280 – Prendere e…

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Prendere e

Trascrizione

Giovanni: non so perché ma è da un po’ di tempo che parliamo di pazienza e di impazienza. Anche quello di oggi è un episodio che si inserisce in questa scia, infatti parliamo dell’espressione “prendere e…” fare qualcosa.

Difficile dare un nome a questa espressione. In realtà si tratta solo di un modo particolare di usare il verbo prendere.

Prendere in genere si usa con gli oggetti: prendere una mela, prendere un coltello, ovviamente si prende con le mani.

Ma si usa anche con le strade: prendere la strada a destra (cioè girare a destra) prendere l’autostrada, prendere la macchina.

In realtà però anche le decisioni si prendono. Ecco allora a questo proposito, quando prendiamo una decisione, se questa decisione si esplicita immediatamente in un’azione, se appena la prendiamo, appena ci pensiamo, subito agiamo di conseguenza, senza pensarci, di solito si tratta di decisioni impulsive, prese di getto, prese all’improvviso, magari perché eravamo stanchi e non ce la facevamo più. In genere però quando si prende una decisione non si agisce subito, semplicemente abbiamo deciso. Non siamo più indecisi.

Alcune volte la decisione si prende perché  la pazienza è finita. Abbiamo visto che se siamo pazienti possiamo lasciar correre, possiamo usare questa espressione particolare.

Invece quando non riusciamo più a lasciar correre, quando non possiamo più sopportare, possiamo usare l’espressione “passi che“, e quando usiamo questa espressione stiamo spiegando quanto siamo stati pazienti a sopportare tante cose prima di decidere che poteva bastare.

Allora, nella stessa situazione, se impulsivamente decidiamo di agire per interrompere qualcosa di fastidioso possiamo dire che prendiamo e agiamo, prendiamo e facciamo qualcosa.

Questo vuol dire che subito agiamo.

Vediamo con qualche esempio:

Non ce la facevo più a sopportare quella noiosa riunione, allora ho preso e me ne sono andato.

Un modo curioso di usare il verbo prendere vero?

All’inizio ho pensato a due motivi per cui usiamo il verbo prendere. Innanzitutto abbiamo appena preso una decisione. Il secondo motivo è che è come se noi prendessimo materialmente le cose che abbiamo con noi e le portassimo via con noi; con questo gesto esprimiamo chiaramente la volontà di andar via e non tornare più.

È come dire:

Ho perso le mie cose e me ne sono andato.

Ma questa seconda spiegazione in realtà è qualcosa a cui ho pensato inizialmente. Poi ho riflettuto meglio e ho pensato che posso anche trovarmi in situazioni diverse: non sempre me ne sto andando da un luogo.

Posso dire ad esempio che se sono con una ragazza:

Eravamo al primo appuntamento, io sono un ragazzo timido ma poi ho preso e l’ho baciata

Voglio così dire che ho preso una decisione all’improvviso. Non c’era niente da “prendere” materialmente, solo la decisione. Poi anche la pazienza in questo caso c’entra poco in realtà.

Insomma l’unica cosa che conta in realtà è che si tratta di una decisione improvvisa. Si, a volte si perde la pazienza, ma altre volte si vuole esprimere la fine di una indecisione. E un’azione immediata.

A volte non sai che fare, non sai qual è la cosa giusta da fare ma poi ti stanchi di questo stato di incertezza e allora prendi e decidi di fare qualcosa.

Ieri sai cosa ho fatto? Ho preso e ho smesso di fumare. Era un anno che ci pensavo.

Mi piacciono troppo quelle scarpe italiane. È vero, sono molto costose, ma se domani avrò il coraggio prendo e me le compro.

Ok, credo di essermi spiegato bene. Ora prima che prendiate e interrompiate l’ascolto, vi faccio ascoltare una frase di ripasso, in modo da non dimenticare le espressioni che abbiamo già spiegato. Se avete dei dubbi sul senso di qualche frase che ascolterete potete tornare sull’episodio in questione e tutto sarà più chiaro.

Ulrike: Ciao amici, spero che non mi dica male oggi e troverò alcuni membri dell’associazione italiano semplicemente in vena per un ripasso di gruppo.

