890 Sotto Natale

Sotto Natale

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Continuiamo a parlare di prossimità e di imminenza, dopo aver visto differenti episodi in merito: la soglia, a ridosso, alle porte, e la vigilia.

Oggi parliamo del termine “sotto” che ugualmente, oltre agli altri mille utilizzi, può avere un senso legato al tempo e in particolare può indicare prossimità, vicinanza, imminenza.

Ad esempio, oggi è il 28 dicembre quindi siamo sotto le feste natalizie, siamo, al limite, anche sotto Natale, ma non siamo certamente sotto Pasqua.

Qualcuno poi, se sta studiando intensamente perché ha un esame nei prossimi giorni, può dire di essere sotto esame.

In questo caso si può dire anche durante l’esame stesso, proprio nel momento dell’esame.

Si dice anche, allo stesso modo, essere sotto anestesia, ma in questo caso solamente quando abbiamo effettivamente l’anestesia che sta facendo effetto.

Non possiamo usare “sotto anestesia” per indicare un periodo immediatamente precedente.

Questo utilizzo di “sotto” legato alla vicinanza, all’imminenza di un avvenimento particolare, non si può usare però per qualunque evento.

Si usa spesso nel linguaggio informale nel caso delle festività, e dunque se siamo sotto Natale vuol dire che siamo vicini al Natale, quasi sempre poco prima o al limite all’interno del periodo delle feste natalizie.

Spesso, questo utilizzo di “sotto” trasmette un’emozione come stress o preoccupazione:

Non possiamo andare sotto natale a Roma, i biglietti sono troppo cari.

Anche il fatto di essere sotto esame è abbastanza stressante, e figuriamoci quando siamo sotto anestesia.

La stessa cosa accade con essere sotto botta (informale, per descrivere un momento difficile, successivo a un evento negativo), sotto stress, cioè essere in un particolare periodo stressante per via di qualche attività preoccupante o di qualche avvenimento che desta preoccupazione, come un esame, ma non solo.

Non mi soffermo a analizzare tutti gli usi di “sotto” perché li vedremo in altri episodi di questa stessa rubrica.

Vi dispiace? Ma no, dai, scommetto che sotto sotto siete contenti di questo!!

Adesso ripassiamo un po’:

Flora: non so se è molto attinente all’episodio di oggi, ma vorrei farvi notare che l’anno nuovo è ormai alle porte! È il momento dei buoni propositi! Voi ne avete?

Sofie: quest’anno niente. Comunque spesso non riesco a dare seguito a tali propositi.

Rauno: A volte ho preso buoni proposti per l’anno nuovo, ma ogni tre per due la misura è stata colma dopo qualche mese. A me non risulta utile pormi troppe regole.

Estelle: Appena iniziato l’anno è già finito! Mi impegno ad ascoltare tutte le lezioni dell’anno passato! Ho abbozzato un piano che non ti dico!

Marcelo: Rauno, è vero! Su questo, andiamo proprio a braccetto. Cerco di vivere ogni momento seguendo un comportamento retto e corretto. Se mi succederà poi qualcosa di buono che non mi aspettavo, sarà tanto di guadagnato.

Peggy: raga, dai, diciamoli questi benedetti propositi, senza troppe remore, tanto per parlare e senza troppe responsabilità. Alle perse, li diremo ex novo alla fine del 2023.

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Gli esercizi su questo episodio (con soluzione) sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Essere sotto Natale - esercizi

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La gatta frettolosa fa i figli ciechi

La gatta frettolosa fa i figli ciechi

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Conoscete questo famoso proverbio italiano?

La gatta frettolosa fa i figli ciechi.

Non bisogna mai fare le cose di fretta.

Questo è il senso del proverbio, perché se si fanno le cose di fretta, riescono male.

Notiamo prima di tutto che nella frase “fare le cose di fretta” si usa la preposizione “di” e non la preposizione “con”, anche se probabilmente sembrerebbe più logico.

Infatti il contrario è “fare le cose con calma”.

La stessa preposizione “di” si usa quando si dice “sono di fretta” o “vado di fretta“, e più in generale “andare o essere di fretta”, cioè quando si ha un impegno urgente e non c’è molto tempo da dedicare ad altre questioni.

Scusa, sono di fretta! Non posso aiutarti!

Vai di fretta? Come mai?

Come mai così di fretta?

A volte, proprio come ho appena fatto, anche in assenza del verbo.

“Avere fretta” va invece sempre senza alcuna preposizione.

Chi va di fretta si dice che è frettoloso, da non confondere con freddoloso, cioè con la persona che ha sempre freddo.

La persona frettolosa si riconosce perché procede o agisce con fretta (adesso si usa con), fa tutto velocemente, va a passo spedito, perché ha un impegno, ha tante cose da fare e non può fare altrimenti; non può dedicare il giusto tempo alle cose.

Si tratta di un aggettivo utilizzato spessissimo in senso negativo. Infatti non si usa mai per le proprie azioni, se non come autocritica. Non si dice mai:

Scusa, sono frettoloso, devo sbrigarmi.

Si dice invece:

Scusa, ho fretta..

Scusa, vado si fretta…

Scusa, sono di fretta…

Si preferisce usare frettoloso in modo negativo:

Non esser troppo frettoloso nel giudicare!

Sono stato troppo frettoloso e il lavoro mi è venuto male.

Un lavoro frettoloso è allora non solo un lavoro fatto di fretta, ma è anche sommario, superficiale, precipitoso, sbrigativo.

