Lo sbocco – ITALIANO PROFESSIONALE

Lo Sbocco

tutte le lezioni di italiano per il lavoro

i verbi professionali (audio-libro)

Descrizione

Questo approfondimento di italiano professionale riguarda gli sbocchi.

Parliamo soprattutto degli sbocchi lavorativi e professionali.

Per leggere e ascoltare l’episodio occorre essere membri dell’associazione Italiano Semplicemente. 

Il verbo rimanere

Il verbo rimanere (scarica audio)

Trascrizione

Vediamo insieme come usare il verbo “rimanere“. Sono sicuro che rimarrete stupiti almeno di uno di questi utilizzi.

Infatti, tutti voi che state imparando la lingua italiana e che vi trovate ad un livello intermedio sicuramente conoscerete il modo più comune di utilizzare il verbo rimanere.

E’ molto simile a “restare“.

Quanto mi rimane da studiare l’italiano prima di imparare tutto?

Quando mio figlio mangia, non rimane niente per gli altri!

In questi casi c’è qualcosa che manca, che rimane, che resta ancora da fare, da mangiare eccetera.

C’è anche però il senso opposto, quello della persistenza, di qualcosa che non cambia. C’è una sorta di immobilità:

Io rimango concentrato tutta la lezione

Si usa spessissimo anche con i luoghi: restare/rimanere in un luogo, trattenersi in un luogo, senza andar via, senza lasciarlo.

Si può rimanere a Roma, si può rimanere in vita, si può rimanere da soli, oppure rimanere con Giovanni, come state facendo ora.
Ho cercato di usare rimanere con le preposizioni normalmente più utilizzate.
Ci sono anche un sacco di espressioni e locuzioni che sono nel linguaggio comune:
  • rimanere a bocca aperta (per lo stupore, per la bellezza)
  • rimanere di stucco (per lo stupore)
  • rimanere di sasso (per lo stupore, per qualcosa di spiacevole accaduto)
  • rimanere a bocca asciutta (per essere rimasti senza niente, per non aver ottenuto nulla rispetto ad altri)
  • rimanere al verde o rimanere all’asciutto (rimanere senza soldi)
  • rimanere a piedi (non riuscire a rimediare un passaggio)
  • rimanere a secco (es, senza benzina)
  • rimanere con un palmo di naso (restare deluso, rimanere male nonostante le aspettative fossero alte)
Un altro utilizzo abbastanza comune è rimanere indietro, proprio come restare indietro.
Qui c’è il senso di non riuscire a recuperare, non riuscire ad avanzare, magari in una gara, rispetto ad altri. C’è il senso di mancato movimento anche qui, mancato recupero.
Con lo stesso senso si può anche rimanere avanti (quindi non perdere posizioni).

In senso figurato può significare essere arrivati in un punto in una determinata attività, in un discorso, ecc.,

es:
Riprendiamo il lavoro da dove eravamo rimasti ieri.
In senso simile abbiamo già visto il significato di “come rimaniamo?” che si usa ugualmente quando una attività si interrompe per essere ripresa successivamente.

Il senso di immobilità, di mancato movimento si usa dunque anche in senso figurato.

Infatti se è vero che si può rimanere indietro, o sdraiato o in piedi, si può anche rimanere in carica (es. come direttore) nel senso che non si perde una carica un ruolo e si rimane con quella carica.

Le espressioni idiomatiche viste prima sono un esempio di questo utilizzo.
L’utilizzo di cui vi accennavo prima, quello che molti di voi probabilmente non conoscete, è invece relativo ad un uso un po’ insolito del verbo rimanere. Si usa soprattutto in modo colloquiale, informale.
Se ad esempio vi trovate a Roma e chiedete un’informazione ad un italiano che incontrate per strada, perché non riuscite a trovare un luogo, come una chiesa, una via eccetera, potete dire:
Mi scusi, dove rimane il Colosseo?
In questo strano uso del verbo rimanere, significa stare, essere situato, essere posto, essere ubicato, trovarsi.
Quindi la domanda è equivalente a:
Mi scusi, dove si trova il Colosseo?
Oppure, quando si dà una informazione:
Casa mia rimane abbastanza vicina alla stazione
Il Colosseo rimane vicinissimo alla metropolitana linea B di Roma
Sempre parlando di localizzazione fisica, si può anche dire:
Casa tua mi rimane un po’ scomoda perché io abito dall’altra parte di Roma
Il senso della “localizzazione fisica” però non è l’unico, perché si può estendere l’uso di rimanere con un significato simile a risultare, finire per essere, finire per trovarsi in una certa situazione.
Sono rimasto a piedi
I peperoni mi rimangono un po’ indigesti
Vedete che in questo caso si nota ugualmente un senso legato ad un mancato movimento, una mancata progressione, al senso di stabilità, simile in qualche modo a “rimanere indietro” e simili. Come se questi peperoni non riuscissimo a digerirli al passare del tempo.
Questo senso si perde un po’ in frasi come “mi rimane scomodo“, “rimane lontano da casa mia” e somiglia in questi casi maggiormente a “risultare”, verbo che si usa prevalentemente per indicare la conseguenza di una azione o una chiara evidenza. In effetti si può tranquillamente dire:
Casa tua mi risulta scomoda
i peperoni mi risultano molto indigesti
Poi c’è un uso che abbiamo già incontrato nell’episodio n. 399: rimanerci o restarci male. Veramente abbiamo già incontrato anche l’espressione “ci sono rimasto“, senza aggiungere bene o male. In quel caso c’è ugualmente stupore.
Vabbè a questo punto non rimane che terminare l’episodio. Rimane da vedere se avete capito tutto!
Provate allora a rispondere alle domande su questo esercizio e verifichiamo subito. Non tutti però possono fare questi esercizi. Spero che non ci rimarrete male

Rimane il fatto comunque che potete sempre iscrivervi alla nostra associazione. In questo modo potrete fare tutti gli esercizi in tutti gli episodi e vedrete che rimarrete stupiti di quanti episodi a cui potete accedere e di quanto sia bello far parte della nostra associazione.

Cosa? Vi rimane scomodo venire in Italia per partecipare alle attività dell’associazione? Ma noi facciamo tutto online, anche se una volta l’anno almeno ci incontriamo in Italia per conoscerci meglio. Poi qualcuno ci rimane pure in Italia!

Vi aspetto!

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Ringalluzzito, vispo e baldanzoso

Ringalluzzito, vispo e baldanzoso

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Trascrizione

Dal titolo sembra un episodio divertente, vero?

gallo, ringalluzzito

Effettivamente il verbo ringalluzzire è divertente, e se non ci avete fatto caso, deriva dal termine gallo. Il gallo è il maschio della gallina.

Avete presente l’atteggiamento di un gallo in un pollaio? Se ne sta sempre impettito, fiero, spavaldo, ovviamente dominante, arzillo, sveglio, vivace. Tutti aggettivi adatti a descrivere un gallo.

Il verbo ringalluzzire si usa in modo transitivo ma perlopiù intransitivo.

