Rifare e rifarsi

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Trascrizione

Rifare e rifarsi. Vediamo i diversi significati:

1) fare per la seconda volta
2) far tornare il sollievo
3) vincere dopo aver perso
4) operazione estetica
5) ricreare una situazione positiva
6) rimborsare
7) proporsi nuovamente
8) sistemare

Ascoltare i seguenti esempi di utilizzo dei verbi rifare e rifarsi.

1. Ho bruciato la cena, quindi devo rifarla. (I burned dinner, so I have to redo it)
2. Dopo aver mangiato quella schifezza devo rifarmi la bocca. Dammi una Caramella! (After eating that garbage, I need to cleanse by palate)
3. Bravo, hai vinto tu. Cercherò di rifarmi nella rivincita (Well done, you won. I’ll try to make up for it in the rematch)
4. Dopo il suo fallimento iniziale, ha lavorato sodo per rifarsi e avere successo (After his initial failure, he worked hard to bounce back and succeed)
5. È difficile rifarsi dopo una delusione, ma è importante perseverare (It’s tough to find satisfaction after a disappointment, but it’s important to persevere)
6. Dopo aver sbagliato la prima volta, ho rifatto l’esercizio fino a farlo correttamente (After getting it wrong the first time, I redid the exercise until I got it right)
7. Guarda quella donna. È completamente rifatta. Si è rifatta le labbra, gli zigomi e persino le sopracciglia (look at that woman, She’s had a lot of work done. She got her lips, cheeks, and even her eyebrows redone)
8. Rifarsi la bocca con un caffè dopo un pasto pesante è sempre piacevole (Refreshing the palate with a coffee after a heavy meal is always enjoyable)
9. Nonostante le critiche iniziali, ha continuato a lavorare duramente per rifarsi una reputazione (Despite the initial criticism, she continued to work hard to rebuild her reputation)
10. Dopo il suo ritiro, l’atleta ha cercato di rifarsi in una nuova carriera come allenatore (After retiring, the athlete tried to make a comeback in a new career as a coach)
11. Hai sbagliato a sposarti così presto. Adesso che ti sei separato cerca di rifarti una vita (You made a mistake getting married so early. Now that you’ve separated, try to rebuild your life)
12. È stato onesto e mi ha rifatto dei danni (He was honest and made up for the damages)
13. Vai sulla spiaggia a rifarti gli occhi con le belle ragazze (Go to the beach to feast your eyes on beautiful girls)
14. Sono stato rifiutato tre volte ma ho continuato a rifarmi avanti. Io non mi arrendo (I’ve been rejected three times, but I kept pushing forward. I don’t give up)
15. Vai subito a rifarti il letto! (Go make your bed right away!)

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Essere in via di

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Sofie: Oggi, in via eccezionale, sarò io a registrare questo episodio.

Vi parlerò della locuzione “essere in via di” seguito da un sostantivo.

Sapete già che “via” trasmette l’idea del movimento, giusto?

Ebbene, quando si usa questa locuzione stiamo sempre parlando di qualcosa che si sta per realizzare, di un processo che sta per compiersi, un qualcosa in fase di realizzazione o di transizione.

Insomma: c’è un’attività in atto, che è iniziata e non ancora terminata. Ci si sta avviando verso una determinata condizione. Siamo in “movimento” dunque.

Vediamo qualche esempio chiarificatore:

Molte specie animali sono in via di estinzione

Il progetto è attualmente in via di sviluppo e dovrebbe essere completato entro fine anno.

Il programma è ancora in via di definizione, e non posso ancora comunicarvelo

La situazione economica del paese è migliorando, ma è ancora in via di ripresa.

Il paziente è in via di guarigione dopo l’intervento chirurgico.

La compagnia sta aprendo nuove sedi in diversi paesi in via di espansione internazionale.

Il quartiere sta subendo un processo di riqualificazione e le strade sono in via di ristrutturazione.

Il nuovo regolamento è ancora in via di approvazione da parte delle autorità competenti.

L’accordo tra le due aziende è stato siglato e ora è in via di implementazione.

Il progetto di legge è stato presentato al parlamento ed è attualmente in via di discussione.

La merce è in via di esaurimento

Detto in altre parole:

la merce si sta esaurendo

si sta discutendo il progetto

sulla legge si sta implementando l’accordo

si sta approvando il regolamento

eccetera.

C’è sempre il senso di trovarsi in una fase intermedia: ci si avvia verso il completamento, ma non è ancora il momento.

E adesso che siamo in via di ultimazione dell’episodio facciamo un breve esercizio di ripetizione:

Una specie animale in via di estinzione

Siamo in via di recupero

Il paese è ancora in via di sviluppo

Sono in via di guarigione

Il progetto è in via di definizione

Il regolamento è ancora in via di approvazione

La città è in via di ricostruzione

E adesso mi rivolgo a voi. Avete già un ripasso in via di preparazione?

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I mille usi della parola “TITOLO”

I mille usi della parola “TITOLO” (scarica audio)

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Il titolo di questo episodio è “I mille usi della parola titolo“. Questo è il titolo dell’episodio.

Il termine “titolo” fa venire in mente, come prima cosa, proprio questo: il titolo di un brano, di una canzone, di un libro, o, appunto, di un episodio.

Si parla spesso anche dei titoli di giornale, di una rivista, e in questo caso si fa riferimento all’argomento, al soggetto di cui si parla nell’articolo.

Ci sono però tanti altri usi della parola “titolo”.

Ad esempio, anche un diploma di studio o una carica qualunque, possiamo chiamarli “titoli“: Il titolo di avvocato, di ingegnere, di sindaco, di Presidente della Repubblica ecc.

Es:

Conseguire il titolo di avvocato in Italia è molto complicato

Per conseguire il titolo di ingegnere occorrono 5 anni di studi universitari

C’è più in generale il cosiddetto “titolo accademico“, che è un è un “titolo di studio” conseguito al termine di un corso di studi presso una università o altro.

Esiste anche il titolo mondiale, e si tratta in questo caso di un un primato sportivo:

il titolo mondiale dei pesi massimi è detenuto da Myke Tyson

Il titolo di campione del mondo del calcio appartiene attualmente all’Argentina

Si dice anche che l’Argentina detiene il titolo di campione del mondo.

Poi, in ambito di diritto, esistono varie definizioni interessanti:

C’è il “titolo d’acquisto“, che è un documento che attesta l’avvenuto acquisto di un bene o di un servizio.

Se prendo la metropolitana ad esempio acquisto un biglietto, cioè un titolo di viaggio e questo prova che ho il diritto di viaggiare in metropolitana.

