58 – Lo scontrino di cortesia – ITALIANO COMMERCIALE

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Emanuele: buongiorno, oggi parliamo di un argomento che può essere utile a tutti, soprattutto a chi sta per fare acquisti in Italia per regalare qualcosa ai propri cari o ai propri amici.

Chi sa cos’è lo scontrino di cortesia?

E’ importante conoscerlo, soprattutto per gli esercenti che gestiscono un negozio di articoli da regalo (e per i loro clienti) ma non solo.

Si usa moltissimo anche per i capi d’abbigliamento.

Lo scontrino cortesia (o scontrino di cortesia) è utilizzato da chi acquista un prodotto destinato ad un regalo e allo stesso tempo, desidera allegare lo scontrino per permettere al destinatario del regalo di usufruire della garanzia sull’oggetto o effettuare un cambio.

Quindi lo scontrino di cortesia viene consegnato al destinatario insieme al regalo.

Quando si fa un acquisto destinato ad un regalo è ormai consuetudine allegare al regalo lo scontrino di cortesia, perché in questo modo chi riceve il regalo potrà sostituirlo e quindi potrà usufruire della garanzia sull’oggetto ricevito.

Magari chi ha acquistato il regalo ha sbagliato la taglia o il colore preferito.

Quindi con quello scontrino si potrà effettuare un cambio della taglia o altro.

Lo scontrino di cortesia, notate bene, non è uno scontrino fiscale, poiché è aggiuntivo rispetto al vero scontino fiscale. Infatti quello di cortesia non riporta il prezzo ma comunque permette all’esercente di capire di quale acquisto si tratta.

Lo scopo principale dello scontrino cortesia è fondamentalmente quello di non mostrare il prezzo del regalo. Non sarebbe carino. Generalmente si preferisce mantenere il prezzo del regalo segreto, per evitare di far sentire l’altra persona in imbarazzo o per evitare di creare gelosie, o per evitare che si sia voluto volontariamente mostrare il costo del prodotto.

lo scontrino di cortesia riporta solo le informazioni essenziali, ovvero la data, l’ora, il prodotto acquistato e la quantità.

Il prezzo non è riportato. L’esercente, a seconda del software che utilizza, potrà decidere di stampare anche altre informazioni su questo scontrino, tipo la cassa chd è stata utilizzata e un numero identificativo che permette di risalire al prodotto.

Il destinatario del regalo, potrà cambiare il regalo ricevuto con qualunque altro prodotto che vende il negozio, ma generalmente si sceglie lo stesso prodotto ma di una taglia o un colore diverso, a meno che il regalo non sia stato completamente sbagliato.

Chiaramente uno sconrino di cortesia riporta anche la scadenza, quindi la data massima per effettuare il cambio della merce acquistata.

Importante sapere anche che lo scontrino di cortesia non permette di riavere l’equivalente in denaro! Va bene la cortesia, ma così si esagera…

È tutto per oggi.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del commercio.

57 – il disguido – ITALIANO COMMERCIALE

Il disguido

Descrizione: Chi ha un’attività commerciale deve assolutamente conoscere il termine disguido. Vi auguro che non sia mai necessario usarlo, ma…

Durata: 6:38

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56 – L’assegno – ITALIANO COMMERCIALE

L’assegno

Descrizione: Vediamo tutte le cose che un commerciante deve sapere sugli assegni. In particolare le varie tipologie di assegno, come quelli non trasferibili, scoperti, sbarrati, circolari eccetera.

Durata: 9:05

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55 – Il fornitore – ITALIANO COMMERCIALE

Il fornitore

Descrizione: Spieghiamo i termini più usati quando si parla di fornitori e forniture: tempi di consegna, stock, reso, condizioni di pagamento, sfornito, inventario.

Durata: 9:04

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54 – Lo smercio e il verbo smerciare – ITALIANO COMMERCIALE

Lo smercio e il verbo smerciare

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Smerciare e smercioDescrizione:

Lo smercio si riferisce all’attività di vendita o commercializzazione di beni o prodotti. Somiglia molto al termine “commercio”.

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53 – Prezzi astronomici e esorbitanti – ITALIANO COMMERCIALE

Prezzi astronomici e esorbitanti (scarica audio)


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Trascrizione

Giuseppina: Questo è un episodio che più che far parte del linguaggio di un commerciante, appartiene a quello del cliente.

I clienti sono i protagonisti del famoso “Passaparola” che in ambito commerciale avviene quando i clienti soddisfatti raccomandano un prodotto o un servizio ad altre persone.

