636 Nisba

Constatare – VERBI PROFESSIONALI (n.68)

Il verbo CONSTATARE

Descrizione

Il verbo constatare è il numero 68 dei verbi professionali.

Durata: 11:26 minuti

Testo e audio MP3 sono disponibili solo per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

richiesta adesione

I malpancisti e i cerchiobottisti POLITICA ITALIANA (Ep. n. 14)

I malpancisti e i cerchiobottisti (scarica audio)

Tutti gli episodi

Trascrizione

Avete mai avuto il mal di pancia? Lo sapevate che coloro che hanno il mal di pancia, in politica hanno un nome preciso: i malpancisti. Che strano vero?

Apriamo una breve parentesi sul suffisso – ista.

Usiamo un suffisso – ista, per il singolare e – isti per il plurale.

Il suffisso -ista in generale indica una persona che svolge un’attività, oppure che segue un’ideologia o presenta determinate caratteristiche. Non si usa solamente in politica naturalmente.

Pensiamo all’autista che guida l’auto, al barista che si occupa del bar o all’elettricista che lavora con l’elettricità. Pensiamo anche alla persona femminista, che si riferisce all’ideologia e si riferisce al femminismo e a chi lo sostiene.

Si usa molto questo suffisso anche nelle parole di nuova formazione. Pensiamo anche al cosiddetto cerchiobottista, cioè la persona che evita di compiere una scelta decisa.

Anche questa spesso è una caratteristica che si addice a molti politici. Deriva dal detto dare un colpo al cerchio e uno alla botte. I politici in effetti spesso si comportano in modo da non scontentare nessuno, per non perdere voti e sostenitori. Allora una volta sostengono le idee di una certa parte della popolazione e altre volte le idee di un’altra parte, anche se sono opposte tra loro. Non si capisce mai da quale parte stanno i cerchiobottisti.

Si dice così perché una volta esisteva il mestiere del bottaio, che costruiva le botti, che servono a contenere vino o olio.

Quando costruiva la botte, che è fatta di legno con dei cerchi di metallo, il bottaio, per fare bella tonda la botte, alternava delle martellate un po’ sul cerchio di ferro e un po’ sul legno, per non fare troppo male all’uno e all’altro.

Quindi dava una botta al cerchio di ferro e poi alla botte di legno. Un simpatico modo di dire che si addice molto ai politici che cercano di barcamenarsi tra una posizione politica e l’altra.

Barcamenarsi come verbo esprime ugualmente quest’idea di cercare di cavarsela in qualche modo in situazioni difficili, e spesso si usa quando nelle difficoltà si cerca di sopravvivere, ma si può usare anche quando si cerca di evitare di assumere una posizione che possa compromettere i propri interessi. Simile anche a destreggiarsi, di cui ci siamo già occupati.

I cerchiobottisti, politica a parte, si trovano sempre in una situazione da dover gestire quando ci sono interessi opposti e quindi è normale che se ne parli spesso in politica, ma volendo si potrebbe uscire da questo contesto.

In merito al malpancista, invece, potete usare questo appellativo solo parlando di politica.

Torniamo dunque ai malpancisti, cioè a coloro che hanno il mal di pancia.

Ma in che senso?

Forse i politici mangiano pesante?

Forse, questo è vero, qualcuno mangia troppo, ma non è questo il problema.

Sapete che il mal di pancia viene quando qualcosa non funziona allo stomaco, specie nella digestione.

Qui casca l’asino! Infatti tra le cose che non si possono digerire ci sono anche le decisioni politiche.

Esiste infatti la cosiddetta “linea di partito” , che rappresenta il programma o il piano politico da perseguire secondo le idee del partito in questione, quindi gli obiettivi da raggiungere. Questo perché ogni partito ha una sua visione, identità, linea o finalità politica di interesse pubblico ovvero relativa a questioni fondamentali circa la gestione dello Stato e della società o anche solo su temi specifici o particolari.

Ma non tutti sono completamente d’accordo su tutto. Allora potrebbe crearsi del malcontento tra i politici, una insofferenza, un fastidio, un malumore.

