Miracolo al centro commerciale

Un racconto di MARGHERITA MILANO, letto da Sofie.

Durata: 20 minuti

Episodio per i membri dell’Associazione italiano Semplicemente

Trascrizione

Me ne ero andata al centro commerciale per meditare. Dal soffitto a quadretti, come la pagina di un quaderno di un bambino delle elementari filtrava una luce azzurra tenue. Mi ricordava quella della chiesa
della mia infanzia, dove era dipinto un giudizio universale molto brutto ma che io guardavo per distrarmi dalla noia dell’ora di catechismo.

Le volte laterali del centro commerciale, sicuramente con ambizioni maggiori della piccola chiesa di campagna, erano dipinte di rosa, e contribuivano a dare l’aspetto di una cattedrale dal cui altare maggiore sprigionava una luce divina.

Continua… 

Il prestanome – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 45)

Il prestanome

Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

Trascrizione

prestanome - testa di legno

Descrizione: Il prestanome è una persona il cui nome compare al posto di quello di un’altra persona, che per qualche motivo non può utilizzare il proprio nome. Vediamo anche alcuni sinonimi e come si usano nel linguaggio comune.

Segue una breve canzone dal titolo “hai la testa di legno?”

Episodio riservato ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente

ISCRIVITIENTRA

Prontezza di riflessi (ep. 1073)

Prontezza di riflessi

richiesta adesione iscrizione associazione

Trascrizione

Ho una domanda per voi. La sfida è che dovete rispondere entro due secondi.

Immaginate di avere tre pulsanti davanti a voi. Dovete premere il pulsante giusto prima del vostro avversario.

Un pulsante è per rispondere si, uno è per rispondere no, il terzo è “forse, ci devo pensare”.

Ecco la domanda: sapete cosa significa essere pronti di riflessi?

Tempo scaduto.

Se avete risposto in tempo, evidentemente siete persone pronte di riflessi. Anche se non ne conoscete il significato.

Essere pronti di riflessi significa proprio questo: essere preparati a reagire rapidamente e spesso anche istintivamente. A reagire a cosa? In genere a situazioni impreviste o pericolose.

Si può usare però anche in senso più ampio, come ho fatto io all’inizio.

I riflessi, tecnicamente, sono delle risposte automatiche del corpo a stimoli esterni o interni, che si verificano senza coinvolgimento cosciente. Ad esempio, il riflesso di retrazione del piede quando si tocca la zona sotto il ginocchio. Il ginocchio reagisce muovendosi in avanti e questo accade anche senza la nostra volontà in quanto è una reazione automatica.

Chiaramente nell’esempio che ho fatto ho usato in senso figurato il termine riflessi.

In senso figurato, i “riflessi” possono indicare reazioni istintive o anche solamente immediate di una persona a determinate situazioni, senza necessariamente implicare un coinvolgimento cosciente o razionale.

Si può usare anche al singolare: riflesso. Da non confondere col riflesso relativo alla riflessione della luce.

I riflessi della luce sono fenomeni ottici in cui la luce si riflette su una superficie e cambia direzione.

Questo può avvenire su superfici lisce come uno specchio o su superfici rugose come un foglio di carta. Quando la luce riflette su una superficie abbiamo un riflesso.

Poi ci sono anche i riflessi ai capelli che si fanno dal parrucchiere.

I riflessi in questo caso si riferiscono a una tecnica di colorazione dei capelli in cui vengono aggiunti riflessi più chiari o più scuri per creare dimensione e profondità nel colore dei capelli. Questa tecnica può essere utilizzata per aggiungere luminosità e contrasto al colore naturale dei capelli o per creare effetti più audaci e creativi.

Tornando alla prontezza di riflessi, che può essere intesa sia nel senso proprio, riferendosi alla rapidità delle risposte fisiche automatiche del corpo, che nel senso figurato, indicando la prontezza nella risposta a situazioni o problemi anche in un contesto più ampio.

Vediamo altri esempi:

Ieri stavo cadendo dal mio monopattino perché ho preso in pieno una buca. Fortunatamente sono stato pronto di riflessi e sono riuscito a non cadere.

Stavo discutendo con un tizio in un parcheggio, lui voleva assolutamente parcheggiare al mio posto, ma l’ho visto arrivare con la coda dell’occhio e subito ho occupato il posto in un secondo prima che lo facesse lui.

Nel calcio, durante una partita, potremmo commentare una grande parata di un portiere che riesce a parare un tiro molto pericoloso e da distanza molto ravvicinata. Ci vuole una grande prontezza di riflessi da parte del portiere per parare quando un calciatore avversario tira da molto vicino.

Esiste anche un altro modo di riferirsi a questo tipo di reazione: il riflesso incondizionato. Il riflesso incondizionato è anch’esso una risposta automatica e innata a uno stimolo specifico. Non richiede apprendimento o esperienza per manifestarsi e avviene in modo naturale. Ad esempio, il riflesso di suzione nei neonati è un riflesso incondizionato in cui il neonato succhia automaticamente quando qualcosa tocca la sua bocca. Si usa il riflesso incondizionato anche quando una reazione viene spontanea, anche se magari, avendo a disposizione un tempo maggiore per pensare, si crede che la reazione sarebbe stata differente.

