23 – I verbi professionali: QUERELARE

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I guai: vocabolario, verbi ed espressioni

Audio

E’ possibile leggere ed ascoltare e/o scaricare il file audio di questo episodio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

Buongiorno amici e benvenuti in questo nuovo episodio di Italiano Semplicemente, chi vi parla è Giovanni, la voce principale del sito.

Oggi vorrei venire incontro alla richiesta di Alexandre che mi ha consigliato di affrontare l’argomento guai.

Saluto Alexandre e lo ringrazio perché quello dei guai è un tema simpatico e molto ricco di espressioni italiane.

Ma cominciamo dalla definizione della parola guai. Guai, che è il plurale di guaio. Cos’è un guaio? Un guaio è un pasticcio, cioè qualcosa di sbagliato che è successo e che ha provocato delle conseguenze negative.

Questo avvenimento, questa cosa che è accaduta è stata quindi provocata, causata, da qualcuno o da qualcosa (più spesso da qualcuno) e ha provocato, ha causato, ha determinato delle conseguenze, delle conseguenze negative, altrimenti non si parlerebbe di guaio. La parola guaio è una delle poche parole che, nella lingua italiana, ha quattro vocali in fila, come aiuola.

È una parola che si usa soprattutto in famiglia e tra amici, sto parlando di guaio, quindi rientra nel vocabolario informale, nel linquaggio quotidiano di tutti gli italiani di ogni area geografica, ma non c’è nulla di male ad usare questa parola al lavoro. Il guaio solitamente non è usato per cose molto gravi, dalle conseguenze disastrose. I bambini solitamente sono la categoria di persone che fanno più guai.

Se due bambini giocano con una palla e rompono un vetro, ebbene hanno appena COMBINATO un guaio.

Combinare un guaio è quindi la frase che si usa nel caso siano guai provocati da bambini. Combinare dei guai è quindi provocare dei guai.

Chi ha provocato questo guaio?

È stato Emanuele!

Non è vero è stata lei!

Adesso bisogna sostituire il vetro! Per penitenza un mese senza tablet! E cercate di combinare altri guai!

Quindi provocare un guaio solitamente non è mai gravissimo. Sicuramente non c’è mai di mezzo la vita di una persona. In quel caso si provoca piuttosto un disastro, un incidente, un atto criminale, un episodio di violenza, o anche una calamità naturale come un terremoto, un uragano eccetera. Un guaio è meno grave.

Combinare quindi è il verbo che si abbina più frequentemente con i guai.

Chi combina molti guai si dice che ne combina di tutti i colori. Cioè fa un sacco di guai. Molti bambini in effetti ne combinano di tutti i colori. Quando si parla di questi bambini solitamente si usa una espressione tipica: ne ha combinata una delle sue. Cioè ha combinato un altro guaio, uno di quei guai che combina solitamente. Ne ha combinata una delle sue. Si usa il femminile, come si fa solitamente nella lingua italiana in questi casi: farla pagare, farla scontare, l’hai fatta grossa, eccetera.

Se invece mi rivolgo direttamente alla persona dico: ne hai combinata una delle tue? Ed ovviamente parlando di me stesso posso dire che ne ho combinata una delle mie. Quindi la particella “ne” si usa spesso con i guai e con combinare: combinarne di tutti i colori, ne hai combinata una delle tue, quante ne hai combinate oggi?

INCASINARE è un altro verbo che ha dei legami con i guai. È un verbo questo che si usa sia in modo transitivo, che in modo riflessivo. Nel primo caso bisogna specificare cosa viene incasinato: ad esempio ‘incasinare il tavolo “,” incasinare l’appartamento ” che vuol dire creare uno stato di confusione, quindi un appartamento incasinato è disordinato, le cose non stanno al loro posto e c’è molta confusione. C’è un “casino”. Non si tratta di guai in questo caso ma di confusione, e la stessa parola “casino” è un modo familiare di descrivere una situazione confusa e disordinata.

In modo riflessivo invece è incasinarsi, che ha due significati simili tra loro. Il primo non cambia rispetto a prima: incasinarsi significa trovarsi in uno stato di confusione. Mi sono incasinato mentre stavo scrivendo un documento significa ad esempio che non sono rimasto concentrato, mi sono distratto ed ho fatto un po’ di confusione, ho confuso delle cose, ne ho scambiata una per un’altra quindi ora devo correggere, quindi ho fatto un guaio, un errore che devo riparare.

Il secondo significato di incasinarsi è invece riferito alla propria situazione personale, quindi è più grave. In questo caso significa trovarsi nei guai per colpe proprie, trovarsi in una situazione difficile da risolvere per aver fatto dei gravi errori. Ad esempio se parlo con un amico e gli chiedo: come va?