Questo nella fattispecie, si chiama appunto “titolo di viaggio”, un documento (biglietto, abbonamento, ecc.) che attesta (cioè dimostra) il pagamento di un servizio di trasporto per un mezzo pubblico e dà il diritto di usufruire del servizio stesso.

Sempre in ambito di diritto, c’è il titolo di credito, sempre un documento, che dà diritto al possessore di esigere la prestazione in esso indicata, purché redatto nelle forme prescritte dalla legge.

Un esempio di titolo di credito è un assegno bancario o una cambiale.

Possedere questo assegno mi dà il diritto di riscuotere la somma indicata.

Nel linguaggio di Borsa, il titolo è un nome generico per indicare azioni, obbligazioni, o altri valori mobiliari anche emessi dallo stato.
Con riferimento a concorsi per uffici, un titolo posseduto è ciascuno dei documenti comprovanti i meriti acquisiti nella precedente attività.
Esistono infatti i cosiddetti “concorsi per esami e titoli“: bisogna fare un esame, ma anche i titoli posseduti contribuiscono alla valutazione dei candidati.
In generale poi esiste la locuzione “A titolo di, che si usa per specificare i limiti entro i quali va interpretato il valore di un determinato fatto o comportamento.Mi spiego meglio. Spesso la parola più importante è “limitare” o “specificare”.

es:
Te lo dico a titolo di cronaca (una alternativa meno informale di “te lo dico per la cronaca“);
Mi hanno aumentato lo stipendio a titolo di premio (come premio, come forma di premio, in qualità di premio);
Mi hanno richiesto 2 milioni di euro a titolo di risarcimento per il danno subito (come risarcimento);
I datori di lavoro possono erogare ai propri dipendenti con figli a carico somme o rimborsi a titolo di benefit.
Il giudice ha ascoltato, a titolo di testimoni, due lavoratori dell’azienda (in qualità di testimoni, come testimoni);
Somme versate a titolo di caparra o acconto nell’acquisto di un’automobile.
Se verso una somma di denaro a titolo di acconto significa che ciò che verso, cioè ciò che pago, è un acconto, rappresenta un acconto.
Vediamo cosa accade con la preposizione “a” davanti ma senza la preposizione “di” alla fine, Ad esempio:
Acquisto a titolo definitivo.
Es:
L’acquisto a titolo definitivo è quando si acquista un bene o un diritto in modo permanente, senza limitazioni o restrizioni.
Nel mondo del calcio se ne sente parlare spesso: si acquista un calciatore a titolo definitivo, cioè si paga una certa cifra e il calciatore diventa proprietà esclusiva di un’altra squadra.
A titolo esemplificativo
che significa semplicemente “ad esempio” ma è una modalità meno informale. “A titolo esemplificativo” significa che ciò che viene detto o elencato è solo un esempio, non una lista esaustiva.
Es:
fanno parte dei dati anagrafici, a titolo esemplificativo, il proprio nome e cognome e l’indirizzo di residenza. Si può anche dire: “a titolo di esempio“.
Il mio lavoro è molto complicato. A titolo esemplificativo, vorrei mostrarvi qualche richiesta da parte del mio direttore.
In genere “a titolo esemplificativo” viene seguito da “ma non esaustivo” proprio per sottolineare che si sta facendo qualche esempio che però non rappresenta una lista completa ed esaustiva di tutti i casi possibili.
es: Si riporta a titolo esemplificativo e non esaustivo il seguente elenco delle attività che dovrai svolgere durante il tuo orario di lavoro…
Spesso si puntualizza:
a titolo puramente esemplificativo…
a titolo meramente esemplificativo…
“A titolo informativo” significa invece che l’informazione viene fornita a scopo di conoscenza e non ha alcun valore legale o vincolante. Posso anche dire a titolo d’informazione o di comunicazione.
Anche in questo caso, come “a titolo di cronaca” si vogliono specificare i limiti di qualcosa, quindi per escludere altre finalità, altri obiettivi. Per questo motivo spesso si usa specificare “a titolo solo informativo”, ” a titolo puramente informativo” eccetera.
“A titolo oneroso” e “a titolo gratuito” sono invece due modalità formali per dire che qualcosa si paga oppure che è gratis.
Es:

L’azienda ha deciso di distribuire i campioni a titolo gratuito per promuovere il nuovo prodotto (quindi i campioni non si pagano, sono gratis);

Il servizio di consegna a domicilio viene offerto a titolo oneroso (stavolta bisogna pagare);

La consulenza legale viene fornita a titolo oneroso.

Il corso, la cui partecipazione è a titolo gratuito, avrà la durata complessiva di 10 ore.

Interessante è anche “a titolo personale“. “A titolo personale” significa che ciò che viene detto o fatto riguarda la sfera individuale o personale ,della persona, non necessariamente rappresentando l’opinione o l’esperienza di tutti. Anche qui sto specificando e sto limitando, perché escludo che la questione riguardi altri.

Es:

Ti dico questa cosa a titolo personale

Cioè voglio dire che io parlo a titolo personale, cioè parlo per me, secondo quella che è la mia idea, cioè ti sto dicendo ciò che penso personalmente. Informalmente potrei dire: “parlo per me”.

non ho mai accettato soldi a titolo personale

ciò che ho detto l’ho detto solamente a titolo personale

Capite bene che anche in questo caso c’è l’idea di circoscrivere, di limitare, di non estendere ad altri ciò che invece riguarda solo me.

“Parlare a titolo personale” e “fare dichiarazioni a titolo personale” si trovano spessissimo nelle notizie di cronaca.

Ma tu a che/quale titolo ci parli?

Io vi parlo a titolo di amicizia (perché sono un vostro amico, vi dico queste cose in qualità di amico, poiché siamo amici)

Vi parlo a titolo di presidente

Vi parlo a titolo di proprietario

Vi parlo a titolo di rappresentante degli studenti

ecc

Ci sono più modi di rispondere a una domanda di questo tipo.

Con la stessa logica sono da interpretare espressioni come (a titolo puramente esemplificativo), “a titolo educativo”, ” a titolo di cortesia”, eccetera.

Adesso ripetete dopo di me:
Il titolo di studioIl titolo accademico

A titolo informativo

A titolo gratuito

a titolo meramente informativo

Cessione a titolo oneroso

Tu parla a titolo personale!

Qual è il tuo titolo di studio?

Qual è il titolo di questo episodio?

“Oltre il danno la beffa” e “di male in peggio”: significato e utilizzo

“Oltre il danno la beffa” e “di male in peggio” (scarica audio)

Oltre il danno la beffa” è un modo di dire italiano che esprime un senso di frustrazione o amarezza.