Un esempio ulteriore di riflesso incondizionato potrebbe essere quando qualcuno si ritrae istintivamente da una fonte di calore intenso, come mettere la mano su una superficie calda. In questo caso, il ritirarsi istintivo è una risposta automatica e innata al pericolo di scottarsi, senza bisogno di apprendimento o razionalizzazione, cioè senza bisogno di stare a pensare.

Voi invece cosa mi dite dei vostri riflessi? Rifletteteci e fatemi sapere.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Ulrike: Avete presente coloro che hanno sempre la battuta pronta? In quanto tali mi sa che si tratta di persone dotate di prontezza di riflessi, per lo meno in fatto di spiritosità. Io purtroppo non posso annoverarmi tra di loro, a me le idee argute e spiritose, semmai, mi vengono in differita, di rado dal vivo.

Marcelo: Vorrei in merito citare due pugili, per inciso, entrambi campioni mondiali! Il primo un americano arci conosciuto, Casius Clay, poi diventato Mohamed Ali. Ricorderete i suoi veloci riflessi per schivare i colpi immagino. Vabbè… almeno chi ha superato gli anta saprà di chi parlo.
L’altro è Nicolino Locche, argentino, famoso per abbassare la guardia e mostrare il volto al suo avversario, che non riusciva mai a colpirlo! Difficile centrare il bersaglio con questo tizio! Purtroppo, tutt’e due hanno avuto il Parkinson in età avanzata. Cercate su YouTube qualche video che li riguarda. Sono degni di nota! Quanto alla mia prontezza di riflessi, beh, meglio che ne parliamo un’altra volta!

Estelle: Avete presente quel diabolico strumento della cucina chiamato mandolina? Cucinare per gli altri è per me un piacere da sempre. Ero avvezzati a usarla frequentemente in modo quasi istintivo. Ineluttabilmente ciò che doveva accadere è accaduto, e il mio dito ha preso il posto della patata. Non vi dico lo stato di panico nella casa: i figli hanno subito attivato il campanello d’allarme. Da quel giorno ho sviluppato una certa prontezza di riflessi per ritirare le dita mentre la lama si avvicina. Conunque, a ragion veduta, senza voler demonizzare questa macchina, penso che il da farsi sia probabilmente dimenticarla. Dire che questa macchina è pericolosa è un eufemismo.

Smanettare (ep. 1072)

Smanettare

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Trascrizione

Sapete qual è l’abilità degli informatici? La loro abilità consiste nel fatto che sanno smanettare.

Smanettare nell’uso più comune, significa saper utilizzare il computer con grande abilità, con una certa disinvoltura.

In particolare si utilizza quando una persona riesce a risolvere problemi più o meno complessi, sperimentando soluzioni, cercando soluzioni usando i vari programmi del computer.

Si può usare anche quando si sa usare bene il cellulare con lo stesso senso. E non solo il cellulare.

È un verbo informale che chiaramente fa riferimento alle “mani”.

Come a dire che cliccando di qua e di là, provando prima una cosa e poi un’altra si riesce facilmente a risolvere dei problemi.

Vediamo qualche esempio:

Sono due ore che stai smanettando col telefonino. Ma cosa stai facendo così concentrato?

Il cancello automatico non funzionava bene. Ho dovuto smanettare un po’ col telecomando per capire come funzionasse.

Questo è uno smartphone molto adatto per chi riesce a smanettare e usare tutte le funzioni.

È un po’ complicato installare questo programma. Però se smanetti un po’ vedrai che ce la puoi fare.

È interessante che esiste anche l’aggettivo, che indica una persona appassionata di informatica, che riesce e si diverte a modificare le varie funzioni del proprio computer o dei software che vi sono installati, o a muoversi con disinvoltura tra le varie funzioni di un dispositivo elettronico e magari anche ad aggiungere funzioni nuove. Chi ha queste abilità viene chiamato “smanettone“.

Teoricamente però smanettare deriva anche da “manetta“, un termine associato alla velocità.

Infatti andare a manetta significa andare a tutta velocità. È chiaramente informale anche questa espressione.

Allora smanettare può anche significare andare molto velocemente, proprio come “andare a manetta”.

Infatti quando si guida una moto di usa la mano destra per accelerare.

Una modalità alternativa è “andare a tuffo gas” “o anche “andare a tutta birra“. Si tratta di forme alternative a “andare a tutta velocità“.

In realtà però, almeno personalmente, non mi pare di aver mai visto o sentito usare il verbo smanettare in questo modo, per indicare velocità.

E voi sapete smanettare? Siete degli smanettoni? Parliamo quindi di competenze informatiche. Come ve la cavate?

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Jennifer: Fra mio figlio ed io non c’è confronto quando parliamo di competenze informatiche. Lui smanetta gli aggeggi come se avesse sviluppato un sesto senso; è davvero uno smanettone. Purtroppo io sono un dinosauro perso nel mondo della tecnologia. È come se quasi mi mancassero le sinapsi necessarie per comprendere come funzionano le cose che utilizzano la tecnologia dei computer. Ce l’ho messa tutta per imparare ma sfortunatamente anziché diventare abbastanza competente i miei figli sono convinti che io possieda “un’energia storta” che non lascia indenne alcun dispositivo che è nelle mie vicinanze.

