Le particelle: Ci, ce, gli, ce, lo, li, si – alla fine dei verbi

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E’ possibile leggere ed ascoltare e/o scaricare il file audio di questo episodio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

Buongiorno amici di ItalianoSemplicemente.com io sono Giovanni ed oggi siamo qui per fare un esercizio particolare: sarà essenzialmente un esercizio di ripetizione e di domande e risposte. Ricordatevi sempre della regola n. 6 per imparare l’italiano: l’importanza delle domande e risposte.

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L’argomento è utilizzare: ce, si, ci lo, la, gli, ne eccetera. Lo abbiamo fatto altre volte, intendo parlare di queste particelle.

Oggi però mi interessa soprattutto quando inseriamo queste particelle e pronomi alla fine del verbo per riferirci a qualcosa. Senza dare troppe spiegazioni, passiamo subito alla pratica, come si compete a chi rispetta le sette regole d’oro di Italiano Semplicemente.

Io dunque dirò una frase normale, una frase per esteso, parlando di qualcosa (non importa cosa) mentre voi dovete dire la stessa frase dando per scontato la cosa di cui parliamo. Capita spessissimo in una conversazione di riferirsi alla cosa di cui parliamo non attraverso il suo nome ma usando una di quelle particelle alla fine, attaccandole al verbo.

Non si tratta di vere domande, in realtà, ma di due tipi di frasi diverse, ma l’importante è far lavorare il cervello.

Ad esempio se io dico “mangiare la mela” voi dovete dire “mangiarla“. “La” mela, quindi: mangiarla. “La” va alla fine del verbo.

Ad esempio in una frase posso dire: ecco la mela ma non mangiarla tutta. Non posso dire: ecco la mela ma non devi mangiare tutta la mela; per non ripetere “la mela” dico semplicemente: non devi mangiarla.

Se invece io dico “mangiare uno spicchio di mela” voi dite: “mangiarne uno spicchio“.

Se dico: “Noi ci mangiamo un po’ di mele” voi dite: “mangiamone un po’” (oppure mangiamocene un po’)

Mangiamone o mangiamocene: in questo caso è più difficile perché ho messo insieme sia la persona che compie l’azione (noi) che la mela (usiamo ne perché è una parte della mela): Posso anche dire:

  • mangiamoci un po’ di mela (la mela la scrivo)

Se invece dico “ce la mangiano noi la mela” voi dite: “mangiamocela“, oppure mangiamola (Ce anche in questo caso è facoltativo, anche nella domanda).

Tutti chiaro? Usate ce, ne, ci, lo, gli eccetera a seconda della frase.

Ho notato che si tratta di un ostacolo difficile anche per gli stranieri più bravi.

Allora un gioco di questo tipo può aiutare.

Iniziamo:

Noi dobbiamo ricordare quelle ragazze.

Voi rispondete senza nominare la parola “ragazze” (che prevede l’articolo le) e senza di dire “noi” ma facendo riferimento a noi ed alle ragazze alla fine del verbo:

Ricordiamocele, oppure Dobbiamo ricordarcele. Ce le dobbiamo ricordare (che è la stessa cosa).

È importante questo esercizio perché bisogna saper distinguere le cose tra loro, a seconda ad esempio che siano divisibili o meno, o altre regole che è inutile spiegare perché quello che conta è praticare e ripetere come vi dico sempre. Tutto verrà in automatico.

Bene continuiamo. Vi darò il tempo per rispondere e poi rispondo io.

Prendi la penna: Prendila.

Prendi la penna per me: prendimela

Prendete la penna per voi: prendetevela

Andiamo a Roma: andiamoci

Andate a Roma: andateci

Mordi la mela: mordila

Mangia una parte della mela: mangiane una parte

Scrivi una storia: scrivila

Scrivi una parte della storia: scrivine una parte

Scriviamo il libro insieme: scriviamolo insieme, scriviamocelo insieme

Spedisci una e-mail a Giovanni: Spediscigli una e-mail, spediscigliela

Raccomanda quel ristorante a Maria: Raccomandale quel ristorante, raccomandaglielo.

Spedisci la cartolina: spediscila

Spedisci a noi una cartolina: spediscici una cartolina. Spediscicela. 

Manda i saluti: mandali

Manda i saluti a lui: mandagli i saluti, mandaglieli

Chiedi un bacio a Giovanna: chiedilo a Giovanna, chiediglielo

Dammi i soldi: dammeli

Alcune persone si mangiano le unghie. Non è normale (in questo caso dovete usare “si” alla fine del verbo mangiare): non è normale mangiarsi le unghie. Alcune persone lo fanno.

Attenzione con la terza persona:

Mario deve dare i soldi a noi: Mario deve darceli, ce li deve dare, ce li dia.

Mario deve dare i soldi a te: Mario deve darteli, te li deve dare, te li dia.

Mario deve dare i soldi a Maria: Mario deve darglieli, glieli deve dare, glieli dia

Mario deve dare i soldi a me: Deve darmeli, me li devi dare, me li dia!

Fate i compiti: fateli.

Fai i compiti: falli

Alcuni si fanno dei problemi a parlare in pubblico. E’ segno di poca esperienza. (usare “si”: Farsi dei problemi a parlare in pubblico è segno di poca esperienza.

Devi farti carico di quel lavoro: fatti carico di quel lavoro, fattene carico.

Mangia tutto il cibo: mangialo tutto!

Responsabilizza tuo figlio: responsabilizzalo.

Attenti sempre alla terza persona:

Quella madre deve responsabilizzare il figlio: che lo responsabilizzi, che responsabilizzi suo figlio (con la terza persona non posso mettere lo alla fine).

Dovrei andare sul sito: dovrei andarci.

Andiamo via da qui: andiamocene.

Noi ci occupiamo di loro: occupiamocene.

Devi ritrovare la pazienza: ritrovala.
Ci devi riprovare: riprovaci

Voi vi occupate di lui: occupatevene.

Siete voi che dovete occuparvi di lui: occupatevene voi!

Sono io che mi occupo di lei: me ne occupo io.

Devi occuparti di lei: occupatene tu!

Devo fare la pasta al dente: devo farla al dente. Che la facciano al dente.

Dillo a lui: diglielo.

È lui che si deve occupare di lei: se ne occupi lui. Se ne deve occupare lui, deve occuparsene lui.

Occorre che qualcuno si occupi del problema: Qualcuno se ne deve occupare. Occorre occuparsene.

Mettiamo il sale sulla pasta: mettiamocelo sopra.

Attenzione questa è più difficile:

Dovete aver cura di questa cosa: dovete averne cura, abbiatene cura

Difficile?

Proviamo le ultime volte:

Andate via: andatevene

Vogliamo parlare di questa cosa? Vogliamo parlarne? Parliamone.

Mettiamo il pantalone nell’armadio: mettiamolo nell’armadio. Mettiamocelo.

