494 Manco a farlo apposta

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“Manco a farlo apposta” è un’espressione colloquiale che ha tre diverse forme. Infatti si può sostituire il primo termine manco con neanche o nemmeno.

Manco a farlo apposta

Neanche a farlo apposta

Nemmeno a farlo apposta

Apposta” in questo caso significa con intenzione, deliberatamente, di proposito, con volontà, quindi fare qualcosa “apposta” vuol dire fare questa cosa con la volontà di farla, volendolo fare. Si può dire anche anche “appositamente” al posto di “apposta”.

A volte il termine “apposta” significa anche “per questo motivo“. Ad esempio se dico:

“te l’ho detto apposta”, cioè: te l’ho detto per questo motivo, te l’ho detto proprio per questo.

Altre volte indica qualcosa di adatto, mirato, ma non cambia molto. Se ad esempio vogliamo dire che c’è bisogno di una legge particolare, su un certo argomento, per combattere un certo reato, possiamo dire:

Ci vorrebbe una legge (fatta) apposta!

Cioè: ci vorrebbe una legge proprio per questo motivo, proprio per ottenere questo risultato, proprio su questo aspetto, una legge adatta proprio a questo. Una legge appositamente disegnata per questo aspetto.

Invece “l’ho fatto apposta” sta per “l’ho fatto di proposito“, volontariamente.

Se invece non l’ho fatto apposta, questa cosa dunque è casuale, è il frutto del caso, e accade non perché c’è la volontà, non perché è stato fatto apposta.

Mi hai calpestato il piede!

Scusa non l’ho fatto apposta!

Questa risposta viene data quando non è evidentemente molto chiaro se un fatto è la conseguenza di una volontà oppure no.

Non l’ho fatto apposta” significa “non l’ho fatto volontariamente“.

In circostanze simili, quando cioè non è del tutto chiaro quando un evento, un fatto, è fortuito, casuale oppure no, si può usare l’espressione “manco a farlo apposta”.

Però in questo caso non ci stiamo scusando con nessuno, e ciò che è accaduto non è un fatto negativo per nessuno in genere.

Semplicemente facciamo notare, con questa espressione, che qualcosa è accaduto in modo fortuito o casuale, quando questa casualità non è chiarissima. Potrebbe sembrare invece ci sia una pianificazione.

Somiglia molto all’espressione “guarda caso” alla quale abbiano dedicato un episodio. Non c’è ironia in questo caso e neanche nessun sospetto di falsa casualità. Si sta dicendo che questa cosa che è accaduta non sarebbe accaduta neanche se l’avessimo fatto apposta, neanche se avessimo voluto che accadesse, nemmeno se ci fosse stata una volontarietà, una pianificazione da parte di qualcuno. Quindi c’è stupore che questa cosa accaduta sembri proprio fatta apposta, ma è assolutamente casuale. Una coincidenza in pratica!

Es:

Ieri ho messo le telecamere nel mio giardino e manco a farlo apposta proprio ieri sera dei ladri hanno provato a entrare in casa.

Quindi è successa una cosa casuale, che non sarebbe successa neanche se fosse stata pianificata, neanche se fosse stato fatto apposta. In questo caso sarebbe stato impossibile pianificarlo, tra l’altro.

Ieri non sono andato al lavoro per la prima volta dopo 10 anni e neanche a farlo apposta, proprio ieri c’è stato un grosso incendio nel palazzo dell’ufficio.

Che coincidenza! Si potrebbe dire, e invece è stato tutto frutto del caso.

Stamattina pensavo alla mia ex fidanzata, e manco a farlo apposta la incontro in metropolitana.

Sofie: secondo me pochi animali sono adatti per stare in casa con noi esseri umani. Da bambino ho portato in casa delle rane, e le ho messe nella vasca da bagno. Non ti dico la faccia di mia madre quando è entrata in bagno!

Rafaela: ci credo! Ci sono persone che hanno anche il drago barbuto o anche dei maiali nani. Avete presente?

Lejla: ma ti rendi conto dove arriva la follia umana? Ancora ancora un criceto o un coniglio, ma un maiale! Io non lo so guarda !

Ulrike: ma che sarebbe il drago barbuto? Mi state prendendo in giro?

Hartmut: no, no, è una sorta di lucertolone che cresce fino a quasi diventare un coccodrillo.

Flora: Stando ai dati sembra che ce ne siano parecchi nelle case italiane. Il fatto è che molto spesso non vivono nel loro ambiente ideale. Gli va di lusso se hanno un giardino a disposizione.

Irina: con buona pace degli animalisti.

493 Averne ben donde

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Eccoci ad una espressione italiana molto interessante e direi anche molto elegante: averne ben donde.

Apparentemente incomprensibile per un orecchio non madrelingua, ma vediamo se riesco a far luce su questa espressione in qualche minuto.

Dunque, iniziamo dal verbo avere. Iniziamo da averne. Come possiamo usare “averne” in una frase meno complicata?

Dunque, sapete che la particella “ne” alla fine del verbo si riferisce a qualcosa: avere qualcosa.

Ad esempio:

di automobili mi piacerebbe averne tre.

Oppure:

Quanti motivi hai per imparare l’italiano? Solitamente non è sufficiente averne solamente uno. Servono almeno due motivi (è solo un esempio).