Sofie: un ripasso a voce dici? Beh…non me la sento proprio. Non è che non abbia voglia di partecipare, penso però di dover destreggiarsi meglio con la lingue italiana prima di cominciare a parlare.

Carmen: Io ho lo stesso problema. Se provo a parlare, ogni due per tre mi sento sguarnita delle parole adatte. Poi anche la mia conoscenza della grammatica è scarsa.

Lejla: Maddai ragazzi/e, ho sentore che si tratti di pretesti. Paventate una figuraccia? È solo un problema psicologico.

Mariana: Giusto, e a maggior ragione dovremmo parlare. Anch’io quando c’era occasione di parlare, spesso mi davo alla fuga. Ora però a ragion veduta raccolgo sempre provocazioni di questo tipo e mi butto.

Emma: Pure io. Una volta  rotti gli indugi mi sono accorto/a che man mano la paura sparisce. Superare questa inutile timidezza è stata una vera svolta nel mio apprendimento della lingua italiana.


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279 – Passi che…

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Passi che

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Giovanni: ecco un altro episodio che ha a che fare con la pazienza. Abbiamo visto “lasciar correre” nell’ultimo episodio, e oggi vediamo un’espressione particolare che si usa quando la pazienza sta finendo, o che si è già avuta abbastanza pazienza, quando si è sopportato molto, troppo, e adesso basta. Adesso non vogliamo sopportare più, adesso la pazienza è finita.

Vi faccio un esempio. Ammettiamo che un ragazzo di nome Marco stia seguendo una lezione di italiano a scuola, ma è arrivato tardi alla lezione, poi non è attento durante la lezione e ad un certo punto il ragazzo si addormenta sul banco.

A questo punto il professore, che non può sopportare tutte queste cose accadute, dice:

Adesso basta Marco. Passi che arrivi tardi alla lezione, passi pure che non stai molto attento quando io spiego. Ma se ti addormenti addirittura durante la lezione, questo è troppo!

In questo esempio il professore pronuncia due volte “passi che”.

Utilizza il verbo passare al congiuntivo.

“Passi che” significa “sono disposto a lasciar correre su questo”.

Perché si usa il verbo passare? Passare indica movimento, proprio come correre. Pensate a quando qualcuno vi chiede il permesso di passare prima di voi, ad esempio in strada, o al supermercato. Voi se siete gentili dite: prego, passi pure, avanti. State dando del lei. Lei passi, passi pure. Passi pure prima di me. State concedendo un permesso perché siete gentili.

Allo stesso modo, quando sopportate qualcosa che non vi piace, voi, se siete pazienti e gentili, sopportate e lasciate correre, cioè lasciate passare questa cosa senza protestare.

Dire “passi che” seguito da qualcosa che mi ha dato fastidio, equivale a dire pertanto: “sono disposto a sopportare questa cosa fastidiosa: “che questa cosa passi”.

Però questa espressione si usa quando si sono sopportate troppe cose, si sono lasciate passare troppe cose, si è lasciato correre su troppe cose. Prima si dicono tutte le cose che si sono sopportare, e alla fine però si dice che ora basta, perché è accaduto qualcosa sulla quale non si può più transigere, non si più sopportare, non si può più lasciar correre.

Quindi rivediamo la frase:

Adesso basta Marco. Passi che arrivi tardi alla lezione, passi pure che non stai molto attento quando io spiego. Ma se ti addormenti addirittura durante la lezione, questo è troppo!

Il professore vuol dire che è disposto a sopportare il ritardo, ed anche che non sta attento durante la lezione, ma non può sopportare che si addormenti durante la lezione.

Si solito si è sempre arrabbiati quando si usa questa espressione o quantomeno irritati.

Vediamo un altro esempio.

Una donna è arrabbiata col marito:

Passi che non ti ricordi del mio compleanno. Passi pure che neanche mi saluti più quando esci di casa. Però non riesco a sopportare che pretendi anche di trovare il pranzo e la cena pronti tutti i giorni.

E voi potreste dirmi: Giovanni, la tua rubrica si chiama due minuti con italiano semplicemente. Ora, noi studenti siamo molto pazienti, e passi che un episodio duri tre minuti, non ci sono problemi. Passi pure che ce ne sia qualcuno della durata di 5 o 6 minuti, ma che tu Giovanni, ogni volta, fai episodi molto lunghi più di due minuti, questo non è giusto.

