L’entità (ep. 983)

L’entità

Trascrizione

Questo di oggi è un termine veramente interessante, utilissimo per incrementare il vostro vocabolario, perché si può usare in tante occasioni diverse.

Si tratta di: entità.

Entità, con l’accento sulla ultima lettera, può esservi utile soprattutto perché vi permette di fare una bella figura se la usate con un italiano.

Non è obbligatorio usarla perché può essere sostituita con parole a voi non madrelingua molto più familiari, ma usarla dà un tocco di professionalità e di eleganza alla frase.

Ad esempio, si usa per indicare una quantità o una cifra o un certo livello.

Es.

Se un amico vi racconta che ha fatto un incidente e ha avuto danni all’automobile, puoi chiedere:

Quanti danni?

A quanto ammontano i danni?

Quanti danni ti hanno fatto?

Quanti soldi dovrai spendere?

Oppure:

Qual è l’entità dei danni?

Hai subito danni? Di quale entità?

Lui potrebbe rispondere:

Non molti danni.

I danni non sono molti.

La macchina non ha subito grandi danni.

Oppure:

L’entità dei danni subiti non è molto alta.

Secondo esempio. Una partita di calcio sta terminando. Siamo vicini al novantesimo minuto.

Posso chiedere:

Quanto tempo recupererà l’arbitro?

Di quanti minuti sarà il recupero?

Quanti minuti di recupero ci saranno?

A quanto ammontano i minuti di recupero?

Oppure:

Quale sarà l’entità del recupero?

Terzo esempio:

Il governo sta facendo una legge per tagliare le tasse.

Si potrebbe chiedere:

Quanto saranno tagliate le tasse?

A quanto ammonterâ la diminuzione delle tasse?

Di quanto verranno tagliate le tasse?

Oppure:

Quale sarà l’entità del taglio?

Possibili risposte:

Non si conosce la percentuale di diminuzione delle tasse

Ancora non è noto l’ammontare della diminuzione.

Oppure:

Non è ancora nota l’entità della diminuzione o del taglio.

Oppure:

Non si conosce l’entità della detassazione

Come avete notato, può essere utilizzata in molte situazioni diverse per aggiungere un tocco di raffinatezza alla vostra comunicazione.

Analogamente si può parlare ad esempio dell’entità di un infortunio subito da un calciatore per indicare la gravità, l’importanza dell’infortunio.

Oppure parliamo ad esempio di crimini di lieve entità, cioè lieve importanza, lieve gravità.

Oppure si può parlare dell’entità di un rimborso per spese sanitarie, dell’entità di un problema.

Eccetera.

Un secondo modo per usare il termine entità è quando parliamo di qualcosa di astratto, di generico o di poco conosciuto. È simile al termine “essere” o “creatura“, o anche “ente”, “organismo”.

Quando si parla di extraterrestri, ad esempio, si potrebbe dire:

La scienza sostiene l’esistenza di entità extraterrestri, ma non abbiamo prove concrete

Il progetto di legge propone l’istituzione di un’entità governativa dedicata alla protezione dell’ambiente

L’entità spirituale che guida la nostra vita è un mistero che molti cercano di comprendere.

Un angelo è spesso raffigurato come un’entità celestiale con le ali.

Un fantasma è un’entità misteriosa spesso associata al soprannaturale.

Il suolo è un’entità vivente molto complessa

Ogni coppia è composta da due entità distinte che si incontrano.

Eccetera.

In questi esempi si capisce il senso astratto, poco specifico del termine.

Bene adesso potete valutare l’entità dell’importanza da attribuire a questo termine e della sua utilità nella vita quotidiana.

Per ripassare, parlatemi della cosa più bella o interessante o importante che avete imparato recentemente della lingua italiana.

Marcelo: difficile mettere sul piatto tutto ciò che di bello abbiamo imparato. I proverbi italiani sono particolarmente graditi e in special modo mi piace fare il confronto con la mia lingua madre. Così facendo posso unire l’utile al dilettevole!

Irina: Devo ammettere che quando parlo con persone madrelingua, sento molto la mancanza della grammatica. Parlando a tu per tu ,
ogni due per tre mi trovo ad andare a tentoni senza le regole grammaticali. Pertanto recentemente a scanso di equivoci ho deciso di fare un corso di grammatica, che scoperto essere straordinariamente logica ed elegante. Di punto in bianco tutta la bellezza della lingua italiana ha cominciato a riaffiorare per me. Dopo il corso, devo solo munirmi di pazienza e attendere un miglioramento.