L’espressione contiene i due termini danno e beffa. Un danno può essere materiale, fisico, ma anche morale o finanziario. La “beffa” può avere significati diversi. Vediamo meglio.

L’espressione si usa quando, oltre a subire un danno o una sconfitta o comunque quando accade qualcosa che ci procura un danno, si viene anche beffati.

In sostanza, significa che le cose stanno andando già male, ma poi ad aggravare la situazione arriva la beffa. Si potrebbe pensare che si venga presi in giro, che si diviene oggetto di derisione. Questo può anche essere, ma quando usiamo questa espressione in realtà significa solamente che accade qualcosa in più che peggiora la situazione; qualcosa di inaspettato, di non preventivato e solitamente qualcosa di non meritato.

Ad esempio si viene accusati di essere stati la causa di quel danno e non solo la vittima, oppure più in generale quando si riceve una punizione ingiusta.

L’espressione sottolinea la sensazione di sfortuna o di ingiustizia quando, dopo aver già affrontato una difficoltà, si viene colpiti da un evento che aggrava ulteriormente la propria situazione. È un modo di dire che riflette un senso di impotenza (non possiamo fare nulla per rimediare) o di frustrazione (siamo anche scoraggiati e delusi) nei confronti delle avversità che sembrano accumularsi.

Ad esempio, ammettiamo che un lavoratore in un cantiere non viene dotato delle protezioni e attrezzature necessarie per il suo lavoro e quindi viene costretto dal proprio datore di lavoro a non usare alcune misure di sicurezza previste dalla legge. Il lavoratore viene quindi esposto ad un potenziale pericolo, perché potrebbe subire un danno. Ammettiamo poi che si verifichi un controllo e il lavoratore viene licenziato perché accusato di non aver usato le misure di sicurezza. Possiamo dire oltre al/il danno, la beffa.

Altro esempio:

A seguito dell’alluvione che ha colpito alcuni territori italiani, gli abitanti sono stati costretti ad andar via dalle proprie abitazioni. Così alcuni ladri si sono approfittati della situazione e sono andati a fare visita in queste abitazioni per rubare indisturbati. Oltre il danno la beffa.

Anche in questo caso, nessuno ha preso in giro o deriso queste persone, ma queste sono state comunque beffate.

Una beffa infatti, in senso figurato, è anch’essa un danno, ma un particolare tipo di danno: un danno fortuito e crudele riservato dalla vita:

Si dice spesso che una persona è beffata dal destino o ha ricevuto una beffa del destino!

La beffa si usa anche a proposito di situazioni in cui tutto sembra concorrere perché le cose vadano al contrario di come debbano andare.

Una famiglia sfollata dopo un alluvione dovrebbe essere aiutata, e invece viene anche derubata. Le cose sono andate al rovescio.
Un termine che si usa molto anche nello sport, quando una squadra merita di vincere e invece viene beffata, magari all’ultimo minuto, per colpa della sfortuna o di una decisione arbitrale sbagliata.

Che beffa!

C’è un’espressione simile a “oltre il danno la beffa“. Infatti quando oltre a una situazione negativa o a un danno già subito, si verifica anche qualcosa di ulteriormente sfortunato. Per esprimere frustrazione o rassegnazione, si può anche dire che le cose sembrano andare o sono andate “di male in peggio“.

Potete usare “di male in peggio” quasi ogni volta in sostituzione di “oltre il danno la beffa”, sebbene sia più adatta quando c’è un semplice peggioramento, e non necessariamente una “beffa“, inteso come evento immeritato e umiliante, o che va al contrario di come doveva andare.

Riguardo alle preposizioni usate in questa espressione, potreste stupirvi del fatto che si usi “di” e “in”. Verrebbe probabilmente spontaneo dire: “da male a peggio”.

Questa però è un’espressione, un modo di dire e pertanto non si può cambiare. Abbiate pazienza!

Un’ultima differenza tra le due espressioni di oggi è che quando ci sono due avversità che non hanno niente a che fare l’una con l’altra, ma semplicenete colpiscono la stessa persona, possiamo usare solamente “di male in peggio”.

Ad esempio, se in mattinata mi rubano la borsa e in serata un fulmine distrugge l’impianto elettrico della mia casa, possiamo ad esempio dire:

Che giornataccia! Dopo il furto della borsa anche il fulmine ci mancava: di male in peggio!

Facciamo adesso un piccolo esercizio di ripetizione così potete memorizzarle:

Oltre il danno la beffa

Di male in peggio

Oltre il danno la beffa

Di male in peggio

Lo sbocco – ITALIANO PROFESSIONALE

Lo Sbocco

tutte le lezioni di italiano per il lavoro

i verbi professionali (audio-libro)

Descrizione

Questo approfondimento di italiano professionale riguarda gli sbocchi.

Parliamo soprattutto degli sbocchi lavorativi e professionali.

Per leggere e ascoltare l’episodio occorre essere membri dell’associazione Italiano Semplicemente. 

Il verbo rimanere

Il verbo rimanere (scarica audio)

Trascrizione

Vediamo insieme come usare il verbo “rimanere“. Sono sicuro che rimarrete stupiti almeno di uno di questi utilizzi.

Infatti, tutti voi che state imparando la lingua italiana e che vi trovate ad un livello intermedio sicuramente conoscerete il modo più comune di utilizzare il verbo rimanere.

E’ molto simile a “restare“.

Quanto mi rimane da studiare l’italiano prima di imparare tutto?

Quando mio figlio mangia, non rimane niente per gli altri!

In questi casi c’è qualcosa che manca, che rimane, che resta ancora da fare, da mangiare eccetera.

C’è anche però il senso opposto, quello della persistenza, di qualcosa che non cambia. C’è una sorta di immobilità:

Io rimango concentrato tutta la lezione

Si usa spessissimo anche con i luoghi: restare/rimanere in un luogo, trattenersi in un luogo, senza andar via, senza lasciarlo.

Si può rimanere a Roma, si può rimanere in vita, si può rimanere da soli, oppure rimanere con Giovanni, come state facendo ora.
Ho cercato di usare rimanere con le preposizioni normalmente più utilizzate.
Ci sono anche un sacco di espressioni e locuzioni che sono nel linguaggio comune:
  • rimanere a bocca aperta (per lo stupore, per la bellezza)
  • rimanere di stucco (per lo stupore)
  • rimanere di sasso (per lo stupore, per qualcosa di spiacevole accaduto)
  • rimanere a bocca asciutta (per essere rimasti senza niente, per non aver ottenuto nulla rispetto ad altri)
  • rimanere al verde o rimanere all’asciutto (rimanere senza soldi)
  • rimanere a piedi (non riuscire a rimediare un passaggio)
  • rimanere a secco (es, senza benzina)
  • rimanere con un palmo di naso (restare deluso, rimanere male nonostante le aspettative fossero alte)
Un altro utilizzo abbastanza comune è rimanere indietro, proprio come restare indietro.
Qui c’è il senso di non riuscire a recuperare, non riuscire ad avanzare, magari in una gara, rispetto ad altri. C’è il senso di mancato movimento anche qui, mancato recupero.
Con lo stesso senso si può anche rimanere avanti (quindi non perdere posizioni).

