Il terremoto nel centro Italia

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Trascrizione

Buonasera e grazie di essere all’ascolto di questo nuovo episodio di Italiano semplicemente. Oggi parleremo di alcuni termini molto utilizzati quando si parla di terremoto, visto che ultimamente quando si parla di Italia si parla fondamentalmente di terremoto.

Prima permettetemi di fare un breve cenno su italiano semplicemente e sui prossimi progetti.

Dunque italiano semplicemente, come sapete, è un sito che è nato per aiutare voi stranieri a migliorare il vostro italiano. Parlo sia dei principianti che di coloro che conoscono la lingua e la devono perfezionare soprattutto l’orale. Inoltre su Italiano semplicemente non ci accontentiamo, ed allora abbiamo a cuore anche coloro che vogliono conoscere la lingua italiana in modo più avanzato, ossia a livello professionale. Per queste persone, i fedelissimi già lo sanno, stiamo preparando un corso di italiano professionale, di cui per il momento sono pronte le prime 10 lezioni. Un corso questo che è adatto a coloro che vogliono lavorare in Italia ma anche a coloro che vogliono portare il loro livello di italiano ad un alto livello, sviluppando sia la scrittura che l’ascolto.

Ebbene dopo questa breve introduzione siamo all’episodio di oggi. Oggi non ci sono state scosse di terremoto che si sono avvertire a Roma. Ieri mattina invece tutt’Italia alle 7.40 di mattina ha sentito la fortissima scossa di terremoto che ha distrutto migliaia di abitazioni e raso al suolo interi paesi. Sono moltissimi gli sfollati e lo sciame sismico non si arresta. Un problema da non sottovalutare inoltre è quello degli sciacalli, che, incredibile a dirsi, non mancano mai in questi casi. L’italia è un paese molto solidale in generale; milioni di euro sono stati raccolti per aiutare gli sfollati, ma ci sono anche molti disgraziati (passatemi il termine) che non hanno altro da fare che approfittarsi della situazione per depredare le abitazioni colpite.

Comunque, nell’episodio di oggi voglio spiegarvi brevemente alcune espressioni molto usate in caso di terremoto.

La prima è un parola: sfollati.

Chi sono gli sfollati?

Allora lo sfollato, al singolare, è la persona costretta a lasciare, temporaneamente, la propria abitazione, la propria residenza abituale a causa di una guerra o di altre calamità, come appunto un terremoto.

sfollati

Una seconda parola, che ho appena utilizzato, è calamità. Attenzione, calamità si scrive con l’accento: calamità ha l’accento sull’ultima a. Altrimenti sarebbe “calamita”, che ha tutto un altro significato. La calamita infatti è un magnete, cioè un oggetto magnetizzato, capace cioè di attrarre a se il ferro.

calamita

Una seconda parola, che ho appena utilizzato, è calamità. Attenzione, calamità si scrive con l’accento: calamità ha l’accento sull’ultima a. Altrimenti sarebbe “calamita”, che ha tutto un altro significato. La calamita infatti è un magnete, cioè un oggetto magnetizzato, capace cioè di attrarre a se il ferro.

La calamità invece è un grave accadimento, una grave sventura, un evento cioè negativo, un evento naturale negativo, che colpisce molte persone o anche un’intera comunità, e questo comporta provvedimenti speciali, decisioni speciali da parte del Governo.

Ci sono quindi le calamità naturali, come il terremoto, gli uragani, i maremoti eccetera. Le calamità sono negative quindi, sono eventi naturali che colpiscono la popolazione e causano molti danni. Si dice poi molto spesso che dopo un grave evento naturale, come il terremoto, o un alluvione (cioè una fortissima pioggia), o un uragano, il Governo dichiari lo “stato di Calamità”, oppure lo “Stato di emergenza” che pur non coincidendo tecnicamente sono due condizioni diverse di emergenza.

Una frase interessante è poi “sciame sismico”. Allora dopo un terremoto, dopo che si è verificata una forte scossa di terremoto, solitamente arriva lo “sciame sismico”, vale a dire una lunga sequenza di scosse sismiche, cioè di scosse, di piccole scosse di terremoto, di lieve intensità che diminuisce lentamente. Diciamo che sono scosse di lieve e media intensità, più piccole della scossa sismica iniziale.

sciame_sismico

Tale sciame sismico può durare molto tempo, anche fino a diversi mesi e localizzato in una determinata zona e che può essere molto fastidioso, perché tali piccole scosse possono in realtà determinare ulteriori danni alle abitazioni già colpite e rendere molto più complicato il soccorso agli abitanti delle zone colpite, le vere vittime del terremoto, cioè a coloro che sono rimaste sotto le macerie, oppure coloro che hanno bisogno di assistenza e cure.

L’espressione sciame sismico è molto curiosa in realtà. Lo sciame infatti è la parola con la quale si indica solitamente un gruppo di api. Le api, cioè i piccoli insetti che producono il miele, se riunite tutte assieme costituiscono uno sciame. Uno sciame di api è quindi un gruppo molto numeroso di api. Lo sciame sismico invece è una sequenza, una serie di scosse sismiche, piccole medie scosse di terremoto che vanno considerate nel loro insieme, come facenti parte di un gruppo di scosse che diminuisce sempre di più. Forse si chiama sciame perché, come le api, vanno considerate in gruppo, cioè tutte assieme.

scosse_di_assestamento

Poi ci sono anche le “scosse di assestamento”. Le scosse di assestamento hanno ugualmente a che fare col terremoto, ma a differenza dello sciame sismico, le scosse di assestamento sono quelle scosse, quei movimenti della terra che non vanno considerate nel loro insieme, come un insieme di scosse che va via via decrescendo; quello è lo sciame sismico. Può anche esserci una sola scossa di assestamento, dopo quella iniziale. Sono quindi quelle scosse, più o meno grandi, che hanno origine dalla prima scossa e che svolgono una funzione di assestamento. Assestamento significa sistemazione. Quindi le scosse di assestamento servono per sistemare il terreno. Una scossa di assestamento sistema il terreno, cioè il terreno trova una nuova situazione di equilibrio dopo lo shock seguito alla prima grande scossa di terremoto.

sciacallaggio

Infine volevo parlarvi degli sciacalli, del fenomeno dello sciacallaggio. Lo sciacallaggio. Non è una parola semplice da pronunciare. Gli sciacalli sono quelle persone che, dopo che è accaduto un terremoto, entrano in azione. Cosa fanno gli sciacalli? Gli sciacalli sono quelle persone disoneste che cercano di rubare alle persone colpite dal terremoto. Queste persone possono fisicamente recarsi nelle abitazioni abbandonate a rubare le cose rimaste all’interno, oppure gli sciacalli possono, ed è quello che sta accadendo oggi nelle zone colpite in Italia dal terremoto di ieri, 30 ottobre, possono fingersi di essere dei tecnici, si presentano come operatori, come tecnici inviati presso le abitazioni danneggiate per fare dei controlli sullo stato degli edifici che vanno a controllare, per vedere appunto se queste abitazioni sono in pericolo di crollo oppure no. Ebbene queste persone in realtà sono degli sciacalli, sono cioè dei ladri che con la scusa di controllare vanno a rubare nelle abitazioni. Ovviamente sono soprattutto gli anziani che in questi momenti potrebbero farsi imbrogliare facilmente.

Ma perché si chiamano sciacalli? Lo sciacallo in realtà è il nome di un animale, simile al cane e al coyote, e questi animali si muovono prevalentemente all’alba e al tramonto, e la loro caratteristica fondamentale è che sono degli animali predatori, cioè carnivori, che vanno a caccia di prede, vanno a caccia di piccoli animali e soprattutto sono mangiatori di carogne. Gli sciacalli mangiano cioè gli animali che sono già morti: mangiano le carogne di animali morti, cioè si nutrono del corpo di animali già morti. Capite bene quindi il motivo per cui questo termine: sciacallo, sia utilizzato anche per queste persone che quando c’è un terremoto si approfittano della situazione e vanno a rubare e a colpire le persone che sono già state colpite da una calamità naturale, così come fanno i veri sciacalli che anziché cacciare le prede preferiscono mangiare quelle già morte.

Quindi abbiamo visto il termine “sfollati”, che sono le persone che sono evacuate da una zona colpita da un grave fenomeno naturale; abbiam visto la parola calamità, da non confondere con la calamita (calamità = una grave sventura, grave fenomeno, spesso naturale); poi “sciame sismico” che è quell’insieme di piccole-medie scosse che seguono alla prima grande scossa di terremoto e che diminuiscono sempre di più; diverse dalle “scosse di assestamento”, con le quali il terreno si assesta, si sistema, ed infine vi ho descritto il fenomeno dello sciacallaggio. “Sciacallaggio”, difficile a pronunciare.

Adesso passiamo alla fase della ripetizione per esercitare come al solito la pronuncia. Un piccolo esercizio che serve a imparare ad ascoltarsi mentre si parla in italiano.

Pronti? Via!

Sciame sismico – ripetete dopo di me…

sciame_pronuncia

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Sciame sismico

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Sciacallo

sciacallo_pronuncia

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Sciacalli

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Sciacallaggio

sciacallaggio_pronuncia

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Sciacallaggio

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Il fenomeno dello sciacallaggio

fenomeno_pronuncia

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Lo sciame sismico e lo sciacallaggio

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Gli sfollati

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Gli sfollati

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Gli sfollati sono le vittime degli sciacalli

vittima

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Calamità

calamita_pronuncia

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Il terremoto è una calamità naturale

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Dopo le calamità naturali arrivano gli sciacalli

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Scosse di assestamento

assestamento_pronuncia

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Scosse di assestamento

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Con le scosse di assestamento il terreno si assesta.

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Bene, ciao amici, grazie ancora di aver ascoltato questo nuovo episodio dedicato al terremoto che ha colpito il centro Italia. Sperando che non ce ne saranno altri, vi invio un saluto da Roma.

Il prossimo episodio sarà dedicato ad un grande personaggio italiano. Cominciamo da Umberto Eco, visto che è stato il nome più richiesto. Poi ovviamente ne vedremo anche altri, non mancate di segnalarmeli sulla pagina Facebook di italiano semplicemente. Ciao a presto.

Ps: grazie per le vostre donazioni

Italiano Professionale – Lezione n. 10: I problemi sul denaro

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Descrizione

In questa lezione vediamo alcune espressioni idiomatiche che riguardano i problemi riguardanti il denaro. Circa 1 ora di registrazione audio e 22 pagine di trascrizione in PDF.

> Ascolta e leggi un esempio di come utilizzare alcune delle espressioni della lezione

La lezione n. 10 del corso è in formato MP3 e PDF ed è disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

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italiano dante_spunta Parliamo delle espressioni idiomatiche che riguardano problemi sul denaro.
spagna_bandiera Vamos a hablar de las expresiones idiomáticas acerca de los problemas sobre el dinero.
france-flag Abordons les expressions idiomatiques relatives aux problèmes concernant l’argent.
flag_en We’ll talk about idiomatic expressions concerning issues on the money.
bandiera_animata_egitto نحن نتكلم من التعابير فيما يتعلق بقضايا على المال
russia Мы говорим о идиом, связанных с вопросами о деньгах.
bandiera_germania Wir sprechen von Idiomen zu den Problemen auf das Geld.
bandiera_grecia Θα μιλήσουμε για ιδιωματικές εκφράσεις πάνω σε προβλήματα για τα χρήματα.

Trascrizione

  1. Prima parte – Introduzione alla lezione e prime frasi

Giuseppina: Ciao io sono Giuseppina.

Giovanni: Ed io sono Giovanni.

Manel: Ed io sono Manel, benvenuti nella decima lezione di Italiano Professionale: lezione numero dieci.

Giovanni: Nella lezione di oggi io, Giuseppina e Manel vi parleremo di denaro. Manel è una ragazza Algerina, studentessa di lettere e lingua italiana in Algeria.

Giuseppina: Dev’essere una facoltà difficile!

Giovanni: credo proprio di sì!

Giuseppina: Quindi il denaro è l’argomento di oggi. I problemi sul denaro in particolare. Parlare di denaro, significa quasi sempre parlare di problemi, purtroppo, e le espressioni italiane sul denaro, cioè dedicate al denaro, riguardano sempre o quasi sempre problemi o comunque fastidi. La volta scorsa, nella lezione numero 9, ci siamo occupati proprio di problemi, ma di problemi in generale.

I problemi legati al denaro, ai soldi, alla moneta, sono però dei problemi specifici e meritano pertanto di essere trattati a parte. Meritano un episodio a parte. È quello che faremo oggi.

Giovanni: Lo faremo però in tre parti diverse.

Giuseppina: La lezione è pertanto suddivisa in tre parti, sia per meglio suddividere le espressioni, sia per non fare lezioni troppe lunghe, visto che stavolta si tratta di spiegare quasi trenta espressioni che sono utilizzate sui soldi e sui problemi legati ai soldi.

In questa prima parte vediamo una particolare categoria di problemi del denaro: quando ne abbiamo poco!

Manel: a me succede spesso Giovanni, a te?

Giovanni: abbastanza, anche a me purtroppo Manel!

Poi nella seconda parte invece vediamo i problemi legati ai prezzi troppo elevati, e quindi le espressioni che si usano quando le cose costano molto, ed a seguire i problemi legati ai debiti non pagati ed a tutte le colorite espressioni che si possono usare in questo caso.

