L’ansia si trasmette? Il linguaggio della salute (ep. 2)

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Giovanni: L’ansia si trasmette? Un genitore può essere la causa di un figlio ansioso?

Queste sono le domande di oggi per il secondo episodio del linguaggio della salute, la nuova rubrica di Italiano Semplicemente adatta per migliorare il nostro italiano.

Sappiamo che non bisogna studiare il condizioni di stress – è la terza regola d’oro di Italiano Semplicemente se ricordate. L’ansia quindi è concepita come qualcosa che non giova, non è salutare oltre certi limiti. Soprattutto per i ragazzi.

L’ansia si trasmette?

Trasmettere” è il verbo che si usa normalmente per indicare il passaggio di una malattia da una persona all’altra.

Parliamo delle malattie trasmissibili, chiaramente.

Non tutte le malattie infatti si possono trasmettere.

Riguardo all’ansia, l’ho chiesto ad una professoressa universitaria, membro dell’associazione Italiano semplicemente di nome Rafaela, di nazionalità spagnola.

Ma cos’è l’ansia?

Facciamo una piccola premessa.

L’ansia è un’emozione naturale (non una malattia quindi) e anche normale, che tutti possono provare (tutte le emozioni si “provano”) in determinate situazioni, ad esempio in caso di esame, un colloquio di lavoro o situazioni di stress.

Tuttavia, quando l’ansia diventa eccessiva e interferisce con la vita quotidiana, sappiamo tutti che può diventare anche un problema di salute: può generare eccessiva preoccupazione, inquietudine, paura, apprensione, tensione e anche stanchezza.

Ma Rafaela è specializzata in psicologia dei ragazzi e allora le chiedo:

L’ansia dei ragazzi da cosa dipende?

Rafaela: buongiorno a tutti. La causa dell’ansia nei ragazzi può essere attribuita a molteplici fattori, tra cui la pressione scolastica, la competizione sociale, la pressione dei genitori e la mancanza di autostima.

Quindi sì, l’ansia può dipendere anche dai genitori. Tra l’altro, quando vediamo davanti a noi a una persona con un’ansia esagerata, ci può fare innervosire e possiamo provare anche noi ansia.

Giovanni: C’è allora un legame col comportamento dei genitori?

Rafaela: Nel corso degli anni, è stata constatata (cioè verificata, appurata) una connessione, cioè un legame, tra l’ansia dei ragazzi e genitori iperprotettivi.

Giovanni: bel termine questo. I genitori iperprotettivi sono coloro che proteggono eccessivamente i figli. “Iper” è simile a “super”.

Rafaela: infatti, ma così facendo si impedisce loro di maturare e la loro autostima è minacciata. Questa eccessiva protezione impedisce loro di sviluppare la resilienza necessaria a fronteggiare le situazioni di stress e difficoltà.

Giovanni: è una parola molto di moda in questi ultimi anni questa: la resilienza.

In psicologia la resilienza è la capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà.

Si usa però anche in economia recentemente, per indicare la capacità di una economia, cioè di un paese, di una nazione, di superare prove difficili e crisi economiche.

Più è elevata la resilienza, meglio è.

Tornando alla medicina invece, pare che gli esperti, Rafaela compresa immagino, concordino sul fatto che l’ansia possa essere utile in alcune situazioni, poiché può tenere il corpo in allerta, in allarme, per affrontare una minaccia o una situazione pericolosa.

Quindi l’ansia in qualche modo è utile, serve a qualcosa.

Tuttavia, l’ansia eccessiva può ostacolare il normale funzionamento della vita quotidiana, tanto da impedire ai ragazzi di godersi le attività quotidiane e di sviluppare normalmente.

Rafaela: certo, e allora è importante che genitori e educatori aiutino i ragazzi a comprendere l’ansia e a sviluppare strategie salutari per affrontare le situazioni stressanti. Inoltre, è importante che i genitori evitino di mettere troppa pressione sui propri figli e li aiutino a sviluppare la resilienza necessaria per fronteggiare le difficoltà della vita.

Giovanni: allora meglio non proteggerli affatto? Ma qual è il contrario di iperprotettivo?

Si va da un eccesso all’altro. Si dice che un genitore, in questo caso, è lassista, permissivo. Parliamo del lassismo. È positivo il lassismo dei genitori?

