In casa e fuoricasa – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 16)

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Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo delle partite in casa e di quelle fuoricasa.

Che significa giocare in casa e giocare fuoricasa?

Nel contesto del calcio, “giocare in casa” indica che una squadra sta disputando una partita nel proprio stadio, circondata dai propri sostenitori. Invece, “giocare fuori casa” significa che la squadra sta giocando nell’impianto dell’avversario, lontano dai propri tifosi. Questi due scenari hanno un impatto importante sulla dinamica della partita.

Quando si gioca in casa, c’è solitamente un vantaggio psicologico e si può beneficiare del supporto dei tifosi. Al contrario, giocare fuori casa può essere più difficile a causa dell’ambiente ostile e del fatto di essere lontani da casa.

Le trasferte infatti possono essere impegnative per le squadre a causa dei viaggi, dell’adattamento a un nuovo ambiente e della mancanza del sostegno dei propri sostenitori. Tuttavia, le trasferte sono parte integrante del calcio e possono rappresentare sfide emozionanti per i giocatori e per i tifosi che seguono la squadra in viaggio.

Attenzione perché non si dice “giocare a casa” ma “giocare in casa”.

Ci sono modi alternativi per esprimere i concetti di “giocare in casa” e “giocare fuori casa” nel calcio come in altri sport.

Giocare in casa si può dire:

Giocare davanti al pubblico amico

Giocare davanti ai propri tifosi.

Disputare la partita nel proprio stadio.

Giocare la partita casalinga

Giocare sul proprio terreno.

Affrontare l’avversario nella propria tana.

Giocare fuoricasa (in due parole o in una sola parola) invece si può dire:

Giocare in trasferta

Giocare nell’impianto dell’avversario.

Essere la squadra ospite

Affrontare l’avversario sul suo terreno.

Giocare lontano dalla propria base.

Giocare nello stadio avversario

Giocare sul/nel terreno avversario

Parlando delle partite ci sono quindi le partite casalinghe, cioè le partite in casa e le partite fuori casa, cioè le trasferte o le partite in trasferta.

E cosa succede quando due squadre giocano nello stesso stadio? Parlo di Roma e Lazio, di Juventus e Torino, di Genoa e Sampdoria ad esempio.

Chi gioca in casa e chi fuoricasa in questi casi?

Lo vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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il pronostico – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 15)

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Benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo del pronostico.

Non è un caso che trattiamo il pronostico dopo aver parlato del verdetto.

Infatti mentre il verdetto è qualcosa di ineccepibile, di incontestabile, di inoppugnabile, un pronostico è una previsione o un’opinione sul futuro, e precisamente sul risultato di una partita o di una competizione.

Chi vincerà la partita? Chi vincerà il campionato del mondo?

Non si sa, ma possiamo fare una previsione e in base a questa previsione formulare un pronostico.

Un pronostico è dunque una previsione o un’opinione informata su un evento futuro, come l’esito di una partita di calcio o il risultato di un evento sportivo. Si può usare anche in altre circostanze, tipo in caso di elezioni politiche, dove c’è comunque una competizione, come nello sport.

Dove non c’è una competizione è più adatto il termine “previsione”. Ad esempio in medicina, per dare un’idea della presunta durata della guarigione di un paziente, fondata sugli esami medici e sul trattamento necessario. Lo stesso nel caso di previsioni meteo.

Quindi al di fuori dei risultati sportivi e delle competizioni in generale si preferisce usare il termine “previsione”, come ad esempio le “previsioni meteo“. Anche i pronostici però, come le previsioni, sono basati sull’analisi di dati storici, statistiche, tendenze e altre informazioni pertinenti.

I pronostici in ogni caso non sono garanzie di ciò che effettivamente accadrà, ma rappresentano solo una stima delle probabilità.

Come abbiamo visto invece nel contesto sportivo, il verdetto può essere il risultato ufficiale di una partita o di una competizione, come la vittoria, la sconfitta o il pareggio.

Nel calcio, come anche in altri sport, quando si chiede:

Come finirà la partita secondo te?

Prova a indovinare quale sarà l’esito della partita!

Come alternativa possiamo dire:

Prova a fare un pronostico sulla partita.

Oppure si può anche dire:

Fai una previsione sulla partita.

Fai una previsione sul risultato della partita

Una previsione può essere poi una valutazione più ampia basata su modelli o analisi scientifiche. Invece un pronostico generalmente nel calcio si esprime semplicemente. Così:

Vincerà il Barcellona!

Vincerà l’Italia 2-1

Eccetera.

Tra l’altro una previsione, oltre ad essere spesso qualcosa di più complesso, non è detto riguardi il risultato finale di una partita.

Si potrebbe dire ad esempio che si prevede che una partita finirà ai calci di rigore, senza indicare il vincitore. Questa è più una previsione che un pronostico.

Infine esiste un’espressione molto diffusa, in cui si può usare solamente il termine “pronostico“:

godere il favore del pronostico

Oppure:

godere del favore del pronostico

Oppure:

godere del favore dei pronostici

Es:

per la finale di Champions league, l’Inter non gode del favore dei pronostici

Significa che la squadra dell’Inter non è, secondo gli esperti, la squadra favorita, quella che probabilmente vincerà.

L’Inter non è data come probabile vincitrice alla vigilia di una gara.

Si dice anche così.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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Il verdetto – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 14)

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Benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo del verdetto.

Nel linguaggio calcistico, il termine “verdetto” può essere utilizzato per descrivere il risultato finale di una partita o di una competizione, come un campionato di calcio.