Nella terza ed ultima parte faremo un esercizio di ripetizione utilizzando le frasi imparate, e in questo esercizio vedremo un caso concreto in cui usare le espressioni spiegate nella lezione.

Giovanni: voi dovrete ripetere le frasi

Giuseppina: facendo attenzione alla pronuncia.

2. Le espressioni più semplici sul denaro

Giuseppina: Denaro uguale problemi, dunque

Giovanni: eppure il Denaro, come dice un famoso proverbio italiano, non fa la felicità.

Manel: questa è la prima frase?

Sì, è la prima frase di oggi, ma forse non finisce qui la frase, manca ancora un pezzo. Tu che dici Manel?

Giovanni: la conosci Manel questa frase?

Manel: se il denaro non fa la felicità, figuriamoci la miseria!

Giovanni: la conosce la conosce!

Brava, è proprio questo il pezzo mancante.

Se il denaro non fa la felicità, figuriamoci la miseria

Giovanni: già, proprio così!

Giuseppina: è una frase scherzosa, ovviamente, quindi adatta solamente a dialoghi informali e nella forma orale. È una di quelle frasi che si usano per spezzare la tensione quando si parla di denaro, argomento sempre delicato che genera spesso forti tensioni.

Giovanni: forse la parola “figuriamoci” non è molto conosciuta?

Quando si dice “Figuriamoci la miseria” vuol dire “anche la miseria”. Figuriamoci vuol dire anche “a maggior ragione”. Se il denaro non rende felici, non ci rende felici, come può farci felici l’assenza del denaro?

Questa è la prima semplice frase di oggi.

Giovanni: abbastanza semplice direi!

Spesso quando si parla di denaro si usa qualificarlo con un particolare aggettivo, sempre in tono scherzoso.

Giovanni: vai Manel!

Manel: il vile denaro!

Giuseppina: Esatto, il vile denaro. Ma cos’è la viltà del denaro?

Giovanni: spieghiamolo dai!

Giuseppina: Bene, “vile” significa “che ha poca importanza” in generale. A dire il vero, detto così sembra un termine adatto a tutto.

Giovanni: infatti!

Giuseppina: ma se lo diciamo ad una persona, se ci rivolgiamo ad una persona chiamandolo vile, o parliamo di una persona dicendo che è una persona vile, si tratta di un vero insulto, perché il vile, la persona vile, non è semplicemente la persona che ha poca importanza ma è la persona che non accetta alcuna responsabilità;

Giovanni: già!

Giuseppina: una persona che è anche paurosa; una persona che ha paura di tutto, che ha paura di qualunque cosa e che non ha nessuna stima in se stesso e negli altri. Possiamo anche dire che una persona così non vale nulla.

Il vile denaro si usa dire spesso quando si parla di soldi. Ma sempre in tono scherzoso ed informale. Questo è importante dirlo. Se ad esempio state trattando un affare e state appunto parlando di soldi, se state trattando una cifra da stabilire per un servizio, per spezzare la tensione: potrete ad esempio dire:

“Il vile denaro non è tutto, ma non siamo ancora d’accordo sulla cifra”, oppure:

Manel: “non mi piace parlare solo del vile denaro, parliamo anche di qualità”

Giuseppina: Ok, perfetto. “Vile” quindi significa “poco importante” ed è spesso usato in senso scherzoso. Ma se è così poco importante, perché ci stiamo facendo una lezione?

Giovanni: infatti!

Giuseppina: E perché ci sono tante frasi?

Giovanni: io un sospetto ce l’ho…

Giuseppina: Evidentemente qualche importanza il denaro ce l’ha!

C’è comunque veramente l’imbarazzo della scelta per capire quali frasi sul denaro scegliere e da quale frase iniziare a parlare oggi.

Manel: Iniziamo come sempre dalle più semplici, che ne dici?

Giovanni: è una buona idea no?

Giuseppina: Sì ok.

Giovanni: allora vediamo cosa si usa dire quando si hanno pochi soldi, quando si ha poco denaro.

Giuseppina: Questo si può esprimere in molti modi diversi, più o meno formali, più o meno educati e più o meno familiari.

Vediamo quindi le espressioni più usate. Iniziamo con: “andare in rosso” o “essere in rosso”: la possiamo usare se abbiamo un’attività economica, un’azienda, o anche semplicemente quando parliamo di un conto in banca. “Essere in rosso” o “andare in rosso” sono semplici espressioni che si usano spessissimo in Italia: vuol dire semplicemente avere pochi soldi.

Giovanni: semplicemente? Mi pare un bel problema! Va bè andiamo avanti… c’è un’analogia in questa frase.

Giuseppina: L’analogia che si fa, la similitudine, è quella della benzina, del fuel, nella macchina. Se avete poca benzina nella vostra automobile, allora si accende una lampadina, una piccola spia di colore rosso, che vi segnala, che vi dice, appunto, che avete poca benzina, e che dovete presto fare un rifornimento di benzina, cioè dovete rimettere la benzina nel serbatoio-

Giovanni: altrimenti la macchina si ferma!

Giuseppina: Allo stesso modo, cioè analogamente, senza soldi non si va avanti, e quindi si dice che “siete in rosso” quando il livello delle vostre disponibilità finanziarie diventa preoccupante, cioè si abbassa troppo.

“Sono andato in rosso” vuol dire quindi “ho pochi soldi”.

Giovanni: chiaro!

Giuseppina: Poi se siete “al verde”, allora non ne avete per niente di soldi. In questo caso si può dire solamente “sono al verde”,

Giovanni: cioè non potete dire: “sono andato in verde”, ma solamente “sono al verde”

Giuseppina: e questo significa appunto che le vostre tasche sono vuote, per indicare che il vostro conto in banca è vuoto.

Giovanni: meglio essere al rosso che al verde allora!

Giuseppina: Quindi i colori sono indicativi della quantità di soldi che avete.

Se siete in rosso, o se siete andati in rosso (attenzione alla preposizione “in”) avete pochi soldi, se invece siete al verde, stavolta c’è “al” verde e non “in”, vuol dire che avete finito i soldi, non ne avete più.

Giovanni: facile!

Giuseppina: Questi due semplici colori sono i modi più usati per riferirsi ad un cattivo stato economico, ad una cattiva condizione economica.

Ma ce ne sono altre, molte altre, di espressioni.

Manel: infatti: c’è anche essere agli sgoccioli.

Sì, che è equivalente ad andare in rosso, ma in tal caso l’analogia è con l’acqua.

Giovanni: L’acqua come i soldi!

Giuseppina: quando il rubinetto sgocciola, cioè quando escono solo gocce dal rubinetto dell’acqua, solo piccole quantità d’acqua (plic, plic!) allora l’acqua sta per finire: siamo agli sgoccioli.

La stessa cosa possiamo dire se il nostro portafogli, o il nostro conto in banca, ha pochi soldi: siamo agli sgoccioli.

Giovanni: è un po’ informale, familiare.

Giuseppina: È più informale di “essere in rosso”, ma ugualmente utilizzata quando si parla di denaro. Essere agli sgoccioli però si usa anche per il tempo: “siamo agli sgoccioli”, se parliamo di tempo, vuol dire che manca poco tempo, che siamo quasi arrivati al termine ultimo temporale. È più generica come frase quindi: quando qualcosa sta per finire possiamo dire che siamo agli sgoccioli: posso parlare di soldi, di tempo, ma anche di pazienza.

Giovanni: sì, insomma, essere agli sgoccioli è come stare quasi per terminare qualcosa, qualunque essa sia

Poi c’è anche “essere in bolletta” che è anch’essa equivalente ad “essere in rosso”. Un po’ più formale come termine forse, essere in bolletta

Giovanni: ma è ugualmente utilizzato. Essere in bolletta è in teoria utilizzabile anche in forma scritta

Giuseppina: per manifestare le proprie difficoltà economiche.

Giovanni: poi c’è anche “non avere il becco d’un quattrino”.

becco_quattrino

Giuseppina: Questa espressione che hai appena detto è equivalente ad “essere al verde”: “non avere il becco d’un quattrino”!

Il quattrino è il denaro, indica il denaro, e il “becco”, cioè la bocca dell’uccello, si usa solamente per dare maggiore enfasi alla frase. Si dice anche “essere senza il becco d’un quattrino”: Vuol dire non avere soldi affatto. Si usa il becco per indicare che non si ha neanche una quantità minima di denaro. Non è una frase volgare, affatto, e lo dimostra il fatto che la frase è citata anche nelle dottrine linguistiche manzoniane.

Giovanni: addirittura!

Giuseppina: cioè è una frase usata anche da coloro che volevano difendere la lingua italiana ispirandosi al linguaggio di Alessandro Manzoni;

Giovanni: infatti.

Giuseppina: queste dottrine usavano la parola “becco” proprio per dire “non avere un becco d’un quattrino”.

Giovanni: Quindi potete usatela senza problemi: “non avere il becco di un quattrino”. Ma vediamo adesso una frase molto simile.

Giuseppina: Lo stesso significato ha anche l’espressione “essere all’asciutto”.

Giovanni: infatti

Giuseppina: L’analogia, ancora una volta, è con l’acqua: prima abbiamo visto essere agli sgoccioli, cioè avere quasi terminato i soldi, ora con essere all’asciutto indichiamo che i soldi sono proprio finiti: non ci sono più.

Manel: In tali casi si usano anche alcune espressioni più colorite.

Giuseppina: Sì, è vero, a seconda del tipo di analogia che si fa. Un esempio è “Essere alla frutta”. L’analogia qui è col cibo. La frutta è solitamente l’ultima portata del pranzo, o di un pasto in generale

Giovanni: infatti.

Giuseppina: quindi “essere alla frutta” vuol dire avere quasi finito di mangiare… quindi equivale a “essere agli sgoccioli”, “essere in rosso”, “essere in bolletta”.

Se poi parliamo di affari, quando si parla di aziende e di attività economiche, si usano due espressioni idiomatiche più delle altre.

Giovanni: infatti. E visto che questo è un corso di Italiano Professionale, possono interessare alcune espressioni legate al denaro. Qual è la prima Giuseppina?

Giuseppina: “Andare a rotoli” è la prima. Un’attività che va a rotoli è un’azienda che sta per fallire, che ha cominciato a rotolare, come una palla, verso il fallimento.

Giovanni: e poi?

Giuseppina: Anche “mandare all’aria” è altrettanto utilizzata quando si parla di aziende, di fallimenti e di affari. Si usa anche dire “mandare gambe all’aria un affare”. È facile capire che quando le gambe finiscono in aria non si è più in grado di camminare.

La nostra azienda è finita gambe all’aria quindi, e questo indica che la nostra azienda è fallita: non può più andare avanti, è finita gambe all’aria.

Giovanni: e se parliamo di un affare?

Giuseppina: Se si parla di un affare, si dice che l’affare è andato all’aria, o che è finito gambe all’aria, cioè è finito, non si fa più nessun affare, è saltato. Occorre iniziare tutto daccapo

Giovanni: quindi?

Giuseppina: quindi dobbiamo dire addio a quei guadagni, a quei ricavi, a quel denaro che potevamo guadagnare con quell’affare.

Il modo più informale per dire che un affare è andato male è però un altro:

Giovanni: sicura che lo vuoi dire Giuseppina?

Giuseppina: “mandare a puttane un affare”.

Giovanni: l’ha detto!

Giuseppina: Peggio di così non potete fare.

Giovanni: in effetti…

Giuseppina: Invece se volete essere il più cortese e delicato possibile, potete dire: “mandare a monte un affare”. Questa è un’espressione che se ricordate abbiamo già incontrato nella lezione n. 8, quando si è parlato di risultati. Come vedete gli argomenti si intrecciano, ed in questo caso si parla di problemi legati ai soldi, che ovviamente possono impedirci di ottenere dei risultati.

Comunque nel primo caso si usano quindi “le puttane”, cioè le prostitute, le donne che vendono il loro corpo in cambio di denaro, mentre nel secondo caso si usa “il monte”. Se quindi qualcuno vi chiede:

Manel: com’è andato poi quell’affare?

Giuseppina: Se l’affare è andato male, voi potete rispondere: “è andato a puttane!” Oppure “è andato a monte”. In entrambi i casi quello che state dicendo è che non è andato bene, è tutto finito, l’affare non si è fatto.

Quando poi le cose vanno male, ma proprio male, tato male che la persona convolta rischia la povertà, rischia di rimanere senza un soldo, allora si usa colorire ancora di più la frase.

Ad esempio se si finisce “con le pezze al sedere”, allora si finisce in povertà: le “pezze al sedere” sono le pezze sui pantaloni, le pezze sono dei pezzi di stoffa, che si attaccano, si cuciono, si mettono sui pantaloni vecchi, che sono consumati dal tempo, per coprire appunto le parti consumate, le parti usurate (a volte bucate).

Giovanni: ok ma perché si mettono le pezze al sedere?

Giuseppina: Evidentemente chi ha le pezze al sedere non ha abbastanza soldi per comprarsi un paio di pantaloni nuovi,

Giovanni: giusto!

Giuseppina: quindi finire con le pezze al sedere, significa finire in povertà, diventare poveri.

Giovanni: Se non vogliamo utilizzare questa frase colorita possiamo pensare che ce ne sono anche moooolto più colorite: come la frase: “Essere fregati” o peggio ancora “Essere fottuti”.

Manel: ma Gianni!! Non si dicono le parolacce!!

Giovanni: Eh, Lo so Manel, ma questa bisogna conoscerla!

