La redazione del Curriculum – ITALIANO PROFESSIONALE (n. 36)

Italiano Professionale

Sezione n. 4

Titolo: La redazione del Curriculum (episodio n. 36)

Trascrizione

Eccoci arrivati alla quarta sezione del corso di Italiano Professionale.

In questa sezione ci occupiamo di “lavorare in Italia”.

Un argomento che sviscereremo in ogni aspetto utile a voi, non madrelingua, ovviamente. L’obiettivo è innanzitutto approfondire aspetti della lingua italiana ma allo stesso tempo vi darò informazioni utili, almeno per chi lavora o cerca lavoro in Italia.

Per i dettagli sui singoli episodi di questa quarta sezione potete vedere il sommario del corso.

Durante questo percorso ogni volta che incontreremo un termine particolare cercherò di spiegarvelo.

Iniziamo dal curriculum vitae. Più che una lezione però vorrei che fosse una semplice e non troppo lunga chiacchierata: meglio fare brevi ma tanti episodi su questo argomento.

Iniziamo dal termine “Curriculum“, che è una parola latina che significa “corso della vita in breve”.

Strano vero? Non sembra che stiamo parlando di lavoro.

Il curriculum vitae, indicato con la sigla CV, è un documento che serve a presentare una persona dal punto di vista lavorativo, descrivendone il percorso formativo e professionale.

Questo lo sappiamo tutti.

Gli studenti non madrelingua saranno sicuramente interessati però al vocabolario legato al curriculum.

Prima di tutto, il curriculum va redatto. Non va scritto, non va compilato, né fatto o descritto. Il verbo da usare è redarre.

Ma esiste davvero questo verbo?

Ovviamente no, anche se molti italiani lo usano normalmente. In realtà redarre è una forma errata per redigere.

Il verbo giusto da usare dunque è redigere.

Ah, giusto, diranno adesso gli italiani!

Ma questo episodio non è per voi, cari italiani, ma per gli studenti stranieri o amanti della lingua italiana.

Redigere il curriculum. Si dice così se vogliamo essere precisi.

Apriamo una breve parentesi su questo verbo perché le cose che si possono redigere non sono così tante in fondo.

Redigere significa compilare nella forma prescritta. Si può anche usare il verbo stilare in molte occasioni.

Anche un verbale si può redigere, come il verbale di una riunione di lavoro. Se usiamo invece compilare, c’è l’idea di campi predisposti da riempire, di caselle da barrare, di spazi vuoti da riempire con informazioni di vario tipo.

Oltre al curriculum e al verbale, anche un normale articolo si può redigere. Non è un caso che esiste la figura del redattore, colui o colei (redattrice in questo caso) che si occupa della scrittura (si dice anche stesura) di un articolo.

Il redattore può fare anche la revisione, la correzione di articoli per un giornale, una rivista, eccetera. La redazione dunque è qualcosa di più complesso rispetto alla compilazione.

È un verbo che potrei anche usare per gli episodi di italiano semplicemente.

Redigere un episodio.

È molto simile al verbo scrivere, non è vero?

Sicuramente però è più professionale come verbo. In effetti preferisco usare scrivere per gli episodi, in quanto è un verbo meno impegnativo rispetto a redigere.

In effetti in italiano semplicemente non c’è neanche una “redazione“, che è l’ufficio dove lavorano i redattori.

Per il curriculum però è sicuramente più adatto redigere in quanto si tratta della presentazione di noi stessi. Cosa c’è di più importante?

Si può redigere anche un atto amministrativo, un testamento, una tesi di laurea, un bilancio. Tutte cose molto importanti.

Ma come si redige il CV?

Fortunatamente esiste oggi il cosiddetto “formato europeo del curriculum vitae” , così abbiamo un file predisposto che dobbiamo solamente personalizzare inserendo le nostre informazioni.

Col curriculum europeo viene pertanto quasi più naturale usare il verbo compilare.

Vi consiglio vivamente di usare questo formato perché è il più conosciuto e secondo me molto professionale e elegante.

Non è complicato in fondo redigere un curriculum, ma ci sono alcune accortezze, alcuni accorgimenti che si possono adottare.

L’obiettivo ovviamente è renderlo attraente. Poi, piu in là, vediamo anche un aggettivo alternativo di “attraente“.

È interessante notare che il plurale di curriculum è curricula. I curricula.

Dunque, se c’è un concorso, qualcuno dovrà esaminare i curricula dei candidati.

Anche in questo caso però in molte occasioni gli italiani sbagliano e anche al plurale si tende spesso ad usare il termine curriculum:

Per partecipare al concorso bisogna inviare i curriculum al seguente indirizzo e-mail…

Ah, l’accorgimento! Quasi dimenticavo.

Uno degli accorgimenti in fase di redazione del Curriculum, è inserire le informazioni, come le esperienze lavorative, in ordine dal più recente al meno recente.

Lo stesso discorso vale per la propria formazione:

Prima il dottorato, poi la Laurea, poi eventualmente il diploma eccetera.

Un altro accorgimento utile è non usare sempre lo stesso curriculum, ma variare a seconda del posto a cui aspirate.

Cercate di allineare il vostro profilo con quello del posto da ricoprire. Eliminate le cose che non servono e sviluppate le vostre caratteristiche più importanti per il profilo cercato.

Ho usato il termine profilo. Un termine interessante perché ha vari significati.

Lo vedremo bene in un episodio dedicato, sempre in questa sezione.

In generale, un curriculum vitæ deve essere efficace. Ecco l’aggettivo alternativo a “attraente”.

