Commissariare – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 34)

Il verbo commissariare

Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

 Trascrizione

Giovanni:
Come si usa il verbo commissariare? Si tratta di un verbo che si utilizza solamente quando parliamo di politica. Chiaramente deriva dal termine commissario. Cos’è un commissario allora? È una persona a cui vengono affidati temporaneamente dei compiti importanti.

Il verbo “commissariare” si usa allora per indicare l’azione di affidare qualcosa a un commissario, ovvero a una persona incaricata di assumere temporaneamente il controllo di una situazione o di un’attività, con il compito di risolvere eventuali problemi o difficoltà.

Ecco alcuni esempi di come si può utilizzare il verbo “commissariare” in una frase:

Il sindaco ha deciso di commissariare la gestione del servizio idrico per risolvere i problemi di inefficienza. Evidentemente ci sono dei problemi con la fornitura dell’acqua.

La società ha deciso di commissariare l’azienda per ristrutturarla e renderla più efficiente.

Il governo ha commissariato l’ente previdenziale per risanarne le finanze.

Il commissario allora avrà proprio questo compito: ristrutturare e rendere più efficiente l’azienda. Per questo motivo è stato nominato.

L’assemblea dei condomini ha deciso di commissariare il condominio per risolvere i problemi di manutenzione e gestione comune.

Questo commissario dovrà risolvere questi problemi e dopo che li avrà risolti sarà nominato un nuovo amministratore del condominio.

Spesso è un comune italiano ad essere commissariato.

Il commissariamento di un comune avviene quando, a causa di gravi problemi amministrativi, finanziari o di altro tipo, il governo centrale decide di nominare un “commissario straordinario” per gestire la situazione al posto degli organi amministrativi del comune stesso.

Spesso si parla di commissari straordinari non solo perché non si tratta di una gestione ordinaria (quindi è straordinaria), normale, perché ad esempio è una soluzione temporanea. Poi infatti si dovrà tornare alla normalità.

Si chiama straordinario soprattutto per un altro motivo: il commissario straordinario ha poteri straordinari.

Il commissario straordinario ha il compito di risolvere i problemi che hanno portato al commissariamento, riportando la situazione sotto controllo e garantendo la corretta gestione degli affari comunali. In genere, il commissario ha poteri speciali che gli permettono di adottare decisioni in modo rapido ed efficace, al fine di risolvere i problemi nel più breve tempo possibile.

Il commissariamento è quindi un provvedimento eccezionale (nel senso che deve essere una eccezione) che viene adottato solo in casi di estrema necessità, quando l’amministrazione comunale (ad esempio) non è in grado di garantire i servizi essenziali e la corretta gestione degli affari pubblici. In alcuni casi, il commissariamento può durare per un periodo limitato, fino a quando la situazione non si è risolta, mentre in altri casi può durare per un periodo più lungo, fino a quando non vengono risolti tutti i problemi e non viene garantita una gestione regolare e trasparente del comune.

Alcuni dei più noti commissari straordinari sono il commissario straordinario per la ricostruzione (dopo un terremoto ad esempio) , per il rischio idrogeologico, per i rifiuti di una città o per le bonifiche di un territorio.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano dedicato al linguaggio della politica.

Pare brutto (Ep. 917)

Pare brutto

Audio in preparazione

Trascrizione

Giovanni: l’espressione di oggi è “pare brutto“. Non parliamo dell’aspetto fisico di una persona però.

E’ invece una locuzione informale molto usata in tutta Italia ma maggiormente nelle regioni del centro sud, che può avere significati diversi ma tutti abbastanza simili, tipo:

non è bello
non è carino
non è giusto
non è corretto

Parliamo quindi di comportamenti o atteggiamenti ritenuti scorretti o sconvenienti.

La società in cui viviamo è caratterizzata da dinamiche sociali complesse, che richiedono il rispetto di diverse regole.

Queste regole possono riguardare l’etica, la moralità, il comportamento sociale, le convenzioni. La loro esistenza e il loro rispetto sono fondamentali per garantire il funzionamento armonioso della società stessa e per preservare i diritti e le libertà individuali di ogni membro.

Tuttavia, va detto che il rispetto di queste regole non sempre è una questione scontata: si scontrano valori contrastanti, e la loro interpretazione può variare a seconda dei contesti culturali, storici e geografici.

In ogni caso, è importante prendere consapevolezza dell’importanza di queste regole e cercare di rispettarle, in modo da contribuire al benessere e alla stabilità della comunità in cui viviamo.

Pare brutto” si usa proprio per evidenziare un comportamento che potrebbe essere offensivo o che potrebbe sembrare scortese, maleducato. Questo nella maggioranza dei casi. È una riflessione e un giudizio su ciò che potrebbe essere giusto o sbagliato fare dal punto di vista sociale.

Bisogna fare questo e non quello, altrimenti pare brutto.

Vediamo qualche esempio:

È il compleanno di nonna. Dai facciamole una telefonata; pare brutto farle gli auguri su WhatsApp!

Che dici, pare brutto se oggi alla riunione mi presento senza cravatta?

Che dici, lo invitiamo zio Gianni al compleanno?

Certo! Lui è sempre gentile con noi, pare brutto se non lo inviti!

Pare brutto non festeggiare il mio 50-esimo compleanno. Dai organizziamo qualcosa!

Pare brutto” indica quindi una critica rivolta ad atteggiamenti o comportamenti (ipotetici, non ancora avvenuti) che non sono visti in modo positivo, non sono considerati normali, quindi vanno contro ciò che è ritenuto normale e giusto da fare.

Fare una cosa di questo tipo sembrerebbe strano, potrebbe portare dei problemi, oppure potrebbe far pensare che sono una persona maleducata, o che ho qualcosa da nascondere o anche semplicemente non mi sentirei che ho fatto la cosa giusta.

Si usa anche al passato:

Mi pareva brutto non invitare Matteo alla mia festa.

