467 Ciò non toglie che

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Quando parliamo, può capitare di dire qualcosa e subito dopo ci accorgiamo che il nostro messaggio potrebbe essere mal interpretato e quindi potrebbe portare fuori strada il nostro interlocutore.

A volte quindi si presenta l’esigenza di pronunciare una frase per chiarire meglio il concetto.

La locuzione “ciò non toglie che” serve proprio a questo.

Vediamo qualche esempio:

Giovanni al lavoro è un tipo molto distratto, ma ciò non toglie che ottenga ottimi risultati.

La prima frase che ho detto potrebbe apparire troppo ingenerosa per Giovanni, allora ho ritenuto opportuno aggiungere un chiarimento:

Giovanni ottiene comunque ottimi risultati.

Giovanni è molto distratto ma questo non gli impedisce di ottenere ottimi risultati.

Prima ho usato il congiuntivo ma questo non significa che si debba sempre usare il congiuntivo.

Potrei anche dire:

In questo caso ho usato il congiuntivo ma ciò non toglie che si possano usare altri tempi.

In questo caso ho usato il congiuntivo, ad ogni modo si possono usare altri tempi.

Sei una ragazza bellissima e molto attraente ciò non toglie che io non tradirei mai mia moglie.

Qui ho usato il condizionale.

Eri molto emozionato durante le prove dello spettacolo ma ciò non toglie che sicuramente sarai bravissimo.

Qui ho usato il futuro.

Inoltre potrei in teoria sostituire “ciò” con “questo”.

Si usa quasi sempre “ciò”, ma questo non toglie che si possa ugualmente considerare corretto.

Abbiamo già superato i due minuti previsti. Ciò non toglie che ora si debba ripassare:

Irina: si dice che il covid durerà almeno un paio di anni ancora. Ciò non toglie che quest’anno ci scapperà sicuramente almeno una riunione dei membri dell’associaizione in Italia.

Bogusia: giusto. E per scrupolo meglio prenotare subito no?

Hartmut: io aspetto prima di dire che verrò. Dipende se otterrò le ferie in quel periodo. Non voglio illudermi inutilmente.

466 Probabile e improbabile

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Sapete che gli aggettivi probabile e improbabile hanno a che fare con le probabilità. 

Vediamo qualche uso:

Vieni stasera al cinema?

Non sono sicuro, ma è probabile che mia madre non mi faccia uscire.

Domani è probabile che piova. Invece dopodomani è improbabile secondo le previsioni meteo.

Fermiamoci su “improbabile” . Quando una cosa è improbabile, significa che ha scarsissime possibilità di verificarsi:

Ritengo improbabile che entro il 2030 l’uomo andrà su Marte.

Siamo in ritardo. E’ improbabile che riusciremo a prendere l’aereo.

Improbabile significa anche inverosimile, cioè poco credibile, quindi ad esempio se tu mi racconti una storia poco credibile posso dire che la tua storia è improbabile.

Però c’è anche un altro modo ancora di usare improbabile. Se dico che una persona è improbabile, voglio dire che è un personaggio strano, poco comune, con caratteristiche che lo fanno sembrare poco reale. Non è sicuramente un complimento questo.

Da questo punto di vista tante cose possono essere improbabili, e questo aggettivo potete usarlo per descrivere qualsiasi cosa che a voi sembra strana, poco comune, quasi irreale.

Posso dire ad esempio:

Ho scoperto mia moglie a cena con un altro uomo in un ristorante. Lui a quel punto ha iniziato a dare giustificazioni improbabili.

Evidentemente quell’uomo non era per niente credibile. 

I ragazzi danno spesso giustificazioni improbabili ai genitori:

Perché sei rientrato così tardi senza avvisare?

Beh, ho finito il credito al telefono e poi era tardi e non volevo disturbare!

Non mi sono accorto che era tardi, non c’erano orologi a casa del mio amico!

Il senso è molto negativo anche se si parla di persone improbabili.

Si usa spesso con i personaggi dei film.
Anziché improbabile, potremmo definire un tipo così come strano, anomalo, poco comune, insolito, inconsueto, singolare, sui generis, bizzarro, stravagante, originale, particolare.
Ma questi sono piuttosto neutri e spesso anche positivi come aggettivi.

Invece non è mai una bella caratteristica comunque quella di essere improbabili.