Se poi questi politici sono un gruppo numeroso, che possono creare problemi, queste persone vengono etichettate con il termine malpancisti, cioè coloro che non si trovano in sintonia con la direzione del partito in merito ad alcune scelte.

Spesso sono sempre le stesse persone i malpancisti, perché si creano dei cosiddetti “schieramenti” , dei gruppetti di parlamentari o senatori, chiamate anche “fronde” all’interno dello stesso partito, che sono rappresentati in genere da un solo personaggio in particolare che dunque li rappresenta.

Vediamo qualche esempio:

La fronda malpancista del Partito democratico si oppone alla riforma della giustizia.

I malpancisti del centro destra, col loro atteggiamento di dissenso, fanno arrabbiare il loro capo.

L’Italia vota il green pass, nonostante i malpancisti.

Malumori nella Lega: i malpancisti sono contrari alla linea del presidente Draghi ma alla fine si adeguano

I malpancisti solitamente non si spingono fino al palese dissenso, non votano contro, però comunque si fanno sentire e cercano spesso di ottenere qualcosa in cambio per farsi passare il mal di pancia: una promessa su una futura legge ad esempio, e in generale cercano di far passare la loro linea almeno su alcuni punti.

Ci vediamo al prossimo episodio sulla politica italiana.

635 Da quel dì

634 Raccapezzarsi

633 E’ Il caso o non è il caso?

E’ Il caso o non è il caso?

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

richiesta adesione

Trascrizione

Giovanni: dopo aver visto l’episodio si dà il caso che“, forse è il caso di approfondire maggiormente il senso della parola “caso”.

Ma non è proprio il caso di occuparci di tutti i suoi utilizzi, considerando che ce ne sono parecchi.

Allora mi limiterò alle espressioni “è il caso” e “non è il caso“, che ho già utilizzato pochi secondi fa, non a caso.

Bisogna dire infatti che il termine “caso” può indicare, tra le altre cose, una situazione particolare, una situazione da affrontare, una situazione di fronte alla quale bisogna agire, per capire cosa fare. È come se dividessimo tutte le diverse situazioni in categorie, chiamate “casi”.

Cosa fare?

Oppure:

Cosa è il caso di fare?

Come a dire: in quale situazione siamo, in quale caso siamo?

Si può anche dire così, se vogliamo sottolineare la delicatezza della questione, o il fatto che stiamo valutando attentamente cosa fare.

Ciò che intendo dire è: è una di quelle situazioni in cui bisogna comportarsi in un certo modo? Siamo in uno di quei casi?

Ad esempio, se mi bocciano all’esame di italiano, posso dire:

E adesso?

E’ una di quelle situazioni in cui bisogna insistere e rifare l’esame? Oppure mi devo arrendere? Qual è il caso?

È una situazione nella quale insistere oppure no?

Oppure posso dire:

È il caso di insistere secondo te?

Sarebbe il caso di rifare l’esame?

Secondo te è il caso di riprovare a dare l’esame? Oppure non credi sia il caso?

Quindi si sta chiedendo, in fondo, se sia meglio fare un’azione oppure farne un’altra.

È meglio la scelta A o la scelta B ?

Ma c’è qualcosa di più rispetto alla scelta migliore.

Generalmente quando è il caso o meno di fare qualcosa, c’è una situazione delicata, quindi la scelta migliore deve tener conto spesso, ma non sempre, di qualcosa di delicato, di opportuno.

Vedete che torniamo sempre, recentemente almeno, alle cose opportune da fare.

Oddio, ho fatto due starnuti. Avrò il Covid?

No, tranquillo, non è il caso di preoccuparsi per così poco.

Vedete quindi che non si tratta semplicemente della scelta migliore.

In questa occasione è come se dicessi: non vale la pena preoccuparsi, non bisogna preoccuparsi, non siamo in una situazione in cui bisogna preoccuparsi. Non siamo in quel caso.

Occorre preoccuparsi o no, per due starnuti?

È il caso di preoccuparsi?

