi sempre di mezzo la politica. Ci occupiamo in particolare del termine gotha.

È evidentemente un termine che non ha origini italiane.

Vi spiego meglio. C’è una città tedesca che si chiama proprio Gotha, e nell’anno 1763 nasceva l’almanacco di Gotha, una specie di lista o meglio, di rubrica in cui compaiono però solamente le persone più importanti.

Questo almanacco conteneva inizialmente i nomi dei sovrani e nobili tedeschi, poi col tempo è stato pubblicato in diverse edizioni in diversi paesi europei con i nomi delle famiglie nobili e aristocratiche di diversi paesi, con informazioni genealogiche, quindi su quali famiglie provenivano, sui titoli, proprietà e altre informazioni rilevanti.

Oggi, quando si usa il termine gotha si intende generalmente una lista di nomi di persone importanti, in genere in un certo ambito.

“Il” gotha non è pertanto una singola persona ma un insieme di persone.

Se ad esempio dico che ad una riunione era presente il gotha della finanza italiana si vuole dire che hanno partecipato le persone più importanti, più autorevoli, quelle che contano di più, che hanno più potere nel mondo della finanza italiana.

C’è spesso il senso di “potere” nel termine gotha. Un potere che è nelle mani di poche persone.

Conseguentemente è facile che si parli del “gotha della politica italiana” o del gotha italiano o europeo o mondiale. I

n questo caso non ne fanno necessariamente parte solo personaggi politici, ma più in generale persone che contano, che hanno potere.

Va notato che il Gotha, inteso come almanacco, non è più pubblicato dal 1944, e quindi l’uso di questo termine oggi va sempre considerato come immagine di importanza e di potere.

Es:

Al matrimonio sarà presente il gotha aziendale italiano.

Una trasmissione televisiva in cui si esibisce il gotha della cucina mondiale.

Arrestato un uomo politico che aveva contatti col gotha della mafia.

Notate che difficilmente il termine si utilizza per indicare un gruppo dirigenziale di una singola azienda o di un singolo partito politico seppure può considerarsi lecito. Il gotha è generalmente qualcosa di più ampio, che appartiene ad una società:

Il gotha della finanza

Il gotha italiano

Il gotha americano

Il gotha della politica italiana

Si può comunque usare anche in questo modo:

Il gotha di Google

Il gotha dell’azienda

Il gotha del partito democratico

Si usano, a seconda del contesto (anche diversi e più leggeri della politica), anche altri termini.

Alla mia festa ci sarà la crema del calcio italiano.

Si usa spesso anche “la crème” con lo stesso senso di “la crema”: la parte più qualificata di una collettività.

Il senso è simile al gotha ma c’è meno il senso del potere e più quello della notorietà. Spesso c’è anche i quello di maggiore stile, nobiltà, eleganza.

Ancora più selezionata è la crème de la crème.

Es:

Alla prima del teatro La Scala di Milano ci sarà la crème de la crème della società.

Anche il termine élite è abbastanza usato.

Si tratta della parte più autorevole o raffinata di un gruppo, di un ambiente, di una collettività.

In questo caso emerge il senso della minoranza: poche persone in possesso di autorità, potere e influenza sociale e politica.

Far parte dell’élite è molto difficile

In quella scuola si è formata gran parte dell’élite romana

L’élite è la classe di comando, quella che sta nella stanza dei bottoni e che prende decisioni.

Più informale ma con un senso molto simile è il “fior fiore“, come abbiamo già visto in un episodio.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano dedicato al linguaggio della politica.

I difensori e la difesa – il linguaggio del calcio (episodio 7)

I difensori e la difesa (scarica audio)

Indice episodi

Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Dopo aver parlato del ruolo del portiere e della porta, occupiamoci adesso della difesa e dei difensori.

Coloro che ricoprono il ruolo di “difensori” sono coloro che giocano “in difesa”.

La difesa è composta dai giocatori che giocano “in difesa”, cioè che si trovano giocano per difendere la propria porta, perché il loro compito è principalmente quello di evitare che gli avversari facciano gol, cioè che mettano la palla in rete.

Adesso sappiamo usare qualche parola in più in virtù degli episodi passati, quindi possiamo anche ripassare il termine “deputato“.

I difensori sono deputati alla difesa della propria porta.