Anche i motivi, le ragioni dunque si possono avere. E qui ci avviciniamo all’espressione si oggi.

Infatti “averne ben donde” di utilizza per esprimere che si ha un buon motivo di fare qualcosa. Generalmente usiamo averne e non avere. Si usa quasi sempre in questa forma infatti, con “ne”, messo più spesso prima del verbo, e quasi mai dopo:

Io ne ho ben donde

Tu ne hai ben donde

Lui/lei ne ha ben donde

Noi ne abbiamo ben donde

Voi ne avete ben donde

Loro ne hanno ben donde

Attenti agli esempi:

Marco sta piangendo e ne ha ben donde, perché la sua bellissima fidanzata l’ha appena lasciato.

Ne ha ben donde, come a dire: ha un buon motivo per piangere, un motivo molto valido, veramente valido.

Questo è il senso: un motivo valido, un buon motivo.

I membri che riescono a comporre delle belle frasi di ripasso con le espressioni già spiegare, hanno ben donde di essere soddisfatti.

Se qualcuno ti distrugge l’automobile nuova hai ben donde di essere arrabbiato con lui.

Sei arrabbiato? Ne hai ben donde!

In Italia tutti vogliono avere il vaccino per primi: avvocati, religiosi, eccetera. Solo le persone che lavorano alle casse dei supermercati (che invece ne avrebbero ben donde) non si sono fatte ancora sentire.

Si usa quasi sempre così: “ben donde“, e questo ben indica la validità del motivo.

Ma da dove viene questo “donde“?

Potrei dire:

Donde viene questo “donde“?

Questo termine, infatti, viene dal latino, e al di là della frase di oggi, donde ha un senso simile a “da dove”, “da cui”, inteso nel senso di “origine”, o “punto di partenza” :

Per spiegare questa espressione non sapevo donde (da dove) iniziare

Donde (da dove) vieni?

Sono tornato al punto donde (da cui) ero partito

Suona un po’ vecchiotto come utilizzo usato in questo modo.

Anche un buon motivo, in fondo, è un punto di partenza. Questo forse deve aver pensato anche Giacomo Leopardi che nella poesia che si intitola “All’Italia” scrive:

Piangi, che ben hai donde, Italia mia

Poesia molto attuale direi. Anche adesso, infatti, in questo periodo di pandemia, l’Italia ha valide ragioni per piangere. Speriamo ancora per poco.

Marguerite: Io non ho ancora preso il vaccino x il covid, ma entro l’anno, stando a ciò che si dice, dovrei averlo.
Mariana: Bisogna munirsi di pazienza
Rafaela: Che vedano di sbrigarsi, questi governi, ad immunizzarci tutti.
Irina: Prende corpo l’idea di una immunità di gregge a metà luglio. Dopodiché potrò partire alla volta dell’Italia!!

492 Passarla liscia

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Passarla liscia

Oggi vediamo un’espressione informale usata in tutt’Italia: passarla liscia, che ha lo stesso significato di cavarsela, riuscire a evitare una punizione o una conseguenza negativa, soprattutto se deriva da un proprio comportamento sbagliato.

Vediamo qualche esempio di utilizzo:

Un automobilista ha superato i 200 km orari in autostrada, ma non l’ha passata liscia e la Polizia l’ha multato.

Quindi l’automobilista, dopo aver superato il limite di velocità in autostrada, sperava di passarla liscia ma non c’è riuscito. Sperava che la polizia non si accorgesse di questa infrazione ma invece non l’ha passata liscia e ha dovuto pagare la multa.

Si usa il verbo passare, nel senso di superare, lasciarsi alle spalle qualcosa senza pagare.

Si può usare anche per indicare il superare un pericolo o una difficoltà, in genere per pura fortuna.

È la seconda volta che crolla la mia casa ma anche stavolta l’ho passata liscia.

In questo caso è simile a “è andata bene“, “l’ho scampata bella“. Passarla liscia si usa solo al femminile: sempre passarla, mai passarlo.

Però generalmente è più usato nel senso di scansare una punizione, una punizione meritata per aver sbagliato qualcosa.

La usano spesso i genitori con i propri figli:

È la quarta volta che rientri a casa molto tardi la sera. Non credere di passarla liscia!

Con il pallone i ragazzi hanno rotto il vetro di una finestra ma l’hanno passata liscia perché nessuno li ha visti.

Ma perché liscia?

Liscio e liscia si usano anche in un’altra espressione: andare liscio. In questo caso indica l’assenza di problemi.

Com’è andata?

Tutto liscio!

È andato tutto liscio.

Tutto liscio come l’olio.

Le cose lisce, gli oggetti lisci, infatti, scivolano, al contrario delle cose ruvide, che incontrano resistenza con l’attrito.

I problemi quindi scivolano via, è come se non ci fossero.

Io la passo liscia

Tu la passi liscia

Lui la passa liscia

Lei la passa liscia

Noi la passiamo liscia

Voi la passate liscia

Loro la passano liscia

potete ascoltare e leggere proprio adesso:

Rafaela. Come saprete tutti, ho un cane a casa. L’altro ieri questa bestiola, tanto bella quanto vispa, è scappata via.