Non credo sia il caso. Almeno in questo caso.

Oppure, un altro esempio:

Vuoi andare a parlare col professore vestito così?

Non credo sia assolutamente il caso di presentarsi con la tuta da ginnastica!

Questa sicuramente è una situazione delicata.

Il tuo abbigliamento non è adatto. Secondo me non è il caso.

Molto simile (in questo esempio) a “non è opportuno” e potremmo parlare anche di “discrezione” perché siamo nell’ambito dei comportamenti adatti o non adatti, opportuni o non opportuni.

Vi faccio notare che “non è il caso” ha qualcosa in comune con “non è cosa“, di cui abbiamo già parlato. “Non è cosa”, si potrebbe tradurre, volendo con “non è assolutamente il caso“, ma si usa anche quando qualcosa non riesce proprio, nonostante molti tentativi. “Non è cosa” è anche molto più informale e netta come espressione, quando si usa per escludere categoricamente che qualcosa vada fatto.

Non è il caso somiglia invece più ad un consiglio.

E adesso credete sia il caso di fare un bel ripasso degli episodi precedenti?

Direi di sì, visto che i due minuti sono già passati.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Ulrike: cos’hai Irina? Perché sei così nervosa? Sembri un’anima in pena!

Irina: hai ragione, questa mia preoccupazione si deve al fatto che sono stato/a invitata a pranzo in ambasciata oggi e non vorrei prestarmi a brutte figure. Sono preoccupata perché non conosco bene il galateo a tavola, ma la forma è sostanza in posti così! Sono preoccupata soprattutto perche dovrò sbucciare la frutta. Ci saranno qualcosa come 10 ambasciatori a questo pranzo. Non vi dico che ansia!

Marcelo: Senza contare che dovrete prendere anche il caffè!

Mary: dovrai imparare a prendere il caffè per bene allora.
Avete presente quello che dice il galateo in merito?

Rafaela: Secondo me si tratta di indicazioni che lasciano il tempo che trovano. Predicano un comportamento piuttosto lezioso, roba di tempi passati. Come la vedete voi?

Anthony e Rauno: ma quando mai? Ti aiuto io. Sempre che tu voglia essere aiutata. Innanzitutto non approfittare, cioè non fare incetta di cibo.

Irina: ci mancherebbe! Altrimenti verrà a galla la mia mancanza di stile.

Peggy: anch’io ne so qualcosa di galateo. Ad esempio, riguardo al caffè, la tazzina va sollevata con pollice e indice, e quindi portata verso le labbra (non è il contrario, cioè non è la bocca che va verso la tazzina).

Sofie: poi, sempre stando al galateo, il cucchiaino va usato solo per mescolare lo zucchero, non per pulirlo dal caffè con la bocca. Mi raccomando!

Harjit: non è segno di classe neanche soffiare sul caffè se è troppo caldo, e sarebbe fuori luogo anche appoggiare il cucchiaino nella tazzina. Bisogna infatti appoggiarla sul piattino, sul lato destro.

Flora: E non fare strani versi dopo averlo bevuto qualora il caffè fosse una ciofeca. Forte dei nostri consigli adesso farai un figurone!

Mary: e con l’ammazza caffè come la mettiamo? Ma forse non è il caso di prendere anche quello…

Irina: infatti, vabbè grazie dei consigli ragazzi. Adesso bando alle ciance. Vado a prepararmi! Ma credo che le mie possibilità di cavarmela siano remote!

La parola misteriosa

La parola misteriosa (scarica audio)

Video YouTube

parola misteriosa video youtube

Trascrizione

Giovanni: riportiamo oggi un estratto di una videochat fatta con i membri dell’associazione Italiano Semplicemente, nella quale propongo ai membri di indovinare una parola misteriosa in base a 13 indizi. 

Tutti i giovedì si fa una videochat per parlare, ascoltare e divertirsi in compagnia con la nostra lingua preferita.

