193 – AL DI LÀ o ALDILÀ? – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Ciao ragazzi, come si scrive al di là? Si scrive attaccato? E’ una sola parola?

Molti diranno: sì, infatti si mette anche l’apostrofo: l’aldilà.

Altri invece diranno: no, si scrive in tre parole: al di là.

Allora la verità e che si può scrivere nei due modi, ma il significato è diverso.

In una sola parola se vogliamo indicare la vita oltre la morte, quindi parliamo dell’aldilà, parliamo dell’oltretomba, del mondo che ci aspetta oltre la tomba, cioè al di là della vita.

Cosa c’è oltre la vita? C’è l’aldilà: tutto attaccato.

Se non parlo invece del mondo oltre la morte, allora lo scriviamo staccato, in tre parole: al di là, che è una locuzione avverbiale. In sostanza si usa in vari casi, leggermente diversi tra loro.

In senso materiale, cioè in senso fisico:

Cosa c’è al di là della porta? C’è il cortile, oppure c’è la cucina.

Qui significa “oltre“, come prima quindi, ma devo aggiungere qualcos’altro: al di là di cosa? Della porta in questo caso.

Cosa c’è al di là della strada? C’è un parco.

Oltre il senso fisico c’è anche quello figurato.

Vediamo qualche esempio:

Il virus cinese non ha contagiato tantissime persone nel mondo, ma l’impatto sui mercati è stato forte, al di là del tasso di mortalità.

C’è qui un senso di oltre, nel senso che c’è stato un impatto esagerato, che non è proporzionato al tasso di mortalità: è andato oltre, è andato al di là.

Al di là delle parole restano i fatti

Il senso qui è simile a “a prescindere” dalle parole, espressione questa che abbiamo già visto in un episodio dedicato. Date un’occhiata se volete: sono più importanti i fatti, quindi possiamo evitare di parlare delle parole: andiamo oltre, andiamo avanti. Questo è il senso.

E’ stata una bella partita, ma l’aspetto che più mi attira va al di là della gara vera e propria.

In questo caso non è “a prescindere” ma è esattamente “oltre“: oltre la gara vera e propria. Non voglio parlare della gara, della partita, del gioco che si è visto, mi attira qualcosa al di là di questo.

Un altro esempio:

Il lavoro va un po’ al di là delle mie competenze.

Evidentemente o il lavoro richiede altre competenze (cose che non ho mai fatto, anche se semplici) oppure ne richiede di più elevate, competenze più alte: più professionalità, più esperienza. Il verbo “andare”: andare al di là di… qualcosa, spesso si usa in questo modo.

Al di là” si usa poi molto per sottolineare degli aspetti diversi:

Giovanni è sempre stato portato per le lingue, ma al di là di questo, riconosco che si impegna moltissimo.

Questa modalità è interessante perché la potete usare in tutti i contesti, semplicemente per sottolineare un aspetto diverso da quello precedente: volete separare i due aspetti, come ad indicare che non sono collegati.

Si sua anche “al di là di tutto” quando diciamo qualcosa che vogliamo separare da tutto il resto, non solo da un solo aspetto.

Abbiamo avuto tante discussioni, ma al di là di tutto restiamo molto amici.

Non è da tutti riuscire a mantenere la calma al di là di tutte le cose accadute.

Ora, al di là dell’espressione di oggi, ascoltiamo una frase di ripasso:

Camille (Libano): Ne ho anche un’altra per chi vuole: *Ok, ci provo io: questa non sarà forse una frase che state ascoltando dal vivo, ma al di là di questo è comunque una frase di ripasso. Lo so, forse non ha niente a che spartire con quelle di altri membri, ma io sono molto impegnato sapete? Se non ci credete fate una capatina nel mio ufficio e ve ne accorgerete!