Ulrike: Lì per li, ho perso il lume della ragione per via della paura che le accadesse qualche guaio, sola soletta per le strade. Volevo andare in giro gridando a squarciagola il suo nome affinché rivenisse da me. Ero sconvolta emotivamente e allo stesso tempo arrabbiata di brutto. Avevo bisogno di aiuto.

Marguerite: In quel mentre, mio marito mi guardò in malo modo e, udite udite, invece di darmi una mano mi fece questa paternale:

Hartmut: Ma come si fa!! Sembrerebbe che la tua brutta bestia lo faccia apposta per vederti andare su tutte le furie! Di fatto è troppo maleducata, devi metterle dei paletti. Bisogna insegnarle tutto da capo a dodici. In via cautelativa meglio tenerla incatenata. Punto e basta.

Irina: Nel prosieguo la cagnetta si è fatta viva, e io, per rimettermi in sesto mi sono sorseggiata un bicchiere di spumante con mio marito che, tutto sommato, di per sé non è un vero cattivone.

Ottimo lavoro ragazzi! Qualcuno avrà già notato che passarla liscia ha qualcosa in comune con passare in cavalleria! Ma sono le persone a passarla liscia, mentre sono le questioni a passare in cavalleria.

491 Vedi di

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Quando diamo un consiglio ad Vedi di (scarica audio)

Quando diamo un consiglio ad una persona, come possiamo iniziare? Soprattutto se vogliamo spingere una persona, magari un amico, a fare qualcosa, ci sono diversi modi. Dipende un po’ da ciò di cui stiamo parlando e anche se questa cosa influisce su chi parla. E come facciamo a seconda che si tratti di qualcosa di simile a una richiesta, un favore, e meno di un consiglio?

Cerca di smettere di fumare!

Secondo me dovresti andare più piano con la macchina

Posso dirti una cosa? Perché non smetti di lamentarti?

Mi permetto di dirti che, secondo me, dovresti chiedere scusa a tua madre.

In queste frasi prevale a volte la cortesia, altre volte la stanchezza di vedere una situazione negativa che non cambia, o anche la curiosità.

Se questa cosa ci dà fastidio, possiamo decidere di essere gentili, oppure no, e allora il consiglio diventa un rimprovero:

Ma perché non smetti di fumare? Mi dà fastidio che ti fai del male così!

Che aspetti a rallentare? Vai troppo forte!

E piantala di lamentarti!!

Dai, che pizza che sei, smettila!

Chiedi scusa a tua madre e basta! Non ti sopporto.

Se vogliamo essere brevi, sintetici, categorici (cioè che non vogliamo una replica, una risposta a ciò che diciamo) e nello stesso tempo irritati perché la cosa riguarda anche noi, uno dei modi è usare il verbo “vedere” in questo modo:

Vedi di smetterla di parlare, mi dai fastidio!

Ehi, vedi di star zitto!

Vedi di rallentare, se non vuoi che io alzi la voce.

Vedete di fare silenzio mentre dormo, ok?

Vedete di finire il lavoro entro domani! Mi raccomando!

Vedi di toglierti da davanti alla TV!

Avevo fatto un accenno a questo uso di vedere in un episodio passato in cui si parlava di “vedi un po’ e vediamo un po’. Ma in questo caso c’è la preposizione “di”.

Il modo più corretto per chiamare una frase di questo tipo è “esortazione” . In effetti esiste il verbo esortare, che non è offensivo.

Esortare significa indurre a un certo comportamento, spingere a fare qualcosa facendo leva sugli affetti o sulla ragione; incitare, spronare.

Vedi di andare piano!

Equivale a:

Ti esorto alla prudenza (o a essere prudente).

Una prima differenza è che esortare vuole la preposizione “a”.

La differenza più importante è che usare “vedere di” è molto colloquiale come modalità, e chi la usa in qualche modo è in una condizione di superiorità, come un genitore o un datore di lavoro. C’è irritazione sicuramente.

Se non siete in una condizione simile non è consigliabile usare il verbo vedere in questo modo. Infatti sarebbe come dire che se non segui il mio consiglio puoi immaginare cosa potrebbe succedere. Suona come una minaccia!

Anche un po’ sgarbato e maleducato come “consiglio”. Senza dubbio. Dipende anche dal tono.

Spesso si usa proprio sotto forma di minaccia. Attenti al tono e alla differenza tra una minaccia e una frase arrabbiata:

Vedi di star zitto…

Vedi di andartene…

In casi estremi può anche sostituire o integrare la parolaccia italiana più famosa:

Vedi di toglierti dalla mia vista!

Vedi di andare a quel paese!

E adesso, non dovrei dirlo, ma vedete di fare un bel ripasso!!

Anthony: Questa mattina AVEVO proprio SENTORE che SAREBBE TOCCATO A ME scrivere un ripasso. Allora non ELUDO alle mie responsabilità IN QUALITÀ DI membro del gruppo e VEDO DI SFODERARNE uno CON I FIOCCHI. Era nessun altro che la capa Ulrike ad esortarmi a darmi da fare. PAVENTANDOMI la sua reazione se sono VENUTO MENO a questa sua esortazione, mi sono messo all’opera DI BUONA LENA.

