514 La mossa e le mosse

la mossa

La mossa e le mosse (audio)

Buongiorno ragazzi, oggi ci soffermiamo sui termini mossa e mosse, che è il plurale.

Cosa sono le mosse?

Sembra un sostantivo vero? Infatti c’è l’articolo.

Mosso però è il participio passato del verbo muovere, quindi indica movimento.

Infatti una mossa è proprio questo: un movimento di una persona o di un animale o anche del movimento di una parte: un braccio, una gamba eccetera.

Quindi una mossa è come un atto, un gesto, un movimento appunto.

Quando si usa?

Si può usare ad esempio come sinonimo semplice di movimento, in genere accompagnato da un aggettivo che descrive questa mossa. Generalmente un movimento singolo e rapido, ma non solo:

Il bambino ha fatto una mossa brusca col braccio e si è fatto male
Il mio collo ha fatto un’insolita mossa

Ho avuto una mossa involontaria col piede e ho rotto la sedia

Franco mi ha fatto una mossa con la testa e io ho capito che era d’accordo

Mentre parla, Mario fa molte mosse con la testa

Ma oltre che indicare un singolo movimento fisico del corpo o di una parte del corpo, le mosse sono anche dei comportamenti, degli atteggiamenti, in genere indicano qualcosa di negativo, ma non sempre:

Lucia somiglia alla madre anche nelle mosse

Come a dire che Lucia si comporta fisicamente come la madre, sembra la madre quando si muove.

Non fare tutte quelle mosse, con me non funziona.

Qui si intende, con mosse, proprio un modo fi fare, un atteggiamento finto, forzato, a volte una finta gentilezza, ma esagerata. Tanto esagerata che si riconosce.

Giovanna fa sempre troppe mosse con i ragazzi della sua età. Non è per niente naturale

La mossa è anche un movimento iniziato ma non terminato:

Mario ha fatto la mossa di darmi uno schiaffo ma poi si è fermato

Mi hai invitato a cena ma non hai neanche fatto la mossa di pagare il conto. Che maleducato.

Da questo esempio “una mossa” si capisce come indica l’intenzione di fare qualcosa. Posso anche dire:

Non doveva pagare lui, ma a me bastava la mossa!

Posso usare anche “gesto” in questo caso.

In ogni caso si sta parlando di manifestare, mostrare una intenzione, una volontà di fare qualcosa. Il verbo da usare è fare: “fare la mossa di” seguito dal verbo all’infinito.

Poi, una mossa si usa anche in alcune espressioni tipo:

Datti una mossa!

Cioè: sbrigati, muoviti, fai in fretta. Questo è “darsi una mossa“.

Ma le mosse (al plurale) si posso dare anche agli altri. “Dare le mosse” significa spingere, stimolare a fare qualcosa. Ad esempio:

Il sito Italianosemplicemente.com darà probabilmente le mosse a qualcuno per insegnare la propria lingua con lo stesso metodo.

Il tuo esempio darà le mosse anche ad altri

In realtà non solamente una persona può dare le mosse.

La pandemia ha dato le mosse all’Italia per una forte innovazione tecnologica e digitale.

Un significato interessante è poi quello che deriva dalla strategia. Nel gioco degli scacchi, quando si muove un pezzo sulla scacchiera, quella è una mossa:

Tocca a te fare la mossa, poi tocca a me.

Che mossa fai adesso?

Adesso muovo il cavallo! Questa è la mia mossa.

Sono bravissimo, ti faccio scacco in tre mosse!

Allora ogni volta che si parla di strategia, questa parola “mossa” indica bene un’azione che un individuo o un gruppo compie scegliendola tra le varie possibili.

La prossima mossa del governo sarà quella di abbassare le tasse

Oggi compirò la mossa decisiva a scuola: mi farò interrogare in matematica!

Non sarà una mossa azzardata licenziarsi dal tuo lavoro?

Bravo, questa sì che è una bella mossa!

In amore si dice sia l’uomo che deve fare la prima mossa

In senso figurato esistono infine varie espressioni, in cui si usa soprattutto il plurale: mosse.