Chiaramente i clienti possono passarsi la parola anche quando non sono soddisfatti.

Uno dei motivi della loro insoddisfazione può derivare dai prezzi applicati da un esercizio commerciale.

Non andrò mai più da quel fruttivendolo! Ha prezzi astronomici!

Ci sono tanti modi per chiamare dei prezzi alti. La scelta dell’aggettivo è abbastanza vasta.

I prezzi sono definiti astronomici quando sono alti, molto alti, alti come…

Il termine “astronomico” deriva dal campo dell’astronomia, che si occupa dello studio dei corpi celesti nello spazio (che stanno molto in alto nello spazio).

Pertanto i prezzi astronomici sono prezzi altissimi, elevatissimi.

Possiamo usare diversi aggettivi più o meno equivalenti:

Prezzi “esorbitanti“, “proibitivi“, “fuori misura” o semplicemente “molto elevati” oppure che il negozio è “al di fuori della mia portata” o anche “al di fuori delle mie tasche“. In quest’ultimo caso parlo solo di me e del fatto che io non posso permettermi quei prezzi.

Con riferimento al negozio, si può dire:

Un negozio molto caro

Sono molto esosi

Il negozio potrebbe essere definito anche “costoso“.

Finora però si è parlato solo di prezzi molto alti, e spesso l’eccessiva altezza è messa esplicitamente al confronto con la qualità, che non è altrettanto alta.

Alte modalità, tipo un negozio “di lusso”, “di fascia alta” o un “negozio esclusivo“, fanno invece riferimento al fatto che si vendono prodotti cosiddetti di marca, quindi anche di maggiore qualità, anche se non è sempre detto.

I negozi “di lusso”, “di fascia alta” o “esclusivi” sono spesso caratterizzati dalla qualità superiore dei prodotti offerti, ma anche dall’attenzione ai dettagli, dall’esperienza di shopping personalizzata e anche dall’immagine di prestigio associata al marchio.

L’esclusività si riferisce al fatto che solo poche persone possono permettersi di acquistare in questi negozi, quindi sono appannaggio di una ristretta cerchia di clienti.

In qualche modo le cose esclusive tendono ad “escludere” una parte consistente della popolazione (quella meno ricca).

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.

52 – La formula “Soddisfatti o rimborsati” e i vizi – ITALIANO COMMERCIALE

La formula “Soddisfatti o rimborsati” e i vizi (scarica audio)

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Trascrizione

Una delle frasi magiche del commercio, che trovate un po’ dappertutto è “soddisfatti o rimborsati” , che in altre lingue non ha sempre una espressione equivalente con una traduzione letterale.

Si tratta di una garanzia.

È l’abbreviazione di: se non sarete soddisfatti sarete rimborsati.

La soddisfazione è il gradimento, la compiacenza per un fatto positivo: l’acquisto.

Se l’acquisto però non ci soddisfa saremo rimborsati, cioè avremo i nostri soldi indietro.

La formula “SODDISFATTI O RIMBORSATI” garantisce infatti il cliente che effettua un acquisto, quindi spende una certa cifra col rischio che il prodotto non sia esattamente ciò che cercava, o che non soddisfi esattamente le sue aspettative.

Il cliente si sente in qualche modo anche assicurato e rassicurato contro la possibilità che il prodotto abbia vizi di fabbricazione o difetti.

In questo modo ha la facoltà di restituirlo ottenendo il rimborso dell’intera spesa sostenuta.

Allora, apriamo una parentesi sui vizi di fabbricazione.

Di solito il termine “vizi” si usa per le persone. I vizi sono l’opposto delle virtù.

Si possono definire come abitudini radicate, che provocano nelle persone dei bisogni negativi, nocivi, dannosi.

Ad esempio:

Il vizio di bere, di fumare, di giocare.

Con un senso più attenuato, può trattarsi semplicemente di cattive abitudini, di difetti, come il vizio di parlare troppo.

Per non parlare dei vizi capitali, cioè i peccati capitali: superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia.

Ma esistono anche i vizi nella vendita (o di fabbricazione) cioè dei difetti della cosa venduta che ne diminuiscono il valore o la rendono non idonea all’utilizzo.

Ci sono, oltre a quelli delle persone e a quelli di vendita, tanti altri tipi di vizi, e soprattutto questo è un termine molto usato nella giurisprudenza.

Ma restando nel mondo del commercio, i vizi di vendita, o vizi di fabbricazione sono i difetti di un prodotto che derivano da un errore nella fabbricazione.