Devi ridare la fiducia a noi: ridacci la fiducia, ridaccela

Bene amici spero vi sia piaciuto questo episodio. Grazie a tutti dell’ascolto. Spero ce l’abbiate fatta.

Per chi è interessato e vuole approfondire la pronuncia, tutti i giovedì facciamo questi esercizi nel gruppo Whatsapp dell’Associazione Italiano Semplicemente. Fate richiesta di adesione e saremo felici di avervi tra noi. E’ possibile aderire anche se si rappresenta una scuola o un istituto dove si studia italiano.

Ciao a tutti da Giovanni.

Parliamo di Fiducia e Diffidenza

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Trascrizione

Giovanni: Ciao ragazzi, io sono Giovanni, e oggi ci occupiamo di Italiano Professionale, con un nuovo episodio della nostra Daria dalla Russia.

Abbiamo iniziato con Andrè, che si è definito il corrispondente di Italiano Semplicemente dal Brasile. In un recente episodio Andrè ci ha parlato delle elezioni nel suo paese, elezioni che hanno portato il candidato Bolsonaro alla vittoria, anche Daria ora (anche lei come Andrè è un membro dell’associazione), rivendica il suo ruolo di “Corrispondente”, ovviamente dalla Russia, la sua terra.

Si sta delineando quindi una nuova “figura”, che stanno assumendo i membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

E’ una bella novità che mi piace molto questa del corrispondente estero. In questo modo sicuramente si impara di più, le frasi, le espressioni, i modi di dire si memorizzano più facilmente e in questo episodio Daria si esercita con alcune espressioni imparate nella lezione n. 13 del corso di Italiano Professionale, dedicata alla fiducia e alla diffidenza, un argomento abbastanza delicato e comune a tutte le professioni.

A te la parola Daria.

Daria: Buongiorno a tutti da Daria, corrispondente dalla Russia di italiano semplicemente.

Mentre ascoltavo la lezione numero 13 del corso di ITALIANO PROFESSIONALE mi è venuta in mente un’idea.

La lezione è dedicata alla fiducia ed alla diffidenza e quando parliamo di questo argomento nei confronti delle persone nuove in un’azienda, le raccomandazioni o le referenze possono valere diversamente.

Mi spiego meglio. Una ditta relativamente piccola, locale, in genere considera l’assunzione di manodopera ad esempio, una questione innanzitutto di fiducia e soltanto subito dopo di professionalità della persona. Non di rado un nuovo lavoratore si cerca tra le persone referenziate, oppure tra i conoscenti perché Il successo di tutta la ditta dipende da ogni lavoratore. Ogni volta si devono valutare tutti i pro e i contro. Visto che ci deve essere sempre con la persona nuova un’unione di intenti (nota: espressione spiegata nella lezione n. 12 del corso), talvolta sarebbe preferibile non rischiare e provare ad eseguire il lavoro da solo; come si dice in questi casi: chi fa da sé fa per tre.

Per quanto riguarda le grandi aziende, secondo me, il proverbio italiano “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” descrive bene il concetto delle referenze. Qui nessuno può essere al di sopra di ogni sospetto. Così come l’abito non fa il monaco, le referenze non danno garanzia che si possa contare ciecamente su di un nuovo arrivato.

Tra l’altro quasi tutti i lavoratori hanno buone o ottime referenze da loro precedenti posti di lavoro. Quindi non ci sono reali certezze che effettivamente si tratti di persone che siano degne della nostra fiducia. Vanno messi alla prova dei fatti.

Lavorando insieme coi nuovi assunti i primi tempi gli altri lavoratori mantengono relativamente le distanze, cioè si comportano in modo amichevole ma piuttosto formale. Non si tratta di diffidenza, ma si sa che spesso l’apparenza inganna e non viene spontaneo dare troppa confidenza da subito, solamente perché qualcuno lavora fianco a fianco a te. Sarà sicuramente capitato anche a voi.

Con il passar del tempo si può invece acquistare la fiducia dei nuovi colleghi.

Ho una certa esperienza personale nel dare referenze alle persone conosciute al lavoro che hanno guadagnato il mio credito in un’azienda e poi hanno iniziato a lavorare in un’altra.

Guardandomi indietro direi che non sempre le persone che si sono ben comportate in un’azienda saranno così efficaci in un’altra, e viceversa, ed il fatto che le persone facciano valere il proprio talento distintamente nei vari ambiti ha seminato in me il dubbio se le referenze possano risultare veramente utili.

Non so come funzioni in Italia e quanto la cultura possa influire su questo.
A voi è mai capitato di fornire le proprie referenze a qualcuno, che ne pensate?

Un saluto dalla vostra Daria, corrispondente di italiano semplicemente dalla Russia.

Giovanni: bene, grazie Daria perché hai fatto un ottimo lavoro. Hai anche usato espressioni delle lezioni precedenti del corso e devo dire che è molto interessante quello di cui hai parlato.

Tutti possono ascoltare la prima parte della lezione n.13 se vogliono, metto un collegamento nella trascrizione di questo episodio, per tutta la lezione, come per l’intero corso di Italiano Professionale, vi aspetto nella nostra associazione.

Un saluto fiducioso da Giovanni.

Darsi la zappa sui piedi

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E’ possibile ascoltare e/o scaricare il file audio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

zappa_immagineBuongiorno amici di italiano semplicemente e benvenuti in questo nuovo episodio dedicato alle espressioni italiane.

Io sono Giovanni e oggi parliamo di una nuova espressione idiomatica italiana.

Di tratta di una espressione utilizzata un po’ da tutti gli italiani, tutti i giorni e in più di un contesto diverso. Fondamentalmente viene usata sia in famiglia che al lavoro quindi ma sempre in modo abbastanza informale.

Potreste trovarla anche su articoli di giornale comunque. L’espressione è la seguente: darsi la zappa sui piedi.

Allora spieghiamo brevemente questa espressione e poi facciamo un piccolo esercizio di ripetizione.

Darsi è il verbo dare, dare nel senso riflessivo quindi darsi vuol dire dare a se stessi.

Ok ma darsi cosa? Darsi la zappa. La zappa è uno strumento utilizzato in agricoltura, un attrezzo agricolo che serve per muovere il terreno, quindi la zappa è uno strumento che viene usano dai contadini anche oggi.

In passato era molto più utilizzata rispetto ad oggi perché la tecnologia ormai ha portato all’utilizzo di strumenti più sofisticati della Zappa per muovere il terreno.

Si tratta di uno strumento provvisto di un manico, lungo circa un metro, un metro e venti centimetri e all’estremità di questo manico c’è un pezzo di ferro, di metallo, un pezzo di metallo dalla punta piatta che serve a essere infilata nel terreno. Quindi la zappa serve per essere infilata nel terreno e per muovere il terreno, per muovere la terra.