Un vestito di un colore improbabile è un brutto vestito, che ci colpisce per il colore strano e poco gradevole che ha.

Ma anche un caffè può avere un sapore improbabile! 

I gusti musicali di una persona possono essere improbabili.

In altre parole potremmo dire “dei gusti molto rari” ma sempre con un’accezione molto negativa. 

Anche una situazione in cui una persona può trovarsi può dirsi improbabile, nel senso ugualmente di strana, inverosimile, o anche assurda. Anche assurdo è molto vicino in effetti all’aggettivo improbabile se usato in questo modo particolare.

Mariana: è sicuramente improbabile che Giovanni faccia episodi che siano veramente di due minuti, ma al netto di questo, l’episodio mi è piaciuto, a parte uno dei sinonimi di improbabile che hai usato.

Bogusia: Alludi a “sui generis“scommetto!

Tamuka: Dire che anche questo sarebbe un episodio degno di nota.

Rauno: se tanto mi dà tanto, credo che vedremo presto un episodio anche su questo. 

Ci fai e farci

Ci fai e farci (scarica audio)

In questo breve episodio vediamo tutti i modi per usare “ci fai” e farci

Prima vediamo un dialogo e poi la spiegazione dettagliata.

Ulrike: Ciao Giovanni, che ci fai qui?

Giovanni: Io? Tu che ci fai! Io ci abito! Questa di fronte infatti è casa mia.

Ulrike: Ah, non sapevo. Io sono qui per lavoro invece. Ma che casa grande che hai. Ma che ci fai con una casa così grande?

Giovanni: Siamo una famiglia di 10 persone, ci serve una casa grande.

Ulrike: 10 persone, wow! Ma come fai? Incredibile!!

Giovanni: Mi prendi in giro? Ci fai apposta? Comunque si, siamo tanti. Tu invece?

Ulrike: Io non sono sposata. Vivo da sola col mio cane.

Giovanni: Davvero?

Ulrike: Si, che vuoi farci. Pazienza. Ma non riuscirei a vivere con altre 9 persone come te.

Giovanni: Bisogna solo farci l’abitudine. Una volta che ci fai l’abitudine non è difficile.

Ulrike: Dici?

Giovanni: Sì, certo. Se ci fai caso, è così con tutte le abitudini. Ma il tuo cane come si chiama?

Ulrike: Si chiama Enzone. Aspetta che lo chiamo con whatsapp.

(suona il telefono)

Ulrike: Eccolo Enzone, guarda, Allora Enzone, ci fai sentire la tua voce? Enzone, dai!

Giovanni: Forse non ne ha voglia. Sembra che dorme…

Ulrike: Enzone dai, Non fare così, ché ci fai preoccupare!

Giovanni: Enzone, ma ci sei o ci fai? Secondo me ci fai

Enzone: BAU!

Ulrike: Bravo Enzone,

Giovanni: Scusa, ci fai una visita con Enzone una volta? Vieni a farci visita?

Ulrike: per carità! Così saremmo in 12! Vieni tu a farci visita piuttosto. Vieni quando vuoi, se ci fai una sorpresa non è un problema!

Spiegazione

Ulrike dice:

ciao Giovanni, che ci fai qui?

Che ci fai qui significa “cosa stai facendo in questo posto”. Ci si riferisce al luogo.

Io? Tu che ci fai! Io ci abito! Questa di fronte infatti è casa mia.

“Io ci abito”, cioè io abito in questo luogo. 

Ulrike dice:

Ma che ci fai con una casa così grande?

“Che ci fai con qualcosa” significa cosa ne fai, che uso ne fai, a cosa ti serve, come utilizzi questa cosa.

Siamo una famiglia di 10 persone, ci serve una casa grande.

“Ci serve una casa grande” è come dire “Noi abbiamo bisogno di una casa grande”. “Ci” indica noi, quindi ” a noi serve” = “ci serve”. 

Ci fai apposta? 

Questo è un modo informale per dire: lo fai apposta? Lo fai di proposito?

Ulrike dice:

Che vuoi farci. Pazienza.

“Che vuoi farci” è una domanda retorica, una finta domanda. In realtà è una affermazione e significa che non ci si può fare niente, cioè che la vita è così, bisogna accettarla. Ulrike si riferisce ovviamente al fatto che lei vive da sola col suo cane e che non è sposata. 