In un negozio di abbigliamento può capitare di trovare il cartello “capi viziati” che indica dei capi d’abbigliamento che hanno alcuni vizi, cioè difetti di fabbricazione, allora vengono messi in vendita ad un prezzo più basso.

Su questi prodotti non troverete chiaramente la garanzia soddisfatti o rimborsati.

Potreste trovare anche il settore “prodotti fallati”. Stesso significato: prodotti tessili o anche altri manufatti che hanno un difetto che ne determina una diminuzione di qualità o di prezzo.

Un pantalone fallato

Una maglia fallata

Ecc.

“Fallati” significa che hanno un fallo, cioè qualcosa che non va, quindi parliamo di un difetto di fabbricazione.

La formula “soddisfatti o rimborsati” però tutela il cliente non solo contro i vizi di fabbricazione ma più in generale nella possibilità che il prodotto non sia soddisfacente.

Si tratta, lo avete capito, di un’iniziativa promozionale.

Ma si tratta anche di una norma.

Dal punto di vista normativo, ci si può avvalere del diritto di recesso o diritto di ripensamento.

Ho appena usato il verbo avvalersi, un verbo che è stato oggetto di spiegazione dettagliata nella sezione dei verbi professionali. Ci si può avvale di un diritto o di una facoltà. Non è obbligatorio pertanto avvalersi del diritto in questione. Già, perché stiamo parlando di un diritto.

Ogni consumatore se ne può avvalere per legge: è il cosiddetto “Codice del consumo”.

Ci sono comunque numerose eccezioni. Se volete approfondire la questione date un’occhiata al decreto legislativo n. 21 dell’anno 2014.

In questo modo, se siete consumatori saprete quando avvalervi del diritto di recesso e se siete commercianti conoscerete cosa comporta questo diritto del consumatore.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.

51 – Il saldo – ITALIANO COMMERCIALE

Il saldo (scarica audio)

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Trascrizione

Dopo aver parlato dell’acconto, nell’episodio 28, è giunto il momento di parlare del saldo.

Abbiamo parlato giustamente prima dell’acconto che del saldo, poiché l’acconto, per definizione, si paga prima del saldo.

Parliamo di pagamenti in cui il venditore e il cliente si accordano per spezzare il pagamento in almeno due parti.

Normalmente si tratta di grosse cifre perché i piccoli importi vengono pagati in un’unica soluzione.

Si dice proprio così quando il pagamento avviene in una sola volta: il pagamento avviene in un’unica soluzione.

Quando invece non avviene un’unica soluzione ma in due o più diverse soluzioni, cioè attraverso due o più pagamenti diversi, il primo pagamento si chiama acconto, come abbiamo visto nell’episodio 28, e l’ultimo si chiama saldo.

Il termine saldo ha più significati, ma in questo caso è il pagamento di ciò che manca per completare il totale dovuto.

Con il saldo, si dice che avviene l’estinzione di un rapporto di credito. Col il saldo si estingue un debito.

Il saldo estingue il debito.

In pratica dopo aver corrisposto (cioè pagato) il saldo, non c’è più il debito.

L’acconto come detto è la parte di debito che si paga all’inizio, quindi prima della sua totale estinzione.

Il pagamento che si effettua quando si paga il saldo si chiama anche “pagamento a saldo“.che si contrappone al “pagamento in acconto”.

Oltre al sostantivo saldo, esiste anche il verbo saldare:

Saldare un conto

Saldare una fattura.

È curioso che saldare è anche semplicemente un sinonimo di pagare. Saldare il conto al ristorante, ad esempio significa semplicemente pagare il dovuto. Possiamo dire anche che saldare significa regolare una questione sospesa.

In questo modo andiamo anche al di là dei pagamenti perché “avere un conto in sospeso” si usa anche in senso figurato.

Notate che non esiste il verbo “accontare” per indicare l’atto di pagare un acconto per l’acquisto di un prodotto.

In questo caso si dice:

Pagare un acconto

Versare un acconto

Pagare in acconto

Saldare significa dunque pagare il rimanente di un conto, portando il saldo a zero. In quel momento non resta più nulla da pagare, quindi il saldo sarà pari a zero.

Quando i pagamenti sono più di due, l’ultimo pagamento si chiama comunque saldo, ma se tutti i pagamenti sono uguali, i singoli pagamenti vengono chiamati rate.

L’acconto è la prima rata e il saldo è l’ultima rata. Si parla di acconto generalmente quando i pagamenti per l’acquisto di un bene o altro sono due (come nel caso del pagamento dell’IRPEF ) e sono di importo diverso.

La differenza rispetto alle rate è però soprattutto un’altra.