In questi casi si tratta di eventi passati, quindi avvenuti.

Possiamo usare anche “sembrare brutto”:

Ho incontrato la mia ex mentre ero con la mia fidanzata. Mi è sembrato brutto non dirle almeno ciao.

A volte quindi si usa anche il verbo sembrare, come ho appena fatto, ma è più raro.

Ricapitolando, “pare brutto” e più raramente “sembra brutto” sono locuzioni informali usate in tutta Italia ma più al centro sud, e si potrebbero tradurre con: “non è corretto”, “non è giusto “, “non è carino” ma direi che, trattandosi di considerazioni su comportamenti da adottare, allora il senso è più vicino a:

Non sarebbe carino

Non sarebbe conveniente

Potrebbe essere male interpretato

Potrebbe essere visto come qualcosa di offensivo

Potrebbe sembrare un comportamento maleducato

Non mi sentirei che sto facendo la cosa giusta.

A volte non si usa né pare né sembra, ma il verbo essere:

Stesso significato.

Che dici, è brutto se oggi che abbiamo ospiti anziché cucinare ordiniamo le pizze?

Adesso ripassiamo dai, sennò pare brutto:

Marcelo: a me ad esempio pare brutto che mentre io mangio, il mio cane sta a guardare. Mi guarderebbe e penserebbe “beato te! Che ne sarà invece di me?”.

Khaled: Il mio non farebbe che abbaiare invece. Non esiste proprio che magio prima di lui!

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La mela Cyborg

La mela Cyborg

– leggi e ascolta le altre storie per principianti

Trascrizione

Sofie1: La storia della mela cyborg.

Giovanni 1: C’era una volta una bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde, dalla pelle liscia e brillante, che cresceva su un albero in un piccolo frutteto.

Sofie2: La mela era felice, poiché sapeva di essere la più bella e la più deliziosa di tutte le mele dell’orto. Ma un giorno, un brutto bruco mangiò un pezzo della sua polpa, lasciando una ferita sul suo corpo.

Giovanni 2: La mela era furiosa e frustrata. Come osava il bruco rovinare la sua bellezza!?

Sofie3: La mela non poteva sopportare l’idea che altri parassiti potessero rovinare il suo aspetto perfetto. E così, mentre il bruco si allontanava dalla mela, il piccolo frutto iniziò a pianificare la sua vendetta.

Giovanni3: La mela cominciò a pensare a come poter proteggere sé stessa e le altre mele dell’orto dai parassiti.

Sofie4: E così, con grande sorpresa di tutti, la mela si trasformò in un cyborg, con un’armatura impenetrabile che copriva la sua intera superficie.

Giovanni4: I parassiti, che erano soliti nutrirsi delle mele, si avvicinavano al frutteto ma, vedendo la mela cyborg, fuggivano spaventati.

Sofie5: Ma la mela non era soddisfatta, poiché voleva vendicarsi del bruco che l’aveva mutilata.

Giovanni5: Così, quando il bruco tornò per mangiare di nuovo la mela, questa lo affrontò con l’armatura cyborg.

Sofie6: Il bruco cercò di mordere la mela, ma la sua bocca rimase bloccata sulla dura superficie dell’armatura.

Giovanni6: La mela cyborg rispose con una scarica elettrica che vaporizzò il bruco, lasciando solo un’ombra carbonizzata sulla sua superficie.

Sofie7: Dopo quell’episodio, la mela cyborg divenne famosa in tutto il frutteto, e tutti i parassiti avevano paura di avvicinarsi. Ma anche i frutti dell’orto iniziarono a temere la mela cyborg, poiché la sua vendetta aveva dimostrato che la bellezza poteva nascondere qualcosa di molto pericoloso.

Giovanni7: E così, la mela cyborg rimase sola nel suo angolo del frutteto, una sentinella solitaria che proteggeva sé stessa e gli altri frutti, ma che intimoriva anche chiunque la guardasse. Povera mela.

Domande e risposte:

  • Qual è il protagonista della storia?
  • Il protagonista della storia è una mela.

Giovanni 1: C’era una volta una bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde, dalla pelle liscia e brillante, che cresceva su un albero in un piccolo frutteto.

  • E com’era questa mela? Rossa?
  • Era un po’ rossa e un po’ verde
  • Era bella o era brutta?
  • Era bellissima. era molto bella la mela.
  • Com’era la sua pelle?
  • Era liscia e brillante
  • La buccia della mela era ruvida?
  • Ma no, al contrario, la pelle era liscia e brillante.
  • Dove si trovava la bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde?
  • Si trovava su un albero. La mela cresceva su un albero.
  • E dove stava l’albero?
  • In un frutteto. In un piccolo frutteto c’era un albero sul quale cresceva una bellissima mela un po’ rossa e un po’ verde.
  • L’albero era in un negozio?
  • Ma quale negozio! Era in un frutteto!

Sofie2: La mela era felice, poiché sapeva di essere la più bella e la più deliziosa di tutte le mele dell’orto. Ma un giorno, un brutto bruco mangiò un pezzo della sua polpa, lasciando una ferita sul suo corpo.

  • Cosa lasciò sul suo corpo il brutto bruco?
  • Lasciò una ferita sul suo corpo
  • Perché?
  • Perché il bruco mangiò un pezzo della sua mela!
  • Perché la mela si arrabbiò quando il bruco le mangiò un pezzo di polpa?
  • La mela si arrabbiò perché il bruco rovinò la sua bellezza.

Giovanni3: La mela cominciò a pensare a come poter proteggere sé stessa e le altre mele dell’orto dai parassiti.

Sofie4: E così, con grande sorpresa di tutti, la mela si trasformò in un cyborg, con un’armatura impenetrabile che copriva la sua intera superficie.