Ecco gli indizi:

  1. punto di riferimento
  2. di solito ce n’è più di uno
  3. indica una gerarchia
  4. riguarda un interrogatorio
  5. riguarda la parentela
  6. c’è quello di giudizio
  7. ce l’hanno i monomi
  8. Possono mancare alla vista (plurale)
  9. c’è quello alcolico
  10. si può essere o non essere
  11. ne ha uno anche l’aggettivo
  12. se è buono si accetta volentieri
  13. ogni angolo ne ha uno diverso

Segue la spiegazione degli indizi.

Se siete studenti non madrelingua o amanti della lingua italiana e volete partecipare alle videochat dell’associazione, unitevi anche voi.

richiesta adesione

632 Se ne parla e se ne riparla

Se ne parla

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

richiesta adesione

Trascrizione

Giovanni: dopo aver visto l’espressione “non se ne parla!”, che, ribadisco, è una esclamazione che esprime un deciso dissenso, un assoluto diniego, cioè rifiuto ad una proposta, oggi vediamo “se ne parla”.

Quindi è la stessa espressione di ieri ma senza la negazione.

Quindi mi chiedo: il significato è opposto rispetto a “non se ne parla?

Non esattamente. Sarebbe troppo facile.

Infatti se riceviamo una proposta e anziché opporsi con decisione, siamo disposti a discutere, una possibilità non è “se ne parla” ma qualcosa di simile:

Se ne può parlare

Che equivale a:

Se ne può discutere

Ne possiamo parlare

O più semplicemente:

Parliamone!

Questo tipo di risposte, aprono a una disponibilità a parlare, a discutere sulla proposta ricevuta, ma non stiamo dicendo che siamo d’accordo.

Ciò che vogliamo comunicare è una nostra disponibilità al dialogo, perché ciò che abbiamo appena ascoltato ci piace, e magari trattando un po’ i dettagli e le condizioni potremmo accordarci.

Di sicuro quindi non stiamo chiudendo la porta ma stiamo aprendo ad un possibile accordo.

E allora come si usa “se ne parla”?

Fondamentalmente si usa in altre occasioni e precisamente quando programmiamo un’attività, o anche quando stiamo rimandando questa attività.

Mi spiego meglio:

Stiamo decidendo quando affrontare una questione, o stiamo fissando un appuntamento, o quando fare qualcosa e dobbiamo quindi decidere il momento giusto, il giorno giusto o il mese, o la settimana o l’anno più opportuno.

Ad esempio:

Quando potrete venire a trovare Giovanni a Roma?

Tu puoi rispondere:

Potrei la prossima settimana, ma se non riesco a liberarmi se ne parla il mese prossimo.

Che significa?

Può significare che verrò il prossimo mese, oppure che probabilmente verrò il prossimo mese. Sicuramente non prima.

Non si tratta di un chiaro impegno a fissare una nuova data, quindi non significa, almeno non sempre, che il prossimo mese verrò a Roma sicuramente, ma significa in genere che prima del prossimo mese sicuramente non potrò venire a Roma.

“Se ne parla” quindi, espressione informale, poco adatta allo scritto, serve dunque più ad escludere un periodo di tempo che a garantire una data.

Se ne parla a settembre

Equivale dunque a:

Non se ne parla prima di settembre

Prima di settembre inutile parlarne

Ovviamente parliamo di un uso particolare di questa espressione, perché si potrebbe anche dire:

Dovremmo decidere quando andare a Roma. Quando se ne parla?

Ti interessa la storia della lingua italiana? Se ne parla proprio adesso in TV.

Nel primo caso significa: quando ne parliamo?

Nel secondo caso se ne parla sta per “se ne sta parlando”, “ne stanno parlando” in TV.

In entrambi i casi non stiamo parlando di qualcosa che non può accadere prima di una certa data. Non siamo nel caso precedente.

Ho detto che c’è un grado di incertezza nell’usare “se ne parla” quando dobbiamo decidere di fare un’attività, e che quindi potrebbe non essere chiarissimo se stiamo prendendo una decisione su una data precisa oppure escludere che questa attività venga fatta prima di quella data.

In effetti questa incertezza non si può eliminare del tutto.