In senso figurato può significare essere arrivati in un punto in una determinata attività, in un discorso, ecc.,

es:
Riprendiamo il lavoro da dove eravamo rimasti ieri.
In senso simile abbiamo già visto il significato di “come rimaniamo?” che si usa ugualmente quando una attività si interrompe per essere ripresa successivamente.

Il senso di immobilità, di mancato movimento si usa dunque anche in senso figurato.

Infatti se è vero che si può rimanere indietro, o sdraiato o in piedi, si può anche rimanere in carica (es. come direttore) nel senso che non si perde una carica un ruolo e si rimane con quella carica.

Le espressioni idiomatiche viste prima sono un esempio di questo utilizzo.
L’utilizzo di cui vi accennavo prima, quello che molti di voi probabilmente non conoscete, è invece relativo ad un uso un po’ insolito del verbo rimanere. Si usa soprattutto in modo colloquiale, informale.
Se ad esempio vi trovate a Roma e chiedete un’informazione ad un italiano che incontrate per strada, perché non riuscite a trovare un luogo, come una chiesa, una via eccetera, potete dire:
Mi scusi, dove rimane il Colosseo?
In questo strano uso del verbo rimanere, significa stare, essere situato, essere posto, essere ubicato, trovarsi.
Quindi la domanda è equivalente a:
Mi scusi, dove si trova il Colosseo?
Oppure, quando si dà una informazione:
Casa mia rimane abbastanza vicina alla stazione
Il Colosseo rimane vicinissimo alla metropolitana linea B di Roma
Sempre parlando di localizzazione fisica, si può anche dire:
Casa tua mi rimane un po’ scomoda perché io abito dall’altra parte di Roma
Il senso della “localizzazione fisica” però non è l’unico, perché si può estendere l’uso di rimanere con un significato simile a risultare, finire per essere, finire per trovarsi in una certa situazione.
Sono rimasto a piedi
I peperoni mi rimangono un po’ indigesti
Vedete che in questo caso si nota ugualmente un senso legato ad un mancato movimento, una mancata progressione, al senso di stabilità, simile in qualche modo a “rimanere indietro” e simili. Come se questi peperoni non riuscissimo a digerirli al passare del tempo.
Questo senso si perde un po’ in frasi come “mi rimane scomodo“, “rimane lontano da casa mia” e somiglia in questi casi maggiormente a “risultare”, verbo che si usa prevalentemente per indicare la conseguenza di una azione o una chiara evidenza. In effetti si può tranquillamente dire:
Casa tua mi risulta scomoda
i peperoni mi risultano molto indigesti
Poi c’è un uso che abbiamo già incontrato nell’episodio n. 399: rimanerci o restarci male. Veramente abbiamo già incontrato anche l’espressione “ci sono rimasto“, senza aggiungere bene o male. In quel caso c’è ugualmente stupore.
Vabbè a questo punto non rimane che terminare l’episodio. Rimane da vedere se avete capito tutto!
Provate allora a rispondere alle domande su questo esercizio e verifichiamo subito. Non tutti però possono fare questi esercizi. Spero che non ci rimarrete male

Rimane il fatto comunque che potete sempre iscrivervi alla nostra associazione. In questo modo potrete fare tutti gli esercizi in tutti gli episodi e vedrete che rimarrete stupiti di quanti episodi a cui potete accedere e di quanto sia bello far parte della nostra associazione.

Cosa? Vi rimane scomodo venire in Italia per partecipare alle attività dell’associazione? Ma noi facciamo tutto online, anche se una volta l’anno almeno ci incontriamo in Italia per conoscerci meglio. Poi qualcuno ci rimane pure in Italia!

Vi aspetto!

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Ringalluzzito, vispo e baldanzoso

Ringalluzzito, vispo e baldanzoso

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Trascrizione

Dal titolo sembra un episodio divertente, vero?

gallo, ringalluzzito

Effettivamente il verbo ringalluzzire è divertente, e se non ci avete fatto caso, deriva dal termine gallo. Il gallo è il maschio della gallina.

Avete presente l’atteggiamento di un gallo in un pollaio? Se ne sta sempre impettito, fiero, spavaldo, ovviamente dominante, arzillo, sveglio, vivace. Tutti aggettivi adatti a descrivere un gallo.

Il verbo ringalluzzire si usa in modo transitivo ma perlopiù intransitivo.

Io mi ringalluzzisco

Tu ti ringalluzzisci

Lui si ringalluzzisce

Ecc.

Ma che significa?

Ringalluzzirsi significa diventare vispo, baldanzoso, allegro e fiero come un gallo. È molto simile a imbaldanzirsi. Quest’ultimo verbo è comunque poco usato.

In modo transitivo invece è rendere vivace, baldanzoso, quindi imbaldanzire, anche questo verbo è però poco usato.

Si può usare sia per gli uomini che per le donne. Si può usare anche con gli animali comunque.

Se qualcosa mi ringalluzzisce pertanto, mi rende vispo e baldanzoso. Adesso ho usato il verbo in modo transitivo. Vispo e baldanzoso sono due aggettivi che occorre comunque spiegare. Lo faccio seduta stante.

Vispo vuol dire vivace nell’umore e nei modi. Le persone vispe sono attente e sveglie, ma questo aggettivo si utilizza soprattutto nei confronti dei bambini quando sono molto vivaci, quando non stanno mai fermi e anche quando combinano qualche marachella:

Giovanni è un ragazzo troppo vispo!

Si usa anche nei confronti delle persone anziane, quando, a dispetto dell’età, sono ancora molto vivaci, attente e allegre:

Mia nonna è una vispa vecchietta!

Se la nonna è vispa, allora significa anche che conserva pienamente le sue facoltà mentali.

C’è anche un poesia per bambini dal titolo “la farfalletta” in cui si parla della “vispa Teresa”. Molto divertente. Poi ve la recito alla fine dell’episodio.

Ringalluzzirsi comunque è leggermente diverso rispetto a vivace e vispo, perché per ringalluzzirsi occorre che accada qualcosa che faccia diventare vivace una persona, oppure che faccia tornare nuovamente vivace questa persona. Di qui il motivo delle due lettere iniziali: ti.

