Il minimo sindacale (ep. 1075)

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Descrizione

Il “minimo sindacale” è quel livello di sforzo o impegno appena sufficiente per dire “ho fatto il mio”. È la soglia che separa il “ci ho provato” dal “sono andato oltre”, ed è la filosofia che guida chi cerca di fare il meno possibile senza finire nei guai. Nell’episodio scopriamo come il “minimo sindacale” si nasconde un po’ ovunque: sul lavoro, nella vita e nelle piccole abitudini quotidiane. Perfetto per chi vuole ridere, riflettere e riconoscersi nelle piccole, pigre scelte di ogni giorno. Non perdertelo su Spotify – potresti scoprire che il minimo può essere… molto di più!

Trascrizione

Ieri sera siamo andati al ristorante e abbiamo speso 25 euro a testa. Non molto vero?

Il propretario ha detto che per quello che abbiamo mangiato, 25 euro sono il minimo sindacale.

Questa è un’espressione chiaramente idiomatica, che si può utilizzare in particolari occasioni, per indicare un valore o un livello minimo indispensabile di qualcosa.

Nel caso del prezzo da pagare al ristorante sarebbe come dire che meno di così non si poteva pagare, considerata la quantità di cibo consumata.

“Sindacale” fa riferimento ai sindacati dei lavoratori, cioè alle organizzazioni create per difendere i diritti dei lavoratori, sia in termini di salario sia per la tutela della loro condizione lavorativa in generale: ambiente di lavoro, sicurezza e salubrità.

I sindacati fanno dunque attività sindacale, e il “minimo sindacale”, nel senso proprio, rappresenta il salario minimo orario che il datore di lavoro deve corrispondere (cioè pagare) al lavoratore per la sua attività lavorativa. Si sente continuamente parlare di salario orario minimo, anche recentemente, e la cifra che viene stabilita contrattualmente come valore minimo al di sotto del quale non si può scendere viene detta minimo contrattuale o anche minimo retributivo o minimo sindacale.

Si fa una contrattazione collettiva nazionale di reparto e viene stabilito questo valore minimo come valore di “equa retribuzione” applicabile a tutti i rapporti di lavoro subordinato.

Si hanno chiaramente tanti valori minimi, a seconda del livello.

Esiste il concetto di “giusta retribuzione” e per capire se la propria retribuzione è giusta, si guardano i cosiddetti “minimi tabellari” stabiliti per ciascuna categoria e qualifica dei c.c.n.l. (contratti collettivi nazionali di lavoro).

Questi contratti collettivi sono stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative.

Questa è l’origine del “minimo sindacale”, però come accade molto spesso nella lingua italiana, una espressione nata in un certo campo sì finisce per utilizzare in senso figurato anche in altri contesti.

Si fa quasi sempre riferimento alla sfera dei diritti in qualche modo. Non sempre comunque, perché a volte si tratta semplicemente di ridurre qualcosa, ma questa riduzione ad un certo punto deve fermarsi, perché non si può andare oltre.

Vediamo qualche esempio aggiuntivo.

La Roma batte il Milan con il minimo sindacale. Finisce 1-0.

Qui parliamo del minimo possibile per poter parlare di vittoria.

Anche 2-1 o 3-2 sarebbero vittorie con il minimo sindacale. Ciò che conta è la distanza tra i gol segnati e quelli subiti.

Altro esempio:

Offerta imperdibile: 10 bottiglie di spumante al prezzo minimo sindacale.

Impossibile abbassare ancora il prezzo. Questo il senso della frase.

Ancora:

Non voglio così tanto da te. Almeno una telefonata al giorno per sapere come sto. Chiedo il minimo sindacale, altrimenti perché stiamo insieme?

Oppure:

Non sei mai stato molto affettuoso con me. Mi ha sempre solo dato il minimo sindacale.

Qui siamo in un contesto sentimentale, ma anche in questo caso, sempre in modo figurato, possiamo parlare di minimo sindacale. Si parla di un minimo al di sotto del quale non vogliamo andare, non è possibile andare, o il minimo indispensabile, il minimo necessario.

Nel linguaggio formale però non si usa l’espressione in modo figurato. In contesti professionali si preferisce parlare di “minimo possibile” o “minimo indispensabile”.

Adesso ripassiamo parlando proprio di minimo.

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Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

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Marcelo: Ho fatto mente locale, e all’improvviso ho ricordato la scuola, dove si studiava il minimo comune multiplo o anche di come ridurre una espressione ai minimi termini.

Hartmut: Era doveroso studiare attentamente queste cose in matematica. Io avevo difficoltà, con tutto che dedicavo molto tempo alla matematica.

André: a me vengono in mente i colleghi che facevano il “minimo indispensabile”, al lavoro. Ho sempre predicato nel deserto. Non riuscirò mai a farci il callo.

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