Le cose vanno fatte con il giusto tempo, quello che ci vuole.

Il proverbio dice che “la gatta frettolosa fa i figli ciechi”.

Questo rende abbastanza bene l’idea, no?

Chi va piano va sano e lontano.

Questo però è un altro proverbio!

Un proverbio, quello di oggi, che si può usare come consiglio a chi fa le cose di fretta, credendo che in questo modo possa riuscire a fare un maggior numero di cose.

Facciamo un piccolo esercizio di ripetizione?

La fretta

Avere fretta

Andare di fretta

La fretta è cattiva consigliera

Fare con calma

Frettoloso

La gatta frettolosa.

La gatta frettolosa fa i figli ciechi

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889 La vigilia

La vigilia

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Dopo aver visto la soglia, a ridosso e alle porte, oggi parliamo della vigilia, che si può usare in modo abbastanza simile.

Infatti il termine vigilia non si usa solo per indicare la Vigilia di Natale, la Vigilia di Pasqua, o di capodanno.

Sappiamo che quasi sempre si sta parlando del giorno precedente (cioè del giorno che precede) una solennità religiosa.

Quindi, ad esempio, la Vigilia di Natale è il 24 dicembre di ogni anno. Si tratta del giorno prima, più informalmente.

In realtà, per un qualunque evento che consideriamo importante possiamo indicare il giorno precedente come la vigilia:

La vigilia del mio compleanno

La vigilia del nostro anniversario di matrimonio

La vigilia dell’esame di italiano

Ecc.

Ancora più in generale però, non solo si può trattare del giorno precedente, ma del tempo, del momento immediatamente precedente un determinato evento. Non nello stesso giorno però.

Allora non è sempre detto sia esattamente il giorno precedente. Si parla di un momento vicino precedente.

Mi sono ammalato proprio alla vigilia della partenza per le vacanze in Italia.

Quindi mi sono ammalato poco prima di partire per l’Italia. Ciò che conta è che non sono potuto partire e non è detto sia esattamente il giorno precedente.

Siamo alla vigilia della terza guerra mondiale.

Questo spero sia solo un altro esempio…

Vigilia, notate bene, ha solo sette lettere, quindi è vigilia e non “vigiglia”, che fa rima con vaniglia e pastiglia.

La pronuncia è quasi la stessa, e veramente “vigilia” ha una pronuncia più semplice rispetto a vigiglia. Meno male!

Bisogna ricordarsi che per usare il termine vigilia, si tratta sempre di un evento di una certa importanza, religioso o non religioso, positivo o negativo. Generalmente poi, parlando di eventi (la vigilia si usa praticamente solo in caso di eventi), se vogliamo fare dei confronti – usare “la soglia” trasmette il senso di un limite da non superare, mentre il termine “ridosso” trasmette una maggiore ansia che deriva dal fatto che il tempo che manca sta diminuendo sempre di più e poi “a ridosso”, come abbiamo visto, indica semplice prossimità, vicinanza, quindi si usa anche per eventi all’interno dello stesso giorno (es. Fare una riunione troppo a ridosso di un’altra).

Piccole differenze ma abbastanza importanti.

Adesso ripassiamo qualche episodio precedente.

Hartmut: qual è il peggior regalo che avete ricevuto? Per quanto mi riguarda, bisogna risalire al 1980 per ricordarne uno gradito.

Peggy: Ma va’! Su serio? 42 anni fa? Non ti ha detto proprio bene, visto che ora ne hai 42, segno che non hai mai ricevuto neanche un bel regalo. Poverino/a!

Ulrike: non sapevo che Hartmut fosse già entrato negli anta. Tiene proprio bene gli anni. Comunque buono a sapersi. La prossima volta che mi chiama “zia” con quel tono spiritoso saprò come rispondere!

Marcelo: benché ne abbia ricevuti molti di regali inutili, a me non piace passare per ingrato. Preferisco giudicare le buone intenzioni di chi lo fa! Ce ne fossero sempre di ben intenzionati!

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888 A saperlo, basta saperlo e buono a sapersi

A saperlo, basta saperlo e buono a sapersi (scarica audio)

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Oggi vediamo tre diverse locuzioni in cui si usa il verbo sapere. Sarà forse un episodio più lungo del solito ma vedrete che ne varrà la pena.

Le prime due sono “a saperlo” e “basta/bastava saperlo“, che sono abbastanza simili ma non proprio uguali.

Vi faccio subito qualche esempio con le due locuzioni:

Ieri il mio amico brasiliano André mi ha detto che oggi si sarebbe trovato a Roma. Accidenti, a saperlo mi sarei organizzato! Ormai è tardi, ho altri impegni.

Bastava saperlo un paio di giorni prima!

A saperlo” si usa quando è troppo tardi per fare qualcosa. In pratica stiamo dicendo cosa avremmo fatto se avessimo avuto prima una certa informazione.

A saperlo mi sarei organizzato!

Cioè: se avessi saputo che venivi a Roma, mi sarei organizzato per vederci, avrei organizzato qualcosa, eccetera.

Si può anche dire “(ad) averlo saputo prima”.

Sono modalità colloquiali entrambe che significano “se lo avessi saputo prima”.

Più comunemente, nella lingua parlata si usa “se lo sapevo“, che non è il massimo dal punto di vista grammaticale, ma si sa che la lingua parlata è a volte poco rispettosa della grammatica.