  • Come la mela decise di proteggere sé stessa e le altre mele dall’attacco dei parassiti?
  • La mela decise di diventare un cyborg con un’armatura impenetrabile per proteggere sé stessa e le altre mele dall’attacco dei parassiti.
  • Chi voleva proteggere la mela?
  • Sé stessa e le altre mele dell’orto
  • Da chi voleva proteggere le mele dell’orto?
  • Dall’attacco die parassiti, come il bruco.
  • Com’era l’armatura?
  • Era impenetrabile. Niente la poteva penetrare.
  • Era resistente l’armatura?
  • Molto resistente. Era impenetrabile!

Giovanni5: Così, quando il bruco tornò per mangiare di nuovo la mela, questa lo affrontò con l’armatura cyborg.

Sofie6: Il bruco cercò di mordere la mela, ma la sua bocca rimase bloccata sulla dura superficie dell’armatura.

  • Il bruco cercò di mordere la mela?
  • Come no! Cercò di farlo, ma la sua bocca rimase bloccata sulla dura superficie dell’armatura
  • Com’era la superficie dell’armatura?
  • Era dura, durissima!

Giovanni6: La mela cyborg rispose con una scarica elettrica che vaporizzò il bruco, lasciando solo un’ombra carbonizzata sulla sua superficie.

Sofie7: Dopo quell’episodio, la mela cyborg divenne famosa in tutto il frutteto, e tutti i parassiti avevano paura di avvicinarsi. Ma anche i frutti dell’orto iniziarono a temere la mela cyborg, poiché la sua vendetta aveva dimostrato che la bellezza poteva nascondere qualcosa di molto pericoloso.

  • Come rispose la mela cyborg?
  • Rispose con una scarica elettrica che vaporizzò il bruco!
  • Cosa restò sulla superficie della mela dopo aver vaporizzato il bruco?
  • Restò solo un’ombra carbonizzata!
  • Come reagirono i parassiti quando videro la mela cyborg per la prima volta?
  • I parassiti avevano paura di avvicinarsi quando videro la mela cyborg.

Giovanni7: E così, la mela cyborg rimase sola nel suo angolo del frutteto, una sentinella solitaria che proteggeva sé stessa e gli altri frutti, ma che intimoriva anche chiunque la guardasse. Povera mela.
  • Come rimase la mela? Come restò?
  • Rimase sola. Restò sola
  • Chi proteggeva la mela cyborg?
  • Proteggeva sé stessa e gli altri frutti
  • Intimorova solamente i parassiti?
  • No, purtroppo, intimoriva anche gli altri frutti del frutteto.
  • Qual è il messaggio principale della storia?
  • Il messaggio principale della storia è che la bellezza può nascondere qualcosa di molto pericoloso, e che non bisogna mai sottostimare nessuno.

Il paese di bengodi e il paese dei balocchi

Il paese di Bengodi e il paese dei balocchi (scarica audio)

Audio in preparazione

Ci sono alcuni paesi che nel linguaggio italiano sono molto utilizzati.

Non parlo dei paesi veri, intesi come comuni, insomma località in cui vivono realmente le persone, e non parlo neanche dei paesi nel senso di nazioni. Si parla di paesi immaginari, luoghi che non esistono ma che rappresentano qualcosa.

Lasciamo stare l’espressione vai a quel paese” che abbiamo già visto in un episodio. Questo paese, tra l’altro, non ha neanche un nome. Invece ci sono due paesi anch’essi immaginari che un nome ce l’hanno. Iniziamo dal paese di bengodi.

Il Paese di Bengodi è un luogo immaginario che compare in molte opere letterarie italiane del Medioevo e del Rinascimento, come ad esempio nel Decameron di Giovanni Boccaccio, nella divina commedia di Dante e nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto.

In queste opere, il Paese di Bengodi è descritto come un luogo fantastico e paradisiaco, dove tutto è abbondante e facilmente accessibile, dove le strade sono lastricate d’oro, i fiumi scorrono di latte e di miele e il cibo e il vino sono inesauribili.

Il Paese di Bengodi è diventato un simbolo della ricchezza e dell’abbondanza, ma anche della vanità e della fugacità dei piaceri terreni.

Spesso viene utilizzato come allegoria della condizione umana, che cerca invano la felicità e la soddisfazione attraverso i beni materiali, dimenticando l’importanza dei valori spirituali e morali.
Nella lingua italiana il “Paese di Bengodi” è entrato oggi nell’uso comune come espressione idiomatica per indicare un luogo ricco e abbondante, ma anche un luogo immaginario o irraggiungibile.

Ad esempio, si può dire: “Pareva di essere nel Paese di Bengodi, tanta era la varietà di cibo e bevande”, oppure “Ha speso tutti i suoi soldi in un viaggio verso il Paese di Bengodi della felicità”.

Nella politica e nell’economia: “Paese di Bengodi” è spesso utilizzato per descrivere situazioni di eccesso e spreco, come ad esempio nei discorsi politici o nei commenti sull’economia.

Ad esempio, si può parlare di un Paese di Bengodi fiscale, in cui le tasse sono inesistenti, oppure di un sistema sanitario che vuole essere presentato come il Paese di Bengodi, ma che in realtà nasconde gravi problemi strutturali.

Poi c’è anche il paese dei balocchi anch’esso immaginario. In generale, il “Paese dei Balocchi” viene utilizzato per indicare una situazione in cui si corre il rischio di perdere di vista la realtà e di cadere in inganni, illusioni e delusioni. Altre volte in modo simile a Bengodi, per indicare abbondanza e libertà, spesso però ottenute fraudolentemente o a danno di altri.

Il Paese di Bengodi e il Paese dei Balocchi sono due luoghi immaginari leggermente diversi.

Il Paese dei Balocchi è un luogo immaginario creato da Carlo Collodi nel suo famoso romanzo per ragazzi “Le avventure di Pinocchio”. É un luogo allettante e seducente in cui Pinocchio si reca insieme al suo amico Lucifero, ma scopre presto che è governato da un burattinaio malvagio che trasforma tutti i bambini in asini, compreso Pinocchio.