Giuseppina: Si usa spesso nei film polizieschi e nei film western. Se dico “siamo fottuti” in generale vuol dire “siamo finiti”, cioè “non c’è più via d’uscita”, “non c’è più scampo”, “non c’è più nulla da fare”. Chi usa questa espressione (sono fottuto, o siamo fottuti) è una persona disperata, che si è appena accorta di aver fallito, di non aver più nessuna possibilità per recuperare.

Giovanni: Ma sul verbo “fottere” faremo una riflessione più avanti, quando parleremo di rischi, dei rischi delle espressioni.

Comunque abbiamo visto già un sacco di espressioni, che ne dite facciamo una pausa?

Giuseppina: va bene, allora finisce qui la prima parte della lezione n. 10, dedicata al “vile denaro” ed ai problemi relativi. Nella seconda parte vedremo, come anticipato all’inizio, un’altra categoria di espressioni sul denaro:

Giovanni: vedremo infatti cosa si usa dire quando le cose costano molto, quando cioè non sono molto economiche e quando abbiamo dei crediti o dei debiti.

Giuseppina: Vedremo quindi le frasi idiomatiche ed anche le semplici espressioni che si usano nei rapporti economici tra attività economiche, cioè tra aziende.

Vedremo infine i rischi nella terza parte, rischi che stavolta sono numerosi. Faremo alla fine un esercizio di ripetizione con le frasi imparate nel corso dell’intera lezione.

Manel: in questo esercizio parleremo di un affare tra due aziende

Giovanni: un affare in cui si parla, ovviamente, di soldi.

Giuseppina: È tutto per ora, un saluto a tutti.

Giovanni: ciao ciao.

Fine prima parte

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Le parole italiane più belle secondo gli stranieri

Audio

Trascrizione

Buongiorno o buon  pomeriggio  amici di Italiano Semplicemente e grazie di essere qui per ascoltare o leggere questo nuovo podcast, o episodio, e spero che il vostro apprendimento dell’italiano proceda nel modo migliore; nel frattempo per aiutare il vostro percorso verso questo ambizioso obiettivo oggi vi propongo di ascoltare  insieme un episodio inedito.  Vi propongo un episodio in cui verranno utilizzate le parole più belle, le parole italiane più belle, secondo l’opinione degli stranieri. Ci sono vari siti su internet che riportano la lista delle parole che piacciono maggiormente agli stranieri, non so esattamente come abbiano fatto ad estrarre questa lista di parole,  forse con dei sondaggi. In ogni caso questo mi ha dato l’idea di fare un episodio diverso.

Ebbene nell’episodio di oggi cerchiamo, anzi cercherò di usare la maggior parte di queste parole in un unico episodio, sperando di fare una cosa gradita al pubblico di italiano semplicemente.

Ho già iniziato ad usare qualcuna di queste parole, che a dire il vero non sono tutte conosciute da tutti gli stranieri, ed allora mi soffermerò a spiegare il significato di qualcuna tra queste.

Ad ogni modo per chi ascolta il file audio ogni volta che pronuncio una di queste parole sentirete un suono, lo avete già ascoltato qualche volta dall’inizio, e vi sarete sicuramente chiesti il motivo; un piccolo suono che vi segnalerà appunto che quella che segue al suono è una delle parole che appartiene alla lista. Quindi dopo il suono, dopo il piccolo suono sarà pronunciata la parola.

All’inizio avevo pensato ad una storia da raccontare,  una storia che contenesse  tutte queste parole, oppure avrei potuto farvi semplicemente un elenco, una lista di parole, ma sarebbe stato molto noioso.

Dunque devo dirvi che qualcuna di queste parole mi ha colpito veramente, perché in effetti non riesco a capire il motivo per cui piace agli stranieri.

Ed allora chiedo ai lettori ed agli ascoltatori di questo Podcast di fare un commento, di interagire con me per dirmi la loro opinione in merito, potete farlo commentando ad esempio su facebook, sulla pagina di Italiano Semplicemente. Basta cliccare sul link che inserirò anche sulla trascrizione di questo Podcast. Una di queste parole che mi ha colpito è “chiacchiera“. Difficile da scrivere e da pronunciare anche.

Questa parola, “chiacchiera”  infatti contiene una doppia “c”  ed anche due volte la lettera “h” che in italiano non si pronuncia  come sapete,  ma che quando è presente modifica il suono della lettera che la precede, infatti la parola “ci”  è diversa da “chi” ad esempio.

Questo rende la pronuncia della parola chiacchiera un po’ più ardua cioè difficile per uno straniero. Cos’è la chiacchiera? Si usa più al plurale a dire il vero: le chiacchiere sono le informazioni personali, le informazioni  che riguardano una persona, e che vengono raccontate dagli amici o dai conoscenti. Le chiacchiere sono le cose che vengono dette su questa persona, solitamente si tratta di cose non positive, di gossip, un termine anglosassone del tutto analogo a chiacchiere, e quindi le chiacchiere potrebbero anche non essere vere, potrebbero anche non corrispondere alla verità, potrebbero quindi essere solamente chiacchiere, niente di vero. In effetti generalmente non sono vere, ma qualcosa di vero qualche volta c’è.  Spesso però si tratta di un’opera di fantasia, di qualcosa di vero sul quale è stato aggiunto qualcosa in più per rendere la cosa più interessante.

In italiano quando accade questo, quando si modifica la realtà partendo da qualcosa di vero si dice che si ci si è ricamato un po’ sopra,  alla realtà,  che si è ricamato sopra a qualcosa di reale, di realmente accaduto. Ricamare è il verbo usato. Ci ha ricamato sopra, cioè ci ha lavorato sopra, sopra la realtà si intende. Non è una cosa gentile da fare sicuramente.

Allora perché si usa ricamare? Ricamare significa lavorare con l’ago, cioè seguire con l’ago su un tessuto dei punti decorativi seguendo un disegno.  Si può ricamare a mano ad esempio, si può ricamare una tovaglia; posso ricamare dei fiori su una maglietta ad esempio,  e ricamare é una attività più diffusa tra le  casalinghe.  Comunque le chiacchiere sono anche un dolce italiano. Un dolce che si prepara per le festività di carnevale. Queste di chiacchiere sono invece veramente buonissime.

Un’altra parola è “fagiolini”, proprio così, fagiolini. I fagiolini evidentemente sono molto buoni. Per chi non li conosce i fagiolini sono una varietà di fagiolo, un tipo di fagiolo, che ha la forma piuttosto sottile e allungato di colore verde scuro, come un piccolo coccodrillo ma ancora più piccolo, liscio, e un po’ più chiaro,  inoltre per crescere i fagiolini hanno bisogno di un clima non freddo, come il  pomodoro.

Infine c’è la parola “gattara“, molto curiosa,  che viene dalla parola gatto.  La gattara è, al femminile, il nome che viene dato ad una persona che si occupa di molti gatti, che dà da mangiare a molti gatti. Se l’attività principale di una persona è occuparsi dei gatti allora quando si parla di questa persona si dice la gattara. Solitamente si tratta di una persona anziana, quasi sempre di sesso femminile, ecco perché si dice gattara, al femminile e non gattaro, al maschile.

Altre parole curiose sono pipistrello  girasolemozzafiato. Il pipistrello è quell’animale notturno che somiglia ad un topo ma con le ali, e che dorme a testa in giù. Il girasole 🌻 è invece un fiore, un grande fiore che ha la particolarità di girare col sole, cioè di seguire il sole, il movimento del sole. Il girasole si chiama così perché si muove insieme al sole, e recentemente hanno anche scoperto il motivo, il funzionamento di questo movimento, fino ad ora sconosciuto. Il girasole è famoso anche per l’olio di girasole, l’olio estratto dal fiore usato molto in cucina.

Invece mozzafiato è un sinonimo di emozionante, molto emozionante, talmente emozionante da mozzare, cioè tagliare il fiato, cioè il respiro, talmente tanto emozionante che fa smettere di respirare: mozzafiato, che mozza il fiato. Se vedete qualcosa che giudicate  meraviglioso sicuramente quello è un episodio mozzafiato.

Alcune parole invece non mi stupiscono personalmente  ma mi hanno fatto ugualmente sorridere, non parlo di   bellissimo, e neanche di  bacio,  ma parlo  di  amoruccio, cioè di ciò che di può dire, in intimità, alla persona a cui vogliamo bene, amoruccio, cioè piccolo amore. Nel caso delle donne, amoruccio è una parola che potete dire al vostro principe azzurro, prima o dopo che gli avete dato un abbraccio o un  bacio. Potete dirlo però anche al vostro piccolo bambino, il vostro piccolo cucciolo, il vostro tesoro.

Bene credo di aver quasi terminato la mia  fantasia per oggi, nel frattempo si è fatto buio, ora mi vado a mangiare un bel pezzo di  torta, perché avverto nel mio stomaco un senso di vuoto. Oh, scusate mi suona il telefonino

Gianni: Sì…  pronto?

Ele: papà sei tu?

Gianni: Sì sono io  dimmi

Ele: papà quando sarai a casa?  quando sarai di ritorno a casa?

Gianni:  più tardi Ele,  adesso sto registrando un Podcast…

Ele: con italiano semplicemente?

Gianni: Sì  esattobrava,  ciao  Patatina.

Ele: ciao!

Ecco fatto! Scusate era mia figlia che aveva un po’ di nostalgia di suo padre.

Ora prima di terminare, vi propongo un esercizio di ripetizione in cui inserirò alcune tra le parole  preferite dagli stranieri ed anche alcune tra le più difficili da pronunciare:

Cantare

————

Farfalla

————

Stuzzicadenti (ripeti prima lentamente poi più velocemente)

————

Fagiolini

————

Chiacchiere (attenzione all’accento)

————

Mi raccomando lasciate un commento sulla pagina Facebook di italiano semplicemente dicendomi la vostra parola preferita ed il motivo.

Ciao alla prossima.

Ps: grazie per le vostre donazioni

Il combinato disposto

Audio

di Giovanni Coletta

Buongiorno amici. Oggi voglio spiegarvi una espressione che è molto di moda ultimamente. Se vi capita infatti di ascoltate la TV italiana o la radio italiana, una emittente qualsiasi, e ascoltate in particolare delle trasmissioni dove si parla di politica, di soggetti politici, cioè di attualità del mondo della politica, vi capiterà molto spesso di imbattervi in una espressione particolare: “il combinato disposto“.

Giusto per fare chiarezza: quando ci si imbatte in qualcosa vuol dire che si incontra qualcosa. Imbattersi è come incontrare, come se si stesse facendo un cammino ed improvvisamente ci si imbatte su qualcosa, cioè si incontra, qualcosa, inaspettatamente, qualcosa che non credevamo di incontrare.

Comunque se vi imbattete sull’espressione il “combinato disposto”… Allora ascoltate perché è questa l’espressione di oggi dunque, che mi appresto a spiegare oggi.

Se provate a cercare questa espressione su internet, ed in particolare se provate a cercare nella sezione news di Google, vedrete quanti risultati troverete. Dico di cercare nella sezione news di Google semplicemente perché così potrete leggere gli articoli in cui si parla di attualità.

il_combinato_disposto

Allora se proviamo a farlo leggerete frasi di questo tipo:

Il combinato disposto della riforma della legge elettorale e della riforma costituzionale fa sì che l’Italia sarà meno democratica

Cosa significa?

Allora cominciamo a dire che fino a poco tempo fa non si usava molto questa espressione. Ma è circa un anno che possiamo ascoltarla alla radio ed alla TV italiana tutti i giorni.

Intanto la parola “combinato” indica la somma di due o più cose: la combinazione di due o più cose. Il combinato: cioè la somma, l’unione diciamo, la combinazione. Se sommiamo due cose, se mettiamo insieme due cose, se cioè le combiniamo, se facciamo la combinazione di queste due cose, otteniamo un risultato che possiamo chiamare il “combinato“.

Possiamo parlare della combinazione di due avvenimenti, di due diverse cose accadute, della combinazione di eventi successi, generalmente è questo il modo di usare la parola combinazione, quando cioè si parla di due cose che si combinano. La parola combinazione si usa in realtà al posto della parola unione infatti, o somma, quando c’è di mezzo il tempo: ci si può incontrare per combinazione, cioè per caso, nello stesso posto e nello stesso momento: che combinazione!! si può esclamare quando ci si incontra tra due persone in un insolito posto.

Ma, potreste chiedervi, perché se è così semplice, perché se il concetto è così semplice, è ora così utilizzato questo strano modo di chiamare la somma, l’unione, la combinazione di due cose? Il combinato! Perché usare questa espressione?

La verità è che in realtà non ce n’era veramente bisogno, questo è il mio parere, ma si è voluta usare una espressione diversa, quando si parla di leggi: quindi l’unione di due norme, l’unione di due leggi. E allora si è unita una seconda parola: “disposto“, e la combinazione di due leggi è diventata: “il combinato disposto“. Ok, ma perché disposto? Cosa c’entra con le leggi? Cos’è il disposto?

Abbiamo capito finora che quando si parla di “combinato disposto” si parla sempre di leggi, di norme, di articoli di legge, che messe insieme determinano un certo risultato. Non basta però prendere una legge, un articolo di una legge, ma ne occorrono almeno due per fare un “combinato disposto”. Ok.