Bisogna solo farci l’abitudine. Una volta che ci fai l’abitudine non è difficile.

“Fare l’abitudine a qualcosa” significa abituarsi a questa cosa. “Bisogna farci l’abitudine” = è necessario abituarsi a questo. Il “ci” indica la cosa di cui si sta parlando.

Se ci fai caso, è così con tutte le abitudini. 

“Fare caso” a qualcosa significa “notare qualcosa”. Si usa spesso dire: ci avevi fatto caso? Facci caso! 

Allora Enzone, ci fai sentire la tua voce?

Ci fai sentire la tua voce? Cioè: fai sentire la tua voce a noi? Ce la fai sentire! Faccela sentire!

Non fare così, ché ci fai preoccupare!

Ulrike, non sentendo la voce di Enzone, dopo che ha risposto al cellulare, si preoccupa e dice “ci fai preoccupare”. Ci sta ancora una volta per noi. Fai preoccupare noi. 

Enzone, ma ci sei o ci fai? Secondo me ci fai

Questa è una espressione informale che significa: lo fai apposta oppure no? Secondo me “ci fai“, cioè secondo me lo fai apposta, o “ci fai apposta”.

Ci fai una visita con Enzone una volta? Vieni a farci visita?

Ci fai una visita = fai una visita a noi, cioè vieni a farci visita, vieni a trovarci, vieni a casa nostra a trovarci. Farci visita = fare visita a noi. 

Se ci fai una sorpresa non è un problema!

Ci fai una sorpresa = Fai una sorpresa a noi. 

Stai sereno – POLITICA ITALIANA (Ep. 3)

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Trascrizione

Parliamo di politica italiana, e per farlo iniziamo da un concetto semplice:

Cos’è la serenità? E cosa c’entra con la politica? Lo vediamo gradualmente. 

Il dizionario, in merito, non lascia dubbi: la serenità è la condizione in cui si trova il cielo, è quindi lo stato del cielo quando è sgombro di nubi, quando cioè non ci sono nuvole nel cielo. La stessa cosa si può dire anche del tempo atmosferico: il cielo è sereno, il tempo è sereno. Non si parla di politica dunque.

C’è anche uno scioglilingua molto divertente sul termine “sereno”. Uno scioglilingua serve a sciogliere la lingua. Ecco lo scioglilingua:

Se oggi seren non è, doman seren sarà, se non sarà seren si rasserenerà.

Cioè: se oggi non è sereno, sarà sereno domani, e se neanche domani sarà sereno, vedrai che si rasserenerà, cioè diventerà sereno. E’ uno scioglilingua che sembra un proverbio che invita ad essere ottimisti.

Ma la serenità è anche una condizione dell’animo umano. Così come il cielo può essere sgombro di nubi, la nostra mente può essere sgombra di pensieri, di problemi, di turbamenti, Quindi la serenità è anche l’assenza di preoccupaszioni, di turbamenti.

Il termine in realtà si usa molto più spesso parlando di stato d’animo che di condizioni meteo.

Le frasi più usate sono ad esempio:

La cosa che più conta nella vita è la serenità

La mia è una famiglia serena

Bisogna sopportare con serenità i problemi della vita

Quell’incidente ha turbato la serenità della mia famiglia.

Questo esame di italiano non mi fa stare sereno

eccetera.

Ora, l’aggettivo “sereno” si usa spesso anche al posto di tranquillo, pacato.

Sono sereno (cioè sono tranquillo, non sono preoccupato)

Se ci avviciniamo al tema della politica, questa è una affermazione piuttosto diffusa quando un uomo politico o un personaggio pubblico viene coinvolto in una indagine giudiziaria. Viene accusato di qualche reato. Quando i giornalisti gli chiedono qualcosa sulla vicenza, lui o lei molto spesso rispondono in questo modo:

Sono sereno!

Come a dire: non mi preoccupo, perché sono innocente. Credo nella giustizia e alla fine la verità uscirà fuori e si vedrà che sono innocente.

Questa frase però: “sono sereno” negli ultimi anni si usa molto meno rispetto a prima, e c’è un motivo ben preciso.