Vediamo altri esempi con “basta saperlo” e “bastava saperlo

Se vieni a Roma, mandami un messaggio. Basta saperlo in anticipo e organizzo qualcosa, se vuoi.

Oppure:

Non ti avvicinare a quel ristorante perché cucinano benissimo ma è molto caro. Basta saperlo, poi vedi tu.

Oppure:

Sappi che puoi tranquillamente andare a fare i regali di Natale il giorno 23 dicembre, ma troverai una bolgia di persone. Basta saperlo.

Oppure:

Mi potevi dire che il ristorante era così piccolo. Bastava saperlo e avrei prenotato altrove.

Quindi c’è qualcosa che non so, che non conosco, che mi ha impedito di fare una certa azione. Se avessi saputo, avrei agito diversamente.

Questa situazione accomuna le due locuzioni “a saperlo” e “basta/bastava saperlo” ma la prima è più informale, riguarda in genere la persona che parla, ed è piu adatta a fare esclamazioni di sorpresa, soprattutto quando ormai è troppo tardi per fare qualcosa.

Si usa spesso insieme a “peccato!”.

Es:

Peccato che eri a Roma e non ci siamo visti. A saperlo avrei organizzato qualcosa.

La seconda invece (basta saperlo) è più adatta quando si tratta di programmare qualcosa, tipo:

Dimmi se vieni a cena stasera, che ti preparo qualcosa di buono. Basta saperlo almeno un’ora prima.

Al passato invece (bastava saperlo) si usa quando ormai è tardi, quindi del tutto simile a “a saperlo“, ma stiamo adesso commentando un evento passato, quindi magari ci stiamo giustificando oppure stiamo rimproverando una persona che non ci ha avvisato prima.

Aggiungo che “se lo sapevo” può sostituire spesso sia “a saperlo“, che “bastava saperlo”, però quest’ultima è più adatta a concludere una frase.

Es:

Se mi avessi detto che venivi a cena, ti avrei preparato qualcosa. Bastava saperlo.

Oppure:

Se mi dicevi che avevi anche un altro uomo oltre me, non mi sarei fatto illusioni. Bastava saperlo.

Riguardo a “a saperlo”, è bene dire che si può trovare anche in frasi diverse, tipo:

Come faccio a saperlo?

Come facevo a saperlo?

Oppure:

Domani pioverà? Si fa presto a saperlo, basta guardare le previsioni del tempo.

In questi casi però il senso è ovviamente diverso.

Passiamo adesso a “buono a sapersi“, una semplice locuzione che si usa quando si riceve un’informazione che potrebbe risultare utile in futuro. Stavolta l’informazione è arrivata e ci potrebbe servire in futuro. Un’informazione potenzialmente utile.

Vieni a Roma il prossimo gennaio? Buono a sapersi, mi organizzo!

Quindi “buono a sapersi” non si usa dopo, ma prima.

Davvero bisogna sempre mangiare la carne insieme alla vitamina c per assorbire il ferro? Buono a sapersi! La prossima volta compro delle arance insieme alle bistecche.

Veramente iscrivendosi all’associazione Italiano Semplicemente si può visitare l’Italia, incontrarsi con gli altri membri e parlare l’italiano in diverse occasioni? Buono a sapersi, così per il prossimo anno ci penserò!

Altri esempi prima del ripasso finale. Usiamo le tre locuzioni imparate:

Hai comprato la carne per cena senza dirmi nulla? Cavolo! A saperlo non avrei fatto la spesa!

Se vai a fare la spesa dimmelo, così non ci vado anch’io.

Basta saperlo. Ok?

Hai già fatto la spesa? Bene, buono a sapersi, così io mi riposo!

Adesso ripassiamo!

Anne Marie: di già? A saperlo avrei preparato un ripasso con calma! come te ne esci così all’improvviso?

Ulrike: ma sai bene che ogni giorno esce un nuovo episodio. Non fare la gnorri, Anne Marie.

Anthony: la fai facile tu che non hai altro da fare durante il giorno!

Komi: dai, non alzate polveroni inutili per una sciocchezza! In compenso io, che non brillo per improvvisazione, sono stato previdente e ho preparato una frase di ripasso coi fiocchi! Almeno spero…

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887 Ce ne fossero

Ce ne fossero (scarica audio)

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Ricordate l’episodio 507 in cui abbiamo parlato di avercene e averne?

Oggi parliamo di un modo assolutamente equivalente per esprimere lo stesso concetto.

Ce ne fossero”.

Questa è la modalità che spesso viene usata dagli italiani per esprimere un apprezzamento, per fare un complimento, per sottolineare l’importanza o la qualità di qualcosa o qualcuno, e soprattutto la difficoltà nel trovare qualcosa di simile.

Nel caso si avercene o averne usiamo il verbo avere; stavolta usiamo il verbo essere, perché “fossero” è il congiuntivo del verbo essere.

Ancora una volta, si sta parlando di esprimere questa importanza attraverso un desiderio, quello che esistano (cioè che ci siano – verbo essere) altre persone o altre cose simili a questa.

Nel caso di “avercene” e “averne” usiamo invece il verbo avere, perché, come si è detto in quella occasione, si esprime il desiderio di “avere” qualcosa o qualcuno di simile alla cosa in questione.

Per capire meglio e imparare a usare questa nuova locuzione, voglio farvi gli stessi esempi dell’episodio che abbiamo dedicato ad “avercene” , ma usando stavolta il verbo essere anziché il verbo avere.

