371 Addetti ai lavori

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Chi sono gli addetti ai lavori?

Addetti ai lavori
Allora, per capire bene chi siano questi individui, vi faccio vedere un cartello, uno di quei cartelli che indica il divieto di accesso all’interno di un’area in cui si stanno facendo dei lavori di costruzione o ristrutturazione. Un’area in cui nessuno può entrare, perché è pericoloso. Nessuno può entrare, tranne gli addetti ai lavori. Questo c’è scritto sul cartello: Divieto di accesso ai non addetti ai lavori.
Quindi gli addetti ai lavori sono coloro che lavorano in quell’area, coloro che si stanno occupando della costruzione o distruzione o ristrutturazione dell’edificio, della strada eccetera.
Gli addetti, in generale, sono persone che hanno una responsabilità su un certo settore, sono persone alle quali è stato assegnato un determinato compito o ufficio. Loro sono i responsabili.
Chi è l’addetto alla manutenzione di questa stampante?
Questa persona è la persona incaricata di questa mansione, di questo compito. é un termine che si usa esclusivamente in un ambiente di lavoro, quindi adatto a descrivere una mansione specifica se parliamo di quella persona che deve fare quel lavoro.
Si legge spesso anche negli ospedali, dove su alcune porte c’è scritto: “vietato l’ingresso ai non addetti”. Spesso non c’è neanche biusogno di aggiungere la parte finale “ai lavori”, perché è scontata
In realtà “gli addetti ai lavori” o più semplicemente gli addetti si usa in senso più ampio,
Si usa infatti anche per indicare chi ha una particolare competenza in un determinato campo. Si tratta di un gruppo ristretto ed esclusivo, specie in un ambito professionale:
Questa riunione è solo per gli addetti ai lavori
Questo libro è troppo complicato e solo gli addetti ai lavori lo possono capire
Un linguaggio che solo gli addetti ai lavori capiscono
La legge sulla sicurezza è stata fatta, adesso tocca agli addetti ai lavori farla rispettare
E’ grazie I medici e gli addetti ai lavori di tutta Italia che il Covid non si sta diffondendo così tanto.

Adesso ripassiamo con Doris:

Doris: Devo darmi una regolata perché di recente non ho seguito le sette
regole d’oro di Italiano Semplicemente
in pieno e come si deve.

Comunque, adesso mi cimento
a scrivere qualche riga pur di
praticare ed ovviare alla tendenza che ho a dimenticare. Non sto parlando a vanvera, ma piuttosto sto cercando di rispolverare tutto quello che si è già ancorato nel cervello. Queste espressioni già imparate sono tutte presenti nella mia testa ma quando provo ad usarle spesso mi accorgo che qualcosa mi è sfuggito.
Ovviamente non voglio che passino
in cavalleria
 in men che non si dica. Nella vita quotidiana  la prontezza di parola è imprescindibile in tutti gli ambiti ma solo ciò che abbiamo ripetuto assai spesso, viene in mente immediatamente: r e p e t i t a   i u v a n t, appunto!
Allora dovremmo tutti ripetere per poi essere capaci di usare le espressioni al
bisogno. Senza questo lavoro aggiuntivo, è sempre difficile trovare
l’espressione giusta nel momento giusto, ivi inclusi i modi di dire, i proverbi, le esclamazioni eccetera.

Proverbi italiani: Chi semina vento raccoglie tempesta

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Chi semina vento raccoglie tempesta.

Un proverbio che invita a comportarsi bene nella vita, invita a fare del bene al prossimo. Perché chi si comporta male, che nel proverbio viene indicato come colui che “semina vento”, raccoglie tempesta, quindi chi fa del male riceverà un danno maggiore di quello arrecato.

Seminare e raccogliere: Si usa il linguaggio dell’agricoltura: si semina il seme, cioè prima si pianta il seme nel terreno, poi si raccoglie il frutto dalla pianta che uscirà dal terreno.

Quindi se provate a seminare del vento (vi invito a provare!) vedrete che il frutto sarà quello della tempesta, cioè pioggia e vento insieme (un frutto molto amaro!!). Comportatevi bene!

370 Ma dimmi tu!

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Lo stupore è una delle sensazioni più adatte per essere rappresentate da una espressione o locuzione o esclamazione.

Abbiamo già visto alcune espressioni in questa rubrica, ad esempio “ma come si fa!”, “pensa un po’”, “ma ti pare!”, “ma guarda tu”. Spesso compare “ma” davanti.