La questione risale al 17 gennaio 2014. Enrico Letta era il presidente del consiglio italiano. Il Governo da lui presieduto sembrava in pericolo perché un suo collega di partito, che si chiama Matteo Renzi, politico molto noto in Italia e in tutto il mondo, sembrava essere interessato a diventare lui il presidente del Consiglio prendendo il posto di Enrico Letta.

Quel giorno però in una trasmissione televisiva, Renzi volle rasserenare, rassicurare Letta, cioè volle tranquillizzarlo, e perciò disse: disse la seguente frase rivolta al suo collega di partito:

Enrico stai sereno!

Come a dire: Enrico, non preoccuparti, perché io non ho nessuna intenzione di far cadere il tuo governo. Quindi Enrico stai sereno

 Solo un mese dopo quella dichiarazione però nacque il Governo Renzi. Quindi forse non doveva stare così sereno Enrico Letta.

Da allora, ogni volta che un italiano pronuncia la frase “stai sereno” si pensa a quell’episodio e si dà alla frase il significato opposto. Si usa anche per scherzo, per farsi due risate, quindi si usa di proposito questa frase, proprio per essere ironici, anche al di fuori della politica. Naturalmente i più giovani, che non si interessano  di politica, non sanno nulla di questa storia e non ci troverebbero nulla da ridere.

Per un non madrelingua credo comunque sia interessante sapere cosa si nasconde a volte dietro una frase apparentemente molto semplice.

Ci vediamo al prossimo episodio.

465 per scrupolo

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Sapete cos’è lo scrupolo? Se sei una persona scrupolosa lo devi sapere!

Cominciamo da qui allora. Una persona scrupolosa è una persona potremmo dire attenta, ma non nel senso di concentrata, ma una persona che ci tiene particolarmente a fare le cose per bene. È una persona che è attenta a non trascurare le cose importanti e spesso anche le cose che sembrano meno importanti ma che però, secondo lei, potrebbero essere più importanti di quello che sembra. O importanti per altri e non per sé stessi. Allora, per scrupolo, è meglio curare anche questi aspetti.

Avete capito che l’essere scrupolosi non è una brutta cosa, è fondamentalmente un pregio, e possiamo sicuramente annoverare questo aggettivo come positivo, ma c’è una componente di ansia verso il fare tutto per bene, verso l’adempimento al proprio dovere nel miglior modo possibile. Anche solo per non avere pensieri preoccupanti in futuro.

Questo potremmo chiamarlo “spiccato senso del dovere”, “attenzione verso tutte le cose”, ma appunto c’è un po’ di preoccupazione, di inquietudine e di ansia, appunto.

La locuzione “per scrupolo“, che ho usato prima, è spesso usata da chi ha un atteggiamento scrupoloso.

Se io ad esempio faccio un errore in un episodio, un membro dell’associazione potrebbe dirmi:

Rafaela: Che facciamo, glielo diciamo a Giovanni che ha fatto un errore in un episodio? Magari si offende, però è importante correggere gli errori. Io per scrupolo glielo dico, tanto sono sicuro che capirà.

In questo esempio, chi ha parlato si è fatto venire uno scrupolo: glielo dico o non glielo dico?

Si usa anche in questo modo lo scrupolo. “Farsi venire uno scrupolo” o “porsi uno scrupolo” o semplicemente “farsi uno scrupolo” .

Significa pensare a qualcosa che potrebbe essere importante e il fatto stesso di porsi il problema, senza trascurarlo, senza far finta di niente, senza dire che non è importante, questo stesso fatto è “farsi uno scrupolo“.

Uno scrupolo nasce, o viene, nel momento in cui viene in mente una cosa che non sai se trascurare oppure no.

In questi casi sorge anche un dubbio, c’è incertezza, ma quando decidiamo di non trascurare questa cosa, lo facciamo per scrupolo.

Se vedo una persona che mi sembra un po’ pallida in viso, forse credo che stia male, allora dico: come stai?

Mi è venuto lo scrupolo di farle questa domanda, perché aveva il viso pallido.

Per scrupolo, mi sono detto, meglio che chiedo, non si sa mai…

Gli scrupoli quindi, avendo molto a che fare con i dubbi, sono tipici delle persone che mettono sempre tutto in discussione, e anche di quelle che si preoccupano molto, o che sollevano sempre incertezze, e sono anche anche tipici delle persone altruiste, che pensano al prossimo e che si pongono spesso il problema che le proprie azioni possono danneggiare gli altri.