In questo modo il contadino può seminare la terra, rimuovere erbacce, può quindi curare il proprio giardino o il proprio orto, può decidere di piantare degli ortaggi, di togliere le erbacce spontanee eccetera.

Quindi ogni qualvolta un contadino ha bisogno di movimentare il terreno può usare una zappa: attenzione alla pronuncia della lettera Z della parola Zappa.

È una z sorda (si dice così in italiano). La Z sorda è quella di Zappa e anche quella di zoppo o di informazione e non è quindi una z “sonora” come quella della lettera z per esempio.

Questi sono tutti argomenti che solitamente trattiamo sul gruppo dell’associazione italianosemplicemente. In particolare sul gruppo WhatsApp ogni giovedì ci occupiamo di pronuncia.

Comunque andiamo avanti con la spiegazione di questa espressione: darsi la zappa sui piedi quindi vuol dire, in senso proprio, prendere la zappa con le mani, afferrarla e darsela sui piedi, cioè colpire i propri piedi al posto della terra.

Darsela: la parte finale “la” si riferisce alla zappa quindi darsi la zappa sui piedi vuol dire prendere la zappa e colpire i propri piedi: cosa che evidentemente provoca del dolore: ma questa è un’espressione figurata.

Cosa significa questa espressione?in senso figurato questa espressione sta ad indicare che ciascuno di noi può compiere un’azione che può trasformarsi in un’azione controproducente.

Posso usarla in più di un contesto diverso, sia in famiglia che al lavoro ma sempre in modo informale.

Può capitare di farsi del male con una propria azione, anche involontariamente, senza volerlo, e specialmente se si è stanchi o nervosi.

Anche su articoli di giornale si usa questa frase perché rende molto bene l’idea di farsi del male da soli.

Ok quindi ricapitoliamo: darsi la zappa sui piedi significa compiere un’azione che si rivela controproducente per noi stessi e l’espressione ha origini contadine.

Capita molto spesso di usare questo tipo di espressione poiché molto spesso i risultati negativi sono causati, sono provocati proprio da una nostra azione.

In questi casi posso dire tranquillamente che ci siamo dati la zappa sui piedi. Nel tentativo di produrre qualcosa di positivo il risultato è stato invece controproducente.

Si usa il verbo dare nel senso di colpire.

Solitamente dare si usa quando ci sono due persone (io do una cosa a te) ma in alcuni casi, in senso riflessivo, posso usarla anche rivolto a me stesso.

In questo caso “dare sui piedi” significa colpire i piedi.

Proviamo a fare qualche esempio. In ambito politico posso dire ad esempio che dopo le elezioni amministrative in Brasile la vittoria di Bolsonaro potrebbe portare dei risultati positivi per l’economia brasiliana e per il popolo brasiliano, ma potrebbe anche portare dei risultati negativi per lo stesso popolo e per la stessa economia.

Allora i brasiliani che lo hanno votato, coloro che lo hanno portato alla vittoria, coloro che hanno espresso il loro voto a favore di Bolsonaro potrebbero dire, a ragion veduta, che si sono dati la zappa sui piedi oppure anche che si sono dati la zappa sui piedi da soli.

Coniugando posso dire:

Io mi sono dato la zappa sui piedi.

Tu ti sei dato la zappa sui piedi.

Lui o lei si è dato o si è data la zappa sui piedi.

Noi ci siamo dati la zappa sui piedi.

Voi vi siete dati la zappa sui piedi.

Loro si sono dati la zappa sui piedi.

Ovviamente questo possiamo dirlo soltanto se Bolsonaro non darà i risultati sperati.

Credo che tutto sia abbastanza chiaro, d’altronde l’immagine della Zappa sui piedi è abbastanza eloquente.

Facciamo un piccolo esercizio di ripetizione. Facciamo in modo anche di far lavorare un po’ il cervello ok?

Rispondete alle domande rispettando il tempo e la persona indicate nella domanda.

Attenzione alla persona e al tempo della domanda.

Non abbiano mai fatto questo esercizio finora ma credo possa funzionare per memorizzare.

Se io ad esempio dico: Cosa fai?

La risposta è: ti dai la zappa sui piedi.

Cosa farà?

Si darà la zappa sui piedi.

Cosa ho fatto?

Mi sono dato la zappa sui piedi.

Cosa potremmo fare?

Potremmo darci la zappa sui piedi.

Cosa dovreste evitare?

Dovreste evitare di darvi la zappa sui piedi.

Cosa hanno deciso?

Hanno deciso di darsi la zappa sui piedi.

Abbiamo terminato anche oggi, spero che l’episodio vi sia piaciuto. Ringrazio tutti e invito a chi è interessato di dare un’occhiata al programma settimanale di italiano semplicemente, cioè agli argomenti di cui parliamo nel gruppo WhatsApp ogni giorno.

Per chiunque fosse interessato a partecipare può chiedere l’adesione all’associazione. In questo modo il vostro italiano migliorerà di giorno in giorno, mentre se volete continuare a studiare da soli è una vostra scelta, lo potete fare ma potrete dire di esservi dati la zappa sui piedi.

Grazie ai donatori e ci rivediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.

Parliamo di unione e condivisione

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Trascrizione

Introduzione di Giovanni: questo episodio è un esempio di utilizzo delle espressioni professionali contenute nella lezione n. 12 del corso di ITALIANO PROFESSIONALE.

Daria: Si può dire che l’argomento della lezione numero 12 si riferisca sia alla vita professionale che a quella privata.
Anche la qualità della vita dipende dalle persone con cui ci uniamo e condividiamo gli intenti: vorremmo ad esempio che le persone al nostro fianco fossero sempre in grado di spezzare *una* lancia a *nostro* favore e proteggere i nostri interessi. Nella vita privata siamo liberi *di* sceglere gli amici ad esempio, o semplicemente dire che nel peggiore dei casi è meglio soli che mal accompagnati se non proviamo simpatia proprio per nessuno. Ma in ambito lavorativo occorre accettare i colleghi che ci capitano esattamente come sono ed investire con forza e desiderio sul nostro futuro insieme cercando di stabilire con loro un rapporto efficace.

Infatti, al lavoro dobbiamo stringere accordu con persone diverse. In collaborazione reciprocamente vantaggiose ognuno cerca di *perseguire* i propri obbiettivi e non sempre si è orientati verso un qualcosa di comune. Anche se succede di dover chiedere l’aiuto di un collega, non è la stessa cosa di un lavoro di squadra quando molto spesso ci si trova nella necessità di dover credere cecamente in un compagno. Nonostante si capisca che l’unione faccia la forza, a volte manca la necessaria confidenza per formare un gruppo affiatato.

