Certo (ep. 922)

Certo (scarica audio)

certoOggi ci occupiamo del termine “certo“, che può essere utilizzato in diversi modi in italiano, e questo dipende dalla sua posizione nella frase, dal contesto e anche dalle pause che facciamo.

Prima di tutto si usa per dare una conferma, quindi somiglia a un “sì”:

Mi aiuti a fare i compiti? “Certo!”, oppure: “Sì, certo!”, “certo che sì”, “Certo che ti aiuto” cioè: “Sì, ti aiuto, naturalmente”. Si usa in questi casi anche: chiaro, chiaramente, ovviamente.  certamente.

In questo senso però si può usare anche in modo ironico, nel senso che la si pensa in realtà in  modo completamente diverso.

Figlio: Ieri ho studiato tutto il giorno, ti giuro!

La mamma: certo, certo, immagino!

A parte questi casi, si tratta di un sì convinto, sicuro e si usa come avverbio anche  per avvalorare una supposizione, per dare cioè più valore, più credibilità, a una nostra idea, a qualcosa che supponiamo ma che non siamo sicuri, proprio come “certamente” tipo:

Con questa pioggia, Giovanni sarà certo restato a casa

A quest’ora domani sarai certo già arrivato a Roma

Adesso Marco avrà certo finito di fare l’esame

Si usa anche come inciso, sempre per rafforzare:

Maria, certo, non sapeva che il padre non fosse Giuseppe

Come aggettivo invece la questione si fa più interessante.

Si può usare per confermare che qualcosa risponde al vero:

Bisogna ascoltare per imparare: La notizia viene da fonte certa, infatti l’ho letta su Italiano Semplicemente

Quindi la fonte è sicura, ci si può fidare.

Oppure:

Contro il Real Madrid andremo incontro ad una sconfitta certa!

Esiste anche l’espressione “dare per certo” cioè considerare reale, sicuro qualcosa o anche assicurare qualcosa, garantire.

Si può ovviamente usare per esprimere sicurezza:

Sono certo che sarò promosso!

Quindi proprio come “Sono sicuro/convinto che sarò promosso”

Può esprimere una evidenza, una cosa chiara, indubbia:

Se continui così è certo che non sarai promosso quest’anno

Attenzione perché quando è anteposto al nome, cioè quando si trova prima di un nome, “certo” può avere valore indefinito. Ad esempio può indicare una quantità precisa ma non descritta:

Certi giorni non sono del miglior umore

Certe notti sento abbaiare continuamente dei cani sotto casa

Si intende qualche giorno o qualche notte, non tutti i giorni o tutte le notti.

Può anche avere un senso ironico o spregiativo:

Certa gente io non la capisco: continua a studiare solo la grammatica anche se non fa progressi!

Al bar si sentono certi discorsi che mi fanno ridere a volte!

In questi casi si tratta di qualcosa di strano, di non normale, che non si apprezza.

Altre volte si usa per indicare un grado intermedio:

Mio figlio si applica con un certo impegno quando studia. E’ un ragazzo studioso.

Siamo partiti e dopo un certo tempo ci siamo fermati per una pausa

Quindi si tratta di una “certa quantità” o di un “certo grado”, un “certo livello” di qualcosa, ma non inteso come sicuro, chiaro, ma nel senso di “abbastanza”, “non poco”. Resta a volte un grado di indefinitezza ma è voluta. Spesso è assolutamente indeterminata e altre volte invece si vuole dire che non è poco, non è un basso livello, ma un “certo”  livello, un “certo” grado, una “certa” quantità. Come quando dico:

Ho una certa fame!

Ho una cera sete!

Cioè: ho abbastanza fame/sete. Non ho poca sete, tutt’altro.

C’era una certa confusione alla festa

Cioè: C’era una certa quantità di confusione, c’era abbastanza confusione.

L’indeterminatezza invece a volte è voluta, come quando dico:

Sono stato a cena con certi amici di vecchia data

Non è bellissima, ma questa macchina che ho acquistato ha quel certo non so che

Altre volte sempre al plurale, significa:  taluni, alcuni, qualche:

Il virus è stato creato in laboratorio: certi ne sono convinti

Certi affermano che Dio è un’invenzione

Certi dirigenti credono che bisogna tenere sotto controllo i propri dipendenti

Vedete che a volte si nota ancora una certa indeterminatezza.
Accade anche quando certo e certa sono preceduti da “un” e “una”. Accade anche con i nomi delle persone

Ho visto un certo Luca

Che significa “Ho visto una persona di nome Luca”. Ma voglio dire che non so chi sia, non lo conosco. So solamente che si chiama Luca.

Quando si usa “un certo” o “una certa”, si sta dando un senso di vaghezza o di incertezza rispetto all’identità della persona o della cosa a cui ci si riferisce. Quindi “ho visto un certo Luca” suggerisce che Luca non è una persona particolarmente importante o famosa, o che non se ne ricorda bene l’identità.

Può anche essere utilizzato per dare un senso di mistero o di suspense:

C’era una certa tensione nell’aria.

In questo caso, “una certa” implica che ci sia qualcosa di importante o di inquietante che sta per accadere, ma non si sa ancora di cosa si tratti.

Infine c’è anche un uso di certo come sostantivo:

Bisogna affermare il certo!

Cioè: bisogna dire ciò che è sicuro.

Oppure:

lasciare il certo per l’incerto.

Cioè: lasciare, abbandonare qualcosa di sicuro per scegliere qualcosa che invece è incerto, che non dà garanzie. Si usa spesso quando si lascia un lavoro per prenderne un altro col rischio di sbagliare.

Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente, ma prima ripassiamo un po’.

Sofie: Sappiate che domani partiremo alle 8:00 di mattina. A quell’ora di certo non incontreremo traffico, incidenti permettendo.

Danielle: Ma sei sicura che sia una buona idea? A quell’ora tutti vanno a lavorare. Forse dovresti tornare sulla tua decisione.

Rafaela: In effetti, sembra plausibile che ci possa essere del traffico a quell’ora.

Sofie ma no, non mi preoccupo! Sono imperterrita, la partenza è confermata. Ho studiato la situazione.

Danielle: Non voglio passare per il solito bastian contrario, ma forse è meglio rifletterci su.

Rafaela: Potremmo incontrare mezzo mondo in realtà. ma non voglio sollevare polveroni. Mi fido delle ricerche di Sofie.

Danielle: e fu così che arrivarono a mezzanotte!