Questo significa che deve funzionare, deve sortire effetti, deve produrre i risultati voluti.

Anche questo episodio però deve essere efficace. Allora meglio finirla qui.

Fine della chiacchierata.

46 – La giacenza- ITALIANO COMMERCIALE

La giacenza (scarica audio)

Trascrizione

Lezione numero 46 di Italiano Commerciale.

Parliamo di giacenza, anzi forse meglio parlare di giacenze, al plurale, che nel mondo del commercio si usa più spesso. Mi riferisco in particolare alle giacenze di magazzino.

Cosa sono? Il magazzino, prima di tutto, è un locale, una stanza, un ambiente chiuso adibito a deposito di merci e materiali vari. Ho utilizzato il verbo adibire perché questa stanza, questo locale viene adibito a deposito, cioè viene destinato all’uso di deposito.

Nel magazzino ci vanno depositate le merci in genere, ma ci possiamo mettere anche attrezzature varie. Soprattutto però nel magazzino ci vanno le scorte, cioè la merce in più, che prima o poi finirà in negozio per essere venduta o che resterà invenduta, cioè non venduta. Il termine scorta, più in generale, indica un accantonamento, una riserva, spesso di viveri (cose da mangiare) o di altri materiali, o anche di denari, atti a far fronte a eventuali necessità.

Si può ad esempio fare scorta di benzina perché potrebbe servire in futuro. “Fare scorta di” qualcosa si usa spessissimo per indicare questo concetto. In ambito commerciale però si tratta fondamentalmente di prodotti, di merce da vendere in un secondo momento. Una sorta di riserva dunque. Ma non è detto che si venderà. Le scorte si tengono quindi nel magazzino e ogni negozio che si rispetti ne ha uno. Questi prodotti stanno fermi nel magazzino in attesa che prima o poi possano servire. Possiamo anche dire che questi prodotti giacciono in magazzino. Si tratta di giacenze di magazzino.

Il verbo giacere si può usare anche per le persone oltre che per gli oggetti. Se qualcosa giace su un ripiano, ad esempio, allora significa che è disposto su un piano orizzontale. Il verbo trasmette un senso di immobilità. Non è un caso che se un corpo giace a terra, significa che non si muove, e spesso si usa questo verbo per dire che questa persona è morta.

Ma restiamo in ambito commerciale. Le giacenze si riferiscono quasi sempre alla merce che sta in magazzino. Si chiama così, come detto, la merce invenduta o accantonata ma esistono anche le giacenze di contante (quindi denaro) non utilizzato.

Dopo aver acquistato i macchinari, quanto abbiamo in giacenza?

Quando si parla di denaro, meglio chiamarla giacenza di cassa, che riguarda più in generale un’azienda, il contante e i valori presenti in cassa (giacente in cassa) alla fine di un dato periodo. Il senso di immobilità in questo caso si riferisce al fatto che questi soldi non sono stati spesi.

Sono rimasti in cassa. Il concetto di giacenza è importante anche perché riguarda anche il bilancio di un’azienda. La questione però rischia di diventare molto complicata e meglio non approfondire più di tanto. Basti sapere che quando registriamo nel nostro bilancio delle spese e delle entrate, dobbiamo far riferimento ad un determinato anno, o meglio ad un determinato “esercizio“. Esercizio 2022, ad esempio.

Si tratta dell’Esercizio amministrativo, cioè l’attività economica svolta da una azienda entro il periodo di un anno. Ebbene, alla fine dell’anno vanno fatte delle modifiche, delle rettifiche, dette “rettifiche di storno”.

Queste rettifiche sono necessarie perché al 31 dicembre di quell’anno ci potrebbero essere dei costi (oppure dei ricavi) che non sono ancora stati completamenti utilizzati.

Questo accade proprio quando ci sono giacenze di magazzino: ci sono dei costi già sostenuti in questo esercizio, che però saranno venduti (o altro) solo nel prossimo esercizio o in quelli successivi.

Ecco allora che bisogna fare le “rettifiche di storno” per fare in modo che queste giacenze siano sistemate da un punto di vista contabile. Lo storno si è capito che, nell’uso contabile, è l’operazione con cui viene rettificata, cioè cambiata, modificata, trasferita (dunque “stornata”) una somma da una voce di spesa a un’altra. Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.

10 Domande sull’episodio

  1. Il verbo giacere indica a)mobilità b)immobilità c) vita
  2. Se c’è della merce che giace in magazzino, significa che a) La merce è stata venduta b) si tratta sempre di merce invenduta c) può trattarsi di scorte di magazzino d) potrebbe darsi che nel negozio non c’è spazio a sufficienza
  3. Le scorte di magazzino sono M _ _ _ _ che G_ _ _ _ _ in magazzino
  4. Lo storno è quell’operazione con cui si R _ _ _ _ _ ICA una voce nel bilancio i un’azienda
  5. Rettificare significa a) mettere la merce su un piano b) fare una modifica c) lasciare tutto com’è
  6.   Le rettifiche di _ _ _ _ _ _ si fanno a) a fine anno b) a inizio anno c) nel mese di giugno
  7. Un esercizio finanziario è pari a a) un giorno b)una settimana c) un mese d) un anno
  8. ciò che G_ _ _ _ in cassa si chiama _ _ _ _ _ _ _ _ di cassa
  9. Mettere in magazzino una certa quantità di merce per eventuali esigenze future significa a) fare scorta di merce b) aumentare le giacenze di magazzino c) diminuire le giacenze di cassa
  10. Se siamo nel 2022, il prossimo _ _ _ _ _ _ _ _ _ amministrativo sarà il _ _ _ _ .