Io mi ringalluzzisco

Tu ti ringalluzzisci

Lui si ringalluzzisce

Ecc.

Ma che significa?

Ringalluzzirsi significa diventare vispo, baldanzoso, allegro e fiero come un gallo. È molto simile a imbaldanzirsi. Quest’ultimo verbo è comunque poco usato.

In modo transitivo invece è rendere vivace, baldanzoso, quindi imbaldanzire, anche questo verbo è però poco usato.

Si può usare sia per gli uomini che per le donne. Si può usare anche con gli animali comunque.

Se qualcosa mi ringalluzzisce pertanto, mi rende vispo e baldanzoso. Adesso ho usato il verbo in modo transitivo. Vispo e baldanzoso sono due aggettivi che occorre comunque spiegare. Lo faccio seduta stante.

Vispo vuol dire vivace nell’umore e nei modi. Le persone vispe sono attente e sveglie, ma questo aggettivo si utilizza soprattutto nei confronti dei bambini quando sono molto vivaci, quando non stanno mai fermi e anche quando combinano qualche marachella:

Giovanni è un ragazzo troppo vispo!

Si usa anche nei confronti delle persone anziane, quando, a dispetto dell’età, sono ancora molto vivaci, attente e allegre:

Mia nonna è una vispa vecchietta!

Se la nonna è vispa, allora significa anche che conserva pienamente le sue facoltà mentali.

C’è anche un poesia per bambini dal titolo “la farfalletta” in cui si parla della “vispa Teresa”. Molto divertente. Poi ve la recito alla fine dell’episodio.

Ringalluzzirsi comunque è leggermente diverso rispetto a vivace e vispo, perché per ringalluzzirsi occorre che accada qualcosa che faccia diventare vivace una persona, oppure che faccia tornare nuovamente vivace questa persona. Di qui il motivo delle due lettere iniziali: ti.

Si usa sempre in modo scherzoso. Questo è bene chiarirlo.

Posso dire ad esempio:

Con tutte quelle belle donne, Giovanni si è ringalluzzito.

Oppure:

Abbiamo fatto tanti complimenti a Mario per come porta bene i suoi 90 anni e lui si è tutto ringalluzzito per questo!

C’è dunque qualcosa che fa diventare ringalluzzita una persona. C’è qualcosa all’origine del ringalluzzimento.

Questo ringalluzzimento è spesso inteso come una ripresa di vigore, di vivacità, a volte inaspettata, ma comunque sempre divertente.

C’è altre volte un vago riferimento all’eccitazione, un risveglio dei sensi, come nel caso dell’esempio di prima, in cui Giovanni, circondato da tutte donne, è sembrato risvegliarsi e rallegrarsi. Si è ringalluzzito.

Prima come sinonimo ho citato anche l’aggettivo baldanzoso.

Questo è un aggettivo meno colloquiale rispetto a ringalluzzito e vispo, e anche questo aggettivo è meno legato all’evento da cui scaturisce l’effetto ringalluzzente.

Baldanzoso significa pieno di baldanza; è simile a fiero, spavaldo.

Baldanzoso fa pensare anche all’andatura, al modo di camminare a testa alta, con passo deciso, spesso con sfrontatezza e ottimismo, e fa pensare anche all’allegria.

Si usano spesso frasi come:

Camminava con fare baldanzoso

Avanzava baldanzosamente

Quando si fa qualcosa in modo baldanzoso, non c’è paura di sbagliare, c’è anzi spensieratezza e ottimismo.

Rispetto a ringalluzzito, baldanzoso ha dunque più occasioni per essere usato ma è sicuramente meno scherzoso come aggettivo.

Concludo recitandovi la poesia “la farfalletta“, più nota come “la vispa Teresa“, di Luigi Sailer:

La vispa Teresa
avea fra l’erbetta
al volo sorpresa
gentil farfalletta,

e tutta giuliva,
stringendola viva,
gridava a distesa:
“L’ho presa! L’ho presa!”.

Ma a lei supplicando
l’afflitta gridò:
“Vivendo, volando
che male ti fo’?

Tu sì mi fai male
stringendomi l’ale!
Deh, lasciami! Anch’io
son figlia di Dio!”.

Confusa, pentita,
Teresa arrossì,
dischiuse le dita
e quella fuggì.

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Esprimere le proprie competenze – ITALIANO PROFESSIONALE (n. 38)

Italiano Professionale

Sezione n. 4: lavorare in Italia

Esprimere le proprie competenze (episodio n. 38)

(scarica audio)

Trascrizione

Bentornati alla quarta sezione del corso di Italiano Professionale.

Per la sezione “lavorare in Italia”, vediamo come esprimere le proprie competenze, in particolare in forma scritta.

Nella prima sezione del corso abbiamo infatti affrontato lo stesso argomento dal punto di vista delle espressioni idiomatiche. In quell’occasione abbiamo visto espressioni come “essere alle prime armi”, “andare a nozze”, “cavarsela”, “fare del proprio meglio”, “prendere la mano“, e altre espressioni comunemente usate nella forma orale, quindi a voce.

Quando scriviamo un curriculum però, cioè quando dobbiamo tracciare il nostro profilo per iscritto, le cose sono diverse. Ci sono infatti delle formule più o meno standard per scrivere le proprie professionalità e descrivere le proprie competenze nei vari ambiti professionali.

Cominciamo nel dire che la parte del curriculum europeo che ci interessa maggiormente oggi è quella denominata “profilo professionale” e “esperienze lavorative

Nell’ultimo episodio vi ho parlato proprio del profilo e di cosa si intende esattamente per profilo professionale.

Oggi vediamo alcuni esempi di come compilare queste due parti.

Si tratta, nel caso del profilo professionale, di descrivere in massimo due o tre righe la propria professionalità, le competenze organizzative e gestionali, personali e anche tecniche.

Ovviamente questo mix varia a seconda del settore e della posizione in cui ci si candida. Ci sono alcuni segreti per decidere cosa inserire nel tuo curriculum e cosa, invece, è meglio omettere. Mi raccomando di non scrivere in prima persona, tipo “sono abile a fare questo, riesco a fare quest’altro”, “Sono un organizzatore…”, ma semplicemente “abile nel…”, “Particolarmente capace in…”, “Organizzatore…”

Esperto in bilancio, coordinatore nella redazione di documenti aziendali, orientato all’obiettivo, desideroso di migliorare la produttività del team e massimizzare la soddisfazione della clientela. Abile nello svolgere funzioni amministrative e finanziarie di back-office. Particolarmente capace in ambienti dai ritmi serrati con predisposizione mentale al lavoro intenso.

Il verbo massimizzare è interessante perché generalmente significa “portare qualcosa al limite massimo”. In questo caso si parla della massimizzazione della soddisfazione della clientela. Se ci tratto io quindi, i clienti quindi non potrebbero essere più soddisfatti di così. 🙂

Ma questa non è l’unica cosa che si può massimizzare. La maggior parte delle volte si parla in realtà di massimizzare i profitti di una azienda, che è forse l’unica cosa che interessa veramente l’azienda. Si può massimizzare il rendimento di un gruppo di lavoro, o il suo benessere, ma probabilmente la massimizzazione della soddisfazione della clientela è quella più utilizzata nei curricula.

