Vuolsi così colà dove si puote

Vuolsi così colà dove si puote (scarica audio)

Trascrizione

Ecco a voi un’altra celebre frase della Divina Commedia, di Dante Alighieri, che, al pari di altre, è utilizzata anche ai giorni nostri.

La frase:

Vuolsi così colà dove si puote

Una frase che suona magnificamente, e a mio parere una frase del genere non poteva non trovare una sua applicazione anche nel linguaggio moderno.

Vediamo prima cosa significa e quando è stata usata da Dante, così da capire anche come usarla e in quale occasione.

Siamo all’inferno e Dante la utilizza ben due volte. Vediamo le singole parole.

Colà è un termine che oggi non si usa ma significa “là” , quindi indica un luogo e precisamente indica il paradiso, che è il luogo in cui si trova Dio.

È proprio là (colà) che si prendono le decisioni, è il luogo in cui si decidono le cose. Ma là dove?

Ce lo dice la parte finale:

dove si puote

cioè dove si può, dove si può tutto, dove tutto è possibile. Si parla del paradiso, perché è là che c’è Dio, e Dio infatti può tutto.

Vuolsi significa invece “si vuole” e anche vuolsi non è un termine usato oggi nella lingua italiana, come neanche il termine “puote“, tra l’altro.

Vuolsi così colà dove si puote

Si vuole così, là, in paradiso, dove tutto si può.

Questo è il senso della frase.

In pratica si potrebbe dire è che “questa è la volontà di chi comanda, chi detiene il potere”.

Prima Dante la usa all’inizio del suo viaggio infernale, in una frase nei confronti di Caronte, il cosiddetto traghettatore delle anime dei morti, cioè colui che trasportava le anime per passare da una sponda all’altra del fiume Acheronte.

Infatti Caronte non lo voleva trasportare a Dante perché lui non era morto ma vivo. E lui portava solo anime quindi non si trattava di persone vive.

Ma poi di fronte alla volontà di Dio, non poteva certo far nulla neanche Caronte.

Lo stesso invito viene fatto più tardi a Minosse e anche questa volta si fa riferimento alla volontà divina alla quale devono obbedire tutti.

E allora tutti, anche oggi, possiamo usare questa espressione, ovviamente in senso ironico, nel momento in cui voglio esprimere un concetto semplice:

Inutile lamentarsi, inutile cercare di obiettare contro una decisione che viene dall’alto. Bisogna obbedire e basta, perché così è stato deciso.

Chiunque venisse paragonato a Dio, ovviamente, non può essere fatto che in senso ironico.

Siamo evidentemente in una situazione in cui c’è un capo, qualcuno che comanda e la sua volontà o le sue decisioni non possono essere messi in discussione, perché quello è un vero e proprio ordine e non possiamo far nulla per opporci.

Non vi garantisco però che tutti gli italiani vi capiranno! Diciamo che un dieci per cento, più o meno, degli italiani potrebbe capire subito il senso della vostra frase.

Di certo comunque vi capirà il vostro professore di lingua italiana!

Quindi, se vi chiederà se avete fatto tutti i compiti da lei/lui assegnati, voi potrete rispondere:

Certo che li ho fatti, vuolsi così colà dove si puote!

A quel punto non potrete mai essere bocciati!

Oppure, ancora più adatta se la usate quando qualcuno si lamenta di qualche decisione di una persona importante, e voi gli fate presente che è inutile lamentarsi.

Esercizio di ripetizione adesso. Impariamo a pronunciare la frase. Ripetete dopo di me:

vuolsi

così

Vuolsi così

colà

Colà dove si puote

Vuolsi così colà dove si puote

Il Sasso di Dante Alighieri

Il sasso di Dante Alighieri

Sofie: Oggi come programma del venerdì, che mi piace dedicare a qualcosa di diverso rispetto ad una semplice espressione italiana, voglio parlarvi del cosiddetto “sasso di Dante”. Sono stata deputata da Gianni a raccontarvi questa bella storia.

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Grandi personaggi italiani: Margherita Hack

Audio

Trascrizione

Ciao ragazzi e benvenuti su ItalianoSemplicemente.com io sono Giovanni. Allora oggi torno alla carica con la rubrica Grandi personaggi Italiani.

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In passato abbiamo visto altri grandi personaggi, come Roberto Benigni, Rita Levi Montalcini e Umberto Eco. Sapete che questi episodi hanno la finalità di conoscere questi personaggi che hanno reso grande l’Italia ma anche la finalità di migliorare il vostro italiano.
Questo episodio è infatti destinato ad un pubblico straniero di livello intermedio, quindi che riesce ad esprimersi, seppur facendo ancora molti errori e seppure con un vocabolario ridotto. Allora strada facendo vediamo i termini più complicati che incontriamo e cerchiamo di imparare qualcosa in più della lingua e della cultura italiana.

Ascoltare è il modo migliore per fare dei passi avanti. Allora oggi avete un bel motivo per ascoltare perché parliamo di Margherita Hack.

Chi è Margherita Hack?

Una delle più grandi menti che l’Italia abbia mai avuto. E’ nota soprattutto per la sua attività in ambito scientifico, poiché è stata una studiosa di astronomia, quindi era appassionata delle stelle e dell’universo. L’astronomia è la scienza che si occupa dell’osservazione e della spiegazione dei cosiddetti “eventi celesti“, cioè di ciò che c’è ma anche di ciò che accade nell’universo. “Celesti“, come aggettivo, sta ad indicare il cielo, che è di colore celeste, appunto. Ha poco a che fare con “celestiale“, un altro aggettivo, che però si usa quando si parla di Dio o del Paradiso, che si trova comunque in cielo, ma parliamo del regno dei cieli,. Che è un’altra cosa.

Ma torniamo alla Hack, che non credeva nel paradiso e nel regno dei cieli. Ma questo lo vediamo meglio dopo.

Ho detto torniamo alla Hack, usando l’articolo e poi il cognome: “la Hack”. È corretto fare questo? Si può fare se si tratta di personaggi famosi e si fa anche nel linguaggio burocratico, ma l’articolo va prima del cognome e non prima del nome.

Poi se si tratta di donne, è sempre permesso usare l’articolo.

Quindi possiamo dire tranquillamente:

La Hack è stata una grande scienziata.

Coi cognomi maschili non si fa però: quindi dire “Il dott Bianchi” è correttissimo, ma “il Bianchi” è sbagliato. Piuttosto meglio dire “Bianchi” e basta:

Bianchi è desiderato al telefono.

Invece è corretto dire:

La Hack è desiderata al telefono!

Ma torniamo a noi. Esistono altre forme di vita nell’universo? Le forme di vita è un’espressione interessante per indicare la varietà con cui un essere può essere chiamato “vivente“. vivente significa che è in vita o che è dotato di vita, dove la “vita” indica la capacità di muoversi e in generale di reagire agli stimoli ambientali.

Comunque Margherita Hack era convinta che la risposta fosse affermativa, quindi sì, esistono altre forme di vita, sebbene non ce ne siano le prove: vuoi per problemi legati alla lontananza dei pianeti e delle galassie, vuoi per la nostra tecnologia non troppo sviluppata.

Insomma, è difficile secondo lei entrare in contatto con altre forme di vita seppure queste sicuramente esistono da qualche parte.

Un’opinione certamente condivisa da molte persone, persino da me!

Allora, se questo è vero è normale chiedersi: perché non ci sono prove? E tutti coloro che hanno visto le navicelle spaziali extraterrestri volare? Tutti gli avvistamenti che ci sono stati negli anni, le fotografie, i video… tutto falso?

La Hack era piuttosto scettica riguardo ai cosiddetti UFO nei cieli. Gli oggetti volanti non identificati (sigla UFO) non esistono.

Tant’è che lei queste cose le chiamava “bischerate“.

In poche parole era scettica, cioè non credeva a queste cose, o comunque tendeva a non credere agli UFO. Provava scetticismo per queste cose.

Nel linguaggio comune, lo scetticismo è un atteggiamento d’incredulità o di sfiducia in qualcosa, in questo caso nell’esitistenza degli UFO.

“Bischerate”, le chiamava: un termine toscano, che si usa cioè nella regione Toscana, dove abitava, ma che tutti comprendono: Usava questa forma dialettale ma significa semplicemente “una cosa sciocca” , uno scherzo quasi, una cosa da non prendere sul serio. Altri direbbero una “sciocchezza“, altri appunto una “cosa sciocca“, altri, ma è sicuramente meno elegante, le definiscono “stronzate“, sicuramente bischerate è più simpatico e direi per niente volgare.

Comunque andiamo avanti.

La Hack e la religione. Era atea, vale a dire che non credeva in nessuna religione. Non ce n’è alcun bisogno secondo lei. Il regno dei cieli, strano a dirsi, non esisteva secondo lei.

Ma essere atei non significa non avere valori, non significa non rispettare il prossimo, non significa non avere principi morali. L’etica deriva dalla religione? E’ la religione a convincerci che bisogna avere etica nella vita? L’etica riguarda il nostro comportamento pratico di fronte al bene e al male. Sappiamo distinguere il bene dal male senza bisogno della religione?

Secondo lei sì, perché non dipende dalla religione, ma dalla nostra “coscienza“.

Sei in grado di fare una valutazione morale del tuo comportamento? Sai agire con coscienza o secondo coscienza? Sai cosa comportano le tue azioni? Sai cosa comportano anche nei confronti delle altre persone e del mondo in cui vivi? Ebbene, ciascuno di noi può avere coscienza oppure no, e se ha questi “principi di coscienza”, allora vuol dire che non ha importanza se la religione sia una o l’altra.

Questa è una visione cosiddetta laica della vita: avere rispetto del prossimo senza pensare alla religione. È il pensiero della hack.

Ricordo un fatto divertente legato alla vita di Margherita Hack.

Lei è morta a 91 anni, ma un anno prima era ancora in grado di guidare e ricordo come si arrabbiò quando invece le fu negata la possibilità di farlo.

In Italia la patente di guida va rinnovata ogni tanto, ed il rinnovo va fatto generalmente ogni 10 anni.

Ma quando si supera una certa età, i tempi si accorciano. Ebbene, all’età di 90 anni, fu deciso che la Hack non poté più guidare, perché aveva 90 anni e quindi non era nelle condizioni di poterlo fare. Neanche fu visitata.

Al che lei si arrabbiò molto e andò in TV a dirlo pubblicamente. Disse che lei non era vecchia e tanto meno “rincoglionita“.

Non sono “vecchia“, disse, un aggettivo che di solito si usa per gli oggetti o gli strumenti per indicare che non servono più a nulla, che sono “superati“. Solitamente per le persone si parla di “anziani” e non di vecchi. È meno offensivo, ma lei usò appositamente la parola vecchia proprio per riferirsi alle sue capacità che erano ancora sufficienti per guidare.