Mentre le rate servono a dividere grossi importi impossibili o difficili da pagare in una sola soluzione, l’acconto solo a volte rappresenta un pagamento parziale.

In questi casi casi, il pagamento di un acconto può rappresentare una parte del totale dovuto e il saldo finale può essere pagato in un momento successivo, ma nella maggioranza dei casi il pagamento di un acconto serve a garantire una prenotazione o a dimostrare la buona fede o a finanziare i costi iniziali di processo di produzione.

Ad esempio, quando si prenota una vacanza o si effettua un ordine per un prodotto su misura, si può pagare un acconto per confermare la prenotazione o l’ordine. Così forniamo una garanzia. Tra l’altro, pagando un acconto poi è difficile che cambieremo idea.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.

50 – La fruibilità – ITALIANO COMMERCIALE

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Trascrizione

Oggi, per la rubrica di Italiano Commerciale, ci occupiamo della fruibilità.

Una questione che ha a che fare con i beni e i servizi.

Come sapete sia beni che i servizi possono essere prodotti e venduti da una azienda o dalla pubblica amministrazione.

La fruibilità è maggiormente usata per i servizi ma si può usare anche per i beni materiali.

Allora, un bene o un servizio si dice fruibile quando è pienamente accessibile dal punto di vista del consumo.

Che significa? Potremmo usare anche aggettivi più semplici al posto di fruibile. Può essere utile dare h un’occhiata alla spiegazione del verbo fruire, che fa parte del corso di Italiano Professionale, ma che ne pensate di disponibile, godibile, usufruibile, utilizzabile?

Se ho acquistato un bene o un servizio ma non sono in grado di utilizzarlo, allora non è fruibile. In pratica è inutile che io lo abbia acquistato perché è inservibile, inutilizzabile.

La fruibilità è un termine più specifico, più professionale.

Se ad esempio utilizzo una piattaforma online per vedere le partite di calcio, quando il sito non è disponibile, quando cioè non posso collegarmi e dunque non posso vedere le partite, posso dire che il servizio in questione non è fruibile o che i contenuti della piattaforma non sono fruibili.

Posso usarlo anche in ambito non strettamente commerciale:

Dopo il completamento dei lavori, tornerà fruibile il teatro.

Da quando è caduto un fulmine vicino alla porta d’ingresso, la biblioteca non è più fruibile.

Probabilmente molti di voi avete più familiarità con usufruire.

Il verbo usufruire si usa sicuramente più spesso di fruire. Si parla di disponibilità all’utilizzo, all’uso. È parecchio simile a adoperabile.

Significa valersi di qualcosa a proprio vantaggio, quindi beneficiare, godere di qualcosa. Usufruire però è più generico, infatti si può usufruire non solo di un servizio o un bene, ma anche di un condono, di un’amnistia, di una disposizione di legge, di un privilegio. È più simile al verbo approfittare. C’è una possibilità di cui si può approfittare.

Posso usufruire della tua casa in tua assenza?

Posso usufruire di un diritto.

Di può usufruire delle agevolazioni concesse da una legge.

Riguardo ai beni e servizi, usufruire è più rivolto a chi può utilizzarli per necessità, mentre fruire si usa più specificamente per indicare il fatto che non ci sono ostacoli all’utilizzo di questi servizi quando sono fruibili.

I servizi sono pienamente disponibili, chi vuole può usufruire di questa possibilità senza incontrare difficoltà. I servizi sono assolutamente fruibili.

Anche la disponibilità è abbastanza simile alla fruibilità, ma è più generica e infatti anche una persona può essere disponibile o indisponibile, non solo un bene o un servizio.

Fruibile non si può usare per descrivere una persona.

All’inizio ho accennato anche alla accessibilità. Va bene usare accessibile al posto di fruibile, ma si tratta di una caratteristica che ha tanti altri utilizzi diversi.

Accessibile infatti vuol dire che questa cosa è di facile accesso, facilmente raggiungibile.

Posso dire ad esempio che un locale/luogo è accessibile con sedia a rotelle (quindi è raggiungibile con una sedia a rotelle), ma in senso figurato ha diversi utilizzi, tutti legati alla facilità.

Se un libro è chiaro e facilmente comprensibile, allora è accessibile a tutti.

Se è facile avvicinare una persona per parlarle, per qualunque motivo, posso parlare di una persona facilmente accessibile.

Anche dei prezzi possono essere accessibili, e questo accade quando sono alla portata di tutti, non solo dei più ricchi. Tutti se lo possono permettere.