A volte si utilizza:

Se ne riparla

Ma non cambia molto, anzi così aumenta ancora di più l’incertezza.

Es:

La pioggia ostacola la fine dei lavori al Colosseo. Se ne riparla la prossima settimana.

Significa quindi che se tutto andrà bene, ma solo in questo caso, la prossima settimana finiranno i lavori.

Anche questa volta l’Inghilterra non ha vinto i campionati europei di calcio. Se ne riparla dunque tra 4 anni.

Spessissimo l’espressione è preceduta da “altrimenti”:

Facciamo oggi questa cosa, altrimenti se ne parla dopodomani. Prima non posso.

Andiamo allo stadio domenica? È l’ultima partita! Altrimenti con la pausa estiva se ne riparla a settembre!

Un’ultima annotazione sul verbo “riparlare” che si usa normalmente, espressioni a parte, in un modo più semplice:

vi prego, non mettetevi a riparlare di politica!

Da questo esempio capite che riparlare significa parlare nuovamente.

Oppure:

Ci siamo riparlati dopo due anni perché avevamo litigato.

Questo è l’uso riflessivo: riparlarsi, che si usa per indicare che un rapporto viene ripreso, riallacciato, specialmente dopo un litigio, quindi indica un rappacificarsi, un rappacificamento (difficili da pronunciare?) cioè un ritorno alla pace e all’accordo.

Adesso ripassiamo:

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Anthony: avete sentito la notizia che il nostro amico sta per sposarsi con il suo grande amore. Era ora che smettesse di cincischiare. Più di una volta mi sono chiesto se lei stesse per prendere e dirgli addio.

Harjit: eh sì, questa notizia non ci giunge nuova. Infatti delle sue intenzioni ne abbiamo avuto notizia quando il suo piano su come farle una proposta di matrimonio stava ancora prendendo forma. Ragazzi, ad essere sincero sto cercando ancora di capacitarmi del fatto che uno come lui sia riuscito a far cadere nelle sue tenaglie una ragazza di cotanto stile e delicatezza. Vi dico sul serio che l’annovererei tra l’altro anche tra le ragazze più intelligenti, avvincenti, oltre che attraenti, che io abbia mai visto. Questo va detto.

Peggy: ah ah, stai proprio rosicando eh? Secondo me non c’è da aggiungere che: beato lui!

Marcelo: ma cosa dici, M2? non è mica pizza e fichi neanche lui. E lui, di contro, da pacifista qual è, abbozza da anni sia i tuoi commenti che il tuo atteggiamento prevenuto nei suoi confronti.

Hartmut: macché pacifista! E’ un poliziotto ormai affermato, con tutti gli annessi e connessi. Non ho il minimo dubbio che ti risponderebbe a tono prendendoti a mali parole, come minimo, se gli capitasse di sentire che parli di lui in questo modo. Anzi sono sicuro che ti metterebbe a posto senza remore proprio come si deve.

Harjit: ma smorziamo i toni ragazzi! Non è per niente cosa scaldarvi così. Si può sapere cosa vi ha preso per farvi sbroccare così? . Ah ci sono! Avete ripassato l’episodio di 2 minuti con italiano semplicemente sui mille modi per arrabbiarsi!

Ulrike: Sono d’accordo. Siete come al solito totalmente sopra le righe. Per quanto concerne il nostro amico sono estasiato, super felice, assolutamente niente da eccepire! Auguroni @⁨Khaled Mohamed⁩!

631 Non se ne parla!

Non se ne parla (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: parole, parole, parole, recita una famosa canzone italiana. Ma parlare a cosa serve? Diciamo a comunicare, in generale, ma spesso il verbo si usa per indicare un particolare tipo di comunicazione.

Se dico ad esempio a mia moglie:

Dobbiamo parlare.

Lei si preoccuperà. Cosa mi dovrà dire? Perché mi vuole parlare? Di cosa?

Questo “parlare” indica in questo caso un chiarimento che normalmente comporta delle conseguenze, dei cambiamenti di qualsiasi tipo. Un argomento delicato di cui parlare in privato.

