Accadde il 29 settembre: assumere contorni

Assumere contorni (scarica audio)

Trascrizione

Il 29 settembre è la data in cui, secondo il calendario liturgico cattolico, si celebra la festa di San Michele (e degli arcangeli).

Questa ricorrenza ha nel tempo assunto una certa importanza simbolica, sia religiosa sia popolare, collegandosi anche a tradizioni contadine, festività locali, usi popolari e riferimenti al passaggio stagionale (fine dell’estate, inizio dell’autunno).

In tal senso, potremmo dire che la festa di San Michele “ha assunto contorni” più ampi: cioè, nel corso dei secoli, quella che era una festa liturgica da calendario ecclesiastico è andata via via assumendo anche contorni civili, folklorici, agricoli, comunitari — con feste paesane, sagre, tradizioni locali legate al raccolto o alla transumanza. In altre parole, l’evento ha assunto significati multipli.

Questa evoluzione è un buon esempio per spiegare l’uso dell’espressione assumere contorni.

“Assumere contorni” significa che qualcosa — un’idea, un progetto, un evento, un fenomeno — comincia a delinearsi, a definirsi, a manifestare una forma più chiaramente riconoscibile.

Prima era “qualcosa di indefinito, vago, impreciso”; poi “assume contorni” significa che si sta facendo percepire più chiaramente, che prende caratteri più distinti e riconoscibili.

Si potrebbe dire: “cominciare a prendere forma” o “definire i contorni”.

Perché usare il verbo assumere?

È un verbo che significa “prendere su di sé”, “assumere una qualità o un carattere”. È un verbo un po “alto” / neutro-soprattutto formale. C’è anche un episodio dedicato a questo verbo nel corso di Italiano Professionale. Veramente ce ne sarebbe anche un altro, dedicato all’espressione “assumere una posizione“.

Contorni: letteralmente, i confini, i profili, i margini che definiscono la sagoma di qualcosa, la forma.

Metaforicamente, i “contorni” sono gli elementi che definiscono caratteri, limiti, aspetti di qualcosa.

Quando diciamo che qualcosa “assume certi contorni”, stiamo usando una metafora visiva: come se quell’idea o fenomeno fosse una figura disegnata su un foglio bianco che fino a quel momento era solo uno schizzo vago e che ora si sta delineando meglio.

Il verbo assumere si usa perché ben si adatta al “prendere” una forma: “assumere una forma”, “assumere dimensioni”, “assumere contorni” — tutte espressioni che usano il verbo assumere per indicare che qualcosa si dota di una qualità, una forma, un carattere che prima non aveva o non era evidente.

L’espressione “assumere contorni” è più tipica di un registro medio-alto / formale.

Si trova spesso in testi giornalistici, saggi, articoli storici, analisi, discorsi, mentre in un parlato colloquiale si preferirebbero di solito espressioni più semplici (es. “cominciare a prendere forma”, “iniziare a delinearsi”, “diventare più definito”).

Detto ciò, in contesti informali può comparire, ma suona un po più ricercata rispetto a locuzioni più colloquiali.

Ecco alcuni esempi.

«Il dibattito sulle riforme costituzionali ha iniziato ad assumere contorni più precisi dopo gli interventi dei gruppi regionali.»

Prima era un discorso vago; poi, con le proposte concrete, ha assunto una forma più definita.

«Il piano di sviluppo per il nuovo quartiere sta assumendo contorni interessanti: sono già stati fissati i confini delle aree verdi e la distribuzione delle infrastrutture.»

«La mostra ha cominciato ad assumere contorni originali quando si è deciso di inserire opere interattive e performance dal vivo.»

«La sua idea di una vita più sostenibile ha assunto contorni concreti quando ha iniziato a ridurre gli sprechi e a usare mezzi pubblici.»

In tutti questi casi, “assumere contorni” indica che qualcosa di vago o potenziale si sta trasformando in qualcosa con linee e caratteristiche più distinte.

Accollare (ep. 1027)

Il verbo accollare

DURATA MP3: 10 min. circa

Analizziamo il verbo accollare e vediamo le similitudini e le differenze con propinare, affibbiare, appioppare e rifilare. Vediamo 10 esempi e 10 alternative più formali, usando qualcuno dei verbi professionali che abbiamo già spiegato.

A partire dal numero 1001, gli episodi di questa rubrica sono solamente per i membri dell’associazione.

ENTRAADERISCI

Maternità e paternità (ep. 988)

Maternità e paternità (scarica audio)

foto dal museo delle civiltà a Roma
Un’immagine rappresentante la maternità – museo delle civiltà di Roma

Trascrizione

Chi di voi, oltre ad essere figlio o figlia, è anche madre o padre?

L’argomento di oggi è proprio il concetto di maternità e paternità. Sapete la differenza? Certo… è evidente, ma ne esiste anche un’altra meno evidente.

Infatti mentre la maternità ha sempre a che fare con il fatto di essere madre e quindi con i figli, non è lo stesso per la paternità.

Il termine paternità, se da una parte indica il rapporto di parentela che unisce il padre al figlio (o figlia), sul piano sia affettivo che giuridico, dall’altra può indicare anche l’appartenenza di qualcosa.

Ad esempio, se io sono l’autore di un libro, posso dire che ho la paternità di quel libro. Sono io l’autore del libro. Badate bene, non significa che il libro è mio nel senso che appartiene a me (perché l’ho acquistato) ma che l’ho scritto io.

Lo stesso vale per qualunque opera, nel senso più ampio del termine.

Es:

la paternità di quest’opera è incerta, il che significa che l’autore non è sicuro, non si sa chi ha realizzato quest’opera.