Riguardo alle preposizioni da usare sono corrette tutte le seguenti frasi:

Bisogna fare in modo che i musei e i teatri non siano appannaggio di pochi, ma che siano fruibili a tutti.

I luoghi della cultura dovrebbero essere fruibili anche per i disabili.

Il cinema deve essere fruibile da tutti, anche parte dei più giovani, senza automobile.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.

49 – La chiusura infrasettimanale – ITALIANO COMMERCIALE

La chiusura infrasettimanale (scarica audio)

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Oggi, per la rubrica di Italiano Commerciale, ci occupiamo della chiusura infrasettimanale.

Come sapete la chiusura di un negozio è esattamente l’opposto dell’apertura.

Un negozio infatti ci sono giorni in cui è chiuso e altri in cui è aperto. Oggi non ci sono più limitazioni normative riguardo ai giorni in cui un esercito commerciale deve essere aperto o chiuso.

Molti esercizi commerciali chiudono un giorno alla settimana, altri non chiudono praticamente mai, qualcun altro chiude solamente una o due settimane nel periodo estivo.

Non c’è dunque una regola da rispettare da questo punto di vista.

I negozianti sono liberi di alzare e di abbassare la saracinesca nei giorni che ritengono opportuno. Domenica e feste a parte.

In altre parole, i giorni in cui alzare e abbassare la saracinesca sono facoltà del negoziante.

Alzare e abbassare la saracinesca (o serranda), è la modalità che spesso si usa per indicare l’apertura e la chiusura di un negozio.

Saracinesca e serranda sono i termini che si utilizzano, a scelta, per indicare quel serramento metallico di sicurezza usato per chiudere i negozi. Prima si chiude la porta e poi si abbassa la saracinesca.

Le saracinesche oltre che chiudere, impediscono completamente la vista, quindi è una duplice forma di sicurezza perché limitano le tentazioni.

Ad ogni modo, il titolo dell’episodio di oggi è la chiusura infrasettimanale.

Una chiusura infrasettimanale è una chiusura che riguarda uno o più giorni intermedi della settimana.

Non parliamo quindi della domenica, ma solo dei giorni dal lunedì al sabato.
Infrasettimanale è un aggettivo che si può usare anche per altre cose, non solo per la chiusura.

Anche una festività, cioè un giorno di festa, può essere infrasettimanale.

Se dunque una festa cade (cioè capita), o si attua entro la settimana lavorativa, cioè in uno dei giorni dal lunedì al sabato, possiamo chiamarla una festività infrasettimanale.

Anche una vacanza può essere infrasettimanale. Basta partire e tornare dal lunedì al sabato all’interno della stessa settimana.

Spesso poi gli esercizi commerciali usano, in alternativa a “chiusura infrasettimanale”, “riposo infrasettimanale”.

Perché si usa questo prefisso infra?

Infra significa “in mezzo”. Simile quindi a tra e fra.

Ci sono altre parole che ci ricordano questo.

Pensiamo agli infradito.

Gli infradito sono un tipo di calzatura estiva in cui c’è una striscia passante tra l’alluce e il secondo dito. Quindi c’è una striscia che passa tra due dita, quindi “in mezzo”.

Tornando alla chiusura di un esercizio commerciale, questa può essere infrasettimanale se avviene dal lunedì al sabato, oppure si chiama chiusura festiva, ma la chiusura festiva, che avviene di domenica e nei giorni di festa, è in generale obbligatoria, a parte pochissime eccezioni.

Allora ricapitoliamo.

Abbiamo parlato della chiusura e dell’apertura degli esercizi commerciali, e abbiamo detto che quando la chiusura avviene nei giorni dal lunedì al sabato, si chiama infrasettimanale.

Abbiamo parlato della saracinesca (o serranda) che si alza e si abbassa rispettivamente al momento dell’apertura e della chiusura.

Poi si è detto del prefisso “infra” che sta per “in mezzo”.

Infine abbiamo visto l’uso del verbo cadere per indicare che un giorno di festa capita in un determinato giorno.

Un verbo che si usa spesso anche in altre occasioni:

Quest’anno il giorno si Natale cade di lunedì, mentre lo scorso anno è caduto di domenica. Si parla sempre di date o feste periodiche. Molto simile a capitare, come ad indicare che è merito del caso.
Simile anche al verbo ricorrere. Il prefisso ri, d’altronde, ci ricorda la ricorrenza, cioè la periodicità dell’evento.

Avrete notato che si usa la preposizione di (con i giorni) oppure in (con i mesi le possiamo usare entrambe). Ad esempio:

Quest’anno Pasqua cade di (o in) aprile.

È tutto per oggi.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano commerciale.