Si possono anche però “massimizzare i tempi“. Interessante il senso di questo verbo in questo caso specifico. Si potrebbe pensare che sia lo stesso che ottimizzare i tempi. Facile confondere questi due verbi: ottimizzare e massimizzare. In realtà mentre l’ottimizzazione dei tempi è fare qualcosa nel minor tempo possibile, la massimizzazione dei tempi consiste nel metterci il tempo giusto, quello che ci vuole, quello necessario per fare bene un lavoro, che quindi potrebbe anche essere maggiore rispetto all’ottimizzazione, così il lavoro è di migliore qualità.

Questo per dirvi che è certamente meglio usare il verbo massimizzare, piuttosto che ottimizzare se parliamo di “tempi” da impiegare nel fare qualche attività. La differenza è comunque molto sottile e non si fa un grosso errore in questo caso.

es:

  • Ottimizzazione delle spese e massimizzazione dei tempi di attività

Nell’esempio sopra si legge poi “orientato all’obiettivo“. Questa è una formula che sottolinea la cosa su cui siete maggiormente concentrati quando lavorate. Ciò che conta è l’obiettivo, cioè il risultato finale.

Nel corso della seconda lezione del corso abbiamo visto espressioni come “badare al sodo”, badare alla sostanza” “quagliare”, bando alle ciance” ed altre ancora, con cui informalmente si esprime il senso opposto rispetto a “orientato all’obiettivo”. Chi è orientato all’obiettivo è come se avesse una bussola con l’indicazione dell’obiettivo e seguisse sempre quella direzione.

L’orientamento all’obiettivo o al risultato. Si possono usare entrambe le formule. Si tratta quindi di una disposizione alla costante considerazione degli obiettivi lavorativi.

Anche il termine “disposizione” si adatta benissimo a descrivere le proprie competenze professionali. Quando dico che ho una disposizione, in ambito professionale significa avere una Inclinazione, attitudine evidente su un piano professionale, ma si potrebbe parlare anche di piano affettivo, morale, intellettuale.

Un insegnante potrebbe scrivere che ha una naturale/innata disposizione a prendersi cura di giovani studenti.

Più in generale, competenze come: capacità di lavorare sotto stress, l’orientamento al lavoro di squadra, problem solving, flessibilità, disposizione alla leadership, orientamento all’obiettivo etc. sono le cosiddette “soft skills”, ovvero le competenze trasversali favorevolmente spendibili in qualsiasi ambito di lavoro.

Possiamo dire che se le competenze tecniche (o anche quelle linguistiche, digitali etc.) riguardano la capacità concreta di svolgere alcuni lavori, le competenze trasversali sono invece competenze che riguardano la modalità con cui si lavora.

Si chiamano “trasversali” perché riguardano più aspetti e più attività lavorative, quindi servono sempre, qualunque sia il lavoro di cui parliamo.

Ecco dunque altre modalità adatte alla forma scritta, oltre a quella che abbiamo visto sull’orientamento al risultato.

Si potrebbe scrivere ad esempio la “Capacità di analisi e di attenzione al dettaglio”, evidenziando in questo modo che non siamo dei superficiali e che invece sappiamo porre attenzione al dettaglio se vogliamo.

Potremo evidenziare la nostra “Capacità organizzativa”: ossia la capacità di utilizzare al meglio le risorse che abbiamo a disposizione ai fini del raggiungimento dell’obiettivo. Quindi parliamo della strategia da elaborare.

Va molto di moda anche la “Capacità di problem solving”, formula inglese che significa capacità di trovare la soluzione dei problemi, soprattutto inaspettati che possono sorgere; la capacità di far fronte ad una emergenza con delle strategie ogni volta diverse e adattate al momento. Questo è il problem solving.

Nel profilo può essere richiesta anche la creatività. Anche questa è una disposizione, è la disposizione all’innovazione, quindi sottolinea la capacità di vedere il mondo da diverse prospettive. Questa competenza serve per migliorare costantemente il proprio lavoro, anche quando tutto sembra già funzionare per il meglio.

Per ruoli importanti come il manager, quindi per chi deve dirigere uffici o coordinare personale, è importante sottolineare la propria “Capacità di leadership”. Ancora una formula inglese molto gettonata per sottolineare la capacità di porsi come leader, assumendosi le giuste responsabilità e aiutando gli altri a raggiungere gli obiettivi in un clima di fiducia, collaborazione e di comunione di intenti. Un’espressione questa che abbiamo visto parlando di unione e condivisione, nella lezione n. 12.

Per alcuni profili può essere importante evidenziare la propria “Capacità di negoziazione”.

Negoziare significa trattare, contrattare, condurre una trattativa. Quindi saper negoziare vuol dire tenere in considerazione le nostre volontà, i propri obiettivi, le proprie aspirazioni, le proprie istanze (termine più formale) e quelle delle controparti. Si può negoziare con i clienti, con i fornitori e con i membri del proprio gruppo.

Le “Capacità relazionali e comunicative” sono poi importantissime perché significa saper controllare i propri sentimenti e di volta in volta sapersi adeguare alla situazione specifica. Saper curare le relazioni umane e professionali, sapersi esprimere nel modo giusto, con la giusta sensibilità e efficacia.

Una domanda che spesso fanno durante un colloquio è poi relativa alla “Predisposizione al lavoro di squadra”.

Conviene sempre scrivere questa qualità, se posseduta e se è capitato di lavorare in una squadra nelle passate esperienze lavorative.

La “predisposizione” è in pratica come la “disposizione” per come l’abbiamo spiegata poco sopra.

Difficile infatti che gli obiettivi da raggiungere siano del singolo lavoratore. In genere gli obiettivi sono comuni e quindi della squadra, dello staff.

Saper rispettare il proprio ruolo, saper chiedere aiuto quando serve, saper dare aiuto agli altri al bisogno. Si parla di questo.

Di contro, per altri lavori potrebbe essere più richiesta la “Capacità di lavorare in autonomia”, cioè lavorare autonomamente quando necessario, senza cioè dover far riferimento ad altri. L’autonomia è una competenza molto apprezzata in molti casi.

Se poi si ha a che fare con i clienti, “l’Orientamento al cliente” è un secondo tipo di orientamento dopo quello al risultato. Essere orientati al cliente significa concentrarsi al fine di soddisfarlo.

Parliamo quindi della capacità di soddisfare le sue esigenze, mettendo in secondo piano le nostre, perché, come si sa, il cliente ha sempre ragione. Così si dice, anche se non sempre è vero.

Flessibilità e adattabilità sono altre due caratteristiche importanti.

Se ho una personalità flessibile e adattabile, non sono rigido e dunque sono disposto a cambiare approccio e modalità lavorative se necessario. senza troppi problemi.

Nell’esempio che vi ho fatto all’inizio, c’è la frase: “Particolarmente capace in ambienti dai ritmi serrati con predisposizione mentale al lavoro intenso.”