Risposte

  1. b)immobilità
  2. c) può trattarsi di scorte di magazzino d) potrebbe darsi che nel negozio non c’è spazio a sufficienza
  3. Le scorte di magazzino sono MERCE che GIACE in magazzino
  4. Lo storno è quell’operazione con cui si RETTIFICA una voce nel bilancio i un’azienda
  5. b) fare una modifica
  6. STORNO, a) a fine ano
  7. d) un anno
  8. ciò che GIACE in cassa si chiama GIACENZA di cassa
  9. a) fare scorta di merce b) aumentare le giacenze di magazzino
  10. Se siamo nel 2022, il prossimo ESERCIZIO amministrativo sarà il 2023.

Il codazzo – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 24)

Il codazzo (scarica audio)

Indice degli episodi della rubrica dedicata alla politica

Trascrizione

codazzo

Giovanni:
Ciao a tutti, oggi per la rubrica dedicata alla politica italiana, voglio parlarvi del cosiddetto “codazzo“.

Sapere bene che un personaggio politico importante molto spesso è circondato fisicamente da un certo numero di altre persone. Ci sono le guardie del corpo a anche altri politici dello stesso partito o gruppo politico, e altre persone che in qualche modo hanno a che fare con quel personaggio.

Ebbene, normalmente si usa il termine “seguito” (attenzione all’accento, che cade sulla lettera “e”) che fa pensare a delle persone che seguono quel personaggio. Il seguito in realtà è usato più in generale per indicare un gruppo di persone che fanno da scorta o da compagnia a un alto personaggio, non solo della politica:

L’ìimperatore e il suo seguito

Il presidente e il suo seguito

Seguito, con lo stesso accento, si usa però anche per indicare una successione, una serie numerosa, più o meno collegata. posso dire ad esempio: dopo un lungo seguito di anni Es:

I lavoratori italiani, prima di andare in pensione hanno lavorato per un lungo seguito di anni.

Quindi hanno lavorato tanti anni. Si vuole dire che questi anni sono stati uno di seguito all’altro.

Esiste poi anche “seguito” nel senso di “ciò che segue”: es:

I primi cinque minuti del film mi sono piaciuti, ma il seguito del film è stato noioso.

Ho ascoltato solo i primi episodi della rubrica della politica Italiana di Italiano semplicemente. Sono curioso però di ascoltare il seguito degli episodi.

Restando però al primo utilizzo del termine “seguito” riferito ad un gruppo di persone che sta intorno ad un grosso personaggio (ad esempio politico), si può chiamare anche in altri modi, come ad esempio “accompagnamento“, termine abbastanza neutro, e anche col nome di “codazzo“. In questo caso si intuisce che c’è una accentuazione spregiativa. E’ la parte finale “azzo” che ci suggerisce qualcosa di negativo 🙂

La parte iniziale invece viene a “coda“, e le code stanno sempre dietro per definizione. La coda, tra le altre cose, serve anche a “scodinzolare“, un verbo che indica il muovere la coda in segno di felicità. Un po’ ciò che fanno anche coloro che appartengono al codazzo di gente che si trova attorno ad un personaggio importante.

Si può parlare di codazzo, senza aggiungere altro, oppure (come si fa solitamente) si specifica, quindi si aggiunge qualcosa:

Un codazzo di gente attorno a un parlamentare

Un codazzo di fan che chiedono l’autografo a Francesco Totti

Un codazzo di ammiratori per il calciatore intervistato

Un codazzo di fedelissimi che circonda il politico

Un codazzo di adulatori attorno a un cantante

Un codazzo di auto che seguono quella del presidente

Il primario dell’ospedale è sempre accompagnato da un codazzo di altri medici e infermieri.

Se ne parla quasi sempre comunque in termini di protesta, o “pubblicità negativa” se non nel caso di aspra critica nei confronti di qualcuno che ha il codazzo, oppure per sminuire l’importanza di queste persone, che sono meno importanti del personaggio principale.

Negli altri casi è più appropriato usare “seguito” e “accompagnamento“.

Notate anche che se usiamo “seguito“, possiamo usare anche la locuzione “al seguito”, che comunque si usa anche in senso più generale, simile a “insieme” o “appresso” o anche “cose o persone o fatti che seguono, che vengono dopo”. In questo caso spessissimo non stiamo parlando di uso dispregiativo, come quando usiamo codazzo.

Es:

Il medico con al seguito un sacco di infermieri

Molte persone vanno in vacanza con il cane al seguito

Sono stati invitate 100 persone alla festa di Giovanni, con al seguito parenti familiari e amici

Nella partita di domani a Torino verranno 20000 persone al seguito della squadra

Ci sarà un dibattito al/a seguito della proiezione del film

Potete entrare in casa mia ma è vietato portare al seguito i cellulari

Domande

1. Il termine codazzo si usa spesso per fare un complimento. Vero o falso?

2. Un sinonimo di codazzo è _ _ _ _ _ _ _

3. Il termine seguito, come sinonimo di codazzo, ha l’accento tonico che cade sulla lettera “-”

4. Il termine codazzo è un modo per definire: a) una brutta coda b) una fila di persone che fa la spesa c) un gruppo di persone

5. Completa la frase: il politico si recava al parlamento con _ _ S_ _ _ _ _ _ un gruppetto di portaborse

6. Il termine codazzo si può usare per a) sminuire b) esaltare c) insultare pesantemente

7. Il codazzo si può trovare a) attorno ad un personaggio politico b) dietro ad un personaggio politico

Soluzioni

1. Falso.

2. Un sinonimo di codazzo è SEGUITO

3. Il termine seguito, come sinonimo di codazzo, ha l’accento tonico che cade sulla lettera “E”

4. c) un gruppo di persone

5. Il politico si recava al parlamento con AL SEGUITO un gruppetto di portaborse

6. a) sminuire

7. a) attorno ad un personaggio politico b) dietro ad un personaggio politico

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850 Frullare in testa

Frullare in testa

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Trascrizione

Ricordate l’espressione ronzare per la testa?