Ad ogni modo “vecchio” e “vecchia” si usano spesso per indicare una persona d’età avanzata, e la “vecchiaia” per indicare la fase più avanzata del ciclo biologico, della vita, quando il nostro corpo inizia a decadere fisicamente.

Non sono neanche “rincoglionita“, disse. Un altro aggettivo interessante, perché essere rincoglioniti, nel linguaggio familiare (siamo al limite della volgarità) significa non capire le cose, avere problemi cognitivi, mentali, insomma non avere più nè la capacità di capire con razionalità, né la capacità di nuocere, di fare cioè del male a nessuno, perché le facoltà mentali sono carenti.

Si sente dire spesso “un vecchio rincoglionito” come forma di insulto, per indicare la decadenza fisica ma anche quella mentale di una persona anziana, un anziano che “non capisce più nulla” in senso dispregiativo, ed è usato come un insulto grave molto spesso.

Sappiamo bene come lei non fosse rincoglionita ovviamente, sebbene avesse 90 anni, ed infatti ha continuato ad occuparsi di astrofisica, di universi e di scienza. Probabilmente avrebbe potuto guidare un’astronave, ma sulla terra non le era permesso più di guidare.

Cose dell’altro mondo, vero?

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Rita Levi-Montalcini

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Trascrizione

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Ciao ragazzi e benvenuti su ItalianoSemplicemente.com io sono Giovanni.

Che ne pensate se oggi parliamo di un grande personaggio italiano?

Tra i tanti personaggi famosi in tutto il mondo potremmo ad esempio parlare di Rita Levi Montalcini.

Una grande donna italiana, vissuta dal 1909 al 2012; dunque ha vissuto ben 103 anni, durante i quali è stata una famosa neurologa e accademica, oltre che una senatrice a vita italiana, e per finire ha vinto il Premio Nobel per la medicina nel 1986.

Neurologa significa che ha studiato neurologia, cioè la scienza che si occupa del sistema nervoso. La neurologia è la branca specialistica della medicina che studia le patologie del sistema nervoso.

Accademica vuol dire che si è dedicata alla ricerca e all’insegnamento, mentre il premio Nobel, o Nobèl (si può pronunciare in entrambi i modi) è innanzitutto un premio, anzi potremmo dire che si tratta di un’onorificenza, cioè un alto premio, un premio di alto valore, legato all’onore. Il premio Nobel è quindi un premio di valore mondiale, un’onorificenza attribuita annualmente a persone viventi che si sono distinte nei diversi campi dello scibile apportando i maggiori benefici all’umanità per le loro ricerche, scoperte e invenzioni, per l’opera letteraria, per l’impegno in favore della pace mondiale.

Questa è la definizione di premio Nobel. Soltanto persone che viventi possono ricevere questo premio, quindi persone che sono vive nel momento della premiazione.

Il premio è attribuito (cioè dato) annualmente (cioè tutti gli anni) a persone viventi che si sono distinte nei diversi campi dello scibile.

Ho detto persone che si sono “distinte”. Si parla del verbo “distinguere” nella modalità riflessiva: “distinguersi”, che significa mettersi in luce, farsi notare, essere riconoscibile per qualcosa che si è fatto nella vita. Chi si distingue quindi si distingue dagli altri, perché è diverso dagli altri. In questo caso perché ha una qualità rispetto agli altri, una grande qualità. In generale ci si può distinguere per diversi motivi.

Ci si può distinguere per onestà,

Ci si può distinguere per correttezza, per diligenza, per chiarezza, ed in generale per qualità morali e professionali soprattutto.

Comunque spesso i parla semplicemente di caratteristiche, come l’elefante indiano ad esempio, che si distingue da quello africano perché ha le zanne meno sviluppate, più corte quindi.

Ebbene Rita Levi Montalcini nella sua vita si è distinta (parlo al passato ovviamente e al femminile) per diverse cose. Si è distinta in uno dei campi dello scibile.

Lo scibile è un termine che indica tutto ciò che può essere conosciuto e compreso. Si parla spesso dello scibile umano, cioè di tutto quello che gli esseri umani posso conoscere, quindi si parla di scienze, di conoscenze degli esseri umani. Questo è lo “scibile umano”.

Ripeti: scibile umano

Ripeti: lo scibile umano

Ripeti: Distinguersi in un campo dello scibile umano.

Rita Levi Montalcini per cosa si è distinta quindi? Essendo una scienziata in medicina, di è ovviamente distinta nel campo della medicina e della neurologia. Ha fatto un’importante scoperta scientifica, scoperta per la quale è stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la medicina.

È stata insignita del premio Nobel per la medicina dunque.

Insignita. Insignita viene dal verbo “insignire”, che significa: “Fregiare di un’onorificenza o di un titolo”.

Quando una persona viene insignita di qualcosa, si tratta sempre di qualcosa che dà onore a questa persona, che la premia, che la onora, che le riconosce un alto merito per la sua opera. Si usa sempre in questo modo:

Insignire di un premio, insignire di una onorificenza, insignire di riconoscimenti, insignire di una targa.

Rita Levi Montalcini è stata insignita nel 1986 del premio Nobel per la medicina.

Attenzione perché solamente per le alte onorificenze posso parlare di un vero insignimento. Non posso certamente insignire un amico di un premio per aver vinto una corsa in bicicletta. La cosa farebbe un po’ sorridere.

Stiamo facendo perciò un alto riconoscimento, ed è quello che ha avuto Rita Levi Montalcini quando è stata insignita del Premio Nobel per la medicina. Questo sì che è un vero insignimento.

Ripeti: Insignita

Ripeti: Insignita del premio Nobel

Ripeti: Rita Levi Montalcini è stata insignita del Premio Nobel per la medicina

Nel 2001 poi è stata nominata senatrice a vitaper aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”.

È stata nominata senatrice a vita, cioè è stata designata senatrice a vita.

Essere nominati senatrice a vita (o senatore a vita) è ovviamente un onore, perché quando una persona viene nominata o designata senatore o senatrice a vita, questo può avvenire solamente per alti meriti; per aver fatto delle grandi cose.

In questo caso per aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale.

Rita Levi Montalcini ha illustrato la patria, cioè l’ha resa gloriosa, ha dato lustro alla patria, cioè ha reso la patria migliore, l’ha migliorata, le ha dato gloria, l’ha illustrata.

Il verbo illustrare si può usare anche in questo modo. Normalmente quando si illustra qualcosa si mostra, si commenta, si chiarisce nei particolari:

vorrei illustrare un libro con delle immagini

ad esempio.

In tal caso si usa per dare lustro, per dare gloria alla patria, cioè all’Italia. E lei lo ha fatto “con altissimi meriti nel campo scientifico e sociale”.

Il senatore a vita è una carica istituzionale. Normalmente si diventa senatori attraverso una elezione, ma senatore a vita si diventa per due motivi: o perché si è stati Presidente della Repubblica Italiana, oppure perché ci si è distinti “per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. In questo caso si viene scelti dal presidente della Repubblica Italiana, che ha la facoltà (cioè la possibilità) di nominare 5 senatori a vita, scegliendoli tra i cittadini italiani.

Capite quindi che essere nominati senatore a vita non è una cosa da poco. “A vita” vuol dire per tutta la vita, cioè fino alla morte.

E’ interessante notare che su più di 500 premi Nobel assegnati fino ad oggi, soltanto 12 di questi sono andati a delle donne: circa 1 su 50.

Lei stessa ha ammesso che nella sua vita ha dovuto combattere, ed ha sofferto tutta la vita per essere accettata in quanto donna negli ambienti scientifici più esclusivi e rinomati. Ha faticato, ha sofferto tutta la vita.

Lei era consapevole di questa difficoltà per le donne di tutto il mondo, soprattutto nel mondo dello studio e delle scienze.

Per questo ha deciso di aiutare le giovani studentesse universitarie africane, con l’obiettivo di creare una classe di giovani donne che svolgano un ruolo chiave, un ruolo importante nella vita scientifica e sociale del loro paese.

In Africa infatti anche il diritto allo studio è spesso negato alle donne. La donna africana spesso non ha diritto allo studio. Il diritto allo studio le viene negato, cioè le viene impedito di studiare alla donna africana: studiare non è un suo diritto, non rientra tra i suoi diritti.

Notate che ho detto “le viene negato” e non “gli viene negato” perché si tratta di una donna. Anche gli italiani speso fanno questo errore: il pronome “gli” tende a essere usato anche al posto del femminile “le”.

– Stasera chiamerò Giovanni. Gli mostrerò il mio lavoro.

– Stasera chiamerò Giovanna. Le mostrerò il mio lavoro.

Analogamente posso dire:

– Voglio bene a Giovanni. Gli voglio bene.

– Voglio bene a Giovanna. Le voglio bene.

– A Giovanni viene negato un diritto. Gli viene negato un diritto

– A Giovanna viene negato un diritto. Le viene negato un diritto

Dunque secondo la Montalcini le ragazze africane hanno fame di conoscenza, di sapere: “hanno più fame di conoscenza che di cibo” (sono le sue esatte parole) e “sono molto più determinate degli uomini: quando possono istruirsi i risultati sono davvero sorprendenti”.

Sentiamo direttamente la sua voce, quando in un’intervista parlava delle donne e della sua esperienza di vita come donna:

—-

Rita Levi non si è mai sposata (un’altra curiosità interessante) e non ha mai pensato di sposarsi: “Io sono sposata con la scienza” diceva, e “non ho mai sentito la mancanza di un figlio o il bisogno di legarmi a un uomo. Sono felice così”.

Aggiunge che se in passato fosse mai stata corteggiata da qualche uomo, se qualche uomo fosse mai stato interessato a lei, magari un collega di lavoro, ebbene, lei non ne n’è neanche accorta. “L’amore su di me ha l’effetto dell’acqua sulle piume di un’anatra: sono totalmente impermeabile”, ha detto.

Come sapete infatti l’acqua, quando viene a contatto con le piume delle anatre non riesce a bagnare le piume, perché queste sono impermeabili, quindi l’acqua scivola sulle piume, e la Montalcini usa questa immagine per descrivere l’amore e l’effetto che fa su di lei: l’amore per un uomo, su di lei, è impermeabile, nel senso che lei non si è mai innamorata di un uomo, l’amore le scivola addosso, come l’acqua scivola sulle piume di un’anatra.

