n. 83 NULLA DI INTENTATO- 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Flora:

Nulla di intentato
La parola “intentato” è un aggettivo e significa “non tentato”: mezzi, esperimenti finora intentati. La si usa soprattutto nelle espressioni: Non lasciare nulla d’intentato o alcuna cosa intentata, cioè fare tutti i tentativi, ricorrere a tutti i mezzi possibili per cercar di raggiungere uno scopo: Non abbiamo lasciato nulla d’intentato pur di salvarlo. La frase vuole intendere, quindi, “ fare tutto il possibile per qualcuno o qualcosa”, “ provarle tutte per risolvere qualcosa”.

Mia madre per farmi guarire dalla brutta allergia che, ogni primavera, mi perseguitava, non ha lesinato alcuna cura. Non ha lasciato nulla di intentato, seguiva ogni prescrizione medica.

Per riuscire ad entrare in un vestito di Giorgio Armani che le piaceva tanto, Flora non ha lasciato nulla di intentato. Andava in palestra ogni giorno ed in piscina tre volte a settimana.

Per raggiungere i propri sogni non bisogna lasciare alcuna cosa intentata.

Poiché quando ero una bambina non mangiavo niente, mia zia, che viveva in campagna, non lasciava alcuna cosa intentata per farmi crescere: mi portava addirittura, ogni giorno, le uova dalla campagna per preparami lo zabaione.

Una mia cara amica è in crisi con il marito. Mi ha chiesto se fosse giusto non lasciare nulla di intentato per salvare il suo matrimonio.

Ripasso espressioni precedenti:

Rauno (Finlandia 🇫🇮): Oggi mi sono alzato di buona lena fortunatamente e allora mi posso dare al cambio di stagione! Non sono mai stato votato a questo tipo ti attività di cui si occupa sempre mia moglie, ma da quando ha iniziato a lavorare non posso più farne a meno. Che vuoi, o così o pomì!

Carmen (Germania 🇩🇪): ne risponderai direttamente se poi non riesco a trovare i miei vestiti

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n. 82 RISPONDERE DI – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Giovanni: Rispondere, come sapete, è il contrario di domandare. Io posso domandare a te di farmi una cortesia, e tu potresti rispondermi di sì. Ho usato appositamente la preposizione “di” perché rispondere a volte ha utilizzi particolari a seconda della preposizione che segue.

In questo breve episodio ci occupiamo della preposizione “di” che segue al verbo rispondere: può anche essere del, o della, o anche dello. A volte ha un significato particolare: in pratica “rispondere di qualcosa” dove questo qualcosa è un fatto accaduto.

Stiamo quindi parlando di responsabilità. Non è l’uso classico del verbo rispondere: io domando e tu rispondi, dove si usa la propria voce per rispondere.

Rispondere di qualcosa di accaduto significa essere la persona responsabile di quella cosa accaduta. C’è qualcosa in più però: significa anche pagare le conseguenze di qualcosa che è accaduto, di un evento accaduto.

Spesso si tratta di episodi accaduti di cui si sta cercando il responsabile, e questa persona responsabile, non solo è responsabile, ma deve dare una risposta, deve fornire una risposta, perché lei è la persona deputata a questo. Deve spiegare perché questa cosa è accaduta, deve proporre soluzioni ed eventualmente pagare le conseguenze, o anche pagare lo scotto di quanto accaduto, per riprendere l’episodio di ieri.

Insomma non c’è nessuno che fa una domanda, ma è successo qualcosa, e qualcuno, qualche responsabile dovrà dare spiegazioni e eventualmente essere punito: qualcuno deve rispondere di questo fatto accaduto.

Forse il modo migliore alternativo per descrivere questa modalità è “rendere conto“.

Accade qualcosa e chi deve rendere conto di quanto accaduto?

Chi deve rispondere di quanto accaduto?

E’ la stessa cosa. C’è un fatto, un evento, un’azione attribuita a una persona, quindi è colpa sua se è accaduta, oppure se non è colpa sua questa persona comunque è obbligata a subirne le conseguenze.

Chi risponde dell’incendio dell’Amazzonia?

Chi deve rendere conto agli italiani dell’aumento delle tasse? Chi risponde di questo? Chi è il colpevole? Chi deve pagare per questo?

Direi che è un po’ formale come modalità per far assumere una responsabilità ed è molto usata dai giornalisti e dai professionisti.