Parliamo della “Capacità di lavorare sotto pressione“, o, detta in altro modo, la “Tolleranza allo stress”:.

Soprattutto nei lavori in cui si devono rispettare categoricamente delle scadenze, o quando ci sono periodi particolarmente intensi di lavoro, dal lavoro al ristorante fino ad arrivare al funzionario della comunità europea, saper sopportare la fatica, lo stress rispettando i tempi senza perdere il controllo è senza dubbio una delle principali caratteristiche ricercate.

Ci siamo occupati del “controllo” già in due episodi del corso. La lezione n. 7, proprio al controllo (abbiamo visto diverse espressioni da usare) e poi in un episodio chiamato il controllo e la programmazione del lavoro in cui abbiamo usato queste espressioni con l’aiuto di Daria, un membro dell’associazione Italiano Semplicemente.

E’ importante, quando si mette per iscritto il proprio profilo professionale, usare i termini giusti che sono quelli brevemente sintetizzati sopra.

Le espressioni che abbiamo visto nella prima parte del corso, ripeto, sono adatte maggiormente ad una presentazione orale, anche se spesso vi ho anche presentato delle modalità più formali.

I “ritmi serrati” – sicuramente vi aspettate che spenda due parole su questo – sono i ritmi di lavoro, che possono avere un andamento rapido, incalzante, Spesso non si ha molto tempo per pensare e occorre prendere decisioni velocemente. Per questo sono detti serrati.

Riguardo alle capacità tecniche, parliamo delle cosiddette hard skills, che dipendono dal bagaglio formativo e dalle esperienze lavorative pregresse. Queste sono più specifiche al lavoro che state cercando – diversamente dalle capacità trasversali che sono richieste per tutte le attività.

In questi casi le formule sono più variabili, ma posso consigliarvi di usare alcuni termini e alcune formule tra le più generiche:

  • Dimestichezza con il pacchetto Office (della dimestichezza abbiamo parlato in un episodio dedicato alla gestione dei rischi aziendali)
  • Solide competenze nell’utilizzo di un software specifico
  • Elevate competenze tecniche inerenti al settore informatico (è importante usare sempre la preposizione “a”)
“Inerenti al settore informatico” – ad esempio – significa relative, attinenti, o “che riguardano” il settore informatico.

  • Alta professionalità nel settore dei servizi sportivi
  • Profonda conoscenza delle procedure necessarie per ottenere le migliori performance di analisi ambientali.
  • Maturata esperienza nel settore immobiliare
  • Attività pluriennale nella redazione di documenti scientifici

In settori specifici è particolarmente importante usare i termini settoriali. Se ad esempio siete un ingegnere:

  • trasformazione
  • gestione
  • pianificazione
  • elaborazione
  • progettazione

In alcuni mestieri poi è molto importante un “dettaglio” finale: “automunito/a“. In pratica siete muniti di automobile. Questo è il senso. Il che significa che avete una automobile e potete utilizzarla nel vostro lavoro. pensate alla babysitter, alla badante, all’adetto alle consegne eccetera.

Ci vediamo alla prossima lezione di Italiano Professionale e ricordo a tutti che per accedere all’intero corso occorre diventare membri dell’associazione Italiano Semplicemente. In alternativa, se siete interessati solamente alle lezioni di Italiano Professionale, si possono anche acquistare i libri su Amazon o sul sito di Italiano Semplicemente.

Un saluto a tutti.

Hai capito!

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altre espressioni idiomatiche

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Trascrizione

Con l’espressione di oggi vogliamo esprimere allo stesso tempo stupore e apprezzamento, o, se vogliamo, stima e meraviglia, considerazione e sorpresa:

Hai capito!

Notate soprattutto il tono nella pronuncia.

È infatti una delle esclamazioni in cui l’uso del tono è fondamentale per riuscire a usarla correttamente e a farci comprendere.

Infatti non si tratta di una domanda, altrimenti il tono ed anche il punto, sarebbe interrogativo. Invece se avete notato, c’è il punto esclamativo.

Si esprime meraviglia per un traguardo o un obiettivo raggiunto da una persona.

A volte non ci aspettavamo, non pensavamo, che questa persona avesse le qualità per raggiungere quel traguardo, ma detto così potrebbe sembrare che avevamo una scarsa considerazione della persona. In tali casi meglio usare l’espressione “non ce lo facevo“.

In realtà è sufficiente che questo traguardo sia considerato importante, ambizioso, desiderabile, e quindi la meraviglia e la stima sono espresse con una breve esclamazione:

Hai saputo di Francesca? È stata assunta da una azienda lo scorso anno e è già dirigente.

Risposta:

Hai capito!

Spesso si fa seguire il nome della persona.

Hai capito Giovanni! Si è laureato in tempi record e ha subito trovato lavoro in banca!

Hai capito Mario! Sembrava con la testa tra le nuvole e invece adesso è un artista di successo.

Potremmo sostituire questa espressione con:

Accidenti!

Caspita!

Mica male!

Però!

Niente male davvero!

C’è da dire che “accidenti” ha diversi utilizzi, infatti può esprimere anche dispiacere o disappunto o anche solamente stupore. “Caspita” dà solamente l’idea dello stupore.

“Mica male” e “niente male” forse non rendono a sufficienza il grosso obiettivo raggiunto.

L’esclamazione “però!”, Pronunciata con stupore, dunque con lo stesso tono di “hai capito” è probabilmente la più vicina perché viene rispettato il giusto mix tra meraviglia e apprezzamento.

Es: Giovanni guadagna 3000 euro al mese:

risposta:

Però!

Che ha un pochino meno di enfasi ma più o meno ha lo stesso significato di:

Hai capito Giovanni!

Vediamo adesso se riesci a usare il tono giusto. Ti lascerò il tempo per rispondere

Sono vent’anni che non vedi Giorgia, e adesso sai che è presidente del consiglio dei ministri?

Risposta:

Hai capito Giorgia!

Però!

Ovviamente siamo nell’ambito di un linguaggio colloquiale.

Difficilmente pertanto troverete esempi su internet se non all’interno di video, sia di “hai capito” che di “però”.

C’è da dire ancora una cosa però. A volte questa esclamazione, sebbene non sia una domanda, può avere un tono interrogativo. In questo caso si tratta di una domanda retorica:

Hai capito?

Il senso può essere lo stesso, ma prevale lo stupore e somiglia molto a:

Non te l’aspettavi eh? Neanch’io!

Strano vero?

Incredibile vero?

Es:

Oggi ho incontrato per caso mia figlia, che aveva detto che usciva con una amica. Invece stava in compagnia di un bel giovanotto. Hai capito?

Non è una vera domanda, ma si esprime il proprio stupore.

Hai capito mia figlia?

Come a dire: sono rimasto stupito, la cosa mi ha colto di sorpresa, non me l’aspettavo.

Questo “hai capito” con tono interrogativo trasmette quindi la difficoltà a credere a quello che sto dicendo.

Ci vediamo alla prossima!