Marcelo: La competenza informatica è oggi un requisito fondamentale per quasi tutti i lavori. Un viatico indimenticabile direi! Non c’è colloquio di lavoro che non includa domande sul livello raggiunto. Non essendo nato nell’era digitale, il mio consiglio è lasciare la paura da parte e mettersi in gioco! All’inizio sembrerà duro, però man mano che ci impegniamo tutto diventerà liscio come l‘olio! Suvvia, non vi pentirete amici! Almeno così è stato il mio percorso. Bisogna seguire delle tappe, un passo alla volta, così di tappa in tappa Si diventa sempre un po’ più più bravi! Fatevi sotto!

L’aggettivo “atavico” (ep. 1071)

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Trascrizione

Sapete qual è il male atavico degli italiani? C’è chi dice sia l’individualismo.

Altri dicono che il male atavico degli italiani sia l’incoerenza.

Altri ancora dicono che sia il camaleontismo. Per altri ancora è l’indifferenza. Per alcuni siamo persino ondivaghi, cioè vaghi, imprecisi, che cambiano spesso opinione, quindi siamo mutevoli, instabili. Questi sarebbero tutti mali atavici di noi italiani.

Ma, prima di tutto, cosa significa male atavico?

Atavico è un aggettivo che non si usa per descrivere solo un male. Dentro alla parola atavico c’è “avi” che significa antenati, progenitori.

In generale atavico o atavica descrive una caratteristica, un tratto, un elemento, una radice. Qualcosa che dipende o è legato alla cultura e alla vita dei nostri progenitori, i nostri avi.

Insomma, atavico è qualcosa che è nel sangue, nel dna di un popolo, qualcosa che è stato trasmesso dalla cultura, dagli usi e dai costumi di un popolo.

Se qualcosa è atavico, vuol dire che risale agli antenati, che deriva dagli avi.

Quindi l’aggettivo viene associato a caratteristiche o comportamenti che sembrano risalire a tempi antichi, ereditati dai progenitori o dalle origini ancestrali di una persona o di una cultura.

Ho detto origini “ancestrali”. In effetti ancestrale è un sinonimo di atavico. Possiamo usarlo senza problemi al suo posto. In più la forma femminile è uguale a quella maschile.

Vediamo qualche esempio con atavico:

In Grecia, la pratica del teatro tragico ha radici ataviche che risalgono all’antica tragedia greca.

In Italia, la passione per il cibo e la convivialità sono tratti atavici che si riflettono nella cultura culinaria e nelle riunioni familiari.

In Francia, la tradizione del vino e della gastronomia è un elemento atavico che ha radici profonde nella cultura nazionale.

In Germania, la tradizione della birra e dei mercatini natalizi è un tratto atavico che riflette l’importanza della convivialità e delle festività nella cultura tedesca.

In Inghilterra, il folklore e le leggende antiche sono parte integrante della cultura, con origini ataviche, che risalgono ai tempi dei miti e delle leggende medievali.

In Norvegia, il legame con la natura e le tradizioni vichinghe sono elementi atavici che influenzano la cultura lo stile di vita norvegesi.

In generale, la pratica della superstizione è un tratto atavico che può essere riscontrato in molte culture, manifestandosi attraverso credenze e rituali che hanno radici antiche.

L’aggettivo “atavico” inevitabilmente si usa parlando di popoli e culture. Volendo si può usare anche per descrivere caratteristiche biologiche o comportamenti che sembrano avere radici profonde nella storia evolutiva di una specie.

Vi ricordo poi il termine “retaggio” che è chiaramente legato all’aggettivo “atavico”. Direi che atavico però viene da più lontano, è più radicato nel passato e si usa di più parlando di popoli.

Adesso parlatemi di un tratto atavico della vostra cultura usando qualche episodio passato.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Estelle: La chiave di volta per capire il mio retaggio familiale risiede probabilmente nel valore che diamo al lavoro. Da sempre i miei genitori mi hanno trasmesso l’importanza dello sforzo per raggiungere gli obiettivi da prefiggersi.

Marcelo: Io, cari amici, come argentino, direi che la nostra eredità è senz’altro influenzata dalla cultura spagnola fin dalle origini. Così, tutto è stato tramandato per secoli. Ma nel secolo XIX e alle porte del secolo XX, i governi argentini hanno promosso una corrente migratoria molto importante. A quel tempo, l’Argentina era un paese ricco e promettente, e questo portò all’arrivo di tanti italiani, francesi, tedeschi, russi, britannici e di altri paesi. Questo ha implicato che l’Argentina si è trasformata in un crogiolo di culture e quindi è difficile individuare un unico retaggio.

Inoltrare e inoltrarsi (ep. 1070)

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Trascrizione

Cos’hanno in comune un bosco, la primavera e una email? La risposta risiede nel verbo inoltrare.

Infatti ci si può inoltrare in un bosco, la primavera può essere inoltrata e si può inoltrare una email.

Le tre frasi condividono il concetto di “avanzare” in qualcosa. Nel primo caso, ci si inoltra nel bosco, quindi si avanza, ci si addentra nel bosco, nel secondo caso si inoltra la stagione primaverile cioè ci troviamo nel pieno della stagione primaverile e nel terzo caso si inoltra un’email, cioè si invia una e-mail che abbiamo ricevuto.