Poi c’è, e concludo, anche “rispondere di me stesso“. Si parla sempre di responsabilità, ma stavolta nelle proprie azioni:

Se mi fanno un torto non rispondo più di me stesso,

Il che significa che non rispondo delle mie azioni, dimentico ogni senso di responsabilità, perché non so cosa potrebbe succedere in questo caso, potrei anche perdere la calma o la pazienza.

Ripasso espressioni precedenti:

Lia (Brasile 🇧🇷): Se dovesse accadere qualcosa a mio figlio, giuro che non abbozzerei un solo istante e non risponderei delle mie azioni. Qualcuno pagherà lo scotto quando verrà a galla il nome del colpevole. Inutile darsi alla fuga, io vi prenderò. Che vuoi, purtroppo sono soggetto a scatti di rabbia e ti dirò che neanche mi dispiace più di tanto.

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ne rispondo io“, sembra dire questo ragazzo. Photo by rawpixel.com on Pexels.com

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Il vocabolario degli incendi

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Trascrizione

Buongiorno amici di italiano Semplicemente. Oggi ci occupiamo del vocabolario degli incendi. Con l’occasione ripassiamo qualche espressione idiomatica che abbiamo visto in passato. Facciamo poi, come di consueto, qualche esercizio di ripetizione.

Allora, gli incendi. Perché ho scelto questo argomento?

Per diversi motivi direi.

Un primo motivo è legato alla lingua italiana, ricca di termini specifici che riguardano il fuoco e gli incendi, molto frequenti in Italia. Quando si parla spesso di un argomento, come avviene in qualsiasi lingua, nascono e si usano e si sviluppano molte parole col tempo, per descrivere bene le differenze e le caratteristiche di ogni evento legato ad un incendio ed al fuoco. In fondo anche gli eschimesi hanno molti modi per descrivere la neve.

Secondo motivo: l’incendio dell’Amazzonia, il Polmone del mondo in Brasile che riguarda tutto il mondo, non solo il Brasile. Il polmone è l’organo che ci permette di respirare: l’aria va nei polmoni. Infatti di polmoni ognuno di noi ne ha due.

Quanti polmoni abbiamo? Ne abbiamo due ciascuno. Ciascuno di noi ha due polmoni. Ciascuno di noi ne ha due. E’ sempre bene ripassare gli utilizzi della particella “ne”.

Allora iniziamo dalla prevenzione: gli incendi vanno prevenuti. Prevenire è un verbo interessante perché si può usare per tutti gli eventi sgradevoli, negativi, pericolosi: prevenire una malattia, prevenire una catastrofe, prevenire un incendio, prevenire uno scandalo, un attentato eccetera.

Prevenire significa prendere tutte le precauzioni necessarie affinché un evento negativo non avvenga, non si verifichi; potremmo anche dire che gli incendi vanno scongiurati, come tutti i pericoli: scongiurare un pericolo è un’espressione di cui ci siamo occupati già. Prevenire inizia con “pre” che significa prima: quindi fare qualcosa prima che un evento accada.

Prima ho detto anche prendere tutte le precauzioni necessarie affinché un evento negativo non avvenga, non si verifichi. Ho usato due volte il congiuntivo di verificare e avvenire. Perché? Perché uno degli usi del congiuntivo, come abbiamo visto in vari episodi, è quello di esprimere un augurio, una speranza, ma anche un timore, una paura.

Spero che tu abbia pazienza con me

Mi auguro che tutto vada bene

Desidero che non ci siano più incendi in Amazzonia.

E’ meglio prevenire che curare, dice un famosissimo proverbio italiano. Ed anche negli incendi è meglio prevenirli piuttosto che cercare di spegnerli dopo.

Ma perché avviene un incendio? Un incendio può avvenire per motivi naturali oppure dolosi.

Ecco il secondo termine di oggi: incendio doloso.

Un incendio può essere provocato da diverse cause sia naturali, come detto, cioè non provocate dall’uomo, ad esempio da fulmini, oppure per mano dell’uomo. Se l’uomo, volontariamente, appicca un incendio, questo incendio è un incendio doloso.

