IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA – 2 minuti con Italiano semplicemente (n. 25)

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Trascrizione

Ogni medaglia ha il suo rovescio.

Sapete che una medaglia è simile ad una moneta, ma la medaglia è un premio, serve a riconoscere il valore di qualcuno, come un atleta sportivo che vince la medaglia d’oro, la medaglia d’argento o quella di bronzo se arriva primo secondo o terzo.

Le medaglie, come le monete, hanno due facce, una sotto ed una sopra.

Si chiamano facce perché spesso sulle monete e sulle medaglie c’è sopra l’immagine del re, o di qualcuno di molto importante, e la sua faccia era su una delle due parti.

Ogni faccia di una medaglia è il rovescio dell’altra, cioè sta dall’altra parte, dalla parte opposta. Basta rovesciare, cioè girare, voltare una medaglia per vederne il rovescio.

Ma il rovescio della medaglia è anche un’immagine figurata che si usa per lindicare l’altro aspetto di una situazione, il suo lato opposto.

Se parlo di una cosa bella, positiva, il rovescio della medaglia è una cosa brutta, negativa. Se invece sto parlando di un aspetto negativo, il rovescio della medaglia deve essere positivo.

Qualche esempio?

Invecchiando si diventa più saggi ed esperti. Il rovescio della medaglia purtroppo è la nostra salute e forma fisica che peggiorano con l’avanzare dell’età.

Una virus potrebbe uccidere la metà della popolazione mondiale. Ma per la salute del mondo e l’ambiente questa sarebbe una bella notizia. Questo è il rovescio della medaglia.

Anthony: Una politica economica restrittiva fa dimagrire, ma puoi rimettere i pantaloni del 1990

Bogusia: Ingrassare è il rovescio della medaglia del piacere di gustare un buon pasticcio.

Domande episodio n. 25

(1) Una MED _ _ _ _ _  è simile ad una moneta, ma la _ _ _ _ _ _ _ _ è un premio, serve a riconoscere il valore di qualcuno, come un atleta sportivo che vince la medaglia d’oro.

(2) Le medaglie, come le monete, hanno due F _ _ _ _, una sotto ed una sopra.

(3) Ogni faccia di una medaglia è il R _ _ _ _ _ _O   dell’altra, cioè sta dall’altra parte, dalla parte O_ _ _ _ _A.

(4) Ma “il rovescio della medaglia” ha anche un senso figurato e si usa per indicare l’altro  A_ _ _ _ _O di una situazione, il suo lato O_ _ _ _ _ O.

(5) Se parlo di una cosa bella, POS _ _ _ _ _ A, il rovescio della medaglia è una cosa B_ _ _ _ A, negativa.

(6) L’espressione “il rovescio della medaglia” si usa soltanto quando vogliamo descrivere l’aspetto opposto di un fatto (a) positivo (b) negativo (c) sia positivo che negativo.

(7) Uffa! Una mia amica ha disdetto l’appuntamento con me per andare a fare acquisti. Vabbè, il rovescio _ _ _ _ _ medaglia è che si risparmiano soldi.

Soluzioni:

(1) una MEDAGLIA è simile ad una moneta, ma la MEDAGLIA è un premio, serve a riconoscere il valore di qualcuno, come un atleta sportivo che vince la medaglia d’oro.

(2) Le medaglie, come le monete, hanno due FACCE, una sotto ed una sopra.

(3) Ogni faccia di una medaglia è il ROVESCIO dell’altra, cioè sta dall’altra parte, dalla parte OPPOSTA.

(4) Ma il rovescio della medaglia è anche un’immagine figurata che si usa per indicare l’altro ASPETTO di una situazione, il suo lato OPPOSTO.

(5) Se parlo di una cosa bella, POSITIVA, il rovescio della medaglia è una cosa BRUTTA, negativa.

(6) (c) SIA POSITIVO CHE NEGATIVO.

(7) Uffa! Una mia amica ha disdetto l’appuntamento con me per andare a fare acquisti. Vabbè, il rovescio DELLA medaglia è che si risparmiano soldi.

Il diritto allo studio in Italia (ripasso primi 36 verbi professionali)

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Descrizione

Questo episodio è un ripasso dei primi 36 verbi del corso di ITALIANO PROFESSIONALE.