Altre volte parlare indica anche una semplice discussione su un argomento:

Oggi in ufficio dovremmo parlare di un affare.

Ne parliamo appena torno a casa

Altre volte si usa quando si devono spiegare bene le caratteristiche di qualcosa o quando si fa una proposta e un’altra persona può accettarla oppure no:

Di questo affare ne dobbiamo assolutamente parlare

Ti propongo una soluzione al problema. Parliamone.

Si usa anche, e arriviamo all’espressione di oggi, quando vogliamo rifiutare decisamente una proposta.

Non se ne parla proprio!

Cosa hai detto? Non se ne parla!

Andare a lavorare senza aria condizionata? Con questo caldo? Non se ne parla prima della fine dell’estate!

Non se ne parla: Con questa espressione si sta dicendo che non è neanche il caso di parlarne, quindi si non deve neanche iniziare una discussione sulla questione, perché ciò che hai detto non mi trova assolutamente d’accordo. Siamo in completo disaccordo se dico:

Non se ne parla!

Non se ne parla proprio!

Sintetizzando, l’espressione equivale a un “no!”

Spesso si aggiunge, “proprio” in questo caso, equivale a “assolutamente”. Si vuole esprimere convinzione, risolutezza, una ferma opinione da non discutere.

Quando dico “Se ne parla” si intende “si parla di questa cosa” Quindi la particella “ne” serve a non ripetere la questione di cui si sta parlando, altrimenti dovrei dire:

Non dobbiamo proprio parlare di questa cosa!

Non discutiamo assolutamente della questione!

O altre frasi di questo tipo

Ovviamente io metto sempre il punto esclamativo in questi casi, perché altrimenti “non se ne parla” può avere un senso diverso. Ad esempio:

Ma il problema che avevamo ieri? Non se ne parla più? Forse è stato risolto?

Se non se ne parla evidentemente è stata trovata una soluzione.

Non se ne parla in giro, ma la lingua italiana si sta diffondendo sempre di più nel mondo

Della riforma del lavoro non se ne parla ormai da tempo. Chissà perché.

Oggi nel ripasso parliamo di… ve ne parla Bogusia, il membro dell’associazione Italiano Semplicemente che lo ha realizzato. Domani vediamo “se ne parla” (senza negazione) e anche “se ne riparla“.

Buon ripasso (ci sono ben 51 richiami a episodi precedenti):

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Bogusia: Buongiorno a tutti, vi ho ascoltato davvero con molto piacere recentemente. Siete stati bravissimi con i vostri ripassi sui diversi argomenti, ma cotanta cultura mi ha preso un po’ alla sprovvista. Eravate davvero in vena. Balza agli occhi che ci sappiate fare in questo ambito, eccome. Questo mi ha dato lo spunto per comporre il presente ripasso. Avete mai pensato di cimentarvi con qualche satira?

Gli eventi che viviamo di recente a tratti fanno paventare sciagure nel il nostro futuro e soprattutto in quello dei nostri figli.

Ci viene voglia di gridare a squarciagola che bisognerebbe rimettere in sesto tante cose, ci viene voglia di apostrofare qualcuno di rilievo, qualche politico oppure qualcuno che semina voci false e tendenziose e rispondergli in malo modo.

Però il mondo è quello che è e bisogna mettersi dei paletti e a volte anche darsi una regolata.

Però urge dire qualcosa, arrabbiarsi apertamente, indignarsi pubblicamente, ma non lo facciamo perché sarebbe una mossa sbagliata e di conseguenza si vedrebbero le brutte e si potrebbe persino finire in galera.
Da che mondo è mondo esiste questo problema, ma si dà il caso che fin dagli inizi del XVI secolo a Roma abbiano inventato una bella mandrakata per far sapere alla gente di potere che c’è qualcuno di diverso avviso che si ribella, e questo avveniva tramite la stampa satirica e le “statue parlanti” che svolsero il ruolo di vere e proprie gazzette, veri e propri giornali, dove di punto in bianco si commentava un fatto accaduto un certo giorno.