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L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

COPERTINA frasi idiomnatiche 2

1 – LA BOLLA – 2 minuti con Italiano semplicemente – LINGUAGGIO COMMERCIALE

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Benvenuti in questo primo episodio della rubrica “il linguaggio commerciale“, composto da episodi di breve durata che riguardano la lingua italiana del lavoro e del commercio.
Sono moltissimi gli stranieri che lavorano in Italia e che quindi all’inizio avranno molte difficoltà con la complessa terminologia del mondo del lavoro, allora prevalentemente a loro è dedicata questa rubrica. Si tratta comunque di episodi utili anche a quei tanti che si interessano del linguaggio del mondo lavorativo e commerciale italiano per altre ragioni, vuoi per esprimersi meglio e capire meglio quando capita, vuoi per semplice curiosità.
La rubrica fa parte del corso di Italiano Professionale e pertanto è dedicata ai soli membri dell’associazione. Questo primo episodio è comunque per tutti, e per chi fosse interessato, chi avesse piacere di unirsi al gruppo, basta fare richiesta di adesione all’associazione (vi inserisco un link per fare richiesta) in questo modo si potranno ascoltare e leggere tutti gli episodi di questa rubrica e anche di tutti gli altri episodi del corso di Italiano Professionale.
In questa rubrica vedremo ogni volta un termine diverso, tutti riguarderanno il linguaggio commerciale, quindi i termini più usati o più complicati: dalla fattura alla ricevuta, dallo scontrino alle tasse, dal bilancio al reddito alla bolletta e così via. Faremo molti esempi a supporto.
Alla fine di ogni episodio, a partire dal secondo, faremo anche una frase di ripasso per non dimenticare i termini già spiegati in precedenza. E’ lo stesso approccio, la stessa metodologia che viene usata anche nelle altre due rubriche di breve durata, dedicate ai principianti e a coloro che hanno un livello intermedio. Questa invece è più specifica, dedicata ai lavoratori. Tutti gli episodi quindi dureranno dai due ai quattro minuti, indicativamente, ovviamente parlo solo della spiegazione singola, escludendo le frasi di ripasso. Complessivamente si potrà arrivare a 5 o 6 minuti, non di più, da ascoltare in auto, mentre si va al lavoro, sull’autobus o mentre si fa sport, durante il tempo libero.

Iniziamo dalla “bolla“.

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“La bolla”, cos’è? Nel linguaggio commerciale si tratta di un documento di accompagnamento di una merce.

Sapete che le merci viaggiano, passano da una mano all’altra, ad esempio da un produttore ad un distributore o viaggiano per essere lavorate ancora o, quando il prodotto è terminato, viaggiano per essere vendute.

Comunemente in Italia si parla di “bolla“, ma in realtà la possiamo chiamare “Bolla di spedizione”, oppure “bolla di consegna”, oppure DDT (Documento di trasporto) ma in ogni caso è un documento, una ricevuta che comprova (cioè dimostra) rispettivamente l’avvenuta spedizione e la ricezione della merce. Dimostra a chi spedisce che la merce è stata spedita e a chi riceve che la merce è stata ricevuta.
Cosa c’è scritto? Quantità, qualità, causale e identità delle parti nel trasporto di merci, indipendentemente dalla ragione per cui i beni vengono trasportati da un luogo all’altro, quindi attenzione perché si deve usare anche quando il trasporto avviene da una sede all’altra della propria stessa azienda.

In pratica quindi è un documento di accompagnamento di una merce, la merce quindi è sempre accompagnata da questo documento che comunemente si chiama “bolla“. Fino al 1996 in Italia esisteva la “Bolla di accompagnamento” (o bolla accompagnatoria) – si chiamava così – ora però si continua spesso ad usare questa modalità (bolla) ma in realtà il nome è Documento di trasporto, o DDT ed il sistema è informatizzato.

E’ uno dei primi documenti della merce, insieme alla fattura, all’ordine ed alla distinta di prelievo. Vedremo anche questi in seguito.

