I verbi professionali: VOLGERE

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Trascrizione

Buongiorno a tutti, oggi per la sezione “verbi professionali” vediamo il verbo volgere.

Si tratta di un altro verbo veramente mai utilizzato dagli stranieri ma che è veramente molto importante ed ha molti utilizzi in ambito professionale.

È il verbo n. 12 della lista dei verbi professionali che affrontiamo in questo speciale corso. Se avete mancato i precedenti verbi potete dare un’occhiata sul sito italianosemplicemente.com.

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Vi ricordo che tutti i verbi professionali, oltre che venire spiegati singolarmente, cioè uno alla volta, vengono poi di tanto in tanto utilizzati negli episodi di Italiano Semplicemente. Abbiamo fatto questo esperimento ad esempio nell’episodio dedicato al Pantheon, nella rubrica che si chiama “le meraviglie dell’Italia(errata corrige: l’episodio era quello dedicato a “come rafforzare le ossa“)

Continueremo a farlo naturalmente, perché una delle regole di Italiano Semplicemente è la ripetizione – è la regola numero 1, la più importante – e quindi voglio aiutarvi a ripetere l’ascolto per facilitarvi la comprensione ed aiutarvi a memorizzare.

Quindi di tanto in tanto in qualche podcast useremo i verbi professionali spiegati fino a quel momento. In questo modo avrete l’opportunità di ascoltare delle lezioni interessanti senza necessariamente ripetere l’ascolto delle singole spiegazioni dei verbi, che qualcuno potrebbe reputare un po’ noioso.

Bene, vediamo quindi quali sono i più frequenti modi di usare il verbo volgere. Poi dopo come al solito facciamo un esercizio di ripetizione.

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Il file MP3 da scaricare e la trascrizione integrale in PDF di questo episodio è disponibile per i soci dell’associazione italiano semplicemente

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Per quieto vivere

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E’ possibile ascoltare il file audio e leggere la trascrizione di questo episodio tramite l’audiolibro (Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 42 espressioni italiane.

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Trascrizione

Buongiorno a tutti, anzi buonasera perché il Italia ora sono le sedici in punto.

Oggi voglio spiegarvi una espressione molto comune in Italia che recita così: “per quieto vivere”. Cominciamo dalla parola per. Come al solito vediamo infatti prima le parole poi l’espressione intera.

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“Per” è una preposizione semplice.

Il significato di “per”, della preposizione “per” è non univoco: non c’è un unico significato.

Infatti per, ad esempio, è anche il segno della moltiplicazione. Quanto fa 3 per 2? Fa sei.

Cioè quant’è il risultato dell’operazione tre moltiplicato per due? Tre per due significa quindi tre moltiplicato per due, e se moltiplico due volte il tre ottengo il numero 6: tre per due fa dunque sei.

Bene, ma in questo caso della moltiplicazione “per” non è una preposizione ma è semplicemente un segno matematico.

Nel caso della frase “per quieto vivere” la preposizione “per” esprime invece una finalità, un motivo. A quale scopo? Per quale motivo?

Ad esempio se io dico: “vado al mare per prendere il sole”.

Ebbene perché vado al mare? Risposta: per prendere il sole, vado al mare per prendere il sole; il motivo per cui vado al mare è prendere il sole; lo faccio per quello, per prendere il sole; è questa la finalità, il motivo.

Dunque perché pratico yoga? “Per rilassarmi” potrei rispondere, oppure posso rispondere “perché è rilassante”, oppure “per essere in pace con me stesso”.

Ci sono altri significati della preposizione “per” ovviamente, che non approfondiamo oggi, vi faccio solo alcuni esempi in cui “per” ha altri significati:

1) per indica la Durata: nevicò per tre settimane di seguito (che freddo!)

2) per indicare la modalitàricevere un pacco per posta;

3) per indicare una destinazione: c’è una lettera per te;

4) per indicare una distribuzioneuno per ciascuno; uno per volta; occhio per occhio, dente per dente;

5) per indicare una conseguenza: sei troppo stupido per capire; sei troppo intelligente per comportarti in questo modo;

6) nei verbi fraseologici: “sta per arrivare”;

Dunque in questo caso “per quieto vivere” significa “al fine di quieto vivere”, che però suona malissimo, non è bello a sentirsi e perciò non si usa.

Quieto: la parola quieto è un aggettivo: “quieto”, che al plurale diventa “quieti” e “quiete” al femminile. Questo aggettivo si usa spesso come aggettivo per le persone ma si usa spesso anche col vento, con l’acqua, coi fiumi eccetera.

Quieto infatti significa che non si muove, che è in stato di quiete (si dice anche così) cioè  che non si muove o si muove con moto lento, si muove cioè lentamente. Significa quindi privo di turbamento, non c’è nulla che turbi, che disturbi la cosa che viene definita in questo modo.

Si dice infatti: “le acque quiete del fiume”, “l’aria quieta” (al femminile infatti quieto diventa quieta), “il cielo quieto”, che vuol dire il cielo senza vento. Anche una strada o un quartiere possono essere quieti. Io ad esempio abito in una strada quieta alla periferia di Roma: una strada tranquilla.

Se invece parlo di una persona, una persona quieta è tranquilla, calma, senza preoccupazioni. Una persona quieta ha un comportamento composto, calmo, quindi un ragazzo solitamente calmo e tranquillo posso definirlo come un ragazzo quieto, che ama la vita regolare e ordinata. Anche un intero popolo può essere definito quieto. Spesso poi quieto è inteso come il contrario di nervoso, ansioso, agitato, quindi a delle persone nervose posso quindi dire: ehi, calmi, cercate di stare quieti.

In questo caso, nella nostra frase, parlo di “quieto vivere“.

Il “quieto vivere”, queste due parole, si usano praticamente sempre nella frase “per quieto vivere“, a meno che non diciate una frase tipo questa: “mi piace il quieto vivere”. Ecco, questa frase vuol dire che mi piace vivere tranquillamente, in quiete, in tranquillità. Infatti la parola “quiete” è anche un sostantivo femminile. La quiete è pertanto la tranquillità, la calma, e “stare in quiete” significa stare in tranquillità.

Qualcuno di voi conoscerà forse la poesia di Giacomo Leopardi che si intitola: “La quiete dopo la tempesta“, composta nel 1829, famosissima poesia che è citata dagli italiani ogni volta che attraversiamo un periodo difficile, un periodo di “tempesta”, che può essere inteso anche come tempesta emotiva, di emozioni. In tali casi si dice spesso: aspettiamo la quiete dopo la tempesta, cioè aspettiamo che la tempesta si calmi e che arrivi la quiete.

“Vivere in quiete” è quindi vivere in tranquillità.

Solitamente, dicevo, si dire spesso “per quieto vivere”, ed in particolare “si fanno” delle cose per quieto vivere. Ad esempio se non voglio litigare con mia moglie e invece preferisco lasciar correre, cioè preferisco evitare di discutere, quindi se ad esempio dico:

non faccio valere le mie ragioni solo per il quieto vivere;

Cioè non discuto, non contraddico, non inizio una discussione, non cerco di insistere cercando di far valere le mie ragioni, e quindi non combatto perché amo il quieto vivere, e per quieto vivere, solo per quieto vivere, non contraddico mia moglie.