I verbi da usare al lavoro

Trascrizione

Buongiorno a tutti. Oggi parliamo del diritto allo studio in Italia e in questo episodio saranno utilizzati i primi 36 verbi che fanno parte del corso di Italiano Professionale.

Comunque ho dimenticato di qualificarmi: sono Giovanni, italianosemplicemente.com, vi scrivo e vi parlo da Roma.

Oggi ci occupiamo del diritto allo studio dunque. Strana parola il “diritto” parlando dello studio. Gli studenti italiani lo vedono piuttosto come un dovere! Ma iniziamo dal principio.

Dopo l’unità d’Italia, ed in particolare dal 1932 sono iniziate le attività di supporto economico (cioè aiuto economico) verso gli studenti in Italia.

Aiutare gli italiani a studiare, quindi sostenerli economicamente per garantire loro il diritto di studiare, anche se non hanno abbastanza denaro: questo è l’obiettivo fondamentale del “diritto allo studio”: rendere il diritto indipendente dalle condizioni economiche e sociali del singolo.

Tutto iniziò con la nascita della Repubblica Italiana e con l’entrata in vigore della Costituzione, che detta così le regole generali, i principi del diritto allo studio, esattamente negli articoli 33 e 34, che parlano di “scuola aperta a tutti” e di istruzione inferiore gratuita da impartirsi per almeno otto anni.

L’obbligo di frequenza e la gratuità, non riguardano invece l’istruzione superiore e quella di livello universitario.

A quei tempi si decise che l’istruzione era da considerare un servizio pubblico necessario da erogare, per poter assicurare il pieno sviluppo intellettivo della persona anche rispetto alla condizione di partenza, potenzialmente sfavorevole, di qualcuno con insufficienti risorse finanziarie.

La Costituzione Italiana, all’art. 3 , recita infatti, tra l’altro, che:

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Nel periodo successivo all’obbligo scolastico e anche dopo quello universitario, il cittadino ha la libertà di intraprendere studi a suo piacimento, e lo Stato deve garantirgli parità di accesso, attraverso l’erogazione di borse di studio che possono riscuotere coloro che si dimostrano capaci e meritevoli ma privi di mezzi economici.

C’è sempre la possibilità per gli studenti più facoltosi di spacciarsi per indigenti, ma i controlli sono molto accurati e difficilmente si riesce a farla franca: pena multe molto Salate. Conviene dichiarare il vero, suffragando le proprie dichiarazioni con documenti credibili; scusate se insisto. Benché siano praticabili alcune scappatoie (diciamo furbate) che permettono di risparmiare. Chi ha orecchie per intendere, intenda.

La normativa comunque cerca sempre di prevenire e impedire che questo accada. Altrimenti poi nascono problemi di giustizia sociale ed anche possibili conflitti sociali che occorre dirimere. Meglio prevenire dunque.

Compito prioritario della Repubblica è occuparsi di istituire scuole statali per tutti gli ordini ed i gradi che possano garantire questo diritto.

Il diritto di accedere e di usufruire delle prestazioni, che l’organizzazione scolastica è chiamata a fornire, parte dagli asili nido e si estende sino alle università.

Lo Stato deve però garantire agli enti di istruzione non statali la piena libertà di istituire scuole ed istituti di educazione, senza però oneri per lo Stato. Ad ogni modo, ai loro alunni deve essere garantito un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

Questo senza però oneri per lo Stato, come è declinato dalla normativa. È bene chiarirlo. Ciò non vuol dire che lo Stato non possa intervenire a favore degli istituti privati; ma che nessun istituto privato potrà esigere di avere aiuti da parte dello Stato.

Questo è quanto prevede la Costituzione italiana, ma successivamente sono seguite una serie di leggi e decreti che resero effettiva l’applicazione dei principi dettati dalla Costituzione.

Si è trattato quindi di adempiere agli obblighi derivanti da tali principi attraverso delle leggi.

Riguardo all’istruzione superiore ed universitaria, come agevolazioni si parla di borse di studio, di alloggi per studenti, mense, sussidi straordinari, ma anche orientamento alla formazione, prestiti agevolati, aule di studio, spazi culturali e ricreativi o anche sportivi a disposizione degli studenti (cioè di cui gli studenti possono disporre), il tutto erogato da particolari enti per garantire il diritto allo studio.