Oggi ve ne propongo un’altra abbastanza simile: ma dimmi tu!

Questa espressione si può usare in due modi diversi.

Prima di tutto facendola seguire da un “se” di condizione. Questo accade quando si sta esponendo un fatto a qualcuno. Altre volte si può trovare “che”, “cosa” o “come”, dipende dal contesto.

Es:

Ma dimmi tu se devo scendere dell’autobus perché un tizio non portava la mascherina!

Quindi c’è un tizio, cioè una persona qualsiasi che non conosco, uno che ho incontrato sull’autobus, che non portava la mascherina, quando invece era obbligatorio farlo. Ed io mi sono visto costretto a scendere dall’autobus per sicurezza.

Questo è veramente qualcosa di inaccettabile, non è vero?

Non è affatto giusto!

Allora quando racconto questo fatto ad una persona manifesto il mio sentimento di stupore per quanto accaduto, e anche di disapprovazione, con sdegno volte.

L’espressione è assolutamente analoga a “ma guarda tu” e le altre dette sopra.

È un modo per condividere questo sentimento negativo: stupore e disapprovazione.

Ma dimmi tu come è possibile!

Si può usare anche “voi” se si parla con più persone:

Ditemi voi se questo vi sembra giusto.

In realtà sebbene sembri una domanda, è più una specie di sfogo, una reazione istintiva. Non è una vera domanda. Infatti si può rispondere allo stesso modo: attenti al tono.

Ma dimmi tu!

Il secondo modo per usare l’espressione è proprio questo, per esprimere solidarietà verso qualcuno che ci ha appena raccontato qualcosa che suscita stupore e disapprovazione. Quindi la nostra è una risposta che significa: condivido il tuo sentimento di disapprovazione:

Ma dimmi tu!

Una vera esclamazione dunque.

Adesso ripassiamo qualche puntata precedente:

Mariana: sono spesso combattuta ogni volta che vado a votare, sapete?

Rafaela: Vuoi che non ti capisca? Per me è la stessa cosa, anche perché non mi interesso più di tanto di politica. Ne sono un po’ insofferente. Dovrei fare mente locale per ricordare cosa ho votato l’ultima volta.

Irina: a proposito, nel mio paese siamo a ridosso delle elezioni! Ma se mi gira quest’anno neanche ci vado a votare!

369 Rispondere con educazione

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Quando ti fanno una domanda, tipo:

Giovanni, posso dirti una cosa?

Si può rispondere in vari modi. Spesso si risponde con un’altra domanda, tipo:

Che vuoi?

Questa sicuramente è una domanda. Ma che tipo di domanda è?

È una domanda maleducata.

È una domanda che denota maleducazione, una domanda che può essere posta in modo molto più educato e cortese

Dimmi.

Questa semplicissima parola è il modo più diffuso per dimostrare disponibilità a rispondere.

In genere non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, a meno che non sia:

Scusa, puoi aspettare un attimo?

Come posso aiutarti?

Generalmente però si risponde in questo modo:

Si, dimmi!

Dimmi pure!

Certo!

Ovviamente!

Naturalmente!

Come posso aiutarti?

Sono tutt’orecchi!

Questi sono tutti segnali di apertura e disponibilità.

Poi ci sono anche altre risposte che a me non piacciono molto, tipo:

Che problema c’è? (della serie: non mi scocciare!)

Ti ascolto! (della serie: dai, parla, sentiamo che hai da dire).

Veloce però! (della serie: non ho tempo da perdere!)

Cosa c’è?

Che c’è? (della serie: che motivo c’è di interrompere la mia quiete!)

Ma la risposta peggiore è sicuramente:

Che vuoi?

Della serie: perché mi disturbi? Che c’è di così importante?

Ripasso:

Khaled (Egitto) – Potrei partecipare ad una frase di ripasso?
Anthony (Stati Uniti) – Prego, lungi da noi dall’impedirtelo!
Ulrike (Germania) – Non fosse altro che per dare la stessa possibilità a tutti i membri. Ed io sono per la democrazia, tra l’altro.
Xiaoheng (Cina) – Mi raccomando, dobbiamo essere tutti concisi.
Mariana (Brasile) – Allora voglio dirvi una cosa che non è priva di fondamento: non avremo il vaccino del corona-virus prima di qualche mese ancora!
Rauno (Finlandia) – Vado a dirlo al mio dirimpettaio, che è convinto che ci sia già!