Lui potrebbe rispondere:

“mi sono veramente incasinato ultimamente.”

Perché?

Ho perso il lavoro e non so come fare per andare avanti.

In questo esempio il mio amico si è messo in una situazione difficile, dalla quale vorrebbe uscire. È incasinato. Si è incasinato, ha commesso degli errori gravi per la sua vita.

Si riferisce quindi alla sua situazione attuale. I guai questa volta sono guai seri. “Sono nei guai”, oppure “mi trovo in guai seri ” questa poteva essere la risposta del mio amico. Essere nei guai, trovarsi in guai Seri”, “trovarsi nei guai” o “essere incasinati”, è ben diverso da combinare un guaio.

Il mio amico è incasinato, e si è incasinato da solo. È sua la colpa. Si tratta in qualche modo anche in questo caso di confusione, ma la confusione si riferisce alla sua vita, che non ha più un futuro sicuro ora che ha perso il lavoro. Si trova veramente nei guai.

Fortunatamente ha un buon amico che lo aiuterà e non lo lascerà nei guai fino al collo.

Questa è la peggiore delle situazioni possibili: essere nei guai fino al collo dà l’idea di affogare, come se si fosse in mare e si stesse quasi per affogare.

Il mio amico è INGUAIATO, ma io lo aiuterò. Essere inguaiato è esattamente trovarsi nei guai, essere nei guai, e per dire che è per colpa sua posso dire che si è inguaiato, o che si è messo nei guai con le sue stesse mani. Più comunemente si usa però dire che si è CACCIATO nei guai.

“Cacciarsi nei gua” è ovviamente la frase generica, quindi applicata alle varie persone:

Io mi sono cacciato nei guai

Tu ti sei cacciato nei guai

Il mio amico si è cacciato nei guai.

Eccetera. Questa era però la forma al passato. Al presente diventa:

Io mi caccio nei guai,

Tu ti cacci nei guai,

Lui si caccia nei guai

Eccetera.

Chi si caccia spesso nei guai non ha sicuramente una vita facile perché si tratta quasi sempre di “guai con la giustizia”, cioè di reati commessi o nell’ipotesi migliore di indagini che potrebbero concludersi con una condanna, una pena, una multa, cioè una pena pecuniaria. Se riferito agli adulti cacciarsi nei guai ha sempre a che fare con la giustizia, con i bambini invece si tratta di piccoli guai.

Tra gli adulti chi ha dei guai con la giustizia spesso finisce inevitabilmente per trovarsi nei guai fino al collo, dai quali è difficile uscire.

Come vedete non è facile usare le giuste espressioni: incasinarsi, essere incasinati, inguaiati, cacciarsi nei guai, combinare dei guai, combinarne di tutti i colori.

Soprattutto può essere difficile capire quando si parla di semplice confusione oppure di seri guai personali. Fortunatamente ci sono altri verbi che ci possono aiutare. Verbi simili a incasinare ed inguaiare ma che possono evitare disguidi.

In caso di semplice confusione posso anziché dire che “mi sono incasinato”, posso dire che mi sono IMPELAGATO, o anche IMPEGOLATO. In questo caso ci si perde, si rimane incastrati. L’idea è quella di rappresentare una situazione difficile da cui uscire. Impelagarsi in qualcosa è rimanere in una situazione senza uscirne con una soluzione.

Si usa anche col traffico: siamo rimasti impelagati nel traffico, cioè non riuscivamo ad uscire, ad andare avanti. Ma spesso si usa per rappresentare una confusione: stavo risolvendo il problema, poi mi sono impelagato, ho combinato un casino, un guaio che mi ha creato dei problemi e mi ci è voluto un po’ di tempo per risolverli.

Usando impelagato al posto di incasinato non rischiate di sbagliarvi. Impelagarsi è più leggero e meno impegnativo.

Riguardo ai sinonimi di guai, c’è PASTICCI, molto leggero come termine.

Combinare dei pasticci è identico a combinare dei guai, ma i pasticci sono solitamente meno gravi. I pasticci sono anche più usati in cucina: c’è il pasticcio di maccheroni, il pasticcio di verdure, ma questi sono piatti, non sono guai.

Fuori dalla cucina invece in generale i pasticci sono lavori male eseguiti, confusi. Il pasticcio dà più l’idea di confusione rispetto a guaio, sicuramente, quindi mettersi nei guai e mettersi nei pasticci è la stessa cosa ma con i pasticci sembra meno grave.

Ci sono anche ROGNA e BRIGA, altri due termini simili a guai.

Rogna è un termine che viene da una malattia della pelle, la rogna appunto. Si anche scabbia.