Non posso usare “maternità” allo stesso modo.

Anche una semplice idea può avere una paternità:

Allora anziché dire: di chi è stata l’idea? Si può dire: “a chi appartiene la paternità dell’idea?”

Dei verbi che si usano spesso con questa particolare tipologia di paternità sono: appartenere, assumere, detenere e rivendicare. Non sono gli unici però come vedremo tra poco.

Questi verbi possono essere utilizzati ad esempio in riferimento ai diritti di autore e alla proprietà intellettuale. La proprietà intellettuale è un concetto legale che si riferisce alla protezione giuridica dei diritti legati a opere creative, invenzioni e idee.

La paternità comunque può non solo rispondere alla domanda: “chi è l’autore?”, ma anche più genericamente “chi è stato?”. Possiamo parlare di diritti ma anche di responsabilità.

Vediamo alcuni esempi:

L’autore ha rivendicato la paternità del romanzo bestseller.
Il regista discuteva della paternità dell’idea alla base del film durante un’intervista.
L’inventore vantava la paternità di una nuova tecnologia rivoluzionaria.
L’artista ha affermato la paternità dell’opera d’arte esposta nella galleria.

Il compositore ha confermato la paternità della colonna sonora dell’ultimo film.
L’ingegnere ha documentato la paternità del progetto di costruzione.
Il designer si è fregiato della paternità del nuovo logo aziendale.
Il creatore del videogioco ha difeso la paternità del gameplay innovativo.
L’autore dell’articolo ha discusso la paternità delle idee presentate.
Il produttore musicale ha condiviso la paternità del successo della canzone popolare.

In questi esempi, la parola “paternità” è utilizzata per indicare il possesso o il riconoscimento di una creazione o di un’opera.

Dicevo prima che “chi è stato?” può essere una seconda domanda legata al concetto di paternità. Parliamo di responsabilità e non di diritti.

Es:

La polizia sta indagando sulla paternità del delitto.

L’espressione “paternità del delitto” è utilizzata per riferirsi alla responsabilità o all’attribuzione di un crimine a una persona. Nella lingua comune e nel sistema giuridico, la “paternità del delitto” significa che una persona è considerata responsabile di aver commesso un reato specifico.

Quando, più in generale, qualcuno ha fatto qualcosa e questo comporta onori o oneri, possiamo parlare di paternità.

Es. Ascoltiamo questo dialogo tra Giovanni, uno studente un po’ birichino, e la preside di una scuola, interpretata da Danielle, membro dell’associazione Italiano Semplicemente.

Preside: Chi ha fatto il gesto delle corna alla professoressa di italiano per aver assegnato il compito di grammatica? Qualcuno rivendica la paternità del gesto? Giovanni, sei stato tu? È tua la paternità?

Giovanni: No signora preside, non sono stato io! Lo giuro sul libro di grammatica!

Preside: sicuro? Non sei forse tu l’autore delle Sette regole d’oro di Italiano Semplicemente in cui non apprezzi lo studio della grammatica?

Giovanni: Si signora preside, rivendico la paternità delle sette regole d’oro ma…

Preside: allora ti attribuisco la paternità del gesto. Per punizione farai 1000 esercizi grammaticali.

Adesso ripassiamo parlando di responsabilità. Non è mica facile trovare gente capace di assumersi la responsabilità, vero?

Ulrike: Vi è gente che spesso e volentieri fa lo gnorri quando si presenta un problema da risolvere. Ho ben presente anche quelli avvezzati e abili nell’inventare pretesti di tutti i colori per restare lontano dal gioco. Lodiamo quei pochi sempre disposti ad assumersi la responsabilità di dare una mano ovunque ce ne sia bisogno.

Marcelo: Ogni volta che prendo un lavoro nuovo, lo faccio con responsabilità, assumendomi la paternità degli errori (nel caso), valutando i pro ed i contro con tutti gli annessi e connessi, e durante l’esecuzione mi adopero per dare il meglio di me. Non mi piace il pressapochismo e ho una massima che guida il mio lavoro, cioè: fare bene fin dall’inizio!

Andrè: io invece mi sono assunto la responsabilità di quasi tutte le procedure della mia azienda, sia quelle burocratiche che quelle organizzative e ho insistito in questo modello di amministrazione fino all’anno scorso, quando sono accadute un sacco di cose che mi hanno fatto rivedere il significato della vita! Oggi mi vedo costretto a confessare che spesso il modello fa acqua da tutte le parti! Attualmente sto valutando delle proposte, che se verranno suffragate dai miei soci attraverso prove convincenti potranno sortire diversi effetti positivi e rendere la mia vita molto più dolce! Non vedo l’ora di metterle in pratica!

833 Assumere e prendere una posizione

Assumere e prendere una posizione

(scarica audio)

Trascrizione

Oggi parliamo della posizione.

Nello scorso episodio si è parlato di posizione obliqua, ricordate? L’inclinazione infatti, questo era l’oggetto dell’episodio, riguarda, tra le altre cose, anche la posizione non allineata rispetto ad un asse, quindi si tratta di una posizione obliqua.

Oggi parliamo sempre di posizione, perché proprio come avviene per l’inclinazione, non riguarda solo gli oggetti.

La posizione, in senso materiale, riguarda la collocazione nello spazio di un oggetto o anche una persona.

Io adesso sono seduto, quindi sono in posizione seduta.

Anche chi sta in piedi ha assunto una posizione, diversa dalla mia.

Quando una persona si sdraia a terra, si trova in posizione sdraiata, mentre se una persona dorme a pancia in su, ha una posizione supina, eccetera eccetera.