Si usa sempre in modo scherzoso. Questo è bene chiarirlo.

Posso dire ad esempio:

Con tutte quelle belle donne, Giovanni si è ringalluzzito.

Oppure:

Abbiamo fatto tanti complimenti a Mario per come porta bene i suoi 90 anni e lui si è tutto ringalluzzito per questo!

C’è dunque qualcosa che fa diventare ringalluzzita una persona. C’è qualcosa all’origine del ringalluzzimento.

Questo ringalluzzimento è spesso inteso come una ripresa di vigore, di vivacità, a volte inaspettata, ma comunque sempre divertente.

C’è altre volte un vago riferimento all’eccitazione, un risveglio dei sensi, come nel caso dell’esempio di prima, in cui Giovanni, circondato da tutte donne, è sembrato risvegliarsi e rallegrarsi. Si è ringalluzzito.

Prima come sinonimo ho citato anche l’aggettivo baldanzoso.

Questo è un aggettivo meno colloquiale rispetto a ringalluzzito e vispo, e anche questo aggettivo è meno legato all’evento da cui scaturisce l’effetto ringalluzzente.

Baldanzoso significa pieno di baldanza; è simile a fiero, spavaldo.

Baldanzoso fa pensare anche all’andatura, al modo di camminare a testa alta, con passo deciso, spesso con sfrontatezza e ottimismo, e fa pensare anche all’allegria.

Si usano spesso frasi come:

Camminava con fare baldanzoso

Avanzava baldanzosamente

Quando si fa qualcosa in modo baldanzoso, non c’è paura di sbagliare, c’è anzi spensieratezza e ottimismo.

Rispetto a ringalluzzito, baldanzoso ha dunque più occasioni per essere usato ma è sicuramente meno scherzoso come aggettivo.

Concludo recitandovi la poesia “la farfalletta“, più nota come “la vispa Teresa“, di Luigi Sailer:

La vispa Teresa
avea fra l’erbetta
al volo sorpresa
gentil farfalletta,

e tutta giuliva,
stringendola viva,
gridava a distesa:
“L’ho presa! L’ho presa!”.

Ma a lei supplicando
l’afflitta gridò:
“Vivendo, volando
che male ti fo’?

Tu sì mi fai male
stringendomi l’ale!
Deh, lasciami! Anch’io
son figlia di Dio!”.

Confusa, pentita,
Teresa arrossì,
dischiuse le dita
e quella fuggì.

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Esprimere le proprie competenze – ITALIANO PROFESSIONALE (n. 38)

Italiano Professionale

Sezione n. 4: lavorare in Italia

Esprimere le proprie competenze (episodio n. 38)

(scarica audio)

Trascrizione

Bentornati alla quarta sezione del corso di Italiano Professionale.

Per la sezione “lavorare in Italia”, vediamo come esprimere le proprie competenze, in particolare in forma scritta.

Nella prima sezione del corso abbiamo infatti affrontato lo stesso argomento dal punto di vista delle espressioni idiomatiche. In quell’occasione abbiamo visto espressioni come “essere alle prime armi”, “andare a nozze”, “cavarsela”, “fare del proprio meglio”, “prendere la mano“, e altre espressioni comunemente usate nella forma orale, quindi a voce.

Quando scriviamo un curriculum però, cioè quando dobbiamo tracciare il nostro profilo per iscritto, le cose sono diverse. Ci sono infatti delle formule più o meno standard per scrivere le proprie professionalità e descrivere le proprie competenze nei vari ambiti professionali.

Cominciamo nel dire che la parte del curriculum europeo che ci interessa maggiormente oggi è quella denominata “profilo professionale” e “esperienze lavorative

Nell’ultimo episodio vi ho parlato proprio del profilo e di cosa si intende esattamente per profilo professionale.

Oggi vediamo alcuni esempi di come compilare queste due parti.

Si tratta, nel caso del profilo professionale, di descrivere in massimo due o tre righe la propria professionalità, le competenze organizzative e gestionali, personali e anche tecniche.

Ovviamente questo mix varia a seconda del settore e della posizione in cui ci si candida. Ci sono alcuni segreti per decidere cosa inserire nel tuo curriculum e cosa, invece, è meglio omettere. Mi raccomando di non scrivere in prima persona, tipo “sono abile a fare questo, riesco a fare quest’altro”, “Sono un organizzatore…”, ma semplicemente “abile nel…”, “Particolarmente capace in…”, “Organizzatore…”

Esperto in bilancio, coordinatore nella redazione di documenti aziendali, orientato all’obiettivo, desideroso di migliorare la produttività del team e massimizzare la soddisfazione della clientela. Abile nello svolgere funzioni amministrative e finanziarie di back-office. Particolarmente capace in ambienti dai ritmi serrati con predisposizione mentale al lavoro intenso.

Il verbo massimizzare è interessante perché generalmente significa “portare qualcosa al limite massimo”. In questo caso si parla della massimizzazione della soddisfazione della clientela. Se ci tratto io quindi, i clienti quindi non potrebbero essere più soddisfatti di così. 🙂

Ma questa non è l’unica cosa che si può massimizzare. La maggior parte delle volte si parla in realtà di massimizzare i profitti di una azienda, che è forse l’unica cosa che interessa veramente l’azienda. Si può massimizzare il rendimento di un gruppo di lavoro, o il suo benessere, ma probabilmente la massimizzazione della soddisfazione della clientela è quella più utilizzata nei curricula.

Si possono anche però “massimizzare i tempi“. Interessante il senso di questo verbo in questo caso specifico. Si potrebbe pensare che sia lo stesso che ottimizzare i tempi. Facile confondere questi due verbi: ottimizzare e massimizzare. In realtà mentre l’ottimizzazione dei tempi è fare qualcosa nel minor tempo possibile, la massimizzazione dei tempi consiste nel metterci il tempo giusto, quello che ci vuole, quello necessario per fare bene un lavoro, che quindi potrebbe anche essere maggiore rispetto all’ottimizzazione, così il lavoro è di migliore qualità.

Questo per dirvi che è certamente meglio usare il verbo massimizzare, piuttosto che ottimizzare se parliamo di “tempi” da impiegare nel fare qualche attività. La differenza è comunque molto sottile e non si fa un grosso errore in questo caso.

es:

  • Ottimizzazione delle spese e massimizzazione dei tempi di attività

Nell’esempio sopra si legge poi “orientato all’obiettivo“. Questa è una formula che sottolinea la cosa su cui siete maggiormente concentrati quando lavorate. Ciò che conta è l’obiettivo, cioè il risultato finale.