Quindi c’è un legame tra le tre frasi. Tutte e tre implicano un movimento o un progresso in avanti in un determinato contesto.

Nel caso del bosco, inoltrarsi nel bosco significa penetrare all’interno del bosco, ma si può dire lo stesso di un territorio, quindi inoltrarsi è simile a addentrarsi in qualcosa. Es.

La ragazza si inoltrò nella foresta.

Quindi non solo la ragazza è entrata nella foresta ma è andata “oltre”. È entrata nella foresta ma è penetrata dentro e ha fatto anche un po’ di strada. C’è un po’ il senso del pericolo in questo caso.

Ad ogni modo ciò che conta è che la ragazza non si trova all’inizio del suo percorso. Si è inoltrata, cioè è andata avanti (oltre l’inizio) in modo significativo.

Quando è una stagione ad essere inoltrata stiamo invece usando il verbo il senso figurato.

Significa giungere a una fase avanzata della stagione, quindi ancora una volta non all’inizio ma la stagione è iniziata già da un po’ di tempo.

Es:

L’ultima volta che ci siamo visti era autunno inoltrato.

È primavera inoltrata e ancora non si vedono alberi fioriti. Che strano!!

Infine, l’unico uso transitivo del verbo inoltrare è relativo al linguaggio burocratico.

Nel linguaggio burocratico infatti inoltrare può significare due cose.

Significa trasmettere un messaggio in via gerarchica, quindi analogamente a diramare, distribuire ad altri.

Ma significa anche inviare a qualcuno una e-mail ricevuta.

Quest’ultimo è l’uso più comune.

Si può quindi inoltrare una direttiva (un tipo di comunicazione) agli uffici competenti, nel senso di inviare, trasmettere, diramare, ma molto più spesso si inoltra un’email a qualcuno a cui può interessare il contenuto di quel messaggio. Ci siamo già occupati della differenza tra inviare, mandare, spedire, inoltrare. Date un’occhiata se volete.

È bene ribadire che se si inoltra una email a qualcuno vuol dire che qualcuno quella e-mail l’ha inviata a noi, e noi a nostra volta la inviamo ad altri.

Es:

Ho ricevuto una email dal direttore. Te la inoltro, dimmi che ne pensi.

Avrete notato la somiglianza tra inoltro e inoltre. Falso allarme comunque.

“Inoltro” e “inoltre” sono due parole che hanno significati e utilizzi diversi.

Un “Inoltro” indica infatti l’azione di inviare qualcosa (simile a invio), come un messaggio o un documento, a un’altra persona o destinazione.
Inoltre” invece è un avverbio che significa “in aggiunta a quanto detto”, “oltre a ciò” o più semplicemenete “anche” e “poi”.

Adesso ripassiamo qualche espressione passata. Parliamo di attività sportive.
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Ripasso in preparazione a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Marcelo: Tra le attività che mi piacciono di più si trovano il campeggio e il trekking. Molte volte mi sono inoltrato nei meandri di boschi intricati, con pericoli dappertutto, però fortunatamente ne sono uscito indenne in tutte le occasioni.

Camille: Da annoverare tra le cose importanti in quegli sport ci sono i bastoni per l’arrampicata, una bottiglia per l’acqua, occhiali da sole, cappello e una gavetta con dei medicinali di base, il minimo imprescindibile.

Danielle: ma da avere sempre all’occorrenza c’è anche alcol, bende, aspirina, cerotti adesivo, ecc., è poi occorre buonumore: un buon viatico per tutte le attività.

Edita: Avete iniziato ad accarezzare l’idea di esordire in questa disciplina? Suvvia amici! Non esitate. Non ve ne pentirete mai!

L’aggettivo indenne (ep. 1069)

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Trascrizione

faceless firemen by building on fire
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Mi è stato suggerito da Camille, un membro dell’associazione Italiano Semplicemente, di fare un approfondimento sul termine “indenne“.

Ebbene, l’aggettivo indenne deriva dal termine “danno“. Come sapete, un danno è una diminuzione, più o meno grave di efficienza, di consistenza o di valore, dovuta a cause fortuite o anche volontarie. Esistono poi diversi tipi di danni. Esistono danni morali e danni materiali, ma anche e soprattutto danni economici. Quando subiamo un danno economico abbiamo un effetto economico negativo conseguente dall’azione di qualcuno o da un fatto e così “subiamo un danno” normalmente quantificabile in un certo numero di euro o altra valuta.

Esiste anche il danno fisico, relativo alla salute. In medicina, è un termine usato come sinonimo di lesione, disfunzione, alterazione.

Es: subire un danno celebrale o un generico danno al fisico.

Ebbene, “indenne” è un aggettivo che sta ad indicare un’assenza di danni. Quindi se io non subisco alcun danno dal verificarsi di un evento, posso dire che sono indenne o che sono uscito indenne da questo evento. Il prefisso negativo “in” è usato in questo caso per esprimere valore contrario, e viene premesso soprattutto ad aggettivi che esprimono concetti graduabili, tipo incapace, incerto, inefficace, insicuro, inutile.