Da dove viene disposto? “Disposto” evidentemente viene da “disposizione“, ed in particolare dalla “disposizione normativa”, cioè dalla “disposizione di legge”. La disposizione è un altro modo di chiamare una legge, un modo più generico però. La legge, come qualsiasi altra norma, quindi in senso generico, si chiama disposizione normativa, e questo perché le decisioni di questo tipo vengono appunto disposte, si usa cioè il verbo “disporre“. E quindi una disposizione viene “disposta”. Cosa dispone una legge? Una legge dispone, ad esempio, che uomini e donne hanno gli stessi diritti, oppure una legge può disporre che vince le elezioni chi prende il maggior numero di voti, o una legge può disporre che la pena di morte viene abolita, eccetera. La disposizione quindi è ciò che decide la legge, il risultato della legge.

Quindi capite bene che “combinato disposto” è la combinazione di due disposizioni, cioè la combinazione, l’unione di due leggi, o di due articoli di due norme diverse. Anziché dire la combinazione delle due leggi x e y, si dice “il combinato disposto” delle leggi x e y. Cioè che è il risultato delle due leggi, cioè ciò che è il risultato delle due leggi considerate insieme: il risultato è ciò che è disposto, come se la legge fosse una soltanto e non due.

In questo caso la frase è molto di attualità in Italia perché da una parte c’è la legge elettorale, cioè la legge che stabilisce le regole su come eleggere il governo italiano, la legge che decide le regole che sono alla base della elezione del governo italiano, e dall’altra parte la riforma della costituzione, cioè la riforma, cioè il cambiamento, della legge fondamentale della Repubblica Italiana.

Allora, l’attuale legge elettorale italiana viene comunemente chiamata ITALICUM, e questa legge assegna ora molto potere al partito, cioè allo schieramento politico che vince le elezioni, che prende più voti dai cittadini; l’ITALICUM assegna più potere a chi vince rispetto alla legge elettorale precedente, chiamata PORCELLUM (noi italiani siamo molto creativi come sapete!).

In aggiunta, vi devo dire anche che nella seconda riforma, la riforma costituzionale, cioè nella riforma della Costituzione italiana, per dirla brevemente, viene dato più potere ad una delle due Camere, anzi, viene dato tutto il potere alla Camera dei Deputati.

Insomma, con queste due riforme, quella elettorale e quella costituzionale, messe insieme, combinate, sembra che il Governo abbia molto più potere di prima. Possiamo anche dire che combinando le due riforme il governo avrebbe un potere decisionale più forte rispetto a quello attuale.

Possiamo anche dire quindi che il combinato disposto della nuova legge elettorale e della riforma costituzionale dia questo risultato: più potere al governo eletto.

Mmmmm… Questo è un BENE oppure un MALE? E’ una cosa positiva? C’è chi crede sia positiva, ma c’è anche chi non la pensa così, chi crede che la cosa sia negativa e quindi che il combinato disposto delle due riforme sia una cosa negativa per l’Italia. Queste persone sostengono quindi che questo potere sarebbe eccessivo e in qualche modo minaccerebbe la democrazia.

Bene, ora a dicembre 2016 ci sarà il cosiddetto referendum, cioè ci sarà una consultazione dei cittadini italiani, e si chiederà agli italiani se sono d’accordo con la riforma della Costituzione, cioè con la seconda delle riforme di cui abbiamo parlato, quindi gli italiani si esprimeranno, voteranno, diranno il loro pensiero, quello che pensano a proposito di questa riforma costituzionale. Diranno cioè Sì, vogliamo la riforma, oppure No, non vogliamo la riforma costituzionale. Ed ora nelle TV italiane siamo in piena “campagna elettorale“: tutti i politici vanno in TV e dicono quello che pensano sulla riforma costituzionale: Ci sono quelli che sono d’accordo con il “Sì”, quelli cioè che vogliono la riforma, e questi signori sono quello che si chiama “il fronte del Sì“.

Poi dall’altra parte ci sono coloro che sono per il “No”, quelli che non vogliono cambiare le cose, e questi signori rappresentano il cosiddetto “fronte del No“.

Ebbene, il combinato disposto è l’argomento principe del “fronte del No” alle riforme costituzionali: coloro che voteranno “No” al referendum, e che vanno ora in TV a spiegare le loro ragioni, che vanno in TV a spiegare i motivi che sono alla base del loro “NO”, questi signori si appellano al cosiddetto “combinato disposto”.

Dicendo semplicemente queste due parole “combinato disposto” tutti ora sappiamo di cosa stiamo parlando: degli effetti negativi che deriveranno dalla riforma della legge elettorale e dalla riforma costituzionale; dalla combinazione di queste due riforme. Analogamente secondo il fronte del Sì il combinato disposto è un BENE, perché con un governo che ha più potere decisionale si possono prendere più decisioni e più in fretta.

Sapete che il linguaggio della TV è un linguaggio veloce, che deve puntare all’essenziale; ogni secondo è importante quindi utilizzare termini specifici e subito riconoscibili è a volte molto importante. Quindi parlare semplicemente di combinazione di leggi non è stato ritenuto sufficiente, perché si doveva ogni volta spiegare il soggetto: la combinazione di cosa? La combinazione della riforma elettorale e di quella costituzionale. Troppo lungo! Quindi è meglio essere più sintetici e coniare una nuova espressione, meglio introdurre una nuova espressione: “il combinato disposto”! Il combinato disposto è sembrato perfetto: non c’è bisogno di aggiungere altro. Fino a poco tempo fa si doveva specificare cosa veniva combinato, ora no, non è più necessario, ora è scontato.

Credo tra l’altro, questo lo dico al di là della spiegazione, che questo sia un argomento di attualità in tutti i paesi, in tutte le nazioni, non solo in Italia: meglio un Governo più forte oppure meglio sostenere le idee di tutti e prendere decisioni forse in tempi più lunghi ma più sagge e ponderate? Un bel dubbio! Non dimentichiamo poi che l’Italia non ha ancora dimenticato gli effetti della seconda guerra mondiale, dove il “governo forte” era quello del Duce, era quello di Benito Mussolini, che aveva tutto il potere a suo tempo, quindi capite bene come ci sia ancora la paura, in Italia, che ci sia un governo che abbia molto, troppo potere. Dall’altra parte però c’è anche chi sostiene che in Italia non cambiano mai le cose se non si prendono decisioni, anche se non siamo tutti d’accordo. Insomma è una bella lotta tra queste due differenti visioni politiche, e non è sicuramente facile dire “è meglio il sì”, oppure “è meglio il no”. Per ora in Italia ci sono moltissimi indecisi infatti: ci sono molte persone che non sanno cosa votare al referendum: sono indecisi.

Bene, spero che la mia spiegazione sull’espressione “il combinato disposto” sia stata sufficientemente chiara: credo che ogni tanto sia un bene parlare un po’ anche di attualità, per entrare un po’ nella cultura italiana.

Per terminare, vi dico che quella di oggi non è un’espressione che si usa in altri campi al di fuori delle leggi. Non potete dire ad esempio a vostro marito:

Il combinato disposto tra il tuo atteggiamento freddo che hai con me recentemente e il fatto che fai sempre tardi la sera mi fa pensare che hai un amante!

Questo non lo potete dire perché si capirebbe lo stesso ma farebbe un po’ sorridere. In questo caso dovete usare un’altra espressione, ad esempio: “Il fatto che” tu sei freddo con me eccetera.

Vi lascio alle vostre attività quotidiane, ci sentiamo prossimamente perché sto preparando la nuova lezione di Italiano Professionale dove si parlerà di soldi e dei problemi legati ai soldi. Tutte le espressioni che si usano quando si hanno problemi di denaro.

A presto.
Ps: grazie per le vostre donazioni

Tutti i modi per dire MOLTO o MOLTI

apprezzabilmenteAudio

Trascrizione

Ele: benvenuti su italianosemplicemente.com

Salma: Ciao a tutti, io sono Salma, una ragazza egiziana. Faccio parte dello staff di Italiano Semplicemente, ed oggi sono qui per dirvi che l’episodio di oggi è incentrato su tutti i modi di per dire molti:

A iosa, una cifra, un sacco, parecchio o parecchi, assai, aivoglia, un grande numero, una quantità rilevante, ragguardevole, tanti, una enorme quantità.

Un saluto e vi auguro un buon ascolto. Ciao!!

Ok, buongiorno l’episodio di oggi tratta di un argomento che credo possa interessare a tutti. Le espressioni di oggi infatti riguardano la parola “molti“, o “tanti” oppure “molto” Molti e tanti sono parole che hanno a che fare con la quantità. Quindi sono parole facili, che tutti sanno usare, e che si usano quando si parla di qualsiasi argomento.

Molti, o molte, o tante (se usiamo il femminile) significa, se ci riferiamo a qualcosa che contiamo, “più di uno“, se parliamo di oggetti, cose tangibili, cose che si toccano, o che si possono contare, oggetti materiali, ma non solo, l’importante è che possiamo contarli . Ma possiamo usare anche la parola molto, o molta, se parliamo di cose intangibili, cose non materiali, cose che non si toccano, o non si contano, ad esempio le emozioni, le sensazioni eccetera.

Vi faccio qualche esempio:

Ele puoi leggere qua?

  • ho molte cose da dire oggi;
  • sulla mia scrivania ho molte penne;
  • sulla tavola ci sono tanti piatti;
  • le parole del vocabolario italiano sono tante.

Oppure anche:

  • sei molto paziente con me;
  • oggi mi sento molto felice;
  • ho tanta voglia di vederti,
  • ho tanta strada da fare ancora per imparare bene l’italiano.

Bene, ma in italiano la parola molto, molta e molti possiamo in realtà sostituirla con altre parole. Ci sono molti modi di dire la stessa parola, la parola “molti” o “tanti”.

Quindi avete ascoltato mia figlia e anche Salma, che parla molto bene l’italiano, e che ci ha fatto una lista di parole utilizzate in Italia a questo scopo.

Non tutti questi termini sono però conosciuti dagli stranieri, e tantomeno sono termini che vi possono insegnare all’università, dove l’insegnamento è più concentrato sulla grammatica.

Ebbene oggi  quindi vediamo di spiegare quali parole possiamo usare al posto di molti, molto, molte.

Parliamo di cose tangibili prima: vediamo che la prima parola che potremo usare per sostituire “molti” è “parecchi“.

Parecchi è praticamente la stessa cosa che molti, solamente è più informale, più familiare, ma utilizzata lo stesso numero di volte in Italia, più o meno, rispetto alla parola molti.

E dire che ci sono dizionari online che, pensate un po’, non contengono la parola “parecchi”. Ho provato a cercare su un dizionario italiano online autorevole, molto famoso, importante e la risposta è stata: “Spiacenti, la ricerca non ha prodotto nessun risultato”.

Incredibile! Eppure la potreste sentite, ascoltare almeno 10 volte al giorno se vivete in Italia. “Parecchi” è dunque la stessa cosa, ma rispetto a molti è utilizzata solamente all’orale. Potreste trovare su internet documenti contenenti la parola parecchi, ma prevalentemente si tratta di chat, dialoghi, libri con conversazioni, e articoli giornalistici. Anche i libri possono contenere la parola parecchi, ma è sicuramente più raro rispetto a molti.

E’ più facile che troviate “parecchio” o “parecchia” al singolare, piuttosto che “parecchi” al plurale, ma mentre parecchio si riferisce a cose intangibili, parecchi si usa con le quantità, con gli oggetti.

Ad esempio posso dire:

  • mi sento parecchio malato – La malattia è intangibile-
  • ho parecchia pazienza con te – anche la pazienza non si conta –
  • ho parecchi oggetti sulla mia scrivania – anche gli oggetti si contano
  • la mia azienda ha parecchi clienti – i clienti si contano

Quindi il plurale si usa con gli oggetti e il singolare con ciò che non è tangibile. Ma perché usare parecchi? E perché usare parecchio? Se vi siete posti questa domanda avete fatto bene, e la risposta è che, semplicemente, è più informale rispetto a molti, e come detto è usato prevalentemente nella forma orale. Semplicemente questo. Nient’altro.

Bene, andiamo avanti dunque. Come avete ascoltato da Salma, ci sono molti, anzi, parecchi modi di dire MOLTI.

Vediamo l’espressione un bel po’. La conosci ELE? Fammi un esempi.

Ho un bel po’ di compiti da fare!

Salma non l’ha detta, perché ha fatto solamente degli esempi.

Comunque un bel po’ deriva da un po’. Un po’ significa “un poco”, cioè sembrerebbe esattamente il contrario di “molti”. Po’, con l’apostrofo, significa poco, e un po’, con “un” davanti, significa “un poco”, cioè “non molti”, “non un numero elevato”, ma un po’. Attenti, perché un po’  significa  non molti, ma significa anche “non pochi”. Non è facile da spiegare in realtà, perché dipende dalla frase e dal contesto, dal modo di usare questa breve espressione.

Se ad esempio chiedo ad una donna di 50 anni: Quanti anni hai? lei potrebbe rispondere: un po’!

Quindi quando si dice un po’ può darsi che non si vuole essere precisi, non si vuole dare un numero esatto, anche se lo si conosce. In questo caso però significa “non pochi”, non pochi anni.

Ma invece potrebbe darsi che non si conosca il numero esatto. Se chiedo ad esempio ad un lavoratore: Quante ore hai lavorato questo mese?

Se lui risponde:

Ho lavorato un po’ di ore in più rispetto al mese scorso

Un po’ di ore in più significa qualche ora in più, un numero imprecisato di ore in più, non so esattamente quante ore in più, ma qualche ora in più rispetto al mese scorso. Quindi in questo caso potrebbe essere 2 ore, 5 ore, 10 ore, non si sa, ma non è un numero elevatissimo di ore, quindi non significa molti, come nell’esempio di prima, il caso degli anni della signora.