Coloro che ricoprono questo particolare ruolo giocano in una posizione arretrata, nelle vicinanze del proprio portiere.

Non tutti i difensori sono uguali però. Infatti a seconda della loro posizione in campo hanno un nome diverso.

I difensori centrali si chiamano così perché giocano al centro della difesa. Questi difensori occupano prevalentemente lo spazio compreso fra la propria porta e la linea di centrocampo.

Poi ci sono i cosiddetti “terzini” o difensori laterali. C’è il terzino destro e il terzino sinistro che stanno rispettivamente a destra e a sinistra rispetto al difensore centrale.

E’ curioso che il nome terzino abbia una origine nel linguaggio militare, cosa che avviene in diverse occasioni nel linguaggio del calcio.

Infatti gli attaccanti si può dire che rappresentano la cosiddetta “prima linea“, perché si trovano davanti alla porta avversaria, dunque sono coloro che devono fare gol.

Il centrocampo rappresenta la “seconda linea” perché si trovano dietro agli attaccanti e i difensori dunque sono coloro che occupano la terza e ultima linea. Da qui il termine “terzino”.

La difesa viene detta anche “reparto difensivo” e anche “pacchetto arretrato” o “pacchetto difensivo“, che si contrappone come vedremo nei prossimi episodi, al “pacchetto di centrocampo” e al “pacchetto avanzato“.

Possiamo sicuramente affermare che i difensori, cioè il pacchetto arretrato, è composto da calciatori schierati a ridosso dell’area di rigore costituendo pertanto l’ultima linea prima del portiere.

Ho detto che i difensori sono schierati.

Tutti i calciatori sono schierati in realtà. Essere schierati, nel mondo del calcio e in generale negli sport di squadra significa giocare in una certa posizione. Si dice pertanto:

Un calciatore schierato in difesa

Un difensore schierato a sinistra

Un difensore schierato a destra

L’allenatore ha deciso di schierare una formazione molto difensiva.

Stiamo parlando del cosiddetto “schieramento“.

Anche questo termine si usa nel linguaggio militare: lo schieramento delle truppe, lo schieramento dell’esercito.

Lo schieramento è semplicemente la “disposizione delle forze in campo”.

Schierare un calciatore però significa anche “far giocare un calciatore”, “decidere che un calciatore scenda in campo”. Questa è una decisione dell’allenatore.

E’ lui che decide lo schieramento cioè la formazione che scende il campo.

L’allenatore ha varie scelte a disposizione, vari calciatori che può decidere di far giocare.

La formazione che sceglie è quella che lui ha deciso di schierare in campo.

Ecco allora che la difesa possiamo anche chiamarla “lo schieramento difensivo“.

In politica il termine schieramento fa riferimento alla posizione “politica”.

Esiste dunque lo schieramento di sinistra, quello di destra. Esiste poi lo schieramento cattolico, quello laico, lo schieramento riformista e quello conservatore.

È curioso che anche il termine “pacchetto“, non si usi solo nello sport, in particolare nel calcio, ma anche in politica. Ancora una volta.

Però non si tratta di un gruppo di politici schierati da una parte, ma di un insieme di proposte politiche che, una delle parti può propone all’altra.

Es:
Oggi sarà discusso il pacchetto giustizia.
Le norme proposte fanno parte di un pacchetto che è stato proposto al Governo dai sindacati.
Nel calcio però il “pacchetto” è solo quello difensivo, di centrocampo e di attacco.
Riguardi ai difensori centrali, un ruolo che oggi si usa abbastanza poco è “stopper”, chiamato così perché questo calciatore è chiamato a arrestare (stop) e controllare il pallone.

Si chiama talvolta “regista arretrato” perché ha le caratteristiche simili a un centrocampista ma gioca un po’ indietro.