Quindi un incendio doloso avviene perché la colpa è dell’uomo. Parlo di colpa perché un sinonimo di colpa è “dolo“. Quando qualcosa avviene per dolo di qualcuno, cioè per colpa di qualcuno, per colpa di qualche persona, allora significa che c’è una volontà cosciente di infrangere la legge da parte di questa persona. Il dolo è un termine abbastanza tecnico, usato molto dagli avvocati. Però gli incendi dolosi è una definizione utilizzata da tutti gli italiani.

Quindi gli incendi dolosi sono quegli incendi che vengono appiccati dagli uomini. C’è qualcuno che ha un interesse particolare nell’appiccare un incendio, ad esempio creare nuovi pascoli per gli animali per produrre carne.

Come si chiama la persona che accende un fuoco, o colui che appicca un incendio?

Si chiama “piromane“. Si parla sempre di piromani quando si devono indicare le persone che accendono dei fuochi, anche e soprattutto quando sono dolosi. La piromania è un’ossessione, una fissazione, una mania, verso le fiamme, gli esplosivi eccetera. Queste sono tutte espressioni che hanno a che fare con i desideri e che abbiamo già trattato in un bell’episodio dedicato.

person wearing guys fawkes mask watching flame
Photo by Ashutosh Sonwani on Pexels.com

Insisto e sottolineo con la voce questo verbo “appiccare” perché questo è un verbo che si usa quasi esclusivamente per gli incendi. Appiccare un fuoco, o un incendio significa accendere un fuoco, provocare un incendio, dar fuoco, incendiare.

Io appicco un incendio nel mio giardino

Tu appicchi un incendio nel tuo giardino

Lui appicca un fuoco nel bosco

Noi appicchiamo un fuoco alle navi nemiche

Voi appiccate il fuoco

Un’altro motivo per cui nascono gli incendi può essere chiamato fortuito: un incendio fortuito è un incendio casuale, che si verifica senza una determinabile ragione.

Molte cose possono essere fortuite, e questo termine può essere usato al posto di casuale:

Un incontro fortuito è un incontro causale, non programmato.

Spesso si parla di “caso fortuito“, che sembra una ripetizione, ma si usa per sottolineare la casualità. Ad esempio:

Solo per un fortuito caso l’esplosione non ha provocato vittime

Posso dire “caso fortuito” o “fortuito caso” senza problemi.

Gli incendi, a dire il vero, solo raramente nascono per un caso fortuito, infatti sono quasi sempre dolosi, anche se questo qualche volta non si riesce a dimostrare.

Quando un incendio è doloso l’incendio avviene per via di un “combustibile“. Questa è ancora una parola da spiegare. Un combustibile è una sostanza chimica, come la benzina, che è il combustibile delle automobili (uno dei combustibili almeno).

Il combustibile quindi può servire, può essere utilizzato, anche per appiccare un incendio, che quindi sarebbe doloso, non certo fortuito!

C’è un processo di combustione, cioè una reazione chimica che produce energia termica, che sviluppa calore. Ogni volta che brucia qualcosa. I combustibili sono quindi i materiali infiammabili che posso dar origine, cioè possono far nascere, possono provocare, un incendio doloso.

I combustibili vengono anche chiamati carburanti. Questo termine: carburante, è quello che si usa normalmente per alimentare i motori e le automobili.

Qual è il carburante della tua auto? la benzina, il diesel o il metano?

Le macchine totalmente elettriche non hanno un carburante, poiché non avviene combustione in un motore elettrico.

Si legge spesso, quando si parla di incendi, la frase “in fiamme“, ad esempio:

l’Amazzonia è in fiamme.

L’ospedale è in fiamme

La casa è andata completamente in fiamme

Significa che qualcosa sta bruciando completamente. “Aggiungere completamente” è quasi inutile perché “essere in fiamme” indica un incendio che interessa un’intera area.

Anche un cuore può essere in fiamme, in senso figurato, nel senso che è infuocato d’amore (anche questo è un incendio in fondo!)

Le fiamme sono ciò che si vede, oltre al fumo, quando c’è un incendio.

Le fiamme sono caldissime e sono anche molto colorate: il colore predominante è il rosso, ma in realtà il colore delle fiamme cambia a seconda della temperatura: dai 600 circa agli 800 gradi il colore è rosso, prima scuro e poi più chiaro. Ma una fiamma può anche essere di color Amaranto (una specie di marrone), Rosa, Arancione, Giallo, Bianco (qui siamo a più di mille gradi centigradi) e infine azzurro e Blu o anche viola alla temperatura di millequattrocento gradi centigradi.