Un genitore è lassista quando manca di rigore, quindi una specie di menefreghismo, un eccessivo permissivismo.

Rafaela: purtroppo anche il lassismo eccessivo può rendere i figli più vulnerabili all’ansia. E bisogna sapere che ci sono altri stili genitoriali come lo stile eccessivamente autoritario ed esigente. Questo tipo di genitore è ancora più collegato ai sintomi di ansia nei figli. Se i genitori usano una severa disciplina con i figli e li puniscono per i loro errori, è più probabile che i figli sviluppino una maggiore sensitività e reattività ai propri errori. Questa maggior reattività negativa davanti ai propri errori poi diventa parte della loro struttura neurale ed è questa caratteristica neurale a essere associata ai disturbi dell’ansia.

Giovanni: un mestiere difficile quello del genitore vero?

Rafaela: purtroppo si! Ma non ti far venire l’ansia perché ci sono molti fattori a intervenire, oltre ai genitori.

Giovanni: ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato alla salute. Grazie a Rafaela.

Rafaela: prego! Grazie te per questa occasione!

Giovanni: nel prossimo episodio parliamo delle analisi del sangue e ci aiuterà André dal Brasile, un esperto del settore. Anche André è membro dell’associazione Italiano semplicemente.

André gestisce infatti un centro analisi ad Araraquara, vicino San Paolo.

Anch’io una volta ho fatto le analisi del sangue nel laboratorio di André.

André: Fortunatamente sono andate bene 🙂

Giovanni: ah, per fortuna! Mi stava già prendendo l’ansia!

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890 Sotto Natale

Sotto Natale

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Trascrizione

Continuiamo a parlare di prossimità e di imminenza, dopo aver visto differenti episodi in merito: la soglia, a ridosso, alle porte, e la vigilia.

Oggi parliamo del termine “sotto” che ugualmente, oltre agli altri mille utilizzi, può avere un senso legato al tempo e in particolare può indicare prossimità, vicinanza, imminenza.

Ad esempio, oggi è il 28 dicembre quindi siamo sotto le feste natalizie, siamo, al limite, anche sotto Natale, ma non siamo certamente sotto Pasqua.

Qualcuno poi, se sta studiando intensamente perché ha un esame nei prossimi giorni, può dire di essere sotto esame.

In questo caso si può dire anche durante l’esame stesso, proprio nel momento dell’esame.

Si dice anche, allo stesso modo, essere sotto anestesia, ma in questo caso solamente quando abbiamo effettivamente l’anestesia che sta facendo effetto.

Non possiamo usare “sotto anestesia” per indicare un periodo immediatamente precedente.

Questo utilizzo di “sotto” legato alla vicinanza, all’imminenza di un avvenimento particolare, non si può usare però per qualunque evento.

Si usa spesso nel linguaggio informale nel caso delle festività, e dunque se siamo sotto Natale vuol dire che siamo vicini al Natale, quasi sempre poco prima o al limite all’interno del periodo delle feste natalizie.

Spesso, questo utilizzo di “sotto” trasmette un’emozione come stress o preoccupazione:

Non possiamo andare sotto natale a Roma, i biglietti sono troppo cari.

Anche il fatto di essere sotto esame è abbastanza stressante, e figuriamoci quando siamo sotto anestesia.

La stessa cosa accade con essere sotto botta (informale, per descrivere un momento difficile, successivo a un evento negativo), sotto stress, cioè essere in un particolare periodo stressante per via di qualche attività preoccupante o di qualche avvenimento che desta preoccupazione, come un esame, ma non solo.

Non mi soffermo a analizzare tutti gli usi di “sotto” perché li vedremo in altri episodi di questa stessa rubrica.

Vi dispiace? Ma no, dai, scommetto che sotto sotto siete contenti di questo!!

Adesso ripassiamo un po’:

Flora: non so se è molto attinente all’episodio di oggi, ma vorrei farvi notare che l’anno nuovo è ormai alle porte! È il momento dei buoni propositi! Voi ne avete?

Sofie: quest’anno niente. Comunque spesso non riesco a dare seguito a tali propositi.

Rauno: A volte ho preso buoni proposti per l’anno nuovo, ma ogni tre per due la misura è stata colma dopo qualche mese. A me non risulta utile pormi troppe regole.