Avete ragione ragazzi. Allora vi lascio alla frase di ripasso.

Sarò conciso: non è che mi dispiaccia se quest’estate non potrò andare al mare; a me infatti piace molto di più la montagna. Il problema è che a ragion veduta avrei prenotato prima. Ora c’è il rischio che non troverò più posto neanche nelle località più in.

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278 – Lasciar correre

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lasciar correre

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Giovanni: siete dei tipi tolleranti, pazienti, oppure siete assolutamente intransigenti?

Se siete tolleranti, se cioè vi capita spesso di tollerare dei comportamenti di altre persone, se cioè sopportate pazientemente, se siete persone predisposte alla pazienza e al perdono, ebbene, vi capiterà altrettanto spesso di lasciar correre.

Se invece non avete molta pazienza probabilmente non lasciate mai correre di fronte a qualcosa che non vi piace.

Questo accade quando c’è qualcosa che non va, qualcosa di negativo, spesso per colpa di una persona, del suo comportamento, e voi anziché arrabbiarvi o rimproverare questa persona, fate finta di non vedere questa cosa negativa che è accaduta. Preferite lasciar correre, cioè far finta di niente.

Si può usare anche quando si invita a stare tranquilli, per non innervosirsi o per non farsi coinvolgere troppo.

Vediamo qualche esempio

I miei studenti hanno fatto molti errori di pronuncia durante il colloquio ma in quell’occasione ho preferito lasciar correre per non farli emozionare.

Mio figlio ha alzato la voce con me, e non potevo lasciar correre. L’ho messo subito in punizione.

Dopo che l’intervento del presidente è stato contestato, lui non ha lasciato correre ed ha insultato tutti i suoi contestatori.

Vivi e lascia vivere” è un noto proverbio italiano. Il suo significato è che non bisogna interferire, ma invece occorre lasciar correre e girare la testa dall’altra parte se il proprio desiderio è vivere tranquilli.

Un’espressione informale, usata da tutti, sia come invito:

lascia correre, non ti arrabbiare, non dar retta a queste persone

Sia se parliamo di noi stessi:

Se avessi lasciato correre non mi troverei in questa situazione

Siamo stati insultati ma noi abbiamo lasciato correre.

Potete usarla quando volete in occasioni informali.

Più formalmente anziché dire “lascia correre” potreste dire “non si preoccupi” (dando del lei) “sia paziente” oppure usare il verbo transigere e essere transigenti:

Non posso transigere di fronte a questi comportamenti!

Che equivale a dire:

Non posso lasciar correre di fronte a questi comportamenti.

Perché si sua correre?

Sta a indicare semplicemente che non ci si deve fermare a commentare, a riflettere, a discutere.

Ora ripassiamo qualche espressione precedentemente imparata su questa rubrica.

Ascoltiamo Sofie e sua figlia dal Belgio. Sofie è membro del’associazione Italiano Semplicemente.

– Ciao mamma , come mai sei già sveglia a quest’ora? Non ti pensavo cosi mattiniera! Ci sta qualcosa che non ti torna?

– Ciao Emma, hai proprio ragione. Oggi non mi gira bene. Ho passato una notte in bianco.

– Come mai? C’è qualcosa che ti ronza per la testa?

– Ieri, dopo 2 mesi di lavoro a distanza sono tornata in ufficio e li mi sono beccata insulti a destra e a manca.

– Non capisco proprio. Hai sempre dato anima e corpo al tuo lavoro.

– È vero. Ma devo ammettere che lo smart-working non è stato alla mia portata e negli ultimi tempi ho sgarrato un po’. Cosi sono finita nel mirino dei miei giovani colleghi.

– Ma lascia correre e abbi un po’ di pazienza. Gliela farai pagare a tempo debito.

– Eh si, la vendetta è un piatto che va servito freddo!

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277 – non è che…

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Non è che

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Giovanni: Non è che avete due minuti liberi? Oggi vediamo una locuzione che vi piacerà.

Si tratta di qualcosa che non troverete da nessuna altra parte su internet perché è anche difficile da ricercare.

Non è che“: questa è la locuzione in questione che ha tanti utilizzi non molto simili tra loro.