Tali enti competono alle Regioni italiane. Sono di loro competenza.

Normalmente gli studenti che intendono avvalersi di queste e di altre prestazioni sociali agevolate, dovranno fare una dichiarazione dei redditi, con la quale si assumono le responsabilità delle loro dichiarazioni. Naturalmente è compito degli stessi studenti adoperarsi al fine di presentare queste dichiarazioni nei tempi consentiti.

Spesso anche le università comunque erogano questi servizi.

Frequentare l’università comporta il pagamento di una tassa, ma sono previste esenzioni totali o parziali delle tasse universitarie per chi ha bisogno. Persino istituzioni religiose o private possono erogare servizi di questo tipo.

Anche il governo italiano può erogare borse di studio universitarie e fare finanziamenti per l’edilizia universitaria. Vengono, a questo fine, stanziate risorse ad hoc dal governo italiano.

Esiste infatti un “fondo per il diritto allo studio”, che è erogato dal Ministero dell’Università e della Ricerca alle Regioni, le quali possono anche aumentare tale disponibilità economica attraverso dei fondi regionali.

Ad esempio è possibile erogare contributi da liquidare agli studenti più bisognosi per l’acquisto di libri scolatici.

Nelle università italiane (anche dette “atenei”), per poter garantire il diritto allo studio, lo Stato prevede una quota massima di iscrizione, una soglia che non si può superare riguardo alle tasse di iscrizione.

Queste tasse variano a seconda del reddito, quindi a seconda della ricchezza delle famiglie, e i più ricchi pagano poco più di € 2000. Non è tantissimo in fondo e lo Stato non si arricchisce, non sbanca di certo con i soldi delle iscrizioni all’università.

Di sicuro non c’è bisogno di contrarre un mutuo per iscriversi all’università. Chi non è d’accordo con me significa che evade le tasse. Non sei d’accordo? Sei un evasore!

Adesso sono persino querelabile. Qualcuno potrebbe farmi una querela. Ma io non ho fatto nomi, quindi nessuno può querelarmi. Poi insomma non è obbligatorio fare l’università. I più ricchi possono anche vagliare l’ipotesi di vivere di rendita senza lavorare. Ma anche pagare duemila euro non cagionerà alle persone più ricche grossi danni. È giusto che la quota di iscrizione sia commisurata con la propria ricchezza. Non è vero? Molti non sono d’accordo però con questa mia affermazione. Pazienza.

Tali pagamenti vanno eseguiti ovviamente entro un certo periodo di tempo, almeno prima che l’anno accademico volga al termine.

Per le fasce meno agiate ci sono esenzioni e riduzioni. Ma per dimostrare di essere poveri bisogna suffragare l’iscrizione con una dichiarazione dei redditi, per dimostrare la propria indigenza. Altrimenti la richiesta di esenzione sarà cassata.

Non tutti i corsi di laurea sono uguali però all’università.

Ci sono dei corsi a numero chiuso e altri a numero aperto. Se il numero è chiuso, questo implica che l’iscrizione a tali corsi è subordinata al superamento di un esame di ammissione, che può essere articolato in prove scritte e/o orali, ma anche della carriera pregressa, cioè degli studi e delle valutazioni conseguite negli anni precedenti all’università.

Il voto complessivo a questi esami può quindi tener conto dell’esito dell’esame di maturità o di qualche altra laurea precedentemente conseguita.

Inoltre i singoli atenei possono stabilire dei requisiti per l’accesso ad un determinato corso, come un punteggio minimo del voto di maturità.

Perché questo? Semplice, per avere corsi di laurea di maggiore qualità perché frequentate da meno studenti e perché gli studenti saranno dei lavoratori in futuro, e potrebbe non esserci abbastanza posti di lavoro rispetto al numero degli studenti.
Si tratta quindi di garantire a tutti la possibilità di avere un lavoro e un reddito abbastanza adeguato. Troppa offerta di lavoro fa infatti abbassare la remunerazione. Logico no? Non c’è bisogno di commissionare un’indagine ad hoc per arrivare a questa conclusione.

Per quanto riguarda il diritto allo studio dei lavoratori, qualche anno fa presso molti comuni italiani esistevano corsi serali di istruzione predisposti proprio per la tipica figura dello studente-lavoratore.