Facciamo un altro esempio. Parlando di una mia amica, posso dire di lei che:

per amore del quieto vivere vive in casa sua con la suocera;

La suocera è la madre del marito, e quindi la mia amica, per quieto vivere, cioè per non discutere o litigare col marito vive in casa sua con la suocera oltre che col marito.

La frase “quieto vivere” è ovviamente una espressione prevalentemente di uso orale, che fa parte del linguaggio di tutti i giorni.

Da notare la parola quiete da origine anche alla parola inquietudine ed anche agli aggettivi inquieto e inquieta.

L’inquietudine è uno stato emotivo, quindi quando una persona si sente piena di inquietudine si dice che è una persona inquieta: dentro di sé non c’è una calma, non c’è una tranquillità interiore, bensì c’è ansia, c’è turbamento. Quando una persona è inquieta si dice anche che “non trova pace“. E’ un sentimento molto diffuso l’inquietudine, soprattutto negli adolescenti, intorno ai 16-18 anni di età.

Ognuno di noi credo, prima o poi, abbia sperimentato nel corso della sua vita questo stato d’animo. Quando ci sentiamo incompleti, che ci manca qualcosa, quando ci sembra di essere alla ricerca di qualcosa ma non sappiamo neanche cosa stiamo cercando, oppure quando ci sentiamo nervosi ma non sappiamo il perché, ebbene, in tutti questi momenti stiamo provando l’inquietudine, emozione che possiamo definire come insita da sempre nella natura umana.

Bene ragazzi spero di non aver turbato le vostre emozioni, ma soprattutto spero di essere riuscito a spiegarvi bene questa espressione. Se volete potete contattarmi su Facebook o WhatApp per chiedere ulteriori spiegazioni.

Dite ciò che pensate perché se per quieto vivere restate in silenzio non imparerete bene la lingua italiana.

Prima di lasciarvi ringrazio coloro che sostengono Italiano Semplicemente con una donazione e vi ricordo che il 1 giugno 2017 i donatori saranno premiati in diretta Facebook, quando verrà estratto il vincitore che avrà tutta la prima parte del corso di italiano professionale, cioè tutti i file audio e le trascrizioni delle espressioni da usare in ambito professionale. Si tratta di circa 200 espressioni, 15 ore di audio e 200 pagine in formato PDF.

Se ci saranno molte donazioni ci saranno anche altri premi, come delle lezioni personalizzate. Vediamo come andrà.

Un saluto a tutti da Giovanni.

A caval donato non si guarda in bocca

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E’ possibile leggere ed ascoltare e/o scaricare il file audio di questo episodio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

Ciao ragazzi grazie di essere all’ascolto di Italiano Semplicemente. Per me è sempre un gran piacere sapere che molte persone ascoltano i nostri episodi.

Oggi vediamo una espressione simpatica e curiosa, adatta molto spesso ad essere utilizzata ogni volta che riceviamo un regalo e questo regalo non ci piace molto, non ci è molto gradito.

La frase è “a caval donato non si guarda in bocca“.

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Cominciamo dalle parole della frase.

A caval donato: il cavallo è un animale. Nella frase è riportata la parola “Caval”, senza la “o” finale, ma questo è solo un modo per rendere più orecchiabile la frase.

Il cavallo è quell’animale a quattro zampe, quindi è un quadrupede, come d’altronde quasi tutti gli animali (a parte gli uccelli), ed è anche un mammifero, come anche gli esseri umani. Il mammifero è una classe di vertebrati caratterizzata dall’allattamento della prole. La mamma quindi allatta, cioè dà il latte alla prole, cioè ai propri figli. Il cavallo inoltre nitrisce, questo è il nome del verso del cavallo: il nitrito.

Bene. “A caval donato”: donato è il participio passato del verbo donare, che significa regalare, cioè dare qualcosa ad altri liberamente e senza compenso, senza cioè una contropartita, senza ricevere nulla in cambio.

È però un verbo leggermente meno comune e popolare di regalare. In genere regalare viene preferito a donare, ma donare si usa maggiormente nell’uso letterario o anche parlando di doni di grande valore e importanza. Il gesto di donare si chiama donazione, e la donazione è un gesto che si fa o nei confronti dei poveri, o comunque donare si usa al posto di regalare quando il gesto stesso ha una importanza maggiore, quasi un gesto nobile, che dà importanza a chi dona, al gesto stesso di donare, più che a chi riceve il dono, cioè il regalo. L’equivalente della parola donazione invece è la regalia. La donazione è il gesto di donare: “ho fatto una donazione”, cioè “ho donato qualcosa” equivale a “ho fatto una regalia”. Però attenzione perché “regalia”, ha un senso negativo, perché con questo termine si indica un regalo, una donazione che si fa ai propri dipendenti o inferiori. La parola regalia infatti significa “i diritti del re” (re-galia): quindi le regalie le fanno i re.

Quindi fare una regalia significa mettersi su un piano superiore. DA questo punto di vista la parola “regalo” è la più neutra da usare. Se sei il capo di una azienda è meglio fare un “regalo” ai propri dipendenti piuttosto che fare una “regalia” o una “donazione”. La regalia esalta chi fa il regalo quindi, la donazione invece è un gesto nobile, mentre il regalo è più amichevole.

Quindi la frase “a caval donato” significa ” a cavallo regalato”. Poi la frase continua e dice: “non si guarda in bocca”. Dove la bocca è ovviamente il cavo orale, cioè è l’orifizio attraverso cui gli animali, ed anche noi esseri umani, si cibano. Con la bocca quindi si mangia, ma si respira anche, si sorride eccetera.

Quindi se qualcuno vi regala un cavallo, non dovete guardare “in bocca” al cavallo: “a caval donato” cioè ad un cavallo che vi è stato donato da qualcuno, “non si guarda in bocca”.

Ma perché guardare in bocca ad un cavallo?

Semplice. In bocca al cavallo ci sono i denti del cavallo, e dai denti si capisce quanto è vecchio il cavallo. Quindi l’età di un cavallo si giudica guardando lo stato della sua dentatura. Più sono sani i denti, più il cavallo è giovane.

Quindi questo significa che dei regali dobbiamo sempre essere grati, anche se sono di scarso valore.

E’ una frase che si usa sempre in senso scherzoso e amichevole ovviamente, ogni volta che qualcuno riceve un regalo non molto gradito. Difficilmente si riceve un cavallo come regalo, questo è chiaro, ma semmai doveste riceverne uno al vostro compleanno, mi raccomando, non guardate in bocca al cavallo.

Visto che ci sono posso anche fare un approfondimento sul verbo donare.