Prendere le mosse” ad esempio, che significa iniziare a fare qualcosa (in genere iniziare a parlare) partendo da un punto di riferimento, o anche prendere a modello, prendere a esempio, simile a prendere lo spunto, che abbiamo già visto.

Il presidente, appena iniziato il discorso, ha preso le mosse dalle ultime vicende europee.

Quindi il presidente ha iniziato a parlare agganciandosi alle ultime vicende europee, a qualcosa che ultimamente è accaduto a livello europeo.

“Prendere lo spunto” è spesso più simile a “imitare”, invece “prendere le mosse” va usato proprio nel senso di agganciarsi a qualcosa, anche come un semplice “iniziare“, o “dare inizio“, o “fornire l’occasione giusta“. E’ più elegante però.

Nel mio racconto prendo le mosse dal 2019, quando è iniziata la pandemia

L’indagine ha preso le mosse da un altro procedimento penale che era già in corso

Il nostro progetto ha preso le mosse nel 2015 e da allora non ci siamo più fermati

Si tratta quindi di un modo diverso per indicare un inizio.

Se ci pensate, molto spesso accade che prendere e dare le mosse hanno lo stesso utilizzo:

Se si prendono le mosse da qualcosa o da qualcuno, è questo qualcosa o qualcuno che dà le mosse.

Se io prendo le mosse da te, tu dai le mosse a me.

Dipende quindi dal punto di vista da cui si guarda.

La pandemia ha dato le mosse ad una forte innovazione tecnologica

L’innovazione tecnologica prende le mosse dalla pandemia

Adesso ripassiamo: chi fa la prima mossa?

Sofie: la faccio io la prima mossa. Perché non rispolveriamo qualche espressione passata? Non fosse che per impressionare tutti sulle nostre capacità linguistiche?

Emma: Mi sta bene, ti darò manforte anche perché fortuna vuole che avevo questa frase pronta da illo tempore!

Hartmut: Io non mi preparo mai prima, ma non è una cattiva idea. La prossima volta lo farò anch’io, sperando di essere all’altezza della situazione.

Mariana: vabbè, tanto siamo qui apposta per migliorare no? E’ normale fare errori, vivaddio!

513 Togliersi un sassolino dalla scarpa

Togliersi un sassolino dalla scarpa (scarica audio)

Giovanni: Vi ricordate dello sfizio?

Ebbene, una forma particolare di sfizio è quella che consiste nel togliersi un sassolino dalla scarpa.

Lo sfizio, abbiamo detto, è qualcosa che si toglie, qualcosa che vogliamo toglierci. Anche i sassolini dalla scarpa è qualcosa che possiamo toglierci, che possiamo estrarre, tirar via dalla nostra scarpa.

Sono fastidiosi i sassolini quando entrano nelle scarpe, non è vero?

Per questo motivo non vediamo l’ora di toglierceli per ricevere questa soddisfazione.

Questa ovviamente è un’immagine figurata ma rende molto bene l’idea del fastidio.

Questa espressione si può usare quando non ce la fate più a sopportare una situazione. In genere si tratta di dire qualcosa a qualcuno tipo:

È un po’ di tempo che voglio dirti che non ti sopporto più!

Caro direttore, le posso dire una cosa? Lei è veramente un ignorante!

Ahhhhh, finalmente mi sono tolto questo sassolino dalla scarpa!

Adesso ripassiamo un po’ qualche espressione precedentemente spiegata.

Mariana: Ciao Irina, come stai? Senti, mi sto preoccupando, non parliamo da illo tempore.

Irina. Scusa Mariana, ero occupatissima. Sai, mi sono messa in proprio: Un piccolo caffè aperto solo da pochi giorni. Non ti dico guarda! È una mera pazzia con questa burocrazia.

Mariana. Davvero? Con questa notizia mi hai preso alla sprovvista. Allora adesso sei felice di brutto Finalmente ha preso corpo quello che sognavi già da tanto tempo. Beata te!