Se ricordate, vi ho spiegato che quando qualcosa vi ronza in testa, o vi ronza in mente, o per la testa o per la mente, o nella testa, evidentemente avete un pensiero, spesso un’idea, che vi continua a girare in testa, quasi inconsapevolmente ma insistentemente. Quel pensiero non se ne va.

C’è quasi il senso un rumore di fondo che non ci abbandona mai, proprio come il ronzio di una zanzara.

Oggi vi dico anche che spesso si utilizzata anche il verbo frullare al posto di ronzare: “frullare in testa” o “frullare per la testa”.

Ebbene, il verbo frullare fa pensare al frullatore, quello strumento che si usa in cucina, quindi si tratta di un elettrodomestico con una lama per ridurre in poltiglia gli ingredienti.

Anche quello fa rumore, ma in questo caso non è il rumore che conta, non è dunque il senso dell’insistenza di un pensiero che non se ne va dalla testa.

Frullare in testa infatti si preferisce usare nel caso di strane, bizzarre idee, oppure per criticare una persona che secondo noi ha qualcosa di veramente strano in mente.

Cosa ti frulla in testa?

Vorrei sapere cosa frulla per la testa a mia sorella, che ha venduto la sua casa per trasferirsi chissà dove.

Diciamo che generalmente frullare posso usarlo in sostituzione di ronzare, posso dire ad esempio:

Da stamani mi frulla una strana idea in testa, quella di prendere un mese di ferie e andare a vivere in un convento.

Però, per evidenziare la stranezza del pensiero o il sospetto o la preoccupazione o l’accusa nei confronti di altre persone, bisogna usare preferibilmente il verbo frullare.

C’è anche il senso della curiosità se usiamo il verbo frullare e anche una certa quantità di mistero. Non si ha una chiara idea delle intenzioni altrui.

Come avete visto dagli esempi, si può dire frullare in testa oppure frullare per la testa.

Ricordate quindi che quasi sempre state criticando una persona per una bizzarra idea e che c’è una componente di mistero, curiosità o preoccupazione.

Adesso ripassiamo:

André: se Bolsonaro vincerà le elezioni domenica prossima, datemi un biglietto aereo per l’Italia e mi ci fionderò in men che non si dica!

Ulrike: Ma va va! ti direi lo stesso qualora vincesse Lula, ma dal Brasile non me ne vado mai, sono un Patriota con la P maiuscola!

Peggy: Quanto a me, di questi due candidati vorrei che non vincesse nessuno; ce ne sono tanti altri a disposizione!

Estelle: Comunque, dei sondaggi sembra che l‘imbarazzo della scelta non ce l’abbiamo questa volta. Oggi più che mai il paese è diviso tra sinistra e destra!

Edita: Infatti! tantissimi elettori si vedono costretti a votare un candidato che non gli piace, una sorta di voto utile, ne avete mai sentito parlare? Negli ultimi giorni non si parla d’altro!

Harjit: i brasiliani per non saper né leggere né scrivere dovrebbero ricercare di più riguardo ai candidati. A me quelli che ci sono sembrano fregarsene del Brasile

Iberè: hai visto mai che stavolta riusciremo scegliere il meglio per il nostro paese?

Danielle: Speriamo bene! Dopo che la frittata sarà fatta non ci si potrà più lamentare!

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849 Il campanello d’allarme

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Tutti voi saprete, immagino, che un campanello serve ad essere suonato, proprio come una campana.

Solo che il campanello non si trova sui campanili delle chiese, pertanto il suo scopo non è quello di scandire le ore o preannunciare la santa messa.

Ci sono diversi tipi di campanello.

Il campanello della bicicletta ha un suono caratteristico e serve ad avvisare qualcuno di fare attenzione alla bici stessa. Attenzione, una bici sta arrivando!

Tutti gli italiani però associano il campanello alla parola allarme. Il campanello d’allarme. Vediamo perché.

Allarme significa che c’è un pericolo.

Non è certamente il caso della campanella, al femminile, che a scuola segnala la fine di una lezione e l’inizio di un’altra, oppure l’inizio della ricreazione (quando i ragazzi possono riposarsi 10-15 minuti e fare merenda prima della ripresa delle lezioni) oppure può segnare l’uscita dalla scuola stessa.

Il campanello, al maschile, adesso che ci penso, è anche quello che si trova al di fuori delle abitazioni. Si tratta di un campanello elettrico. Anche quello si suona.

Il campanello elettrico è posto sulle porte delle abitazioni (cioè a fianco delle porte)

Oggi comunque viene chiamato soprattutto citofono, soprattutto nel caso di condomini con diversi condomini (attenzione all’accento che cambia: condomìni è il plurale di condominio, mentre condòmini è il plurale di condomino, cioè chi abita in un condominio).

Non scendiamo troppo nei dettagli comunque, perché in questo episodio (guai a chiamarla lezione!) vorrei parlarvi di “fungere da campanello d’allarme“.

È vero che il suono di un campanello serve generalmente a dare un allarme di qualche tipo, per segnalare un pericolo oppure semplicemente che è ora di pranzo.