Un tempo esisteva anche il ruolo del cosiddetto “libero”, un tipo di difensore che nel calcio moderno non esiste praticamente più. Ne parleremo un’altra volta.
Concludo con un verbo usato spessissimo quando si parla dei difensori e di portieri (anche degli arbitri): intervenire.
I difensori sono chiamati ad intervenire perché il loro compito è prevalentemente cercare di interrompere il gioco degli avversari e questo avviene con degli “interventi” nel linguaggio calcistico:
Es:
L’attaccante viene fermato grazie ad un grande intervento da parte del difensore.
Molti interventi irregolari oggi da parte del pacchetto difensivo della Juventus.
Quando si parla di interventi dei difensori spesso c’è un aggettivo che li qualifica:
Un grande intervento
Un facile intervento
Un difficile intervento
Prodigioso intervento da parte del portiere!
Intervento irregolare da parte del terzino sinistro
Miracoloso intervento del portiere
Intervento corretto che ferma l’attaccante proprio prima che potesse tirare!
Intervento dell’arbitro che fischia un fallo a favore del Barcellona
Questo è un termine che si usa in ogni campo, ma ogni volta in modo diverso.

In generale diciamo che si tratta di una partecipazione attiva a dei fatti o delle situazioni. Ma oggi a noi interessa prevalentemente il linguaggio del calcio.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al mondo del calcio.

911 Incorniciare

Incorniciare (scarica audio)

Trascrizione

Incorniciare

Giovanni: episodio n. 911 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. Adesso che abbiamo fatto la nostra foto, dopo aver ben inquadrato il soggetto da fotografare (ricordate l’ultimo episodio?) potete finalmente stampare la foto e, se siete soddisfatti del risultato, potete anche incorniciarla e appenderla al muro per mostrarla a tutti.

Se invece non è una foto da incorniciare, allora fatene un’altra!

Willemijn: Tutto questo per farvi capire come si usa il verbo incorniciare, che come abbiamo anticipato nell’episodio scorso, significa inserire in una cornice, come si fa con un bel quadro o appunto con una fotografia.

Giovanni: avete appena ascoltato la voce di Willemijn, membro dell’associazione Italiano Semplicemente, che mi aiuta oggi in questa spiegazione. Allora, l’uso che ne ha fatto Willemijn nell’esempio sopra è nel suo significato proprio: una foto da incorniciare, cioè che merita di essere incorniciata, che vale la pena incorniciare.

Willemijn: Ma è l’utilizzo figurato che come al solito ci piace di più.

L’uso figurato di questo verbo è intuibile facilmente, poiché non solamente i quadri e le foto si possono incorniciare.

Nello sport si usa spessissimo per indicare una prestazione splendida, una performance eccezionale, una gara perfetta, una partita, una vittoria coi fiocchi. In tutti questi casi possiamo dire:

La Roma ha fatto una prestazione da incorniciare.

La performance della ballerina è stata da incorniciare.

Veramente una gara da incorniciare da parte dello sciatore italiano. Non ha sbagliato niente.

La finale del campionato del mondo è stata una partita da incorniciare da parte dell’Argentina e della Francia.

Una vittoria da incorniciare per l’Italia.

Giovanni: anche in questi casi si parla di qualcosa degno di essere mostrato e ricordato, di una prestazione in cui non è stato sbagliato nulla. Qualcosa di perfetto. Si può trattare, ma più raramente, anche di una bellissima partita, di una gara da ricordare per la sua bellezza o emozioni che ha suscitato.

È molto simile all’espressione “coi fiocchi” che abbiamo spiegato, ma molto più adatta nel caso di prestazioni, performance, vittorie e comunque meno informale.

Willemijn: Posso ugualmente dire che sto parlando di qualcosa di memorabile.

Questo aggettivo però può essere usato anche in senso inverso. Ad esempio:

La sconfitta dell’Italia contro la Macedonia del Nord del marzo 2022 è sicuramente un evento memorabile.

Giovanni: Se infatti si può dire che una sconfitta è memorabile, di contro, non esiste una sconfitta da incorniciare.

Memorabile è un evento contrassegnato da eccezionalità o importanza, qualcosa di grandioso, il cui ricordo è destinato a durare nel tempo. Molto simile a indimenticabile, che a sua volta direi che è più romantico come aggettivo ( molto più utilizzato). Un viaggio può essere descritto come indimenticabile, soprattutto se fatto col proprio partner. Memorabile forse è troppo in questo caso.

Willemijn: Si tratta di eventi ritenuti degni di essere ricordati, ma ci deve essere una prestazione di qualche tipo, dove emerge la qualità di una persona o di una squadra.

Non posso dire ad esempio che il Natale è una festa da incorniciare o che il mondiale di calcio è un evento da incorniciare.

Posso anche riferirmi a delle pagine di un libro che mi sono particolarmente piaciute e che mi piacerebbe, idealmente, metterle in mostra come un quadro per guardarle e trarre ispirazione.

