Un qui pro quo (ep. 1111) – scarica audio
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Trascrizione
Buongiorno a tutti. Ero molto curioso dell’origine dell’espressione “qui pro quo“, che in italiano indica un malinteso, un mal intendimento, un equivoco, un fraintendimento, un travisamento, quando, ad esempio, si dice una cosa e se ne capisce un’altra.
Ho scoperto che nel medioevo
“quid pro quo” era il titolo di una sezione che in alcune compilazioni farmaceutiche comprendeva i medicamenti che si potevano dare al posto di altri. Si trattava quindi di sostituire una medicina con un’altra che aveva lo stesso effetto.
Oggi si è persa una “d” ed è rimasto “qui pro quo“.
Si usa però, come ho detto all’inizio, quando soprattutto si capisce una cosa per un’altra. La farmacia non è più legata all’espressione.
Es:
C’è stato uno spiacevole qui pro quo.
Notate che usando questa espressione non si sta dando la colpa a nessuno per questo malinteso.
Infatti non si dice che qualcuno ha fatto un qui pro quo ma si dice che che c’è stato un qui pro quo.
Qualcuno ha equivocato, ha frainteso, ha travisato, ha capito male insomma. Non ne facciamo un dramma però. Questo è il senso che si vuole trasmettere usando questa espressione.
Non si tratta mai comunque di questioni troppo serie se usiamo l’espressione “qui pro quo”.
Ad ogni modo, si potrebbe trattare anche di malintesi non legati a comprendere male una parola o una frase, ma più in generale di un problema non troppo grave legato ad un errore involontario. Spesso si tratta di uno scambio o di una situazione confusionaria che comporta un problema.
Es:
C’è stato uno spiacevole qui pro quo: non era Giovanni, ma un altro la persona che hai visto in macchina. Ecco perché non ti ha salutato.
Per uno stupido qui pro quo ho sbagliato il luogo dell’appuntamento.
Si può anche scrivere in una sola parola volendo, accentando la o finale: quiproquò.
Per ridere si usa a volte anche “qui quo qua” o giochi di parole simili.
Adesso facciamo un ripasso. Facciamo finta che ci sia una sfida, una lotta tra due lottatori, uno che ha una motosega in mano e l’altro che si difende con una scala. Mettiamo anche un’immagine che aiuta a immaginare la scena.
Chi vincerà la sfida?

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Marcelo – Lottatore con la motosega (L): Ah, ma guarda chi si vede! Sei venuto a sfidarmi con una scala? Povero te, non ti sfiora l’idea di quanto sia ineluttabile il mio successo. Sei pronto a toccare il fondo?
Christophe: Lottatore con la scala (S): Tu, con quella motosega, pensi davvero di avere tanta stoffa per osare affrontarmi? Non sai nemmeno come si usa. Sei solo un marcantonio con uno strumento pericoloso.
Ulrike: (L): Oh, come sei suscettibile! Smettila di vessarmi con quella scala.
Anne Marie: (S): La tua motosega? Non è che un mezzuccio. Diversamente da te, io ho la capacità di usare la mia scala con solerzia e precisione.
Vasken: (L): Ci volevi proprio tu, con i tuoi ghiribizzi da scalatore! Non realizzi che la tua strategia è destinata ad andare in malora? Eppure, ci metti un certo impegno, lo ammetto.
Julien: (S): Ah, ma tu proprio non senti ragioni! A differenza di te, io non ho bisogno di demonizzare l’avversario per vincere. La mia scala è un simbolo di perseveranza e ingegno, non uno strumento di distruzione.
Edita (L): Simbolo, dici? Bellamente me ne infischio dei tuoi simboli. Preferisco la concretezza della mia motosega. Posso squadrare ogni avversario e già incutere timore in lui. Non c’è niente di più appagante.
Estelle (S): Squadrare dici? Sei solo un esibizionista che cerca di ingraziarsi il pubblico con mezzucci violenti. La tua politica di paura non ha niente a che vedere con la mia determinazione.
Paul: (L): La tua versione dei fatti è solo una pallida imitazione della realtà. Ti vedo male, amico mio. Non hai idea di quanto la mia motosega possa rimpinguare il mio orgoglio di lottatore.
Estelle (S): E io ti vedo già in bambola quando capirai che la forza bruta non è tutto. Il mio ingegno e la mia strategia ti faranno andare in pezzi. Alla fine, la mia scala sarà il simbolo della tua sconfitta.
Edita (L): vedremo chi avrà il piacere di trionfare. Io con la mia motosega e la mia determinazione, o piuttosto tu con la tua scala e la tua arroganza. Che il miglior lottatore vinca!
Estelle (S): Suvvia, ammetti di aver paura! Buona fortuna, ne avrai bisogno.
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