865 Tornare sulle proprie decisioni e sui propri passi

Tornare sulle proprie decisioni e sui propri passi

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Trascrizione

L’avrete sicuramente ascoltata o letta almeno una volta l’espressione di oggi:

Tornare sulle proprie decisioni

Oppure:

Tornare sui propri passi

In poche parole significano “cambiare idea”, “tornare indietro“.

Cambiare opinione” è invece un po’ diverso, perché parliamo di decisioni prese e di conseguenze di queste decisioni.

Non sono espressioni che fanno parte del vocabolario colloquiale, familiare, infatti sono usate prevalentemente dai giornalisti, dai politici, in tv, alla radio e sulla rete.

Si parla sempre di qualcosa di serio, importante, e in particolare, appunto, di una decisione.

Una decisione è stata presa e questo, come tutte le decisioni, ha delle conseguenze. Quando queste conseguenze possono essere gravi o addirittura irreversibili, allora può essere il caso di usare queste due espressioni equivalenti.

Aggettivo interessante questo. Irreversibile. In pratica non si può tornare più indietro quando accade qualcosa di irreversibile.

Ad esempio il processo di riscaldamento globale, se non facciamo qualcosa subito, rischia di essere irreversibile e le conseguenze sarebbero molto gravi.

Vediamo qualche esempio:

Putin aveva annunciato la sua intenzione di invadere l’Ucraina. Tutto il mondo ha sperato che tornasse sulle sue decisioni, ma non l’ha fatto.

Me ne vado di casa. Non tornerò sui miei passi, caschi il mondo!

L’uso del verbo tornare è abbastanza intuitivo, perché si tratta di “fare un passo indietro”, e infatti tornare sui propri passi dà proprio questa immagine, ad indicare un passo avventato, una decisione incauta, frettolosa.

Il termine “passo” infatti, tra i vari significati, è qualcosa di molto vicino a “decisione“, perché quando si fa un passo, si va in una certa direzione, sia in senso proprio che figurato.

Es:

Il matrimonio è un passo importante. Sei sicura di volerlo fare? Non vuoi tornare sui tuoi passi prima che sia troppo tardi?

Si può usare solo la preposizione su.

Es:

Tornare sui propri passi può essere indice di intelligenza.

L’arbitro ha assegnato il rigore ma pare stia tornando sulla sua decisione.

Notate che quando si usa tornare sui propri passi, l’espressione è invariabile quandi va usata sempre al plurale.

Invece si può tornare sulla propria decisione o sulle proprie decisioni, anche se la decisione è una.

Adesso ripassiamo.

Peggy: in Brasile se la sono vista brutta! Per poco non vinceva Bolsonaro, e invece pericolo scampato. Ho sintetizzato il pensiero del 51 percento dei brasiliani.

Mariana: Ma quale pericolo d’Egitto! Piuttosto, avete notato che Lula ha assunto una posizione critica verso l’Ucraina? Ne vedremo delle belle!

Marcelo: per vincere, ha vinto, il PT, ma non è stata una disfatta per Bolsonaro. Questa vittoria comunque funge da campanello d’allarme per i populisti del mio paese! (l’Argentina) quand’è così, si deve solo aspettare!

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864 Rinfacciare

Rinfacciare

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La faccia, cioè il viso, è un termine importante. Se faccio un attimo mente locale, mi vengono in mente espressioni idiomatiche, locuzioni, frasi fatte e verbi che derivano o che contengono la parola faccia.

Insieme abbiamo visto l’espressione avere la faccia di bronzo, dove abbiamo parlato anche della sfacciataggine e la frase faccia da schiaffi, e poi abbiamo visto anche l’espressione alla faccia!

Oggi vediamo il verbo rinfacciare che si può usare in due occasioni diverse.

Il modo più usato per usare il verbo rinfacciare è nel senso di ricordare a una persona qualcosa del passato.

Ma cosa ricordare esattamente del passato? Qualunque cosa viene riportato alla memoria si può dire che viene rinfacciato?

Certamente no! Si tratta solamente di ricordare a una persona un favore che le è stato fatto in passato.

Non è una cosa carina però ricordare un favore fatto, perché quando questo accade c’è un motivo egoistico.

Si fa ad esempio per far sentire in debito o in colpa questa persona, o si fa per avere qualcosa in cambio.

La persona che ha ricevuto quel favore, di fronte a questo rinfaccio, si potrebbe quindi sentire umiliata, offesa o obbligata moralmente a restituire il favore.

Es:

Mi presti 100 euro?

No, non posso.

Non puoi? Però io te li ho prestati una volta che ne hai avuto bisogno!

Ah, adesso mi rinfacci quel piccolo prestito di 10 euro di 30 anni fa?

Rinfacciare qualcosa a qualcuno è pertanto un modo aspro e umiliante di ricordare un favore fatto a questa persona.

C’è anche però un secondo modo di usare il verbo rinfacciare. Significa dire in faccia a qualcuno i suoi errori o difetti usando un tono di accusa.

In modo non informale potremmo dire “far notare” qualcosa a qualcuno, ma far notare si può usare in ogni occasione. In questo caso si tratta di far notare errori o difetti e allora rinfacciare è il verbo giusto da usare.

Si trasmette il senso dell’umiliazione, proprio come nel primo modo di usare il verbo.

Es:

Maria mi rinfaccia sempre la mia mancanza di puntualità.

Cioè: ad ogni occasione Maria mi fa notare che non arrivo mai puntuale.

Franco ha rinfacciato alla moglie di essergli stata infedele

Mi viene rinfacciato continuamente, da parte dei miei figli, che non li ho seguiti abbastanza durante l’università.

Notate come si possa usare “rinfacciare di” seguito da un verbo all’infinito, ma anche “rinfacciare a” qualcuno.

E:

Ho rinfacciato a Mario di averci truffato più volte

Non mi piace rinfacciare di aver fatto un favore.

Se non usiamo subito dopo la preposizione, ci riferiamo a un errore, un difetto o un favore fatto:

Rinfacciare la disonestà

Rinfacciare lo scarso impegno

Rinfacciare un prestito

É come mettere di fronte a questa persona (quindi davanti alla sua faccia) gli errori fatti o i suoi difetti.

Notate infine che ci sono dei legami tra i vari usi della “faccia” che abbiamo visto in altri episodi.

Per rinfacciare qualcosa a qualcuno ci vuole ad esempio una certa sfacciataggine, una certa faccia di bronzo, temine che implica, come abbiamo visto, una mancanza di rispetto verso una persona.