Giovanni: Esiste anche la locuzione “da manuale“, abbastanza simile. “Da manuale” dà più l’idea di un esempio tipico di qualcosa eseguito in modo perfetto: un’operazione da manuale, un goal da manuale (il manuale del calcio).

Come se ci fosse ogni volta un manuale delle istruzioni (non sempre esiste in realtà) su come si deve fare qualcosa e adesso sto parlando di qualcosa eseguito perfettamente, proprio come c’è scritto sul manuale. Anche in questo caso si apprezza l’operato di una persona che nonostante le difficoltà, ha eseguito alla perfezione una qualche attività. Abbastanza simile a “da incorniciare” ma forse più adatto a questioni tecniche.

Poi, a dirla tutta, anche una rapina in banca può essere condotta “da manuale” (sarebbe il manuale del perfetto rapinatore!). Usare da “incorniciare” in questo caso non è adatto perché generalmente non si usa nel caso di azioni moralmente o eticamente scorrette come una rapina, ancorché perfette nella sua esecuzione.

Nell’uso figurato di “da incorniciare” si usa sempre la preposizione “da”. (ma proprio a me deve toccare parlare di grammatica?). Comunque, in questo caso indica un’azione che merita qualcosa.

Accade la stessa cosa con altri verbi e a volte la frase fornisce un’indicazione simile.

Altre volte cambia un po’: può indicare qualcosa che vale la pena fare, o qualcosa di obbligatorio, o qualcosa che non si può evitare (siamo lì), una conseguenza o anche una specifica particolare o una possibilità.

Es:

Una macchina da esibire (vale la pena, merito, una possibilità)

Un compito da fare (obbligatorio, inevitabile)

Vorrei qualcosa da mangiare e da bere (una specifica)

Io non ho null’altro da aggiungere (una specifica)

Tu hai qualcosa da dire? (una specifica)

Mi piaci da morire, sei bella da impazzire (una conseguenza, un merito)

Un tramonto da ammirare (una possibilità, un merito)

Willemijn: E adesso un bel ripasso da ascoltare e da incorniciare realizzato da Peggy.

Hartmut: Ragazzi, avete anche voi sentito dire che la nostra fabbrica è sull’orlo del precipizio? Penso abbia un fondamento di verità, tant’è vero che ci hanno chiesto di consumare le ferie in questo periodo, qualora ne avessimo ancora, il che non è mai avvenuto in passato. Anzi, abbiamo sempre dovuto fare gli straordinari, persino di domenica, non solo nei giorni infrasettimanali.

Marcelo: risulta anche a me! Quest’anno i nostri ordini sono quasi ridotti ai minimi termini. Senza contare che è imminente la scadenza del finanziamento da parte dell’unione europea per il nostro nuovo progetto. Numerosi clienti insolventi non saldano i conti in sospeso, e, dulcis in fundo, il caro bolletta ora ci sta anche uccidendo.

Anne Marie: sei sempre al corrente di tutte le notizie. Che tu sappia, il nostro capo ha deciso sul da farsi? Ha trovato qualche accorgimento per ovviare a questa difficoltà finanziaria?

Edita: A questo punto, non posso esimermi dall’informarvi che il direttore ieri ha adottato la decisione di ricorrere ai licenziamenti per contenere le spese, segno che vuole liquidare qualche dipendente che rende poco, tra cui ci sarà Peggy di sicuro. A breve il capo detterà ufficialmente le sue disposizioni. Dunque, siate discreti, mi raccomando, e in questo periodo cercate di comportarvi come si deve.

Peggy: Ah! Veramente? Non avevo realizzato la gravità di questa terribile situazione. Ma, mi stai predisponendo al peggio? Per favore, non dirmi “donna avvisata mezza salvata”. Cosa devo fare ora? Chiamare in causa la speranza, scomodare Dio, o mi attacco al tram? Aiuto!

Segue una veloce spiegazione orale del ripasso

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910 Inquadrare

Inquadrare (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni:

Cosa fate quando scattate una foto? Se ad esempio vi fate un selfy, la prima cosa da fare è inquadrare il vostro viso per poi scattare la foto.

Inquadrare” è un verbo simile a una incorniciare, ma sono i quadri ad essere incorniciati perché i quadri (quasi tutti) hanno una cornice.