Ulrike: apprezzo il tuo entusiasmo IN QUANTO mio collaboratore. Però molte volte nel passato, erano sia la scarsa qualità del tuo lavoro sia la tua inclinazione ad usare le parolacce davanti ai clienti a farmi CADERE LE BRACCIA. Non voglio che esca di nuovo un OBBROBRIO come il tuo ultimo tentativo.

Anthony: agli ordini, capo. MI MUNISCO di attenzione e con questo ripasso ambisco a farne uno che piacerà IN TOTO ai nostri clienti (cioè i nostri amici membri del gruppo). persona, come possiamo iniziare? Soprattutto se vogliamo spingere una persona, magari un amico, a fare qualcosa, ci sono diversi modi. Dipende un po’ da ciò di cui stiamo parlando e anche se questa cosa influisce su chi parla. E come facciamo a seconda che si tratti di qualcosa di simile a una richiesta, un favore, e meno di un consiglio?

Cerca di smettere di fumare!

Secondo me dovresti andare più piano con la macchina

Posso dirti una cosa? Perché non smetti di lamentarti?

Mi permetto di dirti che, secondo me, dovresti chiedere scusa a tua madre.

In queste frasi prevale a volte la cortesia, altre volte la stanchezza di vedere una situazione negativa che non cambia, o anche la curiosità.

Se questa cosa ci dà fastidio, possiamo decidere di essere gentili, oppure no, e allora il consiglio diventa un rimprovero:

Ma perché non smetti di fumare? Mi dà fastidio che ti fai del male così!

Che aspetti a rallentare? Vai troppo forte!

E piantala di lamentarti!!

Dai, che pizza che sei, smettila!

Chiedi scusa a tua madre e basta! Non ti sopporto.

Se vogliamo essere brevi, sintetici, categorici (cioè che non vogliamo una replica, una risposta a ciò che diciamo) e nello stesso tempo irritati perché la cosa riguarda anche noi, uno dei modi è usare il verbo “vedere” in questo modo:

Vedi di smetterla di parlare, mi dai fastidio!

Ehi, vedi di star zitto!

Vedi di rallentare, se non vuoi che io alzi la voce.

Vedete di fare silenzio mentre dormo, ok?

Vedete di finire il lavoro entro domani! Mi raccomando!

Vedi di toglierti da davanti alla TV!

Avevo fatto un accenno a questo uso di vedere in un episodio passato in cui si parlava di “vedi un po’ e vediamo un po’. Ma in questo caso c’è la preposizione “di”.

Il modo più corretto per chiamare una frase di questo tipo è “esortazione” . In effetti esiste il verbo esortare, che non è offensivo.

Esortare significa indurre a un certo comportamento, spingere a fare qualcosa facendo leva sugli affetti o sulla ragione; incitare, spronare.

Vedi di andare piano!

Equivale a:

Ti esorto alla prudenza (o a essere prudente).

Una prima differenza è che esortare vuole la preposizione “a”.

La differenza più importante è che usare “vedere di” è molto colloquiale come modalità, e chi la usa in qualche modo è in una condizione di superiorità, come un genitore o un datore di lavoro. C’è irritazione sicuramente.

Se non siete in una condizione simile non è consigliabile usare il verbo vedere in questo modo. Infatti sarebbe come dire che se non segui il mio consiglio puoi immaginare cosa potrebbe succedere. Suona come una minaccia!

Anche un po’ sgarbato e maleducato come “consiglio”. Senza dubbio. Dipende anche dal tono.

Spesso si usa proprio sotto forma di minaccia. Attenti al tono e alla differenza tra una minaccia e una frase arrabbiata:

Vedi di star zitto…

Vedi di andartene…

In casi estremi può anche sostituire o integrare la parolaccia italiana più famosa:

Vedi di toglierti dalla mia vista!

Vedi di andare a quel paese!

E adesso, non dovrei dirlo, ma vedete di fare un bel ripasso!!

Anthony: Questa mattina AVEVO proprio SENTORE che SAREBBE TOCCATO A ME scrivere un ripasso. Allora non ELUDO alle mie responsabilità IN QUALITÀ DI membro del gruppo e VEDO DI SFODERARNE uno CON I FIOCCHI. Era nessun altro che la capa Ulrike ad esortarmi a darmi da fare. PAVENTANDOMI la sua reazione se sono VENUTO MENO a questa sua esortazione, mi sono messo all’opera DI BUONA LENA.

Ulrike: apprezzo il tuo entusiasmo IN QUANTO mio collaboratore. Però molte volte nel passato, erano sia la scarsa qualità del tuo lavoro sia la tua inclinazione ad usare le parolacce davanti ai clienti a farmi CADERE LE BRACCIA. Non voglio che esca di nuovo un OBBROBRIO come il tuo ultimo tentativo.

Anthony: agli ordini, capo. MI MUNISCO di attenzione e con questo ripasso ambisco a farne uno che piacerà IN TOTO ai nostri clienti (cioè i nostri amici membri del gruppo).

490 Munirsi di

Munirsi di (scarica audio)

Avete mai letto gli annunci in cui si ricercano baby sitter o persone per fare le pulizie di casa?

Questo è un esempio:

Cercasi babysitter automunita in zona

L’annuncio è chiaro: si cerca (cercasi) una baby sitter in zona, cioè che abiti nello stesso quartiere, la stessa zona in cui si trova questo annuncio, e questa baby-sitter deve essere automunita.