Cosa il usa per spegnere un incendio? Beh. intanto possiamo usare anche il verbo smorzare. Attenzione perché qui entriamo in un campo delicato. Spegnere un incendio indica che le fiamme non ci sono più, che l’incendio è stato “domato” cioè è stato completamente spento.

Invece smorzare, benché a volte si usi come sinonimo di spegnere significa attenuare, attutire:

Smorzare la luce della camera da letto

Smorzi la luce della camera per favore? Puoi smorzarla? Puoi farmi questo favore?

img-20190829-wa00295454599993365244797.jpgDicevo, nonostante si usi a volte al posto di spegnere, smorzare in realtà significa far diminuire di forza o d’intensità, non solo un incendio o un fuoco, ma qualsiasi cosa che può variare di intensità. Posso usare anche attenuare, attutire.

Ho mangiato un panino che mi ha smorzato la fame

La tenda che ho messo davanti alla finestra riesce a smorzare un po’ la luce del sole

La mia rabbia si è smorzata 

Ogni sentimento può aumentare o decrescere, quindi può smorzarsi, attenuarsi, diventare più debole, diventare meno forte, meno intenso. Si usa anche mitigare un incendio. In questo caso non c’è ambiguità: la mitigazione indica la parziale diminuzione di intensità. Anche mitigare si usa molto anche al di fuori degli incendi. Si usa molto nel caso di dolore:

Occorre mitigare il dolore

Occorre quindi far scendere il dolore, renderlo più mite, meno intenso e acuto, occorre alleviare, rendere più lieve. Il vocabolario è molto vasto come vedete.

Anche un incendio può essere mitigato, e allora diventa meno intenso. Alleviare si usa prevalentemente per il dolore. Mitigare si usa sia per gli incendi che, più frequentemente, per i prezzi, per la rabbia e i sentimenti, o per una affermazione.

Smorzare è più fisico, più materiale, quindi più adatto, come verbo, alla luce, alle fiamme. Si usa anche nello sport: smorzare la palla, un colpo smorzato. Quindi smorzare la palla è colpire la palla in modo da rallentarla, e smorzare un colpo significa attenuare un colpo, diminuendone la forza. Con un cuscino ad esempio potete smorzare un pugno.

Un incendio può essere smorzato con gli aerei che gettano acqua sulle fiamme, e quando avviene questo, quando un incendio viene smorzato, le fiamme si attenuano, diminuiscono, quindi anche la velocità di propagazione dell’incendio decresce, scende.

Ho usato il verbo propagare o propagarsi, che è il contrario di smorzare. Se un incendio si propaga allora vuol dire che si allarga, le fiamme vanno anche in altre aree, quindi le zone interessate dall’incendio aumentano.

Se dico:

La luce si propaga nella stanza

La luce quindi parte da una lampadina ad esempio, e velocemente, in men che non si dica, si propaga in tutta la stanza quindi tutta la stanza sarà presto illuminata.

Anche il fuoco, sebbene più lentamente, parte da un punto, quello in cui viene appiccato, se doloso, e poi si sparge, si diffonde, si propaga, si estende in altre aree confinanti: prima si incendia un albero, poi un arbusto, poi ancora un albero e così via.

Per evitare che un incendio si propaghi una volta innescato, cosa bisogna fare?

Beh intanto specifichiamo il senso del verbo innescare. Non è come appiccare, perché questo è un incendio doloso. Innescare indica semplicemente l’inizio di un incendio, quindi vuol dire prendere avvio, con dolo o senza dolo.

Cosa si fa dunque per non far propagare un incendio? Ormai l’incendio è partito, quindi cosa possiamo fare? Solamente cercare di attenuarlo, cioè smorzarlo o, meglio ancora, spegnerlo.

Possiamo fare almeno tre cose: eliminare il combustibile, ad esempio chiudere l’erogazione di gas, se questo ha causato e alimenta ancora l’incendio, oppure creare delle strisce di terra senza vegetazione, per fare in modo che appunto l’incendio non si propaghi.

Seconda cosa, possiamo abbassare la temperatura raffreddando, quindi ad esempio gettando acqua sopra l’incendio. L’acqua raffredda, abbassa la temperatura.