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Propizio (ep. 921)

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Giovanni: Parliamo dell’aggettivo “propizio” che significa favorevole. Questo è l’agettivo più simile. HA un senso abbastanza vicino comunque anche a adatto, opportuno, buono.

Il termine “propizio” si riferisce a qualcosa che favorisce o promuove un evento o una situazione positiva. Si usa principalmente per indicare che le circostanze sono favorevoli o vantaggiose per qualcosa o qualcuno.

Ad esempio, si può dire “Le condizioni meteorologiche sono propizie per una passeggiata in montagna” per indicare che il tempo è favorevole per fare una passeggiata in montagna. Oppure, “Questa è una propizia occasione per consolidare il nostro rapporto” per indicare che la situazione attuale è vantaggiosa per rafforzare un rapporto interpersonale.

In generale, il termine “propizio” viene utilizzato quindi per descrivere una situazione che è favorevole e che può essere sfruttata a proprio vantaggio.

Vediamo altri esempi usando anche qualche espressione già imparata:

  • “Dai, vedi che Francesca adesso sta da sola, L’occasione è propizia per attaccare bottone con lei!” In questo caso si sta invitando a cogliere l’occasione al volo, per non farsi scappare l’opportunità di andare a parlare con Francesca. 
  • Laddove le condizioni del mercato siano propizie, si possono ottenere profitti significativi”. La parola “laddove” (che abbiamo già visto insieme) viene utilizzata per indicare una situazione in cui le condizioni del mercato sono favorevoli, e il termine “propizie” indica che tali condizioni favoriscono l’ottenimento di profitti.
  • “La posizione della casa, a ridosso della valle, è propizia per godere di una vista panoramica”: quindi la posizione della casa è favorevole per godere di una vista panoramica perché si affaccia sulla valle.
  • “Il mercato azionario era in teoria propizio per gli investimenti nel settore tecnologico, ma vai a capire perché, qualcosa ha determinato il crollo del mercato in serata”. Dunque il mercato azionario era teoricamente favorevole per gli investimenti nel settore tecnologico, ma per un motivo che non si conosce c’è stato un crollo.
  • “Questa è una propizia occasione per mostrare il tuo talento artistico. Hai tutte le carte in regola, quindi non lasciartela scappare, mi raccomando“: La situazione è pertanto vantaggiosa per mostrare il proprio talento artistico in quanto si dispone delle capacità per mostrarle, si ha la stoffa giusta e occorre approfittarne.

Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente. 

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Discrezionale, a discrezione di (ep. 920)

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Giovanni: Ricordate quando abbiamo parlato della discrezione? In quell’occasione abbiamo visto in particolare l’aggettivo indiscreto e anche l’opposto: discreto, riferito al comportamento di una persona.
Ma che significa discrezionale? In quell’episodio non abbiamo parlato di questo.
Discrezionale” si riferisce a qualcosa che è lasciato alla discrezione o al giudizio personale di qualcuno. Ciò significa che la decisione su come procedere è lasciata alla persona che ha il potere o l’autorità di prenderla.

Ecco alcuni esempi di come “discrezionale” può essere usato:

La decisione di concedere il permesso di costruire è discrezionale del sindaco.

In questo caso, la decisione su se concedere o meno il permesso di costruire è lasciata alla discrezione del sindaco, il quale può decidere in base al proprio giudizio personale.

Il datore di lavoro ha il potere discrezionale di concedere o meno il congedo.

In questo caso, la decisione su se concedere o meno il congedo è lasciata alla discrezione del datore di lavoro.

Il giudice ha il potere discrezionale di scegliere la pena da infliggere.

In questo caso, la decisione sulla pena da infliggere è lasciata alla discrezione del giudice, il quale può decidere in base al proprio giudizio personale.

Il concetto appena descritto con l’uso di “discrezionale” può anche essere usato con l’espressione “a discrezione di“, che significa che qualcosa è lasciato alla decisione o al giudizio personale di qualcuno. Ecco alcuni esempi di come “a discrezione di” può essere usato in frasi:

Il prezzo del prodotto può essere modificato a discrezione del venditore.

In questo caso, il venditore ha il potere di decidere se aumentare o diminuire il prezzo del prodotto in base al proprio giudizio personale. E’ a sua discrezione la decisione sull’eventuale modifica del prezzo. E’ lui che decide autonomamente.

La scelta del ristorante per la cena è a discrezione degli ospiti.

In questo caso, la decisione su quale ristorante scegliere per la cena è lasciata alla discrezione degli ospiti, i quali possono decidere in base al proprio giudizio personale.

Il numero di partecipanti al corso è a discrezione dell’organizzatore.

In questo caso, è l’organizzatore che decide. L’organizzatore del corso ha il potere di decidere quanti partecipanti accettare in base al proprio giudizio personale.

L’utilizzo di discrezionale e di “a discrezione di” è abbastanza formale.

Ecco alcune alternative più colloquiali che si possono usare usare:

  • “a scelta di“: questa espressione è più informale di “a discrezione di”, ma ha lo stesso significato. Ad esempio: “il piatto da ordinare è a scelta tua”.
  • a tua scelta“: questa è un’altra alternativa informale per “a discrezione di”. Ad esempio: “l’abbonamento che hai pagato prevede un quotidiano a tua scelta tra quelli elencati”.
  • a seconda di quello che preferisci“: anche questa espressione può essere usata al posto di “a discrezione di”, quando si parla di scelte personali. Ad esempio: “Puoi scegliere il tuo look a seconda di quello che preferisci”.
  • in base alla tua decisione“: Ad esempio: “La scelta finale è in base alla tua decisione”.
  • decidi tu“: questa espressione è molto informale, ma può essere usata al posto di “a tua discrezione” in molte situazioni. Ad esempio: “Decidi tu quale film guardare stasera”.
  • Come preferisci“: es: “facciamo come preferisci”
  • decidi tu come vuoi fare“: questa espressione è simile a “decidi tu”, ma include anche il “come” per indicare che la scelta riguarda anche il modo di agire. Ad esempio: “Decidi tu come vuoi fare per risolvere questo problema”.
  • a piacere“: utile quando si parla di scelte personali o di gusti. Ad esempio: “Puoi personalizzare il tuo hamburger a piacere”.
  • vedi tu“, molto informale e poi ce ne siamo già occupati in un episodio passato.
  • Attenzione e frasi tipo “fai come ti pare” e “fai un po’ come ti pare” perché possono essere molto scortesi soprattutto se si utilizza un tono rude o autoritario. Potrebbe sembrare che possa essere usata al posto di “a discrezione di”, potrebbe cioè suggerire che la scelta è completamente libera e che non ci sono vincoli o limiti da rispettare, ma in realtà si usa solamente quando siamo di fronte a una persona che vuole fare di testa sua nonostante i miei suggerimenti. Se uso questa frase è segno evidente che ho perso la pazienza, smetto di insistere e che ti lascio al tuo destino, tanto hai già deciso (nel modo sbagliato secondo me).