Nel linguaggio dei guai la rogna si usa spesso per dire “cercare rogne”, questa è la modalità più duffusa di usare il termine.

Che fai, cerchi rogne?

Questa è una frase che si può dire a chi ha un atteggiamento spavaldo, sfrontato, che sembra non interessarsi delle conseguenze dei suoi atti. Un atteggiamento provocatorio, di sfida:

“Non cercare rogne” , “ti consiglio di non cercare rogne”.

Rogne quindi si può usare al posto di guai, ma si usa anche al posto di problemi:

Ho una rogna da risolvere in ufficio che non mi fa stare tranquillo.

Le rogne sono problemi, cose delicate e potenzialmente molto dannose, e bisogna essere molto attenti con le questioni “rognose”.

Poi c’è brighe, una parola più gentile, meno forte rispetto a rogne. Sicuramente. Ma il concetto è il medesimo: una faccenda insidiosa, rischiosa, carico di rischio potenziale. Possiamo anche dire una ROTTURA DI SCATOLE, una SCOCCIATURA, che può portare solo guai.

Ecco, possiamo dire che le brighe e le rogne possono portare guai. Prima vengono le rogne e le brighe e poi i guai.

La stessa cosa vale per BEGHE, sinonimo più garbato di rogne e brighe.

Brighe è un termine usato in particolare in due espressioni molto usate e mai volgari ma assolutamente che vi consiglio di utilizzare.

La prima espressione è PRENDERSI LA BRIGA di fare qualcosa, o DARSI LA BRIGA che significa assumersi il compito di fare qualcosa. Assumendosi questo compito si prende un impegno non obbligatorio, e chi lo fa si assume la briga di farlo.

Io oggi mi sono preso la briga di spiegarvi il vocabolario dei guai. Una bella rogna, perché non è una cosa facile. Nessuno mi ha costretto, ho deciso io di prendermi la briga di farlo.

Una bella GATTA DA PELARE, si dice anche così. Quando ci si prende la briga di fare qualcosa molto spesso è una rogna, una brutta gatta da pelare, Una bega, ma non sempre. Nel caso di questo episodio ad esempio io mi sono preso la briga di spiegare con dovizia di particolari tutte le questioni che riguardano i guai, ma non c’è il rischio di guai in cui INCORRERE, a meno che faccia degli errori e qualche professore di italiano se ne accorga! Incorrere è un verbo che spesso si utilizza con i guai e con i problemi. Significa andare incontro ai guai.

La seconda espressione con briga è ATTACCARE BRIGA.

Attaccare briga significa provocare, iniziare a provocare, spesso con parole offensive, con insulti, spesso con le mani, spingendo, dando delle spinte con le mani ad un’altra persona. Cercare di litigare con qualcuno. Chi attacca briga è sicuramente uno che cerca rogne, che è a caccia di guai.

Spesso i bambini sono degli ATTACCABRIGHE tremendi e si cacciano continuamente nei guai. Normalmente gli ATTACCABRIGHE sono bambini che hanno avuto una infanzia difficile.

Credo che possiamo considerarci soddisfatti. Abbiamo sviscerato tutto il vocabolario dei guai, sperando che ne abbiate meno con la lingua italiana.

Riesco a capire i vostri problemi perché anch’io studio le lingue straniere, ma ogni lingua è diversa. Insomma possiamo dire che “i guai della pentola li conosce solo il cucchiaio che la mescola”. Proverbio che afferma che solamente chi ha un guaio, lo conosce bene. Non è possibile cercare di comprendere i guai degli altri se non ci sei passato anche tu nella tua vita.

È giunto il momento dell’esercizio di ripetizione. Ripetete dopo di me dopo aver fatto una donazione… Scusate volevo dire dopo aver ascoltato attentamente.

Guai

Guaio

Fare un guaio

Combinare un guaio

Combinare un pasticcio

Essere nei guai

Essere nei guai fino al collo

Combinarne di tutti i colori

Combinarne di cotte e di crude

… (ha lo stesso significato di combinarne di tutti i colori)

Ne hai combinata una delle tue?

Ne ha combinata un’altra delle sue

Cacciarsi nei guai

Una ne fa e cento ne pensa

… (questa è una frase scherzosa che si usa con i bambini che combinano molti guai, nel senso che per ogni guaio combinato ne ha pensati cento.

Guai a te!

Guai a te se lo dici a qualcuno!

Rogne

Cercare rogne

Cerchi rogne?

Ti consiglio di non cercare rogne.

Brighe

Attaccabrighe

Mio figlio non è un Attaccabrighe (fortunatamente)

Avere delle beghe

Darsi la briga

Prendersi la briga

Mi sono preso la briga di fare un episodio sui guai

Voi vi siete presi la briga di ascoltare l’episodio

I guai della pentola li conosce solo il cucchiaio che la mescola.