Anche indenne è un esempio dell’uso di questo prefisso, anche se “danno” è un sostantivo,

Passiamo ai verbi che si utilizzano quando parliamo di danni.

Con i danni si può usare il verbo subire ma anche il verbo patire. Quindi indenne significa anche che una persona o qualcosa non patisce alcun danno:

Con indenne invece si usano principalmente i verbi: rimanere, restare e uscire:

Fortunatamente dal terremoto ne sono uscito indenne

La crisi finanziaria mondiale ha dimostrato che nessuna economia può rimanere indenne dalle conseguenze dei problemi globali.

Ho stipulato l‘assicurazione per restare indenne rispetto agli infortuni sul lavoro

Maria è uscita indenne dall’incidente

Comunque indenne fortunatamente ha anche dei sinonimi. A seconda dell’occasione possiamo usare incolume, illeso o sano e salvo. Oppure salvo, intatto, integro, e anche “perfetto”.

Dicevo che “indenne” si usa anche per le cose e non solo per le persone:

es:

L’incendio ha devastato la chiesa ma il quadro è rimasto indenne.

La pandemia ci ha insegnato inoltre che “indenne” è anche un sinonimo di “immune” quando si parla di contagio.

Es:

Ci sono alcune zone italiane risultate completamente indenni dall’epidemia

Quanto alle differenze con i termini simili, “illeso” può essere usato in contesti simili a “indenne” e “incolume“, ma talvolta porta con sé un senso di fortuna o miracolo nel non essere stato danneggiato, come “uscire illeso da un incidente automobilistico”. Intonso invece, sebbene abbia un suono simile, si usa generalmente in contesti diversi, come abbiamo visto, quando si tratta di qualcosa di mai utilizzato, più che di qualcosa di non danneggiato.

Anche “scampare da un pericolo” trasmette un senso simile. Si potrebbe dire lo stesso dei verbi cavarsela. Se invece riusciamo a prevenire questo pericolo prima che si manifesti, allora possiamo usare il verbo “scongiurare” a meno che non si tratti di qualcosa di ineluttabile

Oggi vorrei che il ripasso quotidiano vertesse sulla felicità. Pare che il paese più felice sia la Finlandia. E questo perché i finlandesi si godono appieno le piccole gioie della vita, come l’aria pulita, l’acqua cristallina e le passeggiate nei boschi. Che ne pensate?

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Andrè: Da che mondo è mondo gli esseri umani cercano la felicità! Secondo me la definizione di felicità è soggettiva, anzi direi addirittura che la felicità non esiste ma che esistono i momenti felici! Per quanto riguarda la felicità dei finlandesi, che vuoi che ti dica, sarà perché non soffrono con il caldo soffocante? A proposito, qualche giorno fa la sensazione termica percepita era di 62 gradi a Rio de Janeiro! Non vi dico che sono morto, ma poco ci manca!

Lei vede o veda? (ep. 1068)

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Quando si dà del lei a una persona, sapete tutti che in genere si tratta di una persona che non si conosce, oppure di una persona importante, come un professore, un dirigente o anche semplicemente un collega con cui per rispetto o per formalità o abitudine si è deciso di avere un rapporto di questo tipo.

Ai ragazzi normalmente non si dà mai del lei e neanche tra loro i ragazzi si danno del lei, conseguentemente fino all’età si 18-20 anni una persona difficilmente usa lei al posto di tu.

Oggi, in particolare, voglio parlarvi dell’uso del verbo vedere in una precisa circostanza legata proprio al “lei”.

Iniziamo dal “tu”.

Quando si dà del tu (ma anche del lei) e si sta cercando di spiegare bene un concetto, può capitare di usare il verbo vedere in senso figurato. Si usa senza soggetto davanti.

Es:

vedi Giovanni, se ti dico queste cose è solo per darti un consiglio da amico.

C’è da dire che i giovani difficilmente usano il verbo vedere in questo modo. È un modo di esprimersi poco giovanile, e “vedi”, seguito spesso dal nome della persona con cui si parla (vedi Giovanni, vedi amico, ecc.) è qualcosa che si può semplicemente omettere perché ciò che aggiunge alla frase è solamente un tentativo di ingentilire la frase, oppure si usa per fare una battuta ironica o per darsi un tono, per sembrare più colto o superiore al nostro interlocutore. Per questo motivo attenzione al tono che usate.

In effetti a volte a me dà fastidio quando una persona mi parla e inizia la frase con “vedi”. Sembra quasi che si senta il bisogno di spiegarmi meglio un concetto, come se non avessi capito o che io abbia bisogno di riflettere perché sono stato troppo impulsivo o precipitoso. Suona anche un po’ compassionevole a volte, come a dire: te lo spiego meglio….

Comunque non è un “vedi” che è legato alla vista, ma è un Invito all’ascolto o alla riflessione. Un uso simile, nel senso che è sempre figurato, è quando si dice “io la vedo così”, “tu come la vedi?.

Ci siamo già occupati di queste frasi.

Questo, se diamo del tu.

Invece se diamo del lei, “vedi” diventa “vede”, oppure “veda” .