Adesso ripassiamo qualche episodio passato con l’aiuto dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente. La scelta dell’argomento del ripasso è a vostra discrezione.

Peggy: Va bene! Oggi faccio la brava studentessa, seguendo il nostro retaggio culturare basato sulla filosofia confuciana, ossia rispettare il nostro prof. Per giunta, lasciare un episodio senza alcun ripasso non corrisponde alla mia politica, allora ho detto qualcosa. Fatevi sotto anche voi ragazzi, non è che dobbiamo fare qualcosa di arduo come una versione di latino o di greco.

Marcelo: certo Peggy, è doveroso fare dei ripassi ogni giorno per rendere piú spontaneo e naturale il nostro italiano! Direi anche che pare brutto non rispondere quando siamo chiamati in causa, anzi ti dico che provo piacere nel partecipare con un ripassino!

Irina: Mi sono ripromessa di essere uno studente/una studentessa indefessa e promettente, quindi anch’io vorrei scrivere due righe anziché rimanere qui impalata sperando di dimostrare di avere la stoffa giusta nel fare un’opera da incorniciare. Tuttavia, mio malgrado, dal momento che in questo momento sono indisposta, mi vedo costretta a partecipare, ma solo più in là, quando avrò più tempo a disposizione.

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Doveroso (ep. 919)

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Giovanni:

Cosa preferite tra il dovere e il piacere?

Facile scegliere, però si dice sempre “prima il dovere, poi il piacere”. Potrei anche dire che è doveroso prima fare ciò che fa parte del nostro dovere e poi le cose piacevoli.

Oggi vorrei parlarvi proprio di “doveroso” e “doverosa“, aggettivi che ovviamente fanno riferimento al dovere.

Doveroso significa che è ritenuto un dovere, ma non sempre. A volte stiamo parlando di qualcosa di diverso.

Adesso potrei dirvi che da parte mia è doveroso fare degli esempi, altrimenti potreste avere dei dubbi.

Spesso non parliamo di un dovere nel vero senso del termine. In questo caso: è bene fare qualche esempio, è meglio, credo sia giusto, sento che devo farlo. In questo caso ad esempio parlo di fare degli esempi e questo aiuta molto la comprensione e sarebbe poco utile non fare alcun esempio. Quindi è doveroso da parte mia farne qualcuno se voglio essere utile. È anche una questione di cortesia conunque.

Si usa spessissimo infatti in formule di cortesia, quando vogliamo ad esempio ringraziare qualcuno:

È doveroso ringraziare i volontari che ci hanno aiutato ad organizzare questo evento.

Oppure per esprimere una forma di rispetto verso le persone a cui ci si rivolge:

Sono doverose delle scuse da parte mia per non avervi avvisato.

Perché non ci hai avvisato? Non bastano le scuse. È doverosa una spiegazione da parte sua!

Diciamo che più che un dovere, parliamo di un obbligo morale.

Rispettare la legge e doveroso?

Certamente, ma questo aggettivo si usa spesso non solo quando si tratta di veri doveri come questo. Nel caso di doveri veri e propri poi normalmente si dice anche che fare questa cosa è un dovere, oppure un preciso dovere, o che corrisponde/risponde a un preciso dovere.

Dunque accade spessissimo che si riservi questo aggettivo anche per tutti i comportamenti ritenuti moralmente corretti, per educazione, senso civico, eccetera.

È doveroso avvisarvi che il viaggio durerà 5 ore circa senza interruzioni. Se dovete mangiare, bere o andare in bagno, fatelo subito.

Grazie per averci accompagnato a casa.

Si figuri, era doveroso da parte mia visto che avete perso il treno per colpa mia.

“È doveroso” può somigliare a è indispensabile, è d’obbligo, è giusto, è necessario, è dovuto, è opportuno. A seconda del caso si avvicina a una di queste modalità simili.

L’aggettivo doveroso viene associato più spesso a un ringraziamento:

Un doveroso ringraziamento a chi ha sostenuto l’associazione.

Abbastanza frequente è anche “per doverosa informazione” e anche “per doverosa e opportuna conoscenza“, oppure “fare una doverosa precisazione” e “prendere una misura doverosa“, dove misura sta per provvedimento, decisione, quindi parliamo di qualcosa di giusto, opportuno.

L’utilizzo è sempre abbastanza formale.

Adesso ripassiamo un po’ parlando di piacere.

Marcelo: di già! Così, senza anticipare! Allora mi precipito volentieri e con piacere a pensare a qualcosa! Non so se ti piacerà comunque!

Peggy: dai ragazzi! pare brutto rispondere picche alla richiesta di Gianni! Facciamo del nostro meglio e forse sarà un ripasso da incorniciare!

Edita: certo Peggy! Dobbiamo farlo, di qui non si scappa! Mettiamoci all’opera e non rimaniamo impalati. Facciamo squadra per collaborare!

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Lo schiribizzo e il ghiribizzo (ep. 918)

Lo schiribizzo e il ghiribizzo (scarica audio)

Giovanni: Oggi parliamo dello schiribizzo, un termine molto curioso e usato in tutto lo stivale (Cioè in tutt’Italia). Quando lo utilizziamo siamo sempre in un contesto informale, colloquiale.

In realtà il termine schiribizzo è una variante popolare di “ghiribizzo“. Si tratta comunque della stessa cosa.

Ma cos’è lo schiribizzo? Cos’è il ghiribizzo?

Lo schiribizzo è una voglia strana, un desiderio improvviso, ma non il desiderio di qualcosa di materiale (o almeno non soltanto), ma la voglia di fare qualcosa di strano, di insolito, di bizzarro, qualcosa che in condizioni normali non farei, ma in quel momento, quando mi prende lo schiribizzo, potrebbe essere l’occasione buona, perché non è che prende tutti i giorni lo schiribizzo.