Di fronte a un rinfaccio umiliante, si potrebbe poi anche rispondere:

Alla faccia della nostra amicizia!

Alla faccia della gentilezza!

Come a dire: questa tua frase è irrispettosa nei miei confronti, quindi non è vero che siamo così amici come credevo.

Ulrike: adesso ripassiamo e non facciamo come al solito che aspettiamo sempre che lo faccia qualcun altro.

Marcelo: questo è un rinfaccio bell’e buono.

Estelle: è giocoforza constatare che ci stai spiattellando la verità in faccia! Adesso dirai: capirai, che sarà mai! Se non altro comunque è molto sgarbato pretendere un ripasso durante l’ora di pranzo! Altro che storie!

Mariana: Beh, per ripassare, ripasso, devo dirti però Ulrike, che te ne sei uscita con un fare molto invadente. Essere incalzata in questo modo mi va proprio di traverso. Con il prossimo ripasso, vedi tu.

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863 Se è per questo…

Se è per questo…

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Oggi vediamo insieme una locuzione molto interessante, una di quelle che “fanno veramente molto italiano“, come si suol dire.

La locuzione è “Se è per questo” (a volte, con lo stesso senso, si usa anche “se è per quello”).

Veramente complicato spiegare in poche parole in quali occasioni usarla.

Si utilizza in genere quando dovere rispondere a una persona aggiungendo un chiarimento.

Iniziamo a dire che c’è un modo proprio per usare “se è per questo” e un modo, diciamo figurato, che è quello che mi interessa di più in questo episodio.

Vi faccio un esempio dell’uso proprio:

Giovanni sta parlando con la sua fidanzata Maria e lei sembra offesa. Allora Giovanni le chiede “Cosa c’è? Sei offesa con me?”

Maria risponde: non ti sei neanche accorto che sono andata dal parrucchiere! Certo che sono offesa! Non mi guardi neanche!”

Giovanni risponde prontamente:

ah, se è per questo che sei offesa, allora scusami. Credevo qualcosa di più grave!

Questo è un uso proprio perché Giovanni utilizza “se” nel modo classico. Parla di una condizione, che, se verificata, porta a delle conseguenze. Niente di strano.

In questi casi Giovanni avrebbe potuto anche rispondere più brevemente:

Ah, se è per questo, allora scusami. Credevo qualcosa di più grave!

Stesso senso. Normalmente però in questi casi c’è un “che”.

L’uso invece che io chiamo figurato ha un senso molto più ampio, e può essere “tradotto” (passatemi il termine) in modi diversi a seconda delle circostanze.

Nell’esempio visto prima, Giovanni avrebbe potuto rispondere:

Se è per questo, io da questa mattina mi sono messo le lenti a contatto azzurre e neanche tu ti sei accorta di niente!

Ecco, in questo caso Giovanni fa notare che anche Maria non si è accorta di qualcosa, non solamente lui.

Se è per questo” significa quindi:

Se parliamo di questo argomento….

Se vogliamo parlare di questo argomento, allora vorrei aggiungere che…

Non c’è neanche bisogno però di usare il “se”. Infatti potrei dire:

In proposito voglio farti notare che…

C’è da dire però che…

Vedete come c’è un chiarimento che Giovanni sta aggiungendo. Non c’è bisogno di usare “se” per porre una condizione.

Vediamo un altro esempio:

Mia madre mi chiama al telefono e mi dice:

Oggi è il compleanno di tuo fratello, lo hai chiamato per fargli gli auguri?

Io rispondo:

Se è per questo, gli ho anche organizzato una festa a sorpresa e gli ho fatto anche un bel regalo.

Anche in tal caso, la frase è simile a “non solo questo, ma anche…” oppure “a proposito di questo argomento, aggiungo che…”, e si usa per aggiungere qualcosa, con la volontà di sottolineare una cosa importante, con l’obiettivo quindi di dare enfasi alla propria replica.

A volte si tratta di una risposta un po’ “piccata“, pungente, come nel primo esempio. Altre volte più semplicemente questa locuzione serve a rassicurare il nostro interlocutore, fornendo delle informazioni o garanzie ulteriori, come nel secondo esempio.

Questa frase introduttiva sarebbe comunque capita da chi ci ascolta, ma “se è per questo“, ancor prima di ascoltare il prosieguo della frase, prepara già l’interlocutore alla nostra replica pungente o rassicurante.

Un altro esempio:

Hai avvisato tutti i tuoi amici della festa di compleanno?

Risposta: certo. Ho fatto anche un gruppo whatsapp dove gli ho spedito l’invito con l’indirizzo della festa se è per questo.

In questo caso “se è per questo” si trova alla fine, ma questo non è rilevante.

Anche in questo caso si aggiunge una informazione che tende a rassicurare l’interlocutore.

A volte, specie quando la risposta è pungente, cioè stizzita, allora….

Cosa? non sapete cosa significa risposta pungente o stizzita? Ne abbiamo parlato anche in un altro episodio, parlando dell’espressione “come sarebbe a dire?” ma non ho spiegato dettagliatamente in quell’occasione. Allora lo faccio ora.

Quando una persona è piccata o dà una risposta piccata significa che questa persona è irritata, infastidita, contrariata per qualcosa di non grave che è accaduto. Possiamo anche dire che questa persona è risentita o seccata. Si dice anche pungente o stizzita, sia per la persona sia per la risposta.

Allora dicevo che a volte, specie quando la risposta è pungente, stizzita, “se è per questo” somiglia a “se vogliamo dirla tutta” o “Per dirla tutta” Quest’ultima è un’espressione che abbiamo visto in una lezione del corso di Italiano Professionale.

In tutti questi casi comunque la nostra volontà è di aggiungere qualcosa come forma di chiarimento. In alcuni casi un chiarimento stizzito, ma pur sempre un chiarimento.

Adesso ripassiamo, perché se qualcuno di voi pensa di imparare l’italiano senza ripassare continuamente, non è sulla buona strada. Anzi, se è per questo, l’ideale sarebbe praticare anche con altre persone, comunicando anche parlando e ascoltando e non solo scrivendo e leggendo. Per questo abbiamo creato l’associazione italiano Semplicemente a cui tutti voi, non madrelingua, siete invitati ad a iscrivervi.

Marcelo: quest’anno il COVID è veramente un’incognita. Voi credete che ci sarà un nuovo lockdown? Io aspetto un po’ e se vedo la mala parata corro a vaccinarsi!