Infatti donare si usa anche nel linguaggio giuridico. “Fare donazione” infatti significa trasferire un diritto ad un’altra persona. La donazione è quindi un contratto, con il quale, una persona arricchisce un’altra, disponendo a suo favore di un suo diritto. Tra l’altro questo tipo di donazione, una volta effettuata (e si effettua da un notaio, con la presenza di due testimoni) di norma è irrevocabile, non si può quindi tonare indietro. Una volta fatta la donazione non si può più tornare indietro.

Esistono poi altri tipi di donazione. La donazione del sangue, con la quale si dona il proprio sangue a chi ne ha bisogno, mediante una trasfusione di sangue. Esiste anche la donazione del rene, che è l’organo che serve a filtrare il sangue, esiste la donazione della cornea dell’occhio, ed esiste anche la donazione di altri organi come il cuore eccetera, che può avvenire dopo la propria morte attraverso un trapianto in favore di in altro essere vivente che ne ha bisogno.

Infine il verbo donare si può usare anche come sinonimo di “conferire”, “aggiungere”. Ad esempio se sto parlando di cose che aggiungono una qualità: Posso dire ad esempio che il basilico è un aroma che dona alla pasta un buon sapore.

Analogamente se mia moglie indossa un bel vestito posso dire: “ti dona molto!” che significa “ti sta bene”, “ti sta molto bene”, cioè “ti dà qualcosa in più”, “questo vestito migliora le tue qualità”, in poche parole il vestito “ti dona”.

Allora posso dire che una bella collana dona lucentezza al viso di una donna, una bella cravatta può donare eleganza all’aspetto di un uomo, ed anche un sorriso dona allegria ad una persona, oltre che donare felicità a chi lo riceve.

Facciamo un esercizio di ripetizione, ripetete quindi dopo di me:

a caval donato

a caval donato

non si guarda in bocca

non si guarda in bocca

A caval donato non si guarda in bocca

A caval donato non si guarda in bocca

Quindi ragazzi spero che il tempo che avete dedicato all’ascolto di questo episodio vi sia risultato utile. Prima di lasciarvi vi ringrazio di aver ascoltato questo episodio e, se vi è venuta voglia di donare, potete farlo anche a favore di Italiano Semplicemente. Non potete però donare cavalli, ma potete solamente utilizzare euro, dollari o qualsiasi altra valuta. Basta andare su italianosemplicemente.com sulla pagina dedicata alla donazione.

Vi ricordo che per premiare tutti coloro che aiutano Italiano Semplicemente verrà fatta una estrazione di premi in diretta Facebook, il giorno 1 giugno (l’ora esatta la comunicherò tra qualche giorno, ancora non è stata decisa). Coloro che doneranno almeno € 10 potranno partecipare all’estrazione a premi. Il premio sarà la prima parte del corso di italiano Professionale, cioè tutte le frasi idiomatiche professionali, si tratta di 13 lezioni complete di file mp3 e di trascrizione in formato PDF. In futuro ho intenzione di continuare a ringraziare i donatori con dei premi, mi sembra anche giusto. Donare è un gesto nobile e va ricompensato.

Grazie a tutti. Ci vediamo presto.

 

 

 

 

 

 

I verbi professionali: Disattendere   

Sommario del corso di Italiano Professionale

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Trascrizione

Buongiorno a tutti, oggi vediamo il verbo professionale n. 11. Si tratta del verbo DISATTENDERE.

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E’ un verbo poco usato dagli stranieri, se non per nulla, e a dire il vero non è molto utilizzato neanche dagli italiani, ma in ambito lavorativo è abbastanza importante conoscerne il significato. È molto usato a livello giornalistico e molto anche nelle relazioni commerciali, soprattutto per iscritto.

Probabilmente conoscete il verbo attendere, che significa aspettare. Quindi si potrebbe pensare che disattendere sia il contrario di attendere, così come disunire è il contrario di unire, e così come anche dispari è l’opposto di pari, così come disarmare è l’opposto di armare eccetera. Ma questa purtroppo non è una regola. Disattendere non è l’opposto di attendere, ma in fondo il verbo attendere ci può aiutare a capire il significato di disattendere. Vediamo come. Così, se riesco a farmi seguire in questa spiegazione capirete e ricorderete subito il significato di disattendere.

Cominciamo da attendete quindi, che come detto significa aspettare. C’è anche la parola attesa, che rappresenta  il tempo stesso. Infatti la sala d’attesa è la sala, cioè la stanza in cui si attende, cioè si aspetta. Se andate dal dentista, come da un medico qualsiasi, prima della visita medica si aspetta il proprio turno in sala d’attesa, dove si attende, appunto.

Bene. seconda cosa importante da dire è che il verbo aspettare, in senso riflessivo diventa aspettarsi. Ad esempio se dico che oggi piove, posso aggiungere che me l’aspettavo, cioè mi aspettavo che oggi piovesse. Io mi aspettavo che oggi piovesse, magari perché ieri ho visto le previsioni del tempo che davano pioggia per oggi. Allora attenzione perché se io mi aspetto qualcosa, penso che questa cosa accadrà, e questo evento è un evento atteso.

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Il file MP3 da scaricare e la trascrizione integrale in PDF di questo episodio  è disponibile per chi ha acquistato il corso di Italiano Professionale o solamente la sezione “verbi professionali”. 

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Prima la colazione o prima l’allenamento?

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Trascrizione

Ciao amici di Italiano Semplicemente. Io sono Gianni.

Assistente Elisabetta: Ciao a tutti. Io sono l’assistente di Gianni, mi chiamo Elisabetta. Vi ricordate di me?

Credo che i più attenti si ricordino di te Elisabetta. Elisabetta è la mia assistente, è la voce di Google traduttore e a cui ho voluto dato un’anima,  e oggi Elisabetta mi aiuterà in questo nuovo episodio di Italiano Semplicemente.

Assistente Elisabetta: bene, iniziamo?

Iniziamo. Oggi vi racconterò alcune cose sull’alimentazione e sullo sport e quindi vedremo qualche termine che ha a che fare con lo sport e qualcun altro con l’alimentazione, in particolare con la colazione.

In linea generale, se parliamo di alimentazione e di sport, la prima cosa che mi viene in mente è la differenza tra grassi, carboidrati e proteine. Grassi, carboidrati e proteine sono chiamati i macronutrienti, si tratta cioè delle tre grandi categorie di nutrienti che forniscono energia al nostro corpo.

I macronutrienti ci danno energia. Ci sono anche i micronutrienti, ma il nostro organismo assume maggiormente i macronutrienti. Anche l’acqua è un macronutriente ma generalmente non si considera.

Si parla sempre di grassi, carboidrati e proteine: quando mangiamo, fondamentalmente o mangiamo carboidrati, o mangiamo proteine oppure grassi.

Facciamo una breve panoramica sui cibi.

I cibi ricchi di carboidrati sono il pane, la pasta, le patate, il riso e i cereali, ma anche frutta e verdura.

I cibi ricchi di proteine invece sono carne, il pesce, il latte e derivati del latte quindi formaggio eccetera, soia e legumi in generale.

I grassi invece si trovano maggiormente nell’olio, nel burro, nel lardo, nella panna, ma ovviamente ci sono molti grassi anche nella carne, soprattutto quella rossa.