Irina: sono felice e ne ho ben donde. Infatti ho dovuto munirsi di pazienza, e dare fondo a tutte le forze per scavalcare le difficoltà burocratiche.

Mariana. Capisco, posso immaginarmelo. Adesso so perché avevi il tempo così risicato.

Irina: Eccome! Non si può eludere nessun obbligo dovendo avere tutte le carte in regola.

Mariana: E purtroppo bisogna mettere anche dei paletti al divertimento. Manca il tempo per togliersi lo sfizio di uno svago. Quasi vivessi solamente per il lavoro.

Irina: eh già, ma adesso bando alle ciance, perché non ci incontriamo e prendiamo un caffè insieme? Ti aspetto nel mio caffè. Se tanto mi dà tanto avremmo molto da raccontarci.

Mariana: Con tanto piacere. A dopo allora. Sto scalpitando di vederti.

512 All’altezza

All’altezza (scarica audio)

Giovanni: Siamo arrivati all’episodio n. 512 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Oggi parliamo dell’altezza. Precisamente parliamo di “essere all’altezza“, una locuzione che può essere usata in due modi diversi.

Prima di tutto, essere all’altezza di qualcuno, cioè di una persona, significa essere al suo livello.

Ad esempio posso dire:

Un pugile ha dimostrato di essere all’altezza del suo maestro.

Oppure:

Un pugile si è dimostrato all’altezza del suo maestro.

Queste due frasi, che hanno lo stesso significato, vogliono dire che un pugile ha dimostrato di essere un atleta bravo come il suo maestro.

Se parlo di qualcosa, e non di qualcuno:

Non sono all’altezza di fare questo esercizio

In questo caso sto dicendo che non sono in possesso dei requisiti per fare questo esercizio, ma si usa normalmente quando si parla di sfide e di compiti. Non sono all’altezza di affrontare questo compito, questa sfida:

In entrambi i casi, si ha un livello di riferimento. Questo livello è rappresentato da una persona (come “il suo maestro”) o la difficoltà di una sfida. 

Hai le capacità di superare questo livello? Ce la puoi fare? Allora sei all’altezza. Altrimenti non sei all’altezza di questo compito o di questa persona.

Normalmente, quando si vuole indicare un livello da superare, come un livello di preparazione o di bravura, si usa “essere in grado” di fare qualcosa, cioè essere capace di fare questa cosa.

Ma se si parla di altezza si parla di qualità globali, spesso anche morali. L’altezza viene spesso legata all’animo, alla moralità, alla magnanimità o alle facoltà intellettive in generale. 

Si usa spesso “essere all’altezza della situazione“, dove la situazione è proprio il compito da affrontare. Si parla quindi della capacità di saperne valutare la gravità, affrontando e risolvendo le difficoltà che presenta.

Ma l’altezza è anche un concetto geometrico: l’altezza di un triangolo, l’altezza di una piramide eccetera. 

Non è un caso che “essere all’altezza” si utilizza anche quando si danno indicazioni stradali, quindi se venite in Italia e chiedete indicazioni ad un italiano, tipo:

Scusi, dove si trova il museo delle cere?

Risposta:

Si trova all’altezza di Piazza Venezia.

Si parla di luoghi dunque e essere o trovarsi all’altezza di un luogo significa semplicemente “essere vicino“, “trovarsi vicino” a un luogo. Ma è una vicinanza che si utilizza specialmente per indicare un punto di riferimento per far capire dove si trova qualcosa esattamente o dove è avvenuto un evento esattamente.

Andate verso il centro, e quando vi trovate all’altezza  del Colosseo, provate a chiedere informazioni a qualcuno.

Quindi all’altezza sta per “vicino” un luogo, “presso” un luogo, “nelle vicinanze” di un luogo.

Stamattina, in via Giulia, all’altezza di piazza Esedra, c’è stato un incidente.

 Per lavori stradali chiude la strada che collega Roma a Fiumicino all’altezza di via della Magliana.