Peggy: macché, tutto questo allarmismo è un’altra presa in giro secondo me.

Danielle: sarà… Io per non saper né leggere né scrivere vado a farmi il vaccino. Hai visto mai…

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862 Un uso particolare della preposizione per

Un uso particolare della preposizione per

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Trascrizione

Oggi ci occupiamo di un utilizzo particolare della preposizione “per“.

Si tratta di una modalità colloquiale che può essere usata con ogni verbo, per questo motivo è molto difficile trovare esempi su internet.

Il verbo, qualunque esso sia, presenta una ripetizione.

Questa è una delle pochissime caratteristiche che permettono di identificare questa modalità espressiva; per poterla riconoscere e capire quando qualcuno la usa.

Es.

Sto parlando con Mario e l’oggetto del dialogo è il carattere di Sofie.

Mario dice che Sofie è simpatica e anch’io lo penso, ma il fatto è che questa non è la caratteristica che mi interessa di Sofie. Mi interessano altre cose, altre caratteristiche, non la simpatia. La caratteristica che mi interessa è poi qualcosa di negativo, non positivo come la simpatia. Nonostante questo, anch’io penso che una persona sia simpatica.

Allora tutte queste parole sono riassumibili con una breve frase detta usando un tono particolare:

Per essere simpatica è simpatica, ma…

Come a dire: si, vero, è simpatica, per quello non ho niente da dire, ma….

Ad esempio a me potrebbe interessare l’educazione e non la simpatia. Allora:

Per essere simpatica è simpatica, ma dice un po’ troppe parolacce.

Vedete che c’è il verbo essere che si ripete nella frase: essere, è.

Un altro esempio.

Ulrike si lamenta del suo fidanzato che non gli fa mai regali di suo gradimento al compleanno.

Ulrike parla con l’amica Sofie e Sofie dice che è il pensiero che conta e che è già tanto che si ricordi del suo compleanno.

Infatti, dice Sofie, suo marito invece non ricorda mai il compleanno della moglie. Quindi Ulrike dovrebbe ritenersi fortunata. Allora Ulrike risponde:

Si, per ricordarsi si è sempre ricordato, ma non ha mai capito i miei gusti.

Ulrike quindi ammette che il fidanzato si ricorda sempre del suo compleanno, ma nonostante questo, Ulrike non è soddisfatta. A lei interessa ricevere dei bei regali.

Vedete che questa “espressione” (chiamiamola pure così) può esprimere anche insoddisfazione, per qualcosa che non è sufficiente, che non basta.

Qualcuno dirà: ci sono modalità alternative?

Ovviamente si. In alternativa infatti si potrebbe dire:

Si questo è vero, ma non è questo…

Hai ragione, ma volevo dire che…

Per carità, hai ragione, ma non basta…

Nonostante sia vero ciò che dici…

Riconosco che questo è vero, ma non è questo che conta.

Notate che, non solo si può usare qualunque verbo, ma possiamo usare anche tempi diversi, come abbiamo visto anche prima.

Le cose che contano sono il “per” all’inizio della frase, la ripetizione del verbo e infine generalmente c’è un “ma”, o un “però” nella seconda parte della frase.

Giovanni è bravo.

Risposta: Per essere bravo, è bravo, però non mi fido.

Non hai mangiato abbastanza?

Risposta: Per mangiare ho mangiato, ma ho ancora fame

Hai detto qualcosa all’esame?

Risposta: Per parlare ho parlato, ma forse non ho detto tutte cose giuste.

Vi lascio al ripasso degli episodi precedenti:

Andrè: stamattina ho visto un video in cui ho scoperto Villa Clara, a Roma, e mi è venuta voglia di tornarci per conoscere i quartieri e i posti che attualmente vanno per la maggiore tra i romani, piuttosto che quelli preferiti dai turisti. Comunque,
Al di là di chi vinca o chi perda l’elezione presidenziale in Brasile domenica prossima, con tutta probabilità andrò a Roma l’anno prossimo e vorrei soggiornare almeno una settimana a casa di Giovanni, casomai mi invitasse, e da lui me l’aspetto proprio! Quindi, caro Gianni, delle due una, o mi ospiti a casa tua, ovviamente sempre che tua moglie stia d’accordo, oppure mi affitti una casa vicino a te! Credo che siamo piuttosto amici e sono sicuro che con gli ospiti ci sai fare! Ah, stavo dimenticando di dirtelo, non mangio carne di manzo, comunque potrai prepararmi qualsiasi altro cibo, anzi “prepararci”, perché verrò con tutta la mia famiglia, non ce l’avere con me!

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Il profilo – ITALIANO PROFESSIONALE (n. 37)

Italiano Professionale

Sezione n. 4: lavorare in Italia

Il profilo (episodio n. 37) – (scarica audio)

Trascrizione

Bentornati alla quarta sezione del corso di Italiano Professionale.

In questa sezione, lo ricordo, l’argomento è “lavorare in Italia”.

Nel passato episodio abbiamo parlato del Curriculum e dei verbi redigere, scrivere e compilare.

Siamo quindi in un momento particolare, quello della nostra presentazione.

Vi ho anche detto che ciò che emerge, una volta redatto il curriculum, è il cosiddetto profilo professionale di una persona.

Conviene aprire una parentesi sul termine profilo.

Nel nostro caso, quindi in ambito professionale, parliamo del profilo professionale, vale a dire dell’insieme delle attività e delle caratteristiche che definiscono, che caratterizzano una persona. In realtà si parla spesso di “figura professionale” della quale un’azienda è alla ricerca.

Una figura professionale non è una persona fisica, ma rappresenta delle caratteristiche, una persona ipotetica che ha certe caratteristiche, quindi rappresenta un certo profilo professionale.

Per questo motivo al posto di “profilo professionale“, possiamo parlare anche di “figura professionale“. Sono due modi per descrivere una professionalità, una persona con specifiche caratteristiche professionali.

Si tratta di una sintetica descrizione delle mansioni e della professionalità necessarie a svolgere determinate funzioni, quindi necessarie a fare un certo lavoro.

Dal punto di vista di un lavoratore, scrivere un curriculum aiuta a comunicare all’esterno (cioè alle aziende che cercano lavoratori) cosa si è in grado di fare. Permette al lavoratore di potersi identificare in una specifica figura professionale; permette di far riconoscere le proprie capacità a chi ne ha bisogno.

