L’Aventino – Il linguaggio della politica (Ep. n. 39)

L’Aventino (scarica audio)

L'AventinoTrascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Oggi vediamo il termine AVENTINO.

L’Aventino è una delle sette colline di Roma.

A Roma in realtà vengono chiamati colli.

I famosi sette colli di Roma. Del “Colle“, in particolare, abbiamo già parlato.

Uno di questi è l’Aventino.

Gli altri sei colli di Roma sono: Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale e Viminale.

Questi colli hanno un’importanza storica e culturale molto grande per la città di Roma, poiché su di essi si sono sviluppate alcune delle principali attrazioni turistiche, monumenti e luoghi di interesse della città.

Il termine AVENTINO viene utilizzato spessissimo nella politica italiana per indicare un movimento di opposizione o di contestazione.

Questo perché ai tempi degli antichi romani gli abitanti dell’Aventino, in gran parte artigiani e commercianti, come forma di protesta contro le decisioni dei Patrizi (le persone benestanti, quelle più ricche, la classe d’élite dell’antica società romana) si riunivano sull’Aventino e facevano una protesta non violenta.

Si parla di Aventino anche quando, nel 1924, quando c’è stata una storica protesta e molti deputati dell’opposizione rifiutarono di tornare nell’aula della Camera e partecipare ai suoi lavori. Si è trattato di una secessione nei confronti del governo Mussolini (il Duce) in seguito alla scomparsa di Giacomo Matteotti avvenuta nel giugno dello stesso anno.

Da allora, il termine “Aventino” è stato spesso utilizzato per indicare un’opposizione a un governo o a una decisione politica.

Non si tratta come detto di una rivolta violenta però.

La caratteristica dell’Aventino è il rifiuto di partecipare alla vita politica ed economica della città o del paese o al limite anche di un gruppo che fa attività politica, almeno fino a quando quelle richieste non verranno accettate. L’unica differenza rispetto ai tempi antichi è che oggi non si va più fisicamente sul colle dell’Aventino a protestare.

Vediamo qualche esempio:

Un partito ha deciso di sciogliere la sua sezione di Roma, a seguito di una serie di contrasti interni. Questo episodio è stato definito dalla stampa come un “Aventino interno” del partito , ovvero una sorta di protesta interna contro la linea ufficiale del partito.

Il partito di opposizione resterà sull’Aventino contro l’arroganza del governo.

Sulla decisione di eleggere come presidente il candidato indagato per mafia, il partito di opposizione sceglie l’Aventino: “impossibile un confronto democratico”, secondo i partecipanti alla protesta.

Se dunque dei parlamentari di un partito, anziché recarsi al parlamento e votare democraticamente, decidono di non partecipare alle votazioni, possiamo parlare di Aventino, una forte protesta, una forte opposizione a una decisione politica di qualunque tipo. L’impatto mediatico è sicuramente garantito, anche se non è detto ci siano risultati concreti dal punto di vista politico.

L’Aventino però può riguardare, sebbene si usi più raramente in questo modo, anche il popolo, non solo un gruppo parlamentare.

I cittadini, che protestano per l’aumento delle tasse, dicono: “staremo sull’Aventino fino a quando il governo non cambierà idea”.

L’obiettivo è sempre quello di ottenere un risultato protestando contro una decisione politica.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio della politica.

– – – – – – – –
Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Il malcostume – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 38)

Il malcostume (scarica audio)

Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Oggi vediamo il termine malcostume.

Questo termine deriva chiaramente da male (cattivo, negativo) + costume.

Il termine “costume” non si riferisce in questo caso al costume da bagno.

Sappiamo che il termine costume indica infatti anche un capo d’abbigliamento. Il costume si indossa al mare, al lago o in piscina.

Il termine costume però si usa anche per indicare gli usi, le tradizioni o le prassi di un popolo una comunità oppure all’interno di un sistema politico o di una determinata istituzione.

Il “malcostume” (si scrive tutto attaccato) si riferisce a un comportamento o una pratica (o condotta) socialmente inaccettabile, considerata volgare, indecente o immorale. Non si usa solamente parlando di società e politica.

Può anche indicare un abbigliamento o uno stile inappropriato, che viola i canoni culturali o di buon gusto.

Il malcostume può però variare a seconda del contesto culturale, delle norme sociali e delle convenzioni di una determinata comunità.

Ad esempio, ciò che potrebbe essere considerato un malcostume in un certo paese o in un ambiente lavorativo, potrebbe essere accettabile in un ambiente informale o durante certe occasioni sociali o in altri paesi.

L’uso del termine “malcostume” può variare anche a seconda del contesto specifico. La politca è appunto uno di questi.

In particolare in questo contesto il malcostume viene “denunciato” o “condannato“.

Ad ogni modo può essere utilizzato per riferirsi a comportamenti o abbigliamenti provocatori, volgari o di cattivo gusto.

Può essere impiegato per criticare l’eccessiva esibizione del corpo, l’uso di un linguaggio volgare o osceno, la mancanza di rispetto per le norme sociali o l’abbigliamento inappropriato per un determinato evento.

In generale viene utilizzato per sottolineare la non conformità alle aspettative sociali riguardanti il comportamento e l’abbigliamento.

Spesso viene associato a un giudizio negativo sulla condotta delle persone coinvolte. Per condotta si intende il comportamento abituale di un individuo nei suoi rapporti sociali. Anche a scuola esiste la condotta. In particolare esiste il “voto in condotta” che è un giudizio dato sul comportamento sociale dello studente.

In contesti politici, il malcostume può essere utilizzato per riferirsi a comportamenti o pratiche ritenute moralmente o eticamente inappropriati da parte di politici o figure pubbliche. Si denuncia nel senso che si dichiara pubblicamente che c’è un comportamento negativo che va condannato, che non va bene perché nuoce, va male alla società.

Parliamo del “costume politico“, che in particolare riguarda le norme non scritte o le convenzioni che governano il comportamento dei politici, i processi decisionali e le dinamiche delle istituzioni politiche.

Ad esempio, il “costume politico” può riguardare l’etica nella politica, come il rispetto delle regole di trasparenza e l’onestà.

Quando si parla di “malcostume” in un contesto politico, ci si riferisce pertanto a comportamenti o pratiche che violano (attenzione all’accento) o sono contrari a queste norme non scritte.

Ad esempio la corruzione, l’uso abusivo del potere, la violazione delle regole etiche o la mancanza di rispetto per il processo democratico possono essere considerati forme di “malcostume” politico.

Il nepotismo, la tangente (ne abbiamo già parlato, ricordate?) o l’abuso di potere per ottenere benefici personali o finanziari illeciti.

Ogni comportamento sleale può comunque essere condannato e segnalato come malcostume. Il termine potrebbe essere infatti utilizzato per condannare azioni sleali o scorrette durante le campagne elettorali, come la diffusione di informazioni false o calunniose sugli avversari politici.

Un abuso di autorità ad esempio. Il malcostume potrebbe essere menzionato per indicare l’uso improprio del potere o l’abuso di autorità da parte di politici, ad esempio nel caso di violazioni dei diritti umani o della libertà di stampa.

Il termine potrebbe essere impiegato anche per criticare politici che non rispettano le regole etiche o le norme di comportamento attese, come l’utilizzo di informazioni riservate a proprio vantaggio o la mancanza di trasparenza nelle attività politiche.

L’aggettivo “scostumato” è interessante perché questo aggettivo viene utilizzato per descrivere generalmente una singola persona o un comportamento che è considerato volgare, indecente o moralmente inaccettabile.