Ma l’espressione era un bel po’.

Qui cambia tutto. Un po’, come abbiamo detto, è ambiguo, potrebbe essere “non molti”, oppure potrebbe essere “non pochi” come abbiamo appena visto, ma “un bel po’” è diverso. In questo caso significa molti, moltissimi.

Un bel po’ è abbastanza informale, usato all’orale, nei dialoghi, nelle conversazioni tra amici, colleghi, ma difficilmente lo troverete per iscritto e in dialoghi formali. Usatelo quindi tranquillamente su facebook, se parlate con italiani, con amici eccetera, ma evitate di scriverlo comunque. Questo è il mio consiglio su un bel po’.

Dunque, come un po’ ed un bel po’, anche “un sacco” è molto usata come espressione.

La conosci Ele?”

Ele: Sì

Puoi farmi un esempio?

Ele: mia cugina ha un sacco di bambole.

Quindi la cugina di Ele ha un sacco di bambole…

Un sacco” è usata soprattutto tra i giovani, ma non solo. E’ ancora più informale…

Ele: …

Cosa? Dimmi Ele.

Ele: Sacco in realtà ha due significati.

Perché?

Ele: perché c’è anche il sacco…

Ah, il sacco del contenitore…

Ele: sì!

Ah Ok. Dicevo che  è ancora più informale e familiare di un po’ e di un bel po’.

Potete sentir dire ad esemèpio:

  • questo posto è un sacco bello;
  • la tua nuova automobile mi piace un sacco;
  • la mia fidanzata è un sacco carina;

Quindi “un sacco” si usa nel linguaggio di tutti i giorni, prevalentemente tra i più giovani, gli adolescenti e i ragazzi in generale.

Ma come diceva Ele, il sacco è in realtà un oggetto, si tratta di un contenitore, un grande contenitore, usato per il grano. Giusto Ele?

Ele: sì.

Che ci possiamo mettere nel sacco?

Ele: il grano!

Poi?

Ele:…varie cose insomma.. soprattutto il cibo.

Tipo la farina…

Ele: eh, la farina…poi…

Quindi il sacco è un grande contenitore.

Ele: sì, fatto di stoffa!

Di stoffa, giusto! Ed è per questo motivo, perché è grande, che si usa la frase “un sacco”?

Ele: sì!

Per indicare una grande…

Ele: quantità?

Brava!

Inizialmente si usava solamente per le quantità, come per dire che “ho molte cose”, “ce ne ho un sacco, di cose”, “ho un sacco di cose” vale a dire che “potrei riempire un sacco”, “le mie cose potrebbero riempire un sacco, talmente ne ho”.

Ad esempio:

A casa ho un sacco di libri

il che non significa che a casa ho un sacco pieno di libri, ma semplicemente che a casa ho molti libri. Giusto Ele?

Ele: sì!

Poi si è utilizzato anche per le cose non tangibili, quindi ad esempio: “ho un sacco di pazienza”, “ci vuole un sacco di tempo per imparare l’arabo”, ad esempio.

Bene, abbiamo quindi visto tre espressioni informali, colloquiali, diciamo familiari, per indicare molti, o molto, o molta sia per gli oggetti, sia per le cose non materiali, come le emozioni, o sensazioni eccetera.

Se vogliamo esagerare, ed andare ancora di più sull’informale, si usa anche “una cifra“.

Tu la conosci Ele?

Ele: sì!

Fammi un esempio!

Ele: tipo… ho una cifra di oggetti in camera mia!

Anche questa è usata molto dai giovani, non solo da Ele: ho una cifra di compiti da fare oggi, sono una cifra di giorni che non ci vediamo, mi piaci una cifra (potete dirlo alla vostra fidanzata o fidanzato); ho una cifra sonno, quindi: ho fame una cifra, ho sete una cifra, eccetera.

La parola “Cifra“, da sola, indica un numero. Le cifre sono i numeri da 0 a 9. 1,2,3,4,5,6,7,8,9, quindi ciascuno dei segni con cui si rappresentano i numeri dallo 0 al 9 secondo il sistema di numerazione introdotto dagli Arabi. Questo  si chiama cifra. E posso dire anche che il numero 95 è composto da 2 cifre, il 9 è la prima cifra e il 5 è la seconda cifra. Ma la parola cifra si usa anche per indicare un singolo numero.

Ad esempio posso chiederti: quanto devo pagarti? dammi la cifra! O anche dimmi la cifra! Cioè dimmi la cifra, cioè dimmi il numero esatto, dimmi quanti soldi devo darti; quindi in questo caso la parola cifra indica semplicemente un numero, una quantità di qualcosa, soldi in questo caso.

Si usa anche dire “una bella cifra” se vogliamo dire un numero elevato. Ad esempio se io ti domando:

Quanti giorni sono passati dall’ultima volta che ci siamo visti? Se tu mi dici ad esempio: 200 giorni, io posso risponderti: “una bella cifra” sono 200n giorni!

Cifra è quindi una parola normalissima, usata in matematica e nel commercio per indicare le quantità. Non è affatto familiare quindi se usata in questo modo. Ma se dico “una cifra“: una cifra di qualcosa, come ho detto prima, in questo caso è molto informale, quindi fa parte del gergo, del dialetto giovanile.

Una bella cifra” invece è usata normalmente, è anch’essa informale e colloquiale, ma si usa molto più spesso anche in ambito lavorativo.

Un sacco e una cifra sono praticamente due espressioni del tutto equivalenti, usate dunque anche negli stessi contesti, nelle stesse frasi e dallo stesso tipo di persone, cioè i giovanissimi.

Se ci concentriamo sulle quantità, sugli oggetti, e sulle cose che si possono contare in generale ci sono delle semplici espressioni che possiamo usare al posto di “molti“, o “moltissimi” sia informali che formali:

  • un gran numero (nota: “grand” se la parola successiva inizia per vocale es: grand’uomo)
  • una quantità rilevante
  • una quantità ragguardevole – formale
  • una quantità considerevole – formale
  • una ingente quantità – formale
  • una grande o una enorme quantità
  • un numero di notevole entità di oggetti
  • una quantità cospicua di oggetti
  • una quantità non indifferente

Un grand numero” equivale a “un grande numero” (G-R-A-N-D) ad esempio:

Quest’anno ho acquistato su Amazon un grand numero di oggetti.

Ma posso ugualmente dire una grande quantità di oggetti, oppure una quantità rilevante di oggetti – rilevante significa che rileva, cioè di notevole entità, una quantità cospicua, una quantità ingente, cioè grande, considerevole, ragguardevole.

Considerevole vuol dire che si deve considerare, cioè una quantità che non può essere ignorata, perché è alta, è un numero elevato, non possiamo non accorgercene e far finta di nulla,  dobbiamo quindi Considerarla, dobbiamo tenerne conto. Ecco perché si dice considerevole. Si deve considerare.

Usando lo stesso ragionamento possiamo anche dire “una quantità non indifferente“.

Infatti se tale quantità è molto elevata, va considerata, quindi non possiamo rimanere indifferenti, perché se si rimane indifferenti vuol dire che il numero non è molto elevato. Qui di si dice che la quantità non è indifferente.

Ad esempio:

da quando è nato il sito italianosemplicemente.com sono stati realizzati un numero non indifferente di episodi,

Cioè molti episodi, circa 100 episodi, 100 podcast più o meno, che potete ascoltare. Che ne dite,  è secondi voi una quantità indifferente o è una quantità non indifferente di episodi. Io direi che sono molti episodi, quindi si tratta di una quantità non indifferente di episodi.

Mi sarebbe piaciuto farne di più, farne a iosa, ma ritengo che anche così siano un bel po’ di episodi.

Comunque la frase “non indifferente” in realtà significa solamente che è rilevante, che è considerevole, quindi proprio come rilevante e considerevole si usa non solo per gli oggetti e per le cose che possiamo contare, ma per qualsiasi altra cosa, anche le emozioni e le cose non tangibili che non ti contano e non si toccano. Posso dire che, ad esempio:

Mi sono impegnato molto, in modo non indifferente, per imparare il francese e l’inglese e mi sto impegnando in modo considerevole anche per imparare il tedesco.

Con tutti questi modi che ci sono per dire la parola molto e molti, potreste essere un po’ confusi e chiedervi: quale usare? posso usare sempre la parola molti?

Sì, lo potete fare, ma se poi vi capita di ascoltare un italiano che parla, sappiate che non esiste solamente “molti”. Non è insolito, non è raro l’utilizzo di “ragguardevole”, “cospicuo”, “considerevole”, “ingente” eccetera  ed ognuna di queste parole ha utilizzi particolari.

Ad esempio la parola “ingente” è molto usata quando si parla di danni, di danni procurati da un terremoto ad esempio:

Il terremoto ha provocato danni ingenti alle abitazioni

Cioè il terremoto ha provocato molti danni, dei danni considerevoli, dei danni ragguardevoli, ma si usa più la parola ingenti con i danni, perché una quantità ingente significa il massimo di quanto è consentito o di quanto è tollerabile. Quindi il terremoto ha provocato dei danni alle abitazioni, e questi danni sono stati ingenti, cioè non sono tollerabili, sopportabili.

Non si dà quindi solamente l’informazione di molti danni, ma si dice anche che sono dei danni oltre una certa misura, oltre la misura del tollerabile.

Lo stesso vale per la parola “sforzi”,  non solo per i danni.  Uno sforzo rappresenta una fatica, un gesto, una azione che si fa per raggiungere un certo risultato, e che può essere faticoso. Ebbene, quando si parla di sforzi,  ma di sforzi non fisici, cioè di azioni che non si fanno con il corpo, cioè usando i muscoli, i muscoli del proprio corpo ma usando altri strumenti si usa la parola ingenti.

Ad esempio se parlo di azioni politiche ad esempio o di azioni economiche, finanziarie, si dice spesso “sforzi ingenti“.

Ad esempio:

Questo paese, l’Italia ha compiuto sforzi ingenti per far parte dell’Europa.

Quindi l’Italia ha fatto molti sforzi, ha fatto sforzi ingenti, considerevoli, ragguardevoli, per entrare in Europa; è costato molto all’Italia entrare in Europa, quindi ha fatto sforzi ingenti.

Oppure posso dire:

Gli sforzi ingenti della classe dirigente del nostro territorio.

Oppure:

Sono stati compiuti sforzi ingenti per riuscire ad unificare l’Italia (cioè a rendere unita l’Italia). 

Quindi capite che la parola ingenti non fa parte del linguaggio quotidiano, ma più di quello giornalistico, di quello economico e finanziario,  quindi al telegiornale si sente spesso. Si usa spesso quando si ascoltano le notizie su ciò che accade nel mondo.

Allo stesso modo la parola “cospicuo” si usa maggiormente col denaro e con i soldi in generale: ad esempio:

Acquistare la mia nuova casa mi è costata una quantità cospicua di denaro (o una cospicua quantità di denaro)

Oppure si usa anche con la parola patrimonio, che indica la ricchezza posseduta da una persona o una società, ad esempio: quindi posso ad esempio dire che:

Io ho un cospicuo patrimonio immobiliare (cioè ho molte case))

Cioè ho un patrimonio immobiliare molto grande, cospicuo, che vale molto, molti soldi. Quindi cospicuo significa molto grande, non solo molto.

Quindi è vero che in generale potete sempre usare la parola molto, molti o moltissimi, ma a seconda di cosa parlate a volte conviene utilizzare altre parole.

Non sono finite qui le parole o le espressioni comunque, che potete usare. Vale la pena di citare alcuni termini particolari che si usano ugualmente con le cose che si possono contare.

Ad esempio il termine “multicolore” si usa con i colori: una maglia multicolore o un pantalone multicolore è un oggetto che ha molti colori.

Tu ce l’hai Ele una magia multicolore?

Ele: sì!

Ce l’hai?

Ele: sì sì.

Pantalone?

Ele: no!

Nessun pantalone multicolore! Va bene!

Ele: cioè di pochi colori!

Pochi colori, però è sempre multi!

Ele: sì!

Ok!

Ele: però tipo… due, tre!

Due tre colori.

Ele: ah no, è vero! Emmm… ma secondo te quel pantalone che ho arancione, blu e rosa, quello…

Eh sì, quello è multicolore: un pantalone arancione, blu e rosa è multicolore!

Analogamente con le forme si usa “multiforme“.

Ele: che ha molte forme!

Se un oggetto ha o può avere molte forme diverse, posso dire che nella mia vita ho visto dei oggetti di diverse forme, dalle diverse forme, quindi ho visto oggetti multiforme. Ma anche il mondo, posso dire, ha un aspetto multiforme, perché c’è il bene e c’è il male, c’è la guerra e c’è la pace eccetera.

In generale, se non voglio specificare che si tratta di colori o forme, ad esempio, posso semplicemente usare la parola “molteplice“, o “molteplici“.

L’oggetto ha colori molteplici; il mondo ha aspetti molteplici. Il tuo carattere ha aspetti molteplici, l’arcobaleno ha molteplici colori.

Passiamo ora alla parola ASSAI. La conosci Ele?

Ele: sì!

Che vuol dire?

Ele: che hai una grande quantità di qualcosa!

Brava! hai una grande quantità di qualcosa! Sempre “molti” significa quindi!

Ele: sì!

Non so se la conoscete – se l’avete mai ascoltata –  la canzone del cantante Lucio Dalla dal titolo Te voglio bene assai, che significa “ti voglio molto bene”. Quindi anche “assai” significa “molto”.