Quindi è un luogo o una situazione che sembra promettere divertimento, gioia e piacere, ma che in realtà nasconde insidie, delusioni e conseguenze negative, in genere per sé stessi ma anche a danno di altri. Ecco alcuni esempi di come si può usare.

Nel mondo del lavoro il “Paese dei Balocchi” può essere utilizzato per descrivere una situazione lavorativa che sembra molto allettante, ma che in realtà nasconde condizioni precarie, bassi stipendi o un ambiente tossico. Ad esempio, si può parlare di “una start-up che sembra il Paese dei Balocchi, ma in cui in realtà tutti lavorano 16 ore al giorno per guadagnare poco”.

Nella politica può essere utilizzato per descrivere le promesse elettorali o le politiche di un governo che sembrano molto allettanti, ma che in realtà non portano a risultati concreti o che nascondono intenzioni poco trasparenti. Ad esempio, si può parlare di un programma politico che sembra il Paese dei Balocchi, ma in realtà è basato su parole vuote e promesse irrealizzabili.

Si può anche dire che con la fine dei bonus fiscali o dei contributi europei il paese dei balocchi ha chiuso. Oppure che per gli evasori fiscali l’Italia è il paese dei balocchi.

I centrocampisti e il centrocampo – il linguaggio del calcio (episodio 8)

I centrocampisti e il centrocampo (scarica audio)

Indice episodi

Trascrizione

il centrocampista

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Dopo aver parlato della difesa e dei difensori, oggi parliamo del centrocampo e dei centrocampisti.

Lo dice la parola: il centrocampista gioca al centro del campo, o quantomeno nella zona centrale del campo di calcio.

Nel gioco del calcio, il centrocampo è la zona del campo situata tra la linea difensiva e la linea offensiva. I giocatori che occupano questa zona sono chiamati appunto “centrocampisti“.

Il ruolo principale dei centrocampisti è quello di creare, organizzare e dirigere le azioni della squadra, sia in fase difensiva che offensiva.

La fase “offensiva” serve ad “offendere” ma qui il verbo offendere non si riferisce agli “insulti verbali” come avviene solitamente al di fuori del linguaggio del calcio, ma all’azione di attaccare. Offendere è l’opposto di difendere nel gioco del calcio, quindi proprio come attaccare. La fase di attacco è pertanto la fase offensiva.

La fase offensiva nel calcio si riferisce al momento in cui la squadra ha il possesso del pallone e cerca di attaccare l’area avversaria al fine di segnare un gol. Durante la fase offensiva, i giocatori della squadra che ha il possesso della palla cercano di creare spazi, combinare tra loro e avanzare verso la porta avversaria attraverso passaggi, dribbling e movimenti coordinati.

Nella fase offensiva, i centrocampisti e gli attaccanti hanno un ruolo fondamentale, poiché sono quelli che cercano di creare le occasioni da gol per la squadra. Inoltre, anche i difensori possono partecipare alla fase offensiva, soprattutto in situazioni di calcio d’angolo o di punizione, quando si muovono in avanti per cercare di segnare di testa o di piede.

È importante notare che la fase offensiva non si limita solo al momento in cui la squadra ha il possesso del pallone, ma può anche includere situazioni in cui la squadra cerca di recuperare il possesso del pallone il più velocemente possibile per poi passare alla fase offensiva. Questo approccio è noto come “pressione alta” ed è utilizzato da molte squadre moderne per interrompere il gioco degli avversari e creare occasioni da gol rapidamente.

Dunque, tornando ai centrocampisti, essi sono responsabili di tenere il possesso del pallone e di creare opportunità di gol per gli attaccanti.

Rispetto ai difensori, i centrocampisti hanno maggior libertà di movimento e sono più coinvolti nell’azione offensiva. Rispetto agli attaccanti, invece, i centrocampisti hanno maggiori responsabilità difensive e sono spesso coinvolti nella creazione delle azioni offensive.

Esistono diversi tipi di centrocampisti, ognuno dei quali ha un ruolo specifico all’interno della squadra. Ecco i principali:

  • Regista difensivo: è il centrocampista che agisce come “mediano” davanti alla difesa. Il suo compito principale è di distribuire la palla con precisione ai compagni di squadra. Deve dirigere il gioco. E’ un giocatore di calcio che gioca a centrocampo, davanti alla difesa. Deve proteggere la difesa e di contrastare gli attacchi avversari. Viene spesso chiamato anche “centrocampista difensivo” .
  • Ala: è il centrocampista che gioca come esterno d’attacco. A destra o a sinistra. Il suo compito principale è di creare occasioni da gol attraverso cross e dribbling. Il ruolo dell’ala a centrocampo nel calcio moderno è spesso caratterizzato da un gioco dinamico e veloce, con la creazione di occasioni da gol e assist per gli attaccanti. Vediamo dopo qualche verbo e termine che descrivono il gioco dell’ala e dei Centrocampisti. In generale, l’ala a centrocampo è un giocatore che deve essere in grado di creare scompiglio (cioè problemi) nella difesa avversaria, utilizzando la sua velocità, agilità e tecnica per creare occasioni da gol e assist per i compagni di squadra.
  • Mezzala: è il centrocampista che gioca sulle fasce laterali del campo. La parola “mezzala” deriva dal termine italiano “mezza ala”, che indica un giocatore di calcio che gioca a centrocampo, ma che tende a spostarsi sulle fasce laterali del campo. Il ruolo della mezzala è stato sviluppato in Italia a metà del XX secolo, durante la cosiddetta “scuola italiana” di calcio, e da allora è stato utilizzato da molte squadre italiane e internazionali. Inoltre, la mezzala ha un ruolo più completo rispetto all’ala, poiché deve essere in grado di coprire anche la zona centrale del campo e di partecipare alla fase difensiva, supportando i compagni di squadra nella fase di ripiegamento. In generale, il ruolo della mezzala richiede una grande abilità nel gioco di passaggio, una buona capacità di lettura del gioco e una grande resistenza fisica, poiché il giocatore deve essere in grado di coprire lunghe distanze sul campo.
  • Centrocampista box-to-box (voce di André dal Brasile): è il centrocampista che copre tutta la larghezza del campo. Il suo compito principale è di svolgere sia compiti difensivi che offensivi. era proprio così che giocavo io quando ero più giovane e sognavo di diventare un calciatore profissionista!
  • Trequartista: è il centrocampista che gioca dietro alle punte. Il suo compito principale è di creare occasioni da gol per i compagni di squadra. Oggi questo è un ruolo che sta sempre più scomparendo.Negli ultimi anni, si è verificata infatti una tendenza in molti schemi di gioco del calcio moderno che prevede l’eliminazione del ruolo del trequartista, o almeno la sua diminuzione di importanza.Il ruolo del trequartista, o fantasista, è tradizionalmente stato quello di occupare una posizione avanzata nel centrocampo e di essere il responsabile della creazione delle occasioni da gol per la squadra. Tuttavia, la crescente importanza del gioco di pressing, della tattica e della velocità, ha portato molte squadre ad adottare uno schema di gioco più dinamico e flessibile, dove il ruolo del trequartista è stato spesso sostituito o integrato da altri giocatori.
    Ad esempio, molte squadre utilizzano una formazione con tre centrocampisti, dove uno dei tre è incaricato di svolgere il ruolo di regista, mentre gli altri due si muovono in modo più dinamico e flessibile, creando spazio e supportando gli attaccanti. In questo caso, il ruolo del trequartista viene quindi svolto da più giocatori, invece di essere concentrato su un solo giocatore.
    In generale, si può dire che il ruolo del trequartista non è completamente scomparso, ma sta subendo un cambiamento a causa dell’evoluzione del calcio moderno. Molte squadre ancora utilizzano un fantasista, ma spesso in combinazione con altri ruoli, come centrocampista offensivo o attaccante “seconda punta“, per creare una maggiore flessibilità e fluidità nello schema di gioco.
    Vediamo qualche termine, come dicevo:

    1. Incursione: l’ala a centrocampo può utilizzare la sua velocità e la sua capacità di dribbling per avanzare rapidamente lungo il lato del campo e creare occasioni da gol.
    2. Cross: l’ala a centrocampo può inviare cross precisi in area avversaria per i compagni di squadra che si trovano in posizione di segnare.Nel calcio, il termine “cross” si riferisce a un passaggio effettuato da un giocatore lungo il lato del campo verso l’area avversaria. Il cross viene effettuato solitamente da un giocatore posizionato sulla fascia laterale, lontano dalla porta avversaria.L’obiettivo del cross è quello di inviare la palla in area avversaria, dove i compagni di squadra possono cercare di segnare un gol, soprattutto grazie ad una precisa “incornata” (colpo di testa) o ad una deviazione di testa.
      Il cross è uno dei movimenti più comuni nel calcio moderno, ed è spesso utilizzato dalle squadre che cercano di sfruttare la velocità e la potenza dei propri attaccanti, i quali possono approfittare di un buon cross per segnare un gol o creare un’occasione da gol.
  • Velocità: l’ala a centrocampo è spesso un giocatore veloce, capace di superare gli avversari con rapide accelerazioni.
  • Agilità: l’ala a centrocampo deve essere in grado di dribblare con agilità, facendo rapidi cambi di direzione per superare gli avversari.
  • Assist: l’ala a centrocampo può fornire assist precisi ai compagni di squadra, aprendo le linee di difesa avversarie con passaggi intelligenti.
  • Tiro: l’ala a centrocampo può essere anche un buon finalizzatore, capace di segnare gol da lontano o di avvicinarsi alla porta avversaria per concludere.
  • Attacco alla profondità: l’ala a centrocampo può muoversi rapidamente lungo la fascia per creare spazi e attaccare “la profondità” della difesa avversaria. Vediamo meglio. L’attacco alla profondità è una tattica offensiva utilizzata nel calcio per cercare di penetrare la difesa avversaria sfruttando la velocità e la rapidità dei propri attaccanti. In questo tipo di attacco, i giocatori cercano di superare la linea difensiva avversaria con rapidi movimenti in profondità, cioè correndo verso la porta avversaria cercando di ricevere un passaggio filtrante. L’obiettivo dell’attacco alla profondità è di creare situazioni di superiorità numerica in avanti, cercando di mettere in difficoltà la difesa avversaria e di creare occasioni da gol. Solitamente, l’attacco alla profondità viene utilizzato quando la squadra avversaria schiera una linea difensiva alta, con i difensori posizionati in avanti rispetto alla propria area di rigore. Per effettuare un attacco in profondità, la squadra in attacco deve avere giocatori veloci e rapidi, capaci di superare gli avversari con rapidi scatti in avanti. Inoltre, è importante che i giocatori in attacco siano in grado di effettuare “passaggi filtranti” precisi e ben calibrati, in modo da permettere ai compagni di squadra di ricevere la palla in posizione favorevole per segnare un gol.
Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al mondo del calcio.

Furore e furoreggiare

Furore e furoreggiare (scarica audio)

Descrizione

Furore e furoreggiare possono indicare violenza e rabbia ma anche passione e mancanza di controllo. PER STUDENTI NON MADRELINGUA.

Trascrizione

Mi è stato chiesto cosa significa e come si usa il verbo furoreggiare e il termine furore.
Il verbo “furoreggiare” si riferisce all’atto di essere estremamente popolari o di avere grande successo in un determinato campo o contesto. Ad esempio, si potrebbe dire che un film sta “furoreggiando” al botteghino, o che un artista sta “furoreggiando” nelle classifiche musicali.

Il termine “furore” indica invece una forte emozione di rabbia o di indignazione, spesso associata a un comportamento violento o distruttivo.