Formare un’unione lavorativa in uno spirito di squadra è un argomento attuale per ogni società. Ogni leader di un gruppo vorrebbe mettere assieme persone in gamba, *nei* cui confronti *possa nutrire* una fiducia incondizionata e operare con loro. Nella realtà dei fatti però quello che va fatto è svolgere regolarmente attività che aiutino a far nascere lo spirito di squadra. Si tratta di attività anche fuori dell’ambito lavorativo, in un ambiente rilassato, che servono a conoscersi meglio l’un l’altro. Trovando interessi o hobby comuni le persone si vedono anche da una prospettiva diversa, più personale, più variegata, il che aiuta molto a nutrire più fiducia nella vita lavorativa.

Curiosamente, nel settore in cui sono occupata si svolge ogni anno un campionato di calcio. Tutti i lavoratori sono invitati a partecipare ai giochi: gli uomini per giocare nel campo e le donne per fare il tifo per la loro azienda. La partecipazione non è ovviamente obbligatoria: chi c’e’ c’e’, chi non c’e’ non c’e’, verrebbe da dire, ma è caldamente consigliata per i motivi precedentemente esposti.
Nessuna azienda, c’è da aggiungere, vorrebbe presentarsi al campionato come un’armata Brancaleone. Quindi i giocatori si allenano regolarmente durante l’anno, e giocando si devono fidare ad occhi chiusi dei compagni. La squadra vincitrice riceve una coppa che viene orgogliosamente esposta nell’ufficio durante l’anno fino al prossimo campionato.

Ci sono anche persone scettiche e poco comunicatuve che non credono invece che ci sia una ragione valida nello stabilire una comunità di intenti coi colleghi. Senz’altro ognuno fa come gli pare e piace ma sarebbe meglio non fare tutta *di* l’erba *un* fascio e provare a stabilire un rapporto informale anche con qualche collega.

Un saluto a tutti e buona giornata, e ricordate che l’unione fa sempre la forza.

Le elezioni in Brasile

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Trascrizione

Andrè Arena, corrispondente in Brasile (Araraquara, San Paolo) di Italiano Semplicemente

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Andrè Arena, corrispondente di Italiano Semplicemente in Brasile

Buonasera e benvenuti a tutti su Italiano semplicemente.

In questi “quasi 100 secondi”, con André Arena, cioè il sottoscritto, il vostro corrispondente di italiano semplicemente in Brasile!

Ancora buonasera dunque, vi racconto qualcosa sul Brasile che come sapete sta attraversando un periodo molto ricco di cambiamenti.

La campagna elettorale è finita, ma forse sarebbe stato meglio  chiamarla “battaglia elettorale”: un mese che ci ha fatto rivoltare lo stomaco.

Il Brasile infatti sta male, malissimo, ed è un problema comune di tutti i brasiliani, che non si affronta a colpi di accuse reciproche tra sinistra e destra.

I problemi sono radicati, antichi, grandi, ma nessuno si può chiamar fuori dalle responsabilità, sia chi ha governato il paese in passato sia chi lo sta facendo oggi nel presente! Il rimpallo delle colpe è lo sport preferito dei politici. In Brasile come in Italia.

Domenica prossima decideremo il futuro del nostro paese.

Chiunque sia il vincitore, Haddad o Bolsonaro, dovrà affrontare il difficile compito di riunificare il paese e di riuscire nel difficile compito di guidare il paese verso il cambiamento.

Compito assai importante: occorre fare le riforme necessarie per la crescita economica e l’occupazione e si potrebbe parlare di tante altre questioni importanti per il popolo brasiliano.

Bisogna combattere quello che rappresenta forse il più grande problema in Brasile, la corruzione!

Lo so, c’è in altri paesi anche, ma in Brasile è pazzesco.

Ogni cosa che non funziona in Brasile è colpa della corruzione, tanto che, come si dice in Italia, verrebbe da dire: piove, governo ladro!!

E non a caso in Brasile sta diluviando!

– – – – – –

Vocabolario

Vediamo un po’ di vocabolario che ha utilizzato Andrè in occasione di questo episodio. Andrè è un membro dell’associazione Italiano Semplicemente. In questa occasione Andrè ha rappresentato Italiano Semplicemente quindi è un:

Corrispondente: inviato speciale, delegato, persona che rappresenta. In questo caso Andrè rappresenta Italiano Semplicemente, quindi è il corrispondente di Italiano semplicemente. E’ un termine che si sente spesso in TV nei servizi televisivi.

Rivoltare lo stomaco: si dice di un qualcosa di “rivoltante” cioè di disgustoso, che provoca disgusto, cioè una forte emozione negativa di repulsione e avversità verso qualcosa. Spesso si usa col cibo disgustoso, che può provocare vomito, ed in questo caso si dice che “lo stomaco si rivolta”, cioè si rigira. Da qui il termine “rivoltante”, che in senso figurato si può usare verso qualcosa che non condividiamo e giudichiamo invece molto negativo, fino a provocare disgusto, repulsione e persino vomito.

Piove, governo ladro! Espressione idiomatica italiana con la quale ironicamente si dà la colpa al Governo anche degli eventi naturali, gli unici per i quali non avrebbe alcuna colpa.

Diluviando: Diluviare è un verbo simile a piovere. Il diluvio è infatti una fortissima pioggia, una pioggia dirotta (si dice anche così quando piove molto intensamente), una pioggia d’una violenza unica e che sembra non debba aver mai fine. Sta diluviando, pertanto, significa sta piovendo moltissimo. Si ricorda che esiste anche il cosiddetto “Diluvio universale”, cioè la pioggia, anzi possiamo dire l’uragano che sommerse e inondò la terra, secondo il racconto biblico.

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New York. Ripassiamo le particelle

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Trascrizione

Buongiorno amici di Italiano Semplicemente. Io sono Giovanni, ed oggi facciamo un episodio speciale, dedicato alla città di New York. Un episodio per ringraziare i donatori newyorkesi di Italiano Semplicemente.

Oggi facciamo quindi un bell’esercizio di pronuncia ed insieme un ripasso di alcune frasi che contengono delle paroline difficili per gli stranieri, sia per la pronuncia, sia per le particelle che useremo.

E’ quindi questa un’occasione anche per fare un po’ di pronuncia e in questo modo aiutare voi stranieri con alcune parole a volte difficili da usare.

Gli esempi e le frasi che vedremo riguardano quindi la città di New York, quindi questa diventa anche un’opportunità per condividere informazioni interessanti su questa città.

Facciamo che io vi pongo delle domande (una specie di gioco), poi vi suggerisco in che modo dare la risposta e voi provare a rispondermi. Pronti?

Prima domanda:

Vogliamo provare a fare questo esercizio? Rispondi utilizzando la particella “CI”

Risposta:

Ok, ci possiamo provare, oppure, ok, proviamoci.

Seconda domanda:

Sapete sicuramente che New York è soprannominata la grande mela, allora la mia seconda domanda è:

Conosci un soprannome di New York? Nella risposta provate ad usare la particella “NE”

Risposta:

Sì, ne conosco uno: la grande mela.