Dal punto di vista di un datore di lavoro, (di un’azienda) invece, che sta cercando personale da assumere o ingaggiare (possiamo usare anche questo verbo) è importante sapere se delle persone rispondono a un certo profilo professionale.

Strano questo utilizzo del verbo rispondere vero?

rispondere a Rispondere a un certo profilo professionale significa avere le caratteristiche richieste, le caratteristiche della figura professionale richiesta.

Quindi, se un lavoratore risponde a quella figura professionale, allora l’azienda sa che questo lavoratore è effettivamente capace di portare a termine quel lavoro, e quindi è una garanzia. per l’azienda.

Ma tornando al concetto di “profilo“, questo termine ha più significati. C’è però un senso comune, quello di descrivere qualcosa, di avere indicazioni su qualcosa o qualcuno.

Ciascuno di noi, se si mette di profilo, ad esempio, si gira su un lato, quello sinistro o quello destro. Il termine profilo si usa spesso in questo senso, e si parla della linea che delimita un oggetto alla vista, fornendo i dati essenziali per individuarne o ricostruirne l’aspetto.

Una persona, quando è vista di profilo infatti, si vede meglio se ha il naso pronunciato, cioè più grande del normale, o se ha il mento sporgente. Poi il profilo destro è diverso da quello sinistro.

Alle persone che vengono arrestate, che vengono messe in prigione, vengono scattate tre foto, una di fronte e due si profilo.

di profilo

Quindi mettersi di profilo significa girarsi di fianco.

In questo modo si vede la linea del volto, dalla fronte al mento, perché la testa si presenta di fianco.

Ci sono persone che hanno un bel profilo, altre che hanno un profilo regolare, cioè senza segni particolari che ne evidenziano una caratteristica poco comune.

Dal profilo quindi, anche quello relativo al viso, emergono le caratteristiche di una persona.

Anche un oggetto ha un profilo, quando viene visto lateralmente.

Se parliamo del significato in ambito letterario, possiamo anche scrivere un profilo.
Si tratta in questo caso di un breve e sintetico saggio critico-descrittivo di un autore.

Se volete, ad esempio, conoscere un profilo di Dante Alighieri, non dovete leggere il suo curriculum, ma la descrizione che ne fa un critico letterario.

alto e basso profilo

Si parla spesso, in politica, di personaggi di alto o basso profilo, intendendo in questo caso persone con profili “professionali” importanti (alto profilo) o poco importanti (basso profilo). Una persona di alto profilo è indiscutibile da questo punto di vista, perché è nota a tutti come una persona molto competente.

Esiste anche l’espressione “mantenere un profilo basso“, che significa cercare di non farsi notare troppo. E’ un comportamento di coloro che non vogliono attirare l’attenzione, e quindi parlano con un tono pacato, controllato, senza prendere una posizione forte su un argomento. Queste persone in pratica cercano di “passare inosservate” e quindi di non farsi notare.

Esiste anche il verbo profilare. Si intende il disegnare una figura tracciandone i contorni, quindi come tratteggiare. Ma se la figura è una figura professionale, perché un’azienda ha bisogno di una specifica figura professionale, profilare questa figura professionale significa scrivere le caratteristiche professionali.

Ci sarà una persona, all’interno dell’azienda che dovrà profilare questa figura professionale, dovrà quindi descrivere la persona di cui necessita l’azienda elencando le caratteristiche richieste.

Interessante l’uso riflessivo del verbo profilare.

il verbo profilarsi

Si profila/profilano” è una modalità particolare che non ha niente a che vedere con il profilo di nessun tipo. L’uso è pertanto figurato. Profilarsi significa apparire imminente o probabile, preannunciarsi.

Quando una situazione sembra volgere in un certo modo, quando le cose sembrano andare in un certo modo, quando il futuro sembra abbastanza prevedibile, posso usare il verbo profilarsi.

Es:

Si profila un periodo di recessione per l’Europa

Quindi sembra che nel prossimo futuro ci sarà una recessione.

Dopo le recenti elezioni, si profila un periodo difficile per l’Italia.

Se mio figlio a scuola inizia a prendere brutte votazioni, brutti voti nelle varie materie scolastiche, posso dire:

Sembra profilarsi un anno scolastico difficile.

È un modo abbastanza ricercato per descrivere il probabile futuro.

Normalmente diremmo:

Secondo me le cose andranno così…

Le cose sembrano mettersi bene/male

Il prossimo futuro appare…

A giudicare da quanto sta accadendo, secondo me adesso….

Stando a quanto sta accadendo….

La questione promette/non promette bene

Eccetera.

Per finire vediamo alcuni tra i profili professionali più ricercati in Italia, vale a dire le figure professionali più richieste:

Manager esperto di e-commerce cioè di commercio elettronico

Ne avrei bisogno anch’io…

In Italia però si cercano soprattutto insegnanti, medici e infermieri. Soprattutto dopo la pandemia.

Se il vostro profilo risponde a una di queste figure professionali, sicuramente non avrete problemi a trovare lavoro.

Ci vediamo alla prossima lezione di Italiano Professionale e ricordo a tutti che per accedere all’intero corso occorre diventare membri dell’associazione Italiano Semplicemente. In alternativa, se siete interessati solamente alle lezioni di Italiano Professionale, si possono anche acquistare i libri su Amazon o sul sito di Italiano Semplicemente.

Un saluto a tutti.

861 Hai detto niente!

Hai detto niente! (scarica audio)

Trascrizione

Oggi ci occupiamo di una esclamazione: Hai detto niente!

Questa è una esclamazione tipica italiana direi intraducibile in altre lingue. Fortunatamente per voi, studenti non madrelingua, abbiamo già trattato due espressioni abbastanza simili recentemente.

Sto parlando di “buttalo via!“, anche questa un’esclamazione, e “chiamalo fesso!“.

Tra le due, l’espressione di oggi è più simile alla prima, cioè a “buttalo via!“.

Vediamo qualche esempio di utilizzo di questa nuova esclamazione:

Due studenti stranieri parlano di Italiano Semplicemente, il primo dice:

Studente 1: Ho iniziato da poco ad ascoltare gli episodi di Italiano Semplicemente”. Per ora ho ascoltato solamente 300 episodi.

Studente 2: hai detto niente!

Con questa risposta il secondo studente esprime uno stupore. E’ stupito del fatto che il primo studente dice di aver ascoltato “solo” 300 episodi. Per il secondo studente 300 episodi non sono affatto pochi, anzi!

“Hai detto niente!” in questo caso significa:

Non sono per niente pochi 300 episodi, perché hai detto solamente 300 episodi? Per me sono tanti!