Se allora vogliamo sottolineare che Mario è uno studente perfetto, che studia, uno studente educato e disciplinato, che non crea problemi, rispetto a tanti altri studenti che invece hanno meno qualità, posso dire:

(ad) avercene di studenti come Mario!

Averne di studenti come Mario

Ma anche

Ce ne fossero di studenti come Mario!

Il senso è sempre il medesimo: le qualità di Mario non sono molto comuni (sono merce rara, potremmo dire) e ci piacerebbe avere molti studenti come Mario, oppure ci piacerebbe che ci fossero più studenti come Mario. Vediamo il secondo esempio:

Se io parlo con un amico e dico:
Mio figlio ha un problema a scuola. Non sa se avrà la media del 9 o quella del 10.

Il mio amico potrebbe rispondermi:

(ad) avercene di questi problemi!

Averne di questi problemi!

Oppure:

Ce ne fossero di questi problemi

Anche in questo caso, che usiamo il verbo essere o avere, la risposta è ovviamente ironica.

Non è vero che il mio amico vorrebbe altri problemi come questo. Il senso della battuta è che non sono questi i veri problemi della vita.

Terzo esempio:
Un allenatore di una squadra di calcio, di fronte a delle critiche rivolte ad uno dei suoi calciatori, per sottolineare che lui non è d’accordo, può dire:

(ad) avercene di calciatori come lui!

Averne di calciatori come lui!

Oppure:

Ce ne fossero di calciatori come lui

Qualunque sia la versione che usiamo, ricordiamoci che si usano prevalentemente sia per fare un complimento, sia effettivamente per sottolineare che ce ne sono veramente poche di persone o cose così! Oppure per fare una battuta.

Poi un’ultima cosa. Non possiamo usare “ce ne siano di…” ma solamente “ce ne fossero di”, quindi usare il congiuntivo imperfetto e non il congiuntivo presente.

Questo è fondamentale perché altrimenti non verrete compresi da una persona madrelingua. Anche il tono da usare è importante.

Adesso ripassiamo qualche espressione degli episodi precedenti.

Ci aiuterà come al solito qualche membro dell’associazione Italiano semplicemente.

Ce ne fossero di membri così!

marceloMarcelo: hai chiesto un ripasso Gianni? In questo momento sono alle prese con le cartelle di Google Drive di Italiano Semplicemente per capire se ho tutti gli episodi audio pubblicati sul sito.

Karin: e cosa ti trovo in una delle cartelle?

Peggy: cosa? Non ci tenere sulle spine! Mica ci avrai trovato foto di donne nude!

Edita: ma quali foto nude d’Egitto! Sta parlando sicuramente dei racconti scritti da Giovanni che ci legge il sabato quando gli viene l’ispirazione!

Ulrike: merce rara quei racconti! Ma non voglio sembrare ruffiano!

Irina: chissà che non gli venga ancora l’ispirazione. Capace che più in là magari ne sforna altri. Aspettiamo pazientemente.

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886 Alle soglie

Alle soglie (scarica audio)

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Alle soglie” è il titolo dell’episodio di oggi.

La parola soglia (il singolare di soglie) ha un significato e soprattutto un utilizzo che non è che sia proprio semplicissimo.

Esiste ad esempio la “soglia d’ingresso di una casa” che indica l’ingresso dell’abitazione, il punto da cui si entra in casa. Si usano frasi come: “mi sono fermato sulla soglia di casa”, “sono sulla soglia di casa”, eccetera, quindi la soglia indica il punto in cui si accede all’abitazione.

In genere si usa per indicare il punto in cui ci si trova, sottolineando in particolare che ancora non si è entrati in casa.

Notate che uso “sulla soglia“. Uso il singolare e poi uso “sulla“. Perché sottolineo queste due cose?

Perché in senso figurato (non poteva certo mancare l’uso figurato) il termine soglia indica invece un periodo iniziale di un’età o di una stagione. Questo dice il dizionario.

Es:

Sono alle soglie dei 50 anni.

Cioè ho quasi 50 anni, sto per entrare nei 50 anni, sono lì lì per entrare nei 50 anni. Uso prevalentemente il plurale e col plurale si usa in genere “alle”, ma potete usare anche il singolare “alla soglia”.

Posso comunque dire:

Sono sulla soglia dei 50 anni.

Oppure, un altro esempio:

Siamo alle soglie di una guerra mondiale.

Anche qui, siamo quasi arrivati alla guerra mondiale, manca poco tempo, pochissimo.

Si usa prevalentemente “soglie“, al plurale e si utilizza “alle“, come nel caso precedente.

Si può comunque dire (ma è meno frequente) “sulla soglia della guerra”. In questo caso usiamo “sulla”.

Come vedete ci sono affinità con la soglia di casa. Infatti quando siamo sulla soglia di casa, stiamo quasi per entrare in casa. Ma non siamo ancora entrati.

Dal punto di vista materiale, fisico, ogni ingresso ha una soglia, quindi anche una finestra o un garage.

Vediamo però un altro esempio in senso figurato:

La mia soglia del dolore è molto bassa.

Stavolta non c’è alle o sulla.

In questi casi, a parte il caso della soglia d’ingresso e simili, generalmente la soglia indica un particolare valore.

La soglia del dolore: Parlo in questo caso del livello minimo oltre il quale una sensazione viene percepita come dolore.

Siamo quasi arrivati al livello in cui avvertiamo dolore.