Estelle: Appena iniziato l’anno è già finito! Mi impegno ad ascoltare tutte le lezioni dell’anno passato! Ho abbozzato un piano che non ti dico!

Marcelo: Rauno, è vero! Su questo, andiamo proprio a braccetto. Cerco di vivere ogni momento seguendo un comportamento retto e corretto. Se mi succederà poi qualcosa di buono che non mi aspettavo, sarà tanto di guadagnato.

Peggy: raga, dai, diciamoli questi benedetti propositi, senza troppe remore, tanto per parlare e senza troppe responsabilità. Alle perse, li diremo ex novo alla fine del 2023.

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

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870 Incombente e imminente

Incombente e imminente (scarica audio)

incombente e imminenteTrascrizione

Episodio 870 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. Parliamo di incombente e imminente, due aggettivi simili, ma non troppo.

Per usare questi aggettivi bisogna pensare a qualcosa che si avvicina: qualcosa diventa sempre più vicino a noi.

La cosa che si avvicina è ciò che comporta, con tutti i suoi annessi e connessi, fa la differenza tra l’uso di incombente e imminente. Questa almeno è una delle differenze.

Se si avvicina una persona però, (o un animale, o un oggetto), non si dice che questa persona è incombente e neanche che è imminente.

Ma quali altre cose si possono avvicinare?

Dobbiamo pensare all’uso figurato di avvicinarsi.

Ad esempio un pericolo, che può essere sia imminente, sia incombente.

In generale, se qualcosa è imminente, generalmente è solo una questione di tempo (ne manca veramente poco) ma arriverà sicuramente, mentre se è incombente non è detto che arriverà. Dipende. Questa è un’altra differenza.

Di sicuro la cosa incombente mette molta ansia.

Oppure quando si avvicina una data, un giorno particolare, quando dovrà accadere qualcosa di particolare.

Quella data è imminente, cioè sta per arrivare.

Quando manca qualche giorno all’esame, allora l’esame è imminente. C’è meno emozione però nell’imminenza, mentre se l’esame e la data dell’esame incombono, allora non solo il giorno dell’esame si avvicina sempre di più ma la cosa genera molta ansia e preoccupazione.

Vi dico questo perché questa cosa che si avvicina deve essere minacciosa o pericolosa ma soprattutto ineluttabile se vogliamo definirla incombente.

Ineluttabile vuol dire che non possiamo farci nulla. È qualcosa contro cui, tra l’altro, non si può lottare, perché ad esempio è imposto da una necessità. Se poi questa necessità è percepita come tragica o fatale, ha ancora più senso usare “ineluttabile”.

Si potrebbe dire che questa cosa che sta per arrivare è inesorabile, che è inevitabile, certo, ma incombente è più minaccioso e pauroso.

Solitamente si dice che una minaccia è incombente.

Ugualmente, anche un pericolo può essere definito incombente.

Un destino incombente è ugualmente qualcosa di molto preoccupante perché il tempo passa e non si può fare a meno di andare incontro a qualcosa di inesorabile e negativo.

C’è l’idea di sentirsi inermi di fronte a qualcosa più forte di noi, qualcosa di inesorabile, inevitabile, che prima o poi arriverà o potrebbe arrivare.

Prima ho usato anche il verbo incombere. Ho parlato di un esame che incombe perché la data dell’esame si avvicina.

È vero che tutto è relativo, e per uno studente gli esami sono fonte di ansia, però, come detto, in genere si parla si pericoli, minacce o fatti gravi.

Posso dire ad esempio:

L’ombra della guerra nucleare incombe sul mondo intero.

È la guerra nucleare ad essere incombente, perché si è paventata la possibilità di una guerra nucleare. Non si sa se ci sarà, di certo preoccupa tutti e incombe su tutti noi.

Non possiamo pero dire, fortunatamente, che una guerra nucleare è imminente, perché non ci sono certezze su questo. Per ora è certamente incombente ma non imminente.

Si può anche certamente dire che il tempo incombe su tutti gli esseri viventi. È soltanto questione di anni ma poi tutto sarà finito!

Usare la preposizione “su” fa pensare anche ad un “peso” psicologico che si sopporta. È sia il rischio, sia l’approssimarsi di questa possibilità a pesare su di noi e farci preoccupare.

A proposito, dicevo prima che l’aggettivo imminente ha anche un carico emotivo meno pesante rispetto a incombente.