In questo caso è utilizzato per un sentimento: l’amore, ma in realtà è usato anche per gli oggetti e le cose numerabili.

Posso quindi dire “ti voglio bene assai”, o “ti voglio assai bene”, oppure anche: “al market ho comprato assai mele”, oppure “ho soldi assai, ho assai soldi nel portafogli”, cioè “ho molti soldi!”

Assai è molto antico e molto utilizzata a livello poetico e letterario. Ho cercato un po’ su internet e mi sono accorto che Carducci, Alessandro Manzoni,  Petrarca ed anche Leopardi usavano “assai” molto spesso nei loro componimenti, potremmo dire che lo usavano assai.

Ma quando usare assai?

Vi faccio qualche esempio per capire bene:

Leopardi scriveva:

è già assai quello che ho fatto per voi…

Quindi: è già assai, cioè è già molto, è già tanto quello che ho fatto per voi. In questo caso quindi si usa assai per dire “non poco”, “a sufficienza”, “quanto basta”. Quindi è come se l’utilità di usare assai è quella di superare un livello, di dire che il livello raggiunto è sufficiente per poter giustificare qualcosa, per poter dire qualcosa: è già assai quello che ho fatto per voi.. cioè “quello che fatto per voi supera una certa quantità”.

Petrarca diceva:

Non pianger piùnon m’hai tu pianto assai?

Quindi anche Petrarca utilizza assai per dire “a sufficienza“: “non hai già pianto assai?” cioè non hai pianto quanto basta? A sufficienza? Quindi “assai” significa che può bastare così, hai già pianto a sufficienza. Basta piangere!

Potrei anche dire “in abbondanza“, che ha lo stesso significato ma è meno poetico, sicuramente

Si usa spesso dire: “ha piovuto in abbondanza oggi” ad esempio, oppure “hai mangiato in abbondanza”, che è lo stesso che dire “hai mangiato assai”, “hai mangiato molto”.

Per tornare alla parola assai, ci sono alcune espressioni in cui la parola assai rende molto meglio l’idea di molto e di altri sinonimi di “molto”, perché “assai” indica anche qualcosa di non più sopportabile, è come se ci fosse un limite, come dicevo, che è stato superato. Dicevo prima assai è “a sufficienza”, ed allora posso anche dire – si usa molto dire:

averne assai di qualcuno o di qualcosa, cioè esserne stufo, esserne sazio, non volerne più sapere.

Ad esempio, se dico “ho mangiato assai! ” voglio dire che voglio smettere di mangiare. Si dice anche “ne ho assai di mangiare! “, è la stessa cosa!

Analogamente  se dico “io ne ho assai di te! “, voglio dire che non ne voglio più sapere di te, ne ho assai, cioè non ti sopporto più, non ti voglio più vedere. Attenzione quindi ad usare la parola assai, potrebbe costarvi caro!

Quando si parla di quantità, e quindi di oggetti, spesso si dice anche “in quantità”,

in_quantita

Se ad esempio ti domando:

Quante fragole hai mangiato? Se la tua risposta è: “ne ho mangiate in quantità”, allora dicendo in questo modo non stai specificando quante fragole hai mangiato, ma stai dicendo che ne hai mangiate molte, ne hai mangiate in quantità.

“In quantità” non si usa solamente col verbo mangiare, ma con qualsiasi verbo. La cosa importante da ricordare è che non state specificando la quantità esatta; è come dire “ne ho mangiate una quantità notevole”, “ne ho mangiate una quantità rilevante”, in questo modo però è più informale, più familiare.

È quindi come dire “ne ho mangiate in abbondanza”. In abbondanza equivale a “in grande quantità”, o “in gran quantità”.

Ne avete mangiate ancora di più se dite “in quantità industriale”, e la parola “industriale” si riferisce alla produzione industriale, cioè ai prodotti che si producono per fini industriali. Quando si produce per fini industriali, cioè per vendere alla massa, si producono una grande quantità di oggetti, quindi dire “in quantità industriale” vuol dire una enorme quantità, una quantità grandissima.

in_quantita_industriale

Di conseguenza un’azienda multinazionale produce in quantità industriale e voi potete anche dire, in analogia, che ad esempio, quest’anno avete acquistato una quantità industriale di arance, o che ne avete acquistate in quantità industriale, anche qui senza specificare la esatta quantità. Dovete ricordare però che “quantità industriale” si usa prevalentemente per gli oggetti, e soprattutto nell’ambito del commercio. Non potete dire quindi “ti ho dato baci in quantità industriale”, o meglio potete dirlo ma in senso ironico.

Infine vediamo ancora due modalità formali di dire molto. La prima parola è “sensibilmente”.

sensibilmente

La parola sensibilmente significa per mezzo dei sensi, coi sensi, tramite i sensi, ma in realtà è quasi esclusivamente utilizzata per dire “notevolmente”, cioè “molto”.

Sensibilmente quindi ha lo stesso significato di molto. È solo un po’ più forbito, più adatto ad un linguaggio giornalistico. Spesso capita di sentir dire: “i prezzi sono sensibilmente aumentati”. Questo significa che i prezzi sono molto aumentati, significa in particolare che i nostri sensi lo hanno percepito, hanno percepito la variazione dei prezzi, ci siamo accorti del fatto che i prezzi sono aumentati, i nostri sensi lo hanno percepito, quindi i prezzi sono sensibilmente aumentati.

Posso anche dire che i prezzi sono apprezzabilmente aumentati, o che sono aumentati in modo apprezzabile, il che non vuol dire che abbiamo apprezzato questo, che ci fa piacere che siano aumentati, ma che sono molto aumentati, in modo apprezzabile, in modo tale da farci accorgere dell’aumento.

apprezzabilmente

Quindi sensibilmente ed apprezzabilmente hanno lo stesso significato quando si parla di aumenti o diminuzioni sensibili o apprezzabili.

Sensibilmente equivale anche a “in modo sensibile” ed a “in modo apprezzabile”.

Una modalità un po’ più tecnica, e quindi più utilizzata in articoli scientifici è la frase “in modo significativo”, o “significativamente”.

in_modo_significativo

In questo caso si fa riferimento alla significatività di una variazione, e quindi alla significatività di un aumento o di una diminuzione. Non voglio scendere troppo nei dettagli di questo termine, basti dire che un aumento è significativo quando ha un significato statistico, quando cioè questo aumento non è casuale, ma quando invece ci sono delle ragioni, quando questo aumento è stato causato da qualcosa in particolare.

Generalmente “l’aumento significativo” è utilizzato in questo modo, ma in realtà si usa spesso in modo generico, per date alla frase un tono professionale, per far sembrare che chi parla sia un professionista, uno che ha delle competenze che gli permettano di giudicare se un aumento è un aumento sensibile oppure no.

Quindi se dico: “le vendite della nostra azienda questo mese sono aumentate in modo significativo”, vogli dire che solitamente le vendite non sono così alte, questo mese invece sono alte, e questo aumento è da imputare a qualcosa in particolare. Ad esempio nel mese di dicembre le vendite di beni alimentari in Italia aumenta in modo significativo, e l’aumento significativo delle vendite di beni alimentari è dovuto al fatto che nel mese di dicembre ci sono le vacanze di Natale, e durante le vacanze natalizie si acquistano molti beni alimentari. Quindi è questo il motivo che determina l’aumento significativo delle vendite. Non si tratta di un aumento casuale.

Analogamente se vi dico che le visite del sito italianosemplicemente.com stanno aumentando in modo significativo, questo ha lo stesso significato, ed evidentemente voglio evidenziare che i visitatori apprezzano il lavoro fatto.

Ma il termine significativo e la frase “in modo significativo” posso usarli anche in senso opposto. Posso quindi avere una diminuzione significativa delle vendite e delle visite, o dire che le vendite sono diminuite in modo significativo.

Vediamo l’ultima espressione di oggi, e questa è “a iosa“, che poi è la prima espressione citata da Salma all’inizio del Podcast.

Non credo che gli stranieri conoscano “a iosa”, perché è veramente una espressione particolare.  Non è molto diversa da assai, diciamo la verità. Però mentre con assai si pone l’accento sul limite, quel limite che è stato superato, come dicevo prima, quando invece diciamo “a iosa” l’accento non è sul limite che è stato superato, ma è sulla quantità elevata, “a iosa” vuol dire  in gran quantità, in sovrabbondanza; è come dire “moltissimi“, “in gran quantità”. Quindi non è proprio necessario, in realtà, utilizzare “a iosa”. Però se ascoltate qualcuno che utilizza questa espressione almeno sarete in grado di capire.

Spesso si usa col denaro: “averne a iosa”, “spenderne a iosa”, “distribuirne a iosa”, “devolverne a iosa” e quando dico un verbo che termina con “ne” (averne, spenderne, distribuirne, devolverne)  in questo caso mi sto riferendo al denaro, è scontato che sto parlando del denaro, che è il soggetto della frase. Posso farvi altri esempi se volete:

Se parlo di soldi posso dire: “Vorrei avere soldi a iosa”, cioè vorrei avere molti soldi, di soldi vorrei averne a iosa, ma posso anche parlare di altre cose. Ad esempio se voglio fare il pane, se voglio cuocere il pane e non conosco la ricetta, se non so come fare, posso dirvi che su internet “di ricette per fare il pane se ne trovano a iosa” cioè molte, ci sono molte ricette su internet per fare il paneoppure parlando di fan, cioè di seguaci su Facebook, Italiano Semplicemente ne ha già molti, ha già molti fan, ma vorrei averne molti di più, vorrei averne a iosa.

Bene, ora invece voglio spiegarvi la parola “aivoglia“, la conosci Ele?

Ele: sì!

Puoi anche dire Aivoglia!

La parola aivoglia si scrive tutta attaccata. Attenzione si scrive senza la lettera h. Non è “hai voglia”, senza h e si tratta di un’unica parola “aivoglia”.

Che significa aivoglia Ele?

Ele: aivoglia vuol dire… cioè ha lo stesso significato di assai! Insomma vuol dire che ne hai in grande quantità!

Ok!

La parola aivoglia si usa solo in un caso. Quando si usa?

Ele: quando….

Chi è, quello che fa la domanda o quello che risponde che dice aivoglia?

Ele: quello che risponde!

Quello che risponde, quindi si usa nelle risposte. Si tratta di una risposta secca, di una risposta di una parola. Questa è la risposta, ok, ma qual è la domanda?

Se io vi chiedo se ti piace Italiano Semplicemente, tutti voi potreste dire: aivoglia!

Cioè vuol dire: certo, mi piace molto. Aivoglia!

Anche con gli oggetti posso usare aivoglia.

Sei maggiorenne? Hai superato la maggiore età? Se questa è la domanda e avete 50 anni o anche di più potete rispondere così: aivoglia!! Cioè Sì, certo che sono maggiorenne, sono molti anni che sono maggiorenne. Aivoglia!

Quindi aivoglia significa sì, certo, ma è un “sì” riferito quasi sempre alle quantità, è un sì forte, è come dire, certo, altroché. Aivoglia è equivalente di altroché, ma aivoglia è più usato con le quantità: è come dire che quel famoso limite di cui parlavamo prima è stato superato di molto, non di poco.

Posso comunque usare aivoglia anche senza le quantità.

Se io ti domando: hai fame Ele?

Ele: aivoglia!

Oppure puoi rispondere: altroché!

Ele: oppure anche assai, molto!

Oppure puoi rispondere: aivoglia! Certo che ho fame, ho molta fame. Aivoglia è più breve.

Aivoglia ed altroché sono due esclamazioni quasi identiche, quasi dallo stesso significato, che si usano per dare delle risposte secche, di una sola parola: altroché! Aivoglia! Col punto esclamativo.

E non posso usare un tono basso della voce…. non posso dire aivoglia o altroché parlando normalmente: devo alzare un po’ la voce, devo evidenziare con la voce che è stato superato il limite, è stato di molto superato il limite. Da un sacco di tempo che ho fame, è ora di cena!

Bene ragazzi termina qui questa lunghissima lezione, molto lunga  spero non vi siate annoiati ed in questo  caso vi risparmio la ripetizione, per oggi non la facciamo.

Un grazie a Salma e ad Ele, che mi hanno aiutato con la loro voce.  Un saluto a tutti e continuate a seguire italianosemplicemente.com.

Hai qualcosa da dire Ele?

Ele: ciao!!! Ci vediamo alla prossima lezione!

Ci vediamo alla prossima lezione e vi lascio ascoltare la sigla finale che mi piace assai.

 Ps: grazie mille per le vostre donazioni

 

Italiano Professionale – Lezione n. 9: problemi e fallimenti

Descrizione della lezione

Parliamo delle espressioni idiomatiche sui problemi: come cercarli, evitarli, risolverli e gestirli. Quindici espressioni tipiche italiane: informali, formali e giornalistiche.