Ovviamente ne serve a sostituire la parola soprannome.

Terza domanda:

Per le strade di New York possiamo mangiarci un gustoso hot dog? Allora rispondete alla domanda utilizzando la particella “CE”, e volendo insieme anche la particella “NE”. Ok? Nella stessa risposta utilizzate sia ne che ce.

Risposta:

Sì, ce ne possiamo mangiare quanti ne vogliamo di Hot dog per le strade di New York.

Quarta domanda. Per rispondere a questa domanda utilizzare “SE” e “NE” nella stessa risposta. Se e ne nella versione senza accento. Sapete che a NY esiste una zona, un quartiere chiamato “Little Italy”, un famosissimo sobborgo newyorkese che è a maggioranza italiana. Ci sono molti italiani a Little Italy.

La domanda è la seguente:

Gli italiani di New York si sono accorti che esiste Little Italy a Manhattan? Usate se e ne.

Risposta:

Certo, tutti gli italiani se ne sono accorti!

Il se indica gli italiani mentre il ne sostituisce la cosa di cui si sono accorti gli italiani.

Quinta domanda. Sapete che nell’isola di Manhattan c’è uno schema di strade particolare, strade che la percorrono in senso verticale e orizzontale, tutte intersecate tra loro. Io non riuscirei ad orientarmi facilmente. Ne sono sicuro.

Ecco dunque la domanda n. 5:

C’è bisogno della mappa per orientarsi tra le vie di Manhattan?

Per rispondere utilizzate “ce” e anche “n’è” (n + apostrofo + è-verbo essere)

Risposta:

Sì, per Giovanni sicuramente ce n’è bisogno

Questa ovviamente è una delle tante risposte possibili.

Forse anche per altre persone con poco senso dell’orientamento ce n’è bisogno, non solo per Giovanni. N’è sta per “ne è”. Metto l’apostrofo che sostituisce la e.

Sesta domanda. Sapete che a New York l’11 settembre del 2001 sono cadute le torri gemelle a causa di uno dei maggiori attacchi terroristici degli ultimi anni. Nonostante tutto però New York non possiamo definirla una città pericolosa. Tutt’altro direi. Allora proviamo a rispondere alla domanda usando una espressione nuova: “in sé per sé”.

Domanda: il fatto che New York sia stata vittima di uno dei più grandi attacchi terroristici degli ultimi anni cosa implica?

Risposta:

In sé per sé questo non implica che sia una città pericolosa.

Quindi l’attentato del 2001, da solo, da sé, o in sé per sé, non comporta, non implica che NY sia pericolosa.

Infatti, rispetto a molte altre metropoli, la Grande Mela può rivendicare il titolo di città più sicura in rapporto al numero di abitanti. Infatti New York City ha il tasso di criminalità più basso delle 25 più grandi città degli Stati Uniti.

Settima e Ottava domanda. Per rispondere usiamo la particella “CE” e il pronome ”LA” nella stessa frase. Attenzione: “LA” non come articolo ma come pronome.

Allora: C’è un film dal titolo “qualcosa è cambiato”: questo è il titolo in lingua italiana, mentre il titolo inglese è “As Good as It Gets”. In questo film c’è una famosa frase che riguarda New York:

Qui siamo a New York: se ce la fai qui, ce la puoi fare ovunque.

Ok allora la domanda n. 7 è: Dove ce la puoi fare se ce la fai qui?

Risposta:

Ce la puoi fare ovunque.

Cioè in ogni luogo, in ogni posto al mondo: se ce la puoi fare qui, cioè qui a News York, allora puoi riuscirci in tutti gli altri posti al mondo, cioè ovunque. Evidentemente New York è una città in cui non è molto semplice riuscire a farcela, cioè riuscire ad affermarsi, ad avere successo, o semplicemente a sopravvivere. “ce la fai” vuol dire appunto “ci riesci”, “riesci a farcela”, riesci a cavartela eccetera. .

Ottava domanda: Dove è più difficile farcela? (facciamo un confronto tra New York ed altrove usando la parola farcela.

Risposta: farcela è più difficile a New York che altrove.

A proposito di altrove. C’è una celebre frase che dice: “Un vero newyorkese crede che coloro che vivono altrove stiano, in qualche modo, scherzando”. Ho trovato molto divertente questa frase, che probabilmente allude al fatto che i newyorkesi si sentano al centro del mondo, magari anche più importanti degli altri o semplicemente che a New York c’è tutto ciò che serve per vivere ed essere felici.

Adesso facciamo un esercizio di ripetizione: parliamo di New York, di pizza e di pronuncia (chi non conosce la pizza!). Pizza si pronuncia con la z doppia e anche sorda (come cozze, mazzo, pazzo, palazzo ma non come “organizzare” e “ipotizzare” ad esempio che hanno la doppia zeta sonora).

Ebbene la prima pizzeria degli Stati Uniti è stata aperta a New York nel 1895 da un napoletano di nome Gennaro, nome tipicamente napoletano.

Attenti alla pronuncia delle doppie zeta.

Ripetete dopo di me:

Ipotizziamo (zeta sonora) di mangiare la pizza a New York (zeta sorda).

e organizziamo (zeta sonora) una cena per toglierci uno sfizio. (zeta sorda)

In quale pizzeria andare? (zeta sorda)

C’è solo l’imbarazzo della scelta! (zeta sorda)

Possiamo mangiare anche pizza a buon prezzo! (zeta sorda)

Analizziamo con cura il locale in cui andare (zeta sonora)

Ci sono locali con terrazze panoramiche (zeta sorda)

Gli italiani a New York hanno una lista di pizzerie (zeta sorda) personalizzata (zeta sonora)

Nella speranza (zeta sorda) che questo esercizio vi sia piaciuto, vi mando un saluto affettuoso da Roma. Scommetto che vi è venuta voglia di pizza! E grazie ancora ai donatori di tutto il mondo.

Ciao

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Dare adito

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Trascrizione

Buongiorno ragazzi, eccoci di nuovo insieme per una nuova espressione italiana.

L’espressione di oggi è “dare adito”. Prima voglio raccontarvi qualcosa sulle ultime novità di Italiano Semplicemente.

Abbiamo aperto l’iscrizione all’associazione anche per le scuole e gli istituti di italiano nel mondo. Una novità molto importante perché permette ad intere scuole di aderire all’associazione Italiano Semplicemente e così permettere a tutti gli studenti della scuola di avere a disposizione tutte le lezioni di italiano dedicate ai membri.

Vi invito a leggere i vantaggi di questa iscrizione per tutte le scuole di italiano nel mondo. Un’iniziativa unica, di cui sono orgoglioso. Ve ne parlerò nel futuro anche se ci saranno sviluppi e novità. L’espressione di oggi è “dare adito”. Sicuramente questa è una delle espressioni che uno straniero non usa mai, ed il motivo è che non si trova nei libri di italiano, e non capita molto spesso di ascoltarla in strada o come semplice turista. Infatti è una espressione che si usa molto in ambienti professionali e istituzionali, soprattutto per iscritto. Molto usata anche dai giornalisti e nella stampa in generale.