E’ utile sapere che ora tale documento è obbligatorio e che il documento è in formato libero, ossia non ci sono vincoli di forma particolari, anche se sono in vendita dei modelli che si possono usare. Ovviamente ne occorrono due copie, una per chi spedisce la merce ed una per chi riceve la merce.

Si parla a volte di “bolla di lavorazione“. Infatti quando un prodotto si realizza attraverso varie fasi produttive, quindi diverse attività, diverse fasi, e quando queste sono svolte da soggetti differenti c’è un passaggio della merce che avviene per questo motivo. Su questa bolla, che è sempre un documento, vengono riportati i dati relativi alle varie lavorazioni ed i materiali da impiegare.

Con questo è tutto e nel prossimo episodio ci occupiamo della “ricevuta“.

Ricordo a tutti coloro che sono interessati che possono aderire all’associazione attraverso una semplice richiesta. In alternativa, se siete interessati solamente a questa rubrica di brevi episodi commerciali quando raggiungeremo i 100 episodi verrà pubblicato un audio-libro in vendita su Amazon. Un saluto a tutti.

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192 – SULLA FALSARIGA – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Sapete ragazzi che sono nate due nuove rubriche sulla falsariga della rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente”.

Si tratta della rubrica “primi passi” (questa è la prima) e della rubrica “linguaggio commerciale” (questa è la seconda); due nuove rubriche di breve durata (episodi di breve durata); cercheremo di restare nei due minuti – e con una espressione di ripasso alla fine di ogni episodio per ripassare le espressioni precedenti. Si tratta quindi esattamente dello stesso funzionamento degli episodi della rubrica che si chiama “due minuti con Italiano Semplicemente“, di cui state ascoltando la puntata n. 192.

In questa puntata ci occupiamo del termine “falsariga“, un’unica parola che serve per esprimere il concetto sopra descritto.

Ogni volta che volete indicare un modello da seguire, da imitare, un esempio da ricalcare, qualcosa da cui prendere spunto, ebbene, potete usare il termine falsariga, non molto facile da usare all’inizio per degli stranieri, ma vale la pena imparare questo termine.

Si deve dire e scrivere: “sulla falsariga” in quasi tutte le occasioni, perché si sta cercando di seguire un percorso già tracciato, uno stile già utilizzato, come se ci fosse una riga disegnata, cioè un segno, una linea tracciata su un foglio e noi stiamo cercando di usare questa riga per andare dritto, per disegnarne un’altra simile. Cose di questo tipo insomma.

Si prende quindi in prestito un’immagine figurata, come si fa solitamente in tutte le espressioni idiomatiche per esprimere un concetto. E’ un termine adatto per essere usato in moltissime occasioni.

Vediamo qualche altro esempio oltre a quello delle rubriche:

In Italia spesso si fanno delle leggi sulla falsariga di altre leggi fatte in altri paesi.

Quindi si vuole dire che si fa una legge cercando di imitare ciò che si è fatto altrove, non esattamente con la stessa legge, identica in tutti termini usati, ma mantenendo una struttura e coerenza simili, quindi “sulla falsariga” di altre leggi. Un altro esempio:

La squadra della Roma ha dominato la squadra avversaria, sulla falsariga di quanto accaduto nella partita precedente.

Quindi si vuole dire che, più o meno, le due partite hanno visto la squadra della Roma avere la meglio sulla squadra avversaria: così come si è svolta la prima gara si è svolta anche la seconda, sulla falsariga della prima, quindi seguendo lo stesso andamento, la stessa logica della prima.

Ora ascoltiamo un breve ripasso delle espressioni precedenti:

Bogusia (Polonia): Si dà il caso che una volta fosse un cestista italiano, avendo seguito le orme di papà Joe a Reggio Calabria. Parlo di Kobe Bryant. A quei tempi non era ancora conosciuto, non più di tanto almeno, ma col passare del tempo, l’abbiamo in tanti guardato dal vivo a volte accalcati nelle arene: un uomo indefesso nello suo ambito.