C’è una negazione: non.

Questa negazione a volte è una vera negazione, altre volte invece non è proprio così.

Vediamo bene. Una mamma dice al proprio figlio:

Non è che io ti devo dire ogni volta che ti devi alzare presto. Pensaci da solo.

In questo caso la mamma sta enfatizzando il suo pensiero, sta sottolineando la sua volontà. Certo, avrebbe potuto dire più semplicemente:

Io non devo dirti ogni volta che devi alzarti presto. Devi pensarci da solo.

Però nel primo modo, con la frase al negativo sta sottolineando ciò che non vuole che accada. È una modalità colloquiale comunque.

Vediamo un secondo modo.

Se io dico:

Non è che io voglia vantarmi, ma sono il presidente dell’associazione italiano semplicemente.

Questo è sempre un modo informale per negare qualcosa, ma in questo caso è come se volessimo aggiungere qualcosa. In questo caso è come se mi stessi giustificando: nego una affermazione e poi aggiungo qualcosa.

Ci sono mille altri esempi di questo tipo:

Non è che mi stai antipatico, ma a volte sei un po’ maleducato e questo mi dà fastidio.

Non è che a me piaccia sgridarti, ma sei sempre disordinato con le tue cose.

Non è che voglia sembrare ripetitivo, ma se non ascolti e non parli, non imparerai mai la lingua italiana.

Sono tutti esempi analoghi. Si può usare anche il congiuntivo come avete visto.

Vediamo un terzo caso. Abbiamo un sospetto, pensiamo qualcosa, abbiamo un’idea, ma non siamo sicuri.

Maria sembra ingrassata. Non è che è incinta?

Chissà perché Giovanni non ha avvisato che non veniva al lavoro! Non è che ha finito il credito telefonico e non ha potuto avvisare?

In questi casi quindi si tratta di ipotesi non verificate, di supposizioni, e sono poste sotto forma di domanda, come a voler cercare un riscontro, come a dire: che ne dici? Sarebbe possibile?

Vediamo un quarto caso:

Non è che avresti da accendere per favore?

Questa domanda, molto usata dai ragazzi, è un tentativo di usare una forma di cortesia quando si vuole fumare una sigaretta ma non si è provvisti di accendino. Allora si chiede ad altre persone.

Si può anche chiedere:

Hai da accendere?

Avresti da accendere?

Stesso significato.

Posso fare altri esempi simili.

Non è che passi in ufficio dopo? Ho dimenticato la giacca. Se passi puoi prendermela per favore?

Non è che potresti farmi un favore?

Non è che potresti darmi un passaggio?

Anche in questo caso un modo colloquiale per chiedere un favore, o anche fare una semplice domanda, ma capite che la forma negativa non serve a negare qualcosa, ma è solo un modo di essere gentili, come a non voler dare per scontato, per certo, che il favore venga fatto. Una forma di cortesia. Spesso si usa aggiungere “per caso”:

Non è che per caso hai/avresti da accendere?

Non è che per caso hai visto Giovanni?

Posso togliere “per caso” e non succede niente.

Ultimo caso: si usa per chiedere che qualcosa di negativo non sia vero:

Non è che hai lasciato la luce accesa prima di uscire vero? Spero proprio di no!

Non è che non hai finito i compiti?

Non è che mi stai dicendo una bugia?

In questi casi “non è che” equivale a “non vorrei che“, ma mentre la seconda forma richiede in genere l’uso del congiuntivo, la prima richiede sempre l’indicativo.

Non è che avreste un altro minuto da dedicare al ripasso? Non è che siete stanchi?

Sofie: Stanotte ho sognato che prendevo botte a destra e a manca da 10 ragazzi. Ma anche io sono riuscito a dare un calcio.
Carmen: Una magra consolazione però.
Ulrike: ma perché ti hanno picchiato?
Sofie: Volevano picchiare mio figlio e io ho detto: giù le mani!
Carmen: Certo, 10 contro 1 non c’era la più remota possibilità di farcela.
Ulrike: Infatti, meno male che era un sogno.
Sofie: Comunque, laddove mi accadesse veramente, mi vendicherei a tempo debito.
Carmen: È risaputo che sei un tipo vendicativo
Ulrike: Infatti. Io mi sarei dato alla fuga. Tu invece non sei un tipo che lascia correre.