L’Italia in quale posizione si trova rispetto alla Francia? Potrei rispondere che sta più a sud.

Certo, l’Italia si trova a sud della Francia, ma non ha assunto questa posizione, perché c’è sempre stata in quella posizione, e l’Italia non può decidere di cambiarla.

Se usiamo assumere c’è anche una volontà o un cambiamento di posizione.

Mi mandi la posizione?

Questa domanda ormai, con l’affermazione di WhatsApp e dei social network in generale è sempre sulla bocca di tutti.

Se non parliamo di spazio e di collocazione, si parla ugualmente di posizione se intendiamo riferirsi alla condizione, alla situazione di una persona in certi contesti.

Ad esempio esiste la posizione giuridica, un concetto un po’ complicato per un non madrelingua, perché si tratta della posizione in cui si trova la persona a favore del quale matura un diritto soggettivo.

Poi in ambito commerciale esiste anche la la posizione di un cliente, cioè la sua situazione di dare e avere nei confronti di una banca o di una ditta fornitrice. Anche questa non facile.

In auto ci sono poi le luci di posizione, che si accendono sia davanti che dietro ogni automobile.

Nello sport invece, parlando di classifica, la posizione in classifica è il posto, la situazione, in cui si trova un atleta (o una squadra) durante lo svolgimento di una gara (o di un campionato).
La Roma è prima in classifica? Allora la Roma occupa la prima posizione in classifica. Possiamo usare anche assumere se c’è un cambiamento.

La Roma assume la prima posizione dopo 10 vittorie di fila.

A me interessa però parlarvi anche di un altro tipo di posizione, che non ha niente a che fare con lo spazio e le classifiche.

Parliamo invece di opinioni.

Una posizione è anche una opinione motivata o sostenuta da una radicata, una forte convinzione.

Quando una persona assume una posizione, in qusto caso non si intende sedersi o alzarsi o sdraiarsi, ma si intende esprimere con convinzione una opinione.

Quando si esprime un pensiero, quando si esprime una preferenza, un’idea, soprattutto quando si deve fare una scelta, ebbene in questi casi si può decidere di “prendere/assumere una posizione”.

Si dice così quando la nostra scelta è netta, chiara e convinta. Questo accade normalmente quando si assume una posizione.

Dico normalmente perché quando si va a votare, ad esempio, bisogna esprimere una preferenza o se vogliamo, bisogna assumere/prendere una posizione.

Chi non prende mai una posizione, lo sappiamo ormai, possiamo chiamarla agnostica.

Che questa posizione assunta sia una posizione convinta però è quello che accade normalmente.

Si può usare come detto anche il verbo prendere dunque “prendere una posizione” o più semplicemente “prendere posizione” è molto simile a assumere una posizione.

Anzi vi dirò che usare il verbo prendere non adito a dubbi sul significato, mentre assumere come detto potrebbe far pensare ad una posizione fisica.

Ma quando è più opportuno usare prendere posizione e assumere una posizione?

Generalmente la prima si preferisce in contesti abbastanza importanti, dove si fa una “scelta di campo”, cioè si decide da che parte stare tra due o più parti.

Es:

Vedo dalle notizie che un dirigente della Disney ha preso posizione contro una legge che impedisce di parlare di LGBT fino alla terza elementare.

Questo esempio ci fa capire come spesso le “prese di posizione” sono notizie che finiscono sui giornali, e questo a conferma dell’importanza e delle conseguenze che ne derivano.

Noi tutti in Italia ad esempio ci auguriamo che alcuni politici prendano finalmente una posizione chiara contro il fascismo.

Se usiamo il verbo assumere a volte va bene lo stesso, ma in realtà l’uso prevalente è un po’ diverso perché mentre prendere posizione si usa in caso di scelte importanti, come si è visto, assumere una posizione può avere anche altri significati.

Infatti il verbo assumere può anche essere usato nel senso di “fare proprio, prendere per sé”.

Pensiamo alle frasi “assumere un tono” , “assumere il comando” , “assumere un colore” , “assumere un contegno” , “assumere una posa” , “assumere un certo atteggiamento”.

Allora assumere una posizione indica che si fa propria una posizione, che sia fisica, che si tratti di una opinione espressa, ma può anche trattarsi di fare propria una posizione nel senso di importanza.

Allora si può dire:

Durante la riunione aziendale cercherò di assumere una posizione di rilievo in modo da influenzare le scelte aziendali.

Dunque se voglio assumere una posizione importante (di rilievo) voglio che la mia opinione sia considerata più di quello degli altri.

Oppure, con altri significati:

Per dormire bene dobbiamo assumere la giusta posizione a letto.

In questo caso si parla della posizione del corpo.

Oppure:

Il presidente chiede al consiglio di amministrazione di assumere una posizione chiara e coerente con l’ultima deliberazione.

In questo caso invece parliamo di un orientamento, di una opinione che abbia certe caratteristiche, che sia chiara e coerente.

Vedete che quando si tratta di opinioni, se usiamo assumere, non è detto si tratti di scegliere tra varie alternative in modo così netto come “prendere posizione”, che praticamente equivale a “scegliere da che parte stare“.

Adesso un breve ripasso degli episodi precedenti e per i membri l’esercizio per mettersi alla prova su questo episodio.

Irina: interessante il verbo assumere di cui hai parlato, ma ho visto che ha tanti usi diversi: come la vedete se mettiamo in agenda un episodio?

Estelle: bell’idea, e se Giovanni è d’accordo non ci resta che aspettare l’episodio.