C’è chi si fa molti scrupoli, (cioè chi si fa venire molti scrupoli) ma c’è anche chi non si fa mai scrupoli. Queste persone vanno dritte per la loro strada e spesso danno consigli di questo tipo agli altri:

Non devi farti scrupoli! Perché ti stai facendo tutti questi scrupoli?

Vale a dire: non porti dubbi, domande, preoccupazioni eccessive. Non avere remore. Non ti fare problemi, non pensare troppo alle conseguenze delle tue azioni. In poche parole “non farti scrupoli“. Questa è un’espressione piuttosto forte perché chi non si fa scrupoli generalmente si intende come una persona fredda, cattiva, senza affetti, nella vita, negli affari, al lavoro. Stanno ovunque le persone senza scrupoli. E’ molto simile  all’essere spregiudicati, perché anche queste non stanno molto attente alle conseguenze delle proprie azioni, ma anche e soprattutto per sé stesse. Questa è la differenza. Senza scrupoli invece è molto più simile a “senza remore“. Anche questa l’abbiamo già spiegata.

Tornando a “per scrupolo“, Espressioni simili sono:

Per sicurezza

E anche:

Nel dubbio

A scanso di equivoci

Per non saper né leggere né scrivere

Queste ultime due, come ricorderete, le abbiamo già trattate. E c’è anche un bell’episodio che riguarda i dubbi in generale.  Ci sono differenze ovviamente. “A scanso di qualcosa” si usa più per evitare qualcosa, per scansare qualcosa, mentre l’ultima espressione (per non saper né leggere né scrivere), oltre che più colloquiale, si usa sopratutto per stare al sicuro, per cautelarsi verso qualcosa di incerto e spesso è anche sintomo di furbizia, Lo scrupolo invece oltre ad essere meno informale, sottolinea maggiormente a volte la preoccupazione, altre volte l’attenzione a non trascurare cose importanti. Spessissimo è una forma di attenzione verso altre persone.

Ecco, direi che dopo aver spiegato “per non saper né leggere né scrivere“, “a scanso di” e “senza remore” ho ritenuto, per scrupolo, di spiegarvi anche l’espressione “per scrupolo”.

In questo modo probabilmente, riuscirete a usar bene ogni modalità nel modo più opportuno.

E voi siete persone scrupolose?

Lejla: Ho una curiosità: vi viene mai lo scrupolo di chiudere sempre il gas e l’acqua prima di andare in vacanza?

Ulrike: io sempre, acché possa stare tranquilla per tutta la vacanza.

Natalia: io a volte me ne dimentico. Ma tanto che vuoi che succeda?

Monica: e fu così che trovò la casa allagata…

464 lì per lì

Lì per lì (scarica audio)

Ieri abbiamo visto la locuzione “ per e si è detto che si usa, nel linguaggio informale, per indicare un preciso momento, quello appena prima che qualcosa accada, anche se poi non accade più.

Oggi vediamo invece la locuzione lì per lì, quasi uguale. Cambia solamente la posizione del termine “per“.

Stavolta, invece di indicare un momento precedente, indichiamo un momento successivo, vicino, troppo vicino a qualcosa che è accaduto, qualcosa di inatteso, di inaspettato. Questa è la cosa più importante.

Infatti quando usiamo li per lì, il motivo è che questa cosa accaduta ci coglie impreparati, e spesso non sappiamo cosa fare, oppure non abbiamo il tempo per pensare. Non abbastanza almeno.

Vediamo qualche esempio:

Ieri ero nel parco a fare una passeggiata e ad un certo punto un cane ha iniziato ad abbaiare ed io ho iniziato a correre d’istinto. Lì per lì ho avuto paura e non sapevo che altro fare.

Oppure: la mia fidanzata ha chiesto di sposarmi, e io lì per lì non sapevo cosa rispondere perché non me l’aspettavo.

Insomma, lì per lì si può usare ogni volta che dobbiamo reagire ad un evento che non ci aspettiamo e non riusciamo perciò a dare la risposta migliore, ad agire a nostra volta nel modo migliore. Ovviamente parliamo di qualcosa di accaduto nel passato, anche recente ma pur sempre passato.