Quel giorno potrei essere però particolarmente curioso o sentirmi particolarmente ardito, temerario, intraprendente, o magari mi sento particolarmente irritato e allora mi scatta qualcosa dentro, qualcosa di improvviso che mi fa fare qualcosa.

Questo è un segno inconfutabile che mi è preso lo schiribizzo!

Avrete capito che si usa il verbo prendere:

Prendere lo schiribizzo.

Es:

Oggi vado al mare. impiego normalmente un’ora per arrivare, ma se mi prende lo schiribizzo stasera mi fermo a dormire in un hotel, così potrò tornarci anche domani mattina.

Come verbo ausiliare quello corretto è il verbo essere, ma a volte si usa anche il verbo avere. Non si dovrebbe, ma la lingua colloquiale fa questi scherzi a volte.

Mi è preso lo schiribizzo

Mi ha preso lo schiribizzo

Es:

Mia figlia esce ma non mi dice mai dove va. Ma ieri sera mi è preso lo schiribizzo e sono andato a vedere dove andava mia figlia. Non vi dico cosa ho scoperto!

In definitiva, quando prende lo schiribizzo, viene una voglia particolare che spinge a fare qualcosa.

Si usa anche con la preposizione “di”:

Non lo faccio mai, ma oggi mi è preso lo schiribizzo di andare a vedere la partita della Roma allo stadio.

Tutti noi avremmo voglia di fare tante cose in certe situazioni, poi però quasi sempre ci comportiamo diversamente e facciamo la scelta più saggia o più “normale” o meno rischiosa o meno stravagante.

Lo facciamo per motivi diversi, legati alla cultura, alle abitudini, al modo di vivere quotidiano, per non offendere, per non invadere la privacy degli altri, per non perdere tempo, per non aver paura che ci siano conseguenze negative eccetera.

Ma a volte capita che ti prende lo schiribizzo e allora non c’è niente da fare!

A volte quando prende lo schiribizzo è per curiosità, altre volte per evadere un po’, per lasciarsi andare e fare cose insolite o perché siamo stanchi di vedere cose che non ci piacciono.

Allora in questi ultimi casi può prendere per togliersi un sassolino dalla scarpa
Non esagerate però con gli schiribizzi perché potreste essere considerate persone sui generis, che non sanno contenersi, che non rispettano le norme sociali, che non hanno pazienza o che sono totalmente imprevedibili e quindi poco affidabili.

Potete usare i termini ghiribizzo e lo schiribizzo per dare frizzantezza ad una affermazione, grazie al suono divertente di questa parola.

Se non vogliamo usare lo schiribizzo possiamo parlare di “capriccio” che però non si prende ma si ha. Ma un capriccio è un’improvvisa voglia o desiderio di fare qualcosa, spesso senza un motivo razionale o importante. Tra l’altro il termine si usa spesso con i bambini.

Cosa sono tutti questi capricci? Perché non vuoi mangiare oggi? Basta capricci!

Lo schiribizzo in realtà ha spesso una motivazione alla base, ma si tratta comunque di qualcosa di impulsivo e di improvviso.

Allora concludo dicendo che oggi ho già utilizzato 4 episodi di ripasso per descrivervi lo schiribizzo, quindi possiamo anche finirla qui.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.

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Commissariare – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 34)

Il verbo commissariare (scarica audio)

Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

 Trascrizione

Giovanni:
Come si usa il verbo commissariare? Si tratta di un verbo che si utilizza solamente quando parliamo di politica. Chiaramente deriva dal termine commissario. Cos’è un commissario allora? È una persona a cui vengono affidati temporaneamente dei compiti importanti.

Il verbo “commissariare” si usa allora per indicare l’azione di affidare qualcosa a un commissario, ovvero a una persona incaricata di assumere temporaneamente il controllo di una situazione o di un’attività, con il compito di risolvere eventuali problemi o difficoltà.

Ecco alcuni esempi di come si può utilizzare il verbo “commissariare” in una frase:

Il sindaco ha deciso di commissariare la gestione del servizio idrico per risolvere i problemi di inefficienza. Evidentemente ci sono dei problemi con la fornitura dell’acqua.

La società ha deciso di commissariare l’azienda per ristrutturarla e renderla più efficiente.

Il governo ha commissariato l’ente previdenziale per risanarne le finanze.

Il commissario allora avrà proprio questo compito: ristrutturare e rendere più efficiente l’azienda. Per questo motivo è stato nominato.

L’assemblea dei condomini ha deciso di commissariare il condominio per risolvere i problemi di manutenzione e gestione comune.

Questo commissario dovrà risolvere questi problemi e dopo che li avrà risolti sarà nominato un nuovo amministratore del condominio.

Spesso è un comune italiano ad essere commissariato.

Il commissariamento di un comune avviene quando, a causa di gravi problemi amministrativi, finanziari o di altro tipo, il governo centrale decide di nominare un “commissario straordinario” per gestire la situazione al posto degli organi amministrativi del comune stesso.

Spesso si parla di commissari straordinari non solo perché non si tratta di una gestione ordinaria (quindi è straordinaria), normale, perché ad esempio è una soluzione temporanea. Poi infatti si dovrà tornare alla normalità.

Si chiama straordinario soprattutto per un altro motivo: il commissario straordinario ha poteri straordinari.

Il commissario straordinario ha il compito di risolvere i problemi che hanno portato al commissariamento, riportando la situazione sotto controllo e garantendo la corretta gestione degli affari comunali. In genere, il commissario ha poteri speciali che gli permettono di adottare decisioni in modo rapido ed efficace, al fine di risolvere i problemi nel più breve tempo possibile.

Il commissariamento è quindi un provvedimento eccezionale (nel senso che deve essere una eccezione) che viene adottato solo in casi di estrema necessità, quando l’amministrazione comunale (ad esempio) non è in grado di garantire i servizi essenziali e la corretta gestione degli affari pubblici. In alcuni casi, il commissariamento può durare per un periodo limitato, fino a quando la situazione non si è risolta, mentre in altri casi può durare per un periodo più lungo, fino a quando non vengono risolti tutti i problemi e non viene garantita una gestione regolare e trasparente del comune.

Alcuni dei più noti commissari straordinari sono il commissario straordinario per la ricostruzione (dopo un terremoto ad esempio) , per il rischio idrogeologico, per i rifiuti di una città o per le bonifiche di un territorio.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano dedicato al linguaggio della politica.