In genere ci sono due persone che hanno una opinione diversa riguardo all’importanza di qualcosa, oppure semplicemente si vuole evidenziare l’importanza di qualcosa che viene sottovalutato. Possiamo parlare di una quantità, o di un livello. Bisogna poi essere almeno in due per poter usare questa esclamazione.

Vediamo un altro esempio.

Un uomo parla del figlio Giovanni con un amico.

Padre: Sai, Giovanni ha trovato un lavoretto durante il weekend. Lavora in una pizzeria ma lo pagano poco: 100 euro al giorno.

Amico: 100 euro al giorno? E hai detto niente! Credo si possa accontentare!

Anche in questo caso si esprime uno stupore per la frase pronunciata dal padre di Giovanni. L’amico vuole evidenziare che 100 euro al giorno non sono pochi in fondo. 100 euro al giorno “non sono niente“.

Notate come in questo caso l’amico avrebbe anche potuto rispondere

100 euro al giorno? Buttali via!

100 euro al giorno? Mica sono pochi!

100 euro al giorno? Non si deve lamentare, mi sembrano abbastanza.

Anche usare il termine “mica“, come sappiamo, serve a porre l’attenzione su qualcosa e a enfatizzare un aspetto, spesso in risposta ad opinioni o a sensazioni diverse.

Questa esclamazione “hai detto niente!” sarebbe certamente più comprensibile ad un non madrelingua se fosse con una negazione davanti: “non mi hai detto niente!”, che si avvicina di più a “non è poco“, “non mi sembra poco“, “non mi sembra niente“. Le parole pertanto non aiutano molto, dunque l’uso del tono diventa molto importante, proprio come avviene nelle espressioni “buttalo via” e “chiamalo fesso“.

Un altro esempio. Giovanni parla della sua fidanzata.

Non sono sicuro che la mia fidanzata mi ami. Lei comunque dice continuamente che vuole sposarmi e che vuole avere tanti figli con me.

Un amico potrebbe rispondere a Giovanni:

Davvero? M’hai detto niente!

Vi faccio notare prima di tutto che “m’hai detto niente” è esattamente come “hai detto niente“. Non fa alcuna differenza aggiungere “mi” all’inizio, che indica che stai parlando con me. Sono ovviamente espressioni informali e solitamente allo scritto non si usano. Pertanto con difficoltà troverete esempi sul web.

In quest’ultimo esempio, l’esclamazione non si riferisce a una quantità, ma si parla dell’importanza di quanto detto dalla fidanzata che, secondo l’amico, non va sottovalutato. Giovanni invece dice che la fidanzata non lo ama, ma questo non sembra emergere da quanto detto dalla ragazza, che a quanto pare invece vuole sposarlo e vuole avere tanti figli con lui. Insomma sembra avere intenzioni serie.

Hai detto niente! Non mi sembra poco ciò che ti ha detto la tua fidanzata! Perché dici che non ti ama?

Adesso, voglio farvi notare anche che non sempre possiamo sostituire “hai detto niente” con “buttalo via“, perché quest’ultima espressione si riferisce sempre o quasi sempre a qualcosa di materiale, ma soprattutto si parla sempre di qualcosa in termini positivi, come dire “non è male”, “meglio di niente”.

Invece “hai detto niente” si può usare anche nel caso opposto, quando si sottovaluta un problema che invece è più serio di come sembra o di come qualcun altro afferma.

Es:

Questo episodio doveva durare due minuti e invece è durato 6 minuti finora. Vabbè, pazienza!

Possibile riposta:

6 minuti invece che 2? Hai detto niente! Io non ho tutto questo tempo a disposizione!

Come a dire: sei minuti non è come due, non facciamo finta che sia la stessa cosa! Per me sono due cose diverse, c’è differenza.

Infine, l’espressione “hai detto niente” è invariabile, quindi non si può usare ad esempio “ti ho detto niente”, “gli ho detto niente”, e non si può neanche cambiare il tempo del verbo, tipo “avevi detto niente”.

Esistono solamente “hai detto niente” e “m’hai detto niente”.

Un ultimo esempio. Parliamo di elezioni politiche.

Secondo alcuni personaggi politici, non è giusto dire che la destra ha vinto le elezioni in Italia, perché il partito di destra ha preso solo un quarto dei voti degli italiani.

Qualcuno potrebbe dire: E hai detto niente…. Un quarto non è poco!

Adesso ripassiamo, parliamo di scuola:

Marcelo: Sono passati 40 anni o giù di lì, ma la materia che preferivo, a suo tempo, era Matematica. Qualsiasi esercizio per me era fattibile, diciamo niente di trascendentale. Come tutti voi anche, giusto?

Peggy: Beato te! Magari! Quanto a me, in matematica non ho mai brillato! E neanche mi è mai piaciuta. De gustibus!

Rauno: io ero piuttosto bravo in filosofia. Invece sia in matematica che in fisica ero un disastro. Comunque non mi arrabbiavo per questo. L’ho sempre presa con filosofia.

Anne Marie: Ah, la matematica! In tanti anni, avessi preso una sufficienza che è una!

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La deriva autoritaria – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 25)

La deriva autoritaria (scarica audio)

Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

Trascrizione

Giovanni:
Oggi, per la rubrica dedicata alla politica italiana, parliamo della deriva autoritaria.

Si tratta di una locuzione usata esclusivamente in ambito politico e non solo riguardo a questioni politiche italiane.

Iniziamo dalla prima parola: la deriva.

Il termine deriva, in senso proprio, si usa quando un corpo viene trascinato da un fluido in cui il corpo è immerso o che galleggia.

Ad esempio si parla spesso delle balene alla deriva, che vengono trascinate dal mare verso la spiaggia, oppure la deriva dei continenti, che indica lo spostamento dei continenti, proprio come se fossero delle barche. È come se i continenti o le balene fossero abbandonati in balia del movimento del mare.

In realtà però ll termine “deriva” si usa specialmente in senso figurato, per indicare sempre un “movimento”, ma non fisico.

Per deriva in questi casi si intende una tendenza incontrollabile, specialmente sul piano sociale e politico.

Questo movimento, questa tendenza, ha però una “direzione” negativa.

Quindi non solo le Balene e i continenti possono andare alla deriva, ma anche una situazione sociale o politica che sta peggiorando in modo incontrollato.