Allora se qualcosa accade proprio adesso? A volte capita di ascoltare “qui per qui“, ma ‘espressione da usare in questo caso è: “su due piedi“, che in realtà potete sempre usarla, anche per il passato. Potete dire ad esempio:

Su due piedi non sapevo cosa fare

Se parlare di un episodio avvenuto nel passato.

Oppure:

Su due piedi non so cosa fare.

Parlando del presente.

Questa è sicuramente un’espressione meno colloquiale rispetto a “lì per li” e potete usarla in ogni contesto. Vediamo un esempio di come usarle entrambe in uno stesso discorso:

So cosa accade quando una persona ti chiede di sposarti. per lì non sai cosa dire. In realtà, basterebbe rispondere in questo modo:

Cosa? Così, su due piedi, non so. Fammici pensare un po’.

Oppure puoi dire semplicemente di sì 🙂

Irina: oppure si potrebbe rispondere: sposarmi? No grazie, non è proprio cosa!

Ulrike: oppure anche così: ok, ma come la vedi se aspettiamo che finisce la pandemia?

Mariana: in effetti fare un bel pranzo di nozze non è fattibile adesso.

463 lì lì per

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Sapete la differenza tra lì lì per e li per lì?

No? Allora la prima ve la spiego subito. “Lì per lì” la vediamo nel prossimo episodio.

Si tratta di due locuzioni diverse, anche se apparentemente simili.

Lì lì per (lì – con l’accento – ripetuto due volte) si usa per indicare un momento preciso: il momento immediatamente precedente a quando accade qualcosa. A volte questa cosa accade, altre volte non accade più. In genere però non accade più, perché, anche se non è necessario, accade qualcosa che lo impedisce. Qualcosa di inaspettato.

Ad esempio:

Stavo lì lì per uscire, quando ha suonato il telefono.

Significa che un attimo prima che io uscissi ha suonato il telefono. Non importa se poi io sono uscito o meno. La cosa importante è che io stavo per uscire, proprio in quel momento quando ha suonato il telefono.

È ammesso usare il verbo essere oppure stare:

Ero lì lì per…

Stavo lì lì per…

Notate che si aggiunge sempre “per” seguito dal verbo all’infinito,che indica l’azione imminente. Imminente significa che stava per accadere.

Volendo si può anche dire:

Stavo quasi per uscire…

Stavo in procinto di uscire…

Mi accingevo ad uscire…

Stavo proprio per uscire…

Sapete che il termine “lì” serve a indicare un luogo. È analogo a “qui”, solo che qui è più vicino rispetto a lì.

Se raddoppio lì diventa lì lì, che come si è visto perde il significato di indicare un luogo è invece indica un momento preciso.

Si usa spesso quando si racconta qualcosa che è accaduto. Si può usare col verbo al presente, ma generalmente si usa quando si parla del passato. In questo caso si può usare l’imperfetto o il passato prossimo, e, se parlo di tanto tempo fa, anche il passato remoto:

Stavo lì li per prendere l’aereo, quando ho sentito un’esplosione.

Più volte sono stato lì lì per sposarmi.

Fui lì li per essere catturato dai soldati tedeschi, ma riuscii a scappare.

Adesso ripassiamo qualche episodio già spiegato, molto importante per non dimenticare espressioni o locuzioni che stavate lì lì per dimenticare.

Mariana: anche laddove dimenticassi qualche espressione, prima o poi, a tempo debito viene ripassata alla fine di questi episodi.

Anthony: certo. Qualche volta può accadere di non ricordare tutto. Ma non rischiamo assolutamente di iniziare ogni volta da capo a dodici.

Allora

Allora (scarica audio )

Avete mai pensato a tutti i diversi utilizzi del termine “allora”?

No? Allora li vediamo oggi in questo episodio. È una delle parole più usate della lingua italiana.

In tal caso

Il primo modo l’ho appena usato. Significa “in tal caso“, “in questo caso“. Naturalmente è un modo colloquiale per esprimere lo stesso concetto. In questo modo possiamo usarlo anche quando si propone un’alternativa o quando cambiamo idea o programma:

Domani piove? Allora non potremo andare al mare.

Non mi ami più? Allora addio!