Pare brutto (Ep. 917)

Pare brutto

Pare brutto (scarica audio)

Video e trascrizione

Giovanni: l’espressione di oggi è “pare brutto“. Non parliamo dell’aspetto fisico di una persona però. Non parliamo cioè di una persona che ci sembra brutta. “Sembra” e “pare” come sapete sono abbastanza simili. Questo sarebbe infatti il senso proprio di “pare brutto”.

Pare brutto” è invece una locuzione informale molto usata in tutta Italia ma maggiormente nelle regioni del centro sud, che può avere significati diversi ma tutti abbastanza simili, tipo:

non è bello
non è carino
non è giusto
non è corretto

Parliamo quindi di comportamenti o atteggiamenti ritenuti scorretti ma più frequentemente sconvenienti. Notare che si usa solamente al maschile.

La società in cui viviamo è caratterizzata da dinamiche sociali complesse, che richiedono il rispetto di diverse regole.

Queste regole possono riguardare l’etica, la moralità, il comportamento sociale, le convenzioni. La loro esistenza e il loro rispetto sono fondamentali per garantire il funzionamento armonioso della società stessa e per preservare i diritti e le libertà individuali di ogni membro.

Tuttavia, va detto che il rispetto di queste regole non sempre è una questione scontata: si scontrano valori contrastanti, e la loro interpretazione può variare a seconda dei contesti culturali, storici e geografici.

In ogni caso, è importante prendere consapevolezza dell’importanza di queste regole e cercare di rispettarle, in modo da contribuire al benessere e alla stabilità della comunità in cui viviamo.

Pare brutto” si usa proprio per evidenziare un comportamento che potrebbe essere offensivo o che potrebbe sembrare scortese, maleducato. Questo nella maggioranza dei casi. È una riflessione e un giudizio su ciò che potrebbe essere giusto o sbagliato fare dal punto di vista soprattutto sociale.

Bisogna fare questo e non quello, altrimenti “pare brutto“.

Vediamo qualche esempio:

È il compleanno di nonna. Dai facciamole una telefonata; pare brutto farle gli auguri su WhatsApp!

Che dici, pare brutto se oggi alla riunione mi presento senza cravatta?

Che dici, lo invitiamo zio Gianni al compleanno?

Certo! Lui è sempre gentile con noi, pare brutto se non lo invitiamo!

Pare brutto non festeggiare il mio 50-esimo compleanno. Dai organizziamo qualcosa!

Pare brutto” indica quindi una critica rivolta ad atteggiamenti o comportamenti (ipotetici, non ancora avvenuti) che non sono visti in modo positivo, non sono considerati normali, quindi vanno contro ciò che è ritenuto normale e giusto da fare.

Fare una cosa di questo tipo sembrerebbe strano, potrebbe portare dei problemi, oppure potrebbe far pensare che sono una persona maleducata, o che ho qualcosa da nascondere o anche semplicemente non mi sentirei che ho fatto la cosa giusta.

Si usa anche al passato:

Mi pareva brutto non invitare Matteo alla mia festa.

In questi casi si tratta di eventi passati, quindi già avvenuti.

Possiamo usare anche “sembrare brutto“:

Ho incontrato la mia ex mentre ero con la mia fidanzata. Mi è sembrato brutto non dirle almeno ciao.

A volte quindi si usa anche il verbo sembrare, come ho appena fatto, ma è più raro.

Ricapitolando, “pare brutto” e più raramente “sembra brutto” sono locuzioni informali usate in tutta Italia ma più al centro sud, e si potrebbero tradurre con: “non è corretto”, “non è giusto “, “non è carino” ma direi che, trattandosi di considerazioni su comportamenti da adottare, allora il senso è più vicino a:

Non sarebbe carino

Non sarebbe conveniente

Potrebbe essere male interpretato

Potrebbe essere visto come qualcosa di offensivo

Potrebbe sembrare un comportamento maleducato

Non mi sentirei che sto facendo la cosa giusta.

A volte non si usa né pare né sembra, ma il verbo essere:

Stesso significato.

Che dici, è brutto se oggi che abbiamo ospiti. anziché cucinare ordiniamo le pizze?

Adesso ripassiamo dai, sennò pare brutto:

Marcelo: a me ad esempio pare brutto che mentre io mangio, il mio cane sta a guardare. Mi guarderebbe e penserebbe “beato te! Che ne sarà invece di me?”.

Khaled: Il mio non farebbe che abbaiare invece. Non esiste proprio che mangio prima di lui!

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La mela Cyborg

La mela Cyborg

– leggi e ascolta le altre storie per principianti

Trascrizione

Sofie1: La storia della mela cyborg.

Giovanni 1: C’era una volta una bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde, dalla pelle liscia e brillante, che cresceva su un albero in un piccolo frutteto.

Sofie2: La mela era felice, poiché sapeva di essere la più bella e la più deliziosa di tutte le mele dell’orto. Ma un giorno, un brutto bruco mangiò un pezzo della sua polpa, lasciando una ferita sul suo corpo.

Giovanni 2: La mela era furiosa e frustrata. Come osava il bruco rovinare la sua bellezza!?

Sofie3: La mela non poteva sopportare l’idea che altri parassiti potessero rovinare il suo aspetto perfetto. E così, mentre il bruco si allontanava dalla mela, il piccolo frutto iniziò a pianificare la sua vendetta.

Giovanni3: La mela cominciò a pensare a come poter proteggere sé stessa e le altre mele dell’orto dai parassiti.

Sofie4: E così, con grande sorpresa di tutti, la mela si trasformò in un cyborg, con un’armatura impenetrabile che copriva la sua intera superficie.

Giovanni4: I parassiti, che erano soliti nutrirsi delle mele, si avvicinavano al frutteto ma, vedendo la mela cyborg, fuggivano spaventati.

Sofie5: Ma la mela non era soddisfatta, poiché voleva vendicarsi del bruco che l’aveva mutilata.

Giovanni5: Così, quando il bruco tornò per mangiare di nuovo la mela, questa lo affrontò con l’armatura cyborg.

Sofie6: Il bruco cercò di mordere la mela, ma la sua bocca rimase bloccata sulla dura superficie dell’armatura.

Giovanni6: La mela cyborg rispose con una scarica elettrica che vaporizzò il bruco, lasciando solo un’ombra carbonizzata sulla sua superficie.