Abbiamo due possibilità quando diamo del lei. Quale delle due forme è corretta? Vedi o veda?In realtà si ritengono corrette entrambe. Anche se “vede” è molto più diffusa.Vediamo qualche esempio con vedi, vede e veda.

Vedi Marco, ti dico questo perché ti voglio bene. Se continui a arrabbiarti sempre così per ogni stupidaggine, può salirti la pressione o anche prenderti un infarto.

Vedi Laura, ciò che voglio dirti è che non è giusto giudicare una persona solo per le sue azioni passate.

Se diamo del lei invece:

Vede signora Bianchi, io mi fido di Giovanni a differenza di lei semplicemente perché mi fido delle persone in generale.

Vede Dottor Rossi, se le dico questo è perché so come sono andate le cose, si fidi.

Veda Signor Presidente, credo che bisogna analizzare la questione da diversi punti di vista.

Come capite, si sta cercando di spiegare bene qualcosa e si invita a “guardare”, a “vedere” la realtà per come la vede chi parla. È anche un modo per sembrare più riflessivi.

Poi c’è anche un altro uso particolare. In questo caso “veda” non si utilizza.

Mi riferisco a quando dico all’interlocutore che le cose stavano o stanno proprio nel modo come dico io. Es:

Vedi che avevo ragione io?Vede? Avevo ragione io.

Vede che in fondo non era cosi difficile?

Anche in questi casi è un vedere figurato.

Poi a volte la vista però sembra entrarci un po’:

Vedi come come sei bella quando sorridi?

In questi casi veda, come ho detto, non si usa.

Poi invece c’è anche un caso in cui, quando si dà del lei, si usa solamente “veda”, ma il contesto è differente.

Parliamo della locuzione “vedere di”. Attenzione perché in questo caso non ci rivolgiamo con gentilezza. Ce ne siamo già occupati in un episodio, ma in quella occasione non ho fatto esempi dando del lei.

Esempio:

Veda di stare zitto!

Veda di sbrigarsi se non vuole essere licenziato!

Veda un po’ di farsi gli affari suoi!

Si tratta della forma imperativa presente del verbo vedere. Però stiamo dando del lei.

Riassumendo, quando si usa il “lei”, sia “vede” che “veda” sono corretti quando si dà una spiegazione, ma “vede” è più comune e si usa in situazioni più o meno formali, mentre “veda” è più letterario e ancora più formale.

Entrambe le forme sono considerate corrette nella lingua standard ma “vede” è decisamente più utilizzato.

Non si usa “veda” ma solo “vede”, però, quando invito una persona a osservare che qualcosa era proprio come dicevo io.

Infine si usa solamente “veda” nella locuzione “vedere di”.

Adesso vedete di fare un ripasso come si deve.

Parliamo dell’Italia. Quale luogo dell’Italia preferite e perché.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Marcelo: Scegliere il mio posto preferito dell’Italia, nevvero, è la decisione più difficile per un innamorato del bel paese. Quanto è vero Iddio che quest’estate prendo un aereo e ci vado! Però, se mi vedessi costretto a scegliere un posto, sceglierei la Toscana. È un posto che mi fa impazzire, perché? Per la belleza dei suoi tramonti, i suoi vigneti, la qualità del vino, i crostini di fegatini, il tartufo nero, il pecorino, e chi più ne ha più ne metta! E voi, che ne dite, mai stati in Toscana?

Jennifer: Vedi Gianni, per noi che amiamo l’Italia è difficile scegliere un posto specifico. L’Italia è gremita di posti bellissimi. Se mi permettete di predicare un po’, sceglierei il luogo dove vivo ora, l’Aruzzo. Fuori dalla finestra vedo gli infiniti uliveti punteggiati di case isolate. All’orizzonte c’è il Corno Grande, che fa parte del Grand Sasso, ancora innevato e ad est si vede il mare. Oggi sulla schiena sento il calore del sole. Scrivendo questo ignoro che il giardino è un disastro e che la schiena non vuole affrontare il lavoro che è un dovere. Nel momento in cui dovessi scegliere tra qui e Manchester non ci sarebbero dubbi, rimarrei qui. Ho già dato e sono felice in pensione.

Il verbo sbandare, andare allo sbando e la sbandata (ep. 1067)

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Trascrizione

Sbandare” è un verbo interessante con vari significati sia propri che figurato.

Riguardo al significato letterale, sbandare è ciò che accade quando un veicolo perde il controllo e va fuori strada.

Un veicolo in corsa può deviare bruscamente dalla direzione di marcia per cause accidentali es:

La mia auto ha sbandato a destra

Ho perso il controllo dopo una buca e la macchina ha iniziato a sbandare a destra e sinistra.

Anche una imbarcazione può sbandare quando il vento la fa inclinare su un fianco.

Quanto invece ai significati figurati, la perdita del controllo riguarda la via della vita.

C’è un allontanamento di una persona da un’ideologia o da una condotta ritenute giuste e ortodosse deviando verso teorie considerate errate e degne di biasimo.

Quella che è ritenuta la retta via, la direzione giusta da prendere nella vita viene quindi, almeno momentaneamente, persa.

Es:

Alcuni settori del partito stanno sbandando pericolosamente verso l’estremismo.

Parliamo del pericolo legato allo sbandamento, non di un veicolo stavolta, ma di una persona, della sua condotta morale, della sua fede, qualunque essa sia.