Es:

è imminente una perturbazione su tutta l’Italia.

Imminente avvio dei lavori per il nuovo stadio.

Trump annuncia la sua imminente candidatura

In pratica “manca pochissimo” e questo è sufficiente per usare imminente.

Per poter incombere invece è sufficiente che la cosa sia fonte di forte preoccupazione, ma come detto, molto spesso si tratta di una minaccia, un pericolo solamente potenziale.

Infine vi devo parlare dell’incombenza, che è un compito affidato o ricevuto nell’ambito di rapporti fondati sul senso del dovere.

Certo, è un termine che fa pensare più che al dovere, al peso che si ha nel dover realizzare questo compito. Una incombenza in poche parole è un compito che va fatto assolutamente perché è il senso del dovere che ce lo impone. Non c’è in questo caso il senso di qualcosa di inevitabile perché prima o poi arriverà ma perché prima o poi occorre farlo!

Adesso ripassiamo, un compito che affido volentieri ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente. Spero non sia considerata un’incombenza. Vabbè, il tempo incombe, quindi ripassiamo.

Irina: Ciao D2, qual buon vento! Tutto bene?

Sofie: Ehilà D1, beh, non mi lamento, si tira a campare.

Irina: Ma che c’è? Ti vedo un po’ giù. Senti, avevo comprato due biglietti per il concerto di Vasco, ma Luigi non può venire . Tu, come sei messa domani?

Sofie: A dire il vero ultimamente sono distrutta fisicamente e psicologicamente e ogni sera mi stravacco sul divano.

Irina: Come mai? C’è maretta tra te e Gianni?

Sofie: Recentemente ho sentore che lui mi stia tradendo. Ogni sera mi dice che deve uscire per fare gli straordinari al lavoro, ma si mette tutto in ghingheri. Non è strano?

Irina: Ma dai, si fa presto a dire tradimento. Non preoccuparti per così poco. Lui è sempre stato un tipo vanitoso. Di qui a dire che ti tradisca ce ne vuole… Per me è e resta un signore con la S maiuscola.

Sofie: se è per questo, anche le mie amiche dicono di non farmi troppe seghe mentali. Probabilmente hanno ragione. Queste fissazioni in fondo le ho sempre avute. Però non riesco proprio a scrollarmi di dosso questa enorme preoccupazione che…. mi distrugge!!

Irina: Certo, è pur vero che a volte a pensar male non si sbaglia mai, ma in questo caso farei un’eccezione. Speriamo non siano le ultime parole famose

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646 Avere il magone

Avere il magone

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Trascrizione

il magone

Foto di mohamed Hassan da Pixabay

Giovanni: sicuramente tutti voi, almeno una volta nella vita avete provato una particolare sensazione, che consiste in una persistente afflizione. Il nome a cui dare questa sensazione è MAGONE.

Vediamo bene. Un’afflizione sapete cos’è? Quando una persona è afflitta è in uno stato di tristezza e di angustia, quindi quando è triste, angustiata, cioè quando è tormentata; sopraffatta dal bisogno o dalle preoccupazioni o dal dolore.

Avere o provare un “magone”  è una sensazione che si prova soprattutto quando si avverte un “nodo alla gola”. Anche questa è un’espressione molto usata.
Quando il cuore batte forte si sente in effetti una sensazione  al collo, come se si avesse un “nodo” alla gola. E’ un segnale spesso di origine nervosa e si associa ad uno stato di ansia o di depressione:
Il “magone” è un termine più informale, che sottolinea ugualmente un stato di agitazione costante. Avete presente l’espressione “un’anima in pena“? Quella è la sensazione che emerge dall’esterno, guardando una persona che ha un magone per qualche motivo, e si trova in uno stato di agitazione o tristezza tale che non riesce a pensare ad altro.

Il magone si usa spesso quando si fanno esami all’università per sottolineare l’agitazione. Oppure un atleta, prima di fare una prova, potrebbe essere assalito dal magone.

Mi è venuto un po’ di magone pensando alle cose che devo fare in ufficio. Forse non ce la farò.

Il magone può venire anche per una sensazione di nostalgia, dispiacere per qualcosa che si lascia, per qualche cambiamento avvenuto e pensando al passato, pensando ai bei momenti passati viene un po’ di magone.