… (mescolare vuol dire girare, muovere il cucchiaio nella pentola)

Un saluto a tutti e vi aspettiamo al corso di italiano professionale.

Potete prenotare il corso fino a fine 2017, un corso dedicato a tutto coloro che vogliono migliorare il loro livello di italiano con il metodo naturale e senza sforzo di italiano semplicemente.

Seguono alcune osservazioni sui guai di Bogusia (polacca) e Ulrike, che ci propone un indovinello riguardante una espressione tipica sui guai.

Grazie a Bogusia e Ulrike.

Un saluto a tutti.

I verbi professionali: ADDOSSARE

Sommario del corso di Italiano Professionale

Audio

 

Trascrizione

Ciao e benvenuti nel Corso di italiano professionale, verbi professionali.

Oggi vediamo il verbo addossare.

È il verbo n. 21 del corso. Un verbo molto utilizzato nel mondo del lavoro. Per quale motivo?

Facciamo un passo alla volta.

Addossare è il verbo da spiegare. Addossare deriva da addosso, che significa “sulla persona”, o “sulle spalle di una persona”.

Addosso è un avverbio, un semplice avverbio che si usa in moltissime circostanze, sia in senso proprio che in senso figurato.

Ad esempio:

Io ho addosso un vestito – io porto un vestito addosso

Questo significa che io indosso un vestito. Il vestito mi ricopre, mi sta addosso, lo porto addosso, quindi lo porto sopra di me.

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Il file MP3 da scaricare e la trascrizione integrale in PDF di questo episodio  è disponibile per chi ha acquistato il corso di Italiano Professionale o chi ha acquistato solamente la sezione “verbi professionali”. 

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Visita ad Aarhus (ripasso verbi professionali 1-20)

Audio ad una voce

Audio a due voci

Trascrizione

Buongiorno amici, e benvenuti in questo episodio di ripasso dedicato ai verbi professionali, episodio disponibile per tutti, affinché tutti possano trarne beneficio.

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In questo episodio verranno quindi utilizzati tutti i verbi professionali finora spiegati all’interno del corso di Italiano Professionale. E’ un esperimento che abbiamo già fatto in passato: se vi ricordate avevamo parlato di come rafforzare le ossa.

Ma col passare del tempo i verbi professionali che spieghiamo aumentano sempre di più quindi è necessario di tanto in tanto rinfrescare un po’ la memoria.

Un modo simpatico e molto produttivo di ripassare, cioè di studiare nuovamente i verbi professionali, verbi che non vengono, se non molto raramente utilizzati dagli stranieri.

L’argomento di oggi, di cui vi parlerò, è un viaggio che faremo dal 15 al 22 agosto di quest’anno. Oggi mi avvarrò quindi dell’aiuto di mia moglie Margherita.

Andremo a visitare la Danimarca e precisamente la città di Aarhus.

Questo progetto è nato per merito di un visitatore, anzi una visitatrice di Italiano Semplicemente, di nome Lya (mille grazie anche a Anette, Grete e Morten per l’ospitalità)

, una ragazza danese che saluto con affetto. Lya ci ha anche aiutato a trovare una bella sistemazione, ci ha aiutato a trovare un appartamento lì, si è adoperata per venirci incontro e con l’occasione ci incontreremo per salutarci. Non avrei mai declinato un invito di questo tipo e di conseguenza abbiamo accettato il cortese invito, e personalmente avevo assunto l’impegno di dedicare un episodio come questo alla città di Aarhus.

Italiano Semplicemente sbarca quindi in Danimarca.

Aarhus, non so bene come si possa pronunciare, è la seconda città più popolosa della Danimarca, e la prima per numero di abitanti della penisola dello Jutland (credo che in lingua danese si dica Jylland. Avete capito che non conosco la lingua danese, pertanto non potrò spacciarmi per un danese, e d’altronde non ne ho alcuna intenzione.

Abbiamo scoperto con piacere che la città in questione sia stata scelta come capitale europea della cultura per il 2017 assieme a Pafo, a Cipro.

Cogliamo l’occasione quindi anche noi per promuovere la città di Aarhus.

Aarhus ha persino un soprannome, ed infatti è nota come “la più piccola grande città del mondo”. Si trova sulla costa orientale (cioè ad est) dello Jutland in corrispondenza della foce di un fiume che ha lo stesso nome della città: Aarhus.

È una città in cui il fiume riveste una notevole importanza perché lo stesso nome della città in danese antico significa “foce del fiume”.