Automunita significa munita di automobile. In pratica la baby-sitter che si sta cercando deve avere una automobile propria, quindi deve essere indipendente dal punto di vista degli spostamenti, perché deve, evidentemente, anche accompagnare il bambino o la bambina dove è necessario.

Si sta parlando del verbo munirsi.

Essere munito di qualcosa ha il significato di avere qualcosa, possedere qualcosa.

Quindi se io sono automunito significa che ho un’auto mia, che possiedo un’auto.

In questo caso si tratta di un unico termine, ma generalmente si usa semplicemente il verbo munirsi o munire.

Quando usiamo questo verbo generalmente lo facciamo per indicare qualcosa che bisogna avere per raggiungere uno scopo.

Spesso è legato alla protezione personale, alla difesa e alla sicurezza:

Se si va a camminare nel bosco meglio munirsi di un bastone.

Il mio computer è munito di un buon antivirus

La città è munita di mura di protezione

Si usa, come avete visto, la preposizione di.

Per andare in America bisogna munirsi di passaporto.

Il senso è simile a provvedere, fornire e dotare. Il senso del bisogno, della necessità per un fine preciso è fondamentale per poter usare questo verbo.

Si può usare comunque anche in modo non riflessivo.

Se vogliamo che i ladri non entrino nella nostra casa, bisogna munire le finestre di inferriate e munirsi anche di un buon allarme.

Ci si può munire anche di qualità:

Bisogna munirsi di pazienza con i bambini.

Altri esempi:

Il portone di casa è munito di una serratura elettronica.

Mario è ben munito di soldi. Sposatelo!!

Sono sempre munito di buone idee per nuovi episodi

Adesso ripassiamo:

Mariana: la mia scelta di imparare italiano è meramente di piacere.

Rafaela: stando ai dati, la motivazione più comune è l’arricchimento culturale

Wilde: spesso e volentieri anche per esigenze di studio, di lavoro, per turismo o per ragioni affettive.

489 Stare a

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Oggi parliamo del verbo stare, cosa che abbiamo fatto più volte in passato, ma oggi ne parliamo a proposito di quando stare è seguito dalla preposizione a, o dalle preposizioni articolate al, alle, alla, agli e alle.

Iniziamo da “stare a casa”.

Io sto a casa

Tu stai a casa

Eccetera

Facile in questo caso, perché si utilizza il senso più comune di stare, inteso come essere o trovarsi in un luogo, spesso nel senso di non andar via,quindi anche simile a restare.

Stai a casa e non ti muovere (resta a casa)

Sto a casa tutto il fine settimana (resto a casa, rimango a casa)

Dove stai? Stai a casa? (trovarsi)

In senso simile è da intendere “stare a guardare”, che equivale a restare a guardare, non distogliere lo sguardo, o anche semplicemente guardare detto con enfasi. Lo stesso vale per “stare a sentire”

Stai a guardare cosa so fare!

Stai a sentire ciò che ho da dirti!

Non stare a sentire Giovanni, non vale la pena.

In senso sempre simile ci sono le locuzioni “stare all’erta“, che abbiamo già trattato, e “stare al gioco” di cui abbiamo accennato quando abbiamo parlato della differenza tra essere e stare.

Sia “stare all’erta” che “stare al gioco” invitano a non smettere di fare qualcosa, che sia stare attenti o rispettare le regole di un gioco o di uno scherzo.

E allora passiamo a un altro modo di usare “stare a“, come ad esempio “stare ai fatti“.

In questo caso si parla di fatti, cioè di cose accadute. Stare in tal caso è sempre simile a restare, ma nel senso non fisico, materiale. Stare o restare ai fatti significa attenersi solamente ai fatti e non ad altre cose. Attenersi è più formale rispetto a stare in questo caso.

Come dire: guardiamo solamente ai fatti, alle cose accadute, senza guardare altre cose, senza andare (in senso figurato) a guardare cose diverse dai fatti.

Es: l’essere umano si sta comportando bene sulla terra? Stando ai fatti, in pochi anni abbiamo inquinato il mondo. Non sembra che ci siamo comportati molto bene.

Ma possiamo parlare non solo di fatti, ma anche di altre cose. Ciò che conta è che si stiano riferendo solamente a questo e non ad altro.

Es: faccio una dieta per dimagrire: Stando a ciò che dice la mia bilancia, la dieta sembra funzionare. Sono dimagrito 2 kg in una settimana.

Ancora un esempio:

se vogliamo capire qualcosa di quanto è accaduto quando è affondato il Titanic, non possiamo solo stare solo alle parole dei sopravvissuti. Bisogna anche leggere la scatola nera della nave o analizzare i resti della nave per capire cosa è accaduto.

Altro esempio:

Domanda: Cosa era successo a Maria? Perché non si è fatta sentire per un mese!

Risposta: Stando alle sue parole, è stata molto male ultimamente.

Oppure:

Stando al nome della rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente” sembrerebbe che gli episodi durino solo 2 minuti.

Stando a ciò che si dice degli italiani, non sembra amino molto il rispetto dele regole, neanche quando sono loro stessi a deciderle!

Adesso ripassiamo un po’:

Marguerite: Ho letto che molte parole e frasi italiane di uso quotidiano vengono dalla Divina commedia di Dante Alighieri, ma sarà vero?