Lunghezza: 17 pagine

Durata prima parte: 21 minuti e 4 secondi

Durata seconda parte: 18 minuti e 28 secondi

Per scaricare la lezione occorre essere membri dell’Associazione Italiano Semplicemente

Lezioni collegate: problemi sul lavoro 

italiano dante_spunta Parliamo delle espressioni idiomatiche sui problemi: cercarli, evitarli, risolverli e gestirli.
spagna_bandiera Vamos a hablar de las expresiones idiomáticas acerca de los problemas: buscarlos, evitarlos, resolverlos y administrarlos.
france-flag Abordons les expressions idiomatiques relatives aux problèmes: comment les chercher, les éviter, les résoudre et les gérer.
flag_en We’ll talk about idiomatic expressions of problems: search it, avoid it, solve it and manage it.
bandiera_animata_egitto نحن نتكلم من التعابير على المشاكل: تجنبها، حلها وإدارتها
russia Мы говорим о идиомы по проблемам: избегать их, решать их и управлять ими.
bandiera_germania Wir sprechen von Idiomen zu den Problemen: vermeiden sie, lösen sie und verwalten.
bandiera_grecia Θα μιλήσουμε για ιδιωματικές εκφράσεις πάνω σε προβλήματα: αποφυγή, επίλυση και διαχείρισή τους.

Prenota il corso: https://www.facebook.com/events/1163915776956739/

Trascrizione

  1. Introduzione

Ciao io sono Giovanni.

Ramona: Ed io sono Ramona, benvenuti nella nona lezione di Italiano Professionale: lezione numero nove.

Nella lezione di oggi io e Ramona, ragazza libanese laureata in italianistica all’università di Beirut, oltre che membro della redazione di Italiano Semplicemente – spero che anche questo giovi al tuo curriculum Ramona! – vi illustreremo alcune espressioni italiane che hanno a che fare con i problemi: problemi, fallimenti, errori; e vedremo le emozioni collegate ai problemi e come le espressioni italiane siano in questo caso molto colorite. Poi nella seconda parte della lezione vediamo le espressioni che si usano quando non c’è più nulla da fare, quando cioè un problema non ha nessuna soluzione, cioè quando non si può più risolvere.

Ramona: anche qui la lingua italiana è molto varia in questo campo Giovanni.

Forse perché di problemi ne abbiamo parecchi in Italia. Comunque state tranquilli perché inizieremo dalle frasi più facili e come sempre spiegheremo tutto dettagliatamente.

Ramona: poi faremo anche il solito esercizio di pronuncia alla fine, non ce lo dimentichiamo.

Sì, infatti, ma prima dell’esercizio dobbiamo parlare anche dei rischi legati alla pronuncia ed all’utilizzo delle frasi. Anche questa è una cosa che facciamo sempre nelle lezioni di italiano professionale, perché nel lavoro fare brutte figure non è una cosa buona Ramona, e chi non si sente sicuro a parlare italiano, è bene che sappia non solo pronunciare bene una frase, ma anche sapere cosa succede se sbaglia la pronuncia. Molte volte può essere molto pericoloso. Vediamo dopo il perché.

Iniziamo allora a parlare di problemi Ramona. Sei d’accordo vero?

Ramona: sì, iniziamo, e dobbiamo dire che questa lezione è strettamente collegata alla precedente lezione, in cui si è parlato di risultati.

Hai ragione Ramona, se c’è un problema, il risultato sicuramente non arriva. Per ottenere un risultato occorre risolvere questo problema. Oggi quindi parliamo dei problemi ma parliamo anche di risultati che non arrivano. Che ne dici Ramona?

  1. Le espressioni sui problemi

Ramona: certo Gianni, non voglio sicuramente metterti i bastoni tra le ruote!

Mettere i bastoni tra le ruote è proprio la prima espressione di oggi.

Creare problemi. È questo il semplicissimo significato di questa espressione.

Sapete tutti che se mettete dei bastoni tra le ruote, e precisamente tra le ruote di una bicicletta, rischiate seriamente di cadere.

Ramona: sicuramente create un bel problema al ciclista!

Infatti, il ciclista non gradirebbe sicuramente. Questa frase è semplice e universale: potete sempre utilizzarla, in ogni circostanza; tutti vi capiranno e vi capiterà molte volte di ascoltarla proprio perché è diffusissima.

Se mettete i bastoni tra le ruote di qualcuno gli state quindi creando un problema, quindi è un’espressione che si usa quando è stato ben identificato il problema e soprattutto quando è chiaro il responsabile, la persona che ha creato il problema, cioè che ha “messo” i bastoni tra le ruote.

Quindi “mettere i bastoni tra le ruote” serve ad identificare il colpevole, l’artefice del problema: colui che ha messo i bastoni tra le ruote è la persona che ha creato il problema. Invece sulla persona penalizzata dal problema, la persona che ha subito il danno, e che quindi non potrà ottenere dei risultati, o avrà dei problemi ad ottenere dei risultati, cosa possiamo dire di questa persona? Ebbene, quando arriva, o capita un problema, e questo capita all’improvviso, senza preavviso, se il problema è abbastanza grave, si può dire che questo problema è “arrivato tra capo e collo”.

– spezzone musicale tratto dalla canzone ”mentre nevica” della rock band “Caminada”, contenente l’espressione “tra capo e collo”

Non importa chi sia stato a causare il problema, non importa chi sia il colpevole. Se è un grave problema, difficile da risolvere si dice che a questa persona sia arrivato un problema tra capo e collo. Il capo è la testa, la testa della persona; il collo invece sta immediatamente sotto la testa; il collo sostiene la testa.

Ramona: perché si dice così?

La frase ha a che fare con il dolore fisico. Immaginate di ricevere una botta, una bastonata ad esempio, o comunque un colpo, e di ricevere questo colpo tra la testa ed il collo, cioè esattamente dietro la testa e sotto la testa, cioè alla base della testa.

Evidentemente questo colpo è doloroso e quindi la persona che lo riceve potrebbe anche morire, e dà l’idea di una morte improvvisa, immediata, ed anche inattesa. Se qualcuno arriva da dietro e ci dà un colpo tra capo (cioè la testa) e collo noi non lo vediamo e quindi riceviamo una sorpresa.

Quindi quando si ha un grande problema inatteso, che ci prende alla sprovvista, di sorpresa, si dice che questo problema ci è arrivato tra capo e collo. Si può usare anche il verbo capitare: capitare tra capo e collo. Infatti se qualcosa “capita” dà più l’idea della sorpresa rispetto al verbo arrivare, rispetto ad “arriva”.

Ramona: Ok quindi finora abbiamo parlato di problemi ed i problemi impediscono di raggiungere dei risultati; ma poi non ci sono solamente i problemi. Non è solo per via dei problemi che non si raggiungono risultati. Infatti credo che un’altra cosa che impedisca di raggiungere risultati siano gli errori.

Gli errori. Hmmmm.. io non faccio mai errori… ok ok, anche io ne faccio, ma errare è umano.

Ramona: sì, errare è umano, ma perseverare è diabolico!

Infatti: errare è umano, perseverare è diabolico. Questa è la prossima frase, molto utilizzata dagli italiani. Errare è umano, quindi sbagliare è umano (errare = sbagliare). Tutti sbagliano, tutti possono sbagliare, quindi tutti possono fare errori; errare è umano, è nella natura umana. Ma continuare a sbagliare non va bene, non si può sbagliare sempre: si dice che perseverare nell’errore, cioè continuare a sbagliare, sia diabolico. Perseverare è diabolico significa che non è umano, ma è sovrannaturale, è come se ci fosse il diavolo, una creatura maligna. Se nell’errore, nello sbaglio c’è il diavolo, allora perseverare nell’errore è diabolico.

In altre parole, sbagliare è comprensibile, può capitare, ma se si continua a sbagliare, se si persevera nell’errore, questo è contrario alla natura umana, perché non ci si può non accorgere che si sta continuando a sbagliare.

Bene, perseverare è diabolico dunque, e cosa possiamo dire di quelle persone che creano spesso dei problemi e li creano a se stessi?

Vediamo un’espressione che si utilizza proprio per descrivere queste persone. Ramona ci sono persone particolarmente adatte a trovare dei problemi.

Ramona: Sì Gianni, questa è una dote particolare. Ci son persone che si vanno a cercare i problemi col lanternino.

Questa, cara Ramona, è una caratteristica di molti italiani.

Ci sono persone che non sono molto attente, neanche nel lavoro, e creano sempre problemi. Se non ci sono situazioni difficili, se le vanno a cercare. Si dice così. Chi “se le cerca”, o “chi se le va a cercare” è una persona che cerca i problemi. La parola “problemi”, anche se non compare nella frase, è scontata: “andarsele a cercare” si riferisce ai problemi: andare a cercare i problemi; andare a cercare i problemi per se stessi, infatti si dice “andarsele a cercare”. In particolare si dice: “cercare col lanternino”; “andarsele a cercare col lanternino”.

Il lanternino è una lanterna, cioè una luce, una luce però molto debole, che si usava qualche anno fa. Evidentemente era difficile cercare qualcosa col lanternino. Eppure c’è qualcuno che riesce a trovare dei problemi anche col lanternino.

Questa ovviamente è una frase ironica quindi, e si usa quando c’è qualcuno che persevera nell’errore e questi producono degli effetti negativi su chi compie gli stessi errori.

Ramona: Bene Gianni, adesso vediamo di andare avanti con le frasi idiomatiche, oggi stiamo battendo la fiacca!

Ramona ha appena utilizzato un’altra delle espressioni legate ai risultati. “Battere la fiacca”. Prima si parlava di errori. E si diceva che errare è umano. Battere la fiacca non è un vero e proprio errore. Battere la fiacca significa andare lentamente. Battere la fiacca significa anche “non ottenere molti risultati”, non essere molto produttivi. “La fiacca” è quel senso di debolezza, quel senso di “voglia di far niente” che a volte, nel lavoro può capitare.

– spezzone musicale tratto dalla canzone “capitano uncino” di Edoardo Bennato, contenente l’espressione “battere la fiacca” –

È una espressione di origine militare, ma ormai si usa spesso quando c’è qualcuno che ozia, cioè che lavora poco volentieri, che lavora controvoglia.

Può capitare che se stai al lavoro, e stai prendendo un caffè, un tuo collega ti incontri e ti dica:

“si batte la fiacca oggi?”

Molti italiani in effetti battono la fiacca quando sono al lavoro, altri invece lavorano molto bene. Battere la fiacca è molto colloquiale come espressione.

Quindi c’è chi sbaglia e continua a sbagliare, chi cioè persevera nell’errore, poi c’è chi lavora poco, cioè chi batte la fiacca. Questi sono due ostacoli al raggiungimento dei risultati.

Ramona: Ma non finisce qui. Infatti c’è anche chi non sa cosa fare. In questi casi abbiamo una frase ad hoc: “brancolare nel buio”

Brancolare nel buio. In effetti le persone che brancolano nel buio magari non sono persone che sbagliano, e non sono neanche persone che battono la fiacca. Però potrebbero essere persone che, non sanno cosa fare. Perché non sono preparate, oppure perché il problema che è capitato è molto difficile.

La frase brancolare nel buio si usa soprattutto quando c’è un crimine, un omicidio ad esempio, o anche un furto, e chi deve indagare, cioè la Polizia, che deve fare le indagini, oppure i Carabinieri, non sanno chi è stato, non sanno chi ha commesso il furto o l’omicidio, non sanno chi ha commesso il reato e non hanno nessuna traccia, nessun indizio. Allora si dice che la polizia brancola nel buio.

Il buio infatti è l’assenza di luce. Di giorno c’è la luce e di notte c’è il buio. Se tenete gli occhi chiusi vedete tutto nero, state nel buio quindi, e se provate a camminare nel buio, state esattamente brancolando nel buio. Quando camminate e non c’è luce attorno a voi, è normale camminare con le mani in avanti, perché potreste sbattere contro qualcosa. Ecco, questo è “brancolare nel buio”, e la polizia quando non sa cosa fare, si dice che brancola nel buio.

Ma non si usa soltanto con i reati, con i crimini, si usa in effetti anche quando c’è qualcuno che deve prendere una decisione e non sa proprio cosa fare. Questa persona è come se camminasse al buio: sta brancolando nel buio, sta cercando l’orientamento, sta procedendo con incertezza, si muove alla ricerca di una soluzione. Insomma, sicuramente non sta ottenendo alcun risultato.

Chi brancola nel buio può provare a fare qualcosa, ma c’è il rischio di sbagliare, di fare dei grossi errori. C’è il rischio di fare un bel buco nell’acqua.

Fare un buco nell’acqua. Questa è un’altra espressione simpatica. Un buco nell’acqua. Come si fa a fare un buco nell’acqua?

Un buco si può fare nel legno, nel ferro, ma anche nell’acqua. Se lo fate nell’acqua cosa succede? Succede che l’acqua immediatamente ricopre il buco, e il buco sparisce. Se ne deduce che fare un buco nell’acqua vuol dire fare qualcosa di inutile. Fare un tentativo inutile, che non serve a nulla.

In ambito lavorativo si fanno spessissimo buchi nell’acqua. Se avete un’attività e volete attirare nuova clientela con un annuncio pubblicitario, se l’annuncio pubblicitario non funziona per niente, avete speso dei soldi inutilmente e potete dire di aver fatto un buco nell’acqua.

Qualsiasi tentativo può rivelarsi un buco nell’acqua. Come potete immaginare questa è un’espressione utilizzata in ogni lavoro, più o meno importante.

Dunque vediamo adesso cosa succede quando non sapete a chi dare la colpa quando un problema vi impedisce di raggiungere degli obiettivi, di raggiungere dei risultati.

C’è dunque un problema, e spesso non sappiamo chi sia il colpevole. Chi è il colpevole? Chi deve pagare per aver procurato il problema?

Solitamente quando c’è un grosso problema e non si conosce il colpevole, si cerca qualcuno a cui dare la colpa, si cerca cioè il “capro espiatorio”.