Anche uno studente, rientrando a scuola dopo l’estate, potrebbe essere travolto dal magone.

Anche quando si perde un’occasione, al pensiero di ciò che poteva accadere potrebbe venire il magone: la nostra testa va, col pensiero, a ciò che era o a ciò che poteva essere e invece non è più o non potrà essere. 

Il nodo alla gola è probabilmente più intensa come sensazione, più adatta per descrivere l’emozione o l’agitazione per qualcosa che sta per accadere, come un esame o un calcio di rigore in una finale di coppa del Mondo (o campionati Europei…).

A coloro che ascoltano da poco tempo gli episodi di Italiano Semplicemente, pensando che questo è il numero 646 della rubrica dei “due minuti“, potrebbe venire il magone per l’ansia di dover ascoltare tutti gli episodi passati. Ma fatevi subito passare il magone, perché adesso ne ripassiamo qualcuno, come facciamo sempre. Ascoltate i ripassi dalla voce dei membri dell’associazione, perché la registrazione dei ripassi è appannaggio solamente dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente. 

Una ultimissima cosa voglio dirvi. Qualcuno potrebbe vedere nell’ansia qualcosa di analogo rispetto al magone, e infatti il magone può essere usato al limite al posto di ansia, ma l’ansia viene fondamentalmente per qualcosa che preoccupa e che riguarda l’immediato futuro, quindi una preoccupazione per qualcosa di brutto che potrebbe accadere. Il magone invece si può avere anche pensando semplicemente al passato, come si è detto prima. 

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente 

Marguerite (Francia): dicesi magone la sensazione di un groppo alla gola dunque. Un groppo alla gola comunque è sempre meglio che un calcio nel sedere! 

Hartmut (Germania): Ma lei chi è? Le spiegazioni le da solo Giovanni in questo sito! Fornisca le sue generalità per favore!

Harjit (India): non esageriamo dai, Marguerite da qualche tempo a questa parte viene sempre trattata male. meglio non infierire.

Irina (Stati Uniti): a proposito di magone, mi viene in mente il quadro di Van Gogh di quel vecchietto seduto sulla sedia con la testa tra le mani. Ce l’avete presente?

Peggy (Taiwan): come no, ma se continuiamo a parlare di magone di questo passo ci mettiamo tutti a piangere in men che non si dica!

Marguerite (Francia); allora allegria! Dicesi allegria un vivace stato d’animo gioioso e spensierato! 

Ulrike (Germania): ma questa ancora insiste? Abbi la bontà di fare silenzio una volta per tutte invece di dire stupidate.

 

465 per scrupolo

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Sapete cos’è lo scrupolo? Se sei una persona scrupolosa lo devi sapere!

Cominciamo da qui allora. Una persona scrupolosa è una persona potremmo dire attenta, ma non nel senso di concentrata, ma una persona che ci tiene particolarmente a fare le cose per bene. È una persona che è attenta a non trascurare le cose importanti e spesso anche le cose che sembrano meno importanti ma che però, secondo lei, potrebbero essere più importanti di quello che sembra. O importanti per altri e non per sé stessi. Allora, per scrupolo, è meglio curare anche questi aspetti.

Avete capito che l’essere scrupolosi non è una brutta cosa, è fondamentalmente un pregio, e possiamo sicuramente annoverare questo aggettivo come positivo, ma c’è una componente di ansia verso il fare tutto per bene, verso l’adempimento al proprio dovere nel miglior modo possibile. Anche solo per non avere pensieri preoccupanti in futuro.

Questo potremmo chiamarlo “spiccato senso del dovere”, “attenzione verso tutte le cose”, ma appunto c’è un po’ di preoccupazione, di inquietudine e di ansia, appunto.

La locuzione “per scrupolo“, che ho usato prima, è spesso usata da chi ha un atteggiamento scrupoloso.

Se io ad esempio faccio un errore in un episodio, un membro dell’associazione potrebbe dirmi:

Rafaela: Che facciamo, glielo diciamo a Giovanni che ha fatto un errore in un episodio? Magari si offende, però è importante correggere gli errori. Io per scrupolo glielo dico, tanto sono sicuro che capirà.

In questo esempio, chi ha parlato si è fatto venire uno scrupolo: glielo dico o non glielo dico?