Si dice che la soglia del dolore degli uomini sia più bassa di quella delle donne. Ovviamente usiamo il singolare in questo caso perché ciascuno di noi ha la sua soglia (il suo limite) del dolore.

Notate che quando ho parlato dell’uso figurato, ho parlato dell’inizio di un’età, di un’epoca, di un periodo importante, di una stagione.

Non è usuale utilizzare la soglia però per indicare l’inizio di qualunque cosa.

Se tra cinque minuti inizia il mio lavoro, non si dice che sono alle soglie del lavoro perché si deve tratta di un periodo, un’età, un’era, non di una attività.

Potrei anche dire che sono alle soglie di una crisi di nervi.

Ricordate questa frase? L’abbiamo usata nell’episodio dedicato all’orlo. Solitamente si usa “l’orlo di una crisi di nervi” ma si può usare anche la soglia. È sempre un valore limite.

Poi puntualizziamo che non è proprio l’inizio, ma siamo un attimo prima.

La guerra è imminente? Allora siamo alle soglie di una guerra. La guerra è iniziata? Ancora no.

Sto per avere una crisi di qualunque tipo?

Posso allora dire che sono sulla soglia di una crisi economica/nervosa eccetera.

Ma quante sono le soglie di uso comune?

Oltre a quelle già citate, molto usata è la soglia della vecchiaia.

Se sono sulla soglia della vecchiaia evidentemente mi reputo non più giovane e sento che tra non molto tempo sarò una persona anziana.

Ma la soglia come detto può indicare anche un determinato valore.

C’è infatti, oltre alla soglia del dolore, anche la soglia di rischio, cioè il valore minimo (valore di soglia) oltre il quale un dato fenomeno diventa pericoloso. Dopo quel valore di soglia (si chiama proprio così) siamo in pericolo.

Pensiamo al livello del colesterolo nel sangue. Meglio non superare il valore soglia.

Non bisogna superare, oltrepassare quel valore. Questo vale per tutte le sostanze tossiche ad esempio.

Ci può essere una soglia inferiore, quella di cui abbiamo appena parlato, ma anche una soglia superiore, che è quella da non superare.

Pensiamo alla soglia di età oltre la quale si deve andare in pensione obbligatoriamente. Ci sono tantissime soglie che indicano un valore minimo o massimo.

Diciamo che da un punto di vista tecnico la soglia è un valore massimo o massimo, ma i due concetti visti si avvicinano molto.

Si usano anche molto spesso frasi come:

L’estate è ormai alle soglie.

Si dice anche spesso “alle porte” al posto di “alle soglie”.

Qui, nuovamente, siamo in un momento immediatamente precedente (ci siamo quasi) a qualcosa (all’estate in questo caso).

Se usiamo il termine “porte” (solo al plurale) non indichiamo mai un valore limite (il valore soglia) ma solo un momento immediatamente precedente a qualcosa. Si usa solamente in questo modo: essere alle porte, trovarsi alle porte. Qualcosa è molto vicino, è imminente, è prossimo: qualcosa è alle porte, cioè siamo alle soglie di qualcosa.

Tra 15 anni sarò alle porte della pensione. La vecchiaia è alle porte, e con essa tutti gli acciacchi dell’età. Che volete, in fondo, è sempre meglio invecchiare che non invecchiare, no?

Pensateci e nel frattempo ripassiamo qualche episodio passato.

Mariana: la bellissima finale mondiale tra Argentina e Francia, si è conclusa con l’incoronazione di Lionel Messi. Tutto molto bello, ma avete visto cosa è successo durante la premiazione? Messi è stato ricoperto non solo di applausi, ma anche da una sorta di vestaglia del Qatar. C’è chi dice che questa sia una vera umiliazione a cui non avrebbe dovuto prestarsi.

Rafaela: avrebbe dovuto subito disfarsi di quell’obbrobrio di maglia

Peggy: Ci sono quelli che dicono che sia proprio questa scena che ha fatto venire a galla la differenza tra Messi e Maradona e questo diviene di conseguenza un pretesto per contestare Messi
Che, quanto aclasse, ne ha da vendere anche lui. Ma ti pare che Messi debba essere sempre valutato confrontandolo con Maradona?

Marcelo: beh, differenze ce ne sono eccome! Tanto per dirne una, Lionel segna solo coi piedi.

Irina: non mi sembra il caso adesso di fare polemiche sterili. Viva l’Argentina e viva la Francia. Ce ne fossero di partite come questa finale!

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885 Alle prese (episodio n. 2)

Alle prese (episodio n. 2)

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Alle prese” è il titolo dell’episodio di oggi, molto simile all’ultimo, che si intitolatava “alle perse“.

Lo so, abbiamo già trattato questa locuzione (era l’episodio n. 653), ma un ripasso non fa male. Stavolta però voglio sottolineare aspetti diversi di questa locuzione e volevo farvi notare anche che basta invertire due lettere per far cambiare però completamente il significato: alle perse, alle prese.

La similitudine però è solamente nella scrittura.

Sul web spessissimo, probabilmente come refuso, cioè errore nella battitura, si confondono le due locuzioni e si usa spesso una in luogo dell’altra (cioè una al posto dell’altra).

Quella di oggi (alle prese) è in realtà, come abbiamo già visto, un po’ più lunga: “essere alle prese con” qualcosa.

Si utilizza quando siamo impegnati in una attività in genere non troppo piacevole, che ci impedisce di fare altre cose. A volte persino ci impedisce di pensare ad altre cose. Questo è un aspetto che nel primo episodio non avevo sottolineato.