Sofie: riuscirà a giostrarsela con così tanti significati? Ne ho visti qualcosa come una dozzina.

Marcelo: vedrai che nel giro di una settimana saremo accontentati.

Esercizi

10 domande per mettervi alla prova sull’episodio. Seguono le risposte.

Disponibili ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

I file PDF si trovano nella cartella di Google Drive degli episodi 801-900

ISCRIVITIENTRA

richiesta adesione iscrizione associazione

I mille usi del verbo prendere

I mille usi del verbo prendere (scarica audio)

Sapere usare il verbo prendere? In questo episodio vediamo tutti i principali utilizzi.

Allora, prendere innanzitutto significa “afferrare” e per prendere, in questo senso, bisogna usare le mani.

Allora prendere è, se vogliamo il contrario di lasciare.

Ma prendere si contrappone anche a dare. In questo caso però non si prende e si dà solo con le mani.

Se tu dai una cosa a me, io prendo questa cosa da te. Questa cosa può essere un oggetto, ma anche amore, affetto eccetera.

In effetti prendere non ha solo a che fare con la materia e le mani.

Prendere lo stipendio” è un altro utilizzo molto frequente del verbo.

Hai preso lo stipendio questo mese?

No, lo prendo domani.

Se andate in un bar, si può prendere un caffè.

Cosa prendi? Offro io!

Oh, che gentile. Io prendo un cappuccino e un cornetto!

No, io no grazie, il cornetto mi fa ingrassare, meglio prendere le distanze dai grassi.

Ecco. “Prendere le distanze” è un utilizzo particolare. Significa stare lontano da qualcosa, quindi simile a mantenere le distanze, oppure, in senso figurato, non essere d’accordo con l’opinione di una persona.
Simile quindi a “discostarsi“. Come a dire: “io non sono assolutamente dello stesso pensiero”, “io sono di diversa opinione”, “io mi discosto dal suo pensiero”. Abbastanza formale come espressione “prendere le distanze”.

Se usate questa espressione potrebbero prendervi per un personaggio politico.

Questo in realtà è stato solo un modo per usare “prendere”: “prendere per” qualcuno o qualcosa.

Significa scambiare per qualcuno o qualcosa.

Per chi mi hai preso? Io non sono la persona che pensi tu! Mi hai preso (scambiato, con fuso) per qualcun altro.

C’è poi chi prende fuoco facilmente, che indica una persona che si arrabbia facilmente. Si può usare anche con i veri incendi: il bosco ha preso fuoco! Bisogna spegnerlo!

Se c’è un incendio, con chi dobbiamo prendercela? Chi è il colpevole?

Prendersela con qualcuno significa infatti accusare
qualcuno, incolpare qualcuno.

Non te la prendere con me, io non sono stato!

State attenti, perché “prendersela“, se non uso “con“, può significare offendersi.

Non te la prendere! (cioè non ti offendere)

Prendere in questi ultimi casi è quindi accettare, reagire, sebbene prendere bene e prendere male significhi anche colpire bene e colpire male:

Il calciatore ha preso male la palla ed è andata fuori.

C’è anche “prendere la mira“, (diverso da prendere di mira), un’operazione che si fa al fine di poter colpire con maggiore precisione.
Dicevo che prendersela significa anche offendersi.

Perché te la sei presa? (perché ti sei offeso?)

Ci sono frasi simili però:
Prendere male qualcosa
Prenderla male

Es: Se Giovanni è stato bocciato ad un esame posso dire:

Giovanni come ha preso la bocciatura all’esame? L’ha presa bene o male? Qui ha il senso di accettare, farsi una ragione di qualcosa.

Posso dire:
Prenderla male, ma anche “prendersela a male“.
A volte è difficile scegliere tra prendere, prendersi e prendersela. Potete dire la stessa cosa con frasi diverse:- Te la prendi se ti dico che non voglio studiare più con te?– La prendi male se non voglio studiare più con te?- Te la prendi a male se non voglio studiare più con te?– Non prendertela ma non mi piace studiare italiano con te!- Non prenderla a male, ma non mi piace studiare italiano con te!- Non prendertela a male, ma non mi piace studiare italiano con te!
Ovviamente esiste anche “prenderla bene” ma c’è solo questa forma.
Si usa con le cose che accadono o con le notizie, che potrebbero essere accettate oppure no dalle persone.

Bravo, l’hai presa bene la notizia.Come l’ha presa Maria?Stefano non l’ha presa bene la sconfitta della sua squadra.

Torniamo alle mani, o anche ai piedi: Prendere a schiaffi, a calci, a pugni.

Qui significa colpire una persona con degli schiaffi, con dei calci o con dei pugni.

Se poi mi limito (si fa per dire) ad insultarla, senza toccarla, la potrei prendere a mali parole.
Speriamo che non se la prenda troppo dopo che l’ho preso a mali parole.Se mi prende sul serio però si offenderà.
Ecco: prendere sul serio significa credere, considerare vero ciò che dico. Più che altro si usa per indicare la credibilità di una persona, l’affidabilità delle sue parole, e anche quando una persona scherza, e quindi non va presa sul serio.

Quando invece mi riferisco ad una frase, o qualcosa a cui posso decidere di credere oppure no, meglio usare:

Prendere per buono.

Si usa spesso non solo quando si crede a qualcosa (si prende per buono, cioè per vero) ma anche quando si vuole verificare in un secondo momento.

Per ora prendo ciò che mi hai detto per buono, ma dopo verificherò.

Io vi dico quello che so io, ma non prendete per buono ciò che dirò: dovete verificare.