Si usa anche in questo modo lo scrupolo. “Farsi venire uno scrupolo” o “porsi uno scrupolo” o semplicemente “farsi uno scrupolo” .

Significa pensare a qualcosa che potrebbe essere importante e il fatto stesso di porsi il problema, senza trascurarlo, senza far finta di niente, senza dire che non è importante, questo stesso fatto è “farsi uno scrupolo“.

Uno scrupolo nasce, o viene, nel momento in cui viene in mente una cosa che non sai se trascurare oppure no.

In questi casi sorge anche un dubbio, c’è incertezza, ma quando decidiamo di non trascurare questa cosa, lo facciamo per scrupolo.

Se vedo una persona che mi sembra un po’ pallida in viso, forse credo che stia male, allora dico: come stai?

Mi è venuto lo scrupolo di farle questa domanda, perché aveva il viso pallido.

Per scrupolo, mi sono detto, meglio che chiedo, non si sa mai…

Gli scrupoli quindi, avendo molto a che fare con i dubbi, sono tipici delle persone che mettono sempre tutto in discussione, e anche di quelle che si preoccupano molto, o che sollevano sempre incertezze, e sono anche anche tipici delle persone altruiste, che pensano al prossimo e che si pongono spesso il problema che le proprie azioni possono danneggiare gli altri.

C’è chi si fa molti scrupoli, (cioè chi si fa venire molti scrupoli) ma c’è anche chi non si fa mai scrupoli. Queste persone vanno dritte per la loro strada e spesso danno consigli di questo tipo agli altri:

Non devi farti scrupoli! Perché ti stai facendo tutti questi scrupoli?

Vale a dire: non porti dubbi, domande, preoccupazioni eccessive. Non avere remore. Non ti fare problemi, non pensare troppo alle conseguenze delle tue azioni. In poche parole “non farti scrupoli“. Questa è un’espressione piuttosto forte perché chi non si fa scrupoli generalmente si intende come una persona fredda, cattiva, senza affetti, nella vita, negli affari, al lavoro. Stanno ovunque le persone senza scrupoli. E’ molto simile  all’essere spregiudicati, perché anche queste non stanno molto attente alle conseguenze delle proprie azioni, ma anche e soprattutto per sé stesse. Questa è la differenza. Senza scrupoli invece è molto più simile a “senza remore“. Anche questa l’abbiamo già spiegata.

Tornando a “per scrupolo“, Espressioni simili sono:

Per sicurezza

E anche:

Nel dubbio

A scanso di equivoci

Per non saper né leggere né scrivere

Queste ultime due, come ricorderete, le abbiamo già trattate. E c’è anche un bell’episodio che riguarda i dubbi in generale.  Ci sono differenze ovviamente. “A scanso di qualcosa” si usa più per evitare qualcosa, per scansare qualcosa, mentre l’ultima espressione (per non saper né leggere né scrivere), oltre che più colloquiale, si usa sopratutto per stare al sicuro, per cautelarsi verso qualcosa di incerto e spesso è anche sintomo di furbizia, Lo scrupolo invece oltre ad essere meno informale, sottolinea maggiormente a volte la preoccupazione, altre volte l’attenzione a non trascurare cose importanti. Spessissimo è una forma di attenzione verso altre persone.

Ecco, direi che dopo aver spiegato “per non saper né leggere né scrivere“, “a scanso di” e “senza remore” ho ritenuto, per scrupolo, di spiegarvi anche l’espressione “per scrupolo”.

In questo modo probabilmente, riuscirete a usar bene ogni modalità nel modo più opportuno.

E voi siete persone scrupolose?

Lejla: Ho una curiosità: vi viene mai lo scrupolo di chiudere sempre il gas e l’acqua prima di andare in vacanza?

Ulrike: io sempre, acché possa stare tranquilla per tutta la vacanza.

Natalia: io a volte me ne dimentico. Ma tanto che vuoi che succeda?

Monica: e fu così che trovò la casa allagata…

Darsi pace

Audio

E’ possibile ascoltare e/o scaricare il file audio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

Eccoci di nuovo qui ragazzi, è ancora lunedì e come tutti i lunedì vi spiego una espressione tutta italiana.

Questo è il programma di oggi dunque: spieghiamo l’espressione “darsi pace”.

Io sono Giovanni e la trascrizione integrale di questo nuovo episodio si trova sul sito italianosemplicemente.com.