Es:

Nella nostra famiglia stiamo andando alla deriva: nostra figlia ormai esce si casa e rientra magari due giorni dopo senza neanche dirlo a noi genitori e nostro figlio ci manda a quel paese con molta facilità.

Quindi diciamo che in questo esempio parliamo di una situazione familiare in cui si sta perdendo il rispetto per i genitori e questa situazione sta andando verso una direzione sbagliata sempre di più.

Ebbene, in politica si parla invece di deriva autoritaria. Cos’è che sta peggiorando stavolta? Quale situazione ha preso una tendenza preoccupante e incontrollabile?

In quale contesto stiamo assistendo ad un “movimento” verso qualcosa di negativo?

Il termine “autoritaria” è “autoritario” descrive in questo caso l’amministrazione politica di uno stato.

Uno stato autoritario non è uno stato democratico. C’è un partito egemone o anche un dittatore. C’è comunque un governo autoritario, che fa il bello e il cattivo tempo, che decide tutto, che impone la propria politica.

Ebbene quando si assiste ad una deriva autoritaria, si nota un cambiamento nell’amministrazione e nella politica di uno stato. Quello stato sta prendendo una direzione autoritaria, va verso l’autoritarismo o peggio ancora verso la dittatura.

Più la democrazia è a rischio, più la tendenza è quella che porta all’autoritarismo, quindi ha senso parlare di deriva autoritaria.

Per ovvie ragioni è una locuzione più utilizzata dai partiti democratici per indicare che un governo sta portando una nazione verso l’autoritarismo e quindi che nel paese si sta assistendo ad una perdita di democrazia:

Stiamo assistendo ad una deriva autoritaria

Spesso si usa anche il termine “china“: Una china autoritaria, con lo stesso senso di direzione verso l’autoritarismo.

Durante la manifestazione abbiamo assistito alla polizia che picchiava ingiustamente i pacifici manifestanti. C’è chi vede il rischio di una deriva autoritaria.

Attenzione perché la china non è la Cina scritta in lingua inglese.

Il termine china, che il mio cellulare si ostina a scrivere con la C maiuscola, è, in senso proprio, un terreno o un percorso in discesa. Ma in senso figurato si usa per descrivere, proprio come la deriva, una direzione verso qualcosa di negativo.

Anche al di fuori della politica posso dire che le cose si mettono su una brutta china, quindi stanno volgendo al male. Posso dire anche, più semplicemente, che le cose stanno andando male, che la situazione è preoccupante.

Informalmente poi si usa spesso il cattivo o brutto andazzo. La china è dunque come l’andazzo, ma si usa anche in contesti più seri, specie se parliamo di politica.

Non mi piace l’andazzo che sta prendendo questa situazione

La brutta china che sta prendendo la politica italiana mi preoccupa molto.

L’andazzo si chiama così perché indica un brutto modo in cui stanno andando le cose.

La china invece, con l’immagine di una discesa, indica una tendenza, sempre negativa come detto.

Lo stesso vale per la deriva, con l’immagine di un movimento progressivo verso qualcosa di negativo.

Se parliamo di autoritarismo, non si usa però l’andazzo, ma solamente la china e la deriva.

Come dicevo il termine andazzo è informale, molto colloquiale e si usa normalmente per lamentarsi di come stanno andando le cose. Si usa spesso con i figli:

Sono tre giorni che non mangi la carne! Non mi piace questo andazzo!

Stai rientrando troppo tardi la sera, cos’è questo andazzo? Dove andremo a finire?

Prendere una brutta piega è un modo analogo, ugualmente informale per esprimere lo stesso concetto.

Usare il termine china, sempre con la iniziale minuscola, o addirittura deriva, in questi contesti, sarebbe veramente esagerato.

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47 – Insoluto – ITALIANO COMMERCIALE

Pagamento insoluto (scarica audio)

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Trascrizione

Oggi ci occupiamo ancora una volta dei pagamenti.

Vediamo un aggettivo che spesso viene associato ad un pagamento e ancor di più a un debito: un pagamento insoluto o un debito insoluto o anche un credito insoluto, o una fattura o una bolletta o una rata insoluta.

Insoluto è un aggettivo che non si usa solamente in questi casi, in realtà.

Insoluto infatti sta per “privo di soluzione“, quindi similmente a “irrisolto“.

Si adatta bene a definire, oltre alle questioni economiche anche le “questioni”, in generale:

una questione ancora insoluta

Parliamo sempre in qualche modo di un problema, ma non certamente di un problema matematico. In questo caso irrisolto indica un problema matematico che nessuno ha mai risolto. C’è anche in teoria una sfumatura di differenza rispetto a insoluto, cioè privo di soluzione. Prima che qualcuno la trovi, ovviamente.

Quindi in realtà sono termini pressoché equivalenti.

Insoluto possiamo ugualmente usarlo anche nella matematica, ma meglio riservare questo aggettivo per problemi diversi, di carattere sociale, politico, eccetera.

Usare l’aggettivo irrisolto è spesso comunque la stessa cosa.

Anche quando usiamo la parola problemi, più in generale, sempre meglio usare sicuramente irrisolto, se non è ancora stato risolto, oppure anche irrisolvibile, se è impossibile risolvere questo problema.

Ma quando parliamo di soldi da dare o da prendere, quindi debiti o crediti, insoluto e insoluta sono gli aggettivi più adatti. Anche i pagamenti possono diventare problemi, ma solo quando sono insoluti.

Semplicemente, un pagamento insoluto è un pagamento non effettuato. Un pagamento dovuto ma non soluto, cioè insoluto.

Se un cliente non salda una fattura, abbiamo così un pagamento insoluto.

Abbiamo un credito insoluto del commerciante e un debito insoluto da parte del cliente.

Nei rapporti tra banche e clienti la gestione degli insoluti è un problema molto grande, un rischio importante che prende la banca.

Pensate a tutte le rate insolute dei mutui per l’acquisto di case.

Un commerciante, allo stesso modo, può avere problemi di solvibilità (si chiamano così) e il debitore viene detto insolvente.

Insolvente è colui o colei che non ha provveduto a soddisfare le proprie obbligazioni, che è in stato di insolvenza. In pratica non ha pagato!

Ovviamente esiste solamente il debitore insolvente e non il creditore.

Non confondete poi insolvente con insolente.

Questo è un altro aggettivo che non c’entra nulla con i pagamenti ma ha a che fare con l’insolenza e non con l’insolvenza. L’insolenza è una insopportabile sfacciataggine o arroganza.

Sei proprio un insolente! Come ti permetti di mancarmi di rispetto?