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Tutti e due, tutt’e due, tutte e tre

Tutt’e due, tutti e due, Tutt’e tre (scarica audio)

Trascrizione

Conoscete lo scioglilingua dei trentatré trentini?

Trentatré trentini entrarono a Trento tutti e trentatré trotterellando.

In questo scioglilingua mi interessa la parte in cui dice “tutti e trentatré“.

Tutti e trentatré” indica un determinato numero di persone (33 in questo caso) considerate nel loro insieme.

Cambiando il numero, non cambia la regola:

Tutti e due, tutte e due (tutt’e due è la forma contratta)

Tutti e tre, tutte e tre (tutt’e tre)

Tutti e quattro, tutte e quatto (tutt’e quattro).

Eccetera.

Gli stranieri tendono a fare l’errore di usare gli articoli al posto della congiunzione e.

Tutti i due

Tutte le due

Nel caso del numero due chiaramente si può anche usare entrambi o entrambe.

Allora facciamo un esercizio dove io vi faccio delle domande e voi dovete rispondere.

Chi viene di voi due al cinema?

Risposta: tutti e due

Chi di voi tre è il figlio di Giovanni?

Risposta: tutti e tre

Quanti trentini entrarono a Trento trotterellando?

Risposta: tutti e trentatré

Adesso rispondete con la forma contratta.

Chi si chiama Maria di quelle due ragazze?

Risposta: tutt’e due

Come sono andate le partite di coppa del Milan, della Roma e della Juventus? Chi ha vinto? Usa ancora la forma contratta.

Risposta: hanno vinto tutt’e tre

Adesso rispondete con una sola parola.

Chi di voi suona il pianoforte?

Risposta: entrambi.

Quale delle due ragazze è sposata?

Risposta: entrambe

Chiaramente si può rispondere anche con una frase più lunga, es:

Sono tutt’e due sposate

Tutti e trentatré entrarono a Trento trotterellando

Tutti e due suoniamo il pianoforte.

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Avrebbe potuto essere o potrebbe essere stato?

Avrebbe potuto essere o potrebbe essere stato? (scarica audio)

Trascrizione

Vediamo la differenza che esiste tra avrebbe potuto essere e potrebbe essere stato.

Questo episodio è la conseguenza di una domanda che mi ha fatto André dal Brasile, un membro dall’associazione italiano semplicemente.

André: Ciao caro Gianni potremmo aprire una parentesi e parlare un po’ di grammatica? Ci sono due tempi verbali che ogni due per tre li uso in modo sbagliato! potresti spiegarmi la differenza tra avrebbe potuto essere e potrebbe essere stato?

Giovanni: Grazie per la domanda André.

Partiamo dagli esempi:

Tra noi avrebbe potuto essere diverso se tu non avessi avuto tanti dubbi.

Cosa potrebbe essere stato a causare in te tanti dubbi?

Brevemente spiego la differenza e poi facciamo un esercizio di ripetizione.

Avrebbe potuto essere indica qualcosa che non è accaduto. Però era una possibilità.

Potrebbe essere stato significa che c’è un dubbio: non si sa se questa cosa è accaduto. Può darsi. È una possibilità, un’ipotesi.

Allora ripeti dopo di me:

Avrebbe potuto essere una grande partita se l’arbitro non l’avesse condizionata

Chi ha rubato il pesce? Potrebbe essere stato il gatto!

Abbiamo perso ma il risultato avrebbe potuto essere peggiore

Potrebbe essere stato lui l’autore di quel messaggio misterioso.

Avrebbe potuto essere un grande attore se avesse seguito quella carriera.

Potrebbe essere stato il vento a far cadere quell’albero.

Avrebbe potuto essere un campione olimpico se non si fosse infortunato.

Potrebbe essere stato un malinteso che ha causato la confusione.

Avrebbe potuto essere un leader eccezionale, ma ha scelto un’altra strada.

Potrebbe essere stato un errore di comunicazione che ha portato al disaccordo.

Avrebbe potuto essere un ottimo cuoco, ma ha scelto la finanza.

Potrebbe essere stato il risultato di una scelta impulsiva.

Avrebbe potuto essere un artista famoso se avesse continuato a dipingere.

Potrebbe essere stato un incidente, non credo fosse intenzionale.

Avrebbe potuto essere il vincitore della gara, ma ha perso l’ultimo sprint.

Potrebbe essere stato il destino a unire quelle due persone.

Avrebbe potuto essere un grande successo nel mondo degli affari.

Potrebbe essere stato un incidente d’auto che ha causato il ritardo.

Avrebbe potuto essere il miglior pianista del suo tempo se avesse continuato a suonare.