Poi è stato introdotto il cosiddetto “statuto dei lavoratori”, una legge del 1970, che introdusse il diritto per tali persone, a poter studiare e lavorare nello stesso tempo. Questo ha significato l’introduzione di una flessibilità nell’orario di lavoro, in mdo tale che queste persone potevano frequentare corsi scolastici, o anche il diritto a permessi per il giorno dell’esame, o l’esonero dal lavoro straordinario.

Questi permessi erano fruibili anche per corsi non strettamente legati all’attività lavorativa, come il conseguimento di un diploma o di una laurea. Tale legge prevedeva 150 ore all’anno di permessi retribuiti. Questo diritto a fruire di 150 ore, inizialmente previsto solo per il settore privato, venne esteso nel 1988 al pubblico impiego.

Come si determina il contingente dei beneficiari di questo diritto?

In ogni provincia il personale avente diritto alla fruizione dei permessi studio non può superare complessivamente (tra tutti coloro che presentano la domanda) il 3% del personale in servizio all’inizio dell’anno scolastico e l’arrotondamento è previsto all’unità superiore. Quindi il 3,1 per cento diventa il 4%.

Dal 2000 poi è possibile usufruire dei “congedi per la formazione”. Quindi non solo delle ore di permessi retribuiti regolarmente, ma anche la possibilità di un periodo formativo non retribuito, durante il quale il lavoratore può assentarsi dal posto di lavoro, non ricevendo retribuzione e conservando però il posto di lavoro.

Riguardo alle persone con handicap, possiamo certamente dire che per queste persone resta ancora disatteso in Italia il diritto allo studio per gli alunni e studenti che hanno disabilità. Fortunatamente ci sono anche molte associazioni che promuovono tale diritto in modo che sia effettivamente fruibile da tutti, e non solo per alcuni studenti.

Tutti hanno bisogno di investire sul proprio futuro.

La giustizia e l’onestà qualificano una società democratica.

24 – NON VEDO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Emanuele: PAPÀ, vai più veloce con questa macchina! andiamo! Non cincischiare!

Giovanni: Non vedo come possa riuscirci, con questo traffico.

Non vedo come possa riuscirci.

Se io “non vedo” qualcosa non sempre significa che i miei occhi non funzionano o che ho dei difetti alla vista.

In quel caso avrei detto “non ci vedo“, nella maggioranza dei casi. Se invece dico “non vedo” , spesso quello che non c’è non è la vista ma è una soluzione ad un problema.

Se tolgo la negazione invece significa che si cercherà una soluzione. Si usa anche “vedere di” in questo caso.

Tu vedi soluzioni a questo traffico?

Io no. Io non vedo alcuna soluzione. Ma adesso vediamo di farci venire qualche idea ok?

Quindi “non vedo” è come dire: non riesco a trovare soluzioni, oppure non ho nessuna idea di come fare.

Non vedo come”: Spesso “come” segue subito dopo. Infatti “come” si usa, tra le altre cose, sempre quando si devono risolvere problemi. Come facciamo? Come si può fare? Mi spieghi come hai fatto?

Emanuele: Allora papà, come facciamo? Non vedo proprio come uscire da questo traffico.

Giovanni: Ok, ok, però adesso vedi di fare un po’ di silenzio ok?

Emanuele: OK ok, vedrò di riuscirci altrimenti questi due minuti non finiranno mai.

Giovanni: ok, vedi come puoi fare.

Emanuele: papà, è finito il tempo! Abbiamo sforato un’altra volta!

Esercizi

24 – NON VEDO

1. in generale se dico “non ci vedo” (a) non vedo me stesso (b) non vedo come risolvere un problema (c) ho dei difetti alla vista.

2. “non vedo come…” è spesso come dire: non riesco a trovare _ _ _ _ _ _ _ _ _.

3. “non vedo” spesso viene seguito da _ _ _ _ sovente per riferirsi al fatto che non ho nessuna _ _ _ _ di come fare.

4. invece “vedi di” si usa per chiedere a qualcuno o dare _ _ _ _ _ _ a qualcuno.

5. frase: non ce la faccio più. Vedi _ _ spegnere quella musica e lasciarmi in pace.

6. Mannaggia! non _ _ vedo quasi niente, devo assolutamente fare una visita da un oculista.

7. Mamma mia! Non vedo _ _ _ _ uscire da questa situazione disastrosa.

Soluzioni:

1. a) e c)

2. “non vedo come…” è spesso come dire: non riesco a trovare SOLUZIONI.