Darsi pace: due parole, due semplici parole con un significato particolare.

Potremmo dire che si tratta di una locuzione, oppure la potete chiamare espressione idiomatica.

Ad ogni modo sicuramente avrete notato, cioè vi sarete accorti che in questa espressione mancano articoli, o avverbi o preposizioni.

Succede a volte nelle espressioni italiane. Non sempre è così ovviamente.

Infatti se ad esempio diamo un’occhiata alle molte espressioni che contengono la parola “darsi”, notiamo che volte ci sono articoli, a volte preposizioni, a volte nulla. Ad esempio:

Darsi alla pazza gioia, darsi battaglia, darsi all’ippica, darsi da fare, darsi delle arie, darsi il cambio, darsi la morte, darsi pena, darsi pensiero, darsi per vinto, darsi una mano, darsi una mossa.

Vediamo di spiegare la frase di oggi è capirete che non è banale inserire o togliere un articolo.

La parola “pace” la conoscete tutti: pace è il contrario di guerra.

“Darsi” invece viene da “dare”.

Il verbo dare, rivolto a sé stessi, diventa darsi. Darsi significa dare a sé stessi. Non sempre però, fate attenzione. Pensate alla frase “darsi la mano“: in questo caso è uno scambio, due persone si danno la mano: io do la mano a te e tu la dai a me.

In questo caso invece è dare a sé stessi la pace. Ognuno da la pace a sé stesso.

Succede la stessa cosa con la frase “darsi le arie“, solo per fare un esempio. Un’altra espressione figurata.

Ma quante cose possono darsi a sé stessi? La pace è una di queste cose, ma ovviamente anche qui il senso è figurato. Non parliamo di una “non guerra” , dell’assenza di una guerra, di una vera guerra.

Se fosse così, se l’obiettivo fosse cambiare e passare da uno stato di guerra ad uno stato di pace, allora diremmo: “darsi la pace”.

Ad esempio, l’obiettivo degli esseri umani, prima di tutto dovrebbe essere quello di darsi la pace. Questo vale soprattutto per gli Stati in guerra, quelli che attualmente vivono uno stato di guerra, senza pace, dove le persone muoiono, si uccidono, vivono un conflitto.

Se invece togliamo l’articolo “la” la frase darsi la pace diventa “darsi pace“.

In effetti questa pace di cui parliamo in questa espressione è una pace interiore. Non si tratta di un conflitto combattuto con le armi, con le esplosioni,con i fucili e con i carri armati. Si tratta invece di una condizione interiore, di un conflitto interiore, che avviene dentro di noi, nella nostra mente.

Quando una qualsiasi situazione viene vissuta con un atteggiamento negativo, con uno stato mentale sofferente, uno stato d’animo negativo, preoccupato, ansioso, nervoso, in tutti questi casi possiamo dire che questa persona, quella che vive questa condizione mentale non si dà pace, non si sta dando pace, non riesce a darsi pace.

Di conseguenza dall’esterno, guardando, osservando questa persona si potrebbe dire una frase tipo: perché non ti dai pace? Perché questa persona non si dà pace?

È chiaro che si sta facendo riferimento ad una pace diversa, ad una pace interiore, ad uno stato d’animo sofferente, quindi ad una persona che non è in pace con sé stessa.

Possiamo anche dire così, che non è in pace con sé stessa: questo stato di nervosismo, quest’ansia, questa preoccupazione perenne, duratura, questo essere sempre preoccupati, ansiosi, nervosi ci fa vivere una condizione difficile quindi non siamo in una condizione di pace interiore.

Ebbene in tutte queste occasioni possiamo quindi usare questa espressione “darsi pace“, e senza nessun articolo.

Spesso, questo bisogna dirlo, si usa in frasi con una negazione, a meno che si tratti di un invito a darsi pace!

Ad esempio:

Non riesco a darmi pace. Ho perso le chiavi di casa. Devo ritrovarle assolutamente. Dove le avrò perse?

Oppure:

Come mai non ti dai mai pace? Cos’è che ti preoccupa? Hai degli ospiti a cena e sei preoccupato? Ogni volta non riesci mai a darti pace in queste occasioni.

Oppure:

Tuo fratello non riesce a darsi pace, da quando il medico gli ha detto che ha la pressione un po’ alta è diventato molto nervoso e non è mai tranquillo.