I grassi sono anche detti lipidi, e quando una persona ingrassa, lo potete vedere anche dalla parola: “ingrassa“, aumentano i grassi nel nostro corpo: una persona “ingrassa”.

Ed i grassi, anche se rappresentano un bel problema se si vuole perdere peso, cioè se si vuole “dimagrire“, ebbene i grassi sono  un’importante come riserva energetica, infatti come abbiamo detto i macronutrienti ci danno energia, e i grassi, rispetto alle proteine ed ai carboidrati, ci danno più energia: un grammo di grasso infatti da più energia di un grammo di carboidrati e di proteine, circa il doppio.

Il nostro corpo ama i grassi dunque, nostro malgrado, di conseguenza cerca di non consumarli, cerca di tenerseli stretti, cerca di non bruciarli perché sono più preziosi e quindi quando ad esempio facciamo una corsetta nel parco ho letto che si iniziano a bruciare maggiormente i grassi solo dopo circa un’ora che si è iniziato a correre.

Ma in generale quando ad esempio facciamo attività sportiva cosa succede? Cosa bruciamo durante l’attività sportiva?

Vorrei partire da una ricerca che può interessare molto i giovani e soprattutto quelli che vanno in palestra, che vanno cioè ad allenarsi in palestra, quel luogo, quel  locale dove si fa attività sportiva ed in particolare dove si trovano gli attrezzi per fare sport, quindi si tratta di un locale “attrezzato” (appunto) per lo svolgimento di esercizi atletici o ginnici.

Prima di parlarvi in dettaglio della ricerca apro una piccola parentesi sull’attività sportiva e sui diversi modi di fare attività sportiva.

In palestra, come sapete, si fanno diversi tipi di attività sportiva: si fa ginnastica, si fa sollevamento pesi, ed in generale in svolge sia attività aerobica che anaerobica.

Assistente Elisabetta: attività aerobica ed attività anaerobica.

Brava. L’attività anaerobica è ad esempio il sollevamento pesi, ed in generale è l’attività cosiddetta “di potenza“: si fa cioè uno sforzo fisico intenso, molto forte in un breve lasso di tempo: ad esempio, il centometrista fa attività anaerobica. Il centometrista è lo sportivo che pratica la corsa dei 100 metri. Una breve distanza ma che richiede un intenso sforzo: questa è attività anaerobica, così come il sollevamento pesi.

Invece l’attività aerobica è una attività a bassa intensità e a lunga durata: quindi il maratoneta fa attività aerobica; il maratoneta, cioè lo sportivo che fa le maratone, cioè lunghe distanze.

La parola aerobica è simile alla parola aereo, ma aereo ha una “e” in più: a-e-r-e-o. Quindi è aerobica e non aereobica. In pratica la parola aerobica è come aeroporto: si scrivono entrambi senza la “e” che invece sta nella parola aereo.

Ebbene la ricerca di cui vi dicevo è stata pubblicata sulla rivista American Journal of Physiology – Endocrinology and Metabolism, vale a dire una rivista americana che tratta di psicologia, di endocrinologia e di metabolismo.

Assistente Elisabetta: American Journal of Physiology – Endocrinology and Metabolism

Non ho pronunciato bene Assistente Elisabetta?

Assistente Elisabetta: insomma, mica tanto!

Vabè comunque: scopo della ricerca era di capire se, prima di andare in palestra, sia opportuno mangiare oppure no. Risultato: meglio non mangiare prima della palestra.

A molti potrà sembrare un risultato banale, ma ci si potrebbe chiedere (almeno questo è quello che mi sono chiesto io appena letto il titolo dell’articolo) cosa significhi “prima” di andare in palestra.

Quanto tempo occorre aspettare esattamente prima di fare colazione? E poi, seconda domanda: quanto tempo dopo invece, è bene fare colazione? Ed infine, terza domanda: cosa mangiare a colazione quando si fa sport di mattina, che sia prima o che sia dopo?

Assistente Elisabetta: sono tre domande?

Esatto, tre domande.

Per rispondere a queste domande, vediamo la ricerca in questione intanto a quali risultati ha condotto.

E’ stato innanzitutto verificato che il nostro corpo lavora meglio e brucia più grassi a stomaco vuoto anziché a stomaco pieno.

Assistente Elisabetta: Bene. Io sono sempre a stomaco vuoto!

Ben per te quindi!

Questa è la prima informazione utile: meglio fare sport a stomaco vuoto che a stomaco pieno: questo è quello che emerge dalla ricerca svoltasi nell’Università di Bath, nel Regno Unito, in Inghilterra.

Quindi ragazzi, se andate in palestra e volete avere risultati importanti non mangiate prima della palestra.

La ricerca ha analizzato dieci uomini adulti che erano in sovrappeso. Questi uomini erano quindi uomini in sovrappeso, quindi grassi, che pesavano molto: erano uomini pesanti. Essere in sovrappeso significa essere grassi, detto in modo generico, ma in realtà per decidere se una persona è in sovrappeso bisogna fare una operazione matematica tenendo in considerazione sia il peso che l’altezza di una persona.

In generale le persone sono divise in persone sottopeso, normopeso, sovrappeso e obesi.

Assistente Elisabetta: sottopeso, normopeso, sovrappeso e obesi.

Le persone sottopeso sono quindi magre, molto magre rispetto al rapporto tra altezza e peso, poi i normopeso cioè coloro che sono “nella norma“, poi ci sono le persone sovrappeso ed infine gli obesi, cioè le persone molto grasse.

Tutto si basa sul calcolo di un indice, il famoso Body Mass Index, BMI, cioè l’indice di massa corporea.

Io ad esempio, che peso 88 kg e sono alto 1 metro e 87, cioè 187 centimetri, ho calcolato il mio indice di massa corporea ed è uscito fuori che sono in sovrappeso, perché il mio peso dovrebbe essere compreso tra i 65 e gli 87 kg. Pesando 88 kg sono 1 kg in sovrappeso. Accidenti!

Assistente Elisabetta: Gianni, devi mangiare meno, oppure fare più attività sportiva.

Grazie mille assistente del conforto morale. Cercherò di seguire i tuoi consigli. Tu invece?

Assistente Elisabetta: io non sono umana, non ho mai mangiato nulla in vita mia.

Beh, non sai cosa ti perdi! Comunque fortunatamente non sono risultato essere un obeso, ed ho scoperto che fino a 104 kg non sono un obeso: fino a 104 kg! Se dovessi arrivare a pesare 105 kg sarei invece una persona obesa.

Assistente Elisabetta: comunque sei bello lo stesso Gianni!

Grazie Elisabetta, hai forse paura di essere licenziata?

Assistente Elisabetta: sì!

Ehehe!

La ricerca di cui vi parlavo comunque è consistita nel far camminare questi volontari, questi uomini sovrappeso, come me quindi, ad una certo ritmo, o a a stomaco vuoto oppure a stomaco pieno.