La prima volta l’attenzione era stata posta soprattutto sulla preposizione “con”.

Es:

Ciao Giovanni, ti disturbo? Hai da fare?

Risposta:

Veramente si, sono alle prese con un mobile che sto cercando di montare.

Quindi questo significa che sono molto impegnato col montaggio di questo mobile e questo (quasi sempre è così) mi impedisce di pensare ad altro o di fare altre cose.

Quasi sempre questa attività è un vero e proprio problema che ci procura noie e fastidi (una noia, per chi non lo sapesse, è un problema, non troppo grave, quindi più vicino a disturbo o fastidio).

Es.

Sono alle prese con un problema che non riesco a risolvere.

Cioè: sto cercando di risolvere un problema che mi dà noia.

Stiamo affrontando un problema difficile, ci stiamo cimentando in un’attività complicata.

Si usa anche dire: trovarsi alle prese con un’attività, un problema.

Quindi potete usare sia il verbo essere che il verbo trovarsi.

Anche questo non l’avevo detto la volta scorsa.

Es:

In questo momento mi trovo alle prese con la polizia che sta controllando i documenti dell’automobile. Ti chiamo più tardi.

Ricordate che quando fate un’attività piacevole, meglio non usare questa espressione. Io ad esempio, se dicessi che in questo momento sono alle prese con la scrittura di un episodio di italiano semplicemente, potrei farlo solo se trovassi complicata questa scrittura, oppure se questo mi impedisce di fare altre cose, in genere più piacevoli.

Non è il mio caso.

Si tratta generalmente di problemi reali, di attività concrete e specifiche che in genere, spesso inaspettatamente, risultano più complicate o lunghe del previsto.

Pertanto, se devo semplicemente e genericamente lavorare e questo mi impedisce di andare in vacanza in Italia, non si usa dire di essere o di trovarsi alle prese con il lavoro.

In questi casi basta usare frasi più semplici, tipo:

Purtroppo dovrò lavorare.

Se non fossi impegnato col lavoro verrei sicuramente.

Invece si può dire:

Non so, potrei essere ancora alle prese con un cliente e non so se riesco a liberarmi.

Recentemente mi trovo alle prese con difficoltà economiche impreviste. Purtroppo non posso venire in vacanza con voi in Italia.

Se non fossi ancora alle prese con la mia malattia, sarei venuto sicuramente.

Adesso vi lascerò alle prese con un bel ripasso degli episodi precedenti, letto da alcuni membri dell’associazione Italiano Semplicemente. Poi, qualora siate membri dell’associazione Italiano Semplicemente potete anche mettervi alla prova con gli esercizi di questo episodio.

Ciao, alla prossima.

Peggy: Gianni, allora se ci lasci alle prese con un bel ripasso degli episodi precedenti… vuol dire che non sarà piacevole?
O volevi solo scherzare? 🙂

Ulrike: Mera ironia mi pare…

Danielle: da molti giorni ormai sono alle prese con un brutto raffreddore. Non è che qualcuno di voi potrebbe darmi dei consigli su cosa fare? Attendo lumi. Grazie.

Marcelo: io direi di andare dal dottore. Magari non è nulla di trascendentale, ma non si sa mai.

Rauno: eccomi qua, sono il dottore. Vieni nel mio studio. Non prendere alla leggeraneanche un banale raffreddore, perché da qualche giorno a questa parte ho visto molti avere la broncopolmonite. Fintantoché siamo in tempo, possiamo evitare di trascurarci, no?

Peggy: che fortuna che hai ad avere un medico così premuroso. Il mio è di una freddezza che non ti dico. Se tanto mi dà tanto, deve avere una vita veramente squallida!!

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884 Alle perse

Alle perse

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Indice degli episodi

Trascrizione

In questo episodio vorrei parlare della locuzione “alle perse“. C’è il verbo perdere.

Come punto di partenza vi dico che abbiamo già incontrato una espressione simile: “perso per perso“. Anche qui c’è il verbo perdere.

Ho detto simile ma non uguale, infatti le due espressioni non hanno lo stesso significato.

“Perso per perso”, come abbiamo visto, indica una situazione in cui è bene fare qualcosa che può portarci dei benefici, considerando che in ogni caso l’obiettivo principale è stato fallito. Questo è molto importante.

Quindi siamo di fronte ad una una situazione ormai compromessa e allora si cerca di ridurre i danni, perché comunque non costa nulla: bisogna quindi salvare il salvabile e minimizzare il danno.

Invece se usiamo “alle perse”, siamo in una situazione simile, ma non è detto che abbiamo una situazione del tutto compromessa. C’è un’ultima possibilità. Ancora possiamo salvare il nostro obiettivo principale.

Abbiamo anche visto un’altra espressione molto simile: “extrema ratio“, che però non è informale come “alle perse“. “Alle perse” spesso somiglia molto a “al limite“, e anche a “tutt’al più“. Alle perse è simile ma tra le altre cose è molto più informale e si usa quasi esclusivamente come modalità colloquiale. Come abbiamo detto anche nell’ultimo episodio, anche “male che va” è informale e più o meno equivalente.

Si apre la strada ad una possibile alternativa, proprio come “al limite”, “tutt’al più” eccetera, ma stavolta si tratta di un’ultima opzione, che si può usare quando e se le altre non dovessero funzionare, come se ci trovassimo in una situazione di emergenza e cercassimo di limitare i danni.