Anche “deviare dalla retta via” è un’espressione comune per indicare questo sbandamento morale o religioso.

Posso ad esempio dire che “molti ragazzi sbandano per colpa dei genitori” oppure che “molti ragazzi deviano dalla retta via per colpa dei genitori”.

Si usa spesso il termine “sbandato” proprio per indicare una persona, generalmente molto giovane, isolata o dispersa per aver perso o abbandonato il contatto con il proprio gruppo di appartenenza sia in senso militare, politico, sociale, familiare. Uno sbandato o una persona sbandata è quindi una persona che ha perso la “direzione”, in senso figurato.

Se voglio descrivere dei ragazzi che passano il loro tempo girando per strada senza un certo obiettivo, senza lavorare, senza sapere cosa vogliono dalla loro vita o comunque se voglio etichettarli negativamente associandoli ad una direzione sbagliata della vita che è stata presa, posso dire che sono degli sbandati.

Si dice anche che sono “ragazzi allo sbando”.

Non si dice invece che sono ragazzi che “sbandano” o che “hanno sbandato”. Si usa l’ausiliare essere nel caso si parli di persone che hanno perso la direzione di vita: essere sbandati, o anche essere allo sbando.

“Essere allo sbando” non è una condizione che si può associare solo ai ragazzi. E’ una situazione di perdita di orientamento che proviene dalla mancanza di punti di riferimento generalmente morali, spirituali o ideologici.

Anche un paese si può dire che è/sta allo sbando. Ciò può accadere quando si parla del governo e della situazione problematica delle istituzioni pubbliche che hanno perso il controllo del paese.

Il paese si trova in una situazione di caos organizzativo e amministrativo.

Si usa anche speso col verbo andare: “andare allo sbando”.

Es: Il paese sta andando allo sbando. Fate qualcosa prima che sia troppo tardi.

Si usa anche un’altra espressione volendo in questo casi, ma è più informale e anche scurrile: andare a puttane! es: il paese sta andando a puttane!

“Allo sbando” comunque si usa solo in questi casi. Non si usa con le automobili che sbandano per via della perdita del controllo. Solitamente è un paese, una nazione che va allo sbando, o anche un adolescente o una persona qualunque che ha difficolta economiche, magari non ha più una casa e non sa dove dormire. E’ completamente allo sbando!

Anche un ufficio può essere allo sbando perché magari ha perso il suo dirigente e c’è il caos organizzativo.  A volte si aggiunge anche qualcosa per rafforzare la frase, tipo:

Completamente allo sbando, allo sbando più completo, allo sbando più assoluto, allo sbando totale.

Prendere una sbandata” invece, se da una parte può descrivere la perdita del controllo dell’auto (si usa più frequentemente sbandare o anche “fare una sbandata” in genere in questo caso)  dall’altra si usa in modo figurato quando vogliamo indicare un innamoramento improvviso per qualcuno, o un forte interesse o attrazione improvvisa per qualcosa, come un hobby, un’attività o un’idea.

Es:

La macchina ha preso una sbandata a destra e ho avuto paura

Giovanni ha preso una sbandata per una compagna di classe e non sta più studiando.

Si tratta di un interesse improvviso e emotivamente molto coinvolgente che prende tutta l’attenzione della persona. Questa persona, quando prende una sbandata, non pensa ad altro.

Si usa la preposizione “per” ma solo quando parliamo di amori, passioni, emozioni, quindi non parlando di auto che sbandano in curva senza controllo.

Es:

Prendere una sbandata per una ragazza

Da adolescente ho preso diverse sbandate (per diverse ragazze).

Si può anche usare “prendersi una sbandata”.

Es:

Mi sono preso una sbandata per Maria

Solitamente si tratta di passioni intense, improvvise, ma spesso anche di passioni non corrisposte e quindi destinate a durare poco. Non meravigliatevi dell’utilizzo del verbo prendere, che come abbiamo detto più volte, si usa spessissimo in modo figurato. Date un’occhiata all’episodio che abbiamo dedicato a questo verbo.

Se vogliamo, prendere o prendersi una sbandata è simile a “prendere/prendersi una cotta“. Stesso significato.

L’espressione “prendersi una cotta” viene utilizzata per indicare un’attrazione romantica improvvisa o un innamoramento per qualcuno. E’ più romantico quindi rispetto a “prendere una sbandata”.

L’origine esatta dell’espressione non è del tutto chiara, ma si ritiene che possa derivare dal concetto di “cottura” o “cuocere” nel senso di un amore che “cuoce” dentro di sé.

Si dice spesso:

Sono cotto della la mia fidanzata!

Giovanni è innamorato cotto!

Sono innamorati cotti.

Non c’è in questo caso il senso dell’amore non corrisposto o della passione momentanea. C’è solamene il senso della passione amorosa. Si può essere innamorati cotti anche per altre cose, oltre che per una persona, ma in genere si usa per le relazioni amorose.