È vero anche però che nell’espressione “fungere da campanello d’allarme” non esiste nessun campanello che suona.

Infatti l’uso dell’espressione è figurato. Non è un caso che infatti ci sia il verbo “fungere“, che significa “esercitare temporaneamente o provvisoriamente certe funzioni”.

Quindi c’è qualcosa che funge da campanello d’allarme, esercita la funzione del campanello, cioè serve ad avvisarvi, anche se non è un vero campanello.

Questo verbo lo abbiamo incontrato anche in altre occasioni se ricordate.

Vediamo l’uso di questa espressione con un paio di esempi.

Ammettiamo che fate le analisi del sangue dove risulta che avete il livello del colesterolo leggermente alto.

Questo deve fungere da campanello d’allarme perché il colesterolo alto indica probabilmente che la vostra alimentazione non è molto corretta. È o potrebbe essere un segnale, un segno.

Quindi il risultato di queste analisi vi sta avvisando, vi sta allarmando, vi sta segnalando un possibile pericolo in vista.

Parliamo di un fatto qualunque che costituisce dunque un avvertimento di possibili problematiche o di un aggravamento della situazione.

Non è necessario in realtà usare il verbo fungere:

Il mal di testa è un possibile campanello d’allarme della sinusite.

Insomma, bisogna sempre stare attenti perché i segnali, quando sono negativi, vanno monitorati.

L’aumento dei casi di covid, secondo i medici, è un campanello d’allarme, e per questo invitano la popolazione a vaccinarsi.

È interessante notare che i campanelli d’allarme si possono ignorare, ma si possono anche cogliere. Ecco un altro uso interessante del verbo cogliere.

Cogliere i campanelli d’allarme significa monitorare i possibili segnali negativi, per poter riuscire ad accorgersi dell’eventuale problema. Si usa molto spesso anche saper cogliere i campanelli/segnali d’allarme.

Si sottolinea così la capacità nel sapersi accorgere di questi segnali.

C’è un senso simile a quello di cogliere un’occasione al volo, nel senso che c’è la sensazione che se non stiamo attenti non riusciremo a farlo.

Chi non riesce a cogliere i segnali/i campanelli d’allarme non si accorge invece che ci sono dei sintomi che ci segnalano l’esistenza di un problema.

Dunque, “cogliere” in questo caso sta per “accorgersi” di qualcosa, riuscire a capire, interpretare qualcosa, e bisogna farlo prima che accada il peggio, quando i segnali potrebbero essere lievi, non evidenti.

D’altronde questo verbo, cogliere, si usa anche nel senso di comprendere, capire, intendere.

Es. Cogliere il significato di un’espressione

Quando una persona dice qualcosa che può avere conseguenze di qualche tipo, o qualcosa che potrebbe sfuggire in generale, si può dire:

Hai colto?

Sei riuscito a cogliere?

Hai colto ciò che ha detto il direttore?

Hai colto il significato delle sue parole?

Cioè: hai capito bene cosa voleva dire? Capisci le conseguenze di ciò che ha detto?

Io non riesco a cogliere il senso di ciò che ha detto. Tu invece cosa hai colto nelle sue parole?

Questo generalmente significa che le singole parole sono state comprese e ciò che sfugge è il significato o le conseguenze di quanto si è detto.

Comunque ho un po’ divagato rispetto all’argomento del giorno in cui si doveva cogliere solamente un eventuale campanello d’allarme cioè (ormai l’avete capito) accorgersi di questo segnale che potenzialmente potrebbe preannunciare (cioè annunciare in anticipo) qualcosa di più grave.

Adesso un breve ripasso degli episodi precedenti.

Irina: Ieri a Napoli ha fatto un vero alluvione. Proprio il giorno delle elezioni! Tanta gente ha preferito ridurre rischi ai minimi termini restando a casa.

Edita: Eh, soprattutto per i vecchietti ci voleva del fegato per uscire di casa!

Rafaela: Io ci sono andata lo stesso. Mi sono incamminata un’oretta prima per stare sicura. Farsela sotto per così poco! Non esiste proprio! Io non capisco. E’ proprio il colmo! Poi però non ci lamentiamo del governo!

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848 Dulcis in fundo

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Ma questo latino ce lo ritroviamo dappertutto?

Dal titolo avrete già capito che anche la locuzione di oggi ha a che fare col latino. Oppure no?

Veramente “dulcis in fundo” viene dalla lingua latina? Pare invece proprio di no (mi sono informato perché ero proprio convinto del contrario!).

Comunque sia, sta di fatto che “dulcis in fundo” è una locuzione che si usa abbastanza di frequente nella lingua italiana e dunque questo per me è sufficiente per spiegarvene il significato.

Letteralmente, “dulcis in fundo” significa “il dolce viene in fondo”.

Si fa riferimento al fatto che il dolce, in un pasto, si mangia alla fine, cioè in fondo al pasto, alla conclusione del pasto.

Il dolce dunque conclude il pasto. La conclusione è la parola più importante di questo episodio.

Questa locuzione si usa però solamente in senso figurato.

In senso figurato “il dolce” può infatti rappresentare un evento, un avvenimento, un fatto che si conclude positivamente.

Quindi “dulcis in fundo” può far parte di una frase in cui si commenta la conclusione di qualcosa. Può indicare ad esempio la positiva (cioè felice) conclusione di un evento che già di per sé è qualcosa di positivo.