Potrebbe essere stata un’incomprensione che ha portato alla litigata.

Avrebbe potuto essere il capitano della squadra se non fosse stato per l’infortunio.

Potrebbe essere stato il cambiamento delle condizioni meteo a influire sull’evento.

Avrebbe potuto essere il miglior amico che avessi mai avuto se non si fosse trasferito.

È tutto per oggi.

Lo so, avrebbe potuto essere un episodio più breve se avessi fatto meno esempi. Ma che volete

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Il verbo asfaltare (ep. 982)

Il verbo asfaltare (scarica audio)

Trascrizione

Che squadra tifate voi? Siete tifosi della Roma, come me oppure del Real Madrid, o di altre squadre?

Vi è mai capitato che la vostra squadra del cuore sia stata asfaltata?

Purtroppo a me è capitato più volte. Basti ricordare la partita di coppa contro il Manchester che finì 7-1 o la sconfitta contro il Bodo glimt che fini 6-1. Che figuracce!!

Ho usato il verbo “asfaltare“, molto usato nello sport.

Ma asfaltare viene dalla parola asfalto che è il materiale di colore scuro che si usa per ricoprire le strade.

Asfaltare sta per coprire di uno strato di asfalto.

asfaltare una strada

Le strade asfaltate sono le più comode

Si usa però anche in senso figurato per indicare l’atto di superare o sconfiggere qualcuno o qualcosa in modo deciso e categorico.

Asfaltare un avversario si potrebbe dire anche infliggere una vittoria schiacciante a un avversario. Abbiamo già fatto un episodio dedicato alle vittorie e alle sconfitte, senza parlarvi di asfaltare.

Si potrebbe anche dire, al posto di asfaltare un avversario, sconfiggere e umiliare l’avversario, tanto è sonora la sconfitta.

Non si usa solo nello sport però.

L’immagine è quella di coprire o “asfaltare” il percorso davanti a sé, eliminando ostacoli o concorrenti. Ad esempio:

L’azienda ha asfaltato la concorrenza con la sua innovazione tecnologica.

In questo caso, significa che l’azienda ha superato la concorrenza in modo netto e ha ottenuto un vantaggio dominante nel settore.

La Roma ha asfaltato gli avversari con un punteggio di 7-0.

Qui, si sta dicendo che la squadra della Roma ha sconfitto gli avversari in modo schiacciante, segnando sette gol contro di loro.

Quindi, il senso figurato di “asfaltare” riguarda solitamente il superamento o il dominio assoluto su qualcosa o qualcuno.

Si usa anche in politica.

Il candidato alle elezioni ha asfaltato l’avversario nel dibattito televisivo, dimostrando una chiara superiorità nelle sue argomentazioni.

Come modalità alternative si potrebbero usare:

Dominare

Sconfiggere sonoramente

Battere in modo schiacciante

Stravincere

Prevalere nettamente

Trionfare

Sopraffare

Adesso ripassiamo.

Marcelo: Parlando di vittorie schiaccianti, ne ricordo una al mondiale di calcio in Brasile del 2014, con buona pace degli amici brasiliani. Si tratta della vittoria della Germania, che asfaltò per 7-1 i brasiliani.

Ulrike: Chi parla delle vittorie dovrebbe avere presente anche le sconfitte. Spesso una presunta vittoria si rivela una vittoria di Pirro e in tal caso non resta che dire: la prossima volta aspetta un po’ prima di cantar vittoria.

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Niente o per niente? (ep. 981)

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Oggi parliamo di niente… cioè, non voglio dire che non parleremo di niente, ma che parleremo di “niente”, cioè della parola “niente”.

Sapete bene che il termine “niente” significa ‘nessuna cosa’.

Si usa in molte occasioni diverse, molte locuzioni soprattutto, come “di niente“, una risposta che si può dare a qualcuno che dice “grazie”, ad esempio.

Oppure “non fa niente“, che si può usare sia come risposta ad un persona che si scusa, sia quando vogliamo dire che qualcosa è inefficace. Es:

A me il caffè non fa niente!

Cioè: il caffè dovrebbe svegliarmi per via della Caffeina, ma a me non fa niente, cioè non funziona, è inefficace, non fa effetto.

Oggi però mi interessa di più parlarvi di “per niente”. Aspettate prima di dire che a voi non interessa per niente, perché posso parlarvi di due utilizzi.

Nel primo utilizzo, la locuzione “per niente” viene utilizzata per esprimere negazione o anche assenza di qualcosa, con una certa enfasi.