Sofie7: Dopo quell’episodio, la mela cyborg divenne famosa in tutto il frutteto, e tutti i parassiti avevano paura di avvicinarsi. Ma anche i frutti dell’orto iniziarono a temere la mela cyborg, poiché la sua vendetta aveva dimostrato che la bellezza poteva nascondere qualcosa di molto pericoloso.

Giovanni7: E così, la mela cyborg rimase sola nel suo angolo del frutteto, una sentinella solitaria che proteggeva sé stessa e gli altri frutti, ma che intimoriva anche chiunque la guardasse. Povera mela.

Domande e risposte:

  • Qual è il protagonista della storia?
  • Il protagonista della storia è una mela.

Giovanni 1: C’era una volta una bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde, dalla pelle liscia e brillante, che cresceva su un albero in un piccolo frutteto.

  • E com’era questa mela? Rossa?
  • Era un po’ rossa e un po’ verde
  • Era bella o era brutta?
  • Era bellissima. era molto bella la mela.
  • Com’era la sua pelle?
  • Era liscia e brillante
  • La buccia della mela era ruvida?
  • Ma no, al contrario, la pelle era liscia e brillante.
  • Dove si trovava la bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde?
  • Si trovava su un albero. La mela cresceva su un albero.
  • E dove stava l’albero?
  • In un frutteto. In un piccolo frutteto c’era un albero sul quale cresceva una bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde.
  • L’albero era in un negozio?
  • Ma quale negozio! Era in un frutteto!

Sofie2: La mela era felice, poiché sapeva di essere la più bella e la più deliziosa di tutte le mele dell’orto. Ma un giorno, un brutto bruco mangiò un pezzo della sua polpa, lasciando una ferita sul suo corpo.

  • Cosa lasciò sul suo corpo il brutto bruco?
  • Lasciò una ferita sul suo corpo
  • Perché?
  • Perché il bruco mangiò un pezzo della sua mela!
  • Perché la mela si arrabbiò quando il bruco le mangiò un pezzo di polpa?
  • La mela si arrabbiò perché il bruco rovinò la sua bellezza.

Giovanni3: La mela cominciò a pensare a come poter proteggere sé stessa e le altre mele dell’orto dai parassiti.

Sofie4: E così, con grande sorpresa di tutti, la mela si trasformò in un cyborg, con un’armatura impenetrabile che copriva la sua intera superficie.

  • Come la mela decise di proteggere sé stessa e le altre mele dall’attacco dei parassiti?
  • La mela decise di diventare un cyborg con un’armatura impenetrabile per proteggere sé stessa e le altre mele dall’attacco dei parassiti.
  • Chi voleva proteggere la mela?
  • Sé stessa e le altre mele dell’orto
  • Da chi voleva proteggere le mele dell’orto?
  • Dall’attacco die parassiti, come il bruco.
  • Com’era l’armatura?
  • Era impenetrabile. Niente la poteva penetrare.
  • Era resistente l’armatura?
  • Molto resistente. Era impenetrabile!

Giovanni5: Così, quando il bruco tornò per mangiare di nuovo la mela, questa lo affrontò con l’armatura cyborg.

Sofie6: Il bruco cercò di mordere la mela, ma la sua bocca rimase bloccata sulla dura superficie dell’armatura.

  • Il bruco cercò di mordere la mela?
  • Come no! Cercò di farlo, ma la sua bocca rimase bloccata sulla dura superficie dell’armatura
  • Com’era la superficie dell’armatura?
  • Era dura, durissima!

Giovanni6: La mela cyborg rispose con una scarica elettrica che vaporizzò il bruco, lasciando solo un’ombra carbonizzata sulla sua superficie.

Sofie7: Dopo quell’episodio, la mela cyborg divenne famosa in tutto il frutteto, e tutti i parassiti avevano paura di avvicinarsi. Ma anche i frutti dell’orto iniziarono a temere la mela cyborg, poiché la sua vendetta aveva dimostrato che la bellezza poteva nascondere qualcosa di molto pericoloso.

  • Come rispose la mela cyborg?
  • Rispose con una scarica elettrica che vaporizzò il bruco!
  • Cosa restò sulla superficie della mela dopo aver vaporizzato il bruco?
  • Restò solo un’ombra carbonizzata!
  • Come reagirono i parassiti quando videro la mela cyborg per la prima volta?
  • I parassiti avevano paura di avvicinarsi quando videro la mela cyborg.

Giovanni7: E così, la mela cyborg rimase sola nel suo angolo del frutteto, una sentinella solitaria che proteggeva sé stessa e gli altri frutti, ma che intimoriva anche chiunque la guardasse. Povera mela.
  • Come rimase la mela? Come restò?
  • Rimase sola. Restò sola
  • Chi proteggeva la mela cyborg?
  • Proteggeva sé stessa e gli altri frutti
  • Intimorova solamente i parassiti?
  • No, purtroppo, intimoriva anche gli altri frutti del frutteto.
  • Qual è il messaggio principale della storia?
  • Il messaggio principale della storia è che la bellezza può nascondere qualcosa di molto pericoloso, e che non bisogna mai sottostimare nessuno.

Il paese di bengodi e il paese dei balocchi

Il paese di Bengodi e il Paese dei Balocchi (scarica audio)

Ci sono alcuni paesi che nel linguaggio italiano sono molto utilizzati.

Non parlo dei paesi veri, intesi come comuni, insomma località in cui vivono realmente le persone, e non parlo neanche dei paesi nel senso di nazioni. Si parla di paesi immaginari, luoghi che non esistono ma che rappresentano qualcosa.

Lasciamo stare l’espressione vai a quel paese” che abbiamo già visto in un episodio. Questo paese, tra l’altro, non ha neanche un nome. Invece ci sono due paesi anch’essi immaginari che un nome ce l’hanno. Iniziamo dal paese di Bengodi.

Il Paese di Bengodi è un luogo immaginario che compare in molte opere letterarie italiane del Medioevo e del Rinascimento, come ad esempio nel Decameron di Giovanni Boccaccio, nella divina commedia di Dante e nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto.

In queste opere, il Paese di Bengodi è descritto come un luogo fantastico e paradisiaco, dove tutto è abbondante e facilmente accessibile, dove le strade sono lastricate d’oro, i fiumi scorrono di latte e di miele e il cibo e il vino sono inesauribili.

Il Paese di Bengodi è diventato un simbolo della ricchezza e dell’abbondanza, ma anche della vanità e della fugacità dei piaceri terreni.