Nel corso della seconda lezione del corso abbiamo visto espressioni come “badare al sodo”, badare alla sostanza” “quagliare”, bando alle ciance” ed altre ancora, con cui informalmente si esprime il senso opposto rispetto a “orientato all’obiettivo”. Chi è orientato all’obiettivo è come se avesse una bussola con l’indicazione dell’obiettivo e seguisse sempre quella direzione.

L’orientamento all’obiettivo o al risultato. Si possono usare entrambe le formule. Si tratta quindi di una disposizione alla costante considerazione degli obiettivi lavorativi.

Anche il termine “disposizione” si adatta benissimo a descrivere le proprie competenze professionali. Quando dico che ho una disposizione, in ambito professionale significa avere una Inclinazione, attitudine evidente su un piano professionale, ma si potrebbe parlare anche di piano affettivo, morale, intellettuale.

Un insegnante potrebbe scrivere che ha una naturale/innata disposizione a prendersi cura di giovani studenti.

Più in generale, competenze come: capacità di lavorare sotto stress, l’orientamento al lavoro di squadra, problem solving, flessibilità, disposizione alla leadership, orientamento all’obiettivo etc. sono le cosiddette “soft skills”, ovvero le competenze trasversali favorevolmente spendibili in qualsiasi ambito di lavoro.

Possiamo dire che se le competenze tecniche (o anche quelle linguistiche, digitali etc.) riguardano la capacità concreta di svolgere alcuni lavori, le competenze trasversali sono invece competenze che riguardano la modalità con cui si lavora.

Si chiamano “trasversali” perché riguardano più aspetti e più attività lavorative, quindi servono sempre, qualunque sia il lavoro di cui parliamo.

Ecco dunque altre modalità adatte alla forma scritta, oltre a quella che abbiamo visto sull’orientamento al risultato.

Si potrebbe scrivere ad esempio la “Capacità di analisi e di attenzione al dettaglio”, evidenziando in questo modo che non siamo dei superficiali e che invece sappiamo porre attenzione al dettaglio se vogliamo.

Potremo evidenziare la nostra “Capacità organizzativa”: ossia la capacità di utilizzare al meglio le risorse che abbiamo a disposizione ai fini del raggiungimento dell’obiettivo. Quindi parliamo della strategia da elaborare.

Va molto di moda anche la “Capacità di problem solving”, formula inglese che significa capacità di trovare la soluzione dei problemi, soprattutto inaspettati che possono sorgere; la capacità di far fronte ad una emergenza con delle strategie ogni volta diverse e adattate al momento. Questo è il problem solving.

Nel profilo può essere richiesta anche la creatività. Anche questa è una disposizione, è la disposizione all’innovazione, quindi sottolinea la capacità di vedere il mondo da diverse prospettive. Questa competenza serve per migliorare costantemente il proprio lavoro, anche quando tutto sembra già funzionare per il meglio.

Per ruoli importanti come il manager, quindi per chi deve dirigere uffici o coordinare personale, è importante sottolineare la propria “Capacità di leadership”. Ancora una formula inglese molto gettonata per sottolineare la capacità di porsi come leader, assumendosi le giuste responsabilità e aiutando gli altri a raggiungere gli obiettivi in un clima di fiducia, collaborazione e di comunione di intenti. Un’espressione questa che abbiamo visto parlando di unione e condivisione, nella lezione n. 12.

Per alcuni profili può essere importante evidenziare la propria “Capacità di negoziazione”.

Negoziare significa trattare, contrattare, condurre una trattativa. Quindi saper negoziare vuol dire tenere in considerazione le nostre volontà, i propri obiettivi, le proprie aspirazioni, le proprie istanze (termine più formale) e quelle delle controparti. Si può negoziare con i clienti, con i fornitori e con i membri del proprio gruppo.

Le “Capacità relazionali e comunicative” sono poi importantissime perché significa saper controllare i propri sentimenti e di volta in volta sapersi adeguare alla situazione specifica. Saper curare le relazioni umane e professionali, sapersi esprimere nel modo giusto, con la giusta sensibilità e efficacia.

Una domanda che spesso fanno durante un colloquio è poi relativa alla “Predisposizione al lavoro di squadra”.

Conviene sempre scrivere questa qualità, se posseduta e se è capitato di lavorare in una squadra nelle passate esperienze lavorative.

La “predisposizione” è in pratica come la “disposizione” per come l’abbiamo spiegata poco sopra.

Difficile infatti che gli obiettivi da raggiungere siano del singolo lavoratore. In genere gli obiettivi sono comuni e quindi della squadra, dello staff.

Saper rispettare il proprio ruolo, saper chiedere aiuto quando serve, saper dare aiuto agli altri al bisogno. Si parla di questo.

Di contro, per altri lavori potrebbe essere più richiesta la “Capacità di lavorare in autonomia”, cioè lavorare autonomamente quando necessario, senza cioè dover far riferimento ad altri. L’autonomia è una competenza molto apprezzata in molti casi.

Se poi si ha a che fare con i clienti, “l’Orientamento al cliente” è un secondo tipo di orientamento dopo quello al risultato. Essere orientati al cliente significa concentrarsi al fine di soddisfarlo.

Parliamo quindi della capacità di soddisfare le sue esigenze, mettendo in secondo piano le nostre, perché, come si sa, il cliente ha sempre ragione. Così si dice, anche se non sempre è vero.

Flessibilità e adattabilità sono altre due caratteristiche importanti.

Se ho una personalità flessibile e adattabile, non sono rigido e dunque sono disposto a cambiare approccio e modalità lavorative se necessario. senza troppi problemi.

Nell’esempio che vi ho fatto all’inizio, c’è la frase: “Particolarmente capace in ambienti dai ritmi serrati con predisposizione mentale al lavoro intenso.”

Parliamo della “Capacità di lavorare sotto pressione“, o, detta in altro modo, la “Tolleranza allo stress”:.

Soprattutto nei lavori in cui si devono rispettare categoricamente delle scadenze, o quando ci sono periodi particolarmente intensi di lavoro, dal lavoro al ristorante fino ad arrivare al funzionario della comunità europea, saper sopportare la fatica, lo stress rispettando i tempi senza perdere il controllo è senza dubbio una delle principali caratteristiche ricercate.

Ci siamo occupati del “controllo” già in due episodi del corso. La lezione n. 7, proprio al controllo (abbiamo visto diverse espressioni da usare) e poi in un episodio chiamato il controllo e la programmazione del lavoro in cui abbiamo usato queste espressioni con l’aiuto di Daria, un membro dell’associazione Italiano Semplicemente.