La stella della pallacanestro 🏀 è scomparsa in un incidente con l’elicottero. Gli ha detto proprio male quel giorno. Ma in realtà ha detto male a tutto lo sport in generale. Non possiamo fare i finti tonti, che non lo sappiamo, tanto meno che ciò che è successo non ci commuove.

Un crescendo di voci sconvolte proviene da tutte le direzioni. Mi unisco al coro anche io, perché sono sempre stata una appassionata di pallacanestro e al contempo alla passione non riesco a restare indifferente.

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L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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N.1 – PIACERE, MI CHIAMO GIOVANNI – 2 minuti con Italiano semplicemente – PRIMI PASSI

PRIMI PASSI: CORSO DI ITALIANO PER PRINCIPIANTI

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1^ lezione: Piacere, mi chiamo Giovanni

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Giovanni: piacere, io sono Giovanni, e tu? Qual è il tuo nome?

Emanuele: Io sono Emanuele, piacere mio.

Giovanni: piacere, mi chiamo Giovanni, questo è il mio nome.

Emanuele: Emanuele, io mi chiamo Emanuele.

Giovanni: Piacere, io mi chiamo Giovanni. Tu come ti chiami? Qual è il tuo nome?

Emanuele: Emanuele. Il mio nome è Emanuele.

Giovanni: Ah, Emanuele è il tuo nome. Piacere di conoscerti Emanuele! Il mio nome è Giovanni!

Emanuele: piacere mio! Il mio nome è Emanuele

Giovanni: va bene, ho molto piacere di conoscerti Emanuele.

Giovanni: ti chiami Emanuele vero? Io mi chiamo Giovanni.

Emanuele: Sì, mi chiamo Emanuele, e tu ti chiami Giovanni.

Giovanni: esatto, io mi chiamo Giovanni, questo è il mio nome. Tu invece ti chiami Emanuele. Questo è il tuo nome. Giovanni e Emanuele: questi sono i nostri nomi.

 

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191 – DAL VIVO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Ciao amici. Abbiamo visto già l’espressione farsi vivo, oggi invece, in questo episodio n. 191 della rubrica due minuti con italiano semplicemente, vediamo “dal vivo“, una seconda espressione che utilizza lo stesso termine.
Dal vivo si usa soprattutto quando si ascolta la radio o si guarda la TV, quando si ascolta un programma che è trasmesso in diretta, cioè quando i fatti trasmessi si verificano proprio mentre si sta guardando la TV o ascoltando la radio. È una trasmissione in diretta, quindi è trasmessa dal vivo, di conseguenza non si tratta di trasmissioni registate e poi trasmesse.
Ad esempio si può ascoltare un programma dal vivo, un concerto dal vivo. A dire il vero però quando si assiste dal vivo a un concerto, ad uno spettacolo e cose simili, si è fisicamente presenti in quel luogo dove avviene il concerto o lo spettacolo. C’è la presenza fisica quindi, niente TV o radio.

Stasera andiamo ad un concerto dal vivo.
Domani fanno musica dal vivo, andiamo?

Ma l’espressione non si usa solo in questo modo. La presenza fisica è legata all’espressione anche quando parlo di incontrare persone o assistere a cose accadute.
Posso anche dire di aver visto una persona dal vivo cioè di averla incontrata di persona, di averla vista fisicamente: l’ho incontrata veramente, non era la TV. L’ho proprio vista dal vivo! Vivo resta vivo, al maschile quindi non diventa “viva” o “vivi”se la persona che incontro è una donna o sono più persone.
Poi posso anche dire di aver vissuto dal vivo una vicenda. Usare il verbo vivere significa coinvolgere anche le emozioni, non solo il corpo, la presenza fisica.
Ad esempio c’è chi ha vissuto dal vivo la caduta del muro di Berlino perché era proprio lì quando è accaduto, ha vissuto personalmente, di persona la vicenda della caduta del muro. Evidentemente si tratta di una persona di nazionalità tedesca, o qualcuno che viveva a Berlino proprio il quel periodo. Coloro invece che l’hanno vista in TV non l’hanno vissuta dal vivo. Non possono dirlo. Possono solo dire di averlo visto dal vivo, nel senso di “in diretta TV“.
Oppure chi ama la formula 1 può dire di aver vissuto dal vivo una gara automobilistica. Lo stesso per gli altri sport in caso di eventi particolari.
Ci deve sempre essere una forte emozione per vivere dal vivo.