Infine è stato analizzato il sangue di queste persone ed è stato analizzato anche il tessuto adiposo di queste persone, cioè sono state fatte analisi sui grassi, sull’adipe di queste persone, per vederne alcune caratteristiche.

Ebbene quello che è emerso dai risultati è che “dopo aver mangiato, il tessuto adiposo (cioè il grasso) è “occupato a ‘rispondere“, cioè l’organismo si preoccupa maggiormente alla digestione di quanto si è mangiato durante il pasto e di conseguenza si occupa meno dell’esercizio, cioè della camminata.

Quindi i cambiamenti a cui va incontro il nostro corpo quando ci si allena non dipendono solamente dall’esercizio in sé, ma anche dal fatto che si mangi prima oppure dopo l’allenamento. Quindi l’allenamento non stimola gli stessi cambiamenti in termini di benefici sul corpo umano. Molto meglio stare a digiuno che mangiare quindi.

Avevo letto già qualcosa a riguardo, qualche tempo fa, e con l’occasione, dovendo scrivere questo episodio, ho letto non solo che è molto meglio fare colazione dopo l’allenamento piuttosto che prima, ma anche che bisogna aspettare un po’ di tempo prima di mangiare, terminato l’allenamento.

Al termine dell’allenamento infatti il corpo è impegnato nello smaltire le tossine accumulate durante l’esercizio fisico e a reintegrare le riserve energetiche, per cui è buona cosa lasciar passare un po’ di tempo prima di fare colazione. Quanto tempo? In genere da mezzora a un’ora dalla fine dell’allenamento. Così ho risposto ad una delle mie tre domande.

Ma se invece mi piace fare colazione appena alzato?

In questo caso, mi sono informato, è bene non assumere alcun alimento durante le tre ore che precedono l’allenamento. Quindi se mi alzo alle 7 di mattina e faccio subito colazione posso iniziare ad allenarmi intorno alle 10, non prima.

Quindi ho trovato la risposta anche ad una seconda domanda che mi ero fatto, cioè cosa significa non mangiare prima di fare colazione? La risposta è che “prima” significa 3 ore prima della colazione.

La terza domanda era: cosa mangiare a colazione quando si fa sport di mattina?

Ebbene la colazione è meglio che sia leggera, equilibrata e facilmente digeribile. Perciò pochi grassi e poche proteine, ma fondamentalmente non esagerare neanche con i carboidrati.

Cosa mangiare? Ad esempio frutta fresca o pane e marmellata o anche fette biscottate e marmellata.

A proposito della frutta, solitamente nelle diete non si danno limiti categorici al suo consumo. C’è una certa libertà dunque, ma se si è un po’ grassottelli oppure se si hanno problemi di diabete si sconsiglia di mangiare la frutta più zuccherina, come ad esempio le banane, l’uva ed anche i fichi.

Bene ritengo che le mie tre domande sull’alimentazione e lo sport mattutino abbiano ricevuto una risposta soddisfacente. Ora un piccolo esercizio di ripetizione sui termini più importanti della lezione.

Mi raccomando di fare anche l’esercizio di ripetizione così prendete confidenza con la lingua e memorizzerete meglio le parole.

Attività aerobica: la maratona

Attività anaerobica: la corsa dei 100 metri

Carboidrati: frutta e verdura, pasta, riso e pane

Proteine: carne, pesce, latte e derivati

Grassi: olio e carne rossa

Grazie a tutti. Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente

Assistente Elisabetta: mi raccomando, fate sport e fate anche colazione, ma dopo! ok?

Ciao.

 

Il salvataggio

Audio

Trascrizione

Buongiorno, io sono Gianni di italianosemplicemente.com  ed oggi vorrei fare un bell’esercizio. Jasna, ragazza Slovena, che molto spesso mi aiuta nel sito, mi ha chiesto di costruire una storia particolare utilizzando alcuni verbi soprattutto per utilizzarli al passato.

Assistente Elisabetta: ci sono anch’io però!

Sì c’è anche la mia assistente di Google traduttore. Ciao Elisabetta, to chiami così vero?

Assistente Elisabetta: esattamente

Bene allora questo è  un esercizio che mi ha proposto Jasna dunque, e non Elisabetta ma io saluto e ringrazio entrambe.

Si tratta della storia di un cane da salvataggio che soccorre e salva una persona, un uomo in particolare, che sta per annegare in mare.

Assistente Elisabetta: bau bau!

Spiritosa Elisabetta! Ma il cane non lo sai fare bene. Lascia stare.

Allora,  verbi che in questo caso si possono usare per raccontare questa storia sono moltissimi, ma l’esercizio proposto elenca dodici verbi in particolare che possono essere di aiuto, che sono i seguenti verbi:

Gridare, cadere, vedere, soccorrere, aiutare, correre, salvare, nuotare, istruire, evitare, immergersi, portare, afferrare, tuffarsi e abbaiare. Si tratta come vedete di verbi legati tutti al salvataggio, al soccorso.

salvataggio

Di storie di questo tipo ne possiamo fare moltissime ovviamente, non necessariamente uguali tra loro, ed io oggi voglio costruirne una usando tutti questi dodici verbi. In più, visto che ci sono, utilizzerò alcune espressioni idiomatiche italiane che sono già state spiegate sulle pagine di Italianosemplicemente.com in modo da poterle ricordare meglio.

Ecco la storia.

Una mattina d’estate, mentre mi trovavo sotto l’ombrellone a prendere il sole, ho assistito ad un salvataggio.  Una signora sulla spiaggia ha visto un uomo che si agitava e muoveva le braccia in segno di aiuto.

L’uomo ha iniziato anche a gridare dal mare: aiuto! aiuto! affogo, salvatemi! La signora, pur non avendo la più pallida idea di chi fosse quell’uomo, ha iniziato a gridare anche lei.

Assistente Elisabetta: aiuto, aiuto! Aiutatemi vi prego!

Così facendo ha allarmato la squadra di soccorso, che subito ha inviato un cane da salvataggio, cioè un cane che è stato istruito precedentemente per soccorrere le persone che stanno per annegare.

Il cane ha subito capito cosa doveva fare, così, senza neanche abbaiare, ha iniziato a correre sulla spiaggia, poi si è tuffato per portare in salvo l’uomo.

Nessuno ha aiutato il cane in questo salvataggio: l’ha salvato tutto da solo. Poco dopo essersi immerso in acqua ha raggiunto l’uomo e questo si è subito afferrato al cane, che nuotando l’ha riportato in salvo.

Appena ripresosi, l’uomo ha raccontato di essere caduto dalla sua moto d’acqua, ma non sapendo nuotare, stava annegando.

La quadra di salvataggio si è raccomandata con l’uomo: “per evitare altri problemi di questo tipo, le consiglio di imparare a nuotare prima di prendere una moto d’acqua”, le ha detto il capo della squadra.

Un amico dell’uomo che ha assistito al salvataggio gli ha invece detto: mannaggia a te! A momenti ci lasciavi le penne! Non puoi rischiare in questo modo, gli disse l’amico. L’uomo rispose candidamente: chi non risica non rosica!