Di solito, viene usato per indicare l’esito di una partita o di un torneo. Ad esempio, si potrebbe dire:

Il verdetto della partita è stato un pareggio 1-1.

Bisogna aspettare il verdetto del campo prima di dire che una squadra è più forte di un’altra

In questo contesto, il termine “verdetto” viene impiegato in modo metaforico, per richiamare il concetto di una sentenza o di una decisione finale simile a quella pronunciata in un processo legale.

Infatti il termine “verdetto” rappresenta una dichiarazione o un giudizio pronunciato dal tribunale.

Il termine “verdetto” ha quindi origine nel contesto legale e si riferisce a una decisione o a una sentenza pronunciata da un giudice o da una giuria in un processo. Il verdetto rappresenta la conclusione del processo e stabilisce se l’imputato è colpevole o innocente.

Qual è stato il verdetto del giudice? Colpevole o  innocente?

La metafora del verdetto del campo, come se il campo da gioco fosse un giudice, era troppo affascinante per non essere usata!

I termini “risultato” e “esito” sono molto simili:

il risultato di una partita

l’esito del campionato

l’esito della coppa

Si parla sempre di come termina una gara, di come finisce una partita, ma il “verdetto del campo” si preferisce usare quando si vuole evidenziare il confronto delle forze in campo. Il campo ha “detto” questo. Il campo dice il “vero”. Il verdetto del campo non si può pertanto discutere.

Anche il “verdetto dell’arbitro“, cioè il giudice di gara, è chiaramente molto usato ugualmente.

Il verdetto dell’arbitro non si discute.

Parliamo della sua decisione, qualunque essa sia. Anche quando l’arbitro fischia un calcio di rigore o di punizione, ha appena preso una decisione, cioè ha emesso un verdetto.

Si usa spesso il verbo “emettere” quando c’è di mezzo il verdetto, proprio come si fa con le sentenze, quindi con le condanne o le assoluzioni del giudice.

L’espressione “emettere un verdetto” si usa per indicare l’azione di pronunciare formalmente la decisione finale da parte di un giudice o di una giuria in un processo.

Ad esempio:

Il giudice ha emesso il verdetto di colpevolezza.

La giuria ha emesso il verdetto di non colpevolezza.

In questo modo, il verbo “emettere” sottolinea l’atto formale di dichiarare e rendere ufficiale il verdetto da parte dell’autorità giudiziaria competente.

Nel calcio chiaramente ad emettere un verdetto può essere l’arbitro, nel momento in cui prende una decisione, o, in senso metaforico, il campo, che quando emette un verdetto, dichiara il vincitore di una gara o di un torneo.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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Lo sfottò – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 13)

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Giovanni: benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo dello sfottò. Sfottò si scrive con l’accento sull’ultima lettera. Chiaramente deriva dal verbo sfottere che significa “prendere in giro“.

Si usa spesso parlando di calcio, in quanto, essendo uno sport, vede contrapposte due tifoserie, e le tifoserie amano prendersi in giro, amano sfottersi.

Ogni tifoseria desidera che la propria squadra vinca e quando una squadra vince, i sostenitori (i tifosi) di questa squadra possono sfottere quelli della squadra perdente.

Lo sfottò è quindi un termine analogo allo scherzo.

Non si usa solo parlando di calcio, ma più in generale viene utilizzato per descrivere un tipo di scherzo o burla che ha un tono leggermente beffardo o sarcastico.

È una forma di umorismo che sta per “prendere in giro” o deridere in modo amichevole qualcuno.

Lo sfottò è spesso usato anche tra amici o compagni di lavoro per scherzare, quindi in un contesto amichevole ma senza intenzioni offensive.

Questa è la caratteristica più importante dello sfottò.

L’obiettivo non è umiliare ma ridere, scherzare.

Può anche riguardare caratteristiche personali, azioni o situazioni divertenti, ma è importante mantenere un tono leggero e giocoso per evitare di ferire i sentimenti delle persone coinvolte.

Ecco alcuni esempi concreti di sfottò, nel calcio e fuori del calcio:

1. Supponiamo che uno dei tuoi colleghi di lavoro abbia la tendenza a dimenticare appuntamenti o scadenze importanti. Potresti fare uno sfottò simpatico dicendogli: “Ecco il nostro campione del mondo della dimenticanza! Mi sa che un promemoria appiccicato sulla fronte potrebbe aiutarti!”

2. La tua squadra del cuore (la Roma) ha vinto il derby e il tuo amico che è un tifoso della Lazio è affranto. La sconfitta per 6-0 lo ha distrutto. Come sfottò potresti dirgli: come è andato il derby? Se non ti bastano le dita di una mano, posso prestarti un dito per mostrarmi il risultato!

4. I tifosi della Juventus, dopo aver perso una partita contro il Torino, sono talmente arrabbiati che non hanno digerito gli sfottò dei tifosi del Torino.

Ricorda sempre che l’obiettivo dello sfottò è quello di creare un ambiente divertente e amichevole, quindi assicurati sempre di avere un rapporto di confidenza con la persona coinvolta e di valutare il contesto appropriato per evitare di risultare offensivi.

Vi può aiutare conoscere alcuni sinonimi di “sfottò“:

1. Beffa
2. Scherno
3. Derisione
4. Ironia
5. Presa in giro
6. Scherzo beffardo
7. Sarcasmo
8. Canzonatura
9. Burla

Tutti questi termini sono in qualche modo correlati al concetto di sfottò, ma possono variare leggermente nell’uso e nell’intensità.