Il malcostume indica invece, in genere, un comportamento non di un singolo, ma di un gruppo, di una parte di una comunità: una abitudine diffusa.

Scostumato si usa per un individuo che si comporta in modo contrario alle norme sociali, anche in maniera provocatoria o offensiva: l’uso di un linguaggio volgare, gesti osceni o abbigliamento provocante, uno stile inappropriato, che viola (notate sempre l’accento. Il verbo è violare) i canoni culturali o di buon gusto. Un aggettivo, questo, che non si usa in genere parlando di politica.

Se una persona va in giro nuda si può dire che è una persona scostumata.

È un sinonimo di “volgare” e sintomo di cattiva educazione. È però un aggettivo abbastanza formale. Gli adolescenti e i giovani non lo usano. In tv si sente a volte ma è pronunciato da persone educate che non vogliono essere volgari.

Vediamo qualche esempio di come usare il termine malcostume:

Bisogna colpire il malcostume diffuso attraverso la vigilanza e il controllo.

È necessario prevenire il malcostume all’interno della magistratura.

Troppe persone non fanno correttamente la raccolta differenziata dei rifiuti. Questo malcostume è irrispettoso nei confronti della legge.

Dilaga (verbo dilagare, che indica una diffusione nella società) il malcostume tra i dipendenti pubblici nel comune, troppo facilmente corrompibili dalla malavita organizzata.

Avrete capito che il malcostume va combattuto, va condannato, va demonizzato, perseguito e prevenuto in ogni ambito perché è un male di una società e potrebbe dilagare. Ho usato anche il verbo perseguire. Meglio se lo spieghiamo nel prossimo episodio dedicato al linguaggio della politica.

Alla prossima.

– – – – – – – –

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

La Tachicardia – IL LINGUAGGIO DELLA SALUTE (Ep. n. 4)

La Tachicardia (scarica audio)

Trascrizione

cuore tachicardia

Giovanni: Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della salute.

Buongiorno Anthony

Anthony: buongiorno a te Giovanni.

Giovanni: è arrivato il momento di spendere qualche parola sulla tachicardia. Che ne pensi?

Anthony: ottima idea! Parliamo del cuore che batte troppo velocemente.

Giovanni: lo chiedo a te perché sei un medico e voglio farti qualche domanda sulla quale sarai sicuramente ferrato!

Anthony: mi auguro di sì!

Giovanni: bene, cerchiamo di spiegare qualche termine e espressione particolare legati a un disturbo del cuore come la tachicardia.

Innanzitutto, come tanti altri disturbi, il termine Tachicardia termina con – cardia.

In generale, il suffisso “-cardia” viene utilizzato per descrivere qualsiasi cosa che riguardi il cuore, non solo disturbi, come ad esempio procedimenti medici, farmaci e trattamenti terapeutici: l’elettrocardiogramma ad esempio.

Anthony: La Tachicardia, in particolare è un disturbo cardiaco caratterizzato da un aumento della frequenza cardiaca a riposo, ovvero il cuore batte più rapidamente rispetto alla norma.

Giovanni: ma che significa “a riposo” quando parliamo di frequenza cardiaca a riposo?

Anthony: “A riposo” significa senza fare sforzi. Quando si parla di frequenza cardiaca “a riposo“, ci si riferisce alla misurazione del battito cardiaco in condizioni di totale relax, in cui il corpo non è sotto stress o sotto l’influenza di fattori esterni che possano aumentare il battito cardiaco. Il contrario è “sotto sforzo” cioè durante un esercizio fisico intenso. Il battito aumenta quando facciamo sforzi chiaramente.

Giovanni: “A riposo” chiaramente si scrive con la a senza acca! Si tratta della preposizione “a”, che ha lo stesso ruolo in altre locuzioni simili, come “a caldo”, “a freddo”, “a iosa“, “a cavolo”. In pratica la preposizione “a” ha la funzione di specificare il modo in cui viene eseguita un’azione.

Ma partiamo dalle basi: il cuore è l’organo muscolare che pompa il sangue attraverso il sistema circolatorio.

Il cuore quindi pompa il sangue, lo fa scorrere, lo spinge grazie al suo continuo pompaggio. Il cuore stesso è una pompa. Pompa è anche sostantivo.

Il verbo “pompare” viene spesso utilizzato per descrivere l’azione del cuore, in quanto il cuore è un organo muscolare che si contrae e si rilassa per spingere il sangue attraverso le arterie e le vene del corpo. In questo senso, si può dire che il cuore pompa il sangue nel sistema circolatorio.

Quindi abbiamo scoperto anche questi due verbi: contrarsi e rilassarsi. Il cuore si contrae e si rilassa.

Poi abbiamo già usato la parola “disturbo” per indicare che qualcosa non va, qualcosa non funziona bene nel nostro corpo o nella nostra mente. Non c’è nessuno che “disturba” ma c’è qualcosa che crea un disturbo, diciamo un malfunzionamento.

Anthony: In ambito medico, la parola “disturbo” viene utilizzata per indicare un insieme di sintomi o di comportamenti che causano un disagio significativo nella vita di una persona e che sono considerati clinicamente rilevanti.

Giovanni: I disturbi possono essere di natura mentale, emotiva o fisica. Ci sono i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia, disturbi del sonno, disturbi dell’alimentazione, disturbi della personalità, disturbi dell’attenzione e iperattività, tra gli altri. Hai parlato dei “sintomi” che causano un disagio. Un’altra parola interessante.

I sintomi sono le manifestazioni o le sensazioni che una persona percepisce come indicazioni di un problema di salute o di un disturbo fisico o mentale. Sono dei segni evidenti di una malattia o di un disturbo, come il dolore, la febbre, la tosse, la nausea, la vertigine, la stanchezza, il prurito, l’irritazione, la perdita di appetito, il cambiamento dell’umore, ecc.

Dunque si diceva che il cuore pompa il sangue. Poi si è detto che si contrae e si rilassa. Ma il cuore batte anche. Se il cuore batte, allora siamo vivi. Il cuore batte continuamente. Allora esiste il cosiddetto battito cardiaco, cioè il battito del cuore.

Anthony: I battiti cardiaci sono le contrazioni del cuore (ogni volta che il cuore si contrae abbiamo una contrazione) che spingono il sangue attraverso le arterie e le vene. Ogni volta che il cuore batte, cioè che si contrae, assistiamo ad un battito cardiaco.

Giovanni: Che battito cardiaco bisogna avere? Quale battito cardiaco è considerato normale?

Anthony: Il battito cardiaco normale varia a seconda dell’età, del livello di attività fisica e di altri fattori. In media, il battito cardiaco a riposo di un adulto sano dovrebbe essere compreso tra 60 e 100 battiti al minuto (si usa la sigla bpm, tre lettere che sono le iniziali di battiti al minuto).

Tuttavia, il battito cardiaco può variare notevolmente da persona a persona. In generale, se è inferiore a 60 bpm è considerato bradicardia. In pratica questo accade quando il cuore batte troppo lentamente.

Giovanni: E’ grave?

Anthony: Diciamo che dipende. Alcune persone possono avere un battito cardiaco più lento o più veloce rispetto alla media senza che ciò rappresenti un problema di salute. Un battito cardiaco inferiore a 60 bpm può essere considerato normale per alcune persone, specialmente per gli atleti o per coloro che hanno una buona forma fisica. In questi casi, il cuore è in grado di pompare una maggiore quantità di sangue con ogni battito.

Giovanni: il che significa….