Es:

Giovanni ha organizzato la prossima riunione dei membri in Toscana, in una splendida villa in cui tutti i membri potranno condividere bei momenti insieme. Passeremo i primi tre giorni facendo varie attività e dulcis in fundo, ogni membro avrà un libro in regalo.

Dunque alla fine, alla conclusione di un bell’incontro, i partecipanti avranno un libro in regalo. Questa è una sorta di “ciliegina sulla torta”.

Anche questa espressione si usa abbastanza di frequente con significato simile.

La ciliegina sulla torta è ciò che completa un’opera in senso positivo. Pensate a una bella torta in cui una ciliegina alla fine, appoggiata sopra, fa sembrare la torta ancora più bella e a quel punto non c’è bisogno di aggiungere altro. La torta è adesso completa e perfetta.

Si usa anche “per concludere in bellezza”, un’altra espressione con un senso pressoché identico. Es:

Dopo tre anni caratterizzati da virus, guerre e crisi economiche, per concludere in bellezza ci vorrebbe l’arrivo degli alieni. Sarebbe veramente la ciliegina sulla torta.

Questo ovviamente è un utilizzo ironico.

Vabbé, vi faccio un esempio serio:

Vorrei concludere in bellezza questo episodio con un bel ripasso degli esercizi precedenti.

Prima della ciliegina sulla torta però voglio farvi un esempio ironico di dulcis in fundo.

In effetti si usa spesso anche in questo modo, quando si vuole ironizzare su una conclusione negativa che aggrava ulteriormente una situazione già negativa. Siamo quindi nel caso opposto di quello già descritto.

Es:

Lo scorso anno la mia squadra del cuore non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi. Abbiamo perso la Champions league, siamo arrivati ultimi in classifica e, dulcis in fundo, metà dei giocatori si sono infortunati.

Adesso il ripasso (dulcis in fundo, come al solito):

Irina: ricordo che un giorno non mi girava bene o il mio umore non era dei migliori, che dir si voglia. Pertanto ho deciso di fare due passi per cambiare aria. Così, mi sono incamminata verso il bosco. C’erano delle vie veramente tortuose. Senza rendermene conto mi ha colto la notte. Dal momento che non ci vedevo, mi sono presa una storta che mi ha lasciato degli strascichi fino a oggi. Mamma mia che dolore!

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847 Per tutta risposta

Per tutta risposta

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Una locuzione interessante da usare quando si descrive la reazione di una persona è “per tutta risposta“.

Si tratta di situazioni in cui c’è una reazione inaspettata, inattesa e spesso provocatoria da parte di una persona.

Si può parlare di una discussione o di un confronto tra persone, ma la risposta di cui si parla è la conseguenza di una divergenza di opinioni e se usiamo questa locuzione non parliamo solitamente di una risposta a parole, ma di una risposta diversa.

Vediamo qualche esempio:

Durante la lezione di italiano, alcuni studenti chiesero al professore di spiegare nuovamente il congiuntivo. Il professore, per tutta risposta si alzò e abbandonò l’aula.

Indubbiamente il professore ha dato una “risposta” agli studenti, non è così?

Si può comunque anche indicare una risposta a voce, tipo:

Il professore, per tutta risposta, disse che quegli studenti che hanno fatto quella domanda sarebbero stati bocciati!

Anche questa è una risposta!

La cosa importante è che questa risposta sia una reazione e che sia inaspettata, dunque che stupisce. Può accadere anche che questa reazione sia la dimostrazione di uno scontro, o come dicevo, di una divergenza di idee, ma è comunque qualcosa di esagerato e che solitamente mette fine a una discussione.

Es:

Il ladro ha provato a rubare la borsa alla vecchietta, che per tutta risposta lo ha colpito ripetutamente e il ladro è finito in ospedale.

Il ragazzo, dopo essere stato sgridato dal padre, per tutta risposta gli ha bucato le gomme dell’automobile.

Vedete che c’è sempre una reazione di un certo tipo: esagerata, inattesa, provocatoria. In caso contrario non è il caso di usare questa locuzione. Negli altri casi si può usare “come risposta” o “in risposta a”. In questi casi non c’è sorpresa, non c’è emozione e non c’è neanche una vera reazione; solo una semplice risposta fatta a parole o con altro.

Es:

Questo episodio è in risposta a coloro che mi hanno chiesto il significato della locuzione di oggi.

Questo episodio non è da interpretare come risposta ad una domanda

Il mio capo mi ha chiesto di licenziarmi. Che ne dite, come risposta potrebbe andar bene un semplice “no, grazie”?

Adesso è il momento del ripasso. Rispolveriamo qualche episodio precedente.

Karin: oggi al lavoro ho dovuto leggere un centinaio di email. Manco fossi il dirigente! Che diamine!

Peggy: beh comunqueè segno chesei una persona molto importante, a prescindere dal tuo stipendio

Danielle: immagino che tu abbia comunque dovuto rispondere a tutte le email anche a costo di fare tardi in ufficio.

Harjit: anch’io ricevo svariate email ogni giorno , ma leggo solo lo stretto indispensabile per dare una risposta.

Hartmut: Mi dà veramente sui nervi chi scrive più di 10 righe da leggere.

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846 Arzigogolato e tortuoso

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Conoscete tutti il verbo googlare, (o anche googolare) vero? È abbastanza recente come si può immaginare.

Si usa spesso per indicare la ricerca su google o comunque in generale cercare in Internet, effettuare una ricerca in Internet tramite un motore di ricerca.

Esiste anche il participio passato di questo verbo: googlato (o googolato). Ho fatto questa premessa perché in questo modo vi risulterà più facile ricordare l’aggettivo arzigogolato, che non ha niente a che vedere con google però!