Intercalare

Un secondo modo è quando allora viene usato come intercalare, e non ha un senso preciso. A volte dobbiamo iniziare a raccontare qualcosa di complesso, un discorso articolato, che ha bisogno di essere pensato e organizzato. Si usa anche se vogliamo guadagnare tempo, tipo “vediamo un po’… “, “ascoltate“, “stavo pensando che…”. Spesso preannuncia anche all’ascoltatore che bisogna prestare attenzione perché non è un discorso facile. Sempre colloquiale comunque. È simile a “dunque” in molti casi. Altre volte è come “, quindi“, “perciò” e simili.

Es: Allora (dunque), quello che sto per dirvi è molto complicato. Allora (quindi) è bene ascoltare con attenzione

Poi, a quel punto

Altre volte somiglia più a “poi”, “successivamente”, o “a quel punto”, o anche “al che“. In pratica serve ad anticipare qualcosa che viene dopo.

Lei mi ha detto che mi amava e allora io le risposto che l’amavo anch’io.

Ricapitolare

Altre volte serve a ricapitolare, o a riprendere un discorso interrotto.

Allora, i punti salienti sono i seguenti…

Allora, dove eravamo rimasti?

Allora, riprendiamo il discorso di prima.

Curiosità

Si usa spessissimo con gli amici in diversi modi.

Per fare domande che esprimono curiosità:

Allora? Che mi racconti di bello?

Allora? Com’è andato l’esame di italiano?

Lamentarsi

Possiamo usare allora anche per lamentarci. Se una persona ti guarda, ti fissa intensamente, questo può farti innervosire e tu puoi chiedere a questa persona:

Allora? Che hai da guardare?

Se aspetti il tuo amico che non arriva puoi chiamarlo e dirgli:

Allora? Ti vuoi sbrigare?

Concludere

Si usa anche alla fine di qualcosa, un incontro, una spiegazione ecc. spesso sempre nelle domande:

Allora? Avete domande?

Allora che ne pensi della mia fidanzata?

A volte esprime stanchezza, sempre in un momento finale:

Allora che facciamo? Ce ne andiamo?

Altre volte si usa solo per avere una conferma. Siamo sempre alla fine di qualcosa.

Allora ci vediamo domani?

Il tempo

Un altro uso di allora, completamente diverso, è relativo al suo significato di “a quel tempo“, “in quel periodo“, “in quegli anni” quando parliamo di molto tempo fa.

Ricordo di quando era viva mia nonna. Allora non c’erano i telefonini.

Quindi: a quel tempo, in quegli anni, non c’erano i telefonini.

Un uso, simile al precedente, è al posto di “di quel tempo“, “di quel periodo”, “di quegli anni”.

Si usa così quando parliamo di una persona che, in un periodo passato che conosciamo, occupava una certa carica:

Era il 1982 e l’Italia vinse i mondiali di calcio. L’allora presidente della repubblica era Sandro Pertini. E l’allora allenatore dell’Italia era Enzo Bearzot.

Quindi in questo caso significa: il presidente di quel tempo, il presidente di quel momento. Si deve sempre apostrofare allora in questo modo: “l’allora” e poi far seguire la carica, il titolo ricoperto: l’allora direttore, l’allora presidente eccetera.

Posso comunque anche invertire:

Il presidente di allora (o d’allora) era Giovanni = l’allora presidente era Giovanni = Allora il presidente era Giovanni

Il Direttore di allora era Paolo = l’allora direttore era Paolo = Allora il direttore era Paolo.

Quando “allora” si riferisce al tempo, si utilizza anche in altri modi:

Da allora:

Anche nel 2006 l’Italia vince il mondiale di calcio, ma da allora non abbiamo più vinto.

Fino ad allora:

domani andremo a pranzo fuori, ma fino ad allora non potremo uscire di casa.

Vedete che in questo caso allora non indica un momento passato, bensì futuro. “Fino ad allora” significa quindi “fino a quel momento”,”fino a quel giorno”.

Per allora:

Nel 1988 ho acquistato il mio primo telefonino. Per allora sembrava modernissimo, ma adesso…

Quindi “per allora” sta per “per quel periodo”, “considerato il periodo”, in confronto ad oggi. Si parla del passato. Per, volendo, possiamo anche toglierlo.

Volendo si può usare anche indicando un momento futuro:

Sembra che dopodomani pioverà, ma per allora dovremmo aver terminato i lavori nel nostro giardino.