Il profilo – ITALIANO PROFESSIONALE (n. 37)

Italiano Professionale

Sezione n. 4: lavorare in Italia

Il profilo (episodio n. 37) – (scarica audio)

Trascrizione

Bentornati alla quarta sezione del corso di Italiano Professionale.

In questa sezione, lo ricordo, l’argomento è “lavorare in Italia”.

Nel passato episodio abbiamo parlato del Curriculum e dei verbi redigere, scrivere e compilare.

Siamo quindi in un momento particolare, quello della nostra presentazione.

Vi ho anche detto che ciò che emerge, una volta redatto il curriculum, è il cosiddetto profilo professionale di una persona.

Conviene aprire una parentesi sul termine profilo.

Nel nostro caso, quindi in ambito professionale, parliamo del profilo professionale, vale a dire dell’insieme delle attività e delle caratteristiche che definiscono, che caratterizzano una persona. In realtà si parla spesso di “figura professionale” della quale un’azienda è alla ricerca.

Una figura professionale non è una persona fisica, ma rappresenta delle caratteristiche, una persona ipotetica che ha certe caratteristiche, quindi rappresenta un certo profilo professionale.

Per questo motivo al posto di “profilo professionale“, possiamo parlare anche di “figura professionale“. Sono due modi per descrivere una professionalità, una persona con specifiche caratteristiche professionali.

Si tratta di una sintetica descrizione delle mansioni e della professionalità necessarie a svolgere determinate funzioni, quindi necessarie a fare un certo lavoro.

Dal punto di vista di un lavoratore, scrivere un curriculum aiuta a comunicare all’esterno (cioè alle aziende che cercano lavoratori) cosa si è in grado di fare. Permette al lavoratore di potersi identificare in una specifica figura professionale; permette di far riconoscere le proprie capacità a chi ne ha bisogno.

Dal punto di vista di un datore di lavoro, (di un’azienda) invece, che sta cercando personale da assumere o ingaggiare (possiamo usare anche questo verbo) è importante sapere se delle persone rispondono a un certo profilo professionale.

Strano questo utilizzo del verbo rispondere vero?

rispondere a Rispondere a un certo profilo professionale significa avere le caratteristiche richieste, le caratteristiche della figura professionale richiesta.

Quindi, se un lavoratore risponde a quella figura professionale, allora l’azienda sa che questo lavoratore è effettivamente capace di portare a termine quel lavoro, e quindi è una garanzia. per l’azienda.

Ma tornando al concetto di “profilo“, questo termine ha più significati. C’è però un senso comune, quello di descrivere qualcosa, di avere indicazioni su qualcosa o qualcuno.

Ciascuno di noi, se si mette di profilo, ad esempio, si gira su un lato, quello sinistro o quello destro. Il termine profilo si usa spesso in questo senso, e si parla della linea che delimita un oggetto alla vista, fornendo i dati essenziali per individuarne o ricostruirne l’aspetto.

Una persona, quando è vista di profilo infatti, si vede meglio se ha il naso pronunciato, cioè più grande del normale, o se ha il mento sporgente. Poi il profilo destro è diverso da quello sinistro.

Alle persone che vengono arrestate, che vengono messe in prigione, vengono scattate tre foto, una di fronte e due si profilo.

di profilo

Quindi mettersi di profilo significa girarsi di fianco.

In questo modo si vede la linea del volto, dalla fronte al mento, perché la testa si presenta di fianco.

Ci sono persone che hanno un bel profilo, altre che hanno un profilo regolare, cioè senza segni particolari che ne evidenziano una caratteristica poco comune.

Dal profilo quindi, anche quello relativo al viso, emergono le caratteristiche di una persona.

Anche un oggetto ha un profilo, quando viene visto lateralmente.

Se parliamo del significato in ambito letterario, possiamo anche scrivere un profilo.
Si tratta in questo caso di un breve e sintetico saggio critico-descrittivo di un autore.

Se volete, ad esempio, conoscere un profilo di Dante Alighieri, non dovete leggere il suo curriculum, ma la descrizione che ne fa un critico letterario.

alto e basso profilo

Si parla spesso, in politica, di personaggi di alto o basso profilo, intendendo in questo caso persone con profili “professionali” importanti (alto profilo) o poco importanti (basso profilo). Una persona di alto profilo è indiscutibile da questo punto di vista, perché è nota a tutti come una persona molto competente.

Esiste anche l’espressione “mantenere un profilo basso“, che significa cercare di non farsi notare troppo. E’ un comportamento di coloro che non vogliono attirare l’attenzione, e quindi parlano con un tono pacato, controllato, senza prendere una posizione forte su un argomento. Queste persone in pratica cercano di “passare inosservate” e quindi di non farsi notare.

Esiste anche il verbo profilare. Si intende il disegnare una figura tracciandone i contorni, quindi come tratteggiare. Ma se la figura è una figura professionale, perché un’azienda ha bisogno di una specifica figura professionale, profilare questa figura professionale significa scrivere le caratteristiche professionali.

Ci sarà una persona, all’interno dell’azienda che dovrà profilare questa figura professionale, dovrà quindi descrivere la persona di cui necessita l’azienda elencando le caratteristiche richieste.

Interessante l’uso riflessivo del verbo profilare.

il verbo profilarsi

Si profila/profilano” è una modalità particolare che non ha niente a che vedere con il profilo di nessun tipo. L’uso è pertanto figurato. Profilarsi significa apparire imminente o probabile, preannunciarsi.

Quando una situazione sembra volgere in un certo modo, quando le cose sembrano andare in un certo modo, quando il futuro sembra abbastanza prevedibile, posso usare il verbo profilarsi.

Es:

Si profila un periodo di recessione per l’Europa

Quindi sembra che nel prossimo futuro ci sarà una recessione.

Dopo le recenti elezioni, si profila un periodo difficile per l’Italia.

Se mio figlio a scuola inizia a prendere brutte votazioni, brutti voti nelle varie materie scolastiche, posso dire:

Sembra profilarsi un anno scolastico difficile.

È un modo abbastanza ricercato per descrivere il probabile futuro.

Normalmente diremmo:

Secondo me le cose andranno così…

Le cose sembrano mettersi bene/male

Il prossimo futuro appare…

A giudicare da quanto sta accadendo, secondo me adesso….

Stando a quanto sta accadendo….

La questione promette/non promette bene

Eccetera.

Per finire vediamo alcuni tra i profili professionali più ricercati in Italia, vale a dire le figure professionali più richieste:

Manager esperto di e-commerce cioè di commercio elettronico

Ne avrei bisogno anch’io…

In Italia però si cercano soprattutto insegnanti, medici e infermieri. Soprattutto dopo la pandemia.

Se il vostro profilo risponde a una di queste figure professionali, sicuramente non avrete problemi a trovare lavoro.

Ci vediamo alla prossima lezione di Italiano Professionale e ricordo a tutti che per accedere all’intero corso occorre diventare membri dell’associazione Italiano Semplicemente. In alternativa, se siete interessati solamente alle lezioni di Italiano Professionale, si possono anche acquistare i libri su Amazon o sul sito di Italiano Semplicemente.