La derisione, ad esempio, ha un senso simile a “sfottò“, ma può avere una connotazione leggermente più negativa.

Deridere e sfottere non sono esattamente la stessa cosa.

Mentre lo sfottò può essere inteso come un’ironica presa in giro amichevole, la derisione tende ad essere più aperta e spietata, con l’intenzione di umiliare o sminuire qualcuno o qualcosa.

La derisione implica un atteggiamento di scherno o disprezzo nei confronti dell’oggetto della burla, ed è spesso considerata più offensiva rispetto allo sfottò.

Mentre lo sfottò può essere scambiato tra amici o colleghi in modo amichevole, la derisione può essere vista come un’azione cattiva o intenzionalmente offensiva.

Nel calcio non è proprio il caso di deridere l’avversario, e ad esempio un calciatore che deride un calciatore avversario può anche essere ammonito dall’arbitro. La derisione nel calcio è un atteggiamento antisportivo.

Pertanto, sebbene “derisione” possa essere considerato un sinonimo di “sfottò” nel senso generale, è importante notare la sottile (neanche tanto sottile in fondo) differenza nel tono e soprattutto nell’intenzione tra i due termini.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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La bandiera – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 12)

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Giovanni: benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo della bandiera.

Tutti probabilmente conoscete la bandiera dell’Italia, che è di colore bianco rosso verde. Ogni squadra, nazionale o di club, ha una propria bandiera.

Ma poche squadre hanno un altro tipo di bandiera.

Parliamo di un calciatore simbolo di quella squadra: un “calciatore bandiera” .

Una calciatore bandiera, o semplicemente una bandiera, nel mondo del calcio è un calciatore che rappresenta simbolicamente l’identità di una squadra. Può essere il portiere, un difensore, un centrocampista o un attaccante.

Non solo nel calcio, tra l’altro, esistono le bandiere, ma in generale nello sport.

Generalmente si tratta di un atleta di grande carisma e personalità, che si distingue per il suo attaccamento al club e per la dedizione alla maglia.

Per attaccamento s’intende l’amore per la squadra e per la città. La dedizione invece rappresenta l’impegno continuo nel sostenere un obiettivo, e in questo caso quindi l’impegno nel sostenere la squadra, il dedicarsi completamente alla squadra.

In questo contesto, un calciatore può essere definito una bandiera quando ha giocato per molti anni nella stessa squadra, mostrando continuità e fedeltà.

Esistono diverse bandiere in ogni squadra di calcio, e talvolta più giocatori sono considerati bandiere della stessa squadra, ognuno per ragioni diverse.

Un esempio è l’FC Barcelona, che ha avuto al suo interno diverse bandiere, come Puyol, Iniesta o Xavi.

Altri esempi famosi di bandiere nel calcio, tra le tante, sono:

Paolo Maldini del Milan
Francesco Totti della Roma
Steven Gerrard del Liverpool
Ryan Giggs del Manchester United
Lionel Messi del Barcellona

Perché un atleta di questo tipo si chiama proprio bandiera? Perché questo nome?

Perché in qualche modo rappresenta la squadra, ne è il simbolo, proprio come la bandiera che sventola è che riporta i colori e il simbolo della squadra.

Anche al di fuori dello sport comunque si usa il termine bandiera per indicare simbolicamente qualcosa.

Esiste infatti l’espressione “fare una bandiera” di qualcosa, oppure fare di qualcosa una bandiera.

Significa mostrare un grande attaccamento ad una causa, un’idea, un’istituzione, facendone il proprio simbolo o, appunto, la propria bandiera.

Quindi se da una parte un calciatore che ha giocato per molti anni nella stessa squadra diventa una “bandiera” del club, dall’altra si può dire che un tifoso che segue la propria squadra del cuore, ovunque essa giochi, fa della squadra stessa la propria “bandiera”.

È la squadra che diventa la bandiera del tifoso, perché la squadra lo rappresenta.

Fuori dello sport posso dire che un uomo politico ha fatto della lotta alle discriminazioni la propria bandiera.

Significa che questa persona si è impegnata fortemente nella lotta contro le discriminazioni, facendone il proprio simbolo di lotta. Ha mostrato dedizione e attaccamento a questa causa.

Un’azienda ha fatto una bandiera dell’ecosostenibilità, oppure ha fatto dell’ecosostenibilità una (sua) bandiera, o la propria bandiera.

Si può dire in modi diversi.

Significa che l’azienda si è impegnata a ridurre l’impatto ambientale delle sue attività, facendo dell’ecosostenibilità un valore cardine della sua strategia.

Se una persona “Ha fatto una bandiera della giustizia sociale”: significa che una persona si è battuta con grande passione per un mondo più giusto e solidale, facendo della giustizia sociale il proprio punto di riferimento, la propria bandiera, il proprio simbolo.

Ognuno di noi potrebbe avere una propria bandiera o fare di questa cosa la propria bandiera.

Io ho fatto della coerenza la mia bandiera.

Mia madre ha fatto dell’onestà la sua bandiera.

Se faccio di qualcosa la mia bandiera, parlo di qualcosa che mi caratterizza, che mi identifica, ma di cui vado anche orgoglioso.

Essere orgogliosi di qualcosa, o andare orgogliosi di qualcosa (si può dire in entrambi i modi) è molto importante, altrimenti non è possibile parlare di “bandiera”, a meno che non si stia parlando male di qualcuno, tipo:

I miei avversari hanno fatto della disonestà la loro bandiera.