Quindi avete capito che quando parlo di allora riferito ad un tempo passato o futuro, sappiamo di quale momento stiamo parlando. Lo dobbiamo specificare sempre in un momento precedente.

All’ora o allora

Un ultimo avvertimento: Attenzione a non confondere allora, un’unica parola, con all’ora, due parole con in mezzo l’apostrofo. Stessa pronuncia ma significato diverso.

In tal caso si parla di velocità: vado a 100 km all’ora.

In realtà all’ora con l’apostrofo può anche avere il significato di indicare un momento preciso, una precisa ora. All’ora in questo caso è la forma apostrofata di “alla ora”.

Ci vediamo domani alla stessa ora di oggi.

Che può diventare:

Ci vediamo domani all’ora di oggi

Esercizio di ripetizione

Bene, allora che ne dite se facciamo un esercizio di ripetizione?

Allora? Ti vuoi sbrigare?

Allora mi racconti com’è andata?

Allora che ve ne pare della mia nuova auto?

Allora, ascoltatemi bene…

Da piccolo giocavo con i soldatini. Allora ero veramente senza pensieri.

Si dice che nel 2100 riusciremo ad andare su Marte. Peccato che allora non ci sarò più.

Allora vuoi andare più piano? Stai andando a 200 all’ora!

Allora ragazzi, l’episodio finisce qui.

Allora allora

Ah no! Mi stavo quasi per dimenticare che possiamo anche raddoppiare allora:

Se lo facciamo, si indica un momento preciso che conosciamo nel passato e solo nel passato. Molto colloquiale.

Es:

quando sono entrati i ladri in casa, io ero uscito allora allora.

Significa “pochissimo tempo prima”, “proprio qualche attimo prima”.

È analogo a “lì lì“, “lì per lì” e “adesso adesso” ma di questo ce ne occupiamo in altri episodi.

Adesso è l’ora dei saluti.

Voi adesso potreste rispondere: Alla buon’ora!

Anche quest’ultima espressione la vediamo prossimamente.

Un saluto da Giovanni.

462 Acché

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Oggi vorrei spiegarvi una congiunzione particolare, e lo farò acché il vostro livello di conoscenza della lingua possa migliorare.

Acché è la congiunzione di cui vi parlavo, che si scrive in una sola parola, con un accento acuto sulla e finale, similmente a dacché, giacché, perché, poiché, granché, sicché, affinché eccetera.

Acché è equivalente a affinché. Si può usare quindi tutte le volte che specificate il motivo per cui fate o dite qualcosa, o il motivo per cui debba accadere qualcosa, oppure per specificare un obiettivo da realizzare, l’obiettivo da raggiungere, la finalità da perseguire con una azione. Acché è un po’ più formale, quindi si usa generalmente in contesti importanti.

Spesso si usa anche perché nello stesso modo. Che voi usiate perché, affinché o acché, ricordate però che si usa sempre il congiuntivo. Vediamo qualche esempio:

Bisogna accelerare le vaccinazioni, acché le persone siano al sicuro dal virus

 Bisogna quindi accelerare le vaccinazioni, in modo tale da mettere al sicuro la popolazione

 Bisogna accelerare le vaccinazioni, perché le persone siano al sicuro 

 Bisogna accelerare le vaccinazioni, affinché le persone siano al sicuro 

Si può sostituire volendo anche da “in modo da” e come avete visto, in questo caso non si usa il congiuntivo.

Voglio sottolineare ancora una volta che acché si scrive tutto attaccato. Infatti quando si scrive in due parti: “a che”, sebbene la pronuncia sia la stessa, il senso cambia:

Ad esempio: “Avere a che fare” e  “avere a che dire”, “avere a che vedere” hanno un significato diverso che vedremo in altri episodi. 

Adesso ripassiamo un po’ qualche episodio passato, acché possiate ricordare senza sforzo le questioni ivi spiegate. Ascoltiamo Irina.

Irina: Innanzitutto voglio dire che è solo il mio tentativo di incorporare le nuove parole. Non so se la cosa lederà gli interessi di qualcuno o meno. Comunque la mia illusione di poter imparare la grammatica italiana ha portato una pura delusione . La verità è che tutti i miei errori elidono le mie aspettative. Alludo al fatto di forse essere un po’ dura di comprendonio. Ma cosa ne dite voi, forse devo eludere i pensieri negativi e sforzarmi fino alla fine?