Anthony: il che significa che il battito cardiaco può essere più lento ma comunque efficace nel fornire ossigeno e nutrienti al corpo. Tuttavia in molti casi la bradicardia potrebbe essere associata a sintomi come stanchezza, vertigini o svenimenti. D’altra parte, un battito cardiaco superiore a 100 bpm è considerato tachicardia.

Giovanni: ma da cosa dipende?

Anthony: può essere causato da una serie di fattori, tra cui lo stress, l’ansia, l’esercizio fisico intenso, la febbre e altre condizioni mediche.

Giovanni: Stiamo parlando quindi della “frequenza cardiaca“: il numero di battiti cardiaci al minuto.
Abbiamo anche nominato le vene e le arterie: è li che scorre il sangue. Si chiamano “vasi sanguigni“, e servono a trasportare il sangue dal cuore ai tessuti e agli organi del corpo. I “vasi” normalmente servono solamente a contenere, sono dei contenitori, ma i vasi sanguigni contengono e anche trasportano il sangue.

L’aggettivo sanguigno è interessante perché può anche essere usato in senso figurato per definire una persona. Ci si riferisce alle sue caratteristiche emotive o psicologiche. Una persona “sanguigna” si usa per indicare una personalità passionale, impetuosa o impulsiva. Una persona con “un temperamento sanguigno” o che ha “un’irruenza sanguigna”. Non si tratta d persone moderate e riflessive, ma non è detto sia negativo come aggettivo associandolo ad una persona. Viene spesso associato a passione, forza e vitalità, e allora è positivo, ma può anche essere interpretato in modo negativo se utilizzato per descrivere una personalità impulsiva o aggressiva.

Tornando alle arterie e alle vene, fanno lo stesso lavoro? Cosa hanno di diverso le arterie dalle vene? Sono entrambi vasi sanguigni, ma cosa li distingue?

Anthony: Le vene fanno l’opposto delle arterie: sono i vasi sanguigni che portano il sangue dai tessuti e dagli organi al cuore. Le vene poi hanno pareti più sottili e meno elastiche rispetto alle arterie.

Poi ci sono anche i capillari, che sono sempre vasi sanguigni, ma sono i più piccoli vasi sanguigni e hanno pareti molto sottili che consentono lo scambio di sostanze tra il sangue e i tessuti.

Giovanni: capillare somiglia non a caso alla parola “capello”. La cosa più sottile che abbiamo.

E’ interessante come il termine “arteria” si usi anche parlando di strade e autostrade. A Roma ad esempio ci sono parecchie arterie che portano le macchine dentro e fuori la città.

Le arterie stradali o autostradali sono dunque una metafora che si riferisce alle principali strade di comunicazione che attraversano una regione o un paese o che collegano una città con la periferia o diverse città e regioni tra loro. Queste strade sono spesso chiamate “arterie” per il loro ruolo fondamentale nel trasporto di persone, beni e servizi attraverso un territorio, così come le arterie del sistema circolatorio che trasportano il sangue dal cuore ai tessuti del corpo.

Ma torniamo alla tachicardia. Da cosa può essere causata?

Anthony: Oltre all’ansia, lo stress, la febbre, l’ipertiroidismo, anche da abuso di sostanze come la caffeina o l’alcol, o anche da patologie più gravi come le aritmie cardiache o le malattie cardiache.

Giovanni: Accidenti, quest’ansia è davvero pericolosa! Lo chiedo ad Estelle, la nostra farmacista francese.

Estelle: Ciao a tutti! Già, l’ansia è veramente pericolosa. E non dobbiamo bere troppo caffè né bere troppo alcool. Mi raccomando.

Giovanni: grazie Estelle. Tu ci parlerai nel prossimo episodio della sana alimentazione, una cosa a cui in Italia teniamo parecchio. Intanto però dicci una cosa: quanti caffè si possono bere ogni giorno per non avere la tachicardia? E quanti bicchieri di vino italiano (o francese!) ci sono consentiti?

Estelle: Purtroppo in medicina la risposta è sempre la stessa: dipende! Parlando in generale però, se parliamo di caffè italiani (quindi molto corti, serviti in una tazzina) tre caffè sono sufficienti e anche salutari per un adulto. In media si ritiene che un consumo moderato di caffeina sia di circa 400 mg al giorno.

Giovanni: che corrispondono più o meno a 3 o al massimo 4 caffè (fatti con la moka) ogni giorno. Quindi massimo 3 caffè al giorno. E vino? Quanto ne possiamo bere? Dipende anche qui?

Estelle: Hai indovinato! Il consumo di birra e vino (e altri alcolici) può causare tachicardia in alcune persone, e la quantità che può essere consumata senza sviluppare tachicardia dipende da diversi fattori individuali. Per questo motivo, è importante prestare attenzione ai segnali del proprio corpo e limitare il consumo di alcol se si sperimentano sintomi come battito cardiaco accelerato o palpitazioni.

Giovanni: palpitazioni? E cosa sono? Come la tachicardia?

Anthony: Non esattamente. Le palpitazioni sono una sensazione soggettiva di un battito cardiaco irregolare, accelerato o “saltellante”. Spesso sono descritte come un “battito cardiaco forte”, o “sensazione di avere il cuore in gola” o una “sensazione di farfalle nello stomaco”.

Giovanni: le farfalle nello stomaco? Io credevo che solo quando siamo innamorati si sentono le farfalle nello stomaco!

Anthony: non è un caso infatti. Anche in quel caso il cuore può accelerarsi.

Giovanni: Avere o sentire le “farfalle nello stomaco” è un’espressione comune usata per descrivere una sensazione di eccitazione o ansia che si manifesta nell’area dello stomaco. Questa sensazione può essere associata a diverse situazioni, come quando si è innamorati, quando si è ansiosi o quando si è nervosi per un evento importante.

Quando siamo esposti a situazioni stressanti o eccitanti (io preferisco queste), c’è un aumento del flusso sanguigno verso gli organi vitali, compreso lo stomaco. Questo aumento del flusso sanguigno può causare la sensazione di formicolio o, appunto, di farfalle nello stomaco.

Con le farfalle nello stomaco possiamo concludere questo episodio. Un saluto a tutti e ci vediamo al prossimo episodio dedicato alla salute in cui parleremo della sana alimentazione.

Estelle: Ciao a tutti

Anthony: un saluto anche da me! Il vostro dottorino!

– – – – – – – –
Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Insorgere – POLITICA ITALIANA (Ep. n. 37)

Insorgere (scarica audio)

Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Oggi vediamo il verbo insorgere, usato quasi esclusivamente in ambito politico. Vediamo perché.

Il verbo “insorgere” significa “opporsi attivamente” o “ribellarsi” a qualcosa o qualcuno che viene percepito come ingiusto o inaccettabile.

In ambito politico, il termine viene spesso utilizzato per riferirsi a movimenti di protesta, manifestazioni, scioperi e rivolte popolari contro governi, istituzioni o decisioni ritenute discriminatorie o dannose.

Il verbo “insorgere” è spesso usato in ambito politico soprattutto perché si riferisce a un’azione collettiva di protesta o di ribellione contro un sistema o un’autorità che viene percepita come illegittima o ingiusta.

Si tratta di una protesta collettiva dunque, che possiamo chiamare col termine insurrezione.

È un verbo che esprime un forte senso di opposizione e di resistenza. Una resistenza attiva, e quindi viene usato soprattutto in contesti di conflitto sociale e politico.

Insorgere” somiglia ad altri verbi che esprimono un’azione di opposizione o di resistenza, come “protestare”, “opporsi”, “ribellarsi”, “sollevarsi”, “alzarsi”, “manifestare”.