….

Assistente Elisabetta: fine della storia.

Grazie. Dunque in questa storia, una brevissima storia, in fin dei conti, ho utilizzato tutti e dodici i verbi ed anche quattro espressioni idiomatiche italiane. Quattro sono a dire il vero, le espressioni idiomatiche che abbiamo già visto su italiano semplicemente, poi in realtà ce ne sono anche altre.

Troverete i link delle spiegazioni sull’articolo, basta cliccarci sopra e se volete potete scaricare il file audio in formato mp3. In particolare quasi tutti i verbi sono stati utilizzati al passato, che è la forma che crea maggiori difficoltà rispetto al presente.

Inoltre le quattro espressioni che ho utilizzato nel corso della storia sono le seguenti:

  • non avere la più pallida idea, che esprime la non conoscenza assoluta di qualcosa;
  • raccomandarsi, una parola, un verbo che ha più significati, anche molto diversi tra loro;
  • Mannaggia a te, che è una espressione di disappunto, di disapprovazione e infine:
  • chi non risica non rosica, che è una delle tante espressioni che si usano quando si parla di rischi e di fortuna, tra l’altro è anche una espressione che abbiamo visto nella lezione di Italiano Professionale espressamente dedicata ai rischi. Vi invito a dare un’occhiata anche a questa lezione.

Con questo è tutto, se volete potete ripetere più volte l’ascolto di questo episodio e  provare anche a ripetere alcuni passaggi, quelli ad esempio che vi creano i maggiori problemi.

Potete farlo mentre ascoltate senza problemi ma volendo potete anche arrestare l’ascolto, ripetete la frase e riprendere l’ascolto.  Usate la tecnica che preferite. Personalmente io col francese e con l’inglese ed anche col tedesco  preferisco ripetere appena dopo aver ascoltato senza arrestare l’ascolto.

Grazie ancora a Jasna e a tutti i membri della nostra grande famiglia, un saluto a tutti e grazie anche  ai sostenitori di Italiano Semplicemente, coloro cioè che hanno deciso di fare una piccola donazione per aiutare il sito a svilupparsi in modo da poter aiutare sempre di più gli stranieri che vogliono imparare la lingua italiana.

Assistente Elisabetta: un bacio anche da parte mia ok?

Un abbraccio anche da Giovanni.

 

 

 

 

 


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Vita, morte e miracoli

Audio

E’ possibile ascoltare il file audio e leggere la trascrizione di questo episodio tramite l’audiolibro (Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 42 espressioni italiane.

US  – UK – DE – FR – ES – IT – NL – JP – BR – CA – MX – AU – IN

Trascrizione

Ciao amici, spero stiate tutti bene.

Oggi, come vi avevo promesso sulla pagina Facebook, vi vorrei spiegare la frase “vita, morte e miracoli“.

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Durante questa spiegazione inoltre utilizzerò alcuni verbi che ho già spiegato sulle pagine di ItalianoSemplicemente.com e precisamente sto parlando dei verbi professionali che è una parte del corso di Italiano Professionale che sarà completo nella sua versione base nel 2018.

Molti hanno già prenotato il corso, coloro che vogliono farlo possono ancora farlo perché fino a tutto l’anno 2017 potranno averlo ad un prezzo speciale: 139 anziché 200 euro. Chi vuole potrà anche ricevere a casa una pen-drive con tutti i file delle lezioni e da subito potrà avere accesso all’area riservata su Google drive per leggere ed ascoltare le lezioni.

Per coloro che non lo sanno ancora il corso è un corso completo di italiano, dove vengono affrontate in particolare tutte le tematiche del lavoro, in particolare le riunioni, gli incontri, le trattative di affari, la presentazione personale della vostra azienda, il linguaggio formale e le espressioni idiomatiche consigliate ed anche quelle sconsigliate e che non bisogna mai usare nel lavoro. Come scrivere una mail, come fare offerte d’affari, come rispondere al telefono, come rispondere a delle critiche; affronteremo anche come esprimere la propria opinione, quali sono i diversi modi per esprimere una opinione, eccetera. Il corso quindi è una occasione per tutti per imparare l’italiano in modo più approfondito, e questo ci permetterà di ampliare il vocabolario con tanti nuovi termini e nuovi verbi.

Quindi fino al giorno in cui il corso sarà completo stiamo spiegando un verbo alla settimana. Finora abbiamo visto 10 verbi professionali, i cui link li potete trovare nel sommario del corso. Nella trascrizione del testo che ho predisposto per voi scriverò i verbi di colore rosso e potrete cliccare sul verbo per ascoltare, se volete, la spiegazione del verbo indicato.

Oggi quindi durante la spiegazione della frase “vita, morte e miracoli” io utilizzerò tutti questi verbi. Nel file audio, che state ascoltando ora, ascolterete invece un piccolo suono ogni volta che io userò questi verbi. Spero di riuscire bene a rendere l’idea a tutti.

Spero che questo esperimento vi piaccia così potrete ascoltare la spiegazione della frase di oggi e nello stesso tempo potrete anche ripassare, rivedere e ricordare meglio l’uso di questi dieci verbi.

Allora: “Vita, morte e miracoli”.

Spieghiamo prima le parole: “La vita: sapete bene cosa sia la parola vita (V-I-T-A) in italiano significa due cose principalmente: la vita è il contrario della morte. Se avete la vita, che è una cosa che hanno tutti gli esseri viventi, vuol dire che siete vivi, quindi respirate, mangiate, vedete, sentite, toccate e odorate. Avere la vita significa “vivere” e quindi la vita è propria degli esseri animali e vegetali. Ogni essere vivente dispone di un certo tempo di vita, ha cioè a disposizione un determinato tempo di vita, che evidentemente decide il nostro Dio: solo Dio può dettare la durata della nostra vita.

Un secondo significato della vita è una parte del corpo umano, e precisamente la zona situata sopra i fianchi: la vita è la zona in cui si mette la cinta dei pantaloni, per dare un’idea della zona.

Ma in questo caso, per la frase di oggi, ci riferiamo alla vita nel primo significato, quello più importante: la vita come il contrario della morte, che è la seconda parola della frase “vita, morte e miracoli”. La morte è la fine della vita, e quando arriva la morte non c’è più la vita: delle due l’una, o un essere è vivo oppure è morto. Non è possibile essere sia vivo che morto contemporaneamente.

Infine i miracoli: un miracolo (miracoli al plurale) è un evento straordinario, cioè non ordinario, un evento che è considerato al di sopra delle leggi naturali, quindi un miracolo si considera essere sempre opera di Dio: soltanto Dio può fare un miracolo, oppure i miracoli li può fare non direttamente Dio  ma mediante una sua creatura.

Quindi ad esempio quando Gesù, il profeta Gesù, il figlio di Dio, dopo la sua morte sulla croce, è resuscitato, ebbene questo è un miracolo; è stato un miracolo perché nessuno può rinascere dopo la morte, nessuno può resuscitare: nessuno  tranne Dio o una sua creatura come il figlio di Dio, che appunto è Gesù di Nazaret. Non provate quindi a spacciarvi per un Dio perché non riuscirete a fare miracoli.