Ramona: questa non è un’espressione molto facile Gianni

Ne sono consapevole, ma è interessante conoscere l’origine di questa espressione.

Il capro espiatorio era un capro, cioè un animale, una capra, stavolta utilizzato al maschile (capro) che veniva utilizzato anticamente, molti anni fa, durante i riti con cui gli ebrei chiedevano il perdono dei propri peccati nel Tempio di Gerusalemme, ed il “capro”, questo animale, veniva mandato nel deserto e fatto precipitare da una rupe, da un precipizio, insomma veniva ucciso. In questo modo tutti i peccati commessi, è come se sparissero, i peccati sono stati perdonati da Dio grazie al capro espiatorio. Il capro aiuta ad espiare i peccati, dove espiare significa riparare ad una colpa scontandone la pena. Il capro pagava per tutti e pagava con la sua vita.

Cosa c’entra col lavoro?

Beh, il capro espiatorio, in senso figurato, è un individuo, o anche un gruppo, un’organizzazione, scelto per addossargli una responsabilità o una colpa per la quale può anche essere innocente. Quando si trova un capro espiatorio vuol dire che si trova qualcuno a cui dare la colpa, anche se la colpa non è la sua.

– spezzone musicale tratto da “Gemitaiz – Non ti rivedo più” contenente le frase “capro espiatorio”

Cosa diciamo quando arriva qualche problema nel lavoro?

Ramona: beh, se non è un grande problema possiamo dire che qualcosa va storto, altrimenti, in caso contrario, va tutto liscio.

Va liscio oppure va storto. Proprio così. Nel primo caso, se tutto va liscio, vuol dire che non c’è nessun problema. Si usa il verbo andare. Tutto va liscio, tutto è andato liscio, tutto andrà liscio, dipende dal contesto, se parliamo al presente, passato o futuro. Si dice che va “liscio” – una cosa è “liscia”, come ad esempio un pavimento, o una qualsiasi superficie, è “liscia” quando è piatta, quando non ci sono imperfezioni, increspature. Una superficie liscia è una superficie che se viene toccata non si sentono imperfezioni, non si sentono bozzi, buchi, o cose che pungono eccetera.

In senso figurato invece vuol dire senza difficoltà, senza problemi.

Si usa spesso con gli esami, con le prove in generale:

Come è andato l’esame di matematica?

Ramona: Molto bene grazie, è andato tutto liscio, tutto liscio come l’olio!

Brava, si dice infatti anche così: tutto liscio come l’olio, cioè senza nessuna difficoltà.

Se invece l’esame è andato male posso dire che è andato tutto storto!

Attenzione perché si usa dire “è andato tutto storto”, oppure “qualcosa è andato storto”. Raramente si usa dire “è andato storto”. È più facile che ascoltiate “è andata male”, o “è andato male”.

In senso ironico si può utilizzare un’espressione molto comune. Come va Ramona?

Ramona: tutto a posto e niente in ordine.

Tutto a posto, cioè tutto ok, equivale a “tutto liscio”, cioè “non ci sono problemi”: “Tutto è a posto”, e “niente è in ordine”. Due frasi dal significato opposto quindi, infatti tutto a posto è il contrario di “niente è in ordine”. È chiaro quindi che la frase si usa per scherzare. Evidentemente ci sono dei piccoli problemi e questi piccoli problemi causano dei malumori, quindi non possiamo dire che tutto è ok, che tutto è a posto, ma in fondo di problemi gravi non ce ne sono. Finisce qui la prima parte della nona lezione di Italiano Professionale. Nella seconda parte vedremo più da vicino le espressioni che si utilizzano quando, tutto sembra perduto, quando non c’è più nulle da fare. A seguire nella seconda parte vedremo i rischi legati alla pronuncia di tutte le espressioni viste nella prima e seconda parte e alla fine l’esercizio di ripetizione.

Ramona: un saluto dal libano

Fine prima parte

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Episodio musicale. Traduzione e spiegazione personale del testo della canzone “Faded” di Alan Walker

Audio

Trascrizione

Buongiorno amici, allora oggi un episodio particolare, un episodio musicale. Infatti mi è stato chiesto di spiegare il significato di una canzone, il significato del testo  di una canzone molto famosa in questo periodo. Me l’ha chiesto Mohamed, via email. Un saluto a Mohamed, sperando che la spiegazione sia di suo e di vostro gradimento. Il titolo della canzone è FADED, del produttore norvegese Alan Walker, un dj norvegese di 18 anni, mentre la canzone è cantata da Iselin Solheim. Quindi oggi un episodio diverso dal solito, ma per gli amanti della music, per chi ama la musica e a chi piace imparare l’italiano della musica, questo può sicuramente essere un buon esercizio.

Ovviamente questo è un episodio dedicato a chi di voi ha un livello intermedio-avanzato della lingua. Oggi quindi cercherò di spiegarvi le parole di questa canzone e di darvi anche alcune informazioni di contorno, perché in qualche caso è necessario dire qualche parola in più, senza fermarsi al significato letterale. Nell’articolo troverete comunque pubblicata la traduzione di tutto il testo della canzone.

Allora, cominciamo dal titolo: FADED significa diverse cose in italiano. In questo caso la canzone dice I’m faded, che significa “sono svanito”, o “sono svanita”. Quindi chi parla dice di essere svanita, visto che la cantante è una donna. Cosa significa? Allora, “svanito” o “svanita” significa scomparsa, scomparsa lentamente. Quando si usa il verbo svanire, in italiano, ci si riferisce a qualcosa che scompare lentamente e definitivamente, qualcosa che prima esisteva, si vedeva, e poi lentamente scompare, sparisce, perde di sostanza.

Posso ad esempio dire “il rumore svanì lentamente”, cioè il rumore diminuì gradualmente, ha perso gradualmente di intensità, si è disperso a poco a poco.

Se è una persona a svanire, come in questo caso, allora in generale significa: non farsi più vedere in giro, sparire dalla circolazione.

Di conseguenza quando si dice nella canzone “You fade away” significa semplicemente tu svanisci, cioè “tu stai svanendo”, stai scomparendo lentamente, scompari nel nulla, ti dissolvi, ti stai dissolvendo. Si può anche usare il verbo “sfumare“. You fade away quindi è: tu svanisci, tu stai sfumando, stai svanendo, stai scomparendo, ti stai dissolvendo.

Ho cercato di entrare nella canzone per cercare di capire il messaggio. Spero di non dire cose sbagliate, ma a me è sembrato un brano tra realtà e fantasia, dove c’è una relazione tra due persone, una relazione che è sembrata come un sogno, come frutto dell’immaginazione.

Quando dice “Were you only imaginary. Where are you now?” cioè: eri solo immaginario? dove sei ora? Eri solo frutto della mia immaginazione? Dove sei ora?

Quindi si apre un paragone con Atlantide, la leggendaria città scomparsa sotto le acque. è esistita veramente oppure no? “Was it all in my fantasy” cioè “eri solo nella mia fantasia?”

Un testo quindi che è molto triste, che parla di un amore perduto, così bello da sembrare solamente immaginario.

Un amore intenso e passionale: “You set my heart on fire” cioè “Mi fai ardere il cuore”, “fai andare il mio cuore in fiamme: “on fire”.

C’è anche l’immagine di un mostro “The monsters running wild inside of me“, un mostro che “corre selvaggio dentro di me”; un mostro quindi, cioè tutte le sensazioni negative, tutto il malessere, la tristezza, la disperazione, una disperazione che sembra inarrestabile, cioè sembra non fermarsi, nessuno la può fermare perché è un mostro selvaggio “wild”, dentro di me “inside of me”.

Sembra però che il confine tra rassegnazione e speranza non sia ancora stato oltrepassato: dove sei ora? (“where are you?”) sei svanito? Ci sono molte domande nel testo: ma in realtà è sempre la stessa domanda: Dove sei? Dove sei ora? Dove sei adesso? (Where are you now?) e ci sono allo stesso tempo molte esclamazioni, che sembrano in realtà delle domande pronunciate però con tono di rassegnazione: stai scomparendo “You fade away“, eri solamente immaginario? “Were you only imaginary“. Anche quando dice “Another dream” cioè “un altro sogno” è una domanda oppure una certezza? realtà e immaginazione, dubbi e certezze. Di sicuro chi canta è perso, si sente perso “lost“, e si sente che lui stesso sta svanendo “I’m faded“, si sente così perso che sente che sta svanendo “so lost, I’m faded“: così persa che sta svanendo”.
Un messaggio quindi che può essere visto come negativo, come suggerisce il titolo della canzone, ma qualcuno potrebbe anche leggerci un messaggio positivo, infatti quando la canzone parla di queste acque basse mai incontrate prima “These shallow waters, never met“; acque basse, acque quindi in cui si riesce a toccare, perché sono basse, e poi aggiunge “what i needed“, cioè ciò di cui avevo bisogno. Quindi questo poter toccare con i piedi nelle acque basse è proprio ciò di cui avevo bisogno.
Una volta raggiunta la disperazione sembra quindi arrivare un messaggio positivo, e così poi la canzone continua dicendo “I’m letting go“, mi lascio andare, mi lascio andare in un tuffo più profondo “A deeper dive”, un tuffo in profondità, dove però riesco a resirare, perché “I’m breathing”, cioè respiro, “sto respirando” nell’eterno silenzio del mare “Eternal silence of the sea”, sto respirando e sono viva “Alive”.
Quindi questo passare dalla disperazione più profonda fino ad arrivare a capire che sono ancora vivo, è la cosa interessante di questa canzone, a mio modo di vedere. Sono molto curioso di sapere se la mia interpretazione del testo della canzone è o può essere condivisibile”.

immagine_faded

Una cosa è certa, è sicura: se avete modo di guardare il video, il video della canzone, il dubbio tra la disperazione e la speranza, tra il negativo e il positivo viene fugato alla fine del video. Il dubbio viene fugato perché si vede come il ragazzo tiene in mano l’immagine di una bella casetta, stampata su carta, una immagine che evidentemente rappresenta ciò che aveva sempre sognato, cioè che è stato inseguito da sempre, forse la sua relazione ideale, la sua donna dei sogni, così come lui la sognava. E durante tutto il video viene ricercata questa casa di cui lui aveva una stampa un po’ “andata” diciamo, un po’ malridotta, ma una bella casetta. Ebbene, In questa corsa infinita in solitudine in luoghi desolati, alla fine il ragazzo trova la casa dei sui sogni, ma non è esattamente come l’aveva desiderata. Infatti è molto diversa dalla sua immagine, quella che teneva in mano: Una casa senza alberi, abbandonata, di cui sembra esistere solamente la facciata. Una casa senza vita, di cui al massimo si può immaginare il passato. Una casa senza futuro.

Ed allora il foglio gli cade dalle mani, e anche chi aveva un briciolo di speranza, anche il più ottimisti, la persona più ottimista, capace di vedere qualcosa di positivo nel messaggio, credo rimanga deluso alla fine del video.

Per rimanere ottimisti quindi vi consiglio di non vedere il video ma ascoltare solamente la canzone. Nella speranza di aver aiutato qualcuno che era alla ricerca della traduzione in italiano del testo di questa bella canzone, come Mohamed, e nella speranza di aver bene interpretato la canzone, non essendo un critico musicale, mando un saluto a tutti ed un ringraziamento a chi continua a seguire italianosemplicemente.com. E mi raccomando: Restate ottimisti.

 Traduzione di “FADED”, di Alan Walker

 INGLESE

You were the shadow to my light
Did you feel us
Another Start
You fade away
Afraid our aim is out of sight
Wanna see us alive. Where are you now
Where are you now?
Where are you now?
Was it all in my fantasy?
Where are  you now
Were you only imaginary? Where are you now? Atlantis
Under the sea
Where are you now
Another dream
The monsters running wild inside of me
I’m faded
So lost, I’m faded
I’m faded
So lost, I’m faded.
These shallow waters, never met
What i needed
I’m letting go – A deeper dive
Eternal silence of the sea
I’m breathing
Alive. Where are you now
Where are you now
Under the bright
but faded lights
You set my heart on fire
Where are you now?
Where are you now? Where are you now?
Under the sea
Where are you now?
Another dream
The monster running wild inside of me
I’m faded
I’m faded
So lost, I’m faded
I’m faded
So lost, I’m faded
ITALIANO

Eri l’ombra della mia luce
Ci hai sentito
Un altro inizio
Svanisci nel nulla
Temo che il nostro obiettivo sia stato perso di vista
Vogliamo sentirci in vita. Dove sei adesso?
Dove sei ora?
Dove sei adesso?
Era tutto nella mia fantasia  (?)
Dove sei ora?
Eri solo immaginario. Dove sei ora?
Atlantide
Sotto il mare
Dove sei ora?
Un altro sogno
Il mostro corre selvaggio dentro di me
Sto svanendo
Così perduta, sto svanendo
Sto svanendo
Così persa, sto svanendo.
Queste acque basse, mai incontrate
Quello di cui avevo bisogno
Mi lascio andare
Un tuffo più profondo
L’eterno silenzio del mare
Sto respirando
Vivo. Dove sei adesso?
Dove sei ora?
Sotto la luce
Ma luci affievolite
Mi fai ardere il cuore
Dove sei adesso?
Dove sei ora? Dove sei adesso?
Atlantide sott’acqua
Sotto il mare
Dove sei ora?
Un altro sogno
Il mostro corre selvaggio dentro di me
Sto svanendo
Così persa, sto svanendo
Sto svanendo
Così persa, sto svanendo

 Ps: grazie per le vostre donazioni