Si può anche prendere una boccata d’aria: basta uscire in guardino o andare fare una bella passeggiata: si esce, si prende la macchina, si “prende una strada” di campagna, poi si “prende a destra”, poi a sinistra…

Quindi prendere su usa spesso anche per indicare le direzioni da prendere: prendere a destra o a sinistra significa voltare, girare a destra o a sinistra. Così come “prendere l’autostrada” sta per imboccare l’autostrada.
Si usa anche con le indicazioni verso delle località: prendere per Roma, prendere per Parigi, cioè andare verso Roma o verso Parigi.

Prendere il largo invece potete usarlo al mare, quando vi allontanate dalla riva, dalla terra. Ma potete usarlo anche nello sport, quando si vince in modo schiacciante.
In quel caso è il vostro punteggio che si allontana dal punteggio del vostro avversario.

Prendere in giro, per il naso, per il culo, per i fondelli.

Queste sono tutte modalità equivalenti (a volte volgari) per indicare il “prendersi gioco” di qualcuno: fargli credere qualcosa, ingannarlo per puro divertimento.

Poi prendere ha anche il senso di iniziare a far qualcosa,

Prendere a odiare, prendere a amare. Notate l’uso della preposizione “a” in questo caso.

Ho preso ad amare la lingua italiana, quindi da un po’ di tempo ho preso a studiarla.

Tra l’altro esiste anche riprendere:

Avevo smesso con l’italiano, ma adesso ho ripreso a studiarlo.

Questo senso di iniziare. a volte è improvviso:

Mi stavo stancando, quindi ho preso e me ne sono andato

Prendere e andarsene” si usa spesso per indicare un’azione improvvisa, e spesso è la conseguenza di un’emozione o di un pensiero che ci ha fatto muovere per andar via da un luogo.

Se mi dai ancora fastidio, prendo e me ne vado!

Si può prendere e fare qualsiasi cosa, non solo andarsene:

All’improvviso, ha preso ed è partito per l’Italia!

Adesso parliamo di rapporti personali: se non vai d’accordo con una persona, possiamo anche dire che “non ti prendi” con questa persona:

Con Maria proprio non mi prendo!

Significa che non risultiamo simpatici a vicenda.

Si può anche dire:

Io so come prenderlo, fidati di me.

Non so come prenderlo.

In questi casi si indica un comportamento: so come comportarmi con lui, oppure non so come comportarmi, quale atteggiamento prendere, assumere.

In caso contrario, puoi prendere in simpatia qualcuno.

Anche qui in qualche modo c’è qualcosa che inizia, o anche un cambiamento:

Fino a qualche tempo fa io e Maria non ci prendevamo, ma adesso ci siamo presi in simpatia.

Le preposizioni sembrano abbiano un ruolo importante per capire il senso di prendere.

Se uso “per”, “prendere per” qualcuno, significa come detto scambiare per un’altra persona.

Ciao Giovanni!

No, io sono Mario, non Giovanni.

Ah scusa, ti avevo preso per Giovanni.

Si usa spesso anche come esclamazione:

Ma per chi mi hai preso?

Se dico ad esempio:

Hai dimenticato di pagare il caffè oppure l’hai fatto apposta?

Io rispondo: Ma per chi mi hai preso? Per un ladro?

Che significa: chi credi che io sia, un ladro? Mi hai scambiato per un ladro?

Torniamo ora a prendersela.

Abbiamo detto che significa offendersi oppure incolpare qualcuno (prendersela con).

Ma esiste anche:

Prendersela comoda

Che significa: non sbrigarsi, fare le cose con comodo, andare lentamente.

Dai, quanto ci metti a prepararti? Te la prendi troppo comoda! Datti una mossa!

Se uso un sostantivo, tante cose si possono prendere, materiali e non. Spesso si può usare anche un verbo diverso:

Prendersi una responsabilità (assumersi)
Prendere l’autobus (salire)
Prendere la Laurea (laurearsi)

Prendere le armi (arruolarsi)

Prendere un premio è analogo a prendere una laurea o un qualsiasi titolo, che è stato “assegnato” a una persona.

Nel linguaggio di tutti i giorni si usa spesso:

Prendiamo un caffè? Tu cosa prendi?

Ma anche prendere un prestito (si parla di una somma di denaro), o prendere “in prestito” (una casa, un’auto, una bicicletta ecc.) qualcosa gratuitamente che però devo restituire o anche “prendere in affitto“ (in questo caso si paga)

Si possono anche prendere lezioni di matematica o di altre materie.

Si può prendere una sgridata, un rimprovero, degli insulti.

Si è detto prima di prendere a calci, schiaffi e pugni. In generale si possono prendere le botte (se qualcuno ci picchia, ci colpisce più volte), si può prendere un colpo alla testa (se sbattiamo da qualche parte), oppure se colpisci un bersaglio puoi dire:

Preso! (cioè “colpito!”)

Si usa anche nel senso di indovinare, ma si usa la particella “ci”:

Hai indovinato! = Ci hai preso!

Anche gli animali si possono prendere:

Prendere una lepre però significa catturare la lepre, mentre prendere un cane o un gatto normalmente sta per metterlo in casa, farlo entrare in famiglia.

Invece prendere un granchio, oltre che al senso fisico, è anche una espressione che significa “sbagliarsi”. Si dice anche “prendere un abbaglio”. Si tratta di un errore grossolano: credevi una cosa e invece la verità era un’altra.

In questi casi potresti farti prendere dal nervoso. Quando un’emozione ti assale, ti cambia lo stato d’animo, si può usare il verbo prendere:

Mi ha preso un nervoso che non ti dico!

Non devi farti prendere dall’ansia.