I miracoli quindi sono tutte le cose che in natura non si possono fare, come appunto rinascere.

Vita morte e miracoli” è una espressione idiomatica che, se analizzata parola per parola, non ci dice nulla ma che si usa molto in Italia soprattutto dopo il verbo sapere o conoscere: “sapere vita morte e miracoli” di qualcuno, oppure “conoscere vita morte e miracoli” di qualcuno.

Sapere vita morte e miracoli di qualcuno significa essere al corrente di tutto ciò che lo riguarda.

Se io quindi conosco vita morte e miracoli di Donald Trump, il presidente americano, ad esempio, vuol dire che conosco tutto di lui, conosco tutta la sua vita, tutto ciò che gli è successo: la sua vita personale, la sua vita professionale, la sua infanzia, la sua adolescenza, se ha riscosso successo al lavoro, se ha fallito, e in generale cosa ha fatto durante tutta la sua vita in tutti i campi.

Ma perché si dice così? Perché si dice sapere vita morte e miracoli?

Beh, se ci pensate la vita è l’inizio della nostra storia sulla terra, e la morte è la fine. I miracoli invece rappresentano tutto ciò che durante la vita può accadere.

Quindi sapere tutto, dall’inizio alla fine a proposito di una persona, si dice sapere vita morte e miracoli di quella persona.

E’ una espressione che si usa fondamentalmente con le persone, ma questo non significa che non possiate usarla anche per altre cose, come animali o opere dell’uomo, in fondo ciò che conta veramente è che l’oggetto di cui si parla abbia una storia, una storia che inizia con la nascita e finisce con la morte, morte che non è detto sia già avvenuta e in mezzo è successo qualcosa.

Se ad esempio state parlando della Città di Roma e siete un esperto dell’architettura di Roma e della sua storia in generale, potete dire che conoscete vita morte e miracoli di Roma, della capitale d’Italia. Ma se conoscete vita morte e miracoli di Roma o di qualunque altra cosa o persona vuol dire che conoscete proprio tutto, e nessuno più di voi ne sa più di voi.

Ci sono altre espressioni italiane che somigliano a questa, che ha diciamo una radice cattolica-cristiana per via della presenza della parola miracoli.

Ad esempio la frase “conoscere nei dettagli” è più utilizzata perché più professionale e dunque più usata nel lavoro. Se conoscete una cosa, generalmente un argomento, “nei dettagli”, lo conoscete bene, e non vi sfuggono neanche i dettagli, cioè le cose più piccole e meno importanti. Anche il verbo “conoscere” se vogliamo è più professionale di “sapere”: conoscere è più usato per le materie di studio mentre sapere significa “essere a conoscenza”, cioè “non ignorare”.

Inoltre abbiamo visto nella prima lezione di Italiano Professionale, quella dedicata alle competenze, che ci sono molti modi di dire che conosciamo bene qualcosa, in particolare se si tratta del nostro lavoro: quindi se volete potete dare un’occhiata alle varie espressioni viste durante quella lezione: ad esempio “saperla lunga“, “non essere nati ieri” e altre espressioni molto usate in Italia a livello professionale.

Valutate quindi se è il caso di ripassare la prima lezione di Italiano Professionale, che è disponibile per tutti.

Ora se volete potete eseguire un esercizio di ripetizione per meglio memorizzare questa frase, dopodiché vi potete anche liquidare, a meno che non vogliate ripetere l’ascolto.

Vi invito quindi a fare l’esercizio di ripetizione sperando che voi non decliniate il mio invito.

Vita, morte e miracoli

Sapere vita, morte e miracoli

Conoscere vita, morte e miracoli

Sapere vita, morte e miracoli di Barack Obama

Sapere vita, morte e miracoli di Roma

Sapere vita, morte e miracoli di mio fratello

Grazie a tutti per l’ascolto, grazie anche a coloro che supportano Italiano Semplicemente attraverso una donazione. Grazie a queste donazioni il sito può continuare a vivere ed aiutare gli stranieri ad imparare l’italiano: non facciamo miracoli ma cerchiamo di dare una mano.

Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente. Abbiate cura di voi.

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Corso di Italiano Professionale

(FRANÇAIS ENGLISH ESPAÑOL –  РУССО – DEUTSCH)

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I verbi professionali: SPACCIARE e SPACCIARSI

Sommario del corso di Italiano Professionale

Audio

Trascrizione

Assistente: Ciao a tutti e benvenuti nel corso di italiano professionale.

Assistente: Ciao a tutti e benvenuti nel corso di italiano professionale.

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Giovanni: Ciao benvenuta anche a te Assistente. La voce che avete appena ascoltato è della mia assistente. La sua è in realtà la voce di Google, che oggi ci farà compagnia in questo podcast. Spero che vi farà piacere e che la famiglia di Italiano Semplicemente apprezzerà questa nuova ed insolita compagnia.

Assistente: Speriamo!

Giovanni: Speriamo. Oggi siamo nella parte del corso dedicata ai verbi, ed oggi vediamo il verbo spacciare, molto usato in ambito professionale ma non solo, come vedremo.

Assistente: ah, spacciare è il verbo di oggi?

Giovanni: Esatto Assistente! Non stai molto attenta eh?

Assistente: scusa tanto Gianni!

Giovanni: Figurati!

Questo comunque è uno di quei verbi che io definirei molto rischioso!

Occorre quindi fare molta attenzione ad usare questo verbo perché, come vedremo, il verbo spacciare ha più significati e uno di questi è molto negativo.

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Cominciamo dal primo significato.

Nel commercio spacciare è quasi un sinonimo di vendere. In particolare spacciare significa “vendere una merce, cioè un bene, un prodotto, in notevole quantità“.

Ad esempio possiamo “spacciare una partita di vino“.

Assistente: spacciare una partita di vino

Giovanni: Sì, “Spacciare una partita di vino” significa vendere una certa quantità di merce, vendere una determinata quantità di merce e generalmente non si tratta di una o due bottiglie: “Una partita” è un certo ammontare di merce, una certa quantità di vino.

Tu bevi vino Assistente?

Assistente: non ancora, tra qualche anno forse!

Giovanni: Speriamo di no!

Quindi una “partita di vino” possono essere 10 casse ciascuna di 6 bottiglie, ad esempio, oppure se parlo di una partita di grano, si potrebbe trattare di una tonnellata di grano, eccetera.

Spacciare una certa quantità, cioè una partita di una merce qualsiasi quindi significa vendere questa merce. Vendere la merce in grande quantità. Il verbo spacciare si usa quando la merce che si vende è in grandi quantità, ed è pertanto un verbo che si usa molto nel commercio.

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Il file MP3 da scaricare e la trascrizione integrale in PDF di questo episodio  è disponibile per chi ha acquistato il corso di Italiano Professionale o chi ha acquistato solamente la sezione “verbi professionali”. 