Tra parentesi, una piccola curiosità: mi sono informato su questo, ed ho scoperto che le anatre, come anche le oche e i cigni, possiedono una ghiandola, che si trova sul dorso, cioè sulla schiena, vicino alla coda, che produce una sostanza oleosa, (come un olio quindi) con la quale gli uccelli si spalmano le piume per renderle impermeabili.

Ripeti:

un olio

una sostanza oleosa

un olio che le anatre si spalmano sulle piume

una sostanza con la quale le anatre si spalmano le piume

un olio con il quale le anatre si spalmano le piume

Comunque, curiosità a parte, mi sono anche chiesto se Rita Levi Montalcini avesse a che fare in qualche modo con la lingua italiana.

Beh, comunque non ho trovato granché sul legame con la lingua italiana, ma ho trovato una curiosità: dovete sapere che La Montalcini ha scritto anche una canzone nell’anno 2006 che si chiamava “Linguaggio Universale”, che ha partecipato alle selezioni del Festival di Sanremo 2007.

Non si parlava di lingua italiana però. Si parla però di una lingua, anzi di un linguaggio: questa canzone parla di vita, di pace e di amore, gli unici veri linguaggi universali che uniscono il mondo.

La canzone sarebbe stata cantata dal gruppo Musicale Jalisse. Ho detto “sarebbe stata cantata” perché la canzone non è riuscita a superare le selezioni, quindi non ha partecipato a quel Festival.

L’episodio di oggi finisce qui. Spero ne abbiate tratto giovamento, ci voleva un grande personaggio come Rita Levi Montalcini per onorare la donna e l’intelligenza umana.

Un grazie a tutti voi e un grazie speciale per le vostre donazioni.

Chi aiuta Italiano Semplicemente aiuta in realtà tutti gli stranieri che vogliono imparare bene l’italiano.

Per chi è interessato poi a sostenere anche il proprio italiano, propongo di aderire all’Associazione Italiano Semplicemente che conta finora 31 membri. Aspettiamo le vostre adesioni, sarete soddisfatti o rimborsati, ma vedrete che non ve ne pentirete.

Un abbraccio a tutti.

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Il discorso del presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella per il 2018

Descrizione: vi propongo il discorso di fine anno 2017 del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sul quale facciamo un approfondimento per spiegare le parole più difficili.

Audio discorso

Audio discorso+spiegazione

Trascrizione del discorso + spiegazione

mattarella_immagine

Care concittadine e cari concittadini, un saluto cordiale e un grande augurio. A tutti coloro che sono in Italia e agli italiani che si trovano all’estero.

Il Presidente Mattarella inizia ringraziando prima le concittadine, poi i concittadini, come si fa in queste occasioni, per educazione: prima le donne e poi gli uomini. Una frase analoga a Ladies and Gentlemen o Madames et Monsieurs. Concittadino è una persona con la stessa cittadinanza di chi parla: con+cittadino, parola simile per costruzione a consorte, coniuge, connazionale, eccetera.

Tra poco, inizierà il 2018. Settant’anni fa, nello stesso momento, entrava in vigore la Costituzione della Repubblica, con il suo patrimonio, di valori, di principi, di regole, che costituiscono la nostra casa comune, secondo la definizione di uno dei padri costituenti.

La Costituzione della Repubblica. La parola Costituzione, che è scritta in maiuscolo, cioè con la lettera iniziale più grande, la lettera “C”, la prima lettera della parola “Costituzione”,  è la legge fondamentale dello Stato italiano, è quindi la Legge più importante.  Infatti settanta anni fa, nel 1948, la Repubblica Italiana si è costituita, il che significa che si è formata. Il verbo “costituire” che significa fondare, istituire, ma è più usato negli atti ufficiali. Una costituzione è una nomina, una dichiarazione ufficiale. Da qui il sostantivo Costituzione, con la C maiuscola. La parola  costituzione però ha più significati, e con la c minuscola, cioè non maiuscola ha il significato di formazione, istituzione, e in questo modo la posso usare in diversi modi col significato di “formare”:

– la costituzione del gruppo  WhatsApp;

– la costituzione di una cooperativa;

– la costituzione dell’associazione Italiano semplicemente.

Eccetera.

Poi esiste anche la costituzione, sostantivo che significa “spontanea consegna di sé stesso alla giustizia”, quindi una persona che si costituisce (che costituisce sé stessa) cosa fa? Si consegna. Va dalla polizia e dice: “mi costituisco”, il che significa che ammette di aver commesso un reato, e quindi si consegna alla polizia, ci va da solo, senza che nessun altra persona lo denunci o lo accusi.

Il discorso di Mattarella poi prosegue.

Su questi valori, principi e regole si fonda, e si svolge, la nostra vita democratica. Al suo vertice, si colloca la sovranità popolare che si esprime, anzitutto, nelle libere elezioni.

Attenzione alla parola principi, che si scrive come principi, ma mentre i principi (con l’accento sulla prima i) sono i figli dei re, ed il singolare è principe (un  membro dell’alta aristocrazia), i principi (con l’accento sulla seconda i), sono delle norme, delle regole morali, quelle norme, quelle regole che guidano i nostri comportamenti, gli orientamenti della nostra vita, la nostra condotta pratica. La “condotta” è il modo in cui ci comportiamo.

In questo caso principi è il plurale di principio.

La parola principio significa anche “inizio”,  il fatto di cominciare. Posso dire quindi che:

– Il matrimonio è il principio di una nuova vita;

– un insulto può essere il principio di una guerra.

In questo senso la parola principio si usa quasi solamente al singolare: il principio, cioè l’inizio di qualcosa.

Invece i principi morali, i principi intesi in generale come regole e norme si usa più al plurale:

– bisogna basare il proprio comportamento su principi di correttezza;

– la legge deve essere fondata su principi di equità e giustizia

Eccetera. Sempre al plurale.

Quindi quando Mattarella dice: “Su questi valori, principi e regole si fonda, e si svolge, la nostra vita democratica” vuol dire che la vita democratica, la vita nella democrazia, è fondata, è basata su delle regole, delle norme, su dei valori, e questi valori sono quelli della Costituzione italiana.

Come sapete ho firmato il decreto che conclude questa legislatura del Parlamento e, il 4 marzo prossimo, voteremo per eleggere le nuove Camere.

Mattarella dice di aver firmato il decreto che conclude, cioè che fa terminare questa legislatura del Parlamento, ed infatti il giorno 28 dicembre 2017 Mattarella, in qualità di (in quanto) Presidente della Repubblica, ha, come si dice, “sciolto le Camere”, si dice così: sciogliere le Camere significa far concludere una legislatura, cioè mettere fine, far terminare l’attività della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, le due Camere appunto. Il Parlamento italiano è infatti formato da due organi, le due camere appena citate, che hanno uguali poteri. La Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica. E Mattarella ha sciolto le due camere. Lo scioglimento delle due camere avviene ogni volta che termina una legislatura: prima di fare delle nuove elezioni va quindi terminata l’attività della precedente legislatura e quindi in questi casi è il presidente della Repubblica che firma il decreto, cioè il provvedimento normativo che mette fine alla legislatura.

E’ stato importante rispettare il ritmo, fisiologico, di cinque anni, previsto dalla Costituzione. Insieme ad altri esiti positivi, andremo a votare con una nuova legge elettorale approvata dal Parlamento, omogenea per le due Camere.  

Le elezioni aprono, come sempre, una pagina bianca: a scriverla saranno gli elettori e, successivamente, i partiti e il Parlamento. A loro sono affidate le nostre speranze e le nostre attese. Mi auguro un’ampia partecipazione al voto e che nessuno rinunzi al diritto di concorrere a decidere le sorti del nostro Paese.

Il presidente si augura, cioè spera, che la partecipazione al voto sia alta, sia ampia. È un augurio quindi dobbiamo usare il congiuntivo.  Cioè si augura che molti italiani vadano a votare. In Italia infatti recentemente la partecipazione al voto non è stata molto alta per effetto del fatto che gli italiani si fidano sempre meno della classe politica. Quindi non vanno a votare per protesta. Dicono che tutto è un “magna magna”, cioè per guadagnarci personalmente. Questa è una mia considerazione ovviamente

Attenzione perché Mattarella dice: e che nessuno rinunzi (con la z) al diritto di concorrere a decidere le sorti del nostro Paese.

È un modo molto formale di dire rinunciare: rinunziare.

Ho fiducia nella partecipazione dei giovani nati nel 1999 che voteranno per la prima volta. Questo mi induce a condividere con voi una riflessione.

“Mi induce” significa mi spinge, mi fa decidere di fare qualcosa. È un verbo più formale, usato spesso nelle dichiarazioni ufficiali ed anche nella forma scritta. È il verbo indurre.

Nell’anno che si apre ricorderemo il centenario della vittoria nella Grande guerra e la fine delle immani sofferenze provocate da quel conflitto.

La Grande guerra, con la G di “Grande” maiuscola è la prima guerra mondiale, anche detta la guerra del 15-18.

Le immani sofferenze sono le grandi sofferenze, le enormi sofferenze. Immani si usa quando si vuole sottolineare la crudeltà o la minaccia di qualcosa, come le sofferenze in questo caso. Si usa dire anche “gli immani sforzi”, o “gli immani impegni”. Il centenario invece è un anniversario specifico, quello dei cento anni. Se sono passati dieci anni devo dire “decennale”, che viene da decennio; se ne sono passati cinque di anni devo invece dire “quinquennale”, che viene da quinquennio. Se sono cento c’è quindi il centennale, che viene da centennio.

In questi mesi di un secolo fa i diciottenni di allora – i ragazzi del ’99 – vennero mandati in guerra, nelle trincee.

Le trincee (con due e finali, plurale di trincea) sono delle fortificazioni militari costruite a scopo di difesa, e stare nelle trincee significa essere in guerra, semplicemente e che sta in forte pericolo di vita perché si sta per scontrare con il nemico.

Esiste anche il verbo “trincerarsi”, cioè trincerare se stessi, cioè mettersi da soli in una trincea, che però non ha niente a che fare con la guerra. Trincerarsi è un verbo riflessivo che si usa per dire, in senso figurato, che ci si difende, ci si chiude in una trincea, una trincea mentale, un recinto mentale. Quando una persona si trincera vuol dire non che va in guerra, ma che si difende in qualche modo, rinchiudendo se stesso (trincerandosi), cioè le proprie idee, per difendersi dagli attacchi del “nemico”, se lo possiamo chiamare così.

Molti vi morirono. Oggi i nostri diciottenni vanno al voto, protagonisti della vita democratica. Propongo questa riflessione perché, talvolta, corriamo il rischio di dimenticare che, a differenza delle generazioni che ci hanno preceduto, viviamo nel più lungo periodo di pace del nostro Paese e dell’Europa. Non avviene lo stesso in tanti luoghi del mondo. Assistiamo, persino, al riaffacciarsi della corsa all’arma nucleare.