Non farti prendere dalla paura

Si tratta di qualcosa di improvviso, come quando vieni preso alle spalle da una persona..

Se qualcuno ti prendere alle spalle ti sorprende. Non te lo aspetti perché non lo puoi vedere, in quanto arriva da dietro. Ma si può usare anche in senso più ampio:

Mi stai chiedendo se voglio sposarti? Scusa ma devo pensarci, mi hai preso alle spalle.

L’uso più diffuso però è nel senso di avere un danno da qualcuno o qualcosa:

La crisi economica mi ha preso alle spalle. Non ero preparato e ho dovuto vendere la mia azienda.

Il senso della sorpresa c’è anche in un’altra espressione idiomatica:

Prendere in castagna

In questo caso siamo sorpresi (scoperti) mentre facciamo qualcosa di sbagliato. Un’espressione informale ma molto usata.

Con lo stesso senso si usa anche prendere qualcuno con le mani nel sacco, o prendere qualcuno sul fatto, o anche coglierlo sul fatto, o, in senso giuridico, prendere qualcuno in flagrante, o in flagranza di reato, vale a dire prenderlo, mentre commette un reato. Da non confondere la flagranza con la fragranza.

Si può ovviamente prendere una malattia come anche una sbornia, se vi ubriacate, se cioè bevete troppo alcool.

A volte la cosa è improvvisa:Mi ha preso una paura!Mi ha preso un sonno!

Che equivale a dire:

Sono stato preso dalla paura
Sono stato preso dal sonno

Anche la smania può prendere.
Non ti far prendere dalla smania di ascoltare tutti gli episodi in un solo giorno!
In questo caso è la voglia di finire tutto subito, questa è la smania, simile alla mania, ma cambia l’accento.

La “mania” ma non uguale perché la smania è uno stato di agitazione, di inquietudine, una specie di malessere, un effetto di tensione nervosa o di un diffuso senso di disagio e d’insoddisfazione. Può anche essere un desiderio intenso. una voglia incontenibile, come quando ti prende la smania di divertimento.

Così come si prende una malattia, o una smania, o una sbornia, si può, in modo analogo, “prendere una sbandata” per una ragazza o un ragazzo o un uomo o una donna. Questo verbo “sbandare” si prende a prestito dalla linguaggio dell’automobile, poiché sbandare è perdere il controllo della propria automobile che va quindi pericolosamente “fuori strada” con la macchina.

Ovviamente se si prende una sbandata per una ragazza si perde il controllo delle proprie emozioni.

Non è esattamente come innamorarsi, ma sembra più una cosa passeggera; quantomeno si usa in questi casi, quando non è una cosa molto seria.

Ricordate che prima abbiamo parlato di scambiare una persona per un’altra? Si è usato “prendere per” un’altra persona.

In modo simile, si possono prendere le sembianze di qualcuno.

Si può quindi cercare si somigliare a qualcuno: prendere le sembianze. Se ci riuscirai sembrerai proprio quella persona, avrai il suo stesso aspetto o anche la sua stessa espressione del volto.

Col verbo prendere si indica quindi, come si è visto, un coinvolgimento emotivo con “prendere una sbandata”, ma si può anche essere presi da una ragazza, che è un po’ meno intenso ma è sempre un coinvolgimento.

Però si può anche essere presi dal lavoro (per il lavoro non si può prendere una sbandata): pensiamo solo a quello, non abbiamo tempo né energie per altro.

Si può “prendere a bordo” una persona nel senso di farla salire su una nave o su un’auto ma si usa anche quando si fa entrare qualcuno in un’azienda, un’associazione, o qualsiasi altra cosa che riguarda delle attività da fare insieme.

Molto semplice e usato è anche prendere una decisione o un’abitudine. Anche qui posso usare “assumere” se voglio.

A proposito di decisioni: In Italia circa 200 mila uomini ogni anno prendono moglie, e quindi anche 200 mila donne prendono marito. Ci si prende una bella responsabilità in questi casi no?
A volte le persone che si sposano lo fanno perché sono presi alla sprovvista da una gravidanza imprevista, ma questo è un altro discorso. Sicuramente, se si è presi alla sprovvista, non si sono prese le dovute precauzioni!

Prendere precauzioni” (senza articolo) si usa molto spesso: significa decidere di fare qualcosa prima che accada qualcosa di non desiderato.

Prima si prendono precauzioni, mentre dopo si possono solamente “prendere provvedimenti“, cioè prendere una decisione per trovare una soluzione.

Ormai è tardi però: chissà da chi prenderà il bambino o la bambina. Prenderà dalla madre o dal padre?

In questo caso significa “somigliare“, sia fisicamente che caratterialmente.

Nostro figlio è molto disordinato! Ha preso tutto da te!

Può darsi che abbia preso da me – si potrebbe rispondere – ma bisogna prendere in considerazione anche le amicizie che frequenta.

Prendere in considerazione” è semplicemente “considerare”. Si usa anche “prendere atto” ma ha un significato a volte diverso: conoscere, considerare a posteriori, accettare come vero per il futuro.

Io ad esempio dovrei prendere atto del fatto che gli episodi molto lunghi richiedono molto impegno da parte di chi ascolta e legge, per questo motivo per il futuro meglio fare episodi più brevi.

Comunque si possono prendere le misure anche degli episodi più lunghi se si impara ad ascoltarli più volte o un pezzo alla volta.

Prendere le misure” normalmente significa misurare qualcosa: misurare la lunghezza di un tavolo ad esempio.

In senso figurato invece significa saper gestire, senza avere sorprese. Essere in grado di gestire qualcosa o qualcuno.