Il verbo incorniciare però merita un episodio a parte.

Oggi dedichiamoci solamente ad inquadrare.

Dunque, per fare una foto si inquadra il soggetto che vogliamo fotografare e poi si scatta la foto. Questo è il primo modo di usare il verbo inquadrare:

Mi hai inquadrato bene il viso? Allora puoi scattare.

Inquadra bene il Colosseo e poi metti a fuoco prima di scattare la foto.

In questi casi, quando cioè facciamo una foto, l’inquadratura è importante perché ciò che vogliamo fotografare si deve vedere bene, e solitamente deve stare al centro dell’inquadratura. Ricordatevi il termine inquadratura.

Anche nel cinema, e dunque anche se parliamo di video e non di fotografie, si deve inquadrare qualcosa quando si fa un video: l’inquadratura è importante. Tutto ciò che finisce nell’immagine della telecamera o della macchina fotografica è stato inquadrato:

Fammi una bella inquadratura mi raccomando!

Vorrei una inquadratura di profilo.

Inquadra il paesaggio e poi inquadra Giovanni di spalle.

Questa inquadratura non mi piace, perché sembro più grasso!

Allora l’atto di inquadrare consente di delimitare con precisione lo spazio che sarà ripreso dalla telecamera o dalla macchina fotografica e al contempo di escludere tutto il resto (che rimarrà “fuori campo”, ossia all’esterno del campo visivo dell’osservatore). Tutto ciò che vediamo nella foto o nel video è stato inquadrato. Il testo è fuori inquadratura.

Ma un uso più interessante del verbo inquadrare è figurato: Inquadrare una persona o inquadrare un problema o una questione o un fenomeno. Se riferito a persona, in questo caso non vogliamo farle una foto!

inquadrare sta anche per classificare, capire questa persona o questa cosa. Capire da dove viene ad esempio, ma più in generale capire una serie di cose che meglio la definiscono. Si potrebbe anche sbagliare naturalmente. Quando ci si fa un’idea di una persona, si può dire che questa persona è stata inquadrata:

Giovanni non lo conosco, ma ho già capito che viene da una famiglia semplice e non abbiamo nulla da temere da lui. Ho già inquadrato il tipo.

Non riesco invece ad inquadrare Maria. Ha voglia veramente di incontrarci oppure no, secondo te?

A te ti ho già inquadrato, guarda che in questa scuola si studia e si riga dritto!

Quest’ultima frase potrebbe dirla un professore rivolgendosi a un ragazzo appena arrivato in una scuola.

Evidentemente non deve aver fatto una buona impressione al professore. In questo caso è stato usato il verbo inquadrare in modo giudicante e negativo ma il professore potrebbe anche dire:

Carmela è una ragazza studiosa. L’ho già inquadrata dopo le prime due ore di lezione.

Questo modo di usare inquadrare con le persone è adatto solamente quando la persona non si conosce bene. Si tratta di una sensazione basata sulla nostra capacità di intuire delle caratteristiche semplicemente osservando poche cose o in poco tempo.

Posso inquadrare una persona sentendola parlare 5 minuti.

È un modo informale, colloquiale, ma l’idea, l’immagine del quadro serve a delimitare alcune caratteristiche e ad escluderne altre. Insomma ci si fa un’idea.

Inquadrare un problema è abbastanza simile.

Se abbiamo inquadrato un problema è indice che abbiamo compreso il problema e che possiamo già iniziare a pensare a come risolverlo.

Si ritiene di aver capito non molto, ma quanto basta del problema per poter iniziare a cercare una soluzione, ma si potrebbe anche cercare di approfondire la conoscenza di questo problema.

Non riesco a inquadrare bene questa questione, perché mi manca qualche informazione importante.

Se invece avete inquadrato correttamente l’associazione culturale italiano semplicemente, sicuramente avrete capito che l’insegnamento dell’italiano non è basato sullo studio della grammatica e che l’obiettivo non è solamente imparare la lingua ma anche la cultura italiana, e se avete approfondito ulteriormente la questione, avete capito anche che i membri possono partecipare agli incontri in Italia organizzati per conoscerci e per parlare e ascoltare in italiano.

Se poi inquadrare è seguito da “in” o nel, nella eccetera, allora si sta parlando di collocare qualcosa o qualcuno all’interno di qualcosa di più ampio.