Abbiamo di fronte, oggi, difficoltà che vanno sempre tenute ben presenti. Ma non dobbiamo smarrire la consapevolezza di quel che abbiamo conquistato: la pace, la libertà, la democrazia, i diritti.

Smarrire la consapevolezza è perdere la consapevolezza, cioè perdere la coscienza.

Non sono condizioni scontate, né acquisite una volta per tutte. Vanno difese, con grande attenzione, non dimenticando mai i sacrifici che sono stati necessari per conseguirle.

La pace, la libertà, la democrazia, ricorda Mattarella, non sono condizioni scontate, cioè ovvie, sicure, certe. Non bisogna darle per scontate. E neanche acquisite una volta per tutte. Quando qualcosa è acquisito è ottenuto. Ottenere e acquisire sono dei sinonimi, ma acquisire si usa con i diritti in generale, come ad esempio col diritto di cittadinanza: acquisire la cittadinanza italiana.

Acquisire una volta per tutte significa acquisire per sempre, cioè che queste cose acquisite non si possono più perdere una volta ottenute. Infatti Mattarella poi aggiunge:

Non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente, quasi in una sospensione del tempo, che ignora il passato e oscura l’avvenire, così deformando il rapporto con la realtà.

La democrazia vive di impegno nel presente, ma si alimenta di memoria e di visione del futuro.

Occorre preparare il domani. Interpretare e comprendere, le cose nuove. La velocità delle innovazioni è incalzante; e ci conduce in una nuova era, che già cominciamo a vivere.

La velocità delle innovazioni è incalzante: quando qualcosa è incalzante vuol dire che ci insegue, che è imminente, che non possiamo evitare perché molto veloce e pressante, come le innovazioni della tecnologia che sono sempre incalzanti, una dietro l’altra, non si fermano mai, ogni giorno ci sono innovazioni tecnologiche e quindi “non possiamo vivere nella trappola di un eterno presente” perché il presente cambia continuamente.

Un’era che pone anche interrogativi inediti sul rapporto tra l’uomo, lo sviluppo e la natura. Basti pensare alle conseguenze dei mutamenti climatici, come la siccità, la limitata disponibilità di acqua, gli incendi devastanti.

Si manifesta, a questo riguardo, una sensibilità crescente, che ha ricevuto impulso anche dal magistero di Papa Francesco, al quale rivolgo gli auguri più fervidi.

Si manifesta (cioè si mostra), a questo riguardo (cioè in merito, a ciò di cui si stava parlando), una sensibilità crescente.

Cambiano gli stili di vita, i consumi, i linguaggi. Mutano i mestieri, e la organizzazione della produzione. Scompaiono alcune professioni; altre ne appaiono. In questo tempo, la parola “futuro” può anche evocare incertezza e preoccupazione.

Il futuro evoca incertezza e preoccupazione. Evocare significa “richiamare alla mente”, “far ricordare”.

Non è stato sempre così. Le scoperte scientifiche, la evoluzione della tecnica, nella storia, hanno accompagnato un’idea positiva di progresso. I cambiamenti, tuttavia, vanno governati per evitare che possano produrre ingiustizie e creare nuove marginalità. L’autentica missione della politica consiste, proprio, nella capacità di misurarsi con queste novità, guidando i processi di mutamento. Per rendere più giusta e sostenibile la nuova stagione che si apre.

Misurarsi con queste novità, dice Mattarella. Quando ci si misura con qualcosa vuol dire che si mettono alla prova le proprie forze. È una specie di confronto.

Io mi posso misurare con te, nel senso che ti sfido, ti sfido a duello, oppure ti sfido ad una partita a scacchi ad esempio, ma posso anche misurarmi con le novità, per vedere se riesco a gestire le novità, se riesco a non essere travolto dalle novità, come in questo caso. Misurarsi con le novità è questo.

La cassetta degli attrezzi, per riuscire in questo lavoro, è la nostra Costituzione: ci indica la responsabilità nei confronti della Repubblica e ci sollecita a riconoscerci comunità di vita. L’orizzonte del futuro costituisce, quindi, il vero oggetto dell’imminente confronto elettorale.  Il dovere di proposte adeguate – proposte realistiche e concrete – è fortemente richiesto dalla dimensione dei problemi del nostro Paese. Non è mio compito formulare indicazioni.

Quindi Mattarella dice che tra poco ci saranno le elezioni, si andrà al voto, e fa un appello alla politica, dicendo loro che la missione della politica, il loro scopo più profondo, la missione autentica, è di guidare i processi di mutamento, cioè di guidare il cambiamento, condurre il cambiamento verso una direzione giusta e sostenibile. Per fare questo, aggiunge il Presidente della Repubblica, occorre utilizzare la Costituzione come cassetta degli attrezzi. Un modo elegante di chiamare la Costituzione (con la C maiuscola): “la cassetta degli attrezzi”, cioè lo strumento per guidare il cambiamento. La politica ha il dovere di fare delle proposte adeguate, delle  proposte realistiche e concrete. Questo è quello che Mattarella chiede alla politica in un momento di cambiamento come quello che stiamo vivendo. Ma quali sono i problemi più importanti degli italiani?

Mi limito a sottolineare, ancora una volta, che il lavoro resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro. È necessario che ve ne sia in ogni famiglia. Al tempo stesso va garantita la tutela dei diritti e la sicurezza, per tutti coloro che lavorano.

Quindi il lavoro è la cosa più importante, la “questione sociale”, la chiama Mattarella, e questo (la questione sociale) è un modo molto usato per chiamare le problematiche della popolazione e della vita di tutti i giorni degli italiani, della società italiana in generale.

Tanti nostri concittadini vivono queste festività in condizioni di disagio, per le conseguenze dei terremoti, che hanno colpito larga parte dell’Italia centrale. A loro desidero far sentire la vicinanza di tutti. Gli interventi per la ripresa e la ricostruzione proseguono e, talvolta, presentano difficoltà e lacune. L’impegno deve continuare in modo sempre più efficiente fino al raggiungimento degli obiettivi.

Quindi Mattarella è vicino (è solidale) alle famiglie vittime del terremoto che ha colpito l’Italia centrale nel 2017. La ricostruzione, dice presenta difficoltà e lacune. Le lacune sono le mancanze, quindi la mancanza di continuità della ricostruzione, le interruzioni quindi.

Esprimo solidarietà ai familiari delle vittime di Rigopiano e dell’alluvione di Livorno; ai cittadini di Ischia, che hanno patito gli effetti di un altro sisma. E a tutti coloro che, nel corso dell’anno, hanno attraversato momenti di dolore.

Rigopiano è una località situata nella regione dell’Abruzzo, dove lo scorso inverno, il 17 gennaio 2017 un hotel è stato travolto da una slavina, da una valanga di neve che lo ha completamente sepolto. Ci sono state molte vittime e l’incidente ha suscitato veramente molto scalpore. Mattarella dice che esprime solidarietà, cioè è solidale, con chi ha patito gli effetti di un altro sisma. Patire significa soffrire, ed in generale significa sentire un disagio fisico o spirituale; soffrire quindi ed anche un po’ sopportare.

Un pensiero particolare va ai nostri concittadini vittime dell’attentato di Barcellona. Il loro ricordo, unito a quello delle vittime degli attentati all’estero degli anni precedenti, ci rammenta il dovere di mantenere la massima vigilanza nella lotta al terrorismo.

Il loro ricordo, dice Mattarella, ci rammenta, cioè ci ricorda il dovere di mantenere la massima vigilanza nella lotta al terrorismo. Rammentare quindi è come ricordare, richiamare alla mente. Rammentare si usa spesso quando si vuole far ricordare a qualcuno, cioè richiamare alla mente altrui, a volte anche con un tono di raccomandazione, di rimprovero o anche di minaccia.

Ad esempio posso dire a mio figlio:

– ti voglio rammentare che devi fare tuti i compiti.

Riguardo a questo impegno, vorrei ribadire la riconoscenza nei confronti delle nostre Forze dell’Ordine, dei nostri Servizi di informazione, delle Forze Armate, ripetendo le stesse parole di un anno fa: Anche nell’anno trascorso hanno operato, con serietà e competenza, perché in Italia si possa vivere con sicurezza rispetto a quel pericolo, che esiste ma che si cerca di prevenire.

Vorrei ribadire significa vorrei riaffermare con decisione, riconfermare: riconfermare il proprio punto di vista. Quindi ribadire la riconoscenza nei confronti delle nostre Forze dell’Ordine significa dire ancora una volta, esprimere ancora una volta che occorre essere riconoscenti, occorre dire grazie alle Forze dell’Ordine. Riconosco che hai fatto qualcosa di utile, quindi sono riconoscente con te.

Si è parlato, di recente, di un’Italia quasi preda del risentimento.

Un’Italia preda del risentimento. Sapete che la preda significa vittima. E quando si è “preda” di qualcosa, si è la vittima, non si ha la forza di combattere qualcosa. In questo caso il Presidente Mattarella dice che si è parlato, di recente, di un’Italia quasi preda del risentimento, quindi vittima del risentimento. Il risentimento è un atteggiamento, un atteggiamento di avversione o di animosità verso qualcuno per un’offesa o un affronto, una ingiuria ricevuta. Quindi chi è preda del risentimento è sopraffatto dal risentimento, quindi prova del risentimento. Questo significa che l’Italia sarebbe arrabbiata per qualcosa, per un torto ricevuto. Ma Mattarella non è di questa opinione. Lui conosce un paese diverso:

Conosco un Paese diverso, in larga misura generoso e solidale. Ho incontrato tante persone, orgogliose di compiere il proprio dovere e di aiutare chi ha bisogno. Donne e uomini che, giorno dopo giorno, affrontano, con tenacia e con coraggio, le difficoltà della vita e cercano di superarle.

Gli italiani quindi non sono risentiti, ma sono piuttosto generosi e solidali, disposti ad aiutare e non ad offendersi.

I problemi che abbiamo davanti sono superabili. Possiamo affrontarli con successo, facendo, ciascuno, interamente, la parte propria. Tutti, specialmente chi riveste un ruolo istituzionale e deve avvertire, in modo particolare, la responsabilità nei confronti della Repubblica.

Vorrei rivolgere, in chiusura, un saluto a quanti, questa sera, non stanno festeggiando perché impegnati ad assolvere compiti e servizi essenziali per tutti noi: sulle strade, negli ospedali, nelle città, per garantire sicurezza, soccorso, informazione, sollievo dalla sofferenza.