E’ solo uno dei miei scherzetti, ma se vogliamo, è un utile espediente per ricordare l’aggettivo in questione: arzigogolato, che significa invece complicato, tortuoso.

Si usa in particolar modo quando si parla di percorsi e anche di discorsi.

Il termine “arzigogolato” fa pensare (almeno a me) a una strada un po’ confusa, dove ci sono tante curve, curve però che creano confusione e disorientamento.

Dico questo perché esiste anche l’espressione andare a zigo zago oppure fare zig zag, che indicano un percorso a curve.

Pensate alla lettera z e alla sua forma. Allora se una strada fa una serie di zig zag, allora vuol dire che segue un percorso non diritto ma con tante curve.

Quindi questo aggettivo “arzigogolato” mi fa pensare a qualcosa di simile. In un discorso arzigogolato (questo è un uso figurato) in effetti c’è il senso di un discorso poco chiaro, contorto, complicato. C’è l’idea di dire cose inutili, cose complicate e inutili.

Anche l’aggettivo contorto dà in effetti la stessa idea. Pensate al contorsionista, quell’artista di circo che, mediante una straordinaria flessibilità della colonna vertebrale, può eseguire movimenti o prendere atteggiamenti forzati e abbastanza innaturali. Il contorsionista fa le curve col proprio corpo.

Prima ho citato anche l’aggettivo “tortuoso“, aggettivo abbastanza simile a arzigogolato, ma tortuoso è più adatto ai percorsi che si fanno a piedi per indicare la difficoltà. In senso proprio comunque anche “tortuoso” indica che ci sono delle curve. Posso anche dire che il fiume ha un corso tortuoso (quindi pieno di curve) ma si usa abbastanza spesso comunque anche per i discorsi complicati. C’è qualcosa in più però della complicazione in tortuoso.

Arzigogolato è più “innocente” come termine, nel senso che non è detto che un discorso arzigogolato sia altro che una inutile complicazione.

Invece un discorso tortuoso può indicare, oltre alla complicazione, la presenza di ostacoli, sia in senso materiale che figurato, qualcosa (come un discorso) volutamente complicato, volutamente oscuro, quindi è complicato con delle finalità subdole, nascoste, quindi sleali.

Altre volte non c’è falsità ma neanche inutilità: solo ostacoli verso il raggiungimento di un obiettivo.

Posso dire ad esempio che facendo l’università a Roma, si va incontro ad un percorso abbastanza tortuoso ma che alla fine dà dei frutti.

In senso proprio posso parlare di una gara che si svolge su un percorso tortuoso, quindi complicato, difficile, dove c’è il rischio di cadere e dove magari si incontrano molti ostacoli.

In senso figurato potrei parlare di una legge, che prima di diventare tale ha seguito un percorso tortuoso. Evidentemente non è stato facile approvare questa legge.

Oppure, considerato quando tempo c’è voluto e quante difficoltà sono state superate, si può parlare del percorso tortuoso che ha portato all’Europa unita.

Se dicessimo che questo percorso è stato arzigogolato diremmo che è stato inutilmente complicato. Ma non è questo che voglio dire.

Molte volte è necessario passare attraverso un percorso tortuoso per raggiungere un grande risultato.

Una cosa arzigogolata invece non è mai necessaria.

In senso figurato, arzigogolato pertanto si usa prevalentemente per commentare (con un certo fastidio) un discorso o uno scritto inutilmente complicato:

Troppo arzigogolato come discorso, cerca di semplificare!

Anche un ragionamento può essere definito arzigogolato:

Non devi fare un ragionamento arzigogolato, se vuoi che la tua idea sia capita da tutti. Semplicità è la parola d’ordine.

C’è ovviamente anche il verbo arzigogolare, cioè, come è intuibile, ragionare in modo tortuoso, far ragionamenti complicati.

Adesso ripassiamo. Inizio io. Invito i membri dell’associazione a parlare proprio dell’associazione.

Potete dire cosa vi sconfinfera e cosa no, se volete. Altrimenti potete, che so, elencare le prerogative dei membri, senza necessariamente nominare qualcuno. Potete però fare delle allusioni.

Allora forza ragazzi, non c’è qualche anima pia che è disposta a sacrificarsi?

Irina (Ucraina 🇺🇦)
Volete sapere cosa mi va a genio qui? Ve lo dico subito: abbozzare una frase di ripasso. Niente di meglio per rispolverare qualche espressione precedente.

Harjit (India 🇮🇳): ve lo dico tout court: sto prendendo l’aperitivo e non me la sento di ideare un ripasso, ma vi do manforte comunque, che sarà mai…

Peggy (Taiwan 🇹🇼): Quanto a me, al di là delle lezioni utili e fatte con i fiocchi da Gianni quotidianamente, apprezzo anche molto il fatto che i membri si danno manforte l’un l’altro (come poc’anzi fatto da Harjit). Per non parlare del po’ po’ di risorse da utilizzare nella nostra comunità.

Marcelo (Argentina 🇦🇷) : io invece stavo esercitandomi facendo alcuni esercizi, ma dopo l’esortazione di Gianni ho pensato: delle due l’una! E alla fine eccomi qua. I ripassi non sono mai un di più!

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845 Giurare e spergiurare

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Oggi, per la rubrica “2 minuti con Italiano Semplicemente” vi spiego l’espressione “giurare e spergiurare”.

Bisogna partire dal giuramento e dal verbo giurare. Quando qualcuno giura, fa una sorta di promessa. Non esattamente però.