Ogni scarrafone è bello a mamma sua

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Ogni scarrafone è bello a mamma sua è un proverbio italiano famosissimo nato in Campania, una regione del centro-sud dell’Italia.

Il significato?

Lo scarrafone è il nome dialettale dello scarafaggio, un insetto dall’aspetto sicuramente poco piacevole.

Poco piacevole? Diciamo pure schifoso.

Questo è l’aggettivo che si addice maggiormente ad uno scarafaggio.

Ma questo non è certo il parere della madre, la mamma dello scarafaggio, che amerà suo figlio come ogni madre.

Allora l’insegnamento del proverbio è proprio questo:

L‘amore di una mamma per i propri figli è immenso e incondizionato. Non chiedete ad una mamma se le piace suo figlio perché:

Ogne scarrafone è bell’a mamma soja

Questo è il proverbio originale in lingua napoletana.

Anche la persona dall’aspetto più brutto è bello per sua madre, qualsiasi persona, anche la più brutta appare bella alla propria mamma.

368 A ridosso

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Giovanni: quello di oggi è un episodio dedicato al, termine “ridosso“.

Si usa molto spesso nella lingua italiana, e quando si usa, si trova quasi sempre accompagnato dalla preposizione “a”: a ridosso.

Intanto vi faccio notare che ridosso somiglia ad un altro termine: addosso, che significa molto vicino, o anche sopra.

Non mi stare così addosso!

Questa frase significa non mi stare così vicino. C’è un senso di fastidio anche, di vicinanza fastidiosa dunque. Quando una persona sta addosso ad un’altra, può significare diverse cose: che sta sulle spalle di questa persona, o che gli sta molto vicino, tanto da dar fastidio, o che lo sta incalzando continuamente per ottenere qualcosa. Anche qui c’è il senso di fastidio.

Possa anche usare addosso al posto di indossare (simile anche nella pronuncia), con i vestiti o con uno zaino:

Il ragazzo ha addosso un paio di pantaloni e una maglietta bianca

Aveva uno zaino addosso

In questi casi si usa anche indosso:

Il ragazzo ha indosso solo pochi stracci.

Comunque parlavamo di ridosso, simile a addosso, nel senso che anche ridosso si usa per indicare una vicinanza, e la cosa curiosa è che spessissimo si usa per indicare una vicinanza temporale. Non c’è il senso del peso materiale.

Quindi una vicinanza temporale ma anche semplicemente una vicinanza.

Vediamo come si usa:

Quando ero all’università io iniziavo a studiare solo a ridosso del giorno dell’esame.

Quindi “a ridosso di” significa che siamo molto vicino, che manca poco tempo.

Quando ero all’università io iniziavo a studiare solo qualche giorno prima del giorno dell’esame.

Questa è una frase assolutamente equivalente, ma meno elegante.

Sta iniziando a fare freddo, ormai l’inverno è a ridosso

Quindi l’inverno è vicino.

Notate che c’è ancora un senso di fastidio, qualcosa che sta arrivando e che potrebbe dare fastidio, qualcosa di inevitabile e incombente:

Il ladro aveva tutti i poliziotti a ridosso.

Qui c’è chiaramente il senso di qualcosa di incombente, che sta per accadere, vicino e inevitabile.

Non sempre però c’è fastidio:

Il mio giardino si trova a ridosso di un precipizio.

In questo caso c’è solo la vicinanza, e questa vicinanza in questo caso è spaziale, non temporale. In effetti “addosso” si usa più con le persone che danno fastidio o incalzano.

Comunque a volte si usa ugualmente quando si ha ansia per un giorno che sta arrivando.

Stiamo a ridosso del Natale non abbiamo ancora fatto i regali!

Esiste per dirla tutta, anche il verbo addossare, che si usa solo con le colpe, è analogo a “dare” o “attribuire“:

Non mi addossare la colpa, non sono stato io, capito?

Qualche secondo fa stavamo a ridosso dei due minuti, ora direi che li abbiamo ampiamente superati.

Ma non addossate la colpa a me, la colpa è del termine “ridosso”, che necessita di essere spiegata bene.