Quindi l’idea di racchiudere qualcosa all’interno in una “cornice” aiuta a collocare un evento, una persona, una cosa nell’ambito di un contesto che contribuisce a definirli.

Se vogliamo capire bene Dante Alighieri, ad esempio, dobbiamo cercare di inquadrarlo bene nel suo periodo storico e studiare le sue opere in relazione con le condizioni storiche e culturali del suo tempo. Dunque il suo tempo e la cultura del suo tempo rappresentano la cornice di riferimento, ciò che serve a racchiudere Dante e la sua opera per poterla meglio comprendere. Non possiamo ad esempio confrontare Dante Alighieri e un poeta contemporaneo russo se prima non li inquadriamo entrambi nel rispettivo contesto storico culturale e sociale.

Anche questo inquadramento (stavolta si chiama così, non inquadratura) ci aiuta a capire ciò che stiamo studiando, ciò che vogliamo inquadrare. Proprio come quando inquadriamo una persona o un problema. Anche in quel caso cerchiamo di capire, come ho detto prima.

In senso meno poetico, la cornice può anche essere di diverso tipo. Un lavoratore ad esempio, quando viene inquadrato all’interno di un’azienda, viene inserito in una struttura organizzata e gli viene assegnato un ruolo, delle mansioni e un certo livello retributivo.

Anche questo è un inquadramento e non una inquadratura.

Si parla spesso dell’inquadramento del personale nel linguaggio del lavoro. Bisogna decidere i ruoli, le mansioni, chi saranno i dirigenti eccetera.

Questo accade nel linguaggio politico, sindacale, amministrativo, ogni volta che si inserirsce una persona in una struttura organizzata come un partito, un’associazione, un sindacato di lavoratori.

Si può usare anche nel senso di far mettere giudizio ad una persona, insegnargli le regole, anche sgridandolo o comunque trattandolo con durezza. Simile a “rimettere in riga” una persona che non sa comportarsi come dovrebbe. Anche questo è un uso informale.

Mio nipote mi ha risposto male, ma se ci riprova lo inquadro io!

Quel ragazzo va inquadrato perché non ha molte regole. È un po’ troppo selvaggio.

Notiamo infine che inquadrare una persona è diverso da squadrarla. Infatti quando la squadriamo, come abbiamo visto qualche episodio addietro, la analizziamo solo fisicamente, vedendo ad esempio come è vestita e cerchiamo di farci un’idea solamente da ciò che vediamo. Quando la inquadriamo invece siamo in un momento successivo e questo significa che ci siamo fatti un’idea di questa persona (che non conoscevo), non solo dal vestito o dall’aspetto che aveva, ma anche in virtù di ciò che ha detto o di ciò che ho sentito dire su di lei o da come si è comportata in una occasione particolare.

Bene, basta con la geometria oggi. Adesso ripassiamo qualche episodio passato. È iniziato il carnevale o sbaglio?

André: stasera comincia il carnevale in Brasile dopo due anni di assenza a causa della pandemia! I brasiliani scalpitano per tornare a riempire di musiche e fantasie le vie della città! Io invece me ne frego del carnevale. Vado a riposare!

Ulrike: In quanto nata berlinese sono anch’io restia verso i riti del carnevale. Ma so bene che la penso diversamente da tanta gente tedesca, soprattutto quella del sud.

Marcelo: per me il Carnevale lascia il tempo che trova, anche perché qui nell’emisfero sud casca d’estate. Dalle mie parti si preferisce giocare con l’acqua, con buona pace delle ragazze che loro malgrado vengono inzuppate dalla testa ai piedi. Sono ancora memore di quando ero bambino e questa attività andava a genio a tutti i miei amici.

Peggy: ricordatevi allora che si può inquadrare una persona prima di farle una foto, oppure, se l’avete inquadrata, vi siete fatti un’idea su di lei, oppure l’avete collocata in una azienda con un certo ruolo o comunque in una struttura organizzata, oppure potreste inquadrarla (torniamo al linguaggio informale), per farle capire delle regole da rispettare, anche usando metodi duri.

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Escutere – VERBI PROFESSIONALI (n. 82)

Escutere

Descrizione: il verbo escutere è molto usato in caso di garanzie.