Mattarella rivolge un saluto, cioè saluta, semplicemente, chi non sta festeggiando perché sta servendo il paese.

A loro, ringraziandoli, esprimo un augurio particolare. Auguri a tutti e buon anno.

Auguri anche da parte mia.

Grandi personaggi italiani: DANTE ALIGHIERI

Audio

Trascrizione

dante_alighieri_immagineChloé: “Ciao Gianni! Piacere di fare la tua conoscenza ! Io sono Chloé, e come avrete capito sono francese e abito a Lione. Oggi insegno l’italiano ecco il mio sito https://parlaritaliano.com. Faccio anche un blog su https://mordusditalie.com perché vado pazza per l’Italia !

Gianni: piacere tutto mio Chloé. Io sono Gianni ed il mio sito è italianosemplicemente.com. Approfitto allora per dare un saluto ai miei ed anche ai tuoi visitatori. Io e Chloé abbiamo pensato di fare un podcast insieme, spero che l’idea piaccia ai nostri visitatori!

Chloé: Con te mi piacerebbe trattare di un argomento che mi fa interrogare: “Come mai Dante Alighieri è ancora così importante oggi?”

Gianni: Questo dunque è l’argomento di oggi: Dante Alighieri. Mica male come inizio! Molto interessante, credo, per chi studia la lingua italiana no?

Chloé: credo proprio di sì. Io pensavo che, tranne che negli studi di lettere, Dante non si studiasse più di tanto a scuola, all’estero, invece tante associazioni riprendono questa figura.

Gianni: a dire il vero non so bene, ma molti stranieri spesso mi chiedono di Dante e di parlare di lui.

Chloé: eccoli accontentati dunque!

Gianni: spero di sì. Parlare di Dante è molto interessante.

Chloé: E in Italia si studia tanto?

Giovanni: in Italia si studia moltissimo Dante, almeno nelle scuole superiori, dai 13 ai 18 anni. Forse si studia anche troppo!

Chloé: Certo, Dante Alighieri ha la sua importanza nella lingua italiana; ha contribuito molto alla diffusione ed allo sviluppo della lingua italiana che conosciamo oggi… ma alla fine quanto l’hanno fatto anche Petrarca e Boccaccio… Perché lui?

Gianni: ci vorrebbe un professore di letteratura italiana per poter dare una risposta appropriata Chloé! Ma credo che anche Petrarca e Boccaccio abbiano il loro spazio sui libri che si studiano a scuola in Italia.

Chloé: L’altro ieri ho sentito una canzone di Caparezza, sai il cantante.

Gianni: ah sì Caparezza, come no. Il famoso rapper e cantautore italiano.

Chloé: sì, ha fatto una canzone che si chiama “Argenti Vive”, che tratta proprio di Dante Alighieri e dell’inferno.

Gianni: “Argenti Vive”, sì. Non la conoscevo prima, ma grazie a te che me ne hai parlato ora la conosco anche io adesso. Ho ascoltato la canzone ed ho fatto una piccola ricerca.

Chloè: è interessante perché si parla della vita personale di Dante, e di come la sua vita e la Divina Commedia siano molto legate tra loro.

Gianni: brava, e a me sembra interessantissimo. Dante in questo modo sembra molto più umano, sembra quasi una persona come noi.

Gianni: Ne facciamo ascoltare un pezzo a tutti?

Chloé: maaa sì come no ! Sono d’accordissima, Caparezza è un grande !

Chloé-Gianni: La voilà allora! 

— Spezzone audio della canzone “Argenti Vive” di Caparezza —

mentre solcavamo l’immobile palude,

mi si parò davanti uno spirito coperto di fango, […]

Allora allungò verso la barca entrambe le mani,

ma Virgilio pronto lo respinse, dicendogli:

“Via di qui, vattene a stare con gli altri maledetti!”.

E io: “Maestro, sarei molto desideroso,

prima di uscire dalla palude,

di vederlo immergere in questa melma”.[…]

Poco dopo vidi gli iracondi fare di lui

un tale scempio, che per esso ancora

glorifico e rendo grazie a Dio.

Tutti insieme gridavano: “Addosso a Filippo Argenti!”;

Chloé: ah dunque piace anche a te Gianni, interessante vero? Ma ho visto pure che lo stesso cantante ha concesso un’intervista, sempre su Dante… non sapevo che ogni tanto Caparezza facesse anche il professore di lettere haha.

Gianni: sì, ho visto… beh forse ha voluto solo dare un’idea del personaggio, di questo “Argenti”, che poi si chiama Filippo Argenti.

Chloé: Ma chi è questo “Filippo Argenti” allora, io non ho trovato tante informazioni su di lui ? Non ne ho mai sentito parlare, neanche all’università… Tu lo conosci?

Gianni: io ero bravo in matematica…

Chloé: hahaha che ridere ! Beh io ho fatto il liceo “generale” (come si dice in Francia) e con una specialità “Lettere” ma… a dire vero anche se all’università ho studiato Dante durante la triennale… e questo famoso “inferno”… secondo me non ero abbastanza grande per interessarmi a questo tipo di letteratura. Oggi invece, mi piace informarmi sulla grande letteratura italiana ma a modo mio!

Gianni: sì, mi sono informato anche io:questo Filippo Argenti viene citato da Dante nell’VIII Canto dell’Inferno nella Divina Commedia. Su Wikipedia ho trovato che pare si chiamasse in realtà Filippo Cavicciuli, e che sia stato un membro di una famiglia fiorentina ai tempi di Dante Alighieri. Era soprannominato “Argenti”.

Chloé: a proposito, sai che Filippo Argenti appare anche nel Decameron di Boccaccio? Adoro il Decameron ! Queste storie mi fanno morire dal ridere. Ma dai non è l’argomento di oggi 😉

Gianni: deve essere stato un tipo famoso.

Chloé: Ma nella canzone non sembrano molto amici, mi sa giusto? Qual è la tua impressione ?

Gianni: mah, pare di no! Ho letto che una volta questo Argenti, un tipo grande e grosso, prese a schiaffi proprio il nostro Dante Alighieri.

Chloé: sì, lo prese a schiaffi… non è da tutti fare una cosa del genere!

Gianni: a dire il vero… anche io lo avrei fatto se ne avessi avuto la possibilità… mi ha fatto studiare troppo!!

Chloé: hahaha ! Ma ho pure trovato che Argenti aveva scritto una risposta a Dante, per mostrare alle generazioni future che Dante era un personaggio cattivo e violento.

Gianni: beh, a me è arrivata la sensazione che fosse un sognatore, ma sai come si dice: ciascun dal cuore suo l’altrui misura…

Chloé: cerchiamo di spiegare bene la situazione. Dante colloca Filippo Argenti nel girone degli IRACONDI.

Gianni: gli IRACONDI sono coloro che nella loro vita sono stati pieni di IRA.

Chloé: sì, cioè di rabbia.

Gianni: erano arrabbiati dunque!

Chloé: pare di sì. Quando Dante parla di Filippo Argenti lo fa in modo molto pesante.

Gianni: infatti, è uno tra i più violenti e drammatici passaggi dell’intero Inferno.

Chloé: ormai da secoli i lettori ed i commentatori cercano di spiegare il motivo di questa violenza con cui Dante ed anche Virgilio, la sua guida, trattano questo “dannato”.

Gianni: i “dannati” sono le anime dell’inferno.

Chloé:sicuramente la vita personale del poeta ha avuto il suo peso, no?

Gianni: uno schiaffo non si dimentica!

Chloé: questo poi è anche quello che dicono a Firenze già da molti secoli.

Gianni: vorrei far ascoltare un pezzo di questa canzone? Che ne dici Chloè?

Chloé: Certo ! Direi pure che è necessario! Caparezza, nella canzone, che abbiamo detto si chiama “Argenti vive”, si immagina un monologo di Filippo Argenti che si rivolge a Dante Alighieri.

Gianni: esatto, si tratta di un monologo immaginato dal cantautore: Ci sono molte rime ed alcuni pezzi molto difficili. Ascoltiamo prima, poi spiegheremo questi pezzi perché ci fanno capire molto sul rapporto tra Dante e Argenti.

— Filippo Argenti monologo (parte del testo della canzone) —

Ciao Dante, ti ricordi di me?

Sono Filippo Argenti,

il vicino di casa che nella Commedia ponesti tra questi violenti,

sono quello che annega nel fango, pestato dai demoni intorno.

Cos’è vuoi provocarmi, sommo?

Puoi solo provocarmi sonno!

Alighieri, vedi, tremi, mi temi come gli eritemi, eri te che mi deridevi.

Devi combattere, ma te la dai a gambe levate, ma quale vate? Vattene!

Ehi, quando quando vuoi, dimmi dimmi dove!

Sono dannato ma te le dò di santa ragione!

Così impari a rimare male di me, io non ti maledirei, ti farei male

Non sei divino, individuo, se t’individuo, ti divido!

è inutile che decanti l’amante, Dante, provochi solo cali di libido!

Il mondo non è dei poeti, il mondo è di noi prepotenti!

Vai rimando alla genti che mi getti nel fango, ma io rimango l’Argenti!

Chloè: chi parla dunque è Filippo, e faccia passare Dante per un uomo molto violento!

Gianni: sì, esatto, parla malissimo di Dante e fa anche un sacco di battute, giocando con la rima e con le parole.

Chloè: ci sono un sacco di cose difficili da capire per uno straniero.

Gianni: ad esempio quel pezzo in cui Filippo dice: Cos’è vuoi provocarmi, sommo? Puoi solo provocarmi sonno !

Chloè: il gioco di parole qui è con le due parole sommo e sonno. “Sommo” equivale a “grande”, infatti Dante lo possiamo definire anche come “il sommo poeta”, cioè il grande poeta. Spesso si parla di Dante come il “Sommo Poeta

Gianni: infatti, mentre la seconda parola è “sonno”, con due enne al posto delle due emme. Il sonno è la sensazione che si ha quando si vuole dormire: quando si ha sonno, poi si dorme. no?

Chloè: infatti, quindi Filippo Argenti dice – “Cos’è, vuoi provocarmi, sommo?”

Gianni: cioè: “cosa vuoi Dante, mi vuoi provocare? Vuoi che io reagisca?”

Chloè: quindi Argenti dice che Dante vorrebbe provocarlo, vorrebbe provocare Argenti con tutta la sua feroce descrizione nel canto dell’inferno, e si rivolge a Dante chiamandolo “SOMMO”, cioè sommo poeta, grande poeta.

Gianni: infatti, e poi aggiunge che anziché provocarlo, cioè anziché farlo arrabbiare Dante gli provoca solamente sonno, cioè Dante è noioso, fa addormentare Filippo Argenti: gli provoca sonno, cioè lo fa solamente addormentare, come una camomilla!