Posso prendere le misure di una persona e così facendo imparo a comportarmi con questa persona senza avere sorprese, senza essere “preso alla sprovvista“.

Posso prendere le misure di un lavoro: impari come si fa, impari a svolgere le varie mansioni senza difficoltà

Ma da dove prende origine il verbo prendere? Ovviamente prende origine dal latino.

Ci sono poi tante espressioni idiomatiche e frasi fatte che non ho citato:

Prendi e porta a casa
Prendere o lasciare
Prendere fischi per fiaschi
Prendere in contropiede
Prendere il due di picche
Prendere la palla al balzo
E tante altre espressioni.

Tranquilli però. Ci prenderemo del tempo per spiegarle tutte. Non vi prendo in giro: prendete questa affermazione per buona e continuate a seguirci. Poi vedremo se ho detto la verità.

Visita ad Aarhus (ripasso verbi professionali 1-20)

Audio ad una voce

Audio a due voci

Trascrizione

Buongiorno amici, e benvenuti in questo episodio di ripasso dedicato ai verbi professionali, episodio disponibile per tutti, affinché tutti possano trarne beneficio.

2_RIPASSO_VERBI_1-20_Aarhus_immagine

 

In questo episodio verranno quindi utilizzati tutti i verbi professionali finora spiegati all’interno del corso di Italiano Professionale. E’ un esperimento che abbiamo già fatto in passato: se vi ricordate avevamo parlato di come rafforzare le ossa.

Ma col passare del tempo i verbi professionali che spieghiamo aumentano sempre di più quindi è necessario di tanto in tanto rinfrescare un po’ la memoria.

Un modo simpatico e molto produttivo di ripassare, cioè di studiare nuovamente i verbi professionali, verbi che non vengono, se non molto raramente utilizzati dagli stranieri.

L’argomento di oggi, di cui vi parlerò, è un viaggio che faremo dal 15 al 22 agosto di quest’anno. Oggi mi avvarrò quindi dell’aiuto di mia moglie Margherita.

Andremo a visitare la Danimarca e precisamente la città di Aarhus.

Questo progetto è nato per merito di un visitatore, anzi una visitatrice di Italiano Semplicemente, di nome Lya (mille grazie anche a Anette, Grete e Morten per l’ospitalità)

, una ragazza danese che saluto con affetto. Lya ci ha anche aiutato a trovare una bella sistemazione, ci ha aiutato a trovare un appartamento lì, si è adoperata per venirci incontro e con l’occasione ci incontreremo per salutarci. Non avrei mai declinato un invito di questo tipo e di conseguenza abbiamo accettato il cortese invito, e personalmente avevo assunto l’impegno di dedicare un episodio come questo alla città di Aarhus.

Italiano Semplicemente sbarca quindi in Danimarca.

Aarhus, non so bene come si possa pronunciare, è la seconda città più popolosa della Danimarca, e la prima per numero di abitanti della penisola dello Jutland (credo che in lingua danese si dica Jylland. Avete capito che non conosco la lingua danese, pertanto non potrò spacciarmi per un danese, e d’altronde non ne ho alcuna intenzione.

Abbiamo scoperto con piacere che la città in questione sia stata scelta come capitale europea della cultura per il 2017 assieme a Pafo, a Cipro.

Cogliamo l’occasione quindi anche noi per promuovere la città di Aarhus.

Aarhus ha persino un soprannome, ed infatti è nota come “la più piccola grande città del mondo”. Si trova sulla costa orientale (cioè ad est) dello Jutland in corrispondenza della foce di un fiume che ha lo stesso nome della città: Aarhus.

È una città in cui il fiume riveste una notevole importanza perché lo stesso nome della città in danese antico significa “foce del fiume”.

Io sono rimasto stupito del premio alla cultura perché non conoscevamo questa piccola-grande città danese. Meglio tardi che mai.

Allora io e mia moglie ci siamo un po’ informati e abbiamo scoperto che si tratta di una delle più antiche città della Scandinavia, anche detta penisola scandinava, che è quell’area geografica che comprende anche la Norvegia, la Svezia e parte della Finlandia.

Abbiamo ad esempio scoperto che ad Aahrus c’è la sede della importante marca di birra Ceres.

Per quanto riguarda i monumenti c’è una cattedrale che risale al XIII secolo, e si tratta della cattedrale più grande della Danimarca. Spero avremo occasione di visitarla.

C’è poi dal punto di vista culturale una chiesta storica importante, la Vor Frue Kirke (spero che la pronuncia non sia così tremenda (valutate voi e fatemi sapere) mi scuso se faccio grossi errori). Poi c’è anche Il Palazzo di Marselisborg (Marselisborg Slot) da visitare che è invece una residenza reale.

Poi c’è un museo d’arte: ARoS è il suo nome, il Teatro, il Municipio e l’antico borgo, o la vecchia città (Den Gamle By), che è una ricostruzione di un vecchio villaggio danese, quindi si tratta di una ricostruzione della vita urbana dal Settecento fino agli Anni ’70 – che permette al visitatore di immergersi fisicamente nel passato. A me piacerebbe visitare questo posto.

Non lontano dalla città ci sono molte spiagge, boschi e altre cose da esplorare, basta prendere una bella bicicletta. Sono molto curioso personalmente di vedere anche le pietre runiche di Jelling, uno dei patrimoni dell’umanità dichiarati dall’UNESCO, e poi anche i fiordi e le fantastiche coste danesi. Molta natura quindi da vedere.

È una popolazione molto giovane, la più giovane della Danimarca. Infatti ci sono moltissimi studenti.