La trascrizione completa e il file audio dell’episodio sono disponibili per i membri dell’Associazione Italiano Semplicemente.

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909 A differenza di, diversamente da

A differenza di, diversamente da (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: oggi parliamo di differenze. Cominciamo con una semplice frase:

A differenza di altri siti, nell’insegnare la lingua italiana, in italianosemplicemente.com si impara divertendosi.

A differenza di” è la parte della frase che mi interessa maggiormente oggi in questo breve episodio.

Potrei anche dire, con lo stesso senso:

Diversamente da quanto si fa in altri siti, nell’insegnare la lingua italiana, in italianosemplicemente.com si impara divertendosi.

Queste due forme sono assolutamente equivalenti e potete usarle a vostra scelta se volete parlare di qualcosa che si differenzia da un’altra.

Altri esempi:

A differenza di te, io ci tengo alla mia reputazione

Diversamente da te, a me piace molto studiare la grammatica.

Ciò su cui potrebbe nascere un dubbio è sul corretto utilizzo della forma “a differenza mia”, “a differenza tua”, “a differenza loro” ecc.

Spesso si legge e si ascolta anche dagli italiani, quando si parla di differenze tra persone, usare la forma, che però non è corretta. Es:

A differenza mia, tu riesci a seguire tutte le regole

I tedeschi sono molto precisi. A differenza loro, noi italiani preferiamo essere flessibili.

Ebbene, le frasi corrette sono:

A differenza di me, tu riesci a seguire tutte le regole

I tedeschi sono molto precisi. A differenza di loro, noi italiani preferiamo essere flessibili.

Gli italiani generalmente non sanno che solo questa sia la forma corretta e nessuno vi correggerà se direte o scriverete “a differenza mia”, ma è bene sapere che l’unica forma consentita è quella senza l’aggettivo possessivo.

Ovviamente il problema non si pone se non si parla di persone:

A differenza di quest’estate, recentemente non abbiamo avuto occasione di incontrarci

A differenza del giorno, di notte fa troppo freddo

eccetera.

Ovviamente do per scontato che a nessuno di voi venga in mente di usare la forma “a differenza di io”, “o a differenza di tu” e via dicendo. Questo è l’errore più grande che possiate fare e, a differenza di “a differenza mia”, nessun italiano, dico neanche uno che è uno, farebbe mai questo errore!

In sintesi, per esprimere una differenza si può usare “a differenza di” o “diversamente da“, mentre è sbagliato, nel caso di confronto tra persone (anche se gli italiani lo fanno abitualmente), usare “a differenza mia/tua/sua/nostra/vostra/loro”. Si deve dire in questi casi: “a differenza di me/ di te/di lui/di lei /di noi/di voi/di loro”.

Adesso ripassiamo.

Mi piacerebbe sapere quale dieta sia la migliore tra quella vegana, carnivora o onnivora. La parola passa ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente che dovranno usare espressioni, verbi e parole già imparate per esprimere la propria opinione.

Persona Vegana 1 (Irina): La mia dieta vegana senz’altro è la migliore in quanto è la più sana sia per il corpo che per l’ambiente. Altro che storie!

Persona Carnivora 1 (Ulrike): sempre queste prediche. Voi vegani mi date davvero sui nervi. Come si fa a negare che la carne fornisce proteine e altri nutrienti importanti per il nostro corpo.

Persona Onnivora 1 (Peggy): Dai, ragazzi, per il vostro bene, vi consiglio di tornare sui vostri passi. Non mi capacito del fatto che non credete che la varietà sia la chiave. Con una dieta onnivora possiamo mangiare un po’ di tutto facendo sì che il nostro organismo possa avere un equilibrio nutrizionale e congruo.

Persona Vegana2: Ma la maggior parte delle persone mangia troppa carne e questo è dannoso per la salute e l’ambiente, senza contare Il riscaldamento globale, che ci porterà tutti a pagare lo scotto.

Persona Carnivora 2 (Marcelo): Mi dispiace moltissimo ma non posso continuare a sostenere l’utilità della carne. Ho un arrosto sulla griglia e mi precipito ad assaggiarlo. Mio figlio è uno degli ospiti d’onore ma ciò non toglie che adesso, forte dei vostri consigli, potrò preparare il cibo che meglio si confà ai gusti di tutti gli ospiti.

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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