Chloè: Poi dice anche a Dante: mi temi come gli eritemi.

Gianni: sì, mi temi come gli eritemi, cioè hai paura di me, mi temi, come gli eritemi, cioè come hai paura degli eritemi, che sono una malattia della pelle. In realtà solitamente si parla di eritema, al singolare, di solito.

Chloè: un altro gioco di parole! temi-eritemi

Gianni: sì, forse anche tu temi gli eritemi Chloè?

Chloè: beh dire che fa un po’ paura eh, sembra quasi quasi il diavolo che sta entrando sotto la mia pelle haha…..

Gianni: poi la rima continua: mi temi come gli eritemi, eri te che mi deridevi.

Chloè: eri tu che mi deridevi, cioè eri tu che ridevi di me: mi deridevi. Si tratta del verbo “deridere” che significa prendere in giro.

Gianni: “eri te” vuol dire “eri tu”. Spesso al posto di “tu” si dice “te”, ma in questo caso si tratterebbe di un errore, almeno un errore di grammatica.

Chloè: sì, ma i giovani spesso dicono “te” al posto di “tu”.

Gianni: vai avanti te allora, Chloè. Fa anche rima!

Chloè: lasciale fare a Dante quelle, è meglio!

Gianni: o anzi a Caparezza. Ma vediamo adesso un altro pezzo difficile.

Chloè: Devi combattere, ma te la dai a gambe levate, ma quale vate? Vattene!

Gianni: questo è più difficile: devi combattere, dice Argenti, ma “te la dai a gambe levate”. “Darsela a gambe levate” significa scappare velocemente. Filippo Argenti dice a Dante che lui scappa, se la dà a gambe levate, anziché combattere.

Chloè: e poi aggiunge: “ma quale vate, vattene!” ma quale VATE, cioè ma quale “poeta”, cioè dice “non sei un poeta”: quale vate, vattene!

Gianni: un altro gioco di parole: vate-vattene

Chloè: sì, vattene significa “vai via”, scappa. Argenti dice ancora una volta che Dante è un vigliacco, che è uno che scappa, altro che poeta, altro che VATE!

Gianni: sì, questo pezzo è un po’ difficile, ci vuole un po’ per digerirlo. Sai che alla fine della canzone c’è un pezzo molto simpatico. Ascoltiamo Caparezza:

Caparezza: le tue terzine sono carta straccia, le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno.

Chloè: sapete cosa sono le terzine? La terzina, al singolare, è una strofa composta da tre versi.

Gianni: Infatti, e chi studia Dante avrà anche notato, o letto che La terzina si chiama anche “terzina dantesca”, perché è la strofa usata da Dante nella composizione della Divina Commedia.

Chloè: infatti molto interessante questo punto: tutta la Divina Commedia è fatta di terzine. Nella Divina Commedia ci sono solamente terzine.

Gianni: vuoi spiegare come funziona una terzina Chloé?

Chloè: certo: terzina significa tre versi, cioè tre frasi: il primo verso (A) ed il terzo verso fanno rima tra loro (A), mentre il secondo verso (B) fa rima con il primo successivo. Poi si continua così sullo stesso modello, con il terzo della terzina successiva. (ABA BCB CDC…)

Gianni: sembra un po’ complicato ma in fondo è semplice. Le terzine, dice Argenti, sono “carta straccia”. Questo è un modo di dire che significa che le terzine non valgono nulla. Quindi Argenti dice che la Divina Commedia non vale nulla, che ha lo stesso valore della carta straccia. Cioè nessun valore.

Chloè: poi aggiunge: le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno.

Gianni: sì, le tue terzine sono carta straccia, le mie cinquine sulla tua faccia lasciano il segno. Cioè mentre le tue terzine sono carta straccia, le mie cinquine lasciano il segno sulla tua faccia.

Le cinquine sono gli schiaffi. Abbiamo detto prima che Argenti una volta ha schiaffeggiato Dante.

Chloé: quindi gli ha dato una cinquina. Cinquina viene da cinque, che sono le dita della mano.

Gianni: si dice in italiano, ma è un linguaggio familiare: mi ha dato una cinquina ! Cioè mi ha dato uno schiaffo.

Chloé: fanno male le cinquine Gianni?

Gianni: eh altroché, io ne ho presa una, molto tempo fa ed ancora me la ricordo sai?. Ho preso una bella cinquina sulla faccia.

Chloé: quella cinquina deve aver fatto male anche a Dante, tanto male.. Mi sa che Argenti l’ha preso a calci, ti immagini ?!!!

Gianni: un’immagine insolita di Dante… comunque credo che abbia ragione Argenti (cioè Caparezza): una cinquina lascia il segno. Infatti l’ha lasciato il segno. Anche quella che ha dato Argenti a Dante ha lasciato il segno a quanto pare non credi?

Chloé: Eccome! “Lasciare il segno” significa avere un effetto, sortire un effetto, lasciare un risultato/una traccia. Alla fine non sappiamo bene se Dante fosse davvero “un angelo”! Magari era un po’ violento anche lui no?

Gianni: chi lo sa… ma speriamo di averlo lasciato anche noi un risultato Chloé, col nostro episodio su Dante!!

Chloé: speriamo di aver lasciato una bella traccia. Sai, credo che ora Dante abbia un aspetto molto più umano di prima Gianni.

Gianni: credo proprio di sì! Anche Dante come noi si arrabbia e prende schiaffi!

Chloé: un saluto a tutti con affetto, speriamo di aver raccontato qualcosa di divertente ed istruttivo. E soprattutto di avervi dato una versione un po’ più moderna di Dante e della letteratura italiana! Direi pure che Dante non è sempre un inferno da leggere!

Gianni: per me lo è stato….intendo dire molto istruttivo. Infatti non sapevo nulla di questo Argenti prima di questo episodio.

Ciao a tutti!

Grandi personaggi Italiani: Roberto Benigni

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Audio

Trascrizione

Buongiorno amici di Italiano Semplicemente e grazie di essere qui all’ascolto di questo nuovo episodio dedicato ai grandi personaggi Italiani. Questo è un nuovo modo di ascoltare la lingua italiana, un nuovo modo che abbiamo cominciato a  sperimentare.

Spero di aver trovato una modalità interessante, che vi renda piacevole l’ascolto, ed in questo modo riuscirete senz’altro a migliorare la vostra comprensione della lingua italiana, a memorizzare le regole grammaticali in modo automatico, e nello stesso tempo riuscirete ad imparare qualcosa sulla cultura italiana, fatta anche di grandi personaggi, cioè di persone importanti, persone che nella loro vita hanno fatto o stanno tuttora facendo qualcosa di importante per l’Italia.

Oggi parliamo quindi di un secondo grande personaggio italiano. Abbiamo visto per primo Umberto Eco, scelto perché la maggioranza di voi me lo aveva richiesto. Abbiamo visto alcune curiosità della sua vita e il suo contributo a favore della lingua italiana, cioè abbiamo visto che cosa ha fatto e cosa ha dato Umberto Eco alla lingua italiana e come ha contribuito alla diffusione della conoscenza della lingua italiana in Italia e nel mondo, ed abbiamo visto anche alcune questioni interessanti che lo riguardano, come il rapporto tra la lingua italiana ed i dialetti italiani, cioè le lingue locali, le lingue diffuse a livello locale, territoriale.

Oggi vorrei invece parlarvi di un altro grande personaggio italiano: Roberto Benigni. Roberto Benigni è un comico italiano. Un comico è una persona che per mestiere, come lavoro, fa divertire le persone, deve far ridere, diciamo che guadagna facendo divertire le persone. Il suo compito è questo, cosa non affatto facile direi. Benigni è un comico, o farei meglio a dire che Benigni nasce come comico.

Ha fatto anche molti film, alcuni di successo, sia film comici, appunto, ma anche film drammatici. Il suo film più famoso, che appartiene proprio alla categoria dei film drammatici, è “la vita è bella“, film che ha avuto un successo clamoroso, tanto da vincere anche il premio oscar nel 1997. “La vita è bella” è il titolo di questo film, film diretto e interpretato da Roberto Benigni. “Diretto” significa che lui è stato il regista di questo film, lui l’ha diretto, e chi dirige un film si chiama il “regista”. “Interpretato” invece significa che Benigni era un attore di questo film, era un interprete di questo film; lui ha quindi interpretato una parte in questo film, e la parte che Benigni ha interpretato è stata la parte dell’attore protagonista, cioè la parte dell’attore principale, il più importante, il protagonista principale del film, il cui nome nel film era Guido.

Benigni ha interpretato la sua parte talmente bene da vincere il Premio Oscar come attore protagonista. Questo è uno dei tre premi oscar che ha vinto il film “la via è bella”. Gli altri due premi oscar che ha vinto il film sono stati il premio come miglior film straniero e il premio come miglior colonna sonora.

La colonna sonora è fondamentalmente la musica del film, la base musicale del film. La colonna sonora è l’insieme della voce, della musica e dei rumori di un film. Per chi non avesse visto questo film vi consiglio di farlo, perché è un film molto originale perché Benigni ha avuto il coraggio di fare un film sull’Olocausto facendo anche dell’ironia. Inoltre il film fa vedere l’Olocausto dagli occhi di un bambino. Questo film è quindi anche un film molto ironico,  è un film che riesce  far divertire nonostante parli di un tema serissimo, quello della strage degli ebrei, dello sterminio nazista.

Il film è ironico perché  quando la famiglia di cui il protagonista fa parte nel film viene deportata all’interno del campo di concentramento nazista, cioè del Lager nazista, Benigni, nei panni di Guido, fa credere al figlio che tutto sia un gioco. Guido fa credere al figlio che ci sia un gioco in cui i giocatori devono affrontare delle prove difficili per vincere un premio finale. Tutto questo, naturalmente, Guido lo fa per proteggere il figlio, per proteggere il proprio figlio dall’orrore del nazismo, per non fargli vivere quella terribile esperienza. Un’idea geniale questa che è stata premiata con ben tre premi oscar appunto. Il campo di concentramento è una struttura carceraria, un carcere quindi, una prigione, ma all’aperto; è quel campo, quel terreno, quell’area territoriale aperta in cui venivano concentrati, cioè venivano messi tutti assieme,  i detenuti. Questo campo quindi è una struttura in cui venivano concentrate molte persone, una grande quantità di persone.