Bene, il verbo dare lo conoscete tutti: dare è semplice da capire e è un verbo molto usato nella lingua italiana e anche in molte espressioni perché si può usare in moltissimi contesti e situazioni diverse. Molte cose si possono dare. Per dare qualcosa è sufficiente essere in due. Una dà e l’altra riceve: posso dare una mela, posso dare un bacio, una carezza, un abbraccio o anche un documento. Questo nel senso proprio del termine, nel senso che si prevede a volte il passaggio di un oggetto da una mano all’altra, a volte si tratta non di un oggetto ma di un qualcosa di immateriale (il bacio o l’abbraccio). Tante cose si possono dare: dare soddisfazione, dare credito, dare speranza, eccetera.

In questo caso si “dà adito”. Questa parolina, adito, se state guardando il vocabolario, è legata al concetto di entrata, oppure a quello di possibilità, di facoltà, di accesso, di passaggio, di ingresso. È come se si aprisse una porta, ma in senso figurato. A dire il vero non solo in senso figurato ma anche in senso proprio.

Infatti posso dire ad esempio:

Quella porta permette l’adito a un giardino

Difficilmente ascolterete questa frase da un italiano. È più facile trovare un documento, magari un documento tecnico con una frase di questo tipo. Significa che attraverso quella porta, passando per quella porta, si accede, si entra, in un giardino. Adito quindi è uguale ad accesso, uscita, passaggio, in questo caso.

In senso più figurato, all’università, potreste ascoltare una frase come ad esempio:

Ci sono alcuni titoli di studio che danno adito all’università.

Questo significa che il possedere quei titoli si studio, uno di quei titoli di studio permette di iscriversi all’università. Vedete che anche in questo caso si ha un accesso, un qualcosa che permette un passaggio, come una porta. Se non abbiamo uno di quei titoli di studio, la porta dell’università è chiusa. Non possiamo accedere all’università, nel senso che non possiamo iscriverci all’università se non abbiamo uno dei titoli di studio che danno adito all’università, cioè che permettono, che consentono l’iscrizione all’università.

C’è sempre un’entrata, una porta che si apre, ed in ognuno dei casi si vuole evidenziare la possibilità, la facoltà che abbiamo, non il fatto che la utilizziamo effettivamente questa facoltà.

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La porta dà adito al giardino: allora da quella porta possiamo andare in giardino.

Il titolo di studio dà adito all’università: allora senza quel titolo di studio non possiamo andare avanti in quella università.

In senso più ampio, se usciamo ancora di più dall’ambito fisico, materiale, possiamo usare la frase “dare adito” o “avere adito” accompagnata dalla preposizione a, al, alla, agli, allo, alle, per indicare una facoltà.

Ho detto che posso usare anche “avere”, quindi posso “avere adito” ad una casa o ad un giardino nel senso che ho la facoltà di accesso, ma se mi riferisco ad una porta, ad una finestra, ad un cancello, allora uso il verbo “dare”: la porta dà adito al giardino.

Questo è quello che avviene da un punto di vista materiale. Se invece esco dal materiale, in senso ampio posso usare dare adito e avere adito in più modi:

Ad esempio un mio atteggiamento o comportamento può dare adito a qualcosa.

In questo caso voglio dire che con il mio comportamento apro alla possibilità che possa accadere qualcosa. Vediamo con qualche esempio:

Il mio comportamento ha dato adito a molte critiche.

Sto dicendo che il mio comportamento ha permesso ad alcune persone di criticarmi, se invece io non mi fossi comportato in questo modo non sarebbe successo.

In modo simile potrei dire (più usato dalle persone comuni):

Il mio comportamento ha generato molte critiche.

Il mio comportamento ha provocato molte critiche.

Il mio comportamento ha destato molte critiche. Questa è più ricercata come frase.

Il mio comportamento ha dato luogo a molte critiche. Dare luogo è simile a generare ma è più formale.

Il mio comportamento ha ingenerato molte critiche. Il verbo ingenerare equivale a generare, dar vita, provocare, ed è meno usato ma più formale di generare, poi ingenerare si usa solo nei rapporti sociali, mentre generare è molto ampio come verbo.

Il mio comportamento ha dato la stura a molte critiche. “Dare la stura” è del tutto analogo a “dare adito”, ma è meno elegante e si usa quando si vuol fare riferimento a un’improvvisa ondata, in questo caso di critiche. Lo spiegheremo meglio in un prossimo episodio.

L’espressione dare adito si usa prevalentemente in senso figurato, e meno in senso materiale, quindi si usa soprattutto nei comportamenti delle persone. Quando un comportamento di una persona può, anche involontariamente, provocare degli effetti indesiderati. Quando un certo comportamento può generare effetti spiacevoli, allora possiamo usare “dare adito”. Non è detto che questi effetti spiacevoli ai quali si dà adito poi effettivamente si verifichino, però intanto la porta è stata aperta. Staremo a vedere se sarà utilizzata!

La paola adito può anche essere usata insieme alla parola “presso”: adito presso. Ad esempio posso dire:

Ho libero adito presso il mio direttore.

Questa espressione significa che io ho la facoltà di accesso, posso andare da lui, posso farlo, ne ho la facoltà, sono nelle condizioni di poterlo fare, posso farlo, posso andare da lui (anche qui vedete c’è una facoltà) perché ho un certo rapporto di conoscenza col direttore, magari anche di amicizia quindi ho adito presso di lui, ho adito presso il direttore.

In questo caso il verbo è “avere” adito e non “dare” adito. Quindi avere adito è un altro modo di dire che avete la facoltà di fare qualcosa.

Adesso un piccolo esercizio di ripetizione. Attenti alla preposizione.

Dare adito

Avere adito

Dare adito alle critiche

Non devi dare adito alle critiche

Dare adito a polemiche

Il presidente ha fatto chiarezza per non dare adito a polemiche

Non vorremmo dare adito a polemiche

Dare adito ad ulteriori equivoci.

Vediamo un paio di frasi professionale del mondo del lavoro:

Per non dare adito ad equivoci, consegneremo la merce entro le 13:00

Per non dare adito a polemiche, il pagamento avverrà contestualmente alla consegna della merce.

Per non dare adito a sospetti, non venderemo le nostre azioni fino a domani.

Bene ragazzi, spero abbiate gradito questa espressione, molto utilizzata in ambito professionale e istituzionale. Ambito nel quale noi di Italiano Semplicemente cerchiamo di chiarirvi più aspetti possibili, visto che Italiano Semplicemente è specializzato anche nell’italiano formale, nell’italiano professionale, ed ovviamente per non dare adito a critiche dobbiamo cercare essere sempre precisi e puntuali, altrimenti c’è sempre qualcuno che dice: Attenzione! Avete sbagliato questo! Attenzione, avete sbagliato quest’altro. Attenzione! Allora per non dare adito a critiche di nessun tipo dobbiamo sempre essere precisi e puntuali. Ciao!