Spesso viene utilizzato come allegoria della condizione umana, che cerca invano la felicità e la soddisfazione attraverso i beni materiali, dimenticando l’importanza dei valori spirituali e morali.
Nella lingua italiana il “Paese di Bengodi” è entrato oggi nell’uso comune come espressione idiomatica per indicare un luogo ricco e abbondante, ma anche un luogo immaginario o irraggiungibile.

Ad esempio, si può dire: “Pareva di essere nel Paese di Bengodi, tanta era la varietà di cibo e bevande”, oppure “Ha speso tutti i suoi soldi in un viaggio verso il Paese di Bengodi della felicità”.

Nella politica e nell’economia: “Paese di Bengodi” è spesso utilizzato per descrivere situazioni di eccesso e spreco, come ad esempio nei discorsi politici o nei commenti sull’economia.

Ad esempio, si può parlare di un Paese di Bengodi fiscale, in cui le tasse sono inesistenti, oppure di un sistema sanitario che vuole essere presentato come il Paese di Bengodi, ma che in realtà nasconde gravi problemi strutturali.

Poi c’è anche il Paese dei balocchi anch’esso immaginario. In generale, il “Paese dei Balocchi” viene utilizzato per indicare una situazione in cui si corre il rischio di perdere di vista la realtà e di cadere in inganni, illusioni e delusioni. Altre volte in modo simile a Bengodi, per indicare abbondanza e libertà, spesso però ottenute fraudolentemente o a danno di altri.

Il Paese di Bengodi e il Paese dei Balocchi sono due luoghi immaginari leggermente diversi.

Il Paese dei Balocchi è un luogo immaginario creato da Carlo Collodi nel suo famoso romanzo per ragazzi “Le avventure di Pinocchio”. É un luogo allettante e seducente in cui Pinocchio si reca insieme al suo amico Lucignolo, ma scopre presto che tutti i bambini alla fine saranno trasformati in asini, compreso Pinocchio.

Quindi è un luogo o una situazione che sembra promettere divertimento, gioia e piacere, ma che in realtà nasconde insidie, delusioni e conseguenze negative, in genere per sé stessi ma anche a danno di altri. Ecco alcuni esempi di come si può usare.

Nel mondo del lavoro il “Paese dei Balocchi” può essere utilizzato per descrivere una situazione lavorativa che sembra molto allettante, ma che in realtà nasconde condizioni precarie, bassi stipendi o un ambiente tossico. Ad esempio, si può parlare di “una start-up che sembra il Paese dei Balocchi, ma in cui in realtà tutti lavorano 16 ore al giorno per guadagnare poco”.

Nella politica può essere utilizzato per descrivere le promesse elettorali o le politiche di un governo che sembrano molto allettanti, ma che in realtà non portano a risultati concreti o che nascondono intenzioni poco trasparenti. Ad esempio, si può parlare di un programma politico che sembra il Paese dei Balocchi, ma in realtà è basato su parole vuote e promesse irrealizzabili.

Si può anche dire che con la fine dei bonus fiscali o dei contributi europei il paese dei balocchi ha chiuso. Oppure che per gli evasori fiscali l’Italia è il paese dei balocchi.

I centrocampisti e il centrocampo – il linguaggio del calcio (episodio 8)

I centrocampisti e il centrocampo (scarica audio)

Indice episodi

Trascrizione

il centrocampista

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Dopo aver parlato della difesa e dei difensori, oggi parliamo del centrocampo e dei centrocampisti.

Lo dice la parola: il centrocampista gioca al centro del campo, o quantomeno nella zona centrale del campo di calcio.

Nel gioco del calcio, il centrocampo è la zona del campo situata tra la linea difensiva e la linea offensiva. I giocatori che occupano questa zona sono chiamati appunto “centrocampisti“.

Il ruolo principale dei centrocampisti è quello di creare, organizzare e dirigere le azioni della squadra, sia in fase difensiva che offensiva.

La fase “offensiva” serve ad “offendere” ma qui il verbo offendere non si riferisce agli “insulti verbali” come avviene solitamente al di fuori del linguaggio del calcio, ma all’azione di attaccare. Offendere è l’opposto di difendere nel gioco del calcio, quindi proprio come attaccare. La fase di attacco è pertanto la fase offensiva.

La fase offensiva nel calcio si riferisce al momento in cui la squadra ha il possesso del pallone e cerca di attaccare l’area avversaria al fine di segnare un gol. Durante la fase offensiva, i giocatori della squadra che ha il possesso della palla cercano di creare spazi, combinare tra loro e avanzare verso la porta avversaria attraverso passaggi, dribbling e movimenti coordinati.

Nella fase offensiva, i centrocampisti e gli attaccanti hanno un ruolo fondamentale, poiché sono quelli che cercano di creare le occasioni da gol per la squadra. Inoltre, anche i difensori possono partecipare alla fase offensiva, soprattutto in situazioni di calcio d’angolo o di punizione, quando si muovono in avanti per cercare di segnare di testa o di piede.

È importante notare che la fase offensiva non si limita solo al momento in cui la squadra ha il possesso del pallone, ma può anche includere situazioni in cui la squadra cerca di recuperare il possesso del pallone il più velocemente possibile per poi passare alla fase offensiva. Questo approccio è noto come “pressione alta” ed è utilizzato da molte squadre moderne per interrompere il gioco degli avversari e creare occasioni da gol rapidamente.

Dunque, tornando ai centrocampisti, essi sono responsabili di tenere il possesso del pallone e di creare opportunità di gol per gli attaccanti.

Rispetto ai difensori, i centrocampisti hanno maggior libertà di movimento e sono più coinvolti nell’azione offensiva. Rispetto agli attaccanti, invece, i centrocampisti hanno maggiori responsabilità difensive e sono spesso coinvolti nella creazione delle azioni offensive.