Ad esempio, si potrebbe parlare del “furore” dei manifestanti che hanno dato fuoco a un’auto durante una protesta.

Alcuni sinonimi per “furoreggiare” potrebbero essere “trionfare”, “eccellere”, “essere al top”, mentre alcuni contrari potrebbero essere “fallire”, “essere impopolare”, “non essere gradito”. Alcuni sinonimi per “furore” potrebbero essere “ira”, “rabbia”, “furia”, mentre alcuni contrari potrebbero essere “calma”, “pacificità”, “tranquillità”.


Esiste anche il furore delle fiamme.


“Furore delle fiamme” è un’espressione comune che si riferisce a un incendio particolarmente violento e distruttivo.

Altri esempi di frasi con “furore” possono essere:

“Il pubblico ha accolto il nuovo album del cantante con grande furore.”
“Il cane ha cominciato a mordere con furore dopo essere stato provocato dall’intruso.”
“La politica del governo ha suscitato un furore tra gli oppositori.”
“Il pittore ha dipinto con grande furore, dimenticando completamente il mondo esterno.”
“Le onde del mare si infrangevano con furore sulla scogliera.”

Esiste poi, molto usato nello sport, il furore agonistico.

Il “furore agonistico” si riferisce alla grande determinazione e intensità che un atleta o un concorrente mette in gioco durante una gara o una competizione sportiva.

Questa espressione viene spesso usata per descrivere il comportamento di un atleta che è particolarmente motivato e concentrato sulla vittoria, e che lotta con tutte le sue forze per raggiungere il suo obiettivo.

Ad esempio, si potrebbe dire che un pugile ha combattuto con grande furore agonistico per vincere il titolo mondiale, o che un corridore ha corso con furore agonistico per tagliare per primo il traguardo. In questo caso, “furore agonistico” è un’espressione positiva che sottolinea la determinazione e l’impegno dell’atleta, e la sua capacità di superare gli avversari.

Allora il furore non è solo violenza, ma anche una forma di eccitazione.

Infatti, il termine “furore” può assumere diverse sfumature di significato a seconda del contesto in cui viene usato. Mentre in alcuni casi può indicare violenza e rabbia, in altri casi può esprimere eccitazione, determinazione o passione.

Ad esempio, si può parlare di un artista che dipinge con furore la sua opera, esprimendo la sua passione e la sua energia creativa. In questo caso, il “furore” ha una connotazione positiva e indica l’entusiasmo dell’artista nel creare il suo lavoro.

Ricapitolando, il termine “furore” può assumere differenti significati a seconda del contesto e del modo in cui viene utilizzato: violenza, rabbia incontrollata oppure passione e determinazione.

Furoreggiare si usa invece prevalentemente nel senso di successo e popolarità, in modo del tutto simile a a spopolare e anche a, ma in senso più forte, “andare per la maggiore” di cui ci siamo già occupati.

Furore

Furoreggiare

Il temporale furoreggia

Lottare con furore

Il furore agonistico

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.

Fare una scappata (ep. 916)

Fare una scappata (scarica audio)

Fare una scappata

Trascrizione

Giovanni: il verbo scappare lo abbiamo visto insieme qualche episodio fa, ricordate?

La frase “fare una scappata” però merita un episodio a parte.

Si tratta di una frase colloquiale. “Fare una scappata” si usa comunemente per indicare un breve viaggio, una breve visita o anche una gita improvvisata, spesso senza una meta precisa e senza una pianificazione dettagliata.

C’è spesso il senso di fretta, di velocità.

Es:

Prima di andare insieme a trovare Maria devo fare una scappata a casa perché ho dimenticato il regalo da darle.

Quindi si tratta di una breve visita, molto veloce, necessaria in questo caso. Sarà una visita veloce perché si tratta solamente di prendere il regalo. È necessario che io lo faccia.

Non sempre però c’è fretta e non sempre c’è necessità.

Queste caratteristiche però fanno spesso la differenza quando c’è da scegliere la giusta espressione da usare. Infatti si preferisce ad esempio nel caso di un impegno che richiede poco tempo. Necessario (in senso ampio) ma ci vorrà poco.

Tipo: faccio una scappata a prendere le sigarette.

Es.

Hey, perché non facciamo una scappata a vedere la mostra d’arte a Milano questo weekend? Sarebbe divertente!

Qui prevale il senso dell’improvvisazione. Non c’è necessità e non è detto che ci sia velocità o fretta.

Abbastanza simili sono le forme:

Fare una breve gita

Fare una fugace visita

Fare una breve vacanza

Fare un breve viaggio all’ultimo minuto

E poi anche:

Fare una puntatina

Fare una capatina (abbiamo un episodio in merito).

Si usa anche “scappatina”.

“Fare una puntatina” e “fare una capatina” hanno un significato simile a fare una scappata o scappatina.

La puntatina si riferisce a una breve visita ad un luogo o ad una persona, spesso durante un viaggio o durante una passeggiata. Una puntatina è una sorta di tappa aggiuntiva.

Ad esempio, “Vado a fare una puntatina a trovare mia zia prima di tornare a casa”.

Fare una capatina” invece si usa più spesso nel senso di fare una breve deviazione, spesso durante un viaggio, per visitare un luogo o incontrare qualcuno. Ad esempio, “Abbiamo fatto una capatina a Venezia durante il nostro viaggio in Italia”.

Più o meno siamo li comunque con puntatina.

In entrambi i casi, queste espressioni indicano una breve pausa o deviazione dall’itinerario previsto per visitare qualcosa o incontrare qualcuno.

Le differenze tra le espressioni possono essere sottili e dipendono dal contesto specifico in cui vengono utilizzate. Non è il caso di scervellarsi alla ricerca di una chiara distinzione.

In generale la scelta della frase da usare dipende dal contesto e dal registro linguistico.