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Il piccolo principe

Audio

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Descrizione

In questo episodio Giovanni e suo figlio Emanuele di 10 anni leggono e commentano due capitoli de “il piccolo principe”. I file audio di tutti i capitoli sono disponibili per i membri dell’associazione italiano semplicemente.

Italiano professionale: Rischi ed opportunità nel settore della farmaceutica

Audio

Trascrizione

Giovanni: ciao ragazzi buongiorno!

In questa lezione n. 11, “rischi ed opportunità”, lezione del corso di ITALIANO PROFESSIONALE Daria, ragazza di nazionalità russa e membro dell’associazione Italiano Semplicemente, prova ad utilizzare alcune delle frasi imparate nel corso di questa lezione.

A te la Parola Daria.

Daria: La lezione undici del corso di ITALIANO PROFESSIONALE ha a che fare con un l’argomento sicuramente scottante, non solo in ambito lavorativo, ma anche nella vita quotidiana. Infatti, l’atteggiamento di fronte al futuro contingente rivela molto del carattere delle persone.

Quelle positive e curiose, di fronte ad un’opportunità cercano sempre di battere il ferro finché è caldo e un’altra loro fondamentale caratteristica è che fanno sempre un tentativo di considerare una situazione da tutti i possibili punti di vista spesso molto diversi tra loro, sfruttando così le opportunità che si presentano al massimo.

La prontezza nell’azione è altresì fondamentale, perché come si dice, chi non risica non rosica.

Rischiando, però, lo dice la parola stessa, possono sfuggire fattori importanti: si deve sempre tenere a mente, ad esempio, dell’esistenza di leggi nel settore di competenza, e prendere i dovuti provvedimenti senza difettare in superficialità.

È un equilibrio difficile. Sul mercato farmaceutico ad esempio, che è quello di cui mi occupo personalmente, ogni opportunità va sempre considerata tenendo conto dell’applicazione rigorosa della legge.

Se, ad esempio, i ricercatori scoprono una nuova molecola che consente di trattare efficacemente una malattia, un’azienda farmaceutica non può, nel tentativo di cogliere l’occasione al volo, lanciarla subito sul mercato.

È necessario invece svolgere le prove cliniche, registrare il nuovo farmaco ed avere tutte le pezze d’appoggio prima di mettere sul mercato una medicina. Insomma c’è un rigoroso iter burocratico da seguire.

Possiamo sicuramente dire che in questo mercato, quello della farmaceutica, non si può vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. Curiosamente a volte accade anche che due o tre aziende farmaceutiche sono impegnate in ricerche sulla stessa molecola. In questi casi ha sempre la meglio l’azienda che non si sbilancia e che invece supera le prove cliniche e di registrazione rispettando la legge e completando l’intero iter da seguire. Vince sempre l’azienda che riesce a preparare i documenti giustificativi per prima.

Un altro fatto curioso e che fornisce una grossa opportunità è che talvolta lo Stato permette di usare il nuovo farmaco in un paese prima della registrazione, a condizione però che quel prodotto sia già stato registrato in altri paesi.

In questo caso un’azienda farmaceutica prende due piccioni con una fava: far conoscere ai medici il nuovo prodotto e condurre delle prove cliniche. In questo modo fanno quindi di necessità virtù, perché le prove sugli esseri umani è sempre l’ultima e indispensabile fase delle prove cliniche.

Buono a sapersi vero? Questa in effetti è una opportunità rara e pregiata. I pazienti, dei veri esseri umani, vengono a cascare a fagiolo, e allo stesso tempo sono davvero fortunati perché hanno il nuovo medicinale, certamente più efficace (nella maggior parte dei casi) prima degli altri.

Ognuno è libero di operare a propria coscienza ovviamente, ma il mio consiglio è di non buttare a mare tali occasioni e, assicurandosi di essere venuti a conoscenza di tutto ciò che c’è da sapere, dare il proprio ok per partecipare alle prove cliniche.

Bene, ho terminato il mio contributo personale. Spero di essere stata utile a tutti.

Un saluto da Daria a tutti e buona giornata!

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Il ponte delle Spie – ripasso dei primi 31 verbi professionali

Audio

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Trascrizione

Buongiorno a tutti, sono Giovanni, la voce principale di italianoSemplicemente.com.

L’episodio di oggi è un episodio dedicato alla Germania. Perché ho deciso di dedicare una puntata di Italiano Semplicemente alla Germania? Beh solo per ringraziare i donatori di questo sito, coloro che hanno aiutato e continuano ad aiutare Italiano Semplicemente attraverso delle donazioni.

L’ho già fatto con L’Azerbaigian e con l’Argentina in passato, in due episodi dedicati rispettivamente al Dolma (specialità azera) e al Mate (specialità argentina).

Oggi vediamo qualcosa della Germania e con l’occasione ripassiamo alcuni verbi che abbiamo dettagliatamente spiegato nel corso di italiano professionale. Parliamo dei cosiddetti “verbi professionali” che si usano più spesso in ambito lavorativo e che gli stranieri non usano quasi mai. Questa allora può essere una buona occasione per vedere qualche utilizzo interessante. Finora abbiamo spiegato ben 31 verbi di questo tipo.

Ok ma di cosa parliamo in particolare? Parliamo di un ponte tedesco. Sapete che il tema dei ponti recentemente è un tema sensibile per via del ponte di Genova crollato recentemente.

Ebbene Il ponte di cui sto parlando è il ponte di Glienicke, detto “il ponte delle spie”. Una cosa molto interessante, soprattutto dal punto di vista storico. Un film che sicuramente ci aiuta a volgere lo sguardo all’indietro per imparare qualcosa dal passato.

Il Ponte delle Spie – Autore: Undogmatisch Berlin

Mi avvalgo di questo episodio quindi non per promuovere il film di Spielberg dal titolo omonimo, di cui vi parlerò dopo, ma è solamente un modo che io utilizzo per ripassare i verbi professionali e per ringraziare i generosi tedeschi amici di Italiano Semplicemente. Un compito non facile, sicuramente, ma mi sono assunto questo incarico e mi adopererò per adempiere a questo compito fino alla fine. Ho già iniziato a dire il vero, poiché ho già utilizzato sei verbi professionali: avvalersi, promuovere, assumere, adoperarsi ed adempiere.

Andiamo avanti però perché dobbiamo arrivare a quota 31.

Il ponte di Glienicke è un ponte stradale di Berlino che supera il fiume Havel collegando la città di Potsdam e quella di Berlino; prende il nome dal centro abitato di Klein Glienicke.