Terza cosa: possiamo togliere l’ossigeno, ad esempio soffocando il fuoco con delle coperte o estintori). Gli estintori sono apparecchi che si prendono in mano e che contengono acqua, ma più frequentemente polvere o schiuma.

photo of fire extinguisher box
Degli estintori – Photo by Moreno Matković on Pexels.com

Prima ho usato il verbo alimentare: Cosa alimenta un fuoco? Cosa può alimentare un incendio?

Posso alimentare una persona, un bambino, cioè dargli del cibo, farlo mangiare, oppure posso alimentare un sentimento, come la speranza. In questo caso significa mantenerla viva, eccitarla, non farla diminuire.

Se mi dite che sono un bravo insegnante alimentate la mia voglia di fare dei nuovi episodi.

Se alimentate un fuoco, lo stesso, lo rendete vivo, lo fate aumentare, continuate a mettere combustibile sopra. Difficile spegnere o smorzare un fuoco che continua ad essere alimentato.

Il senso è sempre quello di dare qualcosa per mantenere in funzione:

Potete anche alimentare una centrale elettrica, o il vostro camino, mettendo legna per fare in modo che il fuoco non si spegne.

E chi spegne gli incendi? I pompieri lo fanno per lavoro: si chiamano così in Italia, ma si chiamano anche Vigili del fuoco, perché vigilano, cioè controllano, sorvegliano e, quando c’è un incendio spengono il fuoco con le loro pompe che prendono in mano (per questo si chiamano pompieri) o almeno cercano di smorzarlo nel più breve tempo possibile.

fireman holding fire hose
Photo by Tim Eiden on Pexels.com

Credo che può bastare così per oggi.

Spero di aver alimentato la vostra voglia di migliorare il vostro italiano, senza studiarlo però, nello spirito di Italiano Semplicemente e delle nostre sette regole d’oro, regole che ho provveduto prima a pubblicare sul sito e poi a propagare su internet in tutti i modi possibili. Anche voi potete contribuire e propagarle condividendo questo episodio con Whatsapp o Facebook, o Twitter. La cosa importante è che continuate a seguirci così da prevenire eventuali brutte figure se vi capita di parlare con un italiano. Brutte figure che non sarebbero fortuite in questo caso. Se venite in Italia abbiate rispetto anche dell’ambiente, non gettate cicche di sigarette in terra, altrimenti oltre a sporcare potreste appiccare un incendio: anche se non sarebbe doloso. Ricordate che anche se gettate la vostra sigaretta in un cestino dell’immondizia, accertatevi che sia spenta, altrimenti il cestino andrebbe in fiamme e poi i pompieri dovranno intervenire per spegnere l’incendio.

Esercizio di ripetizione:

Accendere un fuoco

Appiccare un incendio

Andare in fiamme

L’edificio è andato subito in fiamme dopo che qualcuno ha appiccato l’incendio

Occorre smorzare subito l’incendio

La propagazione delle fiamme

Bisogna smorzare l’incendio prima che si propaghi nelle aree circostanti

Prevenire un incendio

Prevenire un incendio è meglio che cercare di spegnerlo dopo

Meglio prevenire che curare

L’incendio è stato fortuito

L’incendio è stato doloso

Piromane

Il piromane più famoso del mondo è l’imperatore Nerone

L’episodio finisce qui, colgo l’occasione per ringraziare i donatori, che sostengono ed aiutano Italiano Semplicemente anche a propagarsi.

Presto sarà dedicato un altro episodio ai donatori e saranno aggiornate le statistiche sulle donazioni. Grazie e ciao a tutti.

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n. 81 PAGARE LO SCOTTO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Giovanni: Ancora un’espressione figurata. L’espressione di oggi è “pagare lo scotto“.

Allora, vi faccio un esempio e poi vi spiego l’espressione.

I giovani che iniziano a usare droghe di qualsiasi tipo, prestissimo pagheranno lo scotto per questo. 

Allora il verbo “pagare” si utilizza in senso figurato. Non si tratta di pagare con del denaro, con i soldi. I soldi non c’entrano nulla con questa espressione. Si sta parlando di “pagare le conseguenze” di qualcosa, cioè di subire le conseguenze di qualcosa. Quando si fa, quando si compie un’azione sbagliata, arrivano prima o poi delle conseguenze negative. Nel caso dei giovani che assumono droghe, le conseguenze negative sono la dipendenza dalle droghe, il peggioramento della salute, problemi economici anche, problemi sociali, problemi che anche la famiglia deve affrontare. Insomma a pagare lo scotto saranno molte persone.