Io sono rimasto stupito del premio alla cultura perché non conoscevamo questa piccola-grande città danese. Meglio tardi che mai.

Allora io e mia moglie ci siamo un po’ informati e abbiamo scoperto che si tratta di una delle più antiche città della Scandinavia, anche detta penisola scandinava, che è quell’area geografica che comprende anche la Norvegia, la Svezia e parte della Finlandia.

Abbiamo ad esempio scoperto che ad Aahrus c’è la sede della importante marca di birra Ceres.

Per quanto riguarda i monumenti c’è una cattedrale che risale al XIII secolo, e si tratta della cattedrale più grande della Danimarca. Spero avremo occasione di visitarla.

C’è poi dal punto di vista culturale una chiesta storica importante, la Vor Frue Kirke (spero che la pronuncia non sia così tremenda (valutate voi e fatemi sapere) mi scuso se faccio grossi errori). Poi c’è anche Il Palazzo di Marselisborg (Marselisborg Slot) da visitare che è invece una residenza reale.

Poi c’è un museo d’arte: ARoS è il suo nome, il Teatro, il Municipio e l’antico borgo, o la vecchia città (Den Gamle By), che è una ricostruzione di un vecchio villaggio danese, quindi si tratta di una ricostruzione della vita urbana dal Settecento fino agli Anni ’70 – che permette al visitatore di immergersi fisicamente nel passato. A me piacerebbe visitare questo posto.

Non lontano dalla città ci sono molte spiagge, boschi e altre cose da esplorare, basta prendere una bella bicicletta. Sono molto curioso personalmente di vedere anche le pietre runiche di Jelling, uno dei patrimoni dell’umanità dichiarati dall’UNESCO, e poi anche i fiordi e le fantastiche coste danesi. Molta natura quindi da vedere.

È una popolazione molto giovane, la più giovane della Danimarca. Infatti ci sono moltissimi studenti.

Nonostante questo la città però è una delle più antiche della Danimarca.

La cosa che mi ha colpito maggiormente però è che, udite udite, degli studi recenti hanno stabilito che gli abitanti di Aarhus sono i più felici della Danimarca.

Ecco un altro bel motivo per cui visitare questa bella città. Grazie ancora a Lya che ci ha dato questa opportunità.

Fortunatamente ci sono attrazioni un po’ di tutti i tipi e per tutti i gusti, per cui credo che non ci annoieremo. Tra l’altro vale la pena di non trascurare neanche lo shopping, e quindi non mancheremo di visitare il Quartiere Latino.

Mia moglie tra l’altro ha dato un ordine preciso: impossibile non eseguire!

Dal punto di vista della democrazia, della crescita e dello sviluppo, pare che Aarhus sia all’avanguardia, quindi ho letto che si sta andando verso un modello basato sulla sostenibilità dell’ambiente e della società, verso un modo di vivere che non consumi più risorse di quelle che produce quindi. Un modello basato anche sulla diversità in generale, quindi sul rispetto alle altre culture, a tutte le religioni e tutte le forme di diversità. Riguardo alla democrazia ed alla cooperazione, questi credo siano il punto forte dei danesi in generale e questo era noto anche a me, che dall’Italia, come un po’ tutti i miei concittadini, vediamo i danesi come un esempio di democrazia, di onestà e di progresso.

Insomma è una città con una forte propensione al cambiamento. Il motto della città, la frase che rappresenta la città Let’s Rethink (che dovrebbe significare qualcosa come “Ripensiamo, ripensiamoci”, induce, spinge a pensare, a ripensare la società, e pare che esprima proprio questo spirito innovativo di Aarhus, dove tutti i cittadini sono inseriti e motivati alla partecipazione. In un ambiente del genere potete immagina come tutto funzioni meglio: tutti sono molto più felici e di conseguenza anche i servizi pubblici e privati vengono erogati con puntualità ed efficienza.

Speriamo con tutto il cuore di venire contagiati da questo spirito e portare un po’ di tutte queste belle caratteristiche al nostro ritorno in Italia. Sicuramente ne saremo arricchiti.

Voi a questo punto mi direte: è tutto perfetto ad Aarhus?

Scommetto che si mangia male! Questo mi sono detto. Questo ho pensato. Ci scommetto quello che volete! Solo in Italia si mangia bene. Ebbene: scommessa persa! Se avessi scommesso avrei perso tutto: avrei sbancato! Completamente!

Fortunatamente non ho scommesso, anche perché avendo perso, e in mancanza di soldi per terminare la vacanza avremmo dovuto cercare un lavoretto per arrotondare.