È un ponte importante perché è un pezzo che insiste sulla storia di Berlino, ed investe direttamente il tema della guerra fredda che seguì dopo la seconda guerra mondiale.

È stato costruito tra il 1904 e il 1907. Fu distrutto nel corso della seconda guerra mondiale e fu ricostruito nell’immediato dopoguerra e riaperto al pubblico nel 1949 come “ponte dell’Unità“. Infatti prima che venne costruito il muro di Berlino nel 1961, questo confine era ancora aperto e dopo il 1949 il ponte fungeva da unione tra est e ovest e quello che succedeva è che ogni giorno centinaia di macchine transitavano sul ponte senza troppi controlli da una parte del ponte all’altra, da Berlino ovest alla DDR e viceversa. Il ponte, proprio al centro, vedeva il confine tra le due parti, e si può vedere come ad est e ad ovest le due parti del ponte abbiano anche un colore diverso.

Nel 1961 fu costruito il famoso muro e chiuso al traffico essendo posto sulla linea di demarcazione, la linea di confine fra la Berlino Ovest e la Germania Est. Alle due estremità del ponte furono collocati due posti di controllo dei militari delle due parti, quindi il transito fu interdetto. Interdire significa proibire con un atto d’autorità; vietare. Quindi il traffico, fino a quel momento libero per tutti, fu vietato ai normali cittadini.

Poi come sapete il muro cadde e così il ponte fu riaperto al transito nel 1989.

Il ponte è conosciuto soprattutto con il soprannome di “ponte delle spie“, in quanto durante il periodo della guerra fredda fu il luogo in cui avvennero alcuni scambi diplomatici fra le due parti: venivano scambiati dei prigionieri, delle spie di entrambe le fazioni.

Chi sono le “spie”? Spie è il plurale di “spia”, un termine femminile, ma in realtà non ha nulla a che fare col sesso. Una spia è infatti una persona (può essere di entrambi i sessi) che esercita un’attività segreta, che fa qualcosa di segreto: come ad esempio cercare di catturare informazioni importanti, eseguendo degli ordini commissionati da uno stato ai danni di qualcuno. In questo caso si tratta di spie di guerra, spie particolari, persone che, nel territorio di uno stato, svolgono un’attività clandestina, la svolgono di nascosto, al fine di informare un altro stato. Quindi in questo caso le spie sono le persone che cercavano informazioni importanti in Occidente per conto dell’Oriente e In Oriente per conto dell’Occidente.

Abbiamo anche parlato di “guerra fredda”, che, è bene precisarlo, è un termine che indica la lotta politica, i contrasti ideologici che vennero a crearsi dal 1947, cioè dalla fine della seconda Guerra Mondiale, tra i due vincitori della guerra: gli Stati Uniti d’America e l’Unione Sovietica, che non potendo affrontarsi direttamente per il rischio di essere distrutte entrambe con armi atomiche (le armi più importanti di cui si possa disporre), hanno dato vita ad una “guerra fredda” (si chiama fredda poiché il caldo è associato alle armi ed alle esplosioni). Si forma a quei tempi quello che anche oggi chiamiamo l’Occidente e l’Oriente, due grandi blocchi internazionali tra loro ostili. L’occidente comprende gli Stati Uniti, gli alleati della NATO e i Paesi amici mentre l’Oriente, è il cosiddetto “blocco comunista” composto dall’Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici.

L’Unione Sovietica e gli Stati Uniti durante questo periodo della guerra fredda usarono per molto tempo il ponte per scambiarsi tra loro le spie fatte prigioniere, per questo motivo il ponte fu soprannominato il “ponte delle spie“.

In pratica avvenivano su questo ponte degli scambi di prigionieri. Questo dal 1962 quando una spia russa, fu liberata in cambio di un pilota statunitense.

Nel 1985 ci fu un altro scambio: 23 agenti dei servizi segreti statunitensi in cambio di un agente e altre tre spie sovietiche. L’ultimo scambio avvenne nel 1986 e fu l’unico reso pubblico a seguito di un servizio delle televisioni occidentali. Uno di questi scambi di spie viene descritto in un film dal titolo “il ponte delle spie”, un film di Steven Spielberg. Sapete che si tratta di un grande regista, anche se all’inizio veniva liquidato come regista un po’ commerciale rispetto a Coppola e Scorsese. Spielberg con l’aiuto dell’attore Tom Hanks, si è adoperato per rendere il ponte delle spie ancora più famoso; si tratta infatti di un film che ha un’ottima valutazione da parte dei critici dopo che questi ultimi lo hanno vagliato con attenzione.

Spielberg con questo film infatti ha saputo convertire una sua naturale predisposizione alla metafora in un denso rigore narrativo. Un film infatti che ha molta attinenza ai fatti. Questo significa che quanto viene raccontato risponde in linea di massima a ciò che è realmente accaduto: La ricostruzione di Berlino, devastata dai bombardamenti, è splendida e allo stesso tempo abbastanza cruda e scioccante. Sono molto belli anche i passaggi del film in cui si mostrano le trattative dello scambio delle spie, con ognuna delle due parti che cerca di dettare le condizioni usando il proprio stile, così diverso dall’altro ed è proprio uno splendido Tom Hanks che impersona un avvocato che riesce a dirimere una trattativa molto delicata. Un film da vedere sicuramente, anche se la sua durata supera, se vogliamo arrotondare, le due ore e quindi potrebbe far declinare la concentrazione. Comunque Il film ha riscosso un discreto successo in Italia, anche da parte della critica, non solo dal pubblico. Non lo sto dicendo tanto per dire perché questo è suffragato dai dati. Qualcuno però dice che non è un film da spacciare come un capolavoro del cinema, un film per cui valga la pena di contrarre un debito per pagare il biglietto, ad ogni modo sicuramente non ha disatteso le aspettative del pubblico, non a caso è un film che ha come si dice, sbancato il botteghino.

L’episodio sta volgendo al termine, spero di essere riuscito a fare un buon lavoro. Sono riuscito ad utilizzare tutti i verbi professionali visti finora. Se ci sono riuscito significa che ho erogato un servizio di qualità per i membri dell’Associazione Italiano Semplicemente. Se invece non ci sono riuscito potete addossare la responsabilità esclusivamente su di me ma non potete querelarmi. Non potete farlo perché non ho parlato male di nessuno dei visitatori di Italiano Semplicemente.

Piuttosto coloro che sono interessati ai verbi professionali ed in generale al linguaggio del mondo del lavoro non devono fare altro che chiedere la loro adesione all’Associazione Italiano Semplicemente. State certi che non casserò la vostra richiesta di adesione.

Bene. Finalmente ho appena utilizzato il penultimo dei 31 verbi professionali (cassare) e questo implica che adesso posso dare il mio consueto saluto a tutti. Implicare era infatti l’ultimo verbo in programma.

Grazie dell’ascolto.

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