Ma perché lo scotto? Cos’è lo scotto?

Stiamo parlando di una scelta sbagliata, e solo in questi casi si paga lo “scotto”. Lo scotto viene dal francese e significa “tassa“, come le tasse che si pagano allo Stato. Qui si usa nel senso di contropartita, come conseguenza di una scelta.
Ma lo scotto fa pensare anche al verbo “scottare” o “scottarsi“. Quando una persona si scotta (verbo scottarsi) significa che si brucia col fuoco, si procura una bruciatura, un’ustione, ma in senso figurato vuol dire subire una delusione, subire un danno.

Quindi ad esempio posso dire che:

Col gioco d’azzardo, cioè col poker ad esempio, si rischia di scottarsi

Cioè il gioco d’azzardo può provocare danni gravi; soprattutto economici in questo caso.

Analogamente posso dire che:

Chi gioca d’azzardo rischia di pagare lo scotto

Posso fare altri esempi:

Qual è lo scotto da pagare se brucia l’Amazzonia?

A pagare lo scotto degli incendi nella foresta amazzonica saranno tutti gli esseri viventi sulla terra.

I giovani di oggi pagheranno lo scotto delle scelte fatte dai giovani di ieri sulle politiche ambientali.

Se la Juventus vende i suoi giocatori più forti il prossimo anno pagherà lo scotto

Ripasso espressioni precedenti:

Carmen (Germania):  Quando vado in Italia a mangiare in un ristorante, sono disposto a pagare il coperto. Nessun problema. In teoria c’è anche il pericolo di pagare lo scotto per aver sbagliato ristorante, come è successo ad un mio amico che ha avuto una intossicazione, ma vi dirò che a me non è mai accaduto neanche fuori dall’Italia.   

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n. 80 TI DIRÒ – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

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Giovanni: allora, che te ne pare di questi episodi brevi della durata di due minuti?

Andrè (Brasile): Guarda, ti dirò che non non sono niente male questi episodi. Mi sto affezionando.

Giovanni: grazie, mi fa piacere che hai cambiato idea, perché all’inizio non eri molto convinto infatti eh?

Adesso allora posso spiegare a tutti quando si usa questa espressione che hai appena utilizzato: “ti dirò“. Dirò è il verbo dire, e “ti dirò” indica, o sembrerebbe indicare che sei tu la persona alla quale dirò qualcosa.

Ma questo non ci fa capire in realtà quando e perché si usa questa espressione.

E’ vero che posso sempre dire:

Ti dirò cosa farò appena sarò a casa

Ti dirò i miei segreti

Domani ti dirò cosa farò

Invece l’espressione di oggi ha un uso e un senso diverso.

E’ una modalità colloquiale utilizzatissima dagli italiani, ma difficile che la troviate scritta da qualche parte.

Si usa però moltissimo nel parlato, nella lingua di tutti i giorni.

Si usa quando siamo stati positivamente colpiti da qualcosa nonostante la nostra idea fosse inizialmente diversa, o comunque si usa in tutte le occasioni in cui la persona che ascolta si aspettava una sensazione diversa, un’opinione diversa; si aspettava di ascoltare qualcosa di diverso.

Ad esempio se vado a fare un viaggio a Roma e mi hanno raccontato che i romani sono molto scortesi con i turisti, al mio ritorno a casa se qualcuno mi chiede: allora com’è andata? I Romani sono veramente maleducati e scortesi con i turisti?

Ti dirò che non me l’aspettavo. Che cortesia i romani!” Confesso che anch’io sono molto sorpreso!

Quindi c’è un cambiamento di idea, uno stupore per aver verificato qualcosa di diverso dalle aspettative di chi parla o di chi ascolta.

Possiamo fare altri esempi di questo tipo:

Allora, com’era quella ragazza che hai conosciuto sulla chat? Bruttina come le altre?

Mah, ti dirò che stavolta invece non era niente male! Una bella ragazza!

Che mi dici del concerto rock a cui hai dovuto accompagnare tuo figlio? Brutta musica vero?

Ti dirò che invece mi è piaciuto, non me l’aspettavo.

