Sconfinare nel ridicolo
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Trascrizione
Per spiegare l’espressione “sconfinare nel ridicolo” (cioè oltrepassare il limite del buon senso o della serietà, fino a risultare involontariamente buffi o poco credibili agli occhi degli altri) possiamo partire da un evento storico legato al 9 dicembre, che è significativo per l’Italia e interessante anche per chi,come voi, studia la lingua e la cultura italiana.
Un evento ricordato ogni anno il 9 dicembre è la “Venuta della Santa Casa”. Che nome strano vero?
Si tratta di una festività popolare molto radicata nelle Marche e in parte dell’Umbria.
Secondo la tradizione cattolica, la casa di Nazareth della Vergine Maria sarebbe stata trasportata dagli angeli fino a Loreto, e per celebrare questo “arrivo”, che risale a secoli fa, si accendono grandi falò la notte tra il 9 e il 10 dicembre in città e campagne, come simbolo di luce e comunità.
Questa ricorrenza è così sentita e visiva da attirare famiglie e visitatori ogni anno, e fa parte della cultura folcloristica italiana.
Supponiamo che un gruppo di turisti, affascinato da questa tradizione, decida di ricreare i falò usando bombole di gas e fuochi d’artificio illegali per “fare qualcosa di ancora più spettacolare”.
Se il gesto diventa pericoloso, esagerato o completamente fuori controllo, la popolazione locale potrebbero dire:
Con tutta questa roba avete proprio sconfinato nel ridicolo!
In altre parole, hanno oltrepassato il limite del festoso e tradizionale per arrivare al grottesco o pericoloso, perdendo di vista il significato della celebrazione.
Questa immagine aiuta a capire come usare l’espressione: non si tratta solo di fare qualcosa di buffo, ma di andare oltre quello che gli altri considerano ragionevole o appropriato per una data situazione.
Si potrebbe anche semplicemente dire “siete ridicoli”o “vi siete ridicolizzati” ma con questa espressione si sottolineare il passaggio dal normale al ridicolo.
Per rendere l’idea ancora più concreta nella vita quotidiana, ecco altri esempi narrativi:
Immaginiamo una cena formale tra colleghi dove qualcuno, invece di presentare la propria idea con calma e chiarezza, inizia a fare imitazioni esagerate di personaggi famosi con voci buffe. All’inizio può far sorridere, ma se continua oltre il limite di ciò che è accettabile per una riunione di lavoro, gli altri potrebbero commentare che questa persona ha sconfinato nel ridicolo: ha superato il confine tra simpatia e scarsa professionalità.
Esiste anche “sfiorare il ridicolo”, quando ci si ferma un attimo prima, fino al confine del ridicolo.
In questo caso non si sconfina ma si sfiora il confine,si tocca appena, evitando però di farsi ridicoli completamente. Dunque “sconfinare” nel ridicolo è il passo oltre il confine, l’eccesso che conduce nel ridicolo vero e proprio.
Nella vita di tutti i giorni, uno può sconfinare nel ridicolo anche quando si veste in modo estremamente eccentrico per andare a fare la spesa in un supermercato.
L’espressione si applica quando l’azione, pur magari nata da una buona intenzione, supera la soglia della ragionevolezza e diventa più oggetto di sorpresa o derisione che di apprezzamento serio.
Il verbo sconfinare naturalmente significa letteralmente oltrepassare un confine, cioè superare un limite geografico, fisico o simbolico.
In origine si usa per indicare quando si esce da un territorio stabilito: per esempio, un animale che esce dal suo recinto o un soldato che attraversa il confine di uno Stato senza autorizzazione sta sconfinando.
Da questo senso concreto nasce un uso figurato: sconfinare significa anche superare un limite ideale, come quello del buon gusto, della professionalità, della ragionevolezza o della coerenza.
Quando diciamo “sconfinare nel ridicolo”, intendiamo proprio questo passaggio da un comportamento accettabile a uno eccessivo e imbarazzante, tanto da risultare ridicolo.
Si usa “nel” ridicolo. Non è una prerogativa del ridicolo però.
Si può sconfinare a anche nel grottesco, nel personale, ecc. La preposizione serve a introdurre lo spazio metaforico che viene “occupato” una volta oltrepassato il confine: ridicolo, assurdo, tragico, patetico.
È dunque la forma corretta per collegare il verbo all’ambito in cui si entra, proprio come se si attraversasse una frontiera reale, e resta la costruzione standard e naturale nell’italiano contemporaneo.