Infatti Aarhus pare non tema confronti neanche sulla gastronomia. Beh, vedremo se è così. Vi faremo sapere. Cercheremo di assaggiare il pesce locale e tutte le specialità del posto e vi faremo sapere se secondo noi il cibo e la cucina valgono il titolo di “Regione Europea della Gastronomia 2017”.

Purtroppo non potremo partecipare al Food Festival di Aarhus, (peccato!) che sarà qualche giorno dopo, ai primi di settembre, ispirata alla cultura culinaria sostenibile. Non disponiamo di tanti giorni di vacanza purtroppo.

Non potremo partecipare neanche al Festival di Aarhus (Aarhus Festuge) che si svolge dalla fine di agosto ai primi di settembre. Un festival di arte e cultura anche noto col nome di WindMade (cioè fatto col vento), e questo perché il festival è alimentato dall’energia del vento, dall’energia eolica. Prima infatti parlavo di sostenibilità.

Si tratta di uno dei più grandi eventi culturali della Scandinavia dove ci saranno una vasta gamma di eventi culturali, dal teatro alla musica e letteratura, fino alla gastronomia alle arti visive e l’architettura.

Insomma ci perderemo un po’ di cose di Aarhus, ma sono sicuro che avremo modo di apprezzare ugualmente la città e che le nostre aspettative non saranno disattese. La data del nostro viaggio d’altronde è stata dettata da esigenze diverse. Non potevamo predisporre il nostro viaggio in una data diversa da questa purtroppo.

Ok, credo sia il caso di liquidarci per oggi, speriamo di aver reso piacevole l’ascolto raccontandovi del nostro programma di viaggio ad Aarhus e di aver riscosso quindi il vostro interesse.

Il podcast volge al termine. Un saluto da Roma.

Tutti i modi per nascondere la verità – 2^ parte

Audio a bassa ed alta velocità

E’ possibile ascoltare il file audio e leggere la trascrizione di questo episodio tramite l’audiolibro (Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 42 espressioni italiane.

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Trascrizione

Eccoci alla seconda parte di “come nascondere la verità”. Abbiamo già visto molti termini e alcuni verbi da usare quando si vuole nascondere la verità ognuno con le sue specifiche caratteristiche.

Non volevo che l’episodio fosse troppo lungo per non annoiarvi, quindi ho suddiviso l’episodio in due parti e questa è appunto la seconda parte.

Vi invito ad ascoltare la prima parte dell’episodio, interessante anche perché è stato registrato in due velocità.

omertà
Non vedo, non sento, non parlo

 

La prima parte la possiamo anche rappresentare graficamente, con una immagine, quello che si chiama uno “schema a blocchi”, e credo che questo schema può essere molto utile per tutti per creare una mappa mentale, per rappresentare nella propria mente, in un modo veloce e schematico, tutto ciò che è stato detto nella prima parte dell’episodio. Vi invito a dare un’occhiata sul sito, nella trascrizione del file audio che state ascoltando e grazie a Maja, una ragazza polacca, che l’ha realizzato per tutti noi. E’ una cosa che potremmo fare anche altre volte se vi fa piacere.

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Figura 1: Come nascondere la verità (1^ parte)

 

Adesso vediamo quindi altri modi interessanti che si usano molto in senso figurato, per esprimere il nascondimento della verità.

Un verbo è “Coprire” che è un verbo semplice, dai mille utilizzi, e che può essere usato anche nel senso di nascondere la verità. Il significato proprio del verbo coprire è quello di mettere qualcosa (un oggetto) sopra o davanti ad un’altra (un altro oggetto), ed in questo modo si copre quest’oggetto. Ad esempio la tovaglia copre il tavolo. Posso quindi coprire per nascondere una cosa allo sguardo altrui, collocando un oggetto sopra di essa, talvolta per migliorarne l’aspetto o la funzionalità. Poi c’è il senso figurato di coprire. In senso figurato equivale a Celare, occultare e dissimulare, di cui abbiamo discusso nella prima parte dell’episodio.

Posso coprire i misfatti di un amico, il che significa che se ho un amico che ha fatto qualcosa di sbagliato, posso decidere di aiutarlo, occultando o minimizzando le sue colpe e le sue responsabilità. Lo faccio perché sono un suo amico. Per questo motivo sono disposto a coprire i suoi misfatti, per questo motivo sono disposto a coprirlo; si dice anche così: coprire una persona, affinché sia riparata dalle accuse.