Un saluto a tutti.

861 Hai detto niente!

Hai detto niente! (scarica audio)

Trascrizione

Oggi ci occupiamo di una esclamazione: Hai detto niente!

Questa è una esclamazione tipica italiana direi intraducibile in altre lingue. Fortunatamente per voi, studenti non madrelingua, abbiamo già trattato due espressioni abbastanza simili recentemente.

Sto parlando di “buttalo via!“, anche questa un’esclamazione, e “chiamalo fesso!“.

Tra le due, l’espressione di oggi è più simile alla prima, cioè a “buttalo via!“.

Vediamo qualche esempio di utilizzo di questa nuova esclamazione:

Due studenti stranieri parlano di Italiano Semplicemente, il primo dice:

Studente 1: Ho iniziato da poco ad ascoltare gli episodi di Italiano Semplicemente”. Per ora ho ascoltato solamente 300 episodi.

Studente 2: hai detto niente!

Con questa risposta il secondo studente esprime uno stupore. E’ stupito del fatto che il primo studente dice di aver ascoltato “solo” 300 episodi. Per il secondo studente 300 episodi non sono affatto pochi, anzi!

“Hai detto niente!” in questo caso significa:

Non sono per niente pochi 300 episodi, perché hai detto solamente 300 episodi? Per me sono tanti!

In genere ci sono due persone che hanno una opinione diversa riguardo all’importanza di qualcosa, oppure semplicemente si vuole evidenziare l’importanza di qualcosa che viene sottovalutato. Possiamo parlare di una quantità, o di un livello. Bisogna poi essere almeno in due per poter usare questa esclamazione.

Vediamo un altro esempio.

Un uomo parla del figlio Giovanni con un amico.

Padre: Sai, Giovanni ha trovato un lavoretto durante il weekend. Lavora in una pizzeria ma lo pagano poco: 100 euro al giorno.

Amico: 100 euro al giorno? E hai detto niente! Credo si possa accontentare!

Anche in questo caso si esprime uno stupore per la frase pronunciata dal padre di Giovanni. L’amico vuole evidenziare che 100 euro al giorno non sono pochi in fondo. 100 euro al giorno “non sono niente“.

Notate come in questo caso l’amico avrebbe anche potuto rispondere

100 euro al giorno? Buttali via!

100 euro al giorno? Mica sono pochi!

100 euro al giorno? Non si deve lamentare, mi sembrano abbastanza.

Anche usare il termine “mica“, come sappiamo, serve a porre l’attenzione su qualcosa e a enfatizzare un aspetto, spesso in risposta ad opinioni o a sensazioni diverse.

Questa esclamazione “hai detto niente!” sarebbe certamente più comprensibile ad un non madrelingua se fosse con una negazione davanti: “non mi hai detto niente!”, che si avvicina di più a “non è poco“, “non mi sembra poco“, “non mi sembra niente“. Le parole pertanto non aiutano molto, dunque l’uso del tono diventa molto importante, proprio come avviene nelle espressioni “buttalo via” e “chiamalo fesso“.

Un altro esempio. Giovanni parla della sua fidanzata.

Non sono sicuro che la mia fidanzata mi ami. Lei comunque dice continuamente che vuole sposarmi e che vuole avere tanti figli con me.

Un amico potrebbe rispondere a Giovanni:

Davvero? M’hai detto niente!

Vi faccio notare prima di tutto che “m’hai detto niente” è esattamente come “hai detto niente“. Non fa alcuna differenza aggiungere “mi” all’inizio, che indica che stai parlando con me. Sono ovviamente espressioni informali e solitamente allo scritto non si usano. Pertanto con difficoltà troverete esempi sul web.

In quest’ultimo esempio, l’esclamazione non si riferisce a una quantità, ma si parla dell’importanza di quanto detto dalla fidanzata che, secondo l’amico, non va sottovalutato. Giovanni invece dice che la fidanzata non lo ama, ma questo non sembra emergere da quanto detto dalla ragazza, che a quanto pare invece vuole sposarlo e vuole avere tanti figli con lui. Insomma sembra avere intenzioni serie.

Hai detto niente! Non mi sembra poco ciò che ti ha detto la tua fidanzata! Perché dici che non ti ama?

Adesso, voglio farvi notare anche che non sempre possiamo sostituire “hai detto niente” con “buttalo via“, perché quest’ultima espressione si riferisce sempre o quasi sempre a qualcosa di materiale, ma soprattutto si parla sempre di qualcosa in termini positivi, come dire “non è male”, “meglio di niente”.

Invece “hai detto niente” si può usare anche nel caso opposto, quando si sottovaluta un problema che invece è più serio di come sembra o di come qualcun altro afferma.

Es:

Questo episodio doveva durare due minuti e invece è durato 6 minuti finora. Vabbè, pazienza!

Possibile riposta:

6 minuti invece che 2? Hai detto niente! Io non ho tutto questo tempo a disposizione!

Come a dire: sei minuti non è come due, non facciamo finta che sia la stessa cosa! Per me sono due cose diverse, c’è differenza.

Infine, l’espressione “hai detto niente” è invariabile, quindi non si può usare ad esempio “ti ho detto niente”, “gli ho detto niente”, e non si può neanche cambiare il tempo del verbo, tipo “avevi detto niente”.

Esistono solamente “hai detto niente” e “m’hai detto niente”.

Un ultimo esempio. Parliamo di elezioni politiche.

Secondo alcuni personaggi politici, non è giusto dire che la destra ha vinto le elezioni in Italia, perché il partito di destra ha preso solo un quarto dei voti degli italiani.

Qualcuno potrebbe dire: E hai detto niente…. Un quarto non è poco!

Adesso ripassiamo, parliamo di scuola:

Marcelo: Sono passati 40 anni o giù di lì, ma la materia che preferivo, a suo tempo, era Matematica. Qualsiasi esercizio per me era fattibile, diciamo niente di trascendentale. Come tutti voi anche, giusto?

Peggy: Beato te! Magari! Quanto a me, in matematica non ho mai brillato! E neanche mi è mai piaciuta. De gustibus!

Rauno: io ero piuttosto bravo in filosofia. Invece sia in matematica che in fisica ero un disastro. Comunque non mi arrabbiavo per questo. L’ho sempre presa con filosofia.

Anne Marie: Ah, la matematica! In tanti anni, avessi preso una sufficienza che è una!

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860 Disfare e disfarsi, il disfacimento la disfatta

Disfare e disfarsi, il disfacimento la disfatta (scarica audio)

Trascrizione

Siete mai stati nei mercatini dell’usato?

Ebbene, li trovate capi d’abbigliamento di cui le persone si sono liberate. Sono capi di seconda mano che si possono acquistare.

Ho appena usato il verbo liberare nella forma riflessiva: liberarsi di qualcosa significa dare via, vendere o gettare qualcosa (o qualcuno) che non vogliamo più.

Es:

Mi devo liberare di tutti questi impegni di lavoro se voglio divertirmi un po’.