Ulrike: Certo che è vero, come mesto, la bolgia, “quatto quatto” e l’espressione “senza infamia e senza lode” . Ma ce ne sono una caterva.

Nel mezzo del cammin di nostra vita

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Inizia così la Divina commedia:

Nel mezzo del cammin di nostra vita.

Si tratta del  primo verso della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Oggi, che è il giorno dedicato a Dante, voglio parlarvi proprio di questo “verso” della Divina commedia.

I versi, come saprete, sono ciascuno delle singole parti in cui si articola un testo metrico definito da un particolare disegno ritmico e alla fine del quale, di solito, si va a capo.

Allora questo verso è il primo della Divina Commedia, e il primo della parte dedicata all’Inferno, dove vanno i cattivi.

Questo primo verso è quello più famoso del Poema.
Il poema è la Divina commedia.

Questo è un termine che più in generale indica un’opera letteraria in versi, di notevole estensione. Quindi si tratta di grandi opere letterarie, proprio come la Divina Commedia.

Ma cosa significa questo primo verso?
Questo verso è da leggere insieme ai due versi immediatamente successivi:

«Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.»

Vediamoli insieme.
Questi tre versi. Faccio riferimento a quella che è l’interpretazione più diffusa di questi versi, e quindi quella più attendibile, credibile.

Dante Alighieri parla della vita, della vita di un essere umano, che a quei tempi durava circa 70-80 anni.

“Il mezzo del cammin di nostra vita” sarebbe interpretabile dunque come il centro della nostra vita, quando quindi abbiamo una età attorno ai 35-40 anni.

La vita dunque è un cammino che termina a circa 80 anni e quando siamo nel mezzo del cammino abbiamo circa 40 anni.

Dante si immagina dunque per una selva oscura (siamo nel secondo verso).

Una selva è come un bosco, un luogo dove ci sono molti alberi, molta vegetazione.
Si parla generalmente si selva e non di bosco quando però la vegetazione è molto fitta o quando è molto facile perdersi in questo bosco.

Siamo in questa selva dunque e abbiamo 40 anni circa.

Questa selva è “oscura”. Questa immagine della selva oscura, cioè buia, rappresenta lo stato d’animo di un essere umano che, intorno all’età di 40 anni circa, attraversa un momento di confusione interiore. La sua mente è confusa, e l’uomo si sente perduto, come se si trovasse in una selva oscura, fitta di alberi, dove è facile perdersi.

E infatti nel terzo verso si legge che “la diritta via era smarrita”.

La via, cioè il cammino della vita, ad un certo punto della vita viene persa, viene smarrita.

Non sappiamo più dove ci troviamo, come quando ci troviamo in un bosco oscuro, pieni di alberi, un bosco molto fitto. Ci siamo persi.

Sembra che Dante, nel periodo in cui scrisse l’opera, vivesse infatti un momento di crisi, uno sbandamento morale. Questa è la selva oscura.

“Mi ritrovai”. Il verbo ritrovarsi si usa proprio per indicare il non accorgersi di questo. All’improvviso si è ritrovato in una selva oscura. Ovviamente ritrovai è il passato remoto.

Ma non si tratta solamente di Dante nella Divina Commedia. Si parla invece dell’essere umano in generale, che, senza accorgersene, perde la via del bene, la via positiva, per farsi travolgere dal peccato.

Si parla quindi delle sorti degli uomini nel loro complesso, del destino dell’essere umano.

In senso letterale dunque, Dante aveva smarrito il sentiero per il quale stavo andando e si perse in una selva oscura, tanto che scoprì che la “diritta via”, quella del bene, era smarrita, era persa. Ma questa, come si è detto, è una immagine figurata per indicare il destino dell’umanità che si fa travolgere dal peccato e dall’immoralità.

Attenzione però perché la via del bene, la diritta via è solo momentaneamente smarrita, perché alla fine del poema, Dante riacquista la via del bene e la grazia di Dio.

Speriamo che accada lo stesso anche a tutti noi!

488 Chiedere lumi, attendere lumi

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Il termine lume, nella

lingua italiana, indica una luce.

In genere questo termine si utilizza quando si parla del lume di una candela, o del lume di una lampada. Nel caso della candela è una luce debole, leggera, fioca.

Il lume può essere, nel linguaggio comune, anche la stessa lampada, e non la luce che essa emana.

Una lampada a petrolio quindi diventa un lume a petrolio.

Il lume è un termine che si usa spesso nella letteratura nella poesia in sostituzione del termine luce.

Questo è il senso proprio di lume, che al plurale diventa lumi.

Ebbene, lumi, al plurale, invece si usa soprattutto nell’espressione “chiedere lumi” e anche “attendere lumi”, ma in questi due casi il lume non è una luce.

Il significato delle espressioni però è legato alla parola lume, quindi alla luce. In questo caso non si sta chiedendo a qualcuno di illuminare una stanza buia, o di “chiedere un lume” inteso come una lampada. Anche “attendere lumi” non significa aspettare una luce.

Non si sta chiedendo questo ma il senso è figurato, sia col verbo chiedere, sia con attendere.

Si sta, in questo caso, chiedendo una spiegazione, un chiarimento per qualcosa che noi non capiamo. Si spesso in senso ironico.