Adesso ripassiamo:

Doris (Austria): Me la sono pigliata con me stessa stamattina, più di quanto poteste immaginarvi, tutto solo perché mi sono svegliata troppo tardi. Per giunta non sono riuscita a guadagnare tempo. Avrei fatto di tutto pur di riuscire a prendere l’autobus. Anche perché pioveva a dirotto!
A stizzirmi ancora di più ci ha pensato una mia amica, che non capiva il motivo della mia arrabbiatura.
Meno male che non mi sono presa la febbre ma la mia faccia aveva comunque talmente tanto rossore che mi sono vista costretta a tuffarla in un vaso zeppo di acqua fredda per provare un certo sollievo e rimettermi in sesto
Dopo cotanto stress, per consolarmi, ho chiamato la mia cara madrina. La mia madrina di Parigi per essere più precisa. Lei è sempre disposta a sorbirsi le mie lamentele… All’inizio come scusa le ho detto che mi sono bagnata per un temporale imprevisto questa mattina. Non so se se l’è bevuta, me lo sono chiesto per un minuto, quando non si è sentita volare una mosca ma alla fine ho sputato il rospo.

367 Perfino e persino

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Giovanni: come promesso, eccoci a parlare di persino e perfino, che si usano in circostanze simili a “per giunta”, per di più”, o “come se non bastasse” che come abbiamo visto si usano per indicare una esagerazione che ci coinvolge personalmente, almeno a livello emotivo.

Il termine “oltretutto” invece non richiede un coinvolgimento emotivo, ma resta l’idea dell’esagerazione, come anche in “addirittura“, che è anche una esclamazione.

Ma andiamo per gradi:

Perfino contiene la parola “fino” che si usa per indicare un limite:

Sono arrivato fino a Roma

Devo studiare fino a quando non avrò imparato tutto

Ti amerò fino a quando sarò in vita.

Possono fare lo stesso con “sino”, equivalente a “fino”.

La differenza è che “sino” è meno diffuso, ma ha più senso usarlo per indicare una lontananza o per dare più enfasi alla frase:

Sono arrivato sino a Roma

dà l’idea di una maggiore lontananza rispetto all’uso di “fino a Roma”.

Lo stesso accade con perfino e persino, che indicano entrambi qualcosa di estremo, esagerato, che va subito indicato nella frase.

Nessuno mi vuole bene veramente, perfino tu che dici di amarmi!

Addirittura è un altro termine molto simile, ma persino e perfino non si usano come esclamazione.

Ieri ho avuto mal di pancia. Ho mangiato troppo: antipasti, 3 primi, 3 secondi, 2 contorni e persino 2 dolci.

Risposta: Addirittura!

Sì, anche i dolci. Persino quelli!

Quindi persino e perfino significano “anche” ma c’è una esagerazione, un limite estremo che è stato toccato.

Si dice anche “nientemeno che”. Però non c’è il senso di “anche” , di qualcosa che si aggiunge.

In questo caso c’è solo voglia di stupire.

Alla mia festa di compleanno ha partecipato nientemeno che Sofia Loren.

Abbiamo già visto “nientepopodimeno che”, ancora più esagerata ed anche più informale come espressione.

Siamo arrivati nientepopodimeno che all’episodio n. 367 e persino io sono stupito di questo traguardo.

Notate che il limite di cui si parla può essere superiore, nel senso di troppo, ma può anche essere inferiore, cioè nel senso di soltanto. Quindi può significare “anche soltanto”.

Es: davvero hai mangiato così tanto? Non me lo dire, mi sento male persino a pensarci!!

Hartmut Con italiano semplicemente, persino coloro che lavorano tutto il giorno possono imparare l’italiano.

Emma: vero. Se ci riesco persino io che rientro a casa tardi tutte le sere può farlo chicchessia. Bravo Giovanni!

Rauno: ruffiano!

Carmen: mhmm, e tu chi saresti? Io pure sono di diverso avviso ma non c’è bisogno di insultare.

Le meraviglie di Roma: Il Colosseo quadrato

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Ripassiamo qualcosa di quanto imparato su Italiano Semplicemente parlando delle Meraviglie di Roma, la rubrica dedicata alle bellezze di Roma dal punto di vista storico culturale.

Parliamo allora di poesia, di architettura, di migrazioni di scienziati e di eroi. Come sarebbe a dire? Potreste dirmi voi.

«un popolo di poeti di artisti di eroi, di santi di pensatori di scienziati, di navigatori di trasmigratori».

Questo è ciò che disse Benito Mussolini, il dittatore italiano nel 1935 ed è anche la scritta che campeggia sulla parte alta del Palazzo della Civiltà Italiana, anche detto Il Colosseo quadrato, un monumento costruito nel 1938 e terminato solo dopo la seconda guerra mondiale.

Iniziamo dal nome. Colosseo quadrato o Palazzo della Civiltà Italiana?