Ad esempio, fare una scappata, una puntata e una capatina, molto simili, sono espressioni informali e colloquiali, spesso usatea tra amici o familiari, mentre “fare una fugace visita” è più formale e adatta a situazioni in cui si vuole essere più precisi e attenti al linguaggio utilizzato.

Vi faccio notare, per concludere, che abbiamo visto in passato anche l’espressione “ci scappa“, e se ricordate abbiamo usato il termine “scappata” in quell’episodio, ma in modo diverso:

Nella frase:

Siamo andati a Roma, abbiamo visto 5 musei in un giorno e ci è scappata anche una visita al Colosseo.

Anche questo modo di esprimersi è colloquiale, ma qui si esprime un qualcosa in più che siamo riusciti a fare, similmente a “siamo anche riusciti a fare una visita al Colosseo”.

La presenza della particella “ci” è importante per capire il significato.

Poi un’altra cosa che vale la pena di dire sulla scappata. È un termine che può essere anche usato per indicare un intervento fuori luogo nel corso di un dialogo o di una conversazione.

In questo caso si usa “avere una scappata” e più raramente anche “fare una scappata”. Il senso è simile all’uso del verbo “uscirsene“.

Giovanni è un tipo particolare, ha certe scappate!

Come a dire che Giovanni fa delle uscite bizzarre, dice cose spesso imbarazzanti o indiscrete. Se ne esce con frasi particolari. Come dire he è un tipo un po’ sui generis.

Oppure:

Maria oggi ha fatto/avuto una scappata delle sue e ci ha fatto pentire di averla invitata a cena.

Sembra dunque che Maria abbia detto qualcosa che ha colpito l’attenzione in senso negativo, qualcosa di imbarazzante.

Bene allora la finisco qui, ma adesso dobbiamo farci scappare anche il ripasso.

In questo ripasso parliamo di Dante Alighieri, argomento sempre gradito da tutti, e lo facciamo utilizzando naturalmente qualcosa che abbiamo già imparato: “essere da meno” , prestarsi, “avere la stoffa” , “più in là” , indiscreto, il verbo avvalersi, i mezzucci e “il da farsi”.

Marguerite: Nonostante fosse nato in una famiglia nobile, Dante non era da meno nel mostrare la sua passione per la poesia e la letteratura fin dall’infanzia. Si prestava spesso a scrivere poesie e a partecipare a concorsi letterari, dimostrando una grande stoffa nel maneggiare le parole.

Fatima: Più in là con gli anni poi si affermò anche in politica.

Irina: Tuttavia, la sua vita non è stata priva di scandali e di critiche. Alcune delle sue opere sono state giudicate indiscrete e controverse, causando spesso polemiche e ostilità da parte di alcuni membri della società dell’epoca.

Anne Marie: Per affrontare le sfide che la vita gli presentava, Dante si è spesso avvalso di mezzucci e stratagemmi, cercando di trovare il modo migliore per raggiungere i suoi obiettivi. Tuttavia, ha sempre saputo distinguere tra ciò che era giusto e ciò che non lo era, cercando sempre il da farsi per agire nel modo più corretto possibile.

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Corroborare – VERBI PROFESSIONALI (n. 83)

Corroborare

Descrizione: il verbo corroborare è molto simile a “suffragare”, ed ha molti punti in comune anche con “dimostrare”, “verificare” e “confermare”, “dimostrare” e “provare”. Corroborante invece è un aggettivo simile a rinvigorente e rigenerante.

La trascrizione completa dell’episodio è disponibile per i membri dell’Associazione Italiano Semplicemente.

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Uccidere e ammazzare

Uccidere e ammazzare (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: Sapete tutti cosa significa morire vero?

Anche “uccidere” credo non crei problemi particolari, almeno nel suo senso proprio.

Al limite può essere più complicato l’uso del verbo ammazzare.

Ma esiste una differenza tra uccidere e ammazzare?

In italiano, “uccidere” e “ammazzare” significano la stessa cosa: causare la morte di una persona o di un animale.

Tuttavia, a seconda del contesto e del registro linguistico, il termine “ammazzare” può essere considerato più colloquiale e informale rispetto a “uccidere”, che suona più formale e serio.

Ad esempio, in un contesto giuridico o in una conversazione formale, si userebbe più facilmente il termine “uccidere” per riferirsi a un omicidio, mentre in un contesto informale o nella lingua parlata, si potrebbe usare più facilmente “ammazzare”.

A seconda della circostanza si possono usare anche verbi come eliminare, liberarsi di qualcuno, liquidare, assassinare (uccidere in modo premeditato), accoppare (molto colloquiale), far fuori, togliere la vita.

Il verbo “ammazzare” può talvolta avere una connotazione più forte e violenta rispetto a “uccidere”, ma questo dipende ancora una volta dal contesto e dal modo in cui viene usato.

Ad esempio, si potrebbe dire “ho ammazzato un pollo per cena”, in modo informale e neutrale, ma se si dice “hanno ammazzato una persona”, il termine può assumere un tono più violento e crudele.

Spesso, o parlando di omicidi, si parla di “morti ammazzati” per indicare omicidi compiuti con particolare violenza o efferatezza, specie se a compiere questi omicidi è la criminalità organizzata.

Uccidere e ammazzare si usano comunque anche in modo figurato.

Per ammazzare il tempo potremmo fare una partita a carte.

In questo caso ammazzare il tempo sta per “non annoiarsi” e non si usa il verbo uccidere ma solamente ammazzare.

Oppure, parlando di una situazione molto imbarazzante per mia colpa posso dire:

Ero molto imbarazzato. In quel momento volevo uccidermi/ammazzarmi.

Spesso anche si dice “avrei voluto scomparire con significato simile.

Oppure frasi come:

se dici questo segreto a qualcuno ti uccido/ammazzo.

Gli adolescenti usano spesso:

Ti ammazzo di botte!

Il che non significa che verrà uccisa una persona, ma è una minaccia analoga a “ti picchio”.