3. “non vedo” spesso viene seguito da Come, e sovente per riferirsi al fatto che non ho nessuna IDEA di come fare.

4. invece “vedi di” si usa per chiedere a qualcuno o dare ORDINI a qualcuno.

5. frase: non ce la faccio più! Vedi DI spegnere quella musica e lasciami in pace.

6. Mannaggia! non CI vedo quasi niente, devo assolutamente fare una visita da un oculista.

7. Mamma mia! Non vedo COME uscire da questa situazione disastrosa.

 

 

 

23 – SFORARE – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Ogni tanto mi capita di sforare un po’ quando registro i due minuti con italiano semplicemente.

Sforare è il tipico verbo che si usa in questi casi.

Andare oltre col tempo, esagerare col tempo, impiegare una quantità di tempo maggiore rispetto a quanto programmato. Questo è sforare. Si usa non solamente col tempo ma quasi sempre è così.

In generale quando vado oltre rispetto a quanto deciso (tempo, soldi, spazio ecc).

Nelle trasmissioni televisive si usa spesso quando un programma invade il tempo che spetterebbe alla trasmissione successiva.

Se facciamo un compito in classe e prevediamo due ore per la consegna del compito, può capitare che qualche studente sfori di qualche minuto che il professore gli concede.

Lo studente poi potrebbe sforare anche nella scrittura. Se avesse dovuto scrivere due fogli e invece ne scrive qualcuno in più possiamo dire ugualmente che ha sforato.

Niente a che fare con le forature e con i fori e con forare, senza la esse iniziale, che significa bucare una gomma nell’automobile e neanche con sfiorare cioè toccare leggermente. Forare, sfiorare e sforare non hanno niente in comune tra loro.

Quindi io sforo, cioè vado oltre rispetto al tempo consentito.

Tu sfori (mi raccomando, o aperta) cioè tu vai oltre coi tempi. Andare oltre con i tempi. Si dice anche così.

Lui sfora, cioè lui esagera rispetto al tempo che aveva a disposizione.

Lei sfora, cioè lei oltrepassa i limiti previsti.

Noi sforiamo (o chiusa), cioè noi prulunghiamo troppo la nostra attività.

Voi sforare, quindi voi vi protraete oltre il tempo stabilito.

Loro sforano, cioè si sono protratti un po’ troppo.

Lo sapevo. Ho sforato anche oggi!

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Episodio 23 – Sforare – ESERCIZI

1) Potremmo dire che Giovanni ogni tanto va oltre col tempo quando sta creando un nuovo episodio per “due minuti con italiano semplicemente”… Ma almeno noi impariamo tanto, giusto? Per esempio, adesso sappiamo che possiamo anche usare un verbo specifico per dire che Giovanni “va oltre col tempo”. Quale verbo è?

2) Vero a falso: il verbo si usa solamente se si parla del tempo e spazio.

3) Completa la frase: Se una trasmissione televisive va oltre col tempo, si dice spesso che un programma _ _ _ _ _ col tempo, e dunque utilizza parte del tempo che spetterebbe alla trasmissione successiva.

4) Se uno studente avesse dovuto scrivere due fogli e invece ne scrive qualcuno in più possiamo dire CHE H_ S_ _ _ _ _ _

5) Vero o falso: In certe situazioni si può usare il verbo “forare” al posto del verbo [che hai risposto alla prima domanda] per esprimere la stessa cosa.

6) Declina il verbo sforare al presente (indicativo) e scrivi anche il participio passato.

Risposte

1) SFORARE

2) FALSO (ANCHE SE QUASI SEMPRE SI PARLA DI TEMPO), CI SI PUÒ ANCHE RIFERIRE A SOLDI, SPAZIO, ECC., QUINDI QUANDO SI VA OLTRE RISPETTO A QUANTO DECISO.

3) SFORA

4) HA SFORATO.

5) Vero o falso: In certe situazioni si può usare il verbo “forare” al posto del verbo [che hai risposto alla prima domanda] per esprimere la stessa cosa. FALSO, “FORARE” SIGNIFICA “BUCARE UNA GOMMA NELL’AUTOMOBILE”.