Il lume indica infatti la luce, ma la luce ci fa vedere ciò che al buio non si vede, quindi in senso figurato ci fa capire qualcosa che, senza una spiegazione, non riusciamo a capire. Questo è il motivo per cui si utilizza chiedere lumi al posto di chiedere una spiegazione.

Si tratta di spiegazioni particolari.

Generalmente si usa infatti quando non è colpa nostra quando non capiamo o non conosciamo qualcosa.

Es: come mai papà ha deciso di licenziarsi?

No so, appena torna chiediamo lumi a lui.

Quindi i lumi sono delle spiegazioni, ma possono anche dei chiarimenti, intesi come istruzioni su cosa fare, su come procedere.

Cosa facciamo con queste scatole che abbiamo in cucina?

Bisogna chiedere lumi a mamma. Le ha messe lei qui.

Questa è un’istruzione precisa che dobbiamo ricevere da mamma. È a lei che chiediamo lumi.

Attendiamo lumi da mamma.

Si può dire anche così.

Sarebbe come dire:

Aspettiamo che mamma ci illumini.

La luce, se ci pensate, è anche il simbolo dell’idea, che ci illumina la mente.

Notate che c’è quasi sempre una nota ironica o poetica quando uso il lume in senso figurato.

Attendere lumi e chiedere lumi si usa alquanto spesso nel linguaggio di tutti i giorni e anche si legge spesso sui giornali e nelle notizie in generale. Il senso spesso non è ironico in questo caso. Si chiedono semplicemente spiegazioni, o, come detto, chiarimenti su come comportarsi.

Es: il sindaco di Roma chiude le scuole nonostante le indicazioni del governo fossero diverse. Sono stati chiesti lumi al sindaco di Roma.

Qui si tratta di spiegazioni, per capire il motivo della chiusura delle scuole.

Il governo chiede lumi agli esperti di virus per capire quali decisioni prendere

In questo caso si tratta di un parere professionale, un importante punto di vista.

Attenzione perché non c’è mai l’articolo in queste locuzioni. Succede spesso nelle espressioni della lingua italiana, ci avete fatto caso?

Esiste anche “il lume della ragione”. In questo caso l’articolo c’è, ma il motivo è che sto indicando un lume particolare, ben preciso: il lume della ragione.

Qui si usa la luce per indicare la mente, la razionalità, la ragione.

Se una persona “perde il lume della ragione” significa conseguentemente che perde la ragione. Quindi chi perde il lume della ragione impazzisce.

Prima del ripasso del giorno, termino l’episodio citando Giacomo Leopardi, che nello Zibaldone scrive:

La ragione è un lume; la Natura vuol essere illuminata dalla ragione non incendiata. Come io dico accadde appresso i Greci e i Romani: al tempo…

Mariana: episodio dopo episodio, sapete che il mio Italiano inizia a prendere forma?

Irina: beato te, il mio Italiano invece è ancora un obbrobrio.

Ulrike: sempre ottimista eh? Mai che te ne esci con un segnale di entusiasmo. Prendi spunto da Mariana. Non ti farebbe male.

487 La pappardella

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Avete mai mangiato le pappardelle?

Sono sicuro di sì, ma se non lo avete ancora fatto, vi raccomando vivamente di farlo al più presto, non appena mettete piede in Italia.

Le pappardelle sono un tipo di pasta. Una pasta di farina e uova, tagliata in strisce più larghe rispetto alle tagliatelle. Si mangiano in tutti i ristoranti d’Italia, specie in Toscana e nel Lazio.

Pappardelle è il plurale di pappardella. Ma cos’è una pappardella?

La versione singolare non si usa in genere con la pasta alimentare, cosa questa che avviene anche con altri tipi di pasta, come le penne, i rigatoni, gli spaghetti eccetera.
Per la pasta si usa sempre il plurale, a parte rare eccezioni. Un esempio di eccezione è la “sagra della pappardella“.
Ma la sagra è una festa, e quella della pappardella (si svolge in molte località italiane) è appunto dedicata alle pappardelle. In questo caso, se parliamo di sagre, si usa spesso anche il singolare.

C’è un altro caso in cui si usa il singolare, e questo riguarda molti tipi di pasta.
Anche gli spaghetti infatti, o altri tipi di pasta, vengono chiamati al singolare, ma questo è soprattutto una usanza dei camerieri e dei ristoratori.
Quando prendono le loro “comande” (ordinazioni) ai tavoli, scrivono ad esempio: uno spaghetto ai funghi, un rigatone alla parmigiana e una penna al pomodoro“. Ma questo fa parte del gergo del cameriere, fa parte del loro linguaggio. “Uno spaghetto” significa “un piatto di spaghetti” eccetera.  Analogamente può accadere che venga ordinata “una pappardella ai funghi porcini”, cioè un piatto di pappardelle ai funghi porcini.

La pappardella (al singolare) però è un termine che si usa, nella lingua italiana per indicare anche un discorso o uno scritto farraginoso, cioè molto lungo, prolisso, confuso e dunque anche noioso. Quando si legge qualcosa di molto noioso e non ne abbiamo voglia, spesso si sentono commenti di questo tipo:

Durante la lezione, ho dovuto sopportare tutta la pappardella dei testi classici antichi. Due ore di una noiosissima lezione.