E’ importante, quando si mette per iscritto il proprio profilo professionale, usare i termini giusti che sono quelli brevemente sintetizzati sopra.

Le espressioni che abbiamo visto nella prima parte del corso, ripeto, sono adatte maggiormente ad una presentazione orale, anche se spesso vi ho anche presentato delle modalità più formali.

I “ritmi serrati” – sicuramente vi aspettate che spenda due parole su questo – sono i ritmi di lavoro, che possono avere un andamento rapido, incalzante, Spesso non si ha molto tempo per pensare e occorre prendere decisioni velocemente. Per questo sono detti serrati.

Riguardo alle capacità tecniche, parliamo delle cosiddette hard skills, che dipendono dal bagaglio formativo e dalle esperienze lavorative pregresse. Queste sono più specifiche al lavoro che state cercando – diversamente dalle capacità trasversali che sono richieste per tutte le attività.

In questi casi le formule sono più variabili, ma posso consigliarvi di usare alcuni termini e alcune formule tra le più generiche:

  • Dimestichezza con il pacchetto Office (della dimestichezza abbiamo parlato in un episodio dedicato alla gestione dei rischi aziendali)
  • Solide competenze nell’utilizzo di un software specifico
  • Elevate competenze tecniche inerenti al settore informatico (è importante usare sempre la preposizione “a”)
“Inerenti al settore informatico” – ad esempio – significa relative, attinenti, o “che riguardano” il settore informatico.

  • Alta professionalità nel settore dei servizi sportivi
  • Profonda conoscenza delle procedure necessarie per ottenere le migliori performance di analisi ambientali.
  • Maturata esperienza nel settore immobiliare
  • Attività pluriennale nella redazione di documenti scientifici

In settori specifici è particolarmente importante usare i termini settoriali. Se ad esempio siete un ingegnere:

  • trasformazione
  • gestione
  • pianificazione
  • elaborazione
  • progettazione

In alcuni mestieri poi è molto importante un “dettaglio” finale: “automunito/a“. In pratica siete muniti di automobile. Questo è il senso. Il che significa che avete una automobile e potete utilizzarla nel vostro lavoro. pensate alla babysitter, alla badante, all’adetto alle consegne eccetera.

Ci vediamo alla prossima lezione di Italiano Professionale e ricordo a tutti che per accedere all’intero corso occorre diventare membri dell’associazione Italiano Semplicemente. In alternativa, se siete interessati solamente alle lezioni di Italiano Professionale, si possono anche acquistare i libri su Amazon o sul sito di Italiano Semplicemente.

Un saluto a tutti.

Hai capito!

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altre espressioni idiomatiche

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Trascrizione

Con l’espressione di oggi vogliamo esprimere allo stesso tempo stupore e apprezzamento, o, se vogliamo, stima e meraviglia, considerazione e sorpresa:

Hai capito!

Notate soprattutto il tono nella pronuncia.

È infatti una delle esclamazioni in cui l’uso del tono è fondamentale per riuscire a usarla correttamente e a farci comprendere.

Infatti non si tratta di una domanda, altrimenti il tono ed anche il punto, sarebbe interrogativo. Invece se avete notato, c’è il punto esclamativo.

Si esprime meraviglia per un traguardo o un obiettivo raggiunto da una persona.

A volte non ci aspettavamo, non pensavamo, che questa persona avesse le qualità per raggiungere quel traguardo, ma detto così potrebbe sembrare che avevamo una scarsa considerazione della persona. In tali casi meglio usare l’espressione “non ce lo facevo“.

In realtà è sufficiente che questo traguardo sia considerato importante, ambizioso, desiderabile, e quindi la meraviglia e la stima sono espresse con una breve esclamazione:

Hai saputo di Francesca? È stata assunta da una azienda lo scorso anno e è già dirigente.

Risposta:

Hai capito!

Spesso si fa seguire il nome della persona.

Hai capito Giovanni! Si è laureato in tempi record e ha subito trovato lavoro in banca!

Hai capito Mario! Sembrava con la testa tra le nuvole e invece adesso è un artista di successo.

Potremmo sostituire questa espressione con:

Accidenti!

Caspita!

Mica male!

Però!

Niente male davvero!

C’è da dire che “accidenti” ha diversi utilizzi, infatti può esprimere anche dispiacere o disappunto o anche solamente stupore. “Caspita” dà solamente l’idea dello stupore.

“Mica male” e “niente male” forse non rendono a sufficienza il grosso obiettivo raggiunto.

L’esclamazione “però!”, Pronunciata con stupore, dunque con lo stesso tono di “hai capito” è probabilmente la più vicina perché viene rispettato il giusto mix tra meraviglia e apprezzamento.

Es: Giovanni guadagna 3000 euro al mese:

risposta:

Però!

Che ha un pochino meno di enfasi ma più o meno ha lo stesso significato di:

Hai capito Giovanni!

Vediamo adesso se riesci a usare il tono giusto. Ti lascerò il tempo per rispondere

Sono vent’anni che non vedi Giorgia, e adesso sai che è presidente del consiglio dei ministri?

Risposta:

Hai capito Giorgia!

Però!

Ovviamente siamo nell’ambito di un linguaggio colloquiale.

Difficilmente pertanto troverete esempi su internet se non all’interno di video, sia di “hai capito” che di “però”.

C’è da dire ancora una cosa però. A volte questa esclamazione, sebbene non sia una domanda, può avere un tono interrogativo. In questo caso si tratta di una domanda retorica:

Hai capito?

Il senso può essere lo stesso, ma prevale lo stupore e somiglia molto a:

Non te l’aspettavi eh? Neanch’io!

Strano vero?

Incredibile vero?

Es:

Oggi ho incontrato per caso mia figlia, che aveva detto che usciva con una amica. Invece stava in compagnia di un bel giovanotto. Hai capito?

Non è una vera domanda, ma si esprime il proprio stupore.

Hai capito mia figlia?

Come a dire: sono rimasto stupito, la cosa mi ha colto di sorpresa, non me l’aspettavo.

Questo “hai capito” con tono interrogativo trasmette quindi la difficoltà a credere a quello che sto dicendo.

Ci vediamo alla prossima!

Il profilo – ITALIANO PROFESSIONALE (n. 37)

Italiano Professionale

Sezione n. 4: lavorare in Italia

Il profilo (episodio n. 37) – (scarica audio)

Trascrizione

Bentornati alla quarta sezione del corso di Italiano Professionale.

In questa sezione, lo ricordo, l’argomento è “lavorare in Italia”.

Nel passato episodio abbiamo parlato del Curriculum e dei verbi redigere, scrivere e compilare.

Siamo quindi in un momento particolare, quello della nostra presentazione.