Parlo del cosiddetto “Congresso degli Arguti” cioè un gruppo composto di sculture, sparse nei vari punti della città, che “parlavano” attraverso componimenti satirici.

Anonime malelingue che non volevano calare le braghe davanti al potere, in primo luogo quello della chiesa.

Bisognava correre ai ripari e i loro pensieri venivano pubblicati su fogli e foglietti affissi di nascosto proprio su queste sculture.

Il Congresso degli Arguti consiste di ben sei sculture.

Annoverato tra i più conosciuti è il Pasquino, una statua ormai assai mal ridotta vicino campo de Fiori, al centro di Roma.

Le altre si chiamano: Marforio, Madame Lucrezia, il Facchino, l’Abate Luigi e il Babuino.

Quell’ultima fu giudicata talmente brutta che i romani la battezzarono proprio “er Babuino” , paragonandola a una mera scimmia, appunto.

Non vorrei però tediarvi troppo parlando di tutti i dettagli su queste sculture.

Giocoforza qualcuno potrebbe darmi della leziosa e stucchevole.

Siamo li?

Secondo poi, potrei sforare nel tempo, facendole girare a qualcuno.

Sto scalpitando però per introdurvi una di queste cosiddette “pasquinate“, anch’essa annoverata tra i più famosi discorsi tra le statue parlanti, e riguarda l’occupazione francese, che dava del filo da torcere a tanti perché le truppe napoleoniche razziarono a man bassa il patrimonio artistico di Roma (1808 – 1814)
Eccolo:

Albèric (Marforio) È vero che i francesi son tutti ladri?

Sofie (Pasquino): Tutti no, ma “bona parte”, si.

Bogusia: Allora, avete in vista qualche viaggio a Roma? E magari durante qualche tappa del vostro viaggio vi imbattete in queste sculture? Può darsi allora che vi coglierà alla sprovvista il fatto che anche oggi si possa scorgere qualche foglietto appiccicato sulle sculture.

Allora si presenta anche a voi l’occasione per cimentarvi con qualche satira. Potete appenderla su una di queste statue parlanti e chissà, magari questo sarà anche il vostro esordio nell’ambito della satira.

Non ne risentirete sicuramente perché si fa in modo anonimo. In bocca al lupo!

630 Prendere alla leggera

Prendere alla leggera

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

richiesta adesione

Trascrizione

Giovanni: oggi parliamo leggerezza.

Mi interessa in realtà l’espressione “prendere alla leggera” qualcosa, in cui si utilizza il verbo prendere, che come abbiamo già visto insieme in un episodio si usa moltissimo nelle espressioni idiomatiche.

Ma iniziamo da “leggera” che sembra indicare qualcosa di poco pesante. Non badate al fatto che si usa il femminile.

L’episodio che abbiamo visto sulla pesantezza ci potrebbe aiutare a capire il senso di questa espressione, perché anche le preoccupazioni possono appesantire una giornata, quindi i pensieri, gli impegni di lavoro e non solo.

C’è un problema però quando si cerca di non preoccuparsi troppo e di non essere ansiosi. Si rischia di prendere alla leggera questo compito o questo problema. Si rischia cioè di sottovalutarlo e ad un tratto ci accorgiamo che avremmo dovuto preoccuparci di più. Forse sarebbe stato meglio dedicare più tempo e risorse a questo impegno, poiché alla fine si è rivelato un impegno gravoso, e ci sono state conseguenze negative.

Un’espressione che si usa spessissimo nella lingua di tutti i giorni e che spesso è sostituita semplicemente dal verbo sottovalutare, o dall’espressione “prendere sotto gamba” una questione, con lo stesso senso.

Sottovalutare è però un verbo che esprime solamente una valutazione inferiore di una cosa o una persona, inferiore rispetto a quanto effettivamente vale questa cosa o persona. Si può usare anche sminuire qualcosa.

Nell’espressione “prendere alla leggera” c’è invece anche un giudizio sulla persona che prende alla leggera qualcosa.