Apriamo una breve parentesi grammaticale (sapete bene che italiano semplicemente non ha fatto della grammatica la propria bandiera): avrete notato sicuramente questo uso particolare della preposizione di:

Fare di qualcosa la propria bandiera

“Fare di qualcosa” ha il senso di trasformare qualcosa in qualcos’altro, o usare qualcosa in qualche modo, farne un uso specifico. Pensate alla frase:

Che ne hai fatto del mio regalo di compleanno?

Cosa ne farai del libro che ti ho regalato?

Cioè: che ne farai? Che uso ne farai? Lo leggerai, lo metterai in una libreria, lo regalerai o lo butterai via?

Notiamo anche l’espressione:

Fare di tutta l’erba un fascio

A parte il senso figurato di questa espressione, ha esattamente la stessa costruzione di:

Fare di un ideale la propria bandiera

Fare di un calciatore la bandiera di una squadra

Fare di una squadra la bandiera dei tifosi

Chiaramente il verbo “fare” trasmette il senso di un’azione, quindi c’è sempre qualcuno che la compie:

Fai di me ciò che vuoi!

Quindi ciò che segue a “di” è ciò che viene trasformato o adottato o utilizzato.

Un ultimo esempio per chiudere la parentesi su questo episodio:

La squadra della Roma ha fatto polpette del suo avversario

Cosa è stato “trasformato” in polpette? L’avversario della Roma.

Cosa ne ha fatto la Roma del suo avversario? Ne ha fatto polpette!

Quest’ultimo esempio è un’espressione che si usa talvolta nello sport: fare polpette di un avversario significa distruggerlo, batterlo senza alcuno sforzo. L’avversario che si trasforma o si rappresenta come una “polpetta” per essere mangiato in un solo boccone!

Con questo è tutto per oggi. Fate di questo episodio ciò che volete.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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L’allenatore – il linguaggio del calcio (episodio 11)

L’allenatore

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l'allenatoreDescrizione

In questo episodio parliamo dell’allenatore nel gioco del calcio.

In particolare descriviamo tutti i modi per indicare l’allenatore, le espressioni e le locuzioni che si usano nel corso di una telecronaca, radiocronaca e negli articoli di giornale.

  • Parliamo in particolare di:
  • panchinari
  • gestire la squadra
  • spedire in tribuna un calciatore
  • Avere la panchina corta o lunga
  • Perdere la panchina
  • Il verbo esonerare
  • Allontanare da un incarico
  • Allontanare dalla panchina
  • Le scelte della panchina
  • Scelta tecnica
Gli episodi successivi al n. 10 di questa rubrica sono disponibili per i soli membri dell’associazione.

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Doppietta, tripletta, quaterna e cinquina (episodio 10)

Doppietta, tripletta, quaterna e cinquina – il linguaggio del calcio (scarica audio)

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la tripletta., la doppietta, la quaterna e la cinquina

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Qual è l’obiettivo nel gioco del calcio? Ovviamente è vincere, ma cosa bisogna fare per vincere?

Bisogna realizzare un numero di gol maggiore dell’avversario.

A proposito di fare un gol, in una singola partita un calciatore può anche fare più di un gol. In questi casi si usano i termini che danno il titolo all’episodio di oggi.

Fare una doppietta significa segnare due gol in una sola partita, una tripletta significa segnare tre gol, una quaterna (o poker) sono quattro gol e una cinquina sono cinque gol.

Questi termini si usano anche in altri sport, come ad esempio il calcio a 5 (anche detto calcetto), l’hockey su ghiaccio e il rugby.Curiosamente la quaterna e la cinquina si usano anche nel gioco della tombola e nel lotto. Nel gioco del lotto, si tratta di una combinazione di quattro o cinque numeri tra l’1 e il 90 giocati o estratti su una ruota; nel gioco della tombola, l’estrazione di quattro o cinque numeri della stessa fila orizzontale della cartella. Ovviamente il termine poker viene dal gioco delle carte omonimo.

Le doppiette nel gioco del calcio sono abbastanza frequenti, un po’ meno le triplette e abbastanza rare sia le quaterne (o poker) e ancora di più le cinquine.

Se andiamo sui sei gol in una sola partita non c’è un termine apposito (si potrebbe parlare di “sestina” ma non si usa in realtà). Non esiste un termine in questo caso anche perché sei gol in una sola partita sono stati segnati veramente poche volte. Ricordo Luis Suarez nel 2009 ad esempio.

Riguardo ai diversi modi per indicare l’azione di fare uno o più gol, in parte ne abbiamo già parlato, ma visto che ci sono li elenco tutti:

Fare una doppietta (o tripletta ecc)

Realizzare una tripletta

Mettere a segno una quaterna

Depositare in rete” è particolare perché si può usare solo per indicare un singolo gol.

es: L’attaccante riceve la palla e deposita in rete!

Lo stesso vale per il verbo “insaccare” (che sta per “mettere nel sacco”) che è proprio come “fare un gol” o mettere/depositare la palla in rete

es: il giocatore salta di testa e insacca!

Un altro verbo interessante è “infilare“.

es:

Il numero 10 supera due avversari e infila il portiere in uscita!

Il centrocampista infila la porta con un gran tiro da fuori area!

Infilare” infatti sta per introdurre qualcosa in una cavità, in un buco, quindi “far entrare”.

Si può infilare una chiave nella toppa della serratura (per aprire una porta) ma si può anche trafiggere un avversario, un nemico con un’arma da punta: infilare l’avversario con la spada”.