Di solito, è usata in risposta a domande o affermazioni per indicare che qualcosa non è affatto vero o non è presente. Ad esempio:

“Ti piace il gelato al cioccolato?” – “No, per niente.” (non mi piace proprio, neanche un po’)

“Hai paura dei ragni?” – “No, per niente.” (non ho nessuna paura dei ragni).

Non sono per niente d’accordo con te.

“C’è il parmigiano in frigo?” – “Per niente” (neanche un piccolo pezzo, assolutamente no)

Non ho per niente sonno

Non hai per niente rispetto per me

“Per niente” possiamo in questi ultimi due casi sostituirlo con “affatto“, leggermente meno informale.

A volte posso usare anche “nessuno” o “alcuno” (non hai nessun/alcun rispetto per me).

Posso anche usare le due forme “per niente” e “affatto” nella stessa frase per rafforzare ancora di più.

Es:

Non mi piaci per niente affatto!

“Per niente” , tra l’altro, è simile anche a “niente affatto”.

Che è una negazione persino più forte, simile spesso a “assolutamente no!”

Es.

Sei stato tu a causare tutti questi problemi?

Risposta: niente affatto!

Riguardo al ruolo della preposizione “per” , qualche volta “per niente” può sostituire “niente”, pur conferendo una maggiore enfasi alla frase:

Es:

Non c’è niente da mangiare qui.

Questa frase indica semplicemente che non c’è cibo disponibile. È una dichiarazione neutra.

Invece:

Non c’è per niente da mangiare qui,

In questo modo è più enfatica. In questo caso, sottolinei ancor di più l’assenza di cibo, quasi a voler dire che non c’è davvero nulla da mangiare, specie se qualcuno aveva detto il contrario.

Il secondo utilizzo di cui vi parlavo all’inizio invece è questo:

Per niente al mondo rinuncerei alla mia libertà.

In questo caso, “per niente” è utilizzato per enfatizzare che io non rinuncerei alla mia libertà in nessuna circostanza, sottolineando un forte grado di determinazione o importanza attribuito a quella libertà. Analogamente potrei dire:

Per niente al mondo tradirei un amico.

Per niente al mondo rinuncerei ai miei sogni.

Per niente al mondo accetterei un lavoro che non mi piace.

Per niente al mondo smetterei di seguire la mia passione.

Per niente al mondo negherei aiuto a chi ne ha bisogno.

In questi casi la preposizione “per” si usa per introdurre la condizione o la motivazione. Come se nessuno scambio fosse possibile. Es

Faresti questo per 1000 euro?

No, non lo farei neanche per 1 milione.

Quindi se dico ad esempio:

Non si dà niente per niente.

La frase “Non si dà niente per niente” significa che di solito non si ottiene qualcosa senza dover dare qualcosa in cambio. Sottolinea che nella vita spesso è necessario scambiare o sacrificare qualcosa per ottenere qualcos’altro. In altre parole, suggerisce che raramente si ricevono benefici o favori senza aspettarsi o dover dare qualcosa in cambio. È un modo di esprimere il concetto che la reciproca convenienza sono comuni nelle interazioni umane e anche nelle transazioni economiche.

Es: mi dai queste scarpe per 50 euro?

Oppure:

Ho studiato una vita per niente!

La frase “Ho studiato una vita per niente!” esprime un forte senso di delusione o frustrazione. In questa frase, l’espressione “per niente” indica che la persona ha dedicato una vita intera allo studio o all’apprendimento di qualcosa, ma ora sente che tutto quel tempo e sforzo sono stati inutili, vani, o almeno non hanno portato ai risultati sperati.

È un modo di dire che sottolinea la mancanza di soddisfazione o gratificazione per tutto il duro lavoro e gli sforzi profusi.

A volte il tono da usare è importante per distinguere i vari significati. La frase:

L’ho fatto per niente!

Potrebbe essere usata per rammaricarsi, per dispiacersi, come nell’esempio precedente, oppure per sottolineare un’azione fatta senza la volontà di ottenere qualcosa in cambio, quindi in modo disinteressato o altruistico, senza cercare una ricompensa o un beneficio personale.

Es:

Ho aiutato il mio vicino a spostare i mobili, ma l’ho fatto per niente. Non ho chiesto nulla in cambio.

Oppure:

Molto rumore per niente

In questo caso significa che “non c’era alcun motivo” per far rumore  (il rumore può anche essere una metafora di confusione, polemica ecc),

In alcuni casi si usa anche “per nulla”, proprio come il titolo della commedia di William Shakespeare tradotto in italiano chiaramente (molto rumore per nulla).

D’altronde niente e nulla sono più o meno sinonimi. Nulla appare però meno informale.