6) indicativo presente: IO SFORO, TU SFORI, LUI SFORA, NOI SFORIAMO, VOI SFORATE, LORO SFORANO; PARTICIPIO PASSATO: Sforato.

 

 

 

 

22 – NON MI TORNA – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Cos’è che non ti torna? C’è qualcosa che non ti torna?

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Come rispondere a questa domanda che potrebbe farti chiunque?

Uno strano modo per usare il verbo tornare vero?

Per tornare bisogna prima andare? Oppure bisogna già essere andati per poter tornare?

Il verbo tornare però, stavolta non lo usiamo nel solito modo, cioè andare per una seconda volta oppure, come anche ritornare, come viaggio di ritorno. Infatti c’è davanti un pronome personale mi, ti, gli, le, ci e vi.

Nella frase “mi torna“, ti torna, non mi torna, non ti torna eccetera, non ha questi due significati che sono i più diffusi.

Quando “non ti torna” qualcosa (riferito ad una persona qualsiasi: mi torna, ti torna, gli torna eccetera), ed usando il pronome personale davanti, la frase può avere quattro significati diversi.

Ad esempio, riferito a me, posso dire:

(Qualcosa) non mi torna

Non (mi) tornano i conti

Questo episodio mi torna molto utile

Mi torna in mente

In questi quattro esempi vediamo che se qualcosa mi torna (o non mi torna), nel primo caso questo qualcosa ha una logica e si capisce facilmente (oppure non ce l’ha e non si capisce), nel secondo caso la logica si riferisce ai numeri ed ai conteggi, nel terzo caso si sta solamente usando tornare al posto di essere. Nel quarto caso si parla di memoria e di pensieri.

Vediamo alcuni esempi del primo tipo. Iniziamo dal primo caso, quando si parla di logica e di ragionamento.

La mia ragazza mi ha lasciato dicendo che mi ama ancora… qualcosa non mi torna!

Quindi non è normale no? È illogico. Qualcosa non va, personalmente non mi torna qualcosa. Come è possibile? Non è da lei, non è conforme al suo carattere. Mi ama ma mi lascia? Non mi torna. C’è un non so che di insolito e sospetto in questo comportamento.

Vediamo un esempio del secondo tipo, quando si parla di operazioni e conteggi, quindi numeri:

Questo mese il mio stipendio è stato stranamente più basso del mese scorso. Ma ho lavorato lo stesso numero di ore. Non mi torna. Non capisco.

In questo caso, molto simile al precedente, si parla sempre di logica ma legata ai numeri. Non mi spiego il motivo di questo. Come mai non mi torna? Deve esserci qualcosa che non mi spiego. C’è qualcosa che non mi torna.

Ho acquistato un gelato da 1 euro e un panino da 2 euro ma ho pagato in tutto 5 euro. I conti non (mi) tornano.

In questo caso è ancora più chiaro: la somma non è esatta. I conti non (mi) tornano. Si dice così. Anche in questo caso deve esserci qualcosa che mi sfugge, qualcosa che non ho calcolato.

Vediamo esempi del terzo tipo, dove tornare si usa al posto di essere:

Grazie per avermi dato il vocabolario di italiano, mi tornerà molto utile,

L’aereo alle ore 12 mi torna molto comodo. Posso fare tutto con calma, magari anche cincischiando un po’ la mattina.

Infine il quarto tipo:

Mi torna in mente quando ero bambino

Ti torna in mente il colore dei suoi occhi

In questi caso è il modo normale di usare tornare, uno dei due modi, quando qualcosa accade nuovamente, anche se in modo figurato.

In tutti e quattro i casi, tornare si usa sempre con un pronome personale davanti: con mi, ti, gli e le (femminile) eccetera. Questo è stato l’oggetto del breve episodio di oggi.

Attenzione perché a volte è solo il contesto che aiuta a capire il significato della frase. Es.

Ti sono tornate le mestruazioni? (le mestruazioni sono una cosa personale: sono le tue in questo caso)

Mi sono tornati i parenti dalla vacanza (anche i parenti sono personali: sono i miei in questo caso).

21 – UN CERTO NON SO CHE – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Hai presente quella sensazione strana quando non sai esattamente la parola da usare per descrivere una sensazione?

Non parlo però della difficoltà dovuta alla lingua che non conoscete, ma proprio quando non sapete descrivere qualcosa perché vi sfugge, perché è qualcosa di indefinibile.