Ecco perché si può anche infilare il portiere (l’avversario) e non solamente la porta avversaria (che è “la cavità”)

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al mondo del calcio.
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Gli attaccanti e l’attacco – il linguaggio del calcio (episodio 9)

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gli attaccanti e l'attaccoBentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi tocca agli attaccanti. Gli attaccanti giocano in attacco. Gli attaccanti, nel gioco del calcio, sono i giocatori che si occupano principalmente di segnare gol. Ha il compito di offendere, come abbiamo visto anche nel passato episodio (senza dire parolacce però altrimenti verrà ammonito o espulso dall’arbitro).
Esistono diversi tipi di attaccanti, tra cui:
Punta centrale o attaccante centrale o centravanti o “nove”: è l’attaccante più avanzato della squadra, solitamente alto e forte fisicamente, che ha il compito di agire come punto di riferimento per i suoi compagni di squadra e di segnare gol. Si chiama “punta” perché è l’ultimo calciatore, quello più avanzato, proprio come la punta di una matita si trova alla fine, nella parte finale della matita. Spesso il centravanti gioca di schiena  alla porta avversaria (nel senso che dà le spalle alla porta avversaria, cioè guarda verso la propria porta) perché prende palla dai compagni e tiene il controllo della palla tenendo occupati i difensori avversari.
Attaccanti esterni o di fascia: sono attaccanti veloci che giocano sulle fasce laterali del campo, quindi al lato destro o al lato sinistro, non al centro come la punta centrale. Gli attaccanti esterni coadiuvando (verbo coadiuvare, molto usato nel mondo del calcio: cioè aiutano, sono di ausilio, si affiancano alla punta centrale, collaborano con gli altri calciatori) l’azione di gioco della squadra e creando opportunità per segnare gol.
Seconda punta o “trequartista”: Ne abbiamo già parlato nell’episodio dedicato al centrocampo. In effetti può essere considerato anche un centrocampista avanzato, ma anche un attaccante che gioca alle spalle del centravanti. Solitamente è un calciatore abile tecnicamente e capace di realizzare assist (passaggi smarcanti) per i compagni oltre che di segnare gol.Tra le espressioni e i verbi tipici dell’azione degli attaccanti possiamo trovare:
Realizzare un gol: significa segnare un gol, realizzare una marcatura. Ricordate che abbiamo già parlato della “marcatura”, nell’episodio dedicato al verbo “smarcare“, nella rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. In quel caso però parlavamo di un tipo diverso di marcatura. Nel calcio esiste infatti il verbo marcare e anche il verbo smarcare. Marcare è tipico dei difensori, che, marcando un giocatore avversario, lo controllano da vicino e stanno attenti che non sia pericoloso. Esiste infatti la “marcatura a uomo” ma anche la “marcatura a zona“, dove i difensori non vanno a marcare un avversario ovunque si trovi ma si occupano di controllare una zona del campo. Smarcare invece significa liberare un compagno di squadra dal suo marcatore, e questa operazione si realizza attraverso un assist, cioè passando la palla al compagno libero dalla marcatura. Smarcarsi è comunque un’operazione che un calciatore fa anche da solo, allontanandosi velocemente dal suo “controllore”, cioè dal calciatore avversario che si occupa della sua marcatura.

Dicevo però che il termine “marcatura” è anche un sinonimo di “gol” e nello sport, più in generale, una marcatura è un punto, quindi realizzare una marcatura sta per segnare un gol o fare un punto. Quando un calciatore fa un gol pertanto possiamo dire che realizza un gol, che realizza una marcatura e possiamo anche dire che quel calciatore è l’autore della marcatura.

Pallone in profondità: un’espressine interessante usata per indicare un passaggio profondo nella metà campo avversaria,
solitamente fatto con l’intento di liberare (cioè smarcare) un attaccante che si avvicina alla porta avversaria.

Sfruttare la velocità è anche questa un’espressione molto usata per indicare la capacità di un attaccante di correre più
veloce dei suoi avversari.

Deviare il pallone: si utilizza questa espressione quando un calciatore, toccando la palla, modifica la direzione del pallone che era diretto in altra direzione. Si tratta di un tiro realizzato da un altro compagno di squadra o comunque di un tocco sottile. Ovviamente le deviazioni in era di rigore sono sempre molto pericolose e tra l’altro possono anche essere fatte da un difensore, che involontariamente o volontariamente devia la palla, che potrebbe finire il gol (si tratta di autogol) oppure potrebbe finire fuori (si intende fuori del campo). La deviazione potrebbe avvenire anche con una mano e allora l’arbitro fischia un calcio di punizione o un calcio di rigore.
Tirare in porta è l’espressione che probabilmente tutti conoscono e indica il tentativo di segnare un gol, attraverso un tiro diretto verso la porta avversaria.