Facile confondere a volte questa espressione con il semplice uso del futuro del verbo dire. Se vi può aiutare l’espressione si usa sempre in senso affermativo (quindi la forma “non ti dirò” non esiste con questo senso), inoltre spesso ci sono alcuni termini che possono aiutarvi a riconoscere l’espressione, tipo “credevo“, “invece“, “non me l’aspettavo“, ed altri termini che aiutano a capire lo stupore e la modifica che c’è stata nell’opinione iniziale.

Questa espressione infine non si usa quando siete entusiasti, contentissimi della vostra esperienza, ma quando semplicemente non confermate la cattiva opinione che avevate prima; solo uno stupore positivo, senza eccessi, altrimenti meglio usare altre espressioni più entusiastiche.

Ripasso espressioni precedenti:

L’incendio dell’Amazzonia ha preso veramente una brutta piega. Possibile che il nostro pianeta sia votato alla scomparsa? A chi attiene la responsabilità di tutto questo? Possibile che tutti continuino a cincischiare senza fare niente di concreto? Se potessi, mi darei alla fuga in un altro pianeta! 

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n. 79 DARE SEGUITO A – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Giovanni: ancora un’espressione che utilizza il verbo “dare”: “dare seguito a“.

Molto usata in ambito professionale, soprattutto nella forma scritta.

Vediamo qualche esempio:

Occorre dare seguito alle dichiarazioni fatte dal direttore Marketing

Voglio dare seguito alle mie parole con dei fatti.

Il presidente dia seguito alle promesse fatte in campagna elettorale.

Avete capito che “dare seguito” ha a che fare con il tempo. La parola seguito ci suggerisce questo infatti.

La parola “seguito” (attenti alla pronuncia) indica una successione dj eventi; riguarda ciò che accade “dopo“; riguarda cioè che segue, ciò che viene dopo, quello che accade successivamente. Questo è il seguito: indica lo sviluppo degli eventi, ciò che accade in un momento successivo:

Ne parleremo in seguito” vuol dire “ne parleremo dopo”. Semplice.

Ha piovuto due giorni di seguito” invece vuol dire che non ha smesso di piovere per due giorni.

La parola seguito si usa in moltissimi casi, ma in questo breve episodio voglio farvi riflettere sulla frase “dare seguito a” qualcosa, che indica due azioni, una che segue l’altra. Due azioni successive. Le due azioni sono legate logicamente, anzi riguardano la stessa questione.

Quando si dà seguito a qualcosa, vuol dire che dopo la prima azione, ne segue un’altra analoga, un’altra che è la conseguenza della prima. Molto spesso per compiere un’azione occorre fare più passi, bisogna percorrere più tappe.

Si usa spesso nella politica, nel linguaggio dei giornali, al lavoro, per indicare quando delle azioni sono collegate. Si usa molto quando si parla di coerenza delle decisioni, come quelle politiche o aziendali: quando ad esempio:

Si dà seguito a delle dichiarazioni con dei fatti:

Se un politico dice: “Domani mi dimetterò!”

Poi il giorno dopo il politico si dimette veramente. Allora posso dire che questo politico ha dato seguito con i fatti alle sue parole.

Se invece il politico non si dimette, allora è un bugiardo, ed allora possono dire che:

Alle sue parole non sono seguiti dei fatti concreti

oppure, usando la frase di oggi, che:

Il politico non ha dato seguito alle sue parole con dei fatti concreti

Oppure ancora – attenti – che:

Le parole del politico non hanno avuto seguito

Qui ho usato avere seguito: le parole non hanno avuto seguito.

Quindi “dare seguito” e “avere seguito” possono usarsi in ogni frase di questo tipo: quando due azioni sono collegate.

Ripasso espressioni precedenti:

Andrè (Brasile): Giovanni, hai appena dato seguito a quanto avevi detto ieri, quando ci avevi promesso che ci avresti spiegato questa espressione. Quindi sai tener fede alle promesse fatte. Se lo avessi detto ieri sarei stata accusato di essere un ruffiano. Meno male, altrimenti mi sarei visto costretto a cambiare idea su Italiano Semplicemente e credo che mi sarei anche dato alla ricerca di un altro corso di italiano!