Benigni però non ha fatto solamente film e spettacoli comici però. Infatti nella sua vita Benigni si è anche occupato della lingua e della cultura italiana. Cosa ha fatto per la lingua italiana Benigni? Forse gli stranieri non ne sono a conoscenza, ma ci sono moltissime cose che accomunano Roberto Benigni alla lingua ed anche alla cultura italiana. Benigni e l’Italia hanno molte cose in comune, e quindi possiamo dire che ci sono molte cose che “accomunano” Benigni alla lingua ed alla cultura italiana.

Benigni ha aiutato gli stessi italiani a comprendere il significato e la bellezza della Costituzione Italiana, che è la legge italiana più importante in Italia, e questa è una cosa che per un comico è molto originale. Solitamente i comici sanno far divertire le persone e basta infatti.

Benigni ha, non dimentichiamo, anche cantato ed spiegato l’Inno di Mameli, che è l’Inno d’Italia, la canzone dedicata all’Italia.  L’Inno di Mameli è la canzone che si canta in occasioni dei mondiali di calcio ad esempio, prima dell’inizio di ogni partita. Benigni ha quindi spiegato l’inno d’Italia in TV, davanti a tutti gli italiani: ha appunto spiegato le singole parole dell’Inno, una ad una, facendo scoprire a tutti gli italiani il loro vero significato, evidentemente non proprio così scontato.

Benigni infine parla più volte pubblicamente della cultura italiana, lo fa nel suo modo simpatico e appassionato, come al solito. Allora vi voglio far ascoltare un pezzo di cui riporto anche la trascrizione su Italiano Semplicemente. Dopo, considerando che Roberto parla abbastanza velocemente, vi ripeterò brevemente quello che dice.

È il sud dell’Italia che ci deve dare un’identità. L’Italia è l’unico luogo al mondo in cui è nata prima la cultura e poi la nazione, dobbiamo andare fieri di questo, è una cosa meravigliosa… Il sud dell’Italia quante cose c’ha dato: tutti i più grandi pensatori; è il sud che deve dare un’identità, ci darà un’identità perché tutti i più grandi pensatori sono nati al sud. Non è un caso: Campanella, Telesio, Benedetto Croce, Galiani, Vigo, Giordano Bruno, Tommaso D’Aquino. Tutti i pensatori che ci sono stati in Italia vengono da sud; è da lì che aspettiamo l’identità, dal sud dell’Italia..

Benigni, avete sentito, parla molto velocemente in questo pezzo che vi ho fatto ascoltare. Nel caso aveste avuto dei problemi di comprensione,  Benigni dice che i più grandi personaggi italiani, quelli che hanno dato una identità all’Italia, sono del sud Italia, appartengono alle zone del sud-Italia.

L’Italia infatti è divisa in regioni, in venti regioni, ed in tre grandi macro-aggregati di regioni: le regioni del nord, quelle del centro e quelle del sud. Ci sono molte differenze tra queste tre parti dell’Italia: differenze culturali, linguistiche, stili di vita, oltre che differenze di abitudini quotidiane, di dialetti e tradizioni. E Benigni esalta, cioè parla bene delle regioni del sud, della parte sud dell’Italia, che, c’è da dire, è anche la parte economicamente più svantaggiata dell’Italia, la parte che è meno vicina all’Europa, al nord Europa, quella più produttiva, e quindi per questo il sud-Italia è la parte più carente di infrastrutture, più carente di lavoro e più carente di opportunità in generale. Nel sud dell’Italia, dice Benigni, sono nati però i più grandi personaggi della letteratura, i più grandi pensatori, che sono coloro che pensano, che usano la testa per pensare.

Benigni parla anche di Dante Alighieri in quella stessa occasione. Tutti voi sicuramente conoscete Dante Alighieri, che sarà anche uno dei prossimi grandi personaggi di cui parleremo. Ebbene, Benigni è stato molto importante per avvicinare gli italiani alla bellezza dell’Italia, ed in particolare alla bellezza della Divina Commedia, l’opera più importante di Dante Alighieri. E ascoltate anche cosa dice Benigni della Divina Commedia:

La Divina Commedia è una di quelle opere… il dono più grande proprio! Prima di tutto chiariamo una cosa: che è l’opera di poesia più grande! Tutte le letterature di tutti i tempi e di tutto il mondo. Non c’è una cosa grande nel mondo come la Divina Commedia; e guardate che  non potete sapere la bellezza quando si va all’estero. No potete sapé (=sapere) quanta gente impara l’italiano per leggerla dall’originale: più di quella che pensate. Questa è l’opera più ardita dell’ingegno umano.

Nella seconda parte parla della Divina Commedia come della cosa più grande, l’opera più grande di poesia che ci sia al mondo, l’opera più grande che sia mai stata scritta nella letteratura mondiale e che ci sono molti stranieri, tante persone di altre nazionalità che hanno voluto imparare la lingua italiana per il piacere di poter leggere e capire la Divina Commedia in lingua originale.

Insomma avete sicuramente capito perché ho scelto Benigni come uno dei principali personaggi di cui parlare nella nostra rubrica dei grandi personaggi italiani. La passione con cui parla è veramente incredibile. Benigni ha un accento toscano, quindi quando parla si nota, o almeno gli italiani notano chiaramente il suo accento, la sua inflessione tipica della regione Toscana, che tra l’altro è proprio la Regione di dante Alighieri.

Infatti qualche anno fa ha recitato e commentato la Divina Commedia in TV, davanti a milioni di telespettatori. Ha spiegato il significato anche qui di ogni singola parola, e l’ha fatto in modo appassionato e divertente, a modo suo, facendo anche riferimenti storici, senza i quali è praticamente impossibile capire fino alla fine. Ma questo lo vedremo la prossima volta, quando il personaggio di cui ci occuperemo sarà proprio Dante Alighieri.

Un saluto a tutti, tutti i visitatori ed ascoltatori di Italiano Semplicemente, che vengono un po’ da tutti i paesi del mondo. Spero che questo episodio di sia piaciuto, e grazie anche a coloro che hanno usato lo strumento della donazione, strumento che ho messo recentemente a disposizione per coloro che vogliono aiutare Italiano Semplicemente a svilupparsi ed a crescere.

A proposito di visitatori: I primi visitatori del 2016, quelli più numerosi, lo voglio ricordare, sono i finlandesi. Un saluto speciale dunque a tutti i finlaldesi: “hei hei” è il classico saluto finlandese, un saluto che ho imparato quest’estate durante le mie vacanze nella splendida Finlandia.

Ancora uno hei hei a tutti amici!

Grandi personaggi italiani: Umberto Eco

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Audio

Trascrizione

Buongiorno, amici di Italiano Semplicemente. Spero stiate tutti bene. Dunque oggi inizia una serie di episodi dedicati ai grandi personaggi italiani.
Lo avevo preannunciato nel corso dell’ultimo episodio, quando abbiamo parlato di terremoto e dei termini più usati quando si parla di terremoto, articolo tra l’altro molto apprezzato a giudicare dal numero delle visite.

Ebbene sulla pagina Facebook vi avevo chiesto da quale grande personaggio italiano iniziare e ho notato che c’è stato molto interesse su questo argomento; ne sono molto felice, quindi ho solamente l’imbarazzo della scelta:
Valentino Rossi per il MotoGP, Umberto Eco per la letteratura, Garibaldi per ciò che ha fatto per l’Italia, Dante Alighieri, chi non conosce la Divina Commedia? I grandi artisti come Leonardo da Vinci, Michelangelo,  Pinturicchio, Giotto, il Ghirlandaio,  Cimabue, Brunelleschi, Bernini,  Caravaggio. Chi più ne ha, più ne metta! C’è anche chi mi ha proposto Nerone; bene. Abbiamo quindi il materiale per un paio di anni di lavoro.

Inizialmente, pensando a questa idea, avevo proposto ai visitatori di Italiano semplicemente l’attore Roberto Benigni, ed anche Rita Levi Montalcini per la letteratura, o anche Pavarotti, famoso cantante lirico, ma voglio considerare ovviamente le vostre indicazioni quindi vorrei iniziare con Umberto Eco.

Prima di iniziare a parlare di Umberto Eco, vorrei darvi una piccola informazione che probabilmente non avete ancora notato, perché pubblicando molti episodi recentemente siete giustamente concentrati su questi, ma vorrei accertarmi del fatto che avete notato che ho creato una pagina che si chiama DONAZIONE. DONAZIONE è una pagina che serve ad aiutare i creatori di contenuti come me, ad aiutare tutte le persone che mettono dei contenuti a disposizione gratuitamente a raccogliere dei fondi che possono donare i donatori. I donatori sono le persone che consumano i contenuti gratuiti, come voi in questo caso, e questa pagina dà la possibilità ai donatori di aiutare il creatore di contenuti attraverso una donazione mensile. Ogni mese voi donate una piccola somma, e quello che è veramente stupefacente è che si può donare anche 1 solo euro. Questo vuol dire che voi potete donare anche 1 euro al mese e così potete aiutare il creatore di contenuti e la pagina internet che seguite. Potete ovviamente pagare usando qualsiasi altra moneta e potete, ovviamente, fermarvi quando volete voi, potete decidere di pagare quanto e quando volete voi. Uno strumento molto flessibile dunque. Quello che mi piace di questo sistema è che è basato sulla fiducia ed è basato sulla volontà: voi non siete obbligati a farlo, potete continuare semplicemente a consumare i contenuti senza aiutare Italiano Semplicemente e ad ogni modo, credo che sia un sistema niente male; non a caso viene utilizzato in molti siti web.

Sapete che Italiano Semplicemente sta crescendo grazie a voi tutti ed io vi ringrazio di questo. Non è facile per me che ho anche un lavoro e una famiglia da seguire quindi devo trovare il tempo per occuparmi anche di ciò di cui sono appassionato. Non ho mai messo alcuna forma di pubblicità sul mio sito perché so che può dar fastidio e può distrarre i visitatori. Quindi continuerò ad occuparmi di voi e a fare in modo che possiate migliorare il vostro italiano con divertimento e se possibile senza annoiarvi.

Se volete aiutare la missione di Italiano Semplicemente, in alto sul sito c’è il pulsante “donazione” e vedrete che è semplicissimo e velocissimo, soprattutto se avete Paypal. Ad ogni modo vi ringrazio di dedicare il vostro tempo per considerare questa possibilità. Non so neanche se funziona ancora, fatemi sapere se avete problemi.