Vi faccio un esempio. Vedete una ragazza che vi piace ma non sapete perché vi piace. Allora in italiano potete dire così:

Quella ragazza ha un non so che

Quella ragazza ha un non so che di affascinante

Vedi quella ragazza? Ha un “non so che” che mi fa impazzire!

Quella ragazza possiede un certo non so che di molto affascinante.

Quando la vedo sento un non so che, che mi sale addosso, un’emozione strana.

Un “non so che” è quindi come dire: qualcosa che non riesco a definire, qualcosa di indefinibile, qualcosa di non del tutto chiaro. Insomma: non so cos’è!

Si tratta sempre di una sensazione non normale, strana ma singolare: la sento, riesco a percepirla come particolare, singolare, unica, ma se devo spiegarla non so proprio quali termini usare. Spesso si aggiunge “certa” o “certo” prima, per aggiungere incertezza, indefinitezza: un certo non so che.

Come quando si dice “conosco un certo Giovanni” per dire che in realtà non conosco questo Giovanni. So solamente il suo nome.

Lo stesso avviene con “un certo non so che“. Come a dire: un qualcosa, una sensazione di cui non posso dire nulla.

Cosa mi piace di quella ragazza?

È una ragazza bella? Può darsi, ma ce ne sono tante belle, non è quello che mi attira. Non solo almeno.

Una ragazza misteriosa? Può essere, ma forse è qualcos’altro.

Somiglia a qualcuno? Forse si, ma in questo caso qualcuno che non ricordo.

Insomma ha un non so che di misterioso, un non so che di affascinante! È irresistibilmente affascinante! Forse è il suo fare, ha un fare che mi attira molto.

Ma cos’è?

Sì dà il caso che io non riesca a capirlo. Ci sono però emozioni che quando la vedo non riesco a tenere a bada.

Potete dire “un non so che di…” facendo seguire una caratteristica genetica (di strano, di bello, di misterioso, di affascinante ecc) oppure “un non so che” che mi piace, che mi attira, che mi piacerebbe sapere, eccetera.

Si può usare con tutte le sensazioni indefinite, positive e negative. Ma non è obbligatorio usarla. Potete anche dire: c’è qualcosa di indefinito, c’è qualcosa che non riesco a identificare, c’è qualcosa che mi sfugge, qualcosa di indecifrabile.

UNA RISPOSTA SIBILLINA – 2 minuti con Italiano semplicemente (n. 20)

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Trascrizione

Quando si fa una domanda, ci si aspetta che la risposta sia chiara, giusto? Ma a volte la risposta può non essere chiara.

In particolare, la riposta può essere sibillina. Uno strano aggettivo!

Cosa significa? Significa ambigua, che si presta ad essere interpretata in modo diverso.

Si tratta di risposte dubbie, enigmatiche, che à volte nascondono delle insidie Attenti perché ci sono alcune risposte che potrebbero avere un contenuto sibillino.

Qualcuno potrebbe capire una cosa e qualcun altro un’altra cosa. Altri potrebbero dire che non c’è nulla di sibillino nella risposta.

Ma anche un sorriso può essere sibillino, un atteggiamento, una frase qualsiasi o un intero discorso potrebbe essere sibillino.

In pratica quando qualcosa è sibillino, non è del tutto chiaro, non è del tutto evidente il senso. E’ quasi sempre volontario: non si vuole essere chiari ma, come di dice in questi casi, “chi ha orecchie per intendere intenda“.

Una mente ingenua potrebbe non cogliere il vero senso di una frase sibillina, ma a chi riesce a leggere tra le righe non sfugge il significato di una frase sibillina. Poi, chi è particolarmente mallizioso potrebbe giudicare una frase sibillina quando invece non lo è. O forse sì?

Volete qualche esempio di frase sibillina?

Giovanni, sai che questi episodi di due minuti spesso sono un po’ più lunghi?

Giovanni: certo, lo faccio apposta, così imparate di più. A questa tua domanda retorica rispondo sibillinamente. Contento?

Guardarsi da

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Trascrizione

Ciao a tutti da Giovanni, italianosemplicemente.com.

Oggi voglio parlarvi dell’espressione “guardarsi da”, molto usata nel linguaggio di tutti i giorni da tutti gli italiani. È interessante però aprire una parentesi sul verbo guardare.