Il Colosseo quadrato è, si potrebbe dire, il soprannome, il nomignolo, perché il suol vero nome è appunto “Palazzo della Civiltà Italiana”.

Però somiglia molto al Colosseo, per via dei numerosi archi, ma avendo una base quadrata, è stato chiamato appunto Colosseo quadrato. Non trovate anche voi una certa somiglianza col Colosseo?

Allora, il Palazzo della Civiltà Italiana si chiama così perché doveva proprio rappresentare le virtù italiane, doveva parlare degli italiani. Durante l’era fascista, come sappiamo, si dava molta importanza all’identità dell’Italia e del popolo italiano.

Ovviamente dovevano essere descritte le virtù, e non certamente i difetti, il che non significa che non ne abbiamo! Dunque gli italiani vengono descritti come eroi, cioè come persone che per eccezionali virtù di coraggio o abnegazione s’impongono all’ammirazione di tutti.

Di indeciso42 – archivio personale, CC BY-SA 4.0, 

Un popolo di musicisti, cioè di persone che hanno talento per una determinata attività in musica, inerente alla creazione o all’esecuzione di composizioni strumentali, vocali, corali.

Un popolo di artisti, persone dedite all’arte.

Di Santi, vale a dire di persone riconosciute dalla Chiesa degne di venerazione.

Un popolo di pensatori e scienziati, cioè di studiosi di problemi a livello filosofico o di una particolare disciplina scientifica.

Siamo anche navigatori e trasmigratori, un termine, quest’ultimo, che equivale a “migranti”. A quel tempo erano gli italiani a migrare in altri paesi alla ricerca di fortuna e felicità.

Ebbene queste virtù del popolo italiano sono rappresentate da una serie di statue  altissime che si trovano a piano terra.

Dunque, una curiosità: essere migranti era considerata una virtù. In quanto tale dovrebbe essere sempre apprezzata, anche se appartiene ad altri popoli giusto? ma pare che oggi non sia più così. considerando tutti i problemi politici legati ai trasmigratori che arrivano oggi in Italia. Ma come si fa, dico io!

Si potrebbe dire che nel ventennio fascista, in quanto a democrazia e rispetto eravamo ancora a carissimo amico!

D’altronde si sa, i regimi sono quello che sono in quanto a democrazia.

Comunque, il Colosseo quadrato si trova in una zona molto grande a sud di Roma che si chiama EUR. Questa sigla sta per Esposizione Universale Roma.

Il palazzo nasce infatti insieme a tutto il quartiere dell’EUR, concepito per ospitare proprio una esposizione universale. La prima di queste esposizioni fu tenuta a Londra ad esempio, e in quell’occasione è stato costruito lo storico Crystal Palace.

Allora, nel 1942 se non ci fosse stata la guerra, si sarebbe svolta a Roma  l’Esposizione Universale e il Governo italiano, considerata la portata dell’evento, avrebbe approfittato dell’occasione per celebrare in tale data il ventennale del regime fascista. Il ventennale è il ventesimo anniversario, il ventesimo compleanno.

Che peccato vero?

Ma è interessante parlare di quanto disse Mussolini nel 1935 a proposito della scritta che campeggia sul Colosseo Quadrato.

Dovete sapere che la Società delle Nazioni ventilò delle sanzioni contro l’Italia a seguito della guerra d’Etiopia iniziata proprio nel 1935.

L’aggressione dell’Italia contro l’Etiopia ebbe importanti conseguenze diplomatiche e suscitò una notevole riprovazione (Il contrario dell’approvazione) da parte della Società delle Nazioni che quindi decise d’imporre delle sanzioni economiche contro l’Italia, ritirate nel luglio 1936 anche se Mussolini rispose picche all’appello delle Nazioni Unite. Mettere fine all’aggressione? Neanche per sogno, avrà pensato Mussolini!

Infatti il Duce, che evidentemente non era affatto d’accordo con queste sanzioni, disse che queste sanzioni erano un’offesa, e contro questo popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori, di trasmigratori, quindi come si osa parlare di sanzioni?

Come vi permettete di sanzionare l’Italia, voleva dire Mussolini, noi che abbiamo cotante virtù, le stesse virtù che adesso sono scritte sul Palazzo della civiltà italiana e che evidentemente Mussolini credeva fossero solo appannaggio degli italiani.