L’insolvenza potrebbe essere confusa anche con l’indolenza, caratteristica ancora diversa poiché esprime una abituale tendenza all’inerzia. Quindi smile all’apatia, alla pigrizia.

Ma torniamo all’insolvenza.

Vi starete chiedendo se esistono anche il credito e il debito soluto.

Ovviamente si, è esattamente il contrario. Il pagamento è stato effettuato in quel caso. E esiste anche il solvente. Di tratta di una persona che è in grado di pagare un debito.

La parola solvente, normalmente, fa pensare ad un liquido, una sostanza che non ha subito il processo di soluzione.

L’acetone e l’acqua ragia sono i solventi più conosciuti. Ma non c’entra nulla con i pagamenti soluti o insoluti.

L’insolvenza dunque cos’è? È la incapacità di far fronte agli impegni finanziari assunti. Cioè è l’incapacità di riuscire a pagare il dovuto.

La solvenza, o meglio, la solvibilità è dunque il contrario dell’insolvenza.

Purtroppo la chimica, in questo caso, ha un vocabolario con parole comuni a quello della finanza. Vi dicevo prima del solvente.

Esiste anche il soluto nella chimica, ma meglio restare nel linguaggio commerciale.

Allora, vediamo alcune frasi per prendere confidenza con questi nuovi termini e cogliamo anche l’occasione per ripassare:

Abbiamo due clienti insolventi. Come facciamo? Lo diciamo al titolare?

La solvibilità è il livello di stabilità finanziaria associato a un’azienda.

La solvibilità è la capacità di un debitore di restituire i suoi debiti alla scadenza.

L’eventuale insolvenza di un cliente può creare problemi a un’azienda.

Anche uno stato può avere problemi di solvibilità

Come recuperare un credito insoluto?

I clienti solventi sono quelli preferiti dagli esercenti.

Il cliente solvente è in grado di pagare un debito.

Questo è l’elenco delle fatture insolute.

Oggi stacco più tardi perché devo recuperare dei crediti insoluti

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.

860 Disfare e disfarsi, il disfacimento la disfatta

Disfare e disfarsi, il disfacimento la disfatta (scarica audio)

Trascrizione

Siete mai stati nei mercatini dell’usato?

Ebbene, li trovate capi d’abbigliamento di cui le persone si sono liberate. Sono capi di seconda mano che si possono acquistare.

Ho appena usato il verbo liberare nella forma riflessiva: liberarsi di qualcosa significa dare via, vendere o gettare qualcosa (o qualcuno) che non vogliamo più.

Es:

Mi devo liberare di tutti questi impegni di lavoro se voglio divertirmi un po’.

Posso usare anche il verbo disfarsi, forma riflessiva di disfare.

Voglio disfarmi di tutte queste cose inutili che ho in casa

L’assassino, dopo aver commesso l’omicidio, di è disfatto del telefono

Ci si può disfare anche di una persona, proprio come liberarsi. Il senso è lo stesso. Significa anche cedere a un’altra persona.

“Disfarsi di” qualcosa o di qualcuno ha questo significato, ma se usiamo il verbo non nella forma riflessiva, il significato cambia. Ma anche disfarsi, se non aggiungiamo “di”, cambia di significato.

Es:

Con l’aumento della temperatura, il pupazzo di neve ha iniziato a disfarsi.

Potremmo dire sciogliersi, distruggersi, squagliarsi. In generale si può disfare qualunque cosa che abbia comportato un sforzo nella costruzione, come il pupazzo di neve, appunto. La neve si scioglie, il pupazzo di neve si disfa.

Avete notate che disfare contiene “fare” con “dis” come prefisso.

Questo prefisso spesso, infatti, rovescia il senso buono o positivo della parola che il prefisso precede. È molto usato in molti termini del linguaggio medico per indicare una alterazione, una malformazione, un’anomalia, un cattivo funzionamento. Pensate alla distrofia ad esempio.

C’è quasi sempre qualcosa che non va quando c’è il prefisso dis.

Allora, davanti a “fare“, che indica una costruzione, questo prefisso indica una distruzione, quindi disfare è il contrario di fare. Lo stesso accade con onore e disonore, simile e dissimile, piacere e dispiacere, la continuità e la discontinuità. Altre volte non è così semplice ma in generale (non sempre) il prefisso dis conferisce un senso negativo.

Esiste l’espressione “fare e disfare” che indica il comportamento di una persona che fa ciò che vuole, costruisce e distrugge, fa e disfa come vuole lei. Es:

Il dittatore è stato abituato a fare e disfare nel suo paese

Un’espressione simile è fare il bello e il cattivo tempo.

Disfare dunque è simile a distruggere, scomporre, sciogliere, liquefare, decadere, disgregarsi.

Non sempre però c’è qualcosa di negativo o qualcosa che non va.

Disfare le valigie è una cosa che si fa alla fine di ogni viaggio.

Significa togliere i vestiti dalle valigie perché siamo tornati a casa o siamo arrivati in albergo. Le valigie si fanno alla partenza e si disfano all’arrivo.

Anche il letto, quando è disfatto, non è una tragedia. Semplicemente bisogna sistemarlo, bisogna rifare il letto, prendere le lenzuola e sistemarle per bene, sistemare i cuscini, rimettere eventualmente la coperta o un copriletto e sistemarlo per bene, proprio come vorremmo trovarlo quando entriamo nella nostra stanza d’albergo.

In genere però, come detto, disfare qualcosa è un’operazione che esprime l’azione contraria del fare, ma in senso negativo.

Parlando di politica, c’è chi vorrebbe disfare l’unione europea.

Il nuovo governo sta disfacendo tutto ciò che ha fatto il governo precedente.

Nello sport si usa spesso:

Non è disfacendo il gioco avversario che si vince.

Parlando di morale e di questioni sociali, si usa spesso il termine disfacimento:

Per disfacimento si intende la rovina di una comunità che non ha più obblighi morali e sociali.

Stiamo assistendo a un lento disfacimento della famiglia nella società contemporanea

Il disfacimento morale della società

In senso materiale possiamo parlare di un corpo, un tempo bellissimo ma in rapido disfacimento con l’età o per colpa di un’alimentazione sbagliata.

Vogliamo parlare adesso della disfatta?

Una disfatta è una sconfitta militare disastrosa o, in senso figurato, un clamoroso fallimento o una sconfitta sportiva schiacciante.