È voi avete mai preso una sbandata? Parlatene usando espressioni già spiegate.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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Ulrike: Di persone che si trovavano in uno stato di confusione mentale, anche clienti totalmente sbandati, ne ho conosciuti a iosa quando, in un remoto periodo della mia vita lavorativa, mi sono dedicata al diritto familiare. Quante storie con postumi devastanti, soprattutto per i bambini, spesso causati da cotte adulterine, prese da uno dei coniugi. Dopo qualche anno ne avevo abbastanza e ho preso le distanze da questa materia.

Marcelo: Parlare di passioni intense e coinvolgenti… meglio non parlare a nome proprio, per carità!
Al lavoro è frequente trovare qualcuno che ha avuto una sbandata con un collega!
A volte si verificano comportamenti sopra le righe, con rapporti sessuali proibiti dalla politica aziendale! Sì, sì, hanno passato il segno, o come si dice a Roma, l’hanno fatto fuori del vasetto! Comportamenti davvero non condivisibili, ma un consiglio dato al tempo giusto li ha aiutati a rimettersi in carreggiata!

sbandata

Cosa bolle in pentola? (ep. 1066)

audio mp3

Trascrizione

Cosa bolle in pentola?

Bollire in pentola è un’espressione che va letta in senso chiaramente figurato.

In senso proprio infatti è abbastanza chiaro.

La pentola è un semplice recipiente di materiale resistente al fuoco, di forma generalmente cilindrica ed è provvista di due manici e di coperchio. La pentola serve per cucinare, quindi è per uso culinario, specialmente per cucinare la pasta o per lessare la carne.

Bollire invece è ciò che accade ai liquidi quando raggiungono la temperatura di ebollizione.

I liquidi, infatti, a una certa temperatura sviluppano bolle di vapore che salgono tumultuosamente alla superficie e si aprono.

Riguardo alla temperatura di ebollizione, questa dipende dalla nostra altitudine rispetto al livello del mare, dove l’acqua bolle a 100 gradi.

Poi c’è la bollitura, diversa dall’ebollizione. Infatti la bollitura riguarda le vivande che cuociono nell’acqua bollente. La bollitura è la cottura in acqua bollente di qualcosa. Dunque l’ebollizione riguarda i liquidi, mentre la bollitura riguarda ciò che viene cucinato in un liquido che bolle.

Posso dire che, ad esempio, i ceci bollono, che la pasta bolle in acqua eccetera.

Dunque l’espressione bollire in pentola, in senso proprio, significa che c’è qualche vivanda che sta bollendo nella pentola, con un liquido che è arrivato alla temperatura di ebollizione.

In senso figurato invece, quando qualcosa bolle in pentola significa che c’è qualcosa in progetto, in preparazione. Proprio come la pasta che si sta cuocendo. L’immagine è questa.

Si tratta spesso di qualcosa che viene tenuto nascosto.

In questa immagine entra quindi in gioco anche quella del coperchi, che serve a coprire la pentola.

Se sulla pentola c’è il coperchio non si vede cosa sta bollendo in pentola.

Allora se c’è qualcosa che bolle in pentola, in senso figurato normalmente pensiamo che c’è un progetto nascosto, che c’è qualcuno che sta cercando di fare qualcosa. Noi non sappiamo cosa esattamente, ma abbiamo dei sospetti. Qualcosa è in fase di preparazione. Ma cosa?

Cosa bolle in pentola?

Non riesco a capire cosa bolle in pentola.

Esempi:

Negli ultimi giorni, il capo ha avuto molte riunioni private. C’era un viavai continuo di gente. Chissà cosa bolle in pentola.

Il mio collega ha portato dei documenti in segreteria ma non ha voluto dirmi cosa riguardassero. Sembra che ci sia qualcosa che bolle in pentola.

Ci sono voci su delle trattative segrete della nostra società. Chissà cosa sta bollendo in pentola.

Se volessi usare espressioni meno informali potrei dire ad esempio che:

Le voci circolanti sulle trattative segrete hanno sollevato interrogativi. Oppure che queste voci hanno suscitato curiosità.

Chissà cosa c’è in progetto, chissà cosa sta accadendo. C’è qualcosa di sospetto, probabilmente abbiamo una sorpresa in serbo.

Chissà quale novità è all’orizzonte.

Chissà quali sviluppi ci riserva il futuro?

Chissà quali sorprese ci attendono?

Quali novità ci saranno in serbo per noi?

Cosa ci aspetta all’orizzonte?

Quali cambiamenti potrebbero manifestarsi?

Ancora più informalmente invece potremmo dire:

Qui gatta ci cova!!

Se “gatta ci cova” suggerisce che potrebbe esserci qualcosa di nascosto o di cui bisogna prestare attenzione. È un modo figurato e colloquiale per esprimere sospetto o curiosità riguardo a una situazione. È un’espressione questa che abbiamo incontrato nella lezione di italiano Professionale dedicata alla fiducia e alla diffidenza.

Adesso ripassiamo. Parliamo delle cose che secondo voi bollono in pentola.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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marceloMarcelo la prima cosa che mi è venuta in mente è quella delle promesse elettorali che si fanno per raccogliere le simpatie dei votanti, almeno da queste parti! Questo è indicativo del tentativo di non agitare lo spauracchio con misure restrittive in tutti gli ambiti! Noi argentini stiamo attraversando questi chiari di luna per colpa del governo precedente. Se non stiamo raschiando il fondo del barile, poco ci manca!