Ho vissuto dal vivo la sofferenza dell’amore.
Tu hai vissuto dal vivo cosa significa essere poveri.
Giovanni ama vivere dal vivo queste esperienze sportive.

Quindi dal vivo, se legato alla TV o alla radio si può tradurre come “in diretta”, oppure per dire “io c’ero“, “io l’ho vissuto” , mentre in altre occasioni si traduce con “di persona” o “personalmente“, perché in questo caso ci sono sempre delle emozioni coinvolte, che implicano un coinvolgimento personale. Posso usare anche altri verbi oltre a vedere e vivere: partecipare dal vivo, abbiamo visto assistere dal vivo, ma c’è anche esibirsi dal vivo: un cantante si esibisce dal vivo ad esempio.
Ora ripassiamo alcune espressioni già spiegate negli episodi precedenti:
Bogusia (Polonia 🇵🇱):
Un poliziotto mi ha affibbiato una multa oggi. Sono cascata male oppure sono stata presa di mira? Vi spiego: Mi ero ritagliata del tempo per un appuntamento con una mia amica in un ristorante in e come di consueto ero in ritardo e l’incrocio era accalcato di macchine. Siamo alle solite no? Finalmente poi il semaforo è diventato verde, però io ormai ero passata col giallo.
Nulla quaestio, il codice stradale dice che bisogna velocemente liberare l’incrocio. L’ho fatto. 😅Dietro di me, una macchina che mi tallonava già da tempo e mi incalzava con la sua velocità, è passata anch’essa. Però la Polizia ha fatto accostare solamente me. Il poliziotto su questo non ha fornito nessuna spiegazione di sorta. Insomma, volente o nolente, ho dovuto pagare la multa. Che vuoi, I poliziotti hanno sempre la meglio su di noi Non hanno mai torto. Come lo vedete voi?
Giovanni: avevo dimenticato di dire che “dal vivo” non è uguale a “da vivo“, che è il contrario di “da morto”!
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190 – FARE UNA CAPATINA – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Ulrike: Ciao amici, buongiorno! Gianni mi ha dato il suo beneplacito per una spiegazione della parola capatina che fa parte della locuzione fare una capatina.
Gianni: infatti, bell’idea la tua.
Elettra: vai pure con la spiegazione Ulrike!
Ulrike: Avete mai fatto una capatina da qualche parte? Certamente l’avrete fatta già tante volte. Ma cos’è una capatina?
Vi faccio un esempio:
Oggi penso di staccare presto dal lavoro per fare una capatina dal mio amico Pino. È da molto tempo che non si fa vivo. So però che ha sempre molto da fare, perciò vado a trovarlo, così, al volo diciamo, al massimo per una mezz’oretta.
Quindi fare una capatina vuol dire che vado in un luogo, nell’esempio a casa di Pino, ma solo per un breve lasso di tempo, solo per vedere come vanno le cose per poi spostarmi altrove.
Potrei anche dire a Pino: senti Pino, stasera ho da fare delle cose nelle tue vicinanze, vorrei cogliere l’occasione per fare un salto da te, ti va?
Qui, nello stesso contesto, ho usato l’espressione fare un salto. Un salto è un movimento con cui ci si solleva da terra con un balzo rimanendo per un attimo sospesi in aria e ricadendo subito dopo. C’è sempre l’idea della velocità, proprio come simile la capatina, che ovviamente non è un salto in alto come ma è comunque un movimento da un posto ad un altro per breve tempo, per un attimo, appunto
Giovanni: una visitina, potremmo dire anche!
Ulrike: Sì, come visitina, avrei potuto dire anche: ciao Pino, mi trovo vicina a casa tua, potrei venire a trovarti per un attimo? Stesso significato, anche in questo caso.
La parola è capatina, questa… “ina” alla fine della parola indica che si tratti di un diminutivo e infatti lo è. Visita, visitina, capata, capatina. Avrei potuto dire anche: stasera farò una capata da Pino, o una breve capata, ma più familiare e più in uso è capatina, più carina anche no?
Ora chiudo amici, infatti ho visto che ci sono i saldi di stagione, ragion per cui farò una capatina in città. Vi ringrazio che vi siete ritagliati del tempo per una capatina alla rubrica “due minuti con italiano semplicemente”.
Alla prossima!
Elettra: anche scappatina e puntatina sono abbastanza simili che ne dite?
Gianni: si, hai ragione diciamo pure sinonimi.
Il ripasso delle espressioni precedenti della rubrica è stato già fatto all’interno dell’episodio da Ulrike che ha usato: beneplacito, farsi vivo, ritagliarsi del tempo ragion per cui e appunto.
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189 – AVERE PRESENTE – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Avete presente la rubrica dei due minuti con Italiano Semplicemente? Cosa? Di cosa parli?