Allora parliamo di Umberto Eco ora: Il motivo di questa scelta è che il primo che me l’ha proposto mi ha ricordato una cosa su Umberto Eco, vale a dire una sua frase celebre che è la seguente:

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito. Perché la lettura è un’immortalità all’indietro”

Umberto Eco è morto abbastanza recentemente, a Milano, il giorno 19 febbraio di quest’anno, del 2016, dopo aver vissuto per 84 anni. Infatti Umberto Eco nasce ad Alessandria, il giorno 5 gennaio 1932. Attenzione perché (apro una piccola parentesi) ho appena detto “nasce” ad Alessandria e non ho detto invece “è nato” e neanche “nacque” ad Alessandria. Ho usato dunque il presente del verbo nascere. Come mai? Non si tratta di un errore: è corretto, quando si parla di nascite, e quando si parla di qualcuno che è nato in un certo luogo in una certa data posso talvolta dire: “nasce”: Umberto Eco nasce ad Alessandria, oppure Umberto Eco nasce nel 1932. Anche nei testi scolastici è comune l’uso del presente; per esempio: “Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785″. Attenzione però perché se la persona è ancora viva, in tal caso si usa dire “è nato”. Vi potrebbe venir voglia di dire che Umberto Eco “era nato” ad Alessandria poiché ora è morto, ma in realtà non si usa fare questo, anche se dal punto di vista grammaticale non sarebbe scorretto. Diciamo che “nasce nel” o “nasce a ” quindi al presente è una forma che si usa quando la persona è morta. Chiudiamo la parentesi; è solamente per dirvi che la grammatica non sempre ci è di aiuto per parlare ed esprimerci correttamente

Tornando ad Eco, non parlerò oggi ovviamente di tutta la sua vita e di tutto quello che ha fatto, anche per non annoiare i visitatori. Quello che farò, ogni volta, in questa rubrica, è ricordare alcune cose, alcuni fatti importanti, alcune cose “degne di nota” di un personaggio. Quando una cosa è degna di nota vuol dire che è importante. Degna di nota vuol dire degna di essere citata, degna di essere ricordata. Degna significa che ha dignità, quindi degna vuol dire che vale la pena di ricordare.

La frase precedentemente citata è una frase infatti veramente degna di essere citata. La lettura è una delle cose che veramente ci distingue dall’animale. C’è anche una famosa frase di Mark Twain secondo la quale “chi non legge non ha nessun vantaggio su chi non sa leggere“. Anche questa è una frase di grande effetto.

Ma innanzitutto perché è famoso Umberto Eco e perché vale la pena di essere ricordato? Non è solo per questa frase evidentemente. Eco è stato un uomo nato in una famiglia normale; era figlio di un semplice impiegato delle Ferrovie dello Stato, quindi  non di personaggi famosi. Apparteneva insomma ad una famiglia normale. Ha studiato filosofia, laureandosi nel 1954. Nella sua vita Umberto Eco si interessò in realtà di molte cose: prima di filosofia e cultura medievale, successivamente si è interessato molto alla comunicazione dei mass media e all’influenza dei mass media nella cultura di massa, ma anche di politica e di molti altri aspetti. Oggi mi soffermerò in particolare su alcune curiosità che riguardano Umberto Eco, che credo siano interessanti per chi segue Italiano Semplicemente.

Mi ha colpito che Eco ad esempio sia stato un grande appassionato di fumetti, ed in particolare di un fumetto di nome “Dylan Dog“, un fumetto del quale anche io stesso sono stato molto appassionato in passato. Mi ha molto colpito questa cosa. Umberto Eco diceva che lui poteva leggere la Bibbia, Omero e Dylan Dog tranquillamente per giorni e giorni senza mai annoiarsi.

Per chi non lo conosce, Dylanj Dog è il famoso “indagatore dell’incubo“, nome sicuramente complicato per voi stranieri. L’Indagatore  dell’incubo è colui che indaga sull’incubo, cioè Dylan Dog è un indagatore, cioè un investigatore, come Sherlock Holmes ad esempio, ed è un investigatore dell’incubo, lui indaga, investiga, sull’incubo. L’incubo è la parola indicata per descrivere un brutto sogno, un sogno pauroso. Pensate che questo fumetto ha anche dedicato uno dei suoi numeri ad Umberto Eco, ed in questo fumetto, in questo numero, il personaggio protagonista, che si chiama appunto Dylan Dog, è stato affiancato proprio da Umberto Eco, per fare, pensate un po’, un’indagine sull’origine delle lingue del mondo. Un’indagine per capire, per scoprire l’origine, cioè come sono nate, le lingue nel mondo.

Umberto si occupa anche di narrativa, ed è all’età di 48 anni fa il suo ingresso nel mondo della narrativa. Il suo più grande successo è il libro dal titolo “Il nome della rosa“, un successo strepitoso che è stato tradotto in moltissime lingue diverse, ben 47 se non sbaglio. Probabilmente moltissimi di voi avranno letto Il nome della rosa.

Una delle caratteristiche più note di Umberto Eco era sicuramente l’umorismo. Questa è un’altra cosa degna di nota, secondo me. Si è parlato dell’umorismo come di una vera arma letteraria di Umberto Eco. Il fatto stesso di citare Dylan Dog vicino alla Bibbia e ad Omero ne è una chiara dimostrazione, secondo me.

Umberto Eco si è occupato anche della lingua italiana. Lo ha fatto in moltissimi modi diversi a dire il vero, e vorrei soffermarmi un po’ su questo aspetto perché chi ascolta questo podcast sono sicuro troverà interessante le idee di Umberto Eco in proposito. In una intervista del 2011, in occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, avvenuta nel 1861, Eco parla ad esempio dei dialetti italiani. I dialetti sono diffusissimi in Italia. Un dialetto è una lingua che si parla in una specifica parte dell’Italia; il dialetto ha quindi un ambito geografico limitato, si parla in un ambito geografico limitato ed in Italia ci sono moltissimi dialetti, moltissime lingue che sono simili alla lingua italiana, chi più chi meno: alcuni dialetti sono veramente difficili da comprendere però.

Molti dialetti sono più famosi degli altri, perché più caratteristici, perché spesso legati a personaggi italiani famosi: parlo del dialetto napoletano, che si parla quindi a Napoli e dintorni, o del dialetto siciliano. Questi due dialetti sono sicuramente più famosi degli altri. Non ci dimentichiamo del dialetto romano inoltre. Ci sono però dialetti altrettanto caratteristici ma meno famosi all’estero, come il dialetto sardo, che si parla in Sardegna, il dialetto milanese eccetera. Potrei continuare all’infinito, perché in Italia in realtà ogni piccolo paese, anche il più piccolo di 100 abitanti ha un suo dialetto caratteristico: qualche volta si parla di una leggera inflessione, di una leggera differenza nella lingua parlata rispetto ad altri dialetti, ed altre volte si tratta di una vera e propria lingua, che può essere anche molto diversa dalla lingua italiana come dicevo prima.

Ebbene Umberto Eco in questa intervista del 2011 parla della lingua italiana e parla anche delle differenze tra la lingua italiana e le altre lingue. Trovo personalmente molto interessante ciò che ha detto in proposito.

“…e un lettore inglese che prendesse in mano il Canterbury Tales di Chaucer (nota: XIV secolo) che è scritto in middle english….. non riuscirebbe a capire niente, mentre un italiano prendendo in mano un libro sessant’anni prima di Chaucer, “nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura“, capisce benissimo”

Umberto Eco ci spiega che la lingua italiana non si è evoluta un granché, tra Leopardi e Petrarca ci sono 500 anni di differenza e non si nota molto la differenza nel linguaggio tra i due grandi letterati.

Umberto Eco dice poi, facendo uso dei suoi studi sulla comunicazione dei mass-media, che esiste un diffuso linguaggio basico che si è diffuso grazie soprattutto alla televisione, e questo ha messo in crisi i dialetti. I dialetti ovviamente hanno sofferto quindi la diffusione dell’italiano basico, ma i dialetti sono una buona cosa o sono considerati una cosa negativa per la lingua italiana e per l’Italia in generale?

Dobbiamo considerare i dialetti locali come una caratteristica di arretratezza culturale, come segno di ignoranza oppure i dialetti sono una cosa da proteggere perché preziosa?

Eco sottolinea come gli esperti della lingua italiana fino a qualche anno fa auspicavano che si abbandonasse l’uso dei dialetti per favorire l’uso della lingua italiana nazionale. Oggi invece gli stessi linguisti credono che i dialetti siano un patrimonio da conservare e si chiedono come fare per evitare l’estinzione dei dialetti, considerati quindi come qualcosa di prezioso, da conservare e proteggere. Ma l’italiano sta comunque cambiando; si evolve, si sviluppa lo stesso nonostante il basic-italian diffuso dalla TV: negli anni 50 in una famiglia italiana i genitori parlavano in dialetto ed i figli che andavano a scuola parlavano l’italiano. Oggi le parti pare si siano invertite. Ora i figli sono cresciuti e sono diventati genitori ed i figli di oggi, dice Umberto Eco, non sanno più parlare italiano, perché i giovani usano molto gli sms, ed oggi ancora più del 2011 usano molto Facebook e Whatsapp, in cui si usa un linguaggio semplificato, fatto di sigle e di scorciatoie, di parole tagliate ed acronimi inventati. Le nuove generazioni leggono meno dei loro genitori, leggono meno i giornali e guardano meno la TV. I giovani preferiscono brevi messaggi, anzi, brevi sms.

Spero che i giovani che seguono Italiano Semplicemente invece siano dei buoni lettori ed anche dei buoni ascoltatori. Trovo la frase di Umberto Eco veramente molto profonda, soprattutto nella parte finale quando dice: “la lettura è un’immortalità all’indietro”, vale a dire con la lettura si vive più a lungo, ma la vita si allunga all’indietro, indietro all’infinito, fino a  diventare immortali: la lettura è un’immortalità all’indietro.

Spero che questa nuova rubrica vi piaccia, ogni volta faremo un personaggio italiano diverso e cercheremo alcuni spunti che possano avere a  che fare con la lingua italiana, con l’apprendimento della lingua italiana, come abbiamo fatto oggi. Continuate a lasciare messaggi sulla pagina Facebook e fatemi sapere quale personaggio volete sia il protagonista del prossimo grande personaggio italiano.

Grazie di essere sempre più numerosi e fedeli a seguire Italiano Semplicemente. Io sono sempre molto felice di leggere i vostri commenti e di discutere con voi, di connettermi con voi anche chiarendo dei dubbi che possono venire ascoltando i podcast.

Non esitate ad unirvi con noi su Facebook o su Twitter o Instagram al fine di riuscire a portare a termine  la mia missione che è quella di aiutarvi ad imparare a comunicare in Italiano. Voi comprendete già l’italiano, lo capite, volete parlarlo ed è la mia missione quella di aiutarvi a riuscirci.

Ora vi dico a presto, ed al prossimo episodio di Italiano Semplicemente, in cui vi spiegherò il significato de “il quarto d’ora accademico“, una caratteristica tutta italiana.

Ciao ciao.