Tutti questi verbi si riferiscono a un’azione di opposizione attiva e possono essere usati in contesti simili.

Quando dico “attiva” intendo che questa insurrezione ha un obiettivo preciso, vuole contrastare, vuole opporsi con l’obiettivo di ottenere un risultato. Una resistenza attiva non è una resistenza che serve solo a resistere, ad allungare la sofferenza o la vita.

Il verbo “insorgere” ha chiaramente a che fare con il verbo “sorgere” che a prima vista sembrerebbe riguardare solamente il sole, che sorge ogni mattina.

In realtà anche una domanda può sorgere. Spesso si dice che una domanda “sorge spontanea” .

Molto simile al verbo nascere. Un sospetto può ugualmente sorgere. Anche un edificio o una montagna possono farlo.

L’edificio sorge a fianco del parlamento

La casa abusiva è sorta in una sola notte

La maestosa montagna sorgeva all’orizzonte, dominando la vista con la sua imponenza.

Può sorgere anche un’idea o un problema, o un dubbio.

Mi sorge un dubbio

È appena sorto un problema

L’idea è sorta dalla geniale mente di Marco

Molto spesso si tratta di una nascita improvvisa, di una crescita inaspettata.

C’è un legame tra sorgere e insorgere perché entrambi derivano dal latino “surgere“, che significa infatti “alzarsi” o “elevarsi“, proprio come fa il sole la mattina, quando si alza in cielo per illuminare il mondo.

“Insorgere” invece significa letteralmente “alzarsi contro qualcosa” o “elevarsi in opposizione“.

In questi casi di insurrezione o protesta collettiva, protesta di massa, si parla anche di un “sollevamento di protesta” come ad esempio un sollevamento popolare.

Ad insorgere può essere il popolo in generale, magari contro una decisione del governo che non li trova d’accordo, oppure può insorgere un gruppo parlamentare o l’insieme dei dipendenti di un’azienda, o anche i sindacati dei lavoratori.

Perché l’uso del prefisso “in“? Se è sorta questa domanda, vi rispondo subito. “In” indica una sorta di inversione di una situazione data. Scusate il gioco di parole.

Cosa viene invertito? È Il senso del verbo sorgere.

Sorgere” significa infatti “alzarsi” in senso positivo, mentre “insorgere” significa “alzarsi” in senso negativo, ovvero contro qualcosa o qualcuno.

Accade spesso questo con la preposizione in. Pensate a credibile e incredibile, pensate a indimenticabile o a intollerante.

Chiarito quest’ultimo dubbio, ci vediamo al prossimo episodio di italiano dedicato al linguaggio della politica.Anzi no…

Vediamo altri 10 esempi di uso del verbo insorgere perché mi sono appena ricordato di altri due utilizzi particolari del verbo insorgere. Prima faccio gli esempi e poi ve ne parlo:

1. Il partito di opposizione insorge contro la nuova legge fiscale proposta dal governo.
2. I cittadini insorsero contro la corruzione dilagante nel loro paese.
3. Se non si prendono misure adeguate, il conflitto potrebbe insorgere nuovamente.
4. Dopo l’ultimo scandalo politico, molti gruppi di attivisti sono insorti per chiedere riforme.
5. La popolazione è insorta contro il regime autoritario che governava il paese.
6. Il sindacato è insorto contro la decisione dell’azienda di licenziare centinaia di lavoratori.
7. La tensione tra i due paesi insorge periodicamente a causa della disputa territoriale.
8. Dopo le elezioni, i sostenitori del partito vincitore sono insorti in festa nelle strade.
9. I giovani studenti sono insorti in protesta contro le misure di austerità del governo.
10. Non appena si è diffusa la notizia della nuova tassa, la popolazione è insorta in massa contro il governo.

Nell’esempio n. 3 vediamo che anche un conflitto può insorgere. In questo caso sta per nascere all’improvviso, crescere inaspettatamente e/o molto velocemente. Lo stesso vale con la tensione, quando insorge, come nell’esempio n. 7. Sempre di fenomeni collettivi parliamo però.

Infine, nell’esempio n. 8, “insorgere in festa“, non ha nulla a che fare con la protesta e la ribellione. Questa è un’espressione invece che indica una specie di festeggiamento di massa, un’occasione di festa collettiva.

Potrei anche dire che:

Dopo la vittoria del campionato del mondo, i tifosi sono insorti in festa.

Se vogliamo restare nella politica, un altro esempio può essere:

Dopo la notizia della liberazione del prigioniero politico, la popolazione è insorta in festa per celebrare il ritorno della libertà.

Adesso posso salutarvi veramente.

Alla prossima.

– – – – – – – –

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

La solerzia (ep. 932)

La solerzia (scarica audio)

Trascrizione

Devi essere solerte!

Te l’hanno mai detto?

Parliamo della solerzia.

L’idea della rapidità è la prima cosa che viene in mente, e per questo essere solerte può anche sostituirsi con essere rapido, agire rapidamente, fare in fretta.

La rapidità è un aspetto importante della solerzia, ma non è l’unico. Non basta dire:

Sbrigati!

Devi fare in fretta!

Non stiamo aspettando la fidanzata che scende per andare cena!

E non stiamo neanche facendo una gara di velocità.

La solerzia è un termine che indica anche la prontezza e l’efficienza nel compiere un’azione o un lavoro.

Si usa per descrivere una persona che agisce con rapidità ma anche diligenza, senza perdere tempo inutilmente.

Per essere solerti, è importante essere organizzati e pianificare bene il proprio lavoro in modo da poterlo svolgere con efficienza. Inoltre, bisogna essere motivati e avere una forte volontà di portare a termine le cose.

La solerzia può essere sostituita da altri termini come “diligenza”, “impegno”, “metodo”, prontezza o “efficienza” però quando lo facciamo ci perdiamo sempre qualcosa.

Tipo:

Bisogna agire con solerzia

Questo vuol dire, tra le altre cose:

Bisogna agire con prontezza

Bisogna agire con metodo

Bisogna agire con diligenza

Però bisogna anche fare in fretta e con precisione.

Inoltre la solerzia ha un’accezione positiva molto forte, che implica un senso di responsabilità e un forte impegno personale.

La solerzia possiamo usarla in molti contesti, sia nella vita privata che nel mondo del lavoro. Non è un caso che la parte finale della parola solerte deriva da “arte”, nel senso di attività e lavoro.

Ad esempio, si può parlare di solerzia nell’affrontare un progetto, nel rispondere alle richieste dei clienti, nella cura della propria salute o nella gestione del proprio tempo.

In generale, la solerzia è apprezzata in ogni ambito in cui viene richiesta efficienza e rapidità d’azione.

Certo, non è un termine che fa parte più di tanto del linguaggio quotidiano.

Questo è vero, ma resta comunque un termine corretto e di uso comune in molti contesti, soprattutto, ripeto, nel mondo del lavoro.

Possibili sinonimi di solerte possono essere anche meticoloso e zelante. Oppure alacre, attivo, laborioso o anche scattante.

Invece come opposto possiamo usare sicuramente negligente, pigro o svogliato.

Adesso ripassiamo parlando di attualità.

Anthony: Ragazzi riuscite a capacitarvi dei due avvenimenti storici che si sono verificati la settimana scorsa? Era daillo tempore che non vedevamo una incoronazione e nientepocodimeno che uno scudetto in mano al Napoli.

André: sebbene io faccia il tifo per un’altra squadra, i festeggiamenti dei tifosi del Napoli mi hanno fatto venire la pelle d’oca! Della incoronazione del Re Carlo me ne frego bellamente!

