Andare in pezzi, in malora, in frantumi, In fumo (scarica audio)
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Giovanni:
Andare in pezzi. Voglio parlarvi di questa espressione perché può essere interessante tra l’altro discutere sul motivo per cui si usa la preposizione “in” dopo andare.
Abbiamo già visto in altri episodi “andare in tilt”, “andare/essere/trovarsi in bolletta” e “andare/essere in rosso“. C’è una logica comune. Vediamo quale.
Riguardo al significato, “andare in pezzi” probabilmente è abbastanza intuitivo per voi non madrelingua italiana: “andare in pezzi” viene utilizzato per indicare una rottura, qualcosa che si distrugge, che si spezza.
Ci stiamo allontanando un po’ rispetto all’ultimo episodio in cui abbiamo parlato del verbo “stroncare“. Ad ogni modo non siamo così lontani.
Se avete in mano un bicchiere e vi cade a terra, probabilmente il bicchiere andrà in pezzi, cioè si romperà, si disintegrerà.
Il fatto è che in senso figurato si usa anche per descrivere situazioni, stati d’animo o persone che sono in una condizione di rottura, disgregazione o profonda crisi.
Si parla spesso di qualcosa di irreversibile, qualcosa dalla quale non si può tornare indietro.
Questo è un elemento comune rispetto a “stroncare“.
Per via di questa irreversibilità, spesso si usa anche il verbo finire: finire in pezzi, che si usa soprattutto in senso figurato.
“Andare in pezzi” è più o meno equivalente a “andare in frantumi“. I frantumi infatti sono piccoli pezzi di un oggetto che in precedenza erano uniti e formavano un unico oggetto.
I pezzi possiamo chiamarli frantumi o anche frammenti e solitamente si parla di oggetti fisici.
Sia i pezzi che i frantumi si usano però anche in senso figurato.
Es:
Il mio smartphone si è rotto e è andato in (mille) pezzi dopo essere caduto a terra.
Con i “pezzi” spessissimo si usa “mille pezzi”. Non si usa però con i frantumi.
La mia relazione è andata in frantumi quando ho scoperto di essere stato tradito.
Durante il terremoto, molti edifici sono andati in frantumi.
Un’altra espressione interessante è “andare/finire in malora“, abbastanza simile all’uso di “andare in pezzi/frantumi”.
C’è a volte una piccola differenza perché “andare in malora” può indicare sia un’azione o una situazione in cui qualcosa o qualcuno viene distrutto (proprio come andare in pezzi/frantumi), ma anche quando qualcosa viene rovinato o ridotto in uno stato di disastro o decadenza. Andare in malora può essere utilizzata per descrivere una situazione che si aggrava fino a raggiungere un punto critico. C’è il senso del tempo che passa e le cose peggiorano sempre più, fino a raggiungere una situazione irreversibile.
La domanda è: perché usiamo la preposizione in?
Infatti normalmente “andare in” si utilizza in altre circostanze dove è più comprensibile il motivo del suo utilizzo.
Cos’hanno in comune andare in pezzi, andare in malora e andare in frantumi con andare in bici, andare in bagno, andare in pensione, andare in palestra, andare in Italia, eccetera?
Nel caso delle espressioni “andare in pezzi”, “andare in malora” e “andare in frantumi”, la preposizione “in” viene utilizzata per indicare lo stato negativo raggiunto: uno stato di disfacimento, rottura o distruzione di qualcosa. Se ci pensate anche andare in bolletta, amdare in rosso e andare in tilt rispondono alla stessa logica: c’è una condizione negativa in cui ci si trova.
Lo stesso vale per “andare in fumo“, e “andare in rovina” e altre espressioni simili.
Amdare in fumo si può utilizzare per descrivere una situazione in cui tutti gli sforzi, i piani o le aspettative vanno perduti o si dissolvono. Ad esempio, se una persona investe tutti i suoi risparmi in un’azienda che poi fallisce, si potrebbe dire che i suoi risparmi sono andati in fumo.
“Andare in fumo” si concentra sulla scomparsa o l’annullamento di qualcosa e non sulla distruzione.
Invece andare in rovina è analoga a andare in malora ma c’è meno enfasi sul finale e si concentra sul processo di declino e deterioramento di qualcosa nel corso del tempo.
D’altra parte, tornando a quanto detto prima, “andare in bici”, “andare in bagno”, “andare in pensione”, “andare in palestra”, “andare in Italia”, ecc. descrivono azioni, attività, condizioni o luoghi specifici in cui qualcuno si trova o qualcosa viene fatto.
Volendo fare un discorso generale, in tutti i casi menzionati, “in” viene utilizzata per indicare un’attività, una condizione o un luogo in cui qualcosa o qualcuno si trova o è destinato.
Dunque quando un bicchiere va in frantumi, adesso il bicchiere è distrutto. Si trova in questa condizione. Quando si va in palestra invece si parla di un’attività, un’azione e anche un luogo di destinazione, analogamente a andare in Italia.
Andare in bici è invece una semplice attività. Andare in pensione indica una condizione, quella in cui ci si trova quando si finisce di lavorare.
Esiste anche “andare in estate”, “andare in inverno” ecc. In questi casi si indica il periodo in cui si svolge un’attività. È un uso diverso dai precedenti.
In questo contesto, “in estate” significa “durante l’estate” o “nel periodo estivo”.
“Vado in vacanza in estate” significa quindi “Vado in vacanza durante l’estate”.
Infine mi viene in mente l’espressione “andare in bianco” ma questa la vediamo nel prossimo episodio perché merita più attenzione. Lo stesso vale per altre espressioni tipo andare in bambola o andare in bestia. Ce ne sono anche altre chiaramente.
Adesso ripassiamo.
Ripassiamo parlando di libri in italiano che avete letto? Che ne dite?
Carmen: Vi metto sul piatto la mia proposta di ripasso: ho appena iniziato la lettura del famigerato libretto “il caffè sospeso” di De Crescenzo. Per ora mi piace un mondo, tuttavia non tutti concordano col mio parere: taluni critici letterari l’hanno stroncato in malo modo. Devo dire che in quanto critici di mestiere probabilmente ne avranno ben donde, ma non posso fare a meno di dissentire. Almeno per ora.
Albéric: Quanto a me, sto finendo il libro «Sottomissione» di Michel Houellebecq, un autore da annoverare tra i più controversi. Ha ideato una finzione dove un partito islamico abbastanza moderato riesce a prendere il potere in Francia. Un’ipotesi peregrina bell’e buonadireste? Eh, chi lo sa? Puo’ darsi che accadrà un giorno o l’altro. Comunque a questo autore non piace altro che provocare ideando situazioni future alquanto inverosimili. Lui, tra l’altro, è anche un cinico critico della modernitàe non ne ha per nessuno; per questo mi piace così tanto.
André: i miei preferiti sono i libri che raccontano delle storie della seconda guerra mondiale e soprattutto le vicende dei sopravvissuti nei campi di concentramento! Si dà il caso che siano libri che mi danno molte emozioni, ragion per cui ogni due per tre piango mentre li leggo. “Se questo è un uomo” di Primo Levi è uno di quelli più belli che io abbia mai letto! Un libro mozzafiato. Mentre lo leggevo avevo sentore che forse non ce l’avrei fatta a finirlo!
Marcelo: devo dire che una volta ero in lettore accanito, adesso invece che ho superato gli anta da un pezzo, preferisco ascoltare audiolibri o leggere piccoli racconti! Mi dispiace non poter fare un commento interessante su libri e scrittori. Non me ne volete.
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