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Il Pantheon (VOCABOLARIO)

Questo Podcast rappresenta la spiegazione delle parole più difficili presenti nell’episodio: Le meraviglie di Roma: Il Pantheon

Audio

Trascrizione

Benvenuti nel podcast denominato VOCABOLARIO. Spieghiamo le parole più difficili o particolari che si trovano all’interno dell’episodio dedicato al Pantheon.

  1. L’altezza, dove si trova l’oculo, è pari al diametro della rotonda. I diametro è la distanza tra i muri del Pantheon passando per il centro. In geometria ogni cerchio ha un diametro, che è pari al doppio del raggio: il raggio misura la metà della lunghezza del diametro.
  2. L’apertura sopra la cupola si chiama oculo, che permette all’interno di essere illuminato. La parola oculo è simile alla parola “occhio”, che è l’organo umano che serve per vedere, ma il termine “oculo” si usa solamente in architettura e indica proprio un’apertura a forma circolare (a forma di cerchio) oppure ovale (cioè a forma di uovo). L’oculo non è detto sia una fessura vera, un vero buco, una vera apertura, ma può anche essere dipinta, un disegno quindi: anche quello è un oculo.
  3. La cupola del Pantheon è stata costruita di un materiale chiamato calcestruzzo. Il Calcestruzzo è un materiale fatto di materiali vari tra cui sabbia, ghiaia, eccetera. Essendo un insieme di materiali diversi si dice che è un conglomerato (cioè un insieme) artificiale (cioè fatto dall’uomo ed è il contrario di naturale) di materiali diversi. Si può parlare anche di miscela di materiali diversi: i materiali diversi quindi sono messi insieme cioè sono miscelati o agglomerati tra loro. Questo è il calcestruzzo.
  4. Nel Pantheon ci sono le tombe dei due primi re d’Italia, cioè di Vittorio Emanuele II e di suo figlio Umberto I. La parola “re” significa sovrano, e si scrive senza accento. Re significa sovrano di sesso maschile, perché il femminile è regina. Il re d’Italia si scrive d – apostrofo Italia: “re d’Italia” ed analogamente si scrive “re d’Inghilterra” o “regina d’Inghilterra”, perché Italia ed Inghilterra iniziano per vocale e la parola “di” finisce anch’essa per vocale.
  5. Ho parlato di architettura romana. L’architettura è una disciplina, cioè una scienza, una materia di studio; l’architettura è una disciplina che ha come scopo l’organizzazione dello spazio e principalmente lo spazio in cui vive l’essere umano. Esistono molte discipline diverse oltre l’architettura: la matematica, la statistica, l’ingegneria, la medicina eccetera.
  6. Il Pantheon è un tempio il cui nome, significa tempio di tutti gli dei. Attenzione perché la parola “dei”, d-e-i, è il plurale di dio (d-i-o). “Dio” al singolare diventa “dei” al plurale. E’ come quando dico “mio”, il pronome personale, che al plurale maschile diventa “miei”.  Es: “il mio libro”, diventa “i miei libri”. Analogamente “il mio dio” diventa “i miei dei” al plurale.
  7. L’Annunciazione è collocato nella prima cappella a destra quando si entra nel Pantheon. è collocato significa “si trova”. Posso anche dire “è posizionato”. La collocazione pertanto è simile alla posizione, solo che la posizione indica di più il luogo fisico in cui si trova un oggetto, mentre la collocazione è un verbo più tecnico che pone maggiormente l’attenzione su dove l’oggetto è stato messo, cioè collocato. Collocare quindi significa mettere, ma è più tecnico come verbo. Collocare significa “mettere in un luogo”; “sistemare”, “disporre“. Quindi l’Annunciazione è collocato vuol dire  l’Annunciazione è stato messo, è stato disposto, sistemato  nella prima cappella a destra quando si entra nel Pantheon.
  8. L’annunciazione raffigura il momento in cui è stato annunciato a Maria ed a Giuseppe  il concepimento e la nascita di Gesù. “Raffigura” significa rappresenta per mezzo di immagini, tramite immagini, quindi usiamo una immagine per rappresentare qualcosa, e l’Annunciazione raffigura, quindi rappresenta tramite l’uso di una immagine, il concepimento. Il concepimento rappresenta la nascita, e più precisamente il processo biologico che avviene con la fecondazione. Il mio bambino è stato concepito a Roma: vuol dire che la fecondazione della madre è avvenuta a Roma.
  9. Artisti illustri: un artista illustre è un artista famoso, che ha fama cioè che gode di fama: è famoso. Illustre viene da luce. Esiste anche il verbo “lustrare” che vuol dire “rendere splendente”, “far diventare una cosa splendente” o anche “lustre”. Lustrare le scarpe ad esempio significa pulire le scarpe, dare lustro alle scarpe, dare cioè una maggiore visibilità alle scarpe. Esiste poi la Lingua illustre, che secondo Dante Alighieri è una delle grandi qualità dell’alta poesia. Insomma le cose illustri sono famose, sono più visibili e più belle.
  10. Per far defluire l’acqua dal pavimento del pantheon ci sono 22 fori, cioè 22 buchi, 22 forature. La parola buco equivale a foro, ma quest’ultima è più tecnica. Si fanno i buchi a terra ad esempio, ma nelle orecchie ad esempio si fanno i fori. Il termine foratura invece solitamente si usa con la gomma di una macchina, il pneumatico, che si può bucare, si può forare, e quindi la foratura di una gomma è il fatto di aver forato la gomma. Quindi si dice ad esempio che in caso di foratura si deve immediatamente arrestare l’automobile, occorre subito fermare la macchina, per non rovinare la ruota.
  11. “Quell’oculo: Quando dico “quell’oculo” metto l’apostrofo. Quell’oculo è la forma abbreviata di “quello oculo”, che suona male perché ci sono due “o” vicine, cioè due vocali vicine. Quindi “quello oculo” diventa “quell’oculo”. Analogamente  diciamo quell’occhio, quell’animale, quell’orso, quell’imbecille eccetera.
  12. Poi si è parlato poi del tufo e anche dei “lapilli vulcanici” che sono entrambi materiali molto leggeri. I lapilli sono dei sassolini rotondi, si tratta di piccoli sassolini molto leggeri, leggeri come il tufo. Sia i lapilli che il tufo sono rocce magmatiche, cioè che vengono dalla lava, dal magma. Il magma o lava è ciò che esce dal vulcano quando c’è un’eruzione. Quando quindi un vulcano erutta, quando esplode, dalla bocca del vulcano esce del magma, della lava, ed anche dei lapilli, ed il tufo quindi deriva dai lapilli vulcanici. Quando c’è una eruzione vulcanica dal vulcano escono quindi i lapilli, dei piccoli pezzi di magma che cadono uno sopra l’altro e spesso ci sono anche delle conchiglie marine insieme. Il tufo quindi si forma dai lapilli che si uniscono tra loro, ed è molto diffuso in Italia nelle costruzioni e moltissimi paesini hanno le case, le abitazioni costruite ancora interamente in tufo.