Vi ho anche detto che ciò che emerge, una volta redatto il curriculum, è il cosiddetto profilo professionale di una persona.

Conviene aprire una parentesi sul termine profilo.

Nel nostro caso, quindi in ambito professionale, parliamo del profilo professionale, vale a dire dell’insieme delle attività e delle caratteristiche che definiscono, che caratterizzano una persona. In realtà si parla spesso di “figura professionale” della quale un’azienda è alla ricerca.

Una figura professionale non è una persona fisica, ma rappresenta delle caratteristiche, una persona ipotetica che ha certe caratteristiche, quindi rappresenta un certo profilo professionale.

Per questo motivo al posto di “profilo professionale“, possiamo parlare anche di “figura professionale“. Sono due modi per descrivere una professionalità, una persona con specifiche caratteristiche professionali.

Si tratta di una sintetica descrizione delle mansioni e della professionalità necessarie a svolgere determinate funzioni, quindi necessarie a fare un certo lavoro.

Dal punto di vista di un lavoratore, scrivere un curriculum aiuta a comunicare all’esterno (cioè alle aziende che cercano lavoratori) cosa si è in grado di fare. Permette al lavoratore di potersi identificare in una specifica figura professionale; permette di far riconoscere le proprie capacità a chi ne ha bisogno.

Dal punto di vista di un datore di lavoro, (di un’azienda) invece, che sta cercando personale da assumere o ingaggiare (possiamo usare anche questo verbo) è importante sapere se delle persone rispondono a un certo profilo professionale.

Strano questo utilizzo del verbo rispondere vero?

rispondere a Rispondere a un certo profilo professionale significa avere le caratteristiche richieste, le caratteristiche della figura professionale richiesta.

Quindi, se un lavoratore risponde a quella figura professionale, allora l’azienda sa che questo lavoratore è effettivamente capace di portare a termine quel lavoro, e quindi è una garanzia. per l’azienda.

Ma tornando al concetto di “profilo“, questo termine ha più significati. C’è però un senso comune, quello di descrivere qualcosa, di avere indicazioni su qualcosa o qualcuno.

Ciascuno di noi, se si mette di profilo, ad esempio, si gira su un lato, quello sinistro o quello destro. Il termine profilo si usa spesso in questo senso, e si parla della linea che delimita un oggetto alla vista, fornendo i dati essenziali per individuarne o ricostruirne l’aspetto.

Una persona, quando è vista di profilo infatti, si vede meglio se ha il naso pronunciato, cioè più grande del normale, o se ha il mento sporgente. Poi il profilo destro è diverso da quello sinistro.

Alle persone che vengono arrestate, che vengono messe in prigione, vengono scattate tre foto, una di fronte e due si profilo.

di profilo

Quindi mettersi di profilo significa girarsi di fianco.

In questo modo si vede la linea del volto, dalla fronte al mento, perché la testa si presenta di fianco.

Ci sono persone che hanno un bel profilo, altre che hanno un profilo regolare, cioè senza segni particolari che ne evidenziano una caratteristica poco comune.

Dal profilo quindi, anche quello relativo al viso, emergono le caratteristiche di una persona.

Anche un oggetto ha un profilo, quando viene visto lateralmente.

Se parliamo del significato in ambito letterario, possiamo anche scrivere un profilo.
Si tratta in questo caso di un breve e sintetico saggio critico-descrittivo di un autore.

Se volete, ad esempio, conoscere un profilo di Dante Alighieri, non dovete leggere il suo curriculum, ma la descrizione che ne fa un critico letterario.

alto e basso profilo

Si parla spesso, in politica, di personaggi di alto o basso profilo, intendendo in questo caso persone con profili “professionali” importanti (alto profilo) o poco importanti (basso profilo). Una persona di alto profilo è indiscutibile da questo punto di vista, perché è nota a tutti come una persona molto competente.

Esiste anche l’espressione “mantenere un profilo basso“, che significa cercare di non farsi notare troppo. E’ un comportamento di coloro che non vogliono attirare l’attenzione, e quindi parlano con un tono pacato, controllato, senza prendere una posizione forte su un argomento. Queste persone in pratica cercano di “passare inosservate” e quindi di non farsi notare.

Esiste anche il verbo profilare. Si intende il disegnare una figura tracciandone i contorni, quindi come tratteggiare. Ma se la figura è una figura professionale, perché un’azienda ha bisogno di una specifica figura professionale, profilare questa figura professionale significa scrivere le caratteristiche professionali.

Ci sarà una persona, all’interno dell’azienda che dovrà profilare questa figura professionale, dovrà quindi descrivere la persona di cui necessita l’azienda elencando le caratteristiche richieste.

Interessante l’uso riflessivo del verbo profilare.

il verbo profilarsi

Si profila/profilano” è una modalità particolare che non ha niente a che vedere con il profilo di nessun tipo. L’uso è pertanto figurato. Profilarsi significa apparire imminente o probabile, preannunciarsi.

Quando una situazione sembra volgere in un certo modo, quando le cose sembrano andare in un certo modo, quando il futuro sembra abbastanza prevedibile, posso usare il verbo profilarsi.

Es:

Si profila un periodo di recessione per l’Europa

Quindi sembra che nel prossimo futuro ci sarà una recessione.

Dopo le recenti elezioni, si profila un periodo difficile per l’Italia.

Se mio figlio a scuola inizia a prendere brutte votazioni, brutti voti nelle varie materie scolastiche, posso dire:

Sembra profilarsi un anno scolastico difficile.

È un modo abbastanza ricercato per descrivere il probabile futuro.

Normalmente diremmo:

Secondo me le cose andranno così…

Le cose sembrano mettersi bene/male

Il prossimo futuro appare…

A giudicare da quanto sta accadendo, secondo me adesso….

Stando a quanto sta accadendo….

La questione promette/non promette bene

Eccetera.

Per finire vediamo alcuni tra i profili professionali più ricercati in Italia, vale a dire le figure professionali più richieste:

Manager esperto di e-commerce cioè di commercio elettronico

Ne avrei bisogno anch’io…

In Italia però si cercano soprattutto insegnanti, medici e infermieri. Soprattutto dopo la pandemia.

Se il vostro profilo risponde a una di queste figure professionali, sicuramente non avrete problemi a trovare lavoro.

Ci vediamo alla prossima lezione di Italiano Professionale e ricordo a tutti che per accedere all’intero corso occorre diventare membri dell’associazione Italiano Semplicemente. In alternativa, se siete interessati solamente alle lezioni di Italiano Professionale, si possono anche acquistare i libri su Amazon o sul sito di Italiano Semplicemente.

Un saluto a tutti.