Posso usare anche il verbo disfarsi, forma riflessiva di disfare.

Voglio disfarmi di tutte queste cose inutili che ho in casa

L’assassino, dopo aver commesso l’omicidio, di è disfatto del telefono

Ci si può disfare anche di una persona, proprio come liberarsi. Il senso è lo stesso. Significa anche cedere a un’altra persona.

“Disfarsi di” qualcosa o di qualcuno ha questo significato, ma se usiamo il verbo non nella forma riflessiva, il significato cambia. Ma anche disfarsi, se non aggiungiamo “di”, cambia di significato.

Es:

Con l’aumento della temperatura, il pupazzo di neve ha iniziato a disfarsi.

Potremmo dire sciogliersi, distruggersi, squagliarsi. In generale si può disfare qualunque cosa che abbia comportato un sforzo nella costruzione, come il pupazzo di neve, appunto. La neve si scioglie, il pupazzo di neve si disfa.

Avete notate che disfare contiene “fare” con “dis” come prefisso.

Questo prefisso spesso, infatti, rovescia il senso buono o positivo della parola che il prefisso precede. È molto usato in molti termini del linguaggio medico per indicare una alterazione, una malformazione, un’anomalia, un cattivo funzionamento. Pensate alla distrofia ad esempio.

C’è quasi sempre qualcosa che non va quando c’è il prefisso dis.

Allora, davanti a “fare“, che indica una costruzione, questo prefisso indica una distruzione, quindi disfare è il contrario di fare. Lo stesso accade con onore e disonore, simile e dissimile, piacere e dispiacere, la continuità e la discontinuità. Altre volte non è così semplice ma in generale (non sempre) il prefisso dis conferisce un senso negativo.

Esiste l’espressione “fare e disfare” che indica il comportamento di una persona che fa ciò che vuole, costruisce e distrugge, fa e disfa come vuole lei. Es:

Il dittatore è stato abituato a fare e disfare nel suo paese

Un’espressione simile è fare il bello e il cattivo tempo.

Disfare dunque è simile a distruggere, scomporre, sciogliere, liquefare, decadere, disgregarsi.

Non sempre però c’è qualcosa di negativo o qualcosa che non va.

Disfare le valigie è una cosa che si fa alla fine di ogni viaggio.

Significa togliere i vestiti dalle valigie perché siamo tornati a casa o siamo arrivati in albergo. Le valigie si fanno alla partenza e si disfano all’arrivo.

Anche il letto, quando è disfatto, non è una tragedia. Semplicemente bisogna sistemarlo, bisogna rifare il letto, prendere le lenzuola e sistemarle per bene, sistemare i cuscini, rimettere eventualmente la coperta o un copriletto e sistemarlo per bene, proprio come vorremmo trovarlo quando entriamo nella nostra stanza d’albergo.

In genere però, come detto, disfare qualcosa è un’operazione che esprime l’azione contraria del fare, ma in senso negativo.

Parlando di politica, c’è chi vorrebbe disfare l’unione europea.

Il nuovo governo sta disfacendo tutto ciò che ha fatto il governo precedente.

Nello sport si usa spesso:

Non è disfacendo il gioco avversario che si vince.

Parlando di morale e di questioni sociali, si usa spesso il termine disfacimento:

Per disfacimento si intende la rovina di una comunità che non ha più obblighi morali e sociali.

Stiamo assistendo a un lento disfacimento della famiglia nella società contemporanea

Il disfacimento morale della società

In senso materiale possiamo parlare di un corpo, un tempo bellissimo ma in rapido disfacimento con l’età o per colpa di un’alimentazione sbagliata.

Vogliamo parlare adesso della disfatta?

Una disfatta è una sconfitta militare disastrosa o, in senso figurato, un clamoroso fallimento o una sconfitta sportiva schiacciante.

C’è in qualche modo anche una distruzione anche in questi casi, ma è più un grave insuccesso o una pesantissima sconfitta, quindi comunque dopo una disfatta bisogna ricominciare daccapo. Anche disfatta deriva dal verbo disfare.

Si parla spesso anche della disfatta di un partito alle elezioni. Evidentemente i risultati sono stati disastrosi per quel partito.

Sconfitta e disfatta sono dunque molto vicini come significato. È la gravità della sconfitta, la sua pesantezza che fa la differenza.

Va bene, adesso ripassiamo qualche episodio precedente altrimenti tutto il lavoro fatto finora rischia di essere disfatto nel giro di qualche settimana.

Ulrike: Parlando di politici, molti di loro credono che fanno il meglio per il loro paese, ma sembra che non vedano le eccessive corsie preferenziali, né le bustarelle, e fanno pie promesse per arrivare al governo! E tu come la vedi?

Irina: il problema è che quando devi votare e scegliere, questo voto spesso è un voto di scambio! E quand’è così non c’è possibilità di svoltare per il paese.

Peggy: molte volte penso che queste siano soltanto elucubrazioni mentali, ma il mio contributo oggi deve fungere da campanello d’allarme!

Estelle: I tuoi commenti potrebbero sollevare un polverone di critiche, ma è pur vero che la situazione economica mondiale fa acqua da tutte le parti!

Albèric: sono del tuo stesso avviso, ma meglio stare alla larga della politica. È sempre un di più andare a toccare questi temi scottanti in un ripasso!

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859 Passare per

Passare per

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Trascrizione

La locuzione di cui ci occupiamo oggi ci mostra un uso particolare del verbo passare. La locuzione è “passare per”.

Il verbo passare ha in realtà una gamma molto vasta di utilizzi.

Spesso dipende dalla preposizione che segue.

Però se questa preposizione è “per“, il senso può essere ancora più di uno.

Se ad esempio venite a Roma e passate per Firenze, allora equivale a transitare. In questo caso anche “da” si può usare con lo stesso senso e passare per un luogo significa andare da un punto a un altro percorrendo uno spazio, quindi transitare per questo luogo (Firenze nell’esempio).

Oppure:

per entrare in casa bisogna passare per il portone principale.

In questo caso si parla di un luogo da cui entrare, quindi un accesso. Si può passare anche per/da una finestra o per/da un’entrata secondaria.

C’è sempre il senso del movimento quando usiamo questo verbo in generale, ma se restiamo sulla preposizione semplice “per”, “passare per” si usa anche in un secondo modo.

In senso figurato infatti posso dire:

Nella mia vita sono passato per molte difficoltà.

Quindi nella mia vita ho dovuto fronteggiare eventi negativi, ho dovuto attraversare, superare molte cose negative.

Oppure:

Prima di diventare presidente, Giovanni è passato per diverse cariche istituzionali.

Anche qui c’è il senso di attraversare, transitare, non un luogo però, ma si parla di un percorso di vita.

Un terzo uso di “passare per” invece ha il senso di “essere considerato in un certo modo”. È qui che “passare per” diventa una locuzione.

Es:

Giovanni passa per un intellettuale

Evidentemente Giovanni è considerato un intellettuale. La gente lo vede come un intellettuale.