 Oggi ho il corso di teatro. Bisogna recitare tutta la pappardella a memoria! 

Spesso si parla proprio di imparare a memoria qualcosa, come un testo scritto, in genere noioso. 

A scuola è una parola che si usa spesso, quando ad esempio il professore rimprovera gli studenti di non usare il cervello ma di impararsi la pappardella a memoria, oppure quando c’è qualcosa che va imparato assolutamente a memoria, anche se è molto noioso.

Non dovete imparare la pappardella a memoria, ma usare il cervello per ragionare. 

Vediamo comunque un altro esempio:

I politici, quando fanno la campagna elettorale in tutt’Italia, a volte hanno fino a 10 discorsi da fare in luoghi diversi e ogni volta recitano la stessa pappardella.

Quindi i politici, che devono fare il loro discorso alle persone in luoghi diversi, fanno spesso sempre lo stesso discorso, che diventa quindi una pappardella da imparare a memoria.

Mia madre, ogni volta che rientro tardi da casa mi recita sempre la stessa pappardella sul rispetto e sulle regole da rispettare.

Si usa il termine pappardella perché contiene “pappa”, e la pappa ha il significato di “cibo”. Si usa coi i bambini:

Mangia la pappa che è buona! Apri la bocca bel bambino!

Si usa però “pappa” anche per indicare un impasto, un miscuglio di ingredienti, a volte che non riesco neanche a distinguere tra loro. Se poi prendo del pane cotto e lo metto in acqua o brodo e magari aggiungo olio, aglio, pomodoro ottengo la “pappa al pomodoro“, un piatto tipico della cucina fiorentina. I senso figurato allora quando ho un discorso o uno scritto confuso, con molte parole (gli ingredienti) confuse, questa la posso chiamare “una pappa”, o una pappardella proprio per indicare che è lunga e noiosa.
Con il termine pappardella molto spesso si utilizza l’espressione  “attaccare il Pippone” che abbiamo già spiegato e altrettanto spesso si può utilizzare il verbo sorbire: sorbirsi una pappardella sorbire una pappardella. Anche sorbire è un verbo a cui abbiamo dedicato un episodio.

Ulrike: se questi episodi fossero una pappardella non staremmo qui ad ascoltarli. Te lo dico senza remore.
Sofie: e in questo caso tutti gli episodi ci andrebbero di traverso.
Irina: per carità! State freschi se pensate che sarei membro dell’associazione in quel caso!

 

 

 

486 Dare il benservito

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Dare il benservito

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Nella lingua italiana, quando siete in opposizione con qualcuno, quando cioè avete un avversario, un oppositore, uno che non la pensa come voi, ebbene, in queste situazioni, volete voi avere la meglio, volete batterlo, volete che la vostra idea o opinione prevalga sulla sua.

C’è in particolare una situazione di cui mi interessa parlare oggi cioè di quando finalmente la vostra idea prevale, quando riuscite a prendervi una soddisfazione nei suoi confronti.

Non parliamo necessariamente di un incontro sportivo ma piuttosto di conflitti ideologici, di diverse idee e punti di vista, o, al lavoro, diversi idee nel risolvere un problema, o diversi obiettivi da raggiungere. Insomma, tu e questa persona non andate d’accordo e ad un certo punto riuscite ad avere la meglio.

Più in generale possiamo parlare di prendersi una soddisfazione personale nei confronti di una persona.

In questi casi c’è una esclamazione molto adatta: tiè!

Questa esclamazione, molto colloquiale e anche abbastanza offensiva, ha il significato di “tieni”, come quando si dà una cosa ad una persona e la si invita a prenderla. Il senso però è di: 

Ho vinto io e tu hai perso

Ho avuto la meglio!

Alla faccia tua (offensivo)

Hai perso, ben ti sta!

Ti sta bene!

Questo è ciò che meritavi!

Così impari a contraddirmi!

Più brevemente:

tiè!

In questo modo si esprimere una maligna soddisfazione per qualcosa di spiacevole capitato ad altri:

Tiè, così impari!

Come a dire: sono contento che è successa questa cosa per te molto negativa.

A volte questa esclamazione è accompagnata da un gesto, il cosiddetto gesto dell’ombrello, ugualmente offensivo e volgare.

Ulrike
Le preoccupazioni che riguardano il vaccino AstraZeneca sono prive di fondamento? Io non lo so, come la vedete voi ?

Irina
Io non ci capisco, ho letto però che sembra ci siano degli esami che comprovino un nesso fra casi mortali e questo vaccino.

Rafaela
Infatti, i dubbi che riguardano i rischi del vaccino spuntano a destra e a manca .

Mariana
Il mio dirimpettaio mi ha dato dell’ allarmista, quando gli ho detto di non voler vaccinarmi con AstraZeneca. Pensate un po’ !

Hartmut
Vabbè, finora la maggior parte degli esami resta sul vago, quindi è da prendere con le molle.

Anthony
Giusto! Urge piuttosto un’accelerazione dei vaccini, altro che storie! per quanto mi riguarda, se mi chiamassero accetterei senz’altro un vaccino con AstraZeneca. Ciò non toglie però che sto seguendo le voci degli scienziati con attenzione.