Non possiamo usare di conseguenza “alle perse” in senso positivo (es: “bene che va”, “nella migliore delle ipotesi”) perché il termine “perse” sta ad indicare che le altre possibilità sono “perse”, cioè sfumate, “andate” e quindi non possono più essere utilizzate, non sono più soluzioni reali. Resta in pratica solo un’ultima opzione.

Vediamo qualche esempio:

Sulla terra non c’è più rimasto più nessun uomo. Solo donne.

Una donna commenta:

Non c’è più nessun uomo. Peccato perché adesso, alle perse, mi sarei accontentata anche di mio marito.

Quindi questa donna (molto spiritosa), considerando che suo marito sarebbe stato l’unico uomo sulla faccia della terra, come ultima possibilità sarebbe stata felice anche di avere suo marito. Sempre meglio che niente!

Di solito si prospetta una situazione limite in cui resta solamente una possibile scelta.

Un secondo esempio:

Domani abbiamo la conferenza in cui dobbiamo presentare tutti i numeri del bilancio dell’azienda. C’è stato però un attacco hacker e potremmo aver perduto tutti i nostri dati. Proveremo ugualmente a presentare i nostri dati. Alle perse, potremmo far ricorso alla nostra ottima memoria!

Irina: ciao a tutti. Attualmente mi trovo in Calabria e sono ben 22 gradi.

Edita: beata te Irina, io sto finendo un lavoro e, tra l’altro, sono ancora a carissimo amico.

Rauno: in Finlandia fanno quattro gradi sotto lo zero. Manco fossimo agli antipodi….

Marcelo. Per fortuna qua in Uruguay siamo in estate e il tempo é bellissimo! E’ pressoché impossibile che il tempo ci giochi un brutto scherzo, ma se dovesse minacciare pioggia, appena vediamo la mala parata andiamo a fare bisboccia al riparo a casa mia!

– – – – –

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883 Tutt’al più

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Indice degli episodi

Trascrizione

Cosa significa tutt’al più?

Vi posso dire con certezza che i non madrelingua italiana non usano mai tutt’al più.

A questo punto potrei dirvi che neanche i ragazzi italiani, almeno fino ai 18 anni lo fanno. Direi che tutt’al più potrebbero usarlo gli studenti universitari.

I giovani generalmente utilizzano altre modalità per esprimere lo stesso concetto, come ad esempio “al massimo“. Questa va bene sempre.

Spesso si usa anche “nel peggiore dei casi“. Uno straniero però tutt’al più potrebbe usare “nell’ipotesi meno favorevole” oppure “nell’ipotesi più favorevole“.

Spesso, un’alternativa informale, ma molto usata è “male che va” (se va male) ma a volte anche “bene che va” (se va bene) può andar bene.

Vediamo qualche esempio:

Marito e moglie si separano. Devono decidere come dividere le cose che hanno in casa. Il marito dice: la tv, il computer e il tablet li prendo io.

La moglie replica prontamente:

Non sono affatto d’accordo! Tutt’al più posso lasciarti quello scatorcio della tua automobile!

Arrabbiatissima la moglie!

Dunque la moglie è disposta tutt’al più a lasciare l’automobile al marito. Al massimo può fargli questa concessione, non di più.

Spesso c’è l’idea di una concessione massima, appunto; un livello massimo che si è disposti a concedere, come in questo esempio.

Un altro esempio:

Un ragazzo ci prova con una ragazza e le chiede se vuole fidanzarsi con lui. Lei potrebbe rispondere:

Io e te fidanzati? No, mi spiace. Potremo tutt’al più essere amici, ma niente di più.

Che antipatica!

Anche in questo caso “al massimo” è un ottimo sostituito di “tutt’al più”.

Anche “nella migliore delle ipotesi” potrebbe andar bene.

Somiglia molto anche a “al limite“, come a indicare una soluzione ammissibile a malapena o come ultima possibilità.

Un altro esempio:

Quanto costa questo appartamento? 500 mila euro? Tutt’al più potremmo discutere su 400 mila.

Quindi:

al massimo” sono disponibile a pagare 400 mila euro.

Si tratta chiaramente di una limitazione, di porre un limite alla cifra da pagare.

Al limite potremmo discutere su 400 mila euro.

Al massimo potremmo discutere su 400 mila euro.

Nella migliore delle ipotesi potremmo discutere su 400 mila euro.

Queste sono tutte frasi equivalenti.

Ammettiamo adesso di non avere il navigatore satellitare e che vi siate persi.

Non sapete dove andare ma potete comunque provare ad andare diritti e poi, tutt’al più, potete tornare indietro e cambiare direzione.

In questo caso “male che va” è un perfetto sostituto di tutt’al più.

Voi potreste dire ugualmente:

Qualora ci fossimo sbagliati, potremo tornare indietro

Se non è la strada giusta potremo tornare indietro

Se poi vediamo che ci siamo sbagliati potremo tornare indietro

Al limite possiamo tornare indietro

Nella peggiore delle ipotesi torniamo indietro

Dovesse andar male, torniamo indietro

Concludo con un ultimo esempio e poi vi lascio al ripasso del giorno. Se non ci sono problemi con questo episodio noi ci sentiamo al prossimo. Tutt’al più potete ascoltarlo o rileggerlo una seconda volta.

Tutt’al più come avete visto è una locuzione interessante e facile da usare. Quasi dimenticavo di dirvi che tutt’al più si scrive così, ma tutt’al più potreste scriverla anche tuttalpiù – tutto attaccato.