Per finire, c’è un’espressione particolare: “Mica per niente“, molto usata a livello colloquiale. Abbiamo già visto l’uso di mica in un episodio e anche nell’espressione “mica pizza e fichi

L’espressione “mica per niente” è un modo colloquiale di sottolineare con enfasi un motivo oppure per negare qualcosa. Es:

Adesso voglio lavorare. Non ho studiato mica per niente, ho passato ore a prepararmi per l’esame!

Vedete che potrei anche togliere “mica” e il senso non cambia.

Oppure:

Non posso spendere più di 30 euro stasera per cena. Mica per niente, perché altrimenti domani non potrò andare al cinema.

La frase sottolinea che la persona sta cercando di risparmiare denaro per potersi concedere l’opportunità di andare al cinema il giorno seguente. In questo caso, “mica per niente” indica quindi che c’è una motivazione valida – se non fosse chiara – dietro la decisione di non spendere troppo per la cena.

Stavolta però non posso togliere la parola “mica”. La frase non avrebbe senso. La posso però sostituire con “non”. Con “mica” è più informale.

Non per niente, perché altrimenti domani non potrò andare al cinema.

Anche in questo caso si sottolinea comunque il motivo per cui facciamo o diciamo qualcosa, specie se si sente il bisogno di giustificare un’azione o una frase appena detta, perché potrebbe non essere evidente.

Adesso basta. Mica per niente, rischierei di annoiarvi!

Adesso ripassiamo. Mica per niente, altrimenti dimenticate cosa avete già imparato! Parliamo del vostro sport preferito. Usate qualcosa che avete già imparato dagli episodi precedenti.

Hartmut: I miei sport preferiti sono due: il calcio e la pallacanestro. Amo guardare le partite sia allo stadio che in tv. Poi se le condizioni sono propizie li pratico io stesso a volte. Ad ogni modo la mia routine quotidiana è quella di fare ginnastica.

Danielle: Sport? Forse sarebbe d’obbligo praticarlo, per evitare l’ineluttabile declino fisico, ma sinceramente non mi piace per niente. Poi ce ne sono alcuni assolutamente proibitivi per me. Senza contare poi gli effetti sull’umore. Lasciamo perdere, proprio non è cosa per me.

Ulrike: Io corro. Quando avevo una trentina d’anni, in quanto spettatrice al bordo di una strada di Berlino, ho preso spunto dalla prima maratona svolta nella città. Di punto in bianco ho smesso di fumare e ho iniziato ad allenarmi. Qualche anno dopo ho esordito con la mia prima maratona. È stato un esordio coi fiocchi. Faccio le mie corsette anche oggi che ho superato gli anta da un pezzo.

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A scoppio ritardato (ep. 980)

A scoppio ritardato (scarica audio)

a scoppio ritardato

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Parliamo di “a scoppio ritardato“, una espressione colloquiale o una metafora che si usa per riferirsi a qualcuno o qualcosa che reagisce o mostra effetti o conseguenze in un momento successivo rispetto a quanto ci si aspettava o rispetto all’evento iniziale. Abbiamo fatto già un episodio dedicato ai ritardi, e abbiamo visto l’aggettivo “tardivo” che possiamo dire che è la versione formale di qualcosa che avviene “a scoppio ritardato“.

In sostanza, questa espressione indica un ritardo di una reazione, di una risposta o di un’azione. Può anche indicare un effetto che si manifesta più tardi del previsto.

Parlare di una reazione tardiva appare spesso troppo formale. Per questo sì preferisce usare “reazione a scoppio ritardato”.

Ad esempio, se qualcuno prende una decisione che sembra non avere conseguenze immediate ma si rivela problematica in seguito, si potrebbe dire che quella decisione ha avuto effetti “a scoppio ritardato”, perché gli effetti negativi si sono manifestati successivamente nel tempo. Probabilmente erano attesi in un momento precedente.

È una modalità utilizzata per descrivere situazioni in cui le conseguenze non sono immediate ma emergono in un secondo momento.

Pensate a una bomba, un esplosivo o altro ordigno, che deflagra, cioè scoppia solo dopo un certo periodo di tempo. Dovrebbe scoppiare subito, questo è quello che ci si aspetta, ma scoppia più tardi.

Allora capite come diventa facile applicare questo ritardo in qualunque tipo di risposta, non solo quello della bomba che scoppia più tardi del previsto.

Possiamo dire più semplicemente:

Perché ad ogni mia domanda rispondi a scoppio ritardato? Sei ubriaco?

Giovanni ci mette sempre un po’ a capire le barzellette. Ride sempre a scoppio ritardato!