Ancora:

Nella mia famiglia non riusciamo a darci pace da quando i ladri sono entrati in casa a rubare. Siamo sempre preoccupati e non dormiamo più bene come prima la notte.

Vediamo con voi:

Voi brasiliani non vi date pace da quando Bolsonaro ha vinto le elezioni. Fatevene una ragione e vedrete che le cose potrebbero non essere così negative.

In Inghilterra i politici sembra non riescano a darsi pace da quando si parla di brexit. Tutti i giornali parlano di uno stato di preoccupazione continuo della classe politica.

Se invece non voglio usare la negazione posso dire ad esempio:

Datti pace un attimo! Sei troppo agitato! Prendi una bella camomilla calda!

Questo è un invito. Senza la negazione si tratta di un invito. Datti: cioè dai a te stesso.

Allo stesso modo potrei rivolgere questo invito ad una terza persona:

tuo padre si dia pace.

Più difficilmente invece troverete questo invito rivolto a voi o loro: datevi pace e si diano pace, ma può comunque capitare.

Si usa quasi sempre con te: datti pace, e con lui o lei: si dia pace.

Con la negazione invece si usa con tutte le persone (prova a ripetere):

Io non mi do pace

Tu non ti dai pace

Lui non si dà pace

Noi non ci diamo pace

Voi non vi date pace

Loro non si danno pace.

Prima ho usato anche l’espressione “farsene una ragione“, che abbiamo già spiegato sulle pagine di italiano semplicemente, ed in effetti le due espressioni possono essere utilizzate nello stesso contesto.

C’è una certa similitudine.

Infatti chi non si dà mai pace, a prescindere dal motivo, farebbe bene a farsene una ragione. Le persone che continuano ad agitarsi, ad essere preoccupate per qualcosa non si danno pace e allo stesso tempo non se ne fanno una ragione, non riescono a farsene una ragione. Non ci riescono perché non si danno mai pace.

In sostanza queste persone non trovano mai la tranquillità.

Le due espressioni si possono usare una al posto dell’altra, perché in entrambi i casi siamo in presenza di una persona che non riesce ad accettare fino in fondo un qualcosa che per lui rappresenta un problema.

Lo stato di ansia e di preoccupazione che ne deriva è eccessivo, e soprattutto non si trovano soluzioni, non si cercano neanche le soluzioni.

Molto simile è anche un’altra espressione: darsi una calmata.

L’spressione darsi una calmata è però più informale (decisamente) e può essere offensiva.

Inoltre si usa esclusivamente quando si è molto nervosi e si perde il controllo, si urla, ci si agita molto. In questi casi puoi dire:

Adesso datti una calmata e siediti; respira e poi ne parliamo con calma.

Invece darsi pace è molto più ampia come frase, si usa in molte occasioni diverse e non è offensivo. Darsi pace poi è un processo più lungo: ci vuole più tempo per darsi pace.

Anche se viene a mancare una persona cara (cioè se muore una persona cara) può capitare che qualcuno non riesca a darsi pace per questo e non si rassegni per questa perdita.

Attenzione poi anche alla similitudine con un’altra espressione italiana che abbiamo già spiegato sulle pagine di italianosemplicemente.

L’espressione in questione è “prendere atto“, e vi invito a leggere ed ascoltare anche questa spiegazione per capire le differenze.

Ad ogni modo, molto brevemente, prendere atto significa considerare, tenere in considerazione, tener conto.

È un’espressione più formale, decisamente, che si può utilizzare anche per iscritto, anche nella forma scritta, mentre invece darsi pace è informale e difficilmente la utilizzate al lavoro o nella forma scritta.

Prendere atto ad ogni modo è una bella espressione, molto utile al lavoro e vi consiglio di dare un’occhiata anche a questa espressione.

Spero sia abbastanza chiaro.

Se quindi non riuscite a imparare l’italiano e vi state preoccupando per questo adesso che avete trovato italiano semplicemente potete darvi finalmente pace.

Un saluto da Giovanni, e vi ricordo che siete tutti invitati nell’associazione Italiano Semplicemente, ufficialmente registrata in Italia. Se volete perfezionare il vostro italiano basta fare richiesta attraverso una semplice mail dal sito italianosemplicemente.com.