Ripasso in costruzione a cura dei membri dell’associazione

Marcelo:
Un boscaiolo stava tagliando degli alberi che aveva piantato da illo tempore. Era felice che non vi dico che ora fosse giunto il tempo di poterlì vendere a Natale.

M2:
*Si era fatto in quattro *e così riuscí a tagliare *ben* 15 alberi nel corso dei primi giorni.

M3: dopo un po’ però i numeri *iniziarono a prendere una brutta piega*.

M4: di giorno in giorno diventavano sempre di meno. Al che pensò:

M5:
*mannaggia*, non riesco a *capacitarmi* di come i numeri scendano.
*Nonostante* mi sforzi, taglio sempre meno alberi ogni giorno.

M6 : a me invece questo non colpisce affatto. Il motivo è palese. Devi riposarti, altro che storie!

M7: *ma va!*

M8: *secondo me sarebbe ora* di sistemare la sega! Si è consumata e va arrotata!

M9: oddio, non ci avevo pensato! Ma pensa un po’. Si sa, *il tempo stringeva* e ero così occupato a tagliare tutti questi alberi prima di Natale che ho scordato di *ritagliarmi del tempo* per curare lo strumento.

M10: si , posso immaginare, comunque sai, questo discorso vale un po’ per tutto nella vita, *che so, la salute per esempio
*coloro * che non *si prendono cura* di sé stessi ogni tanto , *può darsi* , che *paghino lo scotto* prima o poi.

M11: *parole sante*, direi. Ben detto!

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882 Merce rara

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Trascrizione

Il titolo dell’episodio odierno (cioè l’episodio di oggi) è “merce rara”.

Tutti voi sicuramente conoscerete sia il significato del termine merce che dell’aggettivo raro.

La merce è tutto ciò che viene commercializzato, cioè venduto o acquistato, in un negozio o comunque da persone che per mestiere operano nel commercio. La merce riguarda più specificamente i beni materiali che i servizi, sebbene anche i servizi possano essere venduti e acquistati.

Raro invece significa non comune, qualcosa che è difficile trovare, cioè qualunque cosa sia definibile una rarità.

Allora, la merce rara potrebbe essere un prodotto che difficilmente riusciamo ad acquistare perché si trova con molta difficoltà. In effetti può anche essere proprio così.

Questo però è il senso proprio dell’espressione.

Ad ogni modo l’espressione “merce rara” si usa normalmente anche per descrivere qualcosa di diverso da un prodotto in vendita. Allo parliamo di un uso figurato.

Si può parlare di merce rara infatti anche parlando di virtù o comunque di qualità poco comuni, quindi difficili a trovarsi tra le persone o anche tra qualcos’altro che non necessariamente sia della merce.

Che ne pensate dell’onestà?

Merce rara, non è vero?

E l’empatia? Merce rara anche questa?

A volte si usa questa espressione con tono di rassegnazione, dopo che abbiamo ricevuto una delusione per il comportamento di una persona che ci ha procurato problemi di qualche tipo. Altre volte vogliamo invece esaltare la qualità di una persona, sottolineando che questa qualità è merce rara, che quindi poche persone hanno.

In entrambi i casi l’espressione spesso è preceduta da “ormai“, ad indicare che una volta non era così, ma anche per dare più importanza a una qualità.

Ormai la fiducia è una merce sempre più rara.

La passione che Marco mette nel suo lavoro ormai è merce rara

La polenta che fa mia madre ormai è merce rara

Paola porta avanti il suo lavoro con trasparenza e sincerità, merce rara al giorno d’oggi. (volendo si potrebbe anche dire “merci rare” in questo caso, perché stiamo parlando di due qualità).

I membri dell’associazione Italiano Semplicemente sono merce rara; ascoltate che ripasso con i fiocchi che hanno realizzato.

Mary: Stamattina mi sono messa a cincischiare col mio telefono ed ero lì lì per organizzare la mia agenda settimanale quando di punto in bianco mi sono accorta che mancano pochissimi giorni alla fine dell’anno. Sembrava ieri l’inizio di novembre e non riesco ancora a capacitarmi che il mese all’improvviso sia già finito.

Peggy: eh già, puoi dirlo forte! Anch’io mi devo raccapezzare del fatto che novembre sia passato così in fretta e che mi abbia colto all’improvviso il mese di dicembre. Con tutte le faccende che devo ancora sbrigare entro la fine dell’anno, non mi illudo che riesca a compiere ciò che mi ero prefissa di fare.

Hartmut: Dai su ragazzi, datevi una regolata e piuttosto smettetela di girovagare come anime in pena, ché non si fa neanche in tempo a dire dicembre che è già la vigilia di natale.

Estelle: Con tutte le cose che vogliamo fare prima che finisca l’anno, mi vedo costretta ad aggiungere ancora un compito (sono una tradizionalista bell’e buona, lo so) , ovvero quello di comprare i regali di Natale! Nel giro di qualche giorno ci saranno code chilometriche in tutti i negozi. Tutti che vorranno accaparrarsi gli oggetti che quest’anno andranno per la maggiore. Cosa vuoi, pazzia totale!

Marguerite: Vacci piano Estelle, che io per esempio, con tre figlie adolescenti, non potrò mica accontentarle con un qualsivoglia regalo di Natale! Mi sa che anche quest’anno, mio malgrado, il tetto di spesa sarà molto alto e verrà sforato.

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