Conoscete tutti il verbo guardare che significa utilizzare gli occhi. È simile a vedere. Per guardare occorre usare i nostri occhi, ma guardare non sempre implica il vedere. Non è chiaro?

Dove stanno le scarpe? Ho guardato nella scarpiera ma non le ho viste, eppure erano lì.

Per guardare è sufficiente dirigere lo sguardo in un punto, senza necessariamente essere consapevoli di ciò che si guarda. Quello è vedere.

Il verbo guardare è anche simile ad osservare.

Ci sono molti verbi simili a guardare, a dire il vero, dipende dal modo in cui guardiamo qualcosa, dal modo in cui usiamo i nostri occhi.

Osservare ad esempio indica il guardare con attenzione, esaminare, scrutare. Anche per osservare ci vogliono gli occhi. Ne abbiamo bisogno quasi sempre. A meno che non sto osservando il tuo comportamento, oppure se osservo una regola, cioè se la rispetto.

Esaminare poi si usa per fare oggetto di esame, considerare attentamente, analizzare. Per esaminare non sempre si usano gli occhi. Anche un non vedente può esaminare qualcosa. L’obiettivo è verificare se questo qualcosa supera una prova, un esame, appunto. Dicevo di scrutare,

Scrutare significa indagare, esaminare a fondo una cosa, quindi ancora una volta con attenzione, per cogliere aspetti difficilmente osservabili. Quindi devo sforzarmi un po’ per scrutare, se sto guardando qualcosa. Ma non sempre guardo.

Quando guardo, se scruto devo aguzzare la vista (o lo sguardo) a meno che non sto scrutando le profondità del cuore, o l’animo umano o i misteri dell’oceano, o quelli della fede.

Si tratta di una ricerca molto attenta, finalizzata a vedere, ma anche a trovare, identificare qualcosa di non semplice.

Poi c’è sbirciare, molto simile a scrutare, ma molto più legato alla vista.

Sbirciare è guardare con la coda dell’occhio. Si dice anche così per non farsi vedere, per osservare senza farsi notare, stando attento a non essere visto. Come si fa a sbirciare? Posso sbirciare una ragazza guardandola di nascosto, magari la guardo dal buco della serratura di una porta. Oppure uno studente, durante un compito, può sbirciare il compito del vicino di banco per copiarlo. Per sbirciare possiamo anche dare una veloce occhiata, di sfuggita.

Ehi, non sbirciare!

Dai, solo uno sguardo di sfuggita, ti prego!

Si dice anche così: guardare di sfuggita.

Poi c’è anche spiare, cioè guardare di nascosto per curiosità o interesse.

Guardare diventa guardarsi nella forma riflessiva. Attenti però. Per guardarsi occorre essere in due? Volendo si.

Due innamorati possono guardarsi negli occhi. In questo caso una persona guarda l’altra negli occhi: si guardano.

Ma volendo anche da solo posso guardarmi. Ad esempi guardarsi allo specchio la mattina per lavarsi i denti.

Attenzione adesso: guardarsi da qualcuno cosa significa?

E guardarsi da qualcosa?

Quando c’è la preposizione “da”, il senso è quello di difendersi, stare attento a un pericolo, assicurarsi che tutto vada bene. Si può dire anche “stare in guardia da” con lo stesso significato. Ad esempio:

Io mi devo guardare da Franco

Questo vuol dire che devo stare attento a Franco, perché potrebbe essere un pericolo per me.

Guardati dall’ascoltare I consigli di Giuseppe.

Sto dicendo che i consigli di Giuseppe potrebbero essere pericolosi quindi sono una cosa da cui guardarsi.

Spesso, per rafforzare, si usa anche aggiungere “bene” :

Giuseppe si deve guardare bene (o deve guardarsi bene) dal credere alle parole di Lucia.

Quindi guardarsi o guardarsi bene da qualcuno o qualcosa indica lo stare lontano o almeno stare attento a qualcosa.

A volte posso anche togliere la preposizione “da” ma deve essere scontato, sottinteso di quale pericolo stiamo parlando. Esempio:

Se vai in giro di notte a Roma devi guardarti sempre le (o alle) spalle.

Oppure posso dire:

Andare in giro di notte da sola? Me ne guardo bene!