Giurare significa dire, o meglio affermare, attestare con un giuramento.

Ti giuro che sto dicendo la verità, devi credermi!

Giuro che non ho fatto niente!

Lo giuro sui miei figli!

Lo giuro su ciò che è più importante per me!

Notate che si può dire ti giuro, vi giuro, eccetera (in contesti più informali), ma anche semplicemente “giuro”, o anche “lo giuro”. Notate inoltre che lo giuro è invariabile. Non si può dire “la giuro” o “li giuro”. Infatti “lo” si riferisce a ciò che si sta affermando.

Le giuro” invece va bene, ma si sta solo dando del lei alla persona alla quale ci si rivolge. Quindi è analogo a “ti giuro” dove invece si dà del tu.

Quando si giura, insomma, si prega di essere creduti, perché si garantisce che si sta dicendo la verità.

È interessante notare che spesso si giura “su” qualcosa o qualcuno.

Quando si dice “giuro su” qualcosa o qualcuno (es. i miei figli) è come se si dicesse: se non dicessi la verità, rinuncerei ai miei figli o sarei disposto a perderli.

Si può anche dire “giuro sulla vita dei miei figli”.

C’è anche chi giura il falso però, cioè chi mente sotto giuramento. Si dice proprio così: “mentire sotto giuramento”.

Il giuramento infatti riguarda spesso questioni molto importanti come la giustizia e la fede o la fedeltà.

Infatti quando si testimonia in un’aula di tribunale si è chiamati al giuramento (cioè siamo obbligati a giurare) e si deve pronunciare una frase precisa:

«Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione (cioè la mia dichiarazione), mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza».

Coloro che mentono, cioè che mentono sotto giuramento (cioè che mentono dopo aver giurato) vengono meno al giuramento, avranno sanzioni penali (o meglio incorrono in sanzioni penali). Il verbo incorrere lo abbiamo incontrato tra i verbi professionali.

Quindi giurando ci si impegna di dire la verità e se questo si fa davanti ad un giudice si compie il reato di falsa testimonianza, punito con la reclusione da due a sei anni.

In ogni caso comunque il giuramento è sempre qualcosa di molto serio.

C’è poi chi, non solo giura, ma anche spergiura! Questo è l’argomento di oggi: lo spergiuro.

È strano perché il verbo spergiurare, comunemente è usato come rafforzativo di giurare.

Es:

Giovanni spergiurava di non essere stato lui l’assassino!

Quell’uomo giurava e spergiurava di non aver tradito la moglie, che però non gli ha mai creduto.

In realtà però il verbo spergiurare ha il significato di “giurare il falso”, anche facendo il nome di Dio.

Quindi spergiurare ha un senso simile a mentire, dichiarare il falso, fare falsa testimonianza, ma più precisamente “non mantenere un giuramento”.

Non si usa mai parlando di sé stessi, e questo perché il senso della falsità resta comunque.

Es

La donna tradita dal marito può dire all’uomo traditore:

Non ti vergogni a spergiurare davanti a me, quando ti ho visto io stessa che eri con un’altra donna?

Nella migliore delle ipotesi resta comunque almeno il dubbio che non si stia dicendo la verità:

Es.

Inutile che spergiuri, tanto tua moglie non ti crederà mai.

C’è l’idea quindi dell’insistenza nel giuramento ma anche della falsità, più o meno esplicita.

L’episodio è finito, scusate se mi sono dilungato, ma non sempre accade che due minuti siano sufficienti. Lo scorso episodio sono bastati, stavolta no.

Ulrike: Lo scorso episodio sarebbe dunque un po’ sguarnito di dettagli importanti e la spiegazione era forse risicata?
Non sono di questo avviso!

Marcelo: neanche io. La spiegazione aderisce perfettamente al senso del termine. Gianni si era prefisso come obbiettivo di fare un episodio con lo stretto indispensabile e c’è riuscito.

Sofie: Oggi avrà forse sforato un po’, è vero, ma che vuoi, mica staremo qui a criticarlo per una quisquiglia insignificante, no?

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844 A costo di

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Oggi, a costo di essere accusato di essere troppo sintetico, voglio far onore al nome della rubrica che si chiama “2 minuti con Italiano Semplicemente”.

A costo di” è la locuzione che ho utilizzato nella frase precedente. Si usa per indicare ciò a cui siamo disponibili a rinunciare per raggiungere un obiettivo.

Il concetto di “costo” d’altronde parla chiaro. Siamo disposti a pagare qualcosa, sia in senso economico che in quello più generale di “rinuncia“, pur di raggiungere l’obiettivo.

L’uso di questa locuzione indica una certa determinazione a ottenere ciò che vogliamo perché indichiamo qualcosa a cui siamo disposti a rinunciare.

Quando diciamo poi “anche/persino a costo di” indichiamo una grossa rinuncia o una grave conseguenza negativa. Segno che siamo veramente decisi ad andare fino in fondo.

Es.

Voglio assolutamente andare in Italia, anche a costo di pagare il biglietto 1000 euro.

Oppure:

Devo assolutamente acquistare una Ferrari. Anche a costo di andare a rubare e rischiare la galera!

Come sostituire questa espressione?

Facile:

Devo assolutamente acquistare una Ferrari. Anche se dovessi andare a rubare e rischiare la galera!

Voglio assolutamente andare in Italia, anche se dovessi pagare il biglietto 1000 euro.

Rauno: Adesso ripassiamo, anche a costo di sforare col tempo

Irina: siamo alle solite

Giovanni: eh no, stavolta no! Non sia mai!

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