Poi non si può certo dire che il fascismo non ci abbia messo del suo nella costruzione del Colosseo quadrato: l’uso del materiale che si chiama Travertino, ad esempio, che ricopre la struttura esterna, non è casuale, infatti richiamava i valori dell’impero romano, era un ritorno alla tradizione, secondo i desiderata del duce.

Vi risparmio la lista completa dei desiderata del regime (lasciamo correre) perché alcuni di questi non sono affatto piacevoli da ascoltare. Qualcuno, ascoltando la lista completa, potrebbe prendere e interrompere l’ascolto di questo episodio,

Ma tanto finisce comunque qui. Non fosse altro che per non annoiarvi.

Comunque se venite a Roma, fate una capatina all’EUR. Dal vivo, il Palazzo è tutta un’altra cosa!

Ah, per la cronaca, voglio dare un ultimo messaggio dedicato a coloro che sono di diverso avviso sul regime fascista: questo episodio non voglio che vada loro di traverso in quanto è solo un episodio di ripasso delle espressioni spiegate su ItalianoSemplicemente.com e il sito non ha  niente a che spartire con la politica. Cominciamo a fare questo dovuto distinguo.

366 Per giunta

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per giunta

Giovanni: una delle tante cose che i libri di grammatica non insegnano e probabilmente solo italiano semplicemente ritiene importante, è l’utilizzo di “per giunta“, che è un’alternativa a “inoltre“.
Per giunta si usa normalmente però quando questa cosa che si aggiunge, quando questa cosa che viene aggiunta, è irritante, quando ci fa un po’ arrabbiare, quando è almeno fastidiosa, quando è una esagerazione, quando non la sopportiamo.

E’ perfettamente analoga a “per di più” e anche a “come se non bastasse“. Quest’ultima espressione ci fa capire perfettamente che siamo andati oltre, nel senso che c’è stata una esagerazione di qualcuno. Questo qualcuno non siamo noi ovviamente, poiché stiamo dando un giudizio negativo quando diciamo “per giunta”.

Es:

La mia ragazza mi ha lasciato per telefono lo sai? E per giunta mi ha anche mandato a quel paese!

Quindi questa ragazza ha un po’ esagerato. Passi che vengo lasciato, passi pure che lo fai per telefono, ma non mi sembra il caso che mi insulti anche!

II Covid in questi giorni sta facendo molte vittime, e per giunta l’età media dei contagiati si sta anche alzando.

Quindi come se non bastasse il numero elevato delle vittime, c’è anche l’innalzamento dell’età media dei contagiati.

Giovanni non è venuto neanche oggi in ufficio, e per giunta non ha neanche avvisato stavolta! E’ imperdonabile.

Un’avvertenza: Non è il caso di usare “per giunta” al posto di inoltre in ogni circostanza. In “inoltre” non c’è emozione, non c’è tensione, inoltre non neanche c’è rabbia. E’ solo un qualcosa in più.

Bene, ho nuovamente sforato con i due minuti, e per di più (vi ricordo che “per di più” è equivalente a “per giunta”) ne sono anche perfettamente consapevole.

Questa si chiama autoironia. Sì, potete usare queste modalità anche per fare ironia.

Oggi voglio esagerare: Vi dirò che anche i termini perfino e persino si possono usare nelle stesse circostanze. Ma di questi due termini parleremo nel prossimo episodio di due minuti con Italiano Semplicemente.

Ecco, adesso ho persino allungato ulteriormente questo episodio.

Ma io voglio essere esaustivo, ricordatevelo, e non solo conciso. L’esaustività viene sempre prima della….concisione. Il termine è concisione.

Adesso c’è persino un bel ripasso:

Rafaela (Spagna): Se non sbaglio, anche “oltretutto” è molto simile a “per giunta
Olga (Saint Kitts e Nevis): certo, ma questo lo abbiamo lasciato alla fine, come l’ammazza-caffè!
Xin (Cina): del resto, non possiamo mica lasciar spiegare tutto a Giovanni.
Irina (California): adesso lui chioserà: Solo io posso spiegare, mica i membri!

 

Italiano Professionale – lezione 29: Parlare delle possibilità

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Descrizione

Lezione 29 del corso di Italiano Professionale. Ci troviamo sempre nella sezione n. 3, dedicata alle riunioni e agli incontri.
L’argomento è come parlare delle possibilità.

Analizziamo tutti gli avverbi utilizzabili a seconda della bassa, media e alta probabilità. La lezione appartiene alla sezione 3 del corso, dedicata alle riunioni e agli incontri.