Ci sono poi frasi come “morire dal ridere” e “ammazzarsi dalle risate”.

Ammazzarsi dal ridere

Il verbo “morire” è spesso usato in modo figurato per indicare una forte reazione emotiva, come ad esempio proprio “morire dal ridere”, che significa ridere molto, fino al punto di non poter più controllarsi.

Altri esempi di questo uso figurato di “morire” includono “morire di vergogna”, “morire di noia” o “morire di paura”, dove il verbo viene usato per indicare una forte sensazione o stato d’animo.

Il verbo “ammazzare” può essere usato in modo simile, ad esempio “ammazzarsi dalle risate”(o per le risate) che indica una forte reazione emotiva di tipo comico, simile all’uso figurato di “morire”.

A cena Giovanni ci ha raccontato un sacco di barzellette che ci hanno fatto morire dal ridere (o ci hanno fatto ammazzare dalle risate).

Potrei ugualmente dire che “siamo morti dal ridere”, “sono morto dalla vergogna”, “sono morto di caldo/freddo”, eccetera.

Non si usa dire “sono ammazzato di freddo/caldo”. Ammazzarsi si usa quando c’è un’azione. Essere Morto si usa per certificare uno stato.

Altri esempi di questo uso di “ammazzare” includono “ammazzarsi di lavoro”, che significa lavorare molto duramente, o “ammazzarsi di fatica”, che indica una sensazione di fatica molto intensa.

Si può anche dire:

mi ammazzo per tirare avanti la famiglia

Mi sono ammazzato per aiutarti

Bisogna ammazzarsi di studio per laurearsi in tempo.

Giovanni parla tantissimo: ti ammazza di chiacchiere per spiegarti un concetto!

C’è un’esclamazione romanesca simpatica:

Ammazza!

Ammazzate! (o ammazzete)

Queste sono modalità colloquiali molto diffuse nel Lazio per esprimere stupore, meraviglia. Simile a: Davvero? Accidenti! Veramente? Si usano anche per sottolineare una inutile insistenza o un reiterato comportamento negativo:

Ammazzete quanto rompi!

Ammazzete quanto vino bevi!

Ammazza quant’è bello il tuo amico!

Ammazza che fisico!

Ammazzate, è da stamattina che mi critichi, ma che ti ho fatto?

Vedete che ammazzare, rispetto a uccidere si usa per dare forza al concetto da esprimere, sia che si usi proprio che figurato. Non è un caso che ammazzare derivi dal termine “mazza”, cioè uno strumento per colpire e fare male.

Ammazzare pertanto sarebbe “colpire con una mazza” e quindi si esprime il concetto più ampio di morte violenta.

In generale, l’uso figurato di questi due verbi è abbastanza comune nella lingua italiana e può essere utilizzato in molti modi diversi, a seconda del contesto e della situazione in cui si trovano le persone.

Tuttavia, è importante notare che l’uso figurato di questi verbi può essere considerato come un po’ eccessivo in alcune situazioni, quindi fate attenzione perché può risultare poco appropriato e rispettoso a volte.

Facciamo un esercizio di ripetizione:

Ammazzare

Ammazzarsi dal ridere

Ammazzarsi dalle risate

Se lo fai ancora ti ammazzo!

Mi ammazzo per aiutarti e neanche un grazie!

Mi sono ammazzato di fatica

Con tutte queste parole ci hai ammazzato!

Ci sentiamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.

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Mobilitare – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 33)

Il verbo mobilitare (scarica audio)

Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

 Trascrizione

Giovanni: la lingua che si usa in politica e quella che si usa in guerra hanno un verbo in comune: mobilitare.

Un verbo che trova applicazione anche in altri ambiti ma volevo colpire la vostra attenzione. Lo ammetto!

Scherzi a parte, vediamo meglio cosa significa questo verbo e come si usa.

Mobilitare” significa mettere in movimento, far agire, organizzare e coordinare le persone, le risorse o gli sforzi per raggiungere un obiettivo comune. Questa è la sintesi estrema.

In ambito politico, il verbo mobilitare viene spesso usato per descrivere l’azione di raccogliere e organizzare le persone per partecipare a una manifestazione o a una protesta.

Ad esempio:

Il sindacato ha mobilitato i lavoratori per una manifestazione contro la riforma del lavoro in atto.

In altri ambiti, il verbo mobilitare può essere usato per indicare l’azione di attivare, coordinare o organizzare risorse di qualunque tipo o persone per un’attività specifica.

Ad esempio:

La polizia ha mobilitato tutte le sue risorse per cercare il sospettato della rapina in fuga.

L’azienda ha mobilitato i suoi dipendenti per la raccolta fondi a favore dell’ospedale.

Il verbo mobilitare viene preferito ad altri verbi come “organizzare” o “attivare” quando si vuole sottolineare l’idea di mettere in movimento o far agire un insieme di persone o risorse per raggiungere un obiettivo comune in modo coordinato.

C’è una regia dietro ogni mobilitazione, una mente, una persona che ha organizzato la mobilitazione.

Mobilitare è simile anche a mettere insieme, riunire, raggruppare, unificare.

In guerra si mobilitano le truppe, i soldati, le forze in campo per battere il nemico.

In politica si mobilitano gli elettori o le persone in generale. Al limite si possono mobilitare tutte le risorse a disposizione per raggiungere un obiettivo.

Si possono mobilitare anche le risorse economiche, o mobilitare delle forze, ad esempio quando si vogliono raccogliere dei fondi per una specifica finalità, come nell’esempio visto sopra.

Tante persone mettono 1,2 o 10 euro a testa per un fine preciso: questa è una mobilitazione di forze, di energie e di risorse.

Le mobilitazioni, specie in ambito politico, spesso fanno paura perché tante persone tutte assieme possono creare problemi di ordine pubblico e di sicurezza. Allora anche le forze dell’ordine possono mobilitare i loro uomini per evitare conseguenze negative.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano dedicato al linguaggio della politica.