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276 – a destra e a manca

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A destra e a manca

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Emanuele: sapete qual è l’opposto di destra? Certo, è la sinistra!

Questo è chiaro per tutti, esiste ad esempio la mano destra e la mano sinistra.

A proposito, ognuno di noi, o quasi, ha una preferenza nell’uso della mano destra o della sinistra. Lo stesso vale per i piedi. Chi usa la mano destra con maggiore disinvoltura si dice che è destro (destra al femminile).

Io ad esempio sono destro.

Chi invece preferisce usare la mano o il piede sinistro si dice che è… “mancino” . Non si usa dire “io sono sinistro”.

Poi chi sa usarle entrambe indifferentemente si dice “ambidestro“.

La preferenza per la sinistra dunque si esprime col termine “mancino” o “mancina“.

Maradona è stato un calciatore mancino ad esempio perché il piede sinistro era il suo preferito.

Ma perché mancino? Abbiamo già visto insieme in questa rubrica il senso di “tirare un tiro mancino” . Il termine ha vari significati infatti.

Oggi però vorrei parlarvi dell’origine di “mancino”, che viene da “manca”.

C’è una simpatica locuzione italiana che recita così “a destra e a manca” che letteralmente vuol dire “a destra e a sinistra”. Manca quindi sarebbe “sinistra” (al femminile) intesa come contrapposta alla destra. Non ha niente a che vedere col verbo mancare.

Questa locuzione si usa prevalentemente in alcune occasioni.

Ad esempio:

Non riesco a guidare bene quando ci sono macchine che sfrecciano a destra e a manca.

Il senso è che ci sono molte macchine, cioè automobili, che corrono veloci (cioè sfrecciano) dappertutto, ovunque, e questo mi rende difficile la guida, forse per agitazione, per paura.

Oppure:

Sono stato malmenato da un gruppo di ragazzi; erano tanti e non riuscivo a difendermi: arrivavano calci e pugni a destra e a manca.

Quindi ovunque arrivavano colpi, da tutte le direzioni.

Spesso si usa la stessa espressione per rappresentare uno stato di confusione.

Se bevo alcool e sono ubriaco inizio a barcollare a destra e a manca.

Non c’è la volontà di andare in una direzione precisa.

Si, potremmo sempre dire “a destra e a sinistra” ma in questi casi si usa maggiormente il termine “manca” che si usa sempre o quasi sempre nella stessa frase insieme alla destra.

Se inizio a colpire una persona a destra e a manca, la colpisco un po’ alla cieca, senza badare a dove la colpisco, come se fossi cieco, cioè non vedente.

Anche il termine “destra“, in tutti questi casi si può sostituire con un altro termine: “dritta“, però è un po’ meno utilizzato.

In questo caso la frase diventa: “a dritta e a manca“.

Ora ripassiamo con Sofie ed André.

– Ciao Andre, che stai facendo?
– Sono appena riuscito a ritagliarmi del tempo per ascoltare qualche episodio di due minuti con italiano semplicemente.
– Caspita! Ti sei smarcato dal tuo capo ufficio che ti stava incalzando?
– No, siamo tutti chiusi in casa a causa dell’emergenza covid 19. A volte questa chiusura è un tormento ma faccio di necessità virtù e rispolvero il mio vocabolario italiano. Così quando mi troverò a tu per tu con Gianni non mi sentirò più sguarnito di espressioni.
– Andre, secondo me è una magra consolazione questa tua rispolverata. Vai a capire quando verrà consentito l’ingresso nel Belpaese agli stranieri…
– Mi sembra che di Maio abbia detto che sarà possibile a partire dal 3 giugno.
– Il 3 giugno è possibile solo per i paesi membri dell’Unione europea, quindi se vuoi incontrare dal vivo un italiano doc nei prossimi giorni, stai fresco!

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275 – Conciso

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Giuseppina: oggi sarò breve e concisa e riuscirò a stare nei due minuti previsti. Promesso.

