Accadde il 26 ottobre 1860: soffiare

Soffiare (scarica audio)

Trascrizione

Per spiegare il verbo soffiare in tutti i suoi usi, partiamo dal 26 ottobre 1860, quando nei pressi di Teano, in Campania, è precisamente in provincia di Caserta, Giuseppe Garibaldi consegnò idealmente il Regno delle Due Sicilie a Vittorio Emanuele II, riconoscendolo come re d’Italia.

Questo fu un gesto simbolico, come se Garibaldi avesse “soffiato via” le ultime ceneri del vecchio potere borbonico, lasciando spazio a una nuova fiamma: quella dell’Unità d’Italia. L’Unità d’Italia infatti viene ufficialmente proclamata il 17 marzo 1861, quindi pochi mesi dopo l’Incontro di Teano.

Ma passiamo al verbo soffiare.

Nel suo uso più semplice, soffiare significa emettere aria dalla bocca o muoversi come il vento.

Esempio:

Il vento soffiava forte tra i vessilli dei garibaldini.

Garibaldi soffiò via la polvere dal suo cappello.

Ma come accade spesso in italiano, il verbo ha sviluppato molti usi figurati, vivaci e spesso ironici.

Soffiare qualcosa a qualcuno ad esempio vuol dire sottrarre o rubare questa cosa.

Tipo:

Marco mi ha soffiato l’idea del progetto.

Il difensore ha soffiato il pallone all’attaccante.

Giovanni ha soffiato la fidanzata a Giuseppe.

In tutti questi casi, si “porta via” qualcosa con astuzia o rapidità, potremmo dire come fa il vento.

Ci si può soffiare anche il naso. Soffiarsi il naso è un’operazione che si fa quando si ha il raffreddore. Serve un fazzoletto per soffiarsi il naso.

Poi c’è l’espressione “Soffiare sul fuoco” che ha un senso proprio e uno figurato.

Letteralmente significa emettere aria per ravvivare una fiamma.

Potrei dire ad esempio che Garibaldi, accampato con i suoi uomini, soffiava sul fuoco per riaccendere la brace.

Un gesto antico, concreto, che serve a riaccendere ciò che sta per spegnersi.

In senso figurato, invece, vuol dire alimentare un sentimento o una tensione, spesso negativa:

I giornali soffiavano sul fuoco dell’entusiasmo patriottico.

Con le sue parole ha soffiato sul fuoco della rabbia popolare.

Chi “soffia sul fuoco” non sempre vuole bruciare qualcosa: può incoraggiare o esasperare una situazione già accesa, proprio come il vento che fa divampare la fiamma.

Ricollegando il verbo all’evento di Teano, quel 26 ottobre 1860, Garibaldi “soffiò via” le ultime resistenze al nuovo regno, ma allo stesso tempo soffiò sul fuoco dell’unità nazionale, alimentando la passione e l’orgoglio di un popolo che si scopriva, per la prima volta, italiano.

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