La cosa interessante è che questa locuzione si usa prevalentemente quando si considera qualcosa in un modo che non rappresenta la realtà. Si tratta di un’impressione sbagliata.

Es:

Mi vuoi far passare per stupido?

Cioè: vuoi che la gente mi consideri uno stupido? Vuoi che io appaia come una persona stupida?

La considerazione delle persone è importante e non è detto che si appaia sempre nello stesso modo a tutti. E non è detto che si appaia come si vorrebbe; può capitare quindi che si passi per qualcosa di diverso.

Per cosa passo io? Mi piacerebbe saperlo.

Oppure:

Giovanni passa spesso per uno poco attento, ma non gli sfugge niente in realtà.

Quindi Giovanni non è vero che è una persona poco attenta. Può passare per una persona disattenta ma non è così. Può sembrare così ma non è vero.

Tutt’altro.

A volte Giovanni può passare per uno distratto, ma è un’impressione sbagliata.

Questa locuzione somiglia al verbo “sembrare” e “apparire“.

Ratzinger è passato per essere un conservatore rigido. In realtà è sempre stato tutt’altro.

Oppure:

Domani al colloquio di lavoro vorrei passare per una persona molto colta ma non so se ci riuscirò.

Giovanni Paolo II passa per essere stato un papa disposto a spostarsi ovunque per ascoltate il prossimo. All’interno della Chiesa però c’è chi dice che non si poteva avere un’idea diversa dalla sua.

Vedete che c’è sempre un’immagine che non risponde alla verità. Qualcosa che sembra ma non è. Si rappresenta una sensazione che però, secondo chi parla, non è la verità.

Mario passa per uno molto studioso ma è tutta apparenza

Facendo quella battuta sono passato per una persona molto spiritosa. Magari però avessi sempre la battuta pronta come quella volta.

A scuola passavo sempre per uno che strillava, ma erano gli altri che non capivano quando parlavo normalmente!

Si usa il verbo essere come ausiliare:

Sono sempre passato per uno molto sbadato.

Ieri Giuseppe è voluto passare per me imitando la mia voce, ma l’hanno riconosciuto.

Ecco, in questo ultimo esempio “passare per” significa spacciarsi per un’altra persona, quindi fare finta di essere un’altra persona. Si vuole sottolineare la volontà di sembrare un’altra persona. Anche in questo caso comunque c’è qualcosa che può sembrare ma non è.

Ci siamo già occupati del verbo spacciare (e anche di spacciarsi) nel corso di Italiano Professionale.

Notate che anche con il verbo spacciare si usa la preposizione per.

In un altro episodio abbiamo visto da vicino questa e anche le altre preposizioni. Se volete date un’occhiata.

Adesso però non voglio passare per noioso e prolisso, pertanto vi faccio ascoltare il ripasso di oggi.

Marcelo: questo episodio mi fa pensare ad alcuni politici del mio paese, che vorrebbero passare per democratici ma non lo sono per niente e tutti se ne accorgono. Manco fossimo tutti stupidi!

Irina: alle volte però più di qualcuno ci crede e si vincono le elezioni.

Mary: ma tu continui imperterrito ad andare a votare? Io con ogni probabilità ho votato quest’anno per l’ultima volta.

Paulo: ci mancherebbe! Votare è anche un dovere. Dispiace sentire che ormai moltissimi pensano non valga più la pena.

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858 Quand’è così

Quand’è così (scarica audio)

Trascrizione

La locuzione di cui ci occupiamo oggi ha un uso particolare che sicuramente non si trova su internet e nei libri di grammatica italiana. Sto parlando di “quand’è così“.

Si usa in particolare nel caso di scelte obbligate. Si può usare tuttavia anche semplicemente per prospettare una possibilità e descrivere le conseguenze. E’ un’espressione prevalentemente colloquiale.

Vi faccio qualche esempio.

Domenica prossima la Roma affronterà Il Paris Saint Germain. Sappiamo che normalmente parliamo di categorie diverse, perché il Paris Saint Germain è molto più forte, ma nella Roma si respira un forte entusiasmo per via del nuovo allenatore e quand’è così può accadere di tutto.

Dunque in questo caso “quand’è così” sta per “in questi casi”, “in queste occasioni”, “quando accadono queste cose”, “quando si verifica questa eventualità” e si usa per descrivere cosa succede in determinate circostanze.

Il termine “così” rappresenta proprio le particolari circostanze in cui ci troviamo. “Quand’è“, invece, sta per “quando ci troviamo” in queste circostanze, o anche “quando accadono” queste cose.

Un altro esempio:

Una volta ho sentito una forte scossa di terremoto ed io mi trovavo in bagno. In dieci secondi mi sono ritrovato nel cortile. Quand’è così non bisogna perdere tempo ma pensare solo a scappare!

Anche qui “quand’è così” sta per “in questi casi”, “quando accadono queste cose”, “in queste circostanze”.

C’era un forte vento durante la partita e quand’è così ogni tanto capita di sbagliare!

Ogni volta che usiamo questa locuzione è come se stessimo facendo un’eccezione, come se ci trovassimo in una circostanza particolare.

Infatti come dicevo “quand’è così” si usa spesso in dialoghi colloquiali, per presentare un caso particolare, una circostanza non comune, spesso inattesa, e la conseguenza, ciò che ne consegue, è spesso una scelta obbligata, senza alternative.

Si può trattare sia di cose negative che positive.

Es: due amiche, Anna e Margherita discutono di problemi di lavoro

Anna: Al lavoro non mi trovo molto bene con i colleghi e vorrei veramente cambiare attività. Credo che domani andrò a licenziarmi.

Margherita: cosa? Ma non puoi rinunciare allo stipendio per cercare un altro lavoro. sai cosa significa? E poi con i colleghi bisogna avere un po’ di pazienza.

Anna: Lo so, ma sai, Un collega mi ha importunata più volte e sono terrorizzata ormai da mesi che lo faccia ancora! Si tratta del direttore dell’azienda, mica di uno qualsiasi.

Margherita: davvero? Quand’è così ti capisco e credo che tu faccia bene a cercare un altro lavoro.

Quindi “quand’è così“, cioè “se le cose stanno così“, non c’è una scelta migliore di quella che hai detto. L’unica possibilità è cambiare lavoro.

C’è una certa flessibilità nell’uso di questa locuzione. Non abbiate paura di usarla soprattutto all’orale. Meglio ancora però se si parla di circostanze particolari. Comunque provate a usarla anche se non siete sicuri. Quand’è così ogni tanto si sbaglia, ma sicuramente più la userete e meglio sarà.

Adesso vediamo un bel ripasso:

Marcelo: oggi mi sono alzato di buona lena e così ho in programma molte cose da fare. Prima di tutto farò una passeggiata insieme al cane di mia figlia….prenderò anche un sacchetto di plastica, e lo utilizzerò all’uopo!

Ulrike: Ciao presidente. Ascolta, veramente sto lì lì per uscire; giusto il tempo di mettermi in ghingheri, ma non sarà sufficiente anche per un ripassino. Prenditi quello di Marcelo.

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