Danielle: Ma questo è un atteggiamento assai ingeneroso nei confronti delle tradizioni di una grande nazione. Datti una regolata!Scherzo, scherzo. Del re non è che me ne importi granché neanche a me.

Marcelo: sullo scudetto del Napoli, dico che è meritatissimo. Nulla quaestio.
Quanto al Re Carlo, porta sul groppone una grande responsabilità, soprattutto perché viene dopo sua madre; ma pare bruttonon dargli fiducia. Direi che è doveroso.

– – – – –

Esempi di utilizzo del termine solerzia

1. Essere solerti nel rispondere alle email dei clienti è fondamentale per mantenere una buona reputazione aziendale.
2. Il team di soccorso è stato solerte nel rispondere alla chiamata di emergenza.
3. I dipendenti sono solerti nel rispettare le norme igieniche e di sicurezza sul lavoro.
4. La segretaria è sempre molto solerte nell’organizzare gli appuntamenti del suo capo.
5. Il volontariato richiede persone solerti e disponibili a dedicare il proprio tempo agli altri.
6. La polizia ha agito in modo solerte per fermare i fuggitivi.
7. La squadra di manutenzione è stata solerte nel riparare il guasto dell’ascensore.
8. La guida turistica è stata molto solerte nel rispondere alle domande dei turisti.
9. Gli studenti solerti hanno ottenuto i migliori voti agli esami.
10. La squadra di produzione è stata solerte nel consegnare il progetto in tempo utile.

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

ISCRIVITIENTRA

Le Analisi del sangue – Il linguaggio della salute (ep. 3)

Le Analisi del sangue (scarica audio

Giovanni: ecco il terzo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio della salute.

Dopo aver parlato dell’ansia e prima ancora delle iniezioni, oggi ci occupiamo delle analisi del sangue.

Perché? Semplicemente perché dopo aver fatto le analisi del sangue, si aspettano i risultati, spesso con ansia!

Andrè Arena
Andrè Arena, corrispondente in Brasile (Araraquara, San Paolo) di Italiano Semplicemente

Scherzi a parte, oggi ci farà compagnia André Arena, che gestisce un centro analisi in Brasile, nei pressi della città di San Paolo.

Per prima cosa, le analisi del Sangue vengono anche dette “esami del sangue”, sebbene analisi sia un termine più usato, sia dai medici, sia dalla popolazione in generale, perché il sangue va in effetti analizzato per vedere..

André: per vedere se tutto è a posto.

Giovanni: grazie André, ma stavo dicendo che spesso si chiamano anche esami perché in fondo si fa una valutazione di alcune caratteristiche del sangue, caratteristiche che emergono appunto dalle analisi.

Ho appena usato il verbo “emergere“, che si usa sempre per tutte le analisi mediche.

Dalle analisi emerge sempre qualcosa, di buono o di cattivo.

André: scusatemi! Ho dimenticato di dire buongiorno a tutti!

Giovanni: vabbè, meglio tardi che mai! Dicevo che emergere si usa spesso parlando di esami e analisi mediche:

Dalle analisi non emergono elementi di preoccupazione.

André: dalle analisi emerge un livello eccessivamente alto del colesterolo.

Giovanni: André, per quale motivo nel tuo centro le persone vengono a fare le analisi?

André: generalmente è il dottore che prescrive le analisi.

Giovanni: cosa fa il dottore?

André: il medico prescrive le analisi al paziente.

Giovanni: interessante il verbo prescrivere, soprattutto perché non si usa solo in medicina.

In ambito medico significa ordinare come terapia. Es:

il medico gli ha prescritto un antibiotico.

Il medico mi ha prescritto delle analisi del sangue.

Si usa però anche parlando di leggi e regolamenti:

la legge prescrive obblighi precisi

il regolamento prescrive che le decisioni siano prese all’unanimità.

Notate che quando uso “prescrive che” va usato poi il verbo al congiuntivo.

Se il congiuntivo mi sta antipatico posso usare la preposizione “di”:

La legge prescrive di mantenere il segreto nell’interesse dello Stato.

André: Il medico ha prescritto di prendere questo medicinale due volte al giorno.

Giovanni: Anche i reati si possono prescrivere però, ma in questi casi non bisogna compiere un reato perché ce l’ha prescritto il medico. Siamo sempre in ambito di giustizia.

Nella giustizia si usa l’espressionecadere in prescrizione“, a proposito, oltre che di diritti o di reati, di impegni o rapporti soprattutto sociali e affettivi che decadono o si annullano.

Ma torniamo alle analisi del sangue. André, mi descrivi come avvengono queste analisi?

André: tecnicamente si deve fare un prelievo del sangue attraverso una iniezione.

Giovanni: Una iniezione di fiducia?

André: no, magari! Purtroppo va fatta un’iniezione al braccio.

Giovanni: delle iniezioni sicuramente i nostri ascoltatori si ricorderanno del primo episodio della rubrica.

André: non avete parlato del prelievo però!

Giovanni: facciamolo adesso. Si tratta di una operazione di prelevamento. Si preleva una piccola quantità di sangue in questo caso.

Il sangue non è l’unica cosa che si può prelevare però.

Si può prelevare anche un campione di un tessuto, a scopo diagnostico. Ma esiste anche il prelievo al bancomat. In questo caso si prelevano i soldi.

Prelevare sta per “far uscire” qualcosa.

Ma per fare un prelievo di sangue cosa occorre?

André: prima si disinfetta il punto in cui si fa l’iniezione.

Giovanni: si disinfetta, cioè si tratta quella parte del braccio con un disinfettante, si sottoporre il punto a disinfezione. Perché si deve evitare l’infezione. “Trattare”, nel linguaggio medico, significa curare una malattia, un malanno con un certo rimedio. Si può trattare una ferita con del disinfettante, oppure si può trattare chirurgicamente un tumore. In questo caso si deve trattare il braccio con un disinfettante. Si tratta (scusate il gioco di parole!) del “trattamento”. Trattare in questo caso è simile ad “applicare”. Anche il laccio emostatico, che serve a arrestare la circolazione del sangue sul braccio, si può applicare. Infatti che si fa dopo aver trattato il braccio con il disinfettante?

André: poi si prende un laccio emostatico e si applica all’inizio del braccio.

Giovanni: e poi si infila l’ago.

André: esattamente. Poi il sangue dove va a finire?

Giovanni: lo chiedi a me?

André: no, lo chiedevo agli ascoltatori!

Giovanni: ah, e come si chiama quel piccolo contenitore in cui si mette il sangue dopo che è stato prelevato?

Provette
Le provette

André: si chiama provetta.

Giovanni: sai André come possiamo chiamare una persona che ha acquistato una certa esperienza e abilità in una professione o in uno sport? 

André: come?

Giovanni: proprio provetta!

Questo è anche un aggettivo infatti.

Un cuoco provetto

Una insegnante provetta

Un avvocato provetto

Un calciatore provetto

È un modo simpatico e non troppo formale per indicare che una persona sa fare bene qualcosa anche se non è ancora espertissimo. Non si dice normalmente di persone anziane.

André: allora ormai sono un tecnico provetto! Potete fidarvi di me!

Giovanni: senti André, allora essendo ormai provetto nel tuo mestiere, saprai spiegare cosa sono i “parametri” quando parliamo delle analisi del sangue.

André: i parametri? Un parametro è un termine o valore di riferimento, un criterio di giudizio.

Giovanni: ad esempio?

André: ad esempio riguardo il colesterolo, quello cosiddetto “buono”, cioè il colesterolo HDL, deve essere maggiore di 40 mg/dl. Questo è il parametro di riferimento.