Esiste anche un’altra tipologia di attaccante, chiamato “falso nove” anche detto “falso nueve” perché ha origini spagnole. Il nove indica il numero di maglia del calciatore. Il numero 9 come si è detto prima normalmente è quello della maglia dell’attaccante centrale, o punta centrale, Il falso nove è un ruolo relativamente moderno nel calcio. Agisce come falso attaccante centrale perché in realtà si muove liberamente su tutto il campo: si “abbassa” (come si suol dire) verso la metà campo per raccogliere il pallone e costruire gioco. Spesso il falso nueve gioca in una squadra che usa lo schema del 4-3-3 o del 4-4-2, dove il centravanti tradizionale è sostituito dal falso nove. Il nove vero e proprio invece resta sempre in avanti. Il ruolo del falso nove confonde la squadra avversaria che non trova l’attaccante sempre nella stessa zona e pertanto è difficile marcarlo.

falso nueveMessi nel Barcellona, Totti con la Roma, Firmino col Liverpool. Anche Fabregas ha giocato come falso nove a volte. Si tratta di calciatori molto versatili e intelligenti calcisticamente. Hanno grosse capacità tecniche e sono molto abili nei passaggi ai compagni di squadra. Col falso nueve in campo ciò che conta è che si liberino degli spazi: la porzione di campo solitamente occupata dal centravanti viene in realtà lasciata libera, cosicché essa possa essere attaccata o occupata da giocatori diversi di volta in volta.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al mondo del calcio.

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I centrocampisti e il centrocampo – il linguaggio del calcio (episodio 8)

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il centrocampista

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Dopo aver parlato della difesa e dei difensori, oggi parliamo del centrocampo e dei centrocampisti.

Lo dice la parola: il centrocampista gioca al centro del campo, o quantomeno nella zona centrale del campo di calcio.

Nel gioco del calcio, il centrocampo è la zona del campo situata tra la linea difensiva e la linea offensiva. I giocatori che occupano questa zona sono chiamati appunto “centrocampisti“.

Il ruolo principale dei centrocampisti è quello di creare, organizzare e dirigere le azioni della squadra, sia in fase difensiva che offensiva.

La fase “offensiva” serve ad “offendere” ma qui il verbo offendere non si riferisce agli “insulti verbali” come avviene solitamente al di fuori del linguaggio del calcio, ma all’azione di attaccare. Offendere è l’opposto di difendere nel gioco del calcio, quindi proprio come attaccare. La fase di attacco è pertanto la fase offensiva.

La fase offensiva nel calcio si riferisce al momento in cui la squadra ha il possesso del pallone e cerca di attaccare l’area avversaria al fine di segnare un gol. Durante la fase offensiva, i giocatori della squadra che ha il possesso della palla cercano di creare spazi, combinare tra loro e avanzare verso la porta avversaria attraverso passaggi, dribbling e movimenti coordinati.

Nella fase offensiva, i centrocampisti e gli attaccanti hanno un ruolo fondamentale, poiché sono quelli che cercano di creare le occasioni da gol per la squadra. Inoltre, anche i difensori possono partecipare alla fase offensiva, soprattutto in situazioni di calcio d’angolo o di punizione, quando si muovono in avanti per cercare di segnare di testa o di piede.

È importante notare che la fase offensiva non si limita solo al momento in cui la squadra ha il possesso del pallone, ma può anche includere situazioni in cui la squadra cerca di recuperare il possesso del pallone il più velocemente possibile per poi passare alla fase offensiva. Questo approccio è noto come “pressione alta” ed è utilizzato da molte squadre moderne per interrompere il gioco degli avversari e creare occasioni da gol rapidamente.

Dunque, tornando ai centrocampisti, essi sono responsabili di tenere il possesso del pallone e di creare opportunità di gol per gli attaccanti.

Rispetto ai difensori, i centrocampisti hanno maggior libertà di movimento e sono più coinvolti nell’azione offensiva. Rispetto agli attaccanti, invece, i centrocampisti hanno maggiori responsabilità difensive e sono spesso coinvolti nella creazione delle azioni offensive.

Esistono diversi tipi di centrocampisti, ognuno dei quali ha un ruolo specifico all’interno della squadra. Ecco i principali:

  • Regista difensivo: è il centrocampista che agisce come “mediano” davanti alla difesa. Il suo compito principale è di distribuire la palla con precisione ai compagni di squadra. Deve dirigere il gioco. E’ un giocatore di calcio che gioca a centrocampo, davanti alla difesa. Deve proteggere la difesa e di contrastare gli attacchi avversari. Viene spesso chiamato anche “centrocampista difensivo” .
  • Ala: è il centrocampista che gioca come esterno d’attacco. A destra o a sinistra. Il suo compito principale è di creare occasioni da gol attraverso cross e dribbling. Il ruolo dell’ala a centrocampo nel calcio moderno è spesso caratterizzato da un gioco dinamico e veloce, con la creazione di occasioni da gol e assist per gli attaccanti. Vediamo dopo qualche verbo e termine che descrivono il gioco dell’ala e dei Centrocampisti. In generale, l’ala a centrocampo è un giocatore che deve essere in grado di creare scompiglio (cioè problemi) nella difesa avversaria, utilizzando la sua velocità, agilità e tecnica per creare occasioni da gol e assist per i compagni di squadra.
  • Mezzala: è il centrocampista che gioca sulle fasce laterali del campo. La parola “mezzala” deriva dal termine italiano “mezza ala”, che indica un giocatore di calcio che gioca a centrocampo, ma che tende a spostarsi sulle fasce laterali del campo. Il ruolo della mezzala è stato sviluppato in Italia a metà del XX secolo, durante la cosiddetta “scuola italiana” di calcio, e da allora è stato utilizzato da molte squadre italiane e internazionali. Inoltre, la mezzala ha un ruolo più completo rispetto all’ala, poiché deve essere in grado di coprire anche la zona centrale del campo e di partecipare alla fase difensiva, supportando i compagni di squadra nella fase di ripiegamento. In generale, il ruolo della mezzala richiede una grande abilità nel gioco di passaggio, una buona capacità di lettura del gioco e una grande resistenza fisica, poiché il giocatore deve essere in grado di coprire lunghe distanze sul campo.
  • Centrocampista box-to-box (voce di André dal Brasile): è il centrocampista che copre tutta la larghezza del campo. Il suo compito principale è di svolgere sia compiti difensivi che offensivi. era proprio così che giocavo io quando ero più giovane e sognavo di diventare un calciatore profissionista!
  • Trequartista: è il centrocampista che gioca dietro alle punte. Il suo compito principale è di creare occasioni da gol per i compagni di squadra. Oggi questo è un ruolo che sta sempre più scomparendo.Negli ultimi anni, si è verificata infatti una tendenza in molti schemi di gioco del calcio moderno che prevede l’eliminazione del ruolo del trequartista, o almeno la sua diminuzione di importanza.Il ruolo del trequartista, o fantasista, è tradizionalmente stato quello di occupare una posizione avanzata nel centrocampo e di essere il responsabile della creazione delle occasioni da gol per la squadra. Tuttavia, la crescente importanza del gioco di pressing, della tattica e della velocità, ha portato molte squadre ad adottare uno schema di gioco più dinamico e flessibile, dove il ruolo del trequartista è stato spesso sostituito o integrato da altri giocatori.
    Ad esempio, molte squadre utilizzano una formazione con tre centrocampisti, dove uno dei tre è incaricato di svolgere il ruolo di regista, mentre gli altri due si muovono in modo più dinamico e flessibile, creando spazio e supportando gli attaccanti. In questo caso, il ruolo del trequartista viene quindi svolto da più giocatori, invece di essere concentrato su un solo giocatore.
    In generale, si può dire che il ruolo del trequartista non è completamente scomparso, ma sta subendo un cambiamento a causa dell’evoluzione del calcio moderno. Molte squadre ancora utilizzano un fantasista, ma spesso in combinazione con altri ruoli, come centrocampista offensivo o attaccante “seconda punta“, per creare una maggiore flessibilità e fluidità nello schema di gioco.
    Vediamo qualche termine, come dicevo:

    1. Incursione: l’ala a centrocampo può utilizzare la sua velocità e la sua capacità di dribbling per avanzare rapidamente lungo il lato del campo e creare occasioni da gol.
    2. Cross: l’ala a centrocampo può inviare cross precisi in area avversaria per i compagni di squadra che si trovano in posizione di segnare.Nel calcio, il termine “cross” si riferisce a un passaggio effettuato da un giocatore lungo il lato del campo verso l’area avversaria. Il cross viene effettuato solitamente da un giocatore posizionato sulla fascia laterale, lontano dalla porta avversaria.L’obiettivo del cross è quello di inviare la palla in area avversaria, dove i compagni di squadra possono cercare di segnare un gol, soprattutto grazie ad una precisa “incornata” (colpo di testa) o ad una deviazione di testa.
      Il cross è uno dei movimenti più comuni nel calcio moderno, ed è spesso utilizzato dalle squadre che cercano di sfruttare la velocità e la potenza dei propri attaccanti, i quali possono approfittare di un buon cross per segnare un gol o creare un’occasione da gol.
  • Velocità: l’ala a centrocampo è spesso un giocatore veloce, capace di superare gli avversari con rapide accelerazioni.
  • Agilità: l’ala a centrocampo deve essere in grado di dribblare con agilità, facendo rapidi cambi di direzione per superare gli avversari.
  • Assist: l’ala a centrocampo può fornire assist precisi ai compagni di squadra, aprendo le linee di difesa avversarie con passaggi intelligenti.
  • Tiro: l’ala a centrocampo può essere anche un buon finalizzatore, capace di segnare gol da lontano o di avvicinarsi alla porta avversaria per concludere.
  • Attacco alla profondità: l’ala a centrocampo può muoversi rapidamente lungo la fascia per creare spazi e attaccare “la profondità” della difesa avversaria. Vediamo meglio. L’attacco alla profondità è una tattica offensiva utilizzata nel calcio per cercare di penetrare la difesa avversaria sfruttando la velocità e la rapidità dei propri attaccanti. In questo tipo di attacco, i giocatori cercano di superare la linea difensiva avversaria con rapidi movimenti in profondità, cioè correndo verso la porta avversaria cercando di ricevere un passaggio filtrante. L’obiettivo dell’attacco alla profondità è di creare situazioni di superiorità numerica in avanti, cercando di mettere in difficoltà la difesa avversaria e di creare occasioni da gol. Solitamente, l’attacco alla profondità viene utilizzato quando la squadra avversaria schiera una linea difensiva alta, con i difensori posizionati in avanti rispetto alla propria area di rigore. Per effettuare un attacco in profondità, la squadra in attacco deve avere giocatori veloci e rapidi, capaci di superare gli avversari con rapidi scatti in avanti. Inoltre, è importante che i giocatori in attacco siano in grado di effettuare “passaggi filtranti” precisi e ben calibrati, in modo da permettere ai compagni di squadra di ricevere la palla in posizione favorevole per segnare un gol.
Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al mondo del calcio.

I difensori e la difesa – il linguaggio del calcio (episodio 7)

I difensori e la difesa (scarica audio)

Indice episodi

Trascrizione

Bentornati nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Dopo aver parlato del ruolo del portiere e della porta, occupiamoci adesso della difesa e dei difensori.

Coloro che ricoprono il ruolo di “difensori” sono coloro che giocano “in difesa”.