Chiaramente è un’espressione informale, spesso usata in senso ironico o per prendere in giro una persona. Non usatela nello scritto a meno che non sia una chat con un amico.

In molte occasioni basta sostituirla con “in ritardo”.

Chiaramente non si usa sempre al posto di “in ritardo”, perché ad esempio se un treno ritarda di 10 minuti non si dice che è arrivato a scoppio ritardato, perché non è una reazione.

Ulrike: sono insofferente ai ritardi di qualsiasi tipo. Una fisima che fa molto tedesco, direte voi. Vabbè, passatemi il termine, non me ne frega niente!

Andrè: che ne pensi di fare un giro in Brasile, cara Ulrike? Spero che questa non sia proprio una idea peregrina! Comunque se sei così insofferente ai ritardi, dovrai armarti di pazienza! Spesso vai in Italia in vacanze e so che gli italiani non sono un granché in quanto apuntualità, tantomeno lo siamo noi!

Ulrike: Sono tanto insofferente ai ritardi quanto generosa e paziente rispetto alle magagne altrui.

Rauno: A volte l’apprendimento di una lingua stranieradà del filo da torcere. State molto attenti – per inciso, parlo con i maschietti – alla risposta della vostra fidanzata quando le chiedete “Cara, Ne hai ancora per molto?” Perché esiste una sottile differenza tra “Scusa del ritardo” e “Scusa, ho un ritardo”. La prima risposta è innocua e va presa con filosofia. La seconda invece ti può far venire un groppo alla gola ma potrebbe anche restarti sul groppone per tutta la vita.

Edita: io sono ritardataria, adesso lo sapete tutti, ma spero che non me ne vogliate per questo. Oggi però ho deciso di ritagliarmi un po’ di tempo e scrivere questo ripassino tout court.

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La scorpacciata (ep. 979)

La scorpacciata (scarica audio)

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Il termine “scorpacciata” deriva dalla parola “corpo”, ed è un termine informale che si usa per descrivere un eccesso nel consumo di cibo. Potremmo dire che è una abbuffata. Si tratta di una abbondante mangiata, potremmo anche dire.

Scorpacciata” si usa dunque quando qualcuno mangia una quantità di cibo notevolmente maggiore rispetto al normale, spesso in un contesto festivo o di grande convivialità.

È sinonimo di “abbuffata” ma va usato con cautela in contesti formali o professionali, poiché è più appropriato in situazioni informali tra amici o durante feste. Parliamo di un contesto spensierato.

Altri sinonimi, sempre molto informali, sono ingozzata (da gozzo) e intrippata (da trippa). Poi c’è anche “mangiare a crepapelle”, un’espressione che esprime un significato analogo: mangiare fino a scoppiare!

Vediamo qualche esempio.

Durante le festività natalizie, la mia famiglia organizza sempre una scorpacciata di cibo delizioso, con portate tradizionali italiane come lasagne, tortellini e panettone.

Ieri sera siamo andati in pizzeria e abbiamo fatto una vera scorpacciata di pizza, ognuno ne ha mangiate almeno tre! Senza contare supplì e patate fritte: una vera scorpacciata.

Dopo la sua vittoria al campionato, la squadra di calcio ha festeggiato con una scorpacciata di hamburger, hot dog e patatine al fast food locale.

Il suffisso ata suggerisce… ah ma ci siamo già occupati di questo!

Comunque spesso scorpacciata si usa, in misura maggiore rispetto ai suoi sinonimi, anche in modo figurato:

ieri, al concerto in piazza, abbiamo fatto una scorpacciata di musica a tutto volume!

Il professore di italiano ci ha detto che quest’anno ci farà fare una scorpacciata di matematica!

Allora adesso non resta che fare il ripasso quotidiano. Vi è mai capitato di fare una scorpacciata?

Marcelo: non mi ci far pensare! Sono così affamato che potrei abbuffarmi di pizza. Tanto ormai la sfida con la bilancia è perduta.

Irina: Io scoppierei al tuo posto. Alla mia età, ancora ancora una pizzetta e al massimo un supplì in via eccezionale.

Khaled: mi spiace ma per essere più appettibile, mio malgrado dovrò rinunciare alle cose più appetitose.

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Ineluttabile, inevitabile, inesorabile, incontenibile e irrimediabile (ep. 978)

Ineluttabile, inevitabile, inesorabile, incontenibile e irrimediabile (scarica audio)

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La parola “ineluttabile” è un aggettivo interessante perché è meno usato rispetto ad altri aggettivi simili.