Anche al lavoro, il direttore o un dirigente può decidere di coprire i suoi dipendenti. Anche se questi sono colpevoli perché hanno sbagliato qualcosa, il loro capo li difende, li copre, è disposto a nascondere la verità coprendoli, si intende coprendoli dalle accuse. Coprire qualcuno significa quindi difendere qualcuno, ma attenzione perché si usa molto anche nei delitti, o nelle rapine, negli omicidi, insomma negli atti criminali. In questi casi ci sono solitamente due persone, di cui una commette l’atto illecito (ad esempio fa una rapina in una banca) e l’altra, che gli fa da “spalla”, lo copre, cioè controlla che non arrivi nessuno, controlla la situazione fuori dalla banca e avvisa il suo complice nel caso arrivasse la polizia o accadesse qualcosa di sospetto, qualcosa di cui preoccuparsi. Anche questo è coprire una persona.

Coprire non ha un’accezione necessariamente negativa però, anzi il più delle volte la copertura è una difesa amichevole, un atto di amicizia. Però l’obiettivo della copertura è comunque quello di nascondere la verità. Con la copertura si impedisce che qualcosa venga visto.

Un particolare modo di coprire è quello di coprire con la sabbia: insabbiare.

Insabbiare significa letteralmente “nascondere sotto la sabbia”, ma figurativamente si usa spesso nella politica e a livello giornalistico. Spessissimo potete leggere sui giornali che sono stati insabbiati dei risultati di indagini, delle verità che emergono in generale. Quindi anche dei risultati di inchieste pericolose.

Quando si decide di insabbiare qualcosa, è perché questo qualcosa può dar fastidio a qualcuno di molto potente, un uomo politico eccetera. Quindi se ci sono forti interessi, facilmente si può insabbiare una indagine o una inchiesta che può danneggiare qualche potente della terra.

Il verbo insabbiare è molto giornalistico e su Google news se volete troverete molti articoli in cui si parla di insabbiamento di verità scottanti. Troverete insabbiamenti di omicidi, insabbiamenti di informazioni militari e di crimini.

Tanto è negativo il termine, che dove c’è insabbiamento c’è spesso quella che si chiama omertà. La parola insabbiamento ed il verbo insabbiare spesso si usano insieme alla parola omertà, che non è un verbo ma è un sostantivo femminile.

La parola omertà deriva da uomo. Ma cos’è l’omertà e cosa ha a che fare con l’uomo?

Dunque, l’omertà la possiamo descrivere come una forma di solidarietà tra alcune persone, una solidarietà tra uomini, intesi come esseri umani. Quindi tali esseri umani cosa fanno? Si tratta di uomini che tacciono, che nascondono la verità al fine di coprire comportamenti disonesti di alcuni. Questa è la caratteristica dell’omertà: una solidarietà tra uomini per coprire malefatte.

Dove avviene un insabbiamento della verità, questo difficilmente viene condotto da una sola persona. Generalmente è condotto da più persone che tra loro sono solidali, persone che hanno deciso, insieme, di insabbiare, di nascondere una verità che può far male a qualcuno. Quindi queste persone nascondono delle verità che potrebbero essere utili alle indagini della polizia.

Si dice che tra queste persone c’è omertà, e si dice che queste persone sono persone omertose e che si comportano in modo omertoso. E’ un termine tipico degli ambienti criminali. Molto usato nella stampa e dai media. L’omertà è solitamente condivisa tra persone che hanno interessi in comune: – io copro te e tu copri me – ma spesso però c’è omertà solo per paura.

Le persone normali, anche se non sono criminali, se hanno visto o sentito qualcosa, spesso però non parlano con la polizia e con i giornali, nascondono quindi la verità per paura di essere puniti per questo. Ad ogni modo, complici o non complici, non è certamente un bel complimento essere chiamati persone omertose.

La parola omertà è quindi una parola offensiva se usata contro qualcuno. La versione non offensiva è la parola riserbo: Il riserbo è la tendenza a tacere o a non rivelare qualcosa, per prudenza o semplicemente per carattere. Ci sono persone particolarmente “riservate” che quindi si distinguono dalle altre per il loro riserbo. Queste persone hanno, quando parlano, la massima discrezione e cautela. Sono molto attente a non dire cose compromettenti.

Avere discrezione e essere persone discrete significa quindi avere riserbo (con la penultima lettera che è una “b”: riserbo, e non la “v”, come riservate), e il riserbo non è, come l’omertà, una caratteristica negativa. La discrezione, il riserbo sono invece degli atteggiamenti, dei modi di essere, giudicati invece delle qualità.

Se io ti dico, ti racconto, ti rivelo un mio segreto, una cosa che non voglio che altri sappiano, posso raccomandarmi con te e dirti:

Mi raccomando il massimo riserbo! Riserbo assoluto!

Il che è come dire:

Mi raccomando, occorre discrezione!

Mi raccomando, non lo dire a nessuno.