Non ce l’hai presente? Allora, questa è una rubrica di episodi dedicati alla lingua italiana, quindi per imparare la lingua italiana, rubrica dedicata agli stranieri, e che si trova su ItalianoSemplicemnete.com. Hai presente almeno questo sito? Comunque sia, anche se non ce l’hai presente, ti dico che siamo arrivati all’episodio n. 189, ed in questo episodio, quello che stai ascoltando o leggendo in questo momento, viene spiegato il significato dell’espressione “avere presente“.

Avere presente” indica semplicemente la conoscenza, e si usa in contesti colloquiali, sia formali che informali, basta dare del tu o del lei.

Hai presente? – Informale

Ha presente – Formale

Quindi se dico: “hai presente Roma?”

Significa: sai di cosa parlo, sai dove si trova Roma?

Si usa molto quando si danno informazioni stradali o quando si deve fissare un appuntamento:

Domanda: Ci vediamo a piazza di Spagna, hai presente?

Risposta: Sì, certo, ce l’ho presente, so dove si trova, ok ci vediamo lì allora.

Domanda: Scusi, mi sa dire dove si trova la fermata della metropolitana più vicina?

Risposta: Sì, certo, allora deve andare a piazza Garibaldi, e poi girare a destra. Hai presente Piazza Garibaldi?

Ancora una volta parliamo della localizzazione territoriale. Allo stesso modo:

Domanda: Scusa devo andare a trovare Giovanni nella sua stanza di ufficio. Dove si trova? In quale stanza si trova?

Risposta: hai presente la stanza di Andrea? Beh, se ce l’hai presente, la stanza a fianco è quella di Giovanni

Si usa però anche per indicare altre cose, tipo persone o avvenimenti.

Domanda: chi è Giovanni? 

Risposta:

Come faccio a spiegartelo… dunque, hai presente quando siamo andati al concerto insieme? Con me c’era anche Giovanni, ricordi? Hai presente?

A volte indica anche al posto di “ricordare” oppure “capire” o “riuscire a capire

Domanda:

Hai presente quando ci siamo sposati? (simile a “ricordi?”)

Risposta:

no, non ce l’ho proprio presente, quanti anni fa è successo?

Oppure:

certo che ce l’ho presente, 10 anni fa!