Essere concisi, questo è l’oggetto dei due minuti di oggi, significa essere sintetici, significa che si sta dicendo qualcosa (un discorso) o si sta scrivendo qualcosa (un libro, un articolo di giornale) e nel fare questo non si usano molte parole, almeno non più di quanto sarebbe necessario. Equivale a essere brevi; quasi lo stesso significato.

Ma concisi è più formale come termine e se vogliamo essere precisi, conciso è non solo breve, ma anche completo ed efficace. Non ci sono cose non dette o non scritte. Il discorso è completo e chiaro, efficace. In una parola: conciso.

Un’altra differenza rispetto a “breve” è che conciso si può o usare anche per indicare lo stile di uno scrittore o di un giornalista, cioè il modo di scrivere: uno scrittore dallo stile conciso. Un giornalista conciso.

Si potrebbe anche dire uno stile o un discorso essenziale, efficace, asciutto. Non c’è niente di più di quanto è necessario.

Ora ripassiamo.

Carmen (Germania 🇩🇪): Vi risulta facile uscire dalla vostra “zona di conforto” oppure no? Può darsi che a volte risulti difficile, e la fifa abbia la meglio. Probabilmente ci si sente assai insicuri o si ha paura di sbagliare o si temono le difficoltà da affrontare e gli sforzi da fare. Però vale sempre la pena rischiare e osare. Eccome se ne vale la pena! Sia che vada bene o che si fallisca si è fatta un’esperienza da cui imparare. In ogni caso si perdono un sacco di opportunità qualora si eviti di correre dei rischi. Ogni lasciata è persa. Vedrete che col tempo si impara a destreggiarsi sempre meglio, sebbene all’inizio la paura faccia novanta!

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274 – Una magra consolazione

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magra consolazione

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Giovanni: sapete cos’è una consolazione? Quando siete tristi, quando accade qualcosa di negativo, qualcosa di brutto, o quando subite una sconfitta, anche sportiva, cosa potrebbe farvi tornare felici?

Ci vuole una bella notizia, qualcosa di positivo per farvi tornare il sorriso.

Non sempre questo accade, comunque ci può essere qualcosa che allevia la vostra tristezza, qualcosa che fa diminuire il vostro sentimento negativo, qualcosa che vi conforta, che fa parzialmente migliorare il vostro stato d’animo. Queste cose si chiamano consolazioni.

In questi casi molto spesso si usano avverbi come “almeno” o “perlomeno” o “meno male” per indicare un lato positivo della faccenda, un aspetto della storia che migliora un po’ la situazione.

Tipo:

Purtroppo la macchina si è rotta. Peccato perché volevo andare al mare. Meno male che piove.

Sono stato bocciato all’esame di italiano ma almeno ho detto al mio professore cosa penso di lui!

Ecco, queste consolazioni, quando non ci soddisfano per niente, quando sono insufficienti, si possono chiamare “magre consolazioni” che è come dire “piccole consolazioni

Una magra consolazione è pertanto una consolazione che non ci appaga, una consolazione non appagante, una consolazione che non è per niente sufficiente a darci conforto e tirarci su il morale.

ad esempio:

Abbiamo perso ma ho fatto un bel gol. Una magra consolazione comunque.

Lo so, prima o poi dovrò morire. Ma tutti dobbiamo morire prima o poi. Anche questa è una magra consolazione

Si usa questo aggettivo “magra” che solitamente si usa per indicare la magrezza delle persone, riferita quindi all’aspetto fisico: magra è il contrario di grassa.

A proposito, il ripasso di oggi verte proprio su questo argomento. Ascoltiamo Mariana dal Brasile che ha usato alcune delle più recenti espressioni spiegate in questa rubrica che, ve lo ricordo, si chiama “due minuti con Italiano Semplicemente“.

Mariana: Il mio ripasso verte sulla cura del mio corpo durante l’emergenza coronavirus. Stando a casa, ho avuto più tempo a disposizione così avrei dovuto fare di necessità virtù e fare esercizi quotidiani per prendermi cura del mio corpo. Però non sono mai stata in vena di esercizi e sono ingrassata un po’.

Se esiste una remota possibilità (speriamo sia solo remota) che questa emergenza possa ripetersi, a ragion veduta stavolta sarà diverso.

Ulrike: so che è una magra consolazione Mariana, ma molte altre donne hanno preso qualche chilo durante l’emergenza

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