Nessuno quindi dice: mi raccomando, devi essere omertoso, ci vuole omertà! E questo perché l’omertà è citata solamente quando si nascondono cose delittuose compiute generalmente da più persone insieme, da una organizzazione criminale. Se io ti rivelo un segreto non si può parlare di omertà quindi, parlo invece di riserbo, di discrezione, di riservatezza

Tutte però sono caratteristiche delle persone: l’omertà, la discrezione, il riserbo, la riservatezza.

A livello giornalistico si sente spesso la frase “uscire dal riserbo“, che significa smettere di nascondere qualcosa.

Chi esce dal riserbo decide di rivelare, decide di dire ciò che finora aveva nascosto: una notizia qualsiasi. Basta nascondere la verità: usciamo dal riserbo!

La parola riserbo è molto simile a riservatezza, infatti entrambi i termini si usano per le cose riservate, le cose cioè che non si devono conoscere, che devono restare private, segrete. Sia la riservatezza che il riserbo sono caratteristiche delle persone. La riservatezza è molto più utilizzata come qualità personale, mentre riserbo si usa molto di più quando si ha una cosa in particolare che occorre tenere nascosta.

Bene. Abbiamo prima parlato del verbo insabbiare. Molto simile ad insabbiare è eclissare.

Eclissare viene da eclissi. L’eclissi (o eclisse) è quel fenomeno naturale che si ha quando una stella, un astro, viene coperto, viene occultato, viene nascosto, viene celato da qualcosa come la luna ad esempio: se il sole viene coperto dalla luna ho una eclisse. Quindi l’eclisse nasconde il sole.

In senso figurato si usa spesso dire “eclissare la verità“, nel senso di nascondere, occultare la verità. E’ solamente un po’ più stravagante e fantasioso come termine. Si usa tra l’altro anche verso se stessi: eclissarsi, ed in questo caso significa nascondere se stessi, e non la verità.

Poi c’è spacciarsi, il penultimo verbo della lezione, che è un altro verbo usato per nascondere la verità. Spacciarsi è fingere di essere qualcun altro. Quindi se mi spaccio per mio fratello gemello sto facendo finta di essere mio fratello, ed in questo caso sto sicuramente agendo sotto mentite spoglie: per la precisione sotto le spoglie di mio fratello. E’ un verbo questo al quale abbiamo già dedicato una lezione all’interno del corso di Italiano Professionale. Pertanto rimando i visitatori, se vogliono approfondire, a dare un’occhiata al verbo spacciare e alla sua versione riflessiva “spacciarsi”. Metto il link all’interno dell’articolo.

Ricapitolando quindi, in questa seconda parte abbiamo descritto l’omertà, una forma di solidarietà tra uomini finalizzata al nascondimento di atti criminali o comunque illeciti. Il verbo coprire, molto generico, la riservatezza come caratteristica personale ed il riserbo, molto usato quando si presenta la necessità di nascondere qualcosa di riservato. Poi abbiamo visto il verbo insabbiare ed eclissare. Il primo molto usato in contesti in cui si commettono atti illeciti, il secondo più fantasioso ma anch’esso usato a volte associato alla verità.

Voglio terminare la lezione col verbo “contraffare”. È un altro verbo che spesso viene legato alla verità. Infatti l’uso più comune di questo verbo è quello legato ai prodotti che si vendono sul mercato: le merci contraffatte. Quindi i prodotti contraffatti sono tutti quei prodotti, in vendita sul mercato, che sono prodotti al fine di spacciarlo per l’originale.

La verità che viene nascosta in questo caso è quella legata al prodotto. Non si tratta del prodotto originale, ma si tratta di merce contraffatta. Si tratta di merce falsa, non originale. Moltissime cose si possono contraffare: un marchio può essere contraffatto, come i marchi di moda, producendo magliette, pantaloni, merce che viene spacciata per originale ma invece è solamente merce contraffatta. Si possono contraffare schede elettorali, anche una foto si può contraffare. Una patente di guida, un passaporto possono essere contraffatti. Insomma è molto simile a falsificare come verbo. E la verità, anche la verità può essere contraffatta: quando si contraffà la verità, si modifica, si falsifica la verità. Il verbo si usa quando, anche qui, si fa qualcosa di illecito. Significa quindi falsificare, trasformare, ritoccare, alterare, manipolare, per ottenere qualcosa di poco lecito.

Adesso facciamo il consueto esercizio di ripetizione. Ripetete dopo di me, attenti alle doppie. Uno, due, tre, via!

Coprire la verità

Insabbiare un crimine

Omertà

Atteggiamento omertoso

Riserbo

Massimo riserbo, mi raccomando!

Eclissare la verità

Spacciarsi per qualcun altro

 

Riservatezza

Contraffare

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Italiano Professionale – Lezione n. 14: CONFRONTI E SCONTRI

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