Questa strada che collega Roma a Fiumicino è abbastanza lunga, allora per far capire in quale punto ci saranno i lavori stradali, indico “via della magliana” come punto di riferimento generale.

Attenzione adesso, perché “essere all’altezza di un luogo” può anche indicare qualcosa che non ha sufficienti qualità.

Es:

Il ristorante dove siamo andati a pranzo oggi, al centro di Roma, non è all’altezza del luogo.

Significa che questo ristorante non raggiunge il livello di qualità richiesto. Da un ristorante che si trova in quel luogo ci si aspetta di più.

Quindi sto facendo un confronto tra ciò che mi aspetto e quello che ho notato.

Allo stesso modo posso dire:

Lo studente non è all’altezza del nostro liceo.

Nel senso che dal nostro liceo viene richiesto un livello di preparazione molto alto e lo studente non raggiunge questo livello.

Adesso vediamo se i membri dell’associazione Italiano Semplicemente si dimostrano all’altezza di un ripasso:

Komi (Congo): Oggi ho voluto togliermi lo sfizio di una lunghissima passeggiata, e strada facendo ho ascoltato alcuni episodi della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. C’è da dire che mi sono divertito di brutto, tant’è vero che l’ho fatto per 3 ore di fila. Mi sono proprio scatenato

 

32 – Il versamento e “verso pagamento” – ITALIANO COMMERCIALE

File audio  e trascrizione disponibile per i soli membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

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Durata: 9:24

Tipo file: MP3 & PDF

 

Descrizione

Oggi ci occupiamo del versamento, un termine che in ambito commerciale è molto importante.

Infatti un versamento è ogni operazione commerciale o bancaria consistente nel pagamento o nel deposito di una somma di denaro.

Quindi un versamento è un pagamento?

Quando io effettuo un versamento sto facendo un pagamento? Stiamo emettendo un pagamento?

Il 5° audio-libro della rubrica “due minuti con Italiano Semplicemente”.

𝑭𝒐𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒄𝒐𝒑𝒆𝒓𝒕𝒊𝒏𝒂: 𝑨𝒏𝒂𝒔𝒕𝒂𝒔𝒊𝒚𝒂 𝑺𝒂𝒏𝒄𝒉𝒆𝒛

2 minuti con Italiano Semplicemente – Episodi 401-500- (MP3+PDF)

Avercela con

Avercela con (audio)

espressioni idiomatiche italiane

due minuti con Italiano Semplicemente

Cosa significa avercela con una persona?

Ha due significati che mi appresto a spiegarvi.

Il primo utilizzo indica l’essere arrabbiati con una persona, o, più precisamente, provare rancore verso una persona.

Si usa in questo caso anche “prendersela con“, anche se è leggermente diverso usare questo verbo. Sono due verbi pronominali ma ognuno ha le sue carattetistiche.

Vediamo poi perché.

Avercela con una persona significa dunque serbare rancore verso questa persona per qualche cosa; qualcosa che è accaduto, qualcosa che questa persona ha fatto o che ha detto, e per questo motivo ci si sente offesi.

E allora posso dire che io ce l’ho con questa persona, o che io me la prendo con questa persona.

Perché ce l’hai con me?

Ce l’ho con te perché mi hai offeso. Mi hai detto stupido.

Cosa? Non puoi avercela con me per questo. Io scherzavo!

Quando ce l’hai con una persona, normalmente questo si dimostra attraverso un atteggiamento rancoroso, un atteggiamento pieno di rancore. Ma cos’è il rancore?

Tutto ha origine con un torto o un’offesa subita.

Il rancore è chiamato anche risentimento.

Come tutti i sentimenti è qualcosa che si prova, ma il verbo più adatto per il rancore è “serbare“, simile a “nascondere” dentro di noi.

Si può dire anche covare rancore. Il rancore è qualcosa che viene nascosto ma che può anche crescere, ed è per questo che si usa anche il verbo “covare“. Proprio come fa la gallina 🐔 quando cova il suo uovo 🥚. Lo nasconde e lo fa crescere.

Il rancore è dunque un’avversione, spesso profonda, covata nell’animo, dentro di noi, in seguito a un’offesa o a un torto ricevuto.

Bisogna dire che avercela con qualcuno è, comunque, un’espressione colloquiale, ed esprime in genere un sentimento più leggero, meno importante del rancore. Si usa dire anche “essere risentiti” con una persona. In questo caso si prova risentimento. Anche il risentimento in genere si usa per cose più importanti rispetto a “avercela con” qualcuno.

Spesso, quando ce l’hai con una persona, questo si manifesta attraverso il mostrarsi offesi, quindi semplicemente stando in silenzio, altre volte invece attraverso atti, conportamenti diversi, come una voce arrabbiata, parolacce, accuse, e a volte anche l’uso della violenza.

Vediamo adesso la differenza tra avercela con una persona e prendersela con una persona.

Quando ce l’hai con una persona, stai incolpando questa persona di qualcosa, ma si vuole indicare soprattutto il tuo rancore, il tuo sentimento verso di lei.

Se invece io me la prendo con questa persona, sto indicando la mia reazione.

Spesso si usano i due verbi indifferentemente, ma di solito “avercela con” indica il sentimento e “prendersela con” indica la reazione, e somiglia molto a “accusare“, “incolpare”.

Perché ce l’hai con me?

Ce l’ho con te perché mi hai detto che sono brutto e mi sono offeso. Sono un po’ risentito nei tuoi confronti

Non devi prendertela con me, ma con madre natura, che ti ha fatto così brutto!

Per capire bene la differenza, basti pensare che ce la si può prendere anche con cose diverse dalle persone.

Ad esempio potrei prendermela con la sfortuna, cioè incolpare la sfortuna, imputare alla sfortuna dei fatti negativi, ma non si usa dire “avercela con la sfortuna”, perché sarebbe come offendersi con la sfortuna, che non ha senso.

Casomai si usa dire che la sfortuna ce l’ha con me, quindi il contrario, come se la sfortuna mi avesse preso di mira, ma sappiamo bene che la sfortuna è cieca.

Così almeno si dice per indicare la sua imparzialità.

A volte però sembra veramente che ce l’abbia con noi.

Adesso vediamo il secondo uso di “avercela con“, che si può usare nel senso di rivolgersi ad una persona, parlare con una persona e non con un’altra.

Si usa in modo colloquiale quando ci può essere un dubbio riguardo alla persona con cui sto parlando.

Es:

“Adesso vai a fare i compiti”, dice il papà ad uno dei suoi figli.

Ma sono presenti due figli nella stanza. Marco e Paolo. Con chi sta parlando il papà?

Marco domanda allora:

Con chi ce l’hai papà?

Ce l’ho con Paolo, non con te.

Che significa:

Con chi stai parlando papà?

Sto parlando con Paolo, non con te.

Oppure:

A chi ti stai rivolgendo papà?

Mi sto rivolgendo a Paolo, non a te.

C’è da dire che a volte questa modalità si usa anche quando si è un po’ alterati, arrabbiati e può sicuramente apparire un po’ sgarbato, ma dipende anche dal tono che si usa, specie se si tratta di un sollecito:

Ehi, Paolo, ce l’ho con te, vuoi venire o no?

Comunque, che siate irritati o no, in questo caso non potete usare “prendersela con”.

Notate infine che “avercela con” ha questi due significati che vi ho detto solamente quando c’è la preposizione “con”.

Lo stesso vale per “prendersela“. In questo caso però se non usate alcuna preposizione, si tratta semplicemente di essere offesi:

Perché fai l’offeso?

Me la sono presa.

Perché te la sei presa così tanto? Dai, non fare l’offeso.

Me la sono presa perché non sei venuto alla mia festa di compleanno.

Quindi, ricapitoliamo: “avercela con” è una locuzione informale per indicare che una persona prova del rancore verso un’altra.

Io ce l’ho con te

Tu ce l’hai con me

Lui ce l’ha con tutti

Lei ce l’ha con la sorte

Noi ce l’abbiamo con l’arbitro

Voi ce l’avete con i professori

Loro ce l’hanno con tutti

Prendersela con” è abbastanza simile, ma indica più il colpevole e meno l’emozione verso questa persona.

Avercela con“, poi, si usa anche nel senso di parlare con una persona, rivolgersi e a lei, e spesso con un tono scocciato e sgarbato.

Infine, la preposizione “con” è importante e non si può togliere, altrimenti cambia il significato.

Ce l’ho fatta a finire l’episodio, e avercela fatta per me è molto importante.

Questo è un esempio di ciò che può accadere senza “con”.

Ce l’avete con me perché non vi faccio fare un esercizio di ripetizione?

Allora facciamolo, così poi se non riuscite a memorizzare non potete prendervela con me.

Ripeti anche tu:

Con chi ce l’hai?

Ce l’ho con Maria perché non mi chiama più.

Maria invece ce l’ha con suo fratello perché non le presta l’automobile.

Tu non dovresti prendertela con me. Io non c’entro coi tuoi problemi.

Non puoi prendertela per cosi poco.

Tutti se la prendono con me perché urlo sempre.

Se abbiamo problemi personali non è giusto prendersela con gli amici.

Perché quella faccia? Sembri risentito!

Il perdono è la chiave che sblocca la porta del risentimento

Allora, io adesso vi dico una cosa: sto per terminare l’episodio…… Ehi, ce l’ho con voi!

Esimere – VERBI PROFESSIONALI (n.66)

File audio e trascrizione disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

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Descrizione

Esimere è il verbo professionale n. 66. Un verbo molto professionale, adatto soprattutto con le responsabilità e i doveri morali. esimere, esimersi

511 Vivaddio

Vivaddio (scarica audio)

Siamo arrivati all’episodio n. 511 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente e stavolta riuscirò a rientrare nei due minuti di tempo.

Oggi parliamo del termine “vivaddio”, scritto generalmente in una sola parola,  che, secondo i dizionari, è un’esclamazione fortemente asseverativa, cioè è una esclamazione con la quale si afferma qualcosa con una certa decisione.

Questo episodio, vivaddio, durerà non più di due minuti!

Voi tutti state pensando che non ci riuscirò, ma, vivaddio, stavolta non accetto compromessi!

Si usa vivaddio quindi per dare maggiore efficacia a un’affermazione:

Se mi prendete in giro, dovrete fare i conti con me, vivaddio!

Se però si va a vedere l’utilizzo che se ne fa, basta guardare ad esempio le notizie su internet, si usa anche come alternativa a “fortunatamente“, con un senso a volte vicino a “era ora“, o anche “meno male” o “per fortuna che è così“. Chiaramente c’è un’allusione a Dio, e dire “vivaddio” è come in qualche modo ringraziare Dio che le cose stiano in questo modo.

Vediamo qualche esempio:

Da quanto tempo, vivaddio, l’Italia non giocava così bene una partita?

Hai sgridato tuo figlio tante volte, ma ora, vivaddio, ha finalmente capito.

Le parole nuove si dimenticano facilmente, ma vivaddio esistono i ripassi dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Ulrike: Giovanni chiede un ripassino. Ho sentore che alluda ad un nuovo episodio.

Komi: sì, ed è anche breve, quindi dobbiamo giocoforza fare un breve ripasso.

Irina: per quanto, i ripassi non dovrebbero essere conteggiati nei due minuti

Hartmut: E noi come di consueto, non ce la sentiamo di eludere compiti di questo tipo.

Bogusia: Così nel giro di qualche minuto il ripassino prenderà forma.

Carmen: Probabilmente non sarà il fior fiore dei ripassi, ma sicuramente non sarà un obbrobrio.

 

Sollevare da un incarico – ITALIANO PROFESSIONALE

File audio e trascrizione disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

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Descrizione 

Questa lezione del corso di Italiano Professionale, per non madrelingua, verte sulla sollevazione degli incarichi, vale a dire su una forma particolare di licenziamento.