Quindi la presenza si riferisce ad un concetto qualsiasi nella mente della persona.

Oppure:

Non ho ben presente la situazione che c’è in Italia in questo momento. E’ un paese sicuro? (qui è simile a “non so, non ho capito”)

Avete presente il traffico che c’è a Roma il sabato sera? (è simile a “sapete?”, “conoscete?” “Ne siete a conoscenza?”).

Ora vi chiedo: avete presente la caratteristica degli episodi di questa rubrica? E’ che devono essere brevi. Quindi l’episodio finisce qui, ma solo dopo una altrettanto breve frase di ripasso:

Andrè (Brasile) e Doris (Austria): Se non mi sono fatto più vivo/viva ultimamente è solo perché volevo passare qualche tempo all’insegna del relax e della tranquillità. Non ho segreti di sorta da nascondere. Sono andato/andata in una spa veramente “in”. 

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Giovanni: L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

 

188 – FARSI VIVO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giuseppina: Finalmente ti fai vivo, ma che fine avevi fatto?

Questa è una frase che si sente spesso quando non si vede una persona da molto tempo: ci sono due espressioni: “ti fai vivo” e “che fine avevi fatto”. Oggi vediamo la prima espressione: farsi vivo, vivi, oppure viva e vive al femminile.

E’ una espressione informale, vuol dire farsi vedere dopo tanto temo, dare notizia di sè, e si usa “vivo” (che indica la vita) perché sembrava quasi che questa persona fosse scomparsa, ed invece è viva, “viva e vegeta” (questa è un’altra espressione tipica che si usa in questi casi). Quando una persona si fa viva si vuole dare l’immagine che, facendosi vedere, dimostra di essere viva.

Finalmente ti sei fatto vivo!

Giovanni è un po’ che non si fa vivo, ne sai qualcosa?

I miei amici si sono fatti vivi solo una volta in questi ultimi tempi!

Potete usare questa breve espressione ogni volta che qualcuno si fa vedere poco, quindi quando non si fa mai vivo.

Notate che “farsi vedere”, espressione simile,  non si usa quasi mai negli stessi contesti. Qualche esempio:

Fatti vedere domani alla riunione ok?

Poi Giuseppe è venuto? Si è fatto vedere oppure no?

Non vi fate più vedere da queste parti!

In questi tre esempi usiamo “farsi vedere” e non farsi vivi perché il senso è solo quello della presenza fisica in un posto e della vista materiale. Quando invece volete sottolineare il senso del tempo eccessivo che è passato, o il senso di scomparire, allora meglio usare “farsi vivo“.

Fatti vivo domani alla riunione ok? (cioè: non scomparire, cerca di dar notizie di te)

Poi Giuseppe è venuto? Si è fatto vivo oppure no? (un po’ dura e severa come frase)

Credo di essermi spiegato abbastanza bene, ora ascoltiamo un breve dialogo per non dimenticare le espressioni precedenti:

Ulrike (Germania) e Andrè (Brasile):

U: Ciao André, ti gira bene? Senti, non voglio incalzarti, ma è un bel po’ di tempo che non ti vedo nel nostro corso di Yoga. Mi manchi.

A: Hai ragione Ulrike, ma non me la sentivo proprio. Avevo sentore che l’allenatrice mi avesse preso di mira, ragion per cui mi ero messo da parte.

U: Hmm.. può darsi André. Probabilmente non le piaceva il tuo fare da spiritosone, forse nella sua mente paventava la possibilità che lei fosse oggetto di ilarità da parte tua per via della sua zeppola.

A: Pensi…? Beh, del suo modo di parlare non me ne frega proprio, anzi, ti dirò che ha perfino un certo non so che. Ma non vedo come possa calmarla, sembra davvero una persona da prendere con le molle.

U: Comunque sia André, torna alla carica e metti a posto la situazione, altrimenti finirai nel mio di mirino.

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Giovanni: L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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