È utilizzato per descrivere qualcosa che è inevitabile, che non può essere evitato o fermato. Inevitabile è sicuramente il sinonimo più diffuso. Molto generico.

Ineluttabile indica ugualmente qualcosa di certo, un risultato o un evento che è certo e che non può essere scongiurato o cambiato. È proprio il caso di usare “scongiurare”.

Di scongiurare ci siamo già occupati nell’episodio dedicato a scongiurare un pericolo. Se non possiamo scongiurare un evento, allora questo evento è ineluttabile.

Inevitabile è chiaramente molto più usato rispetto a ineluttabile. Come usare correttamente ineluttabile allora?

Spesso è utilizzato per riferirsi a situazioni o eventi particolari, legati al concetto di destino, eventi che sono così determinati o inevitabili che non c’è modo di evitarli. È molto più forte rispetto a inevitabile perché enfatizza la certezza e l’irrimediabilità di un evento o di una situazione che si verifica senza possibilità di cambiamento o evitamento.

Ad esempio, si può dire che il cambiamento climatico è un problema ineluttabile se non vengono prese misure significative.

Altri sinonimi di “ineluttabile” includono “inesorabile“, “incontenibile” e “irrimediabile“.

Esempio:

La scadenza del progetto era ineluttabile, e quindi il team ha dovuto lavorare giorno e notte per completarlo in tempo.

In questo esempio vogliamo dare la maggiore certezza possibile alla scadenza, e allora usiamo ineluttabile. Non c’è proprio modo di cambiare qualcosa di ineluttabile.

La parola “ineluttabile” è spesso utilizzata in contesti letterari e filosofici per discutere il destino, il fato, le profezie e le cose inevitabili della vita umana.

Si pensi a frasi come “le forze ineluttabili del destino” .

Pensate al poema epico, dove il destino dell’eroe è ineluttabile, e nonostante le sfide e i pericoli, deve compiere il suo viaggio eroico.

Pensate a quando l’autore di un libro dipinge un futuro in cui la distruzione del mondo è ineluttabile a meno che non si verifichi un miracolo.

Il termine irrimediabile invece si concentra maggiormente sulla mancanza di un rimedio e pertanto si usa di più quando c’è un danno o un errore a cui non si può rimediare. Suggerisce che una volta che qualcosa è accaduto, non c’è modo di rimediare o correggere la situazione, e le conseguenze spesso sono negative o dannose. Deve accadere qualcosa di negativo per usare irrimediabile.

Inesorabile, d’altra parte, sottolinea la natura implacabile o incrollabile di un processo o di un evento. Suggerisce che qualcosa si sviluppa o avanza senza essere influenzato da ostacoli o resistenze. Può anche implicare una sensazione di inevitabilità, ma pone l’accento sulla continua progressione di qualcosa.

Esempio:

L’avanzare inesorabile delle tecnologie digitali sta cambiando il modo in cui viviamo e lavoriamo.

La squadra del Napoli sta vivendo tutte le partite. Si avvia inesorabilmente a vincere lo scudetto.

Vedete che il cammino, la progressione e la continuità danno sempre più un senso di qualcosa di inesorabile.

Incontenibile è il più lontano nel significato, perché indica che qualcosa si diffonde o cresce rapidamente senza possibilità di controllo, ma non si usa solo in contesti negativi. Anche le risate possono essere incontenibili se non riusciamo a trattenerle. Può esserlo comunque anche un fiume che esonda e travolge le abitazioni.

Inoltre non c’è necessariamente un danno a cui rimediare, come nel caso di irrimediabile. È simile a inarrestabile.

Incontenibile enfatizza la natura incontrollabile o inarrestabile di qualcosa. Indica che qualcosa cresce o si diffonde rapidamente e non può essere limitato o gestito facilmente.

Es:

L’entusiasmo del pubblico per il nuovo prodotto era incontenibile, e abbiamo dovuto aumentare la produzione per soddisfare la domanda.

Giovanni era incontenibile stasera, raccontava barzellette a ripetizione e faceva ridere tutti.

Adesso però devo contenermi per non annoiarvi. Facciamo un breve ripasso parlando delle cose inevitabili o ineluttabili della vita.

André: tutti noi lo sappiamo, un giorno andremo tutti nell’aldilà, è una situazione inevitabile! Anzi, meglio dire ineluttabile! Quindi carpe diem! facciamo tutto quello che ci piace, senza remore! Sempre che mia moglie sia d’accordo…

Ulrike: Anche l’invecchiamento è ineluttabile. Ancorché esistano chirurghi plastici molto bravi e creme diverse.