La difesa è composta dai giocatori che giocano “in difesa”, cioè che si trovano giocano per difendere la propria porta, perché il loro compito è principalmente quello di evitare che gli avversari facciano gol, cioè che mettano la palla in rete.

Adesso sappiamo usare qualche parola in più in virtù degli episodi passati, quindi possiamo anche ripassare il termine “deputato“.

I difensori sono deputati alla difesa della propria porta.

Coloro che ricoprono questo particolare ruolo giocano in una posizione arretrata, nelle vicinanze del proprio portiere.

Non tutti i difensori sono uguali però. Infatti a seconda della loro posizione in campo hanno un nome diverso.

I difensori centrali si chiamano così perché giocano al centro della difesa. Questi difensori occupano prevalentemente lo spazio compreso fra la propria porta e la linea di centrocampo.

Poi ci sono i cosiddetti “terzini” o difensori laterali. C’è il terzino destro e il terzino sinistro che stanno rispettivamente a destra e a sinistra rispetto al difensore centrale.

E’ curioso che il nome terzino abbia una origine nel linguaggio militare, cosa che avviene in diverse occasioni nel linguaggio del calcio.

Infatti gli attaccanti si può dire che rappresentano la cosiddetta “prima linea“, perché si trovano davanti alla porta avversaria, dunque sono coloro che devono fare gol.

Il centrocampo rappresenta la “seconda linea” perché si trovano dietro agli attaccanti e i difensori dunque sono coloro che occupano la terza e ultima linea. Da qui il termine “terzino”.

La difesa viene detta anche “reparto difensivo” e anche “pacchetto arretrato” o “pacchetto difensivo“, che si contrappone come vedremo nei prossimi episodi, al “pacchetto di centrocampo” e al “pacchetto avanzato“.

Possiamo sicuramente affermare che i difensori, cioè il pacchetto arretrato, è composto da calciatori schierati a ridosso dell’area di rigore costituendo pertanto l’ultima linea prima del portiere.

Ho detto che i difensori sono schierati.

Tutti i calciatori sono schierati in realtà. Essere schierati, nel mondo del calcio e in generale negli sport di squadra significa giocare in una certa posizione. Si dice pertanto:

Un calciatore schierato in difesa

Un difensore schierato a sinistra

Un difensore schierato a destra

L’allenatore ha deciso di schierare una formazione molto difensiva.

Stiamo parlando del cosiddetto “schieramento“.

Anche questo termine si usa nel linguaggio militare: lo schieramento delle truppe, lo schieramento dell’esercito.

Lo schieramento è semplicemente la “disposizione delle forze in campo”.

Schierare un calciatore però significa anche “far giocare un calciatore”, “decidere che un calciatore scenda in campo”. Questa è una decisione dell’allenatore.

E’ lui che decide lo schieramento cioè la formazione che scende il campo.

L’allenatore ha varie scelte a disposizione, vari calciatori che può decidere di far giocare.

La formazione che sceglie è quella che lui ha deciso di schierare in campo.

Ecco allora che la difesa possiamo anche chiamarla “lo schieramento difensivo“.

In politica il termine schieramento fa riferimento alla posizione “politica”.

Esiste dunque lo schieramento di sinistra, quello di destra. Esiste poi lo schieramento cattolico, quello laico, lo schieramento riformista e quello conservatore.

È curioso che anche il termine “pacchetto“, non si usi solo nello sport, in particolare nel calcio, ma anche in politica. Ancora una volta.

Però non si tratta di un gruppo di politici schierati da una parte, ma di un insieme di proposte politiche che, una delle parti può propone all’altra.

Es:
Oggi sarà discusso il pacchetto giustizia.
Le norme proposte fanno parte di un pacchetto che è stato proposto al Governo dai sindacati.
Nel calcio però il “pacchetto” è solo quello difensivo, di centrocampo e di attacco.
Riguardi ai difensori centrali, un ruolo che oggi si usa abbastanza poco è “stopper”, chiamato così perché questo calciatore è chiamato a arrestare (stop) e controllare il pallone.

Si chiama talvolta “regista arretrato” perché ha le caratteristiche simili a un centrocampista ma gioca un po’ indietro.

Un tempo esisteva anche il ruolo del cosiddetto “libero”, un tipo di difensore che nel calcio moderno non esiste praticamente più. Ne parleremo un’altra volta.
Concludo con un verbo usato spessissimo quando si parla dei difensori e di portieri (anche degli arbitri): intervenire.
I difensori sono chiamati ad intervenire perché il loro compito è prevalentemente cercare di interrompere il gioco degli avversari e questo avviene con degli “interventi” nel linguaggio calcistico:
Es:
L’attaccante viene fermato grazie ad un grande intervento da parte del difensore.
Molti interventi irregolari oggi da parte del pacchetto difensivo della Juventus.
Quando si parla di interventi dei difensori spesso c’è un aggettivo che li qualifica:
Un grande intervento
Un facile intervento
Un difficile intervento
Prodigioso intervento da parte del portiere!
Intervento irregolare da parte del terzino sinistro
Miracoloso intervento del portiere
Intervento corretto che ferma l’attaccante proprio prima che potesse tirare!
Intervento dell’arbitro che fischia un fallo a favore del Barcellona
Questo è un termine che si usa in ogni campo, ma ogni volta in modo diverso.

In generale diciamo che si tratta di una partecipazione attiva a dei fatti o delle situazioni. Ma oggi a noi interessa prevalentemente il linguaggio del calcio.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al mondo del calcio.