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n. 78 DARSI A – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giovanni: Buongiorno a tutti, oggi Flora ci spiega una bella espressione in cui si utilizza il verbo darsi. Sicuramente molti di voi conoscono alcune espressioni tipo “darsi da fare“, che significa impegnarsi, mettersi con impegno a fare qualcosa. Ma Flora oggi si è data da fare per spiegarci il verbo darsi ma seguito da un’altra preposizione semplice. La preposizione “a”.

darsi_a_immagine

Flora: i due minuti odierni sono dedicati all’espressione “darsi a“.

È un’espressione che indica il dedicarsi o l’abbandonarsi a qualcuno o a qualcosa:

Darsi allo studio, darsi alla politica, darsi alla carriera diplomatica.
darsi alla disperazione, al bere, al vizio, al gioco, ai bagordi, alla pazza gioia
seguito da un verbo significa: cominciare, intraprendere qualcosa: darsi a correre, darsi a fare un lavoro .
con un sostantivo: darsi alla fuga, darsi alla latitanza

Esempi:

Clara, dopo la fine della scuola, si è data alla cura del giardino di casa sua.

Per raccontare le sue molte avventure, Giovanni si è dato a scrivere un libro.

La Commissione deciderà sul seguito da darsi a tale domanda.

Darsi anima e corpo, alla cura del proprio fisico e benessere è possibile solo se si ha tanto tempo a disposizione.

Dopo aver ascoltato, alla televisione, che gli stravizi alimentari fanno male alla salute, Costante ha deciso di darsi al ciclismo per perdere peso.

L’essersi dato al gioco d’azzardo è costato caro a Sante il bandito. La polizia l’ha arrestato in una bisca clandestina.

Giovanni: Quindi darsi a significa proprio dare se stessi, donarsi, impiegare se stessi in una attività specifica. Ma attenzione all’esempio che ha fatto Flora prima: il seguito da darsi a qualcosa. Questa è un’eccezione, in questo caso l’espressione è dare seguito a qualcosa, che spiegheremo domani.

Ripasso espressioni precedenti:

Lia (Brasile): grazie Flora che ci hai spiegato questa espressione. Essendo votata all’insegnamento dell’italiano, per te è oltretutto un piacere e si sente dalla tua voce la passione che vi metti.

L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con italiano semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro.

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Trascrizione

Giuseppina: se andate a cena o a pranzo in un ristorante italiano, o anche una pizzeria o una trattoria o in qualsiasi altro locale dove potete mangiare seduti al tavolo, scoprirete che oltre a ciò che mangerete e che berrete, il menu conterrà una voce che si chiama “coperto“.

Cos’è il coperto? Il nome non aiuta molto a comprendere. Una cosa è sicura però: il coperto non è un piatto. Il coperto nin si mangia né si beve

Ogni persona che mangia, che consuma un pasto in un locale, ad ogni modo, usa una sedia, un tavolo, una tovaglia di carta o di stoffa, dei piatti, delle posate, cioè coltello, forchetta (spesso più di una), cucchiaio e bicchieri.

Inoltre ogni persona viene servita da un cameriere. Ecco, tutte queste cose costituiscono ciò che nel conto viene indicato come “coperto”.

Probabilmente si chiama così perché il tavolo sul quale si mangia viene “coperto” (verbo coprire) con la tovaglia che poi viene apparecchiata con piatti e tutto il resto.

Infatti prima che i clienti arrivino si preparano i coperti in modo che tutto sia pronto in ciascun posto.

Il coperto solitamente viene 1 euro, al massimo 2 o tre nei migliori ristoranti, e nel conto lo trovare indicato come prima o ultima voce. Nel menù solitamente si trova all’ultimo posto.

Poi a volte nel menu troverete la voce “servizio” al posto di coperto, oppure “pane è coperto”. Ed in effetti il pane che accompagna il pasto e che viene servito in un cestino fa parte di questa voce. Il pane quindi o i grissini o spesso anche una focaccia cioè una pizza con solo dell’olio d’oliva non li troverete nel conto ma fanno parte del cosiddetto “coperto“.

Ripasso espressioni precedenti:

Guy (Camerun 🇨🇲) : Se non ti tornano i conti al ristorante e ti vedi costretto a rifare la somma, potrebbe essere per via del coperto che non avevi calcolato. Un’abitudine soprattutto italiana. Ora però non ti coglierà alla sprovvista e non ti scervellerai più.

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