Quando non si prende qualcosa alla leggera, vuol dire che si dà invece il giusto peso alle cose e si agisce con consapevolezza, con “cognizione di causa“, cioè avendo ben presenti gli eventuali ostacoli e la portata generale della questione o del problema.

Grazie a questa consapevolezza si possono mettere in atto tutte le azioni che servono per risolvere i problemi. 

Vediamo qualche esempio:

Una squadra di calcio può prendere alla leggera un incontro con una squadra meno blasonata, quindi inferiore, almeno i teoria e questo potrebbe costarle caro e perdere la partita. Mai sottovalutare un impegno, anche se apparentemente poco impegnativo. 

Il capufficio ha fatto alcune battute pesanti su una sua dipendente molto carina. Non bisogna prendere alla leggera questa cosa, non bisogna sottovalutare questo fatto, perché la questione potrebbe prendere una brutta piega.  Le cose dunque potrebbero peggiorare, quindi è bene riflettere bene su cosa fare per far sì che questo non accada.

Per aiutarvi a comprendere ancora meglio, vi dico che abbiamo già visto in particolare l’espressione “prendere la vita con filosofia” all’interno dell’episodio dedicato a “prenderla con filosofia”. Come concetto siamo lì più o meno, perché anche la vita si può prendere alla leggera e questa è una vera e propria filosofia di vita, un modo per affrontare la vita in generale. Ma è una buona cosa prendere la vita alla leggera?

Si potrebbe pensare che prendere la vita alla leggera si riferisce all’impostazione mentale di una persona che non tende mai a preoccuparsi troppo delle cose, e questa può essere pertanto intesa anche come qualcosa di negativo, per quanto detto finora.

Infatti se mi riferisco ad una singola questione, se questa si prende alla leggera non è mai una cosa positiva, perché si vuole dire che ne stiamo sottovalutando le conseguenze . 

Questa “leggerezza” con cui si affronta qualcosa, come un singolo impegno o un problema, indica sempre una scarsa serietà di una persona, una noncuranza nell’affrontare i fatti, i problemi e gli impegni, cosa che spesso fa venire i nervi, innervosisce chi invece ha l’approccio opposto. Ma a proposito della vita presa alla leggera, o con leggerezza, ne possiamo parlare per discutere se questa è una cosa positiva o negativa. 

Sapete che, in merito all’argomento “leggerezza” si è pronunciato anche Italo Calvino, un importante scrittore italiano di cui spesso con i membri dell’associazione abbiamo parlato all’interno del gruppo Whatsapp. Italo Calvino diceva proprio che bisogna prendere la vita con leggerezza, e questo a conferma del fatto che se si parla di vita, se è la vita ad essere presa con leggerezza, allora questa può essere intesa come una cosa positiva. Ma cosa intendeva Calvino?

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente (scarica ripasso) 

Irina (California): Forse Calvino intendeva dire che questa leggerezza non è superficialità? A suo dire infatti occorrono sia precisione che determinazione per essere “leggeri”, ma senza dare “peso” a ciò che non è essenziale.

Khaled (Egitto): Calvino questo concetto lo applicava alla scrittura, che non doveva risultare “pesante“, e quindi una volta scritto il testo, lo leggeva e lo rileggeva, sgrossandolo via via e eliminando ciò che non era necessario.

Ulrike (Germania): eliminava tutto, fatto salvo ciò che era fondamentale.  

Sofie (Belgio): Calvino diceva che era l’inutile ad appesantire il testo. Ma il suo pensiero si può applicare anche a chi non è uno scrittore, quindi possiamo leggerlo come un pensiero rivolto erga omnes (passatemi l’espressione) perché anche nella vita di tutti i giorni, molto pesante a tratti, ma in cui tutto è sempre in divenire,  si deve dare alle cose l’importanza che meritano, e dunque in questo senso si direbbe che sia una buona cosa prendere la vita alla leggera.

Harjit (India): Interessante. Io prenderei spunto volentieri da questa discussione per riflettere sulla mia vita, sennonché ormai ho una certa età, ragion per cui ne parlerò subito con i miei figli.