Nonostante questo la città però è una delle più antiche della Danimarca.

La cosa che mi ha colpito maggiormente però è che, udite udite, degli studi recenti hanno stabilito che gli abitanti di Aarhus sono i più felici della Danimarca.

Ecco un altro bel motivo per cui visitare questa bella città. Grazie ancora a Lya che ci ha dato questa opportunità.

Fortunatamente ci sono attrazioni un po’ di tutti i tipi e per tutti i gusti, per cui credo che non ci annoieremo. Tra l’altro vale la pena di non trascurare neanche lo shopping, e quindi non mancheremo di visitare il Quartiere Latino.

Mia moglie tra l’altro ha dato un ordine preciso: impossibile non eseguire!

Dal punto di vista della democrazia, della crescita e dello sviluppo, pare che Aarhus sia all’avanguardia, quindi ho letto che si sta andando verso un modello basato sulla sostenibilità dell’ambiente e della società, verso un modo di vivere che non consumi più risorse di quelle che produce quindi. Un modello basato anche sulla diversità in generale, quindi sul rispetto alle altre culture, a tutte le religioni e tutte le forme di diversità. Riguardo alla democrazia ed alla cooperazione, questi credo siano il punto forte dei danesi in generale e questo era noto anche a me, che dall’Italia, come un po’ tutti i miei concittadini, vediamo i danesi come un esempio di democrazia, di onestà e di progresso.

Insomma è una città con una forte propensione al cambiamento. Il motto della città, la frase che rappresenta la città Let’s Rethink (che dovrebbe significare qualcosa come “Ripensiamo, ripensiamoci”, induce, spinge a pensare, a ripensare la società, e pare che esprima proprio questo spirito innovativo di Aarhus, dove tutti i cittadini sono inseriti e motivati alla partecipazione. In un ambiente del genere potete immagina come tutto funzioni meglio: tutti sono molto più felici e di conseguenza anche i servizi pubblici e privati vengono erogati con puntualità ed efficienza.

Speriamo con tutto il cuore di venire contagiati da questo spirito e portare un po’ di tutte queste belle caratteristiche al nostro ritorno in Italia. Sicuramente ne saremo arricchiti.

Voi a questo punto mi direte: è tutto perfetto ad Aarhus?

Scommetto che si mangia male! Questo mi sono detto. Questo ho pensato. Ci scommetto quello che volete! Solo in Italia si mangia bene. Ebbene: scommessa persa! Se avessi scommesso avrei perso tutto: avrei sbancato! Completamente!

Fortunatamente non ho scommesso, anche perché avendo perso, e in mancanza di soldi per terminare la vacanza avremmo dovuto cercare un lavoretto per arrotondare.

Infatti Aarhus pare non tema confronti neanche sulla gastronomia. Beh, vedremo se è così. Vi faremo sapere. Cercheremo di assaggiare il pesce locale e tutte le specialità del posto e vi faremo sapere se secondo noi il cibo e la cucina valgono il titolo di “Regione Europea della Gastronomia 2017”.

Purtroppo non potremo partecipare al Food Festival di Aarhus, (peccato!) che sarà qualche giorno dopo, ai primi di settembre, ispirata alla cultura culinaria sostenibile. Non disponiamo di tanti giorni di vacanza purtroppo.

Non potremo partecipare neanche al Festival di Aarhus (Aarhus Festuge) che si svolge dalla fine di agosto ai primi di settembre. Un festival di arte e cultura anche noto col nome di WindMade (cioè fatto col vento), e questo perché il festival è alimentato dall’energia del vento, dall’energia eolica. Prima infatti parlavo di sostenibilità.

Si tratta di uno dei più grandi eventi culturali della Scandinavia dove ci saranno una vasta gamma di eventi culturali, dal teatro alla musica e letteratura, fino alla gastronomia alle arti visive e l’architettura.

Insomma ci perderemo un po’ di cose di Aarhus, ma sono sicuro che avremo modo di apprezzare ugualmente la città e che le nostre aspettative non saranno disattese. La data del nostro viaggio d’altronde è stata dettata da esigenze diverse. Non potevamo predisporre il nostro viaggio in una data diversa da questa purtroppo.

Ok, credo sia il caso di liquidarci per oggi, speriamo di aver reso piacevole l’ascolto raccontandovi del nostro programma di viaggio ad Aarhus e di aver riscosso quindi il vostro interesse.

Il podcast volge al termine. Un saluto da Roma.

I verbi professionali: ASSUMERE

Sommario del corso di Italiano Professionale

Audio

 

Trascrizione

“Complimenti, le comunico che lei è stato assunto!”

Ti piacerebbe se dicessero proprio a te questa frase?

In effetti l’emozione che si prova è molto forte.

A me è capitato, un paio di volte, ma ho semplicemente letto una lettera raccomandata, che mi è quindi arrivata per posta, lettera con la quale mi veniva comunicata l’assunzione.

Quindi finalmente avevo un lavoro.

Assumere quindi è il verbo numero quindici della categoria verbi professionali, ed è facile capire naturalmente perché si tratta di un verbo professionale.

Normalmente infatti chiunque ottenga un lavoro, un lavoro regolare intendo, viene assunto…

—–

Il file MP3 da scaricare e la trascrizione integrale in PDF di questo episodio  è disponibile per chi ha acquistato il corso di Italiano Professionale o chi ha acquistato solamente la sezione “verbi professionali”. 

——

prenota-il-corso

SEI INTERESSATO SOLAMENTE AI VERBI PROFESSIONALI?

Puoi inserirlo nella tua richiesta

ASSUMERE