C’è in qualche modo anche una distruzione anche in questi casi, ma è più un grave insuccesso o una pesantissima sconfitta, quindi comunque dopo una disfatta bisogna ricominciare daccapo. Anche disfatta deriva dal verbo disfare.

Si parla spesso anche della disfatta di un partito alle elezioni. Evidentemente i risultati sono stati disastrosi per quel partito.

Sconfitta e disfatta sono dunque molto vicini come significato. È la gravità della sconfitta, la sua pesantezza che fa la differenza.

Va bene, adesso ripassiamo qualche episodio precedente altrimenti tutto il lavoro fatto finora rischia di essere disfatto nel giro di qualche settimana.

Ulrike: Parlando di politici, molti di loro credono che fanno il meglio per il loro paese, ma sembra che non vedano le eccessive corsie preferenziali, né le bustarelle, e fanno pie promesse per arrivare al governo! E tu come la vedi?

Irina: il problema è che quando devi votare e scegliere, questo voto spesso è un voto di scambio! E quand’è così non c’è possibilità di svoltare per il paese.

Peggy: molte volte penso che queste siano soltanto elucubrazioni mentali, ma il mio contributo oggi deve fungere da campanello d’allarme!

Estelle: I tuoi commenti potrebbero sollevare un polverone di critiche, ma è pur vero che la situazione economica mondiale fa acqua da tutte le parti!

Albèric: sono del tuo stesso avviso, ma meglio stare alla larga della politica. È sempre un di più andare a toccare questi temi scottanti in un ripasso!

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859 Passare per

Passare per

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Trascrizione

La locuzione di cui ci occupiamo oggi ci mostra un uso particolare del verbo passare. La locuzione è “passare per”.

Il verbo passare ha in realtà una gamma molto vasta di utilizzi.

Spesso dipende dalla preposizione che segue.

Però se questa preposizione è “per“, il senso può essere ancora più di uno.

Se ad esempio venite a Roma e passate per Firenze, allora equivale a transitare. In questo caso anche “da” si può usare con lo stesso senso e passare per un luogo significa andare da un punto a un altro percorrendo uno spazio, quindi transitare per questo luogo (Firenze nell’esempio).

Oppure:

per entrare in casa bisogna passare per il portone principale.

In questo caso si parla di un luogo da cui entrare, quindi un accesso. Si può passare anche per/da una finestra o per/da un’entrata secondaria.

C’è sempre il senso del movimento quando usiamo questo verbo in generale, ma se restiamo sulla preposizione semplice “per”, “passare per” si usa anche in un secondo modo.

In senso figurato infatti posso dire:

Nella mia vita sono passato per molte difficoltà.

Quindi nella mia vita ho dovuto fronteggiare eventi negativi, ho dovuto attraversare, superare molte cose negative.

Oppure:

Prima di diventare presidente, Giovanni è passato per diverse cariche istituzionali.

Anche qui c’è il senso di attraversare, transitare, non un luogo però, ma si parla di un percorso di vita.

Un terzo uso di “passare per” invece ha il senso di “essere considerato in un certo modo”. È qui che “passare per” diventa una locuzione.

Es:

Giovanni passa per un intellettuale

Evidentemente Giovanni è considerato un intellettuale. La gente lo vede come un intellettuale.

La cosa interessante è che questa locuzione si usa prevalentemente quando si considera qualcosa in un modo che non rappresenta la realtà. Si tratta di un’impressione sbagliata.

Es:

Mi vuoi far passare per stupido?

Cioè: vuoi che la gente mi consideri uno stupido? Vuoi che io appaia come una persona stupida?

La considerazione delle persone è importante e non è detto che si appaia sempre nello stesso modo a tutti. E non è detto che si appaia come si vorrebbe; può capitare quindi che si passi per qualcosa di diverso.

Per cosa passo io? Mi piacerebbe saperlo.

Oppure:

Giovanni passa spesso per uno poco attento, ma non gli sfugge niente in realtà.

Quindi Giovanni non è vero che è una persona poco attenta. Può passare per una persona disattenta ma non è così. Può sembrare così ma non è vero.

Tutt’altro.

A volte Giovanni può passare per uno distratto, ma è un’impressione sbagliata.

Questa locuzione somiglia al verbo “sembrare” e “apparire“.

Ratzinger è passato per essere un conservatore rigido. In realtà è sempre stato tutt’altro.

Oppure:

Domani al colloquio di lavoro vorrei passare per una persona molto colta ma non so se ci riuscirò.

Giovanni Paolo II passa per essere stato un papa disposto a spostarsi ovunque per ascoltate il prossimo. All’interno della Chiesa però c’è chi dice che non si poteva avere un’idea diversa dalla sua.

Vedete che c’è sempre un’immagine che non risponde alla verità. Qualcosa che sembra ma non è. Si rappresenta una sensazione che però, secondo chi parla, non è la verità.

Mario passa per uno molto studioso ma è tutta apparenza

Facendo quella battuta sono passato per una persona molto spiritosa. Magari però avessi sempre la battuta pronta come quella volta.

A scuola passavo sempre per uno che strillava, ma erano gli altri che non capivano quando parlavo normalmente!

Si usa il verbo essere come ausiliare:

Sono sempre passato per uno molto sbadato.

Ieri Giuseppe è voluto passare per me imitando la mia voce, ma l’hanno riconosciuto.

Ecco, in questo ultimo esempio “passare per” significa spacciarsi per un’altra persona, quindi fare finta di essere un’altra persona. Si vuole sottolineare la volontà di sembrare un’altra persona. Anche in questo caso comunque c’è qualcosa che può sembrare ma non è.

Ci siamo già occupati del verbo spacciare (e anche di spacciarsi) nel corso di Italiano Professionale.

Notate che anche con il verbo spacciare si usa la preposizione per.

In un altro episodio abbiamo visto da vicino questa e anche le altre preposizioni. Se volete date un’occhiata.

Adesso però non voglio passare per noioso e prolisso, pertanto vi faccio ascoltare il ripasso di oggi.

Marcelo: questo episodio mi fa pensare ad alcuni politici del mio paese, che vorrebbero passare per democratici ma non lo sono per niente e tutti se ne accorgono. Manco fossimo tutti stupidi!

Irina: alle volte però più di qualcuno ci crede e si vincono le elezioni.

Mary: ma tu continui imperterrito ad andare a votare? Io con ogni probabilità ho votato quest’anno per l’ultima volta.

Paulo: ci mancherebbe! Votare è anche un dovere. Dispiace sentire che ormai moltissimi pensano non valga più la pena.

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