Giovanni: il termine parametro infatti contiene la parola “metro” e questa parola si usa spesso per indicare un giudizio o un confronto. Il metro non è solo una misura della distanza, ma anche un criterio soggettivo di giudizio.

Ognuno quando giudica lo fa col proprio metro

Cioè ognuno, nel giudicare, fa dei confronti, decide quanto è buona o cattiva una cosa ad esempio, a seconda delle proprie esperienze.

André: i parametri di riferimento dei valori del sangue sono però valori oggettivi, che valgono più o meno per tutti. Infatti non c’è mai un singolo valore considerato “normale”, ma un livello minimo, massimo o un intervallo di valori.

Giovanni: i problemi nascono quando usciamo da questo valori. Perché i parametri sono dei valori, sono dei numeri. Ma quale termine si usa per fare una valutazione, per dare un giudizio su ciò che emerge dalle analisi?

 analizzatore di immunodosaggio automatizzato
Uno strumento di diagnostica: analizzatore di immunodosaggio automatizzato

André: parli della diagnosi?

Giovanni: se non lo sai tu!

André: si, la diagnosi dei risultati è la valutazione dei risultati.

Giovanni: la diagnosi viene fatta dai cosiddetti “strumenti diagnostici”?

Anthony: Gli strumenti diagnostici, come l’apparecchio per misurare la pressione, possono essere utilizzati per aiutare nella diagnosi, ma la diagnosi finale è sempre fatta dal medico (come me) o dal professionista sanitario (come Andrè) sulla base di una valutazione completa del paziente e di tutte informazioni disponibili, come l’esame fisico del paziente, la sua storia clinica e altri test di laboratorio e diagnostici.

Giovanni: Ah, grazie Anthony! Così si identifica e si determina la natura e la causa di una malattia o di un disturbo. Questa è la diagnosi. Mi fa piacere che sei intervenuto proprio sulla diagnosi, il tuo pane quotidiano!

Anthony: Da distinguere dalla prognosi.

Giovanni: giusto. Vuoi spiegarci anche cos’è la prognosi?

Anthony: all’esito degli esami, cioè una volta che abbiamo i risultati delle analisi e una volta che il medico ha fatto la diagnosi, si passa alla prognosi.

Giovanni: beh, la parola “esito” però bisogna spiegarla. Esito significa risultato, quindi all’esito delle analisi significa, come hai detto tu poc’anzi, quando abbiamo il risultato delle analisi, e “all’esito della diagnosi” sta per “dopo che abbiamo la diagnosi”, detto in parole povere, “una volta ottenuta la diagnosi”. Il termine “esito” si riferisce al risultato di un’azione o di un evento qualunque. Quindi, se qualcosa ha un “esito positivo“, significa che ha avuto un risultato positivo, mentre se ha un “esito negativo“, significa che ha avuto un risultato negativo. Facile.

André: Quando si fanno le analisi mediche si aspetta sempre l’esito delle analisi o l’esito degli esami, più in generale.

Giovanni: facciamo un esempio allora. Hai detto che all’esito degli esami, cioè una volta che abbiamo i risultati delle analisi e una volta che il medico ha fatto la diagnosi, si passa alla prognosi.

Non ho capito bene la differenza tra diagnosi e prognosi

Anthony: in parole povere con la diagnosi si cerca la causa dei sintomi, mentre la prognosi si concentra sugli esiti possibili.

Giovanni: Ah ok! Quindi se ad esempio all’esito delle analisi del sangue risulta un livello troppo elevato del colesterolo cattivo, allora la diagnosi potrebbe essere che il paziente mangia troppi grassi. Questa potrebbe essere una possibile diagnosi.

Un pizzaiolo provetto
Un pizzaiolo provetto

Anthony: esatto, e una diagnosi potrebbe essere che il paziente, se farà più attività sportiva, non avrà gravi rischi per la salute. Comunque non dobbiamo dimenticare che in questo caso ci sono anche i fattori genetici da considerare. 

Giovanni: quindi si può avere una buona prognosi e una cattiva prognosi.

Terminiamo con l’espressione “assegnare 10 giorni di prognosi“. É interessante anche l’uso del verbo assegnare, simile a prescrivere. Anche i compiti si assegnano.  Il professore assegna i compiti agli studenti. Così anche i giorni di prognosi si possono assegnare. ma che vuol dire?

Anthony: Quando un medico assegna una prognosi di 10 giorni, tanto per fare un esempio, significa che il medico prevede che il paziente abbia bisogno di almeno 10 giorni per guarire o recuperare da una malattia o un infortunio. La prognosi di 10 giorni indica quindi la durata approssimativa della convalescenza necessaria per il paziente.

Giovanni: la convalescenza è l’ultimo termine che spieghiamo oggi. Si tratta di quel periodo di tempo o, se vogliamo, quello stato di transizione che serve per il superamento della malattia al recupero completo delle forze e della normale salute (la guarigione).

André: quindi il medico indica, come prognosi, che il paziente ha bisogno di un periodo di convalescenza e durante questo periodo, il paziente potrebbe richiedere cure mediche, riposo a letto, farmaci o altre terapie per aiutare nella guarigione o nel recupero.

Giovanni: bene, possiamo considerarci soddisfatti per oggi. Allora ricapitolando, abbiamo parlato delle analisi o esami del sangue, abbiamo detto che, all’esito di tali analisi possono emergere eventuali problemi. Abbiamo detto che è il medico che prescrive le analisi ed eventuali farmaci. Abbiamo visto i verbi trattare e applicare e poi anche il laccio emostatico.

André: poi si è parlato del prelievo, del verbo prelevare e della provetta.

Giovanni: e poi abbiamo parlato dei parametri di riferimento, della parla “metro“, della diagnosi e della prognosi, che si può anche “assegnare“.

André: e per finire hai spiegato l’esito e la convalescenza.

Giovanni: grazie a tutti, specie a André e Anthony per l’aiuto. Il prossimo episodio vedremo la tachicardia. Ci aiuterà ancora Anthony e chissà se non troveremo altri membri esperti di cuore. Chi lo sa!

André: un saluto a tutti.

– – – – –

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Fare attenzione, fare caso e prestare attenzione (ep. 931)

Fare attenzione, fare caso e prestare attenzione (scarica audio)

Giovanni: Mi è stato richiesto di spiegare la differenza tra “fare attenzione” e “fare caso”.

Sono due locuzioni che hanno delle somiglianze ma anche delle differenze alle quali vi prego di prestare attenzione.

In estrema sintesi, possiamo dire che entrambe si riferiscono alla consapevolezza di un evento o di una situazione, ma “fare attenzione” si concentra sull’essere concentrati e vigili, mentre “fare caso” si riferisce a notare qualcosa.

Si possono usare in sostituzione in alcuni casi, ma ci sono alcune sfumature che le distinguono.

Ad esempio, se qualcuno ti dice di “fare attenzione” (o di stare attento/a) a una strada trafficata, si sta concentrando sulla necessità di essere vigili, di stare attenti, che occorre consapevolezza per evitare un incidente, mentre se ti dice di “fare caso” a qualcosa, si sta chiedendo di notare un particolare dettaglio.

Il verbo “notare” si può usare in luogo di “fare caso” perché si tratta di qualcosa che potrebbe sfuggire. Si tratta spesso di un dettaglio e di solito niente di pericoloso.

In entrambi i casi si può usare la preposizione “a”.

Hai fatto caso al colore del cielo che c’è in Italia? È molto più blu rispetto al mio paese!