Esistono diversi tipi di centrocampisti, ognuno dei quali ha un ruolo specifico all’interno della squadra. Ecco i principali:

  • Regista difensivo: è il centrocampista che agisce come “mediano” davanti alla difesa. Il suo compito principale è di distribuire la palla con precisione ai compagni di squadra. Deve dirigere il gioco. E’ un giocatore di calcio che gioca a centrocampo, davanti alla difesa. Deve proteggere la difesa e di contrastare gli attacchi avversari. Viene spesso chiamato anche “centrocampista difensivo” .
  • Ala: è il centrocampista che gioca come esterno d’attacco. A destra o a sinistra. Il suo compito principale è di creare occasioni da gol attraverso cross e dribbling. Il ruolo dell’ala a centrocampo nel calcio moderno è spesso caratterizzato da un gioco dinamico e veloce, con la creazione di occasioni da gol e assist per gli attaccanti. Vediamo dopo qualche verbo e termine che descrivono il gioco dell’ala e dei Centrocampisti. In generale, l’ala a centrocampo è un giocatore che deve essere in grado di creare scompiglio (cioè problemi) nella difesa avversaria, utilizzando la sua velocità, agilità e tecnica per creare occasioni da gol e assist per i compagni di squadra.
  • Mezzala: è il centrocampista che gioca sulle fasce laterali del campo. La parola “mezzala” deriva dal termine italiano “mezza ala”, che indica un giocatore di calcio che gioca a centrocampo, ma che tende a spostarsi sulle fasce laterali del campo. Il ruolo della mezzala è stato sviluppato in Italia a metà del XX secolo, durante la cosiddetta “scuola italiana” di calcio, e da allora è stato utilizzato da molte squadre italiane e internazionali. Inoltre, la mezzala ha un ruolo più completo rispetto all’ala, poiché deve essere in grado di coprire anche la zona centrale del campo e di partecipare alla fase difensiva, supportando i compagni di squadra nella fase di ripiegamento. In generale, il ruolo della mezzala richiede una grande abilità nel gioco di passaggio, una buona capacità di lettura del gioco e una grande resistenza fisica, poiché il giocatore deve essere in grado di coprire lunghe distanze sul campo.
  • Centrocampista box-to-box (voce di André dal Brasile): è il centrocampista che copre tutta la larghezza del campo. Il suo compito principale è di svolgere sia compiti difensivi che offensivi. era proprio così che giocavo io quando ero più giovane e sognavo di diventare un calciatore profissionista!
  • Trequartista: è il centrocampista che gioca dietro alle punte. Il suo compito principale è di creare occasioni da gol per i compagni di squadra. Oggi questo è un ruolo che sta sempre più scomparendo.Negli ultimi anni, si è verificata infatti una tendenza in molti schemi di gioco del calcio moderno che prevede l’eliminazione del ruolo del trequartista, o almeno la sua diminuzione di importanza.Il ruolo del trequartista, o fantasista, è tradizionalmente stato quello di occupare una posizione avanzata nel centrocampo e di essere il responsabile della creazione delle occasioni da gol per la squadra. Tuttavia, la crescente importanza del gioco di pressing, della tattica e della velocità, ha portato molte squadre ad adottare uno schema di gioco più dinamico e flessibile, dove il ruolo del trequartista è stato spesso sostituito o integrato da altri giocatori.
    Ad esempio, molte squadre utilizzano una formazione con tre centrocampisti, dove uno dei tre è incaricato di svolgere il ruolo di regista, mentre gli altri due si muovono in modo più dinamico e flessibile, creando spazio e supportando gli attaccanti. In questo caso, il ruolo del trequartista viene quindi svolto da più giocatori, invece di essere concentrato su un solo giocatore.
    In generale, si può dire che il ruolo del trequartista non è completamente scomparso, ma sta subendo un cambiamento a causa dell’evoluzione del calcio moderno. Molte squadre ancora utilizzano un fantasista, ma spesso in combinazione con altri ruoli, come centrocampista offensivo o attaccante “seconda punta“, per creare una maggiore flessibilità e fluidità nello schema di gioco.
    Vediamo qualche termine, come dicevo:

    1. Incursione: l’ala a centrocampo può utilizzare la sua velocità e la sua capacità di dribbling per avanzare rapidamente lungo il lato del campo e creare occasioni da gol.
    2. Cross: l’ala a centrocampo può inviare cross precisi in area avversaria per i compagni di squadra che si trovano in posizione di segnare.Nel calcio, il termine “cross” si riferisce a un passaggio effettuato da un giocatore lungo il lato del campo verso l’area avversaria. Il cross viene effettuato solitamente da un giocatore posizionato sulla fascia laterale, lontano dalla porta avversaria.L’obiettivo del cross è quello di inviare la palla in area avversaria, dove i compagni di squadra possono cercare di segnare un gol, soprattutto grazie ad una precisa “incornata” (colpo di testa) o ad una deviazione di testa.
      Il cross è uno dei movimenti più comuni nel calcio moderno, ed è spesso utilizzato dalle squadre che cercano di sfruttare la velocità e la potenza dei propri attaccanti, i quali possono approfittare di un buon cross per segnare un gol o creare un’occasione da gol.
  • Velocità: l’ala a centrocampo è spesso un giocatore veloce, capace di superare gli avversari con rapide accelerazioni.
  • Agilità: l’ala a centrocampo deve essere in grado di dribblare con agilità, facendo rapidi cambi di direzione per superare gli avversari.
  • Assist: l’ala a centrocampo può fornire assist precisi ai compagni di squadra, aprendo le linee di difesa avversarie con passaggi intelligenti.
  • Tiro: l’ala a centrocampo può essere anche un buon finalizzatore, capace di segnare gol da lontano o di avvicinarsi alla porta avversaria per concludere.
  • Attacco alla profondità: l’ala a centrocampo può muoversi rapidamente lungo la fascia per creare spazi e attaccare “la profondità” della difesa avversaria. Vediamo meglio. L’attacco alla profondità è una tattica offensiva utilizzata nel calcio per cercare di penetrare la difesa avversaria sfruttando la velocità e la rapidità dei propri attaccanti. In questo tipo di attacco, i giocatori cercano di superare la linea difensiva avversaria con rapidi movimenti in profondità, cioè correndo verso la porta avversaria cercando di ricevere un passaggio filtrante. L’obiettivo dell’attacco alla profondità è di creare situazioni di superiorità numerica in avanti, cercando di mettere in difficoltà la difesa avversaria e di creare occasioni da gol. Solitamente, l’attacco alla profondità viene utilizzato quando la squadra avversaria schiera una linea difensiva alta, con i difensori posizionati in avanti rispetto alla propria area di rigore. Per effettuare un attacco in profondità, la squadra in attacco deve avere giocatori veloci e rapidi, capaci di superare gli avversari con rapidi scatti in avanti. Inoltre, è importante che i giocatori in attacco siano in grado di effettuare “passaggi filtranti” precisi e ben calibrati, in modo da permettere ai compagni di squadra di ricevere la palla in posizione favorevole per segnare un gol.
Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al mondo del calcio.