Irina: Non mi sconfinfera per niente pensare alle cose che incombono su di noi. La vita è bellissima, il che è tutto dire! Ci sono tanti eventi da incorniciare. Godiamocela ogni giorno perché la vita è fugace.

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Esercizi su questo episodio

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Povero me e la commiserazione (ep. 977)

Povero me e la commiserazione (scarica audio)

Trascrizione

Ricordate l’episodio dedicato all’espressione “beato te”?

Oggi ci occupiamo di “povero te!” che rappresenta l’esclamazione di opposto significato.

Chiaramente esiste anche “povero me“. Parlo di me stesso quindi.

C’è però più di un legame tra le due esclamazioni, perché si tratta sempre di esclamazioni formate con un aggettivo e dove manca il verbo:

Povero me!

Beato te!

Questo è il motivo per cui si usano me e te e non io e tu. Non si può dire ad esempio “povero io” come esclamazione.

Comunque, che significa “povero me“?

L’aggettivo povero è l’opposto di ricco, quindi indica una persona che ha pochi soldi per vivere.

Questo non c’entra nulla però con l’espressione “povero me”, che serve invece per commiserare sé stessi.

Commiserate significa esprimere compassione o simpatia per qualcuno che sta vivendo una situazione difficile o dolorosa. È un modo di mostrare empatia e solidarietà verso una persona che sta affrontando un momento difficile.

Ma quando una persona commisera sé stessa, è un po’ come dire:

Questa cosa che mi è accaduta mi porterà gravi conseguenze

Adesso come farò?

Cosa mi accadrà ora?

Se da una parte questa esclamazione può esprimere paura verso il futuro per una cosa negativa accaduta, dall’altra si può usare questa esclamazione anche per cose poco gravi, o anche in senso ironico, quando accade qualcosa, sempre giudicata più o meno negativamente, che non lascia ben sperare per il futuro.

Per esempio, se provo a parlare in italiano e il professore mi corregge continuamente per lo stesso errore, posso dire:

Povero me! Non riesco proprio a capire come si pronuncia questa parola.

Oppure se combino un guaio e penso che mio padre mi punirà non appena tornerà a casa, posso dire o pensare:

Povero me! Chissà cosa mi aspetta quando tornerà mio padre!

Oppure:

Povero me, arriverò a scuola anche oggi in ritardo e la professoressa si arrabbierà.

Spesso si usa, al posto di “povero me”, l’esclamazione ahimè. Stesso significato.

Quindi l’aggettivo *povero” non si fa fatica a capire che non è in questo caso indice di povertà, ma, come detto, di commiserazione.

Se l’esclamazione non è rivolta a sé stessi, può essere rivolta come ho detto prima, a te, oppure a noi, o voi o loro, oppure a specifiche persone:

Povero te se scoprirai che avrai perso la scommessa

Poveri noi se dovesse arrivare un’altra pandemia

Povero Andrea, non ci voleva questa brutta notizia che mi hai appena detto.

Poveri voi! Oggi vi aspetta una domenica tutto lavoro!

E adesso poveri voi se non mi fate un ripasso coi fiocchi!

Usate anche alcuni verbi professionali all’interno del ripasso.

Marcelo: Ho appena ricevuto una lettera di licenziamento dal mio lavoro. Non so cosa fare, è terribile essere liquidati così su due piedi. Povero me!

Anne Marie: Mi dispiace sentire questo, ma adesso dovresti adoperarti per cercare un nuovo lavoro.

Marcelo: si fa presto a dirlo! Adesso non riesco neanche ad accettare che mi abbiano licenziato. Ho sempre cercato di attenermi alle regole. Ahimè, cosa farò ora?

Rauno: Falla finita adesso ok? Piuttosto, è importante constatare se effettivamente ci siano state circostanze particolari che giustifichino il licenziamento.

Peggy: Potresti fare ricorso contro il licenziamento se ritieni sia ingiusto.

Marcelo: Grazie per il vostro supporto. Siete dei veri amici! Scusate se mi sono un po’ auto-commiserato, ma che volete, mica si viene licenziati tutti i giorni!

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Concorrere – VERBI PROFESSIONALI (n. 89)

Il verbo “concorrere”

Descrizione:

Vediamo il verbo concorrere. Lo sapete usare? Cosa ha a che fare con il verbo correre?

Qualche legame in realtà ce l’ha, infatti concorrere significa “correre insieme”. Ma in che senso? Insieme a chi?

. Durata: 08:17

I verbi professionali fanno parte del corso di Italiano Professionale. Per ascoltare e leggere l’episodio occorre far parte dell’Associazione Italiano Semplicemente (EntraRegistrati)