Bisogna fare attenzione alle buche sulla strada.

Hai fatto caso che Giovanni è un po’ triste?

Hai notato che Giovanni oggi è u po’ triste?

Fate attenzione ragazzi, perché questo è un argomento importate e sicuramente lo chiederò all’esame.

Le locuzionu “fare caso” e “fare attenzione” si possono entrambe sostituire con “prestare attenzione”, che è, tra l’altro, meno informale.

Prestare attenzione si può usare sia per notare un dettaglio che potrebbe sfuggire, ma si usa in particolar modo nel senso di restare concentrati durante una spiegazione:

Presta attenzione ai suoi occhi e noterai che sono lucidi. Segno che ha appena pianto.

Qui è più vicino a “fare caso” .

Oppure si può usare per segnalare un pericolo o per far notare una cosa importante, proprio come “fare attenzione”:

Presta attenzione alla guida sennò vai fuori strada

Devi prestare più attenzione quando spiego, perché altrimenti poi impieghi il triplo del tempo per imparare la lezione.

È tutto per oggi. Prestate attenzione al ripasso però. Sono sicuro che sarà utile per voi.

Oggi ripassiamo alcuni episodi passati tra cui alcuni verbi che si utilizzano in contesti lavorativi. Avete fatto caso al fatto che non ripassiamo molto spesso questi verbi?

Lejla: Ciao a tutti, oggi vorrei discutere di ciò che è più importante nella vita. Per me tutto dipende dalla felicità e dal raggiungimento di un equilibrio stabile tra i vari aspetti della vita. Questo mi permette di essere soddisfatta e serena. Ne convenite?

Karin: si fa presto a dire ne convenite.
Diciamo che sono d’accordo con te, la felicità è sicuramente importante. Ma c’è anche la realizzazione personale, il raggiungimento dei propri obiettivi. Parlo dell’auto-realizzazione. C’è qualcuno che non presta attenzione però, o sbaglio?

Marcelo: sto ascoltando, non fare la spiritosa. Io penso che la cosa che più conta, dopo aver vagliato tutta la vita tra le varie possibili risposte, sia la ricerca della verità. Come affermava Socrate, “la vita senza verità non vale la pena di essere vissuta”.

Estelle: che fai, ti inventi le frasi di Socrate? Ma io non lo so! Concordo con te comunque: la verità e la conoscenza sono fondamentali nella vita. Ma vorrei suggerire l’importanza delle relazioni interpersonali, come sosteneva Martin Buber.

Danielle: Ma come possiamo valutare quale di questi aspetti abbia più importanza per pervenire a una soluzione?

Marcelo: Possiamo disaminare le motivazioni che ci spingono e capire quale di esse ci rende più appagati e soddisfatti? Sennò non ne usciamo! Non mi equivocate però. L’argomento è interessantissimo.

Karin: caldeggio la tua idea, ma non dobbiamo limitarci solo alla nostra personale prospettiva. Possiamo guardare anche alle esigenze della società in cui viviamo.

Estelle: a sto punto disdico al ristorante! Ci vuole una vita qui a esaurire questo discorso. Comunque per far prima potremmo attenerci alle teorie di pensatori importanti come Aristotele, che sosteneva l’importanza dell’equilibrio tra i vari aspetti della vita.

Khaled: Quindi potremmo dire che l’importanza dipende dalle circostanze e dalle necessità di ognuno di noi. Ma come possiamo ristabilire l’equilibrio tra i vari aspetti quando l’equilibrio viene perso?

Karin: Possiamo cercare una via di mezzo, come sosteneva Aristotele, riconoscendo l’importanza di tutti i fattori della vita. Non ho una risposta personalmente, e poi lungi da me la volontà di impartire lezioni agli altri.

Marcelo: E come sottolineava Kant, dovremmo fare ricorso alla ragione e al buonsenso per risolvere i conflitti e trovare un equilibrio.

Estelle: Ma dobbiamo anche valutare l’ammontare delle risorse che abbiamo a disposizione e fare attenzione a non cedere troppo su un aspetto a discapito degli altri.

Edita: la Risorsa più importante per ora è il tempo e io ho fame. Scusate se sembro venale, ma bisogna constatare che si è fatta una certa ora. Aristotele può aspettare e io pertanto mi esento dal proseguire la discussione.

Hartmut: vabbè taglio corto allora. Liquidiamo la questione dicendo che alla fine siamo d’accordo sul fatto che l’importanza nella vita dipende dalle esigenze e dalle necessità di ognuno di noi e che dobbiamo cercare un equilibrio tra i vari aspetti per essere appagati e realizzati. E sia! Per me melanzane alla parmigiana!

Karin: ben detto! Adesso mangiare bene è la cosa più importante e appagante.

– – – – –

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

ISCRIVITIENTRA

L’ansia si trasmette? Il linguaggio della salute (ep. 2)

L’ansia si trasmette? (scarica audio)

Giovanni: L’ansia si trasmette? Un genitore può essere la causa di un figlio ansioso?

Queste sono le domande di oggi per il secondo episodio del linguaggio della salute, la nuova rubrica di Italiano Semplicemente adatta per migliorare il nostro italiano.

Sappiamo che non bisogna studiare il condizioni di stress – è la terza regola d’oro di Italiano Semplicemente se ricordate. L’ansia quindi è concepita come qualcosa che non giova, non è salutare oltre certi limiti. Soprattutto per i ragazzi.

L’ansia si trasmette?

Trasmettere” è il verbo che si usa normalmente per indicare il passaggio di una malattia da una persona all’altra.

Parliamo delle malattie trasmissibili, chiaramente.

Non tutte le malattie infatti si possono trasmettere.

Riguardo all’ansia, l’ho chiesto ad una professoressa universitaria, membro dell’associazione Italiano semplicemente di nome Rafaela, di nazionalità spagnola.

Ma cos’è l’ansia?

Facciamo una piccola premessa.

L’ansia è un’emozione naturale (non una malattia quindi) e anche normale, che tutti possono provare (tutte le emozioni si “provano”) in determinate situazioni, ad esempio in caso di esame, un colloquio di lavoro o situazioni di stress.

Tuttavia, quando l’ansia diventa eccessiva e interferisce con la vita quotidiana, sappiamo tutti che può diventare anche un problema di salute: può generare eccessiva preoccupazione, inquietudine, paura, apprensione, tensione e anche stanchezza.

Ma Rafaela è specializzata in psicologia dei ragazzi e allora le chiedo:

L’ansia dei ragazzi da cosa dipende?

Rafaela: buongiorno a tutti. La causa dell’ansia nei ragazzi può essere attribuita a molteplici fattori, tra cui la pressione scolastica, la competizione sociale, la pressione dei genitori e la mancanza di autostima.

Quindi sì, l’ansia può dipendere anche dai genitori. Tra l’altro, quando vediamo davanti a noi a una persona con un’ansia esagerata, ci può fare innervosire e possiamo provare anche noi ansia.

Giovanni: C’è allora un legame col comportamento dei genitori?

Rafaela: Nel corso degli anni, è stata constatata (cioè verificata, appurata) una connessione, cioè un legame, tra l’ansia dei ragazzi e genitori iperprotettivi.

Giovanni: bel termine questo. I genitori iperprotettivi sono coloro che proteggono eccessivamente i figli. “Iper” è simile a “super”.

Rafaela: infatti, ma così facendo si impedisce loro di maturare e la loro autostima è minacciata. Questa eccessiva protezione impedisce loro di sviluppare la resilienza necessaria a fronteggiare le situazioni di stress e difficoltà.

Giovanni: è una parola molto di moda in questi ultimi anni questa: la resilienza.

In psicologia la resilienza è la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

Si usa però anche in economia recentemente, per indicare la capacità di una economia, cioè di un paese, di una nazione, di superare prove difficili e crisi economiche.

Più è elevata la resilienza, meglio è.

Tornando alla medicina invece, pare che gli esperti, Rafaela compresa immagino, concordino sul fatto che l’ansia possa essere utile in alcune situazioni, poiché può tenere il corpo in allerta, in allarme, per affrontare una minaccia o una situazione pericolosa.

Quindi l’ansia in qualche modo è utile, serve a qualcosa.

Tuttavia, l’ansia eccessiva può ostacolare il normale funzionamento della vita quotidiana, tanto da impedire ai ragazzi di godersi le attività quotidiane e di sviluppare normalmente.

Rafaela: certo, e allora è importante che genitori e educatori aiutino i ragazzi a comprendere l’ansia e a sviluppare strategie salutari per affrontare le situazioni stressanti. Inoltre, è importante che i genitori evitino di mettere troppa pressione sui propri figli e li aiutino a sviluppare la resilienza necessaria per fronteggiare le difficoltà della vita.

Giovanni: allora meglio non proteggerli affatto? Ma qual è il contrario di iperprotettivo?

Si va da un eccesso all’altro. Si dice che un genitore, in questo caso, è lassista, permissivo. Parliamo del lassismo. È positivo il lassismo dei genitori?

Un genitore è lassista quando manca di rigore, quindi una specie di menefreghismo, un eccessivo permissivismo.

Rafaela: purtroppo anche il lassismo eccessivo può rendere i figli più vulnerabili all’ansia. E bisogna sapere che ci sono altri stili genitoriali come lo stile eccessivamente autoritario ed esigente. Questo tipo di genitore è ancora più collegato ai sintomi di ansia nei figli. Se i genitori usano una severa disciplina con i figli e li puniscono per i loro errori, è più probabile che i figli sviluppino una maggiore sensitività e reattività ai propri errori. Questa maggior reattività negativa davanti ai propri errori poi diventa parte della loro struttura neurale ed è questa caratteristica neurale a essere associata ai disturbi dell’ansia.

Giovanni: un mestiere difficile quello del genitore vero?

Rafaela: purtroppo si! Ma non ti far venire l’ansia perché ci sono molti fattori a intervenire, oltre ai genitori.

Giovanni: ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato alla salute. Grazie a Rafaela.

Rafaela: prego! Grazie te per questa occasione!

Giovanni: nel prossimo episodio parliamo delle analisi del sangue e ci aiuterà André dal Brasile, un esperto del settore. Anche André è membro dell’associazione Italiano semplicemente.

André gestisce infatti un centro analisi ad Araraquara, vicino San Paolo.

Anch’io una volta ho fatto le analisi del sangue nel laboratorio di André.

André: Fortunatamente sono andate bene 🙂

Giovanni: ah, per fortuna! Mi stava già prendendo l’ansia!

– – – – –

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Sussistere – VERBI PROFESSIONALI (n. 84)

Sussistere

Descrizione: il verbo sussistere si utilizza spesso in contesti lavorativi in caso soprattutto di problemi. Si può usare come une versione formale di essere e esistere ma anche in modo simile a persistere e perdurare.

Durata: 14 minuti

La trascrizione completa e il file audio dell’episodio sono disponibili per i membri dell’Associazione Italiano Semplicemente.

ISCRIVITIENTRA  

Il groppo (ep. 930)

Il groppo (scarica audio)

Voce di Danielle, membro della nostra associazione italiano semplicemente

Ricordate il groppone? Ne abbiamo parlato in un episodio e abbiamo detto che deriva dalla groppa, al femminile.

Ebbene, esiste anche il groppo, che però è una cosa completamente diversa.

La parola “groppo” può avere diverse accezioni che dipendono dal contesto in cui viene usata.

Si usa soprattutto il “groppo in/alla gola“.
Si parla di groppo in gola quando si avverte una sensazione di blocco o di fastidio alla gola, come se avessimo qualcosa o se abbiamo veramente qualcosa alla gola che ci dà fastidio, ma in genere è una sensazione.

In questo senso, “groppo” può essere sostituito con “nodo”, quindi “nodo alla gola”, o “fastidio alla gola”.

Si usa anche quando, per l’emozione, non si riesce a parlare, come se si avvertisse qualcosa alla gola che impedisce di parlare o di esprimersi bene.

Mi è venuto un groppo alla gola e non sono riuscito a parlare. Ero troppo emozionato.

Il concerto è stato bellissimo. Da groppo alla gola.

La prima sera al festival di Sanremo mi è venuto un groppo alla gola. Non riuscivo a cantare.

Prima di piangere viene sempre un groppo alla gola

Quando si avverte un groppo alla gola, in generale, per commozione, paura o angoscia, non riusciamo a deglutire.

Il termine groppo si usa, sebbene più raramente, anche per indicare del filo arrotolato e intricato. Anche questo impedisce un’azione: quella di srotolare il filo.

In questo caso, “groppo” può essere sostituito con “nodo”, “attorcigliamento“, un “nodo intricato“, un “groviglio“. In pratica un insieme intricato di fili tutti arrotolati, attorcigliati.

In senso figurato, viene naturale e intuitivo immaginare che “groppo” può indicare anche una difficoltà o un impedimento che impedisce di procedere, generando ansia o incertezza.

Rappresenta una sorta di blocco, quindi proprio come i problemi, impediscono di procedere, di andare avanti in qualche attività.

Ad esempio, si può dire che si avverte un groppo nello/allo stomaco quando si è molto preoccupati o si è a disagio per qualcosa.

In questo contesto, “groppo allo stomaco” può essere sostituito con “nodo allo stomaco”, “sensazione di oppressione”, “disagio interno”.

Quando vedo certe scene di violenza mi prende un groppo allo stomaco che non ti dico!

Ma quando torna mio figlio? Già avverto un groppo allo stomaco per l’ansia.

Ma che schifezze ti mangi? Mi fai venire un groppo allo stomaco solo a guardarti!

Si usa spesso in contesti di questo tipo, quando c’è ansia, preoccupazione o anche in senso ironico.

Infine, “groppo” può anche essere usato come sinonimo di “cumulo”, “ammasso”.

Ad esempio, si parla di groppo di terra o di groppo di sassi. Un uso meno diffuso quest’ultimo.

Attenzione anche a non confondere “groppo” con “gruppo“, che ha un significato e un uso diverso, ma in fondo sia il gruppo che il groppo sono un insieme di qualcosa, quindi sono termini affini.

Groppo, letteralmente, significa massa tondeggiante, quindi questo chiaramente ci fa capire anche il legame con la groppa, che, come si è visto, è il dorso degli animali, anch’esso abbastanza tondeggiante.

Adesso facciamo un breve ripasso. Spero non venga a nessuno un groppo alla gola per l’emozione.

Marcelo: ciao amici. Adesso sono a Colonia, in Uruguay, e sto per andare in Argentina dopo quattro ore di macchina. Non appena arrivato, farò una scappata a salutare mia figlia! Dopo un anno di assenza, non vorrei passare per maleducato.

André: So che sei appassionato dell’Uruguay! Non a caso vivi li da un pezzo ormai. Non ti preoccupare, Marcelo! non sarai mai soggetto a critiche per questo motivo! Vedi un po’! Dopo tante ore in viaggio, dulcis in fundo, ritroverai tua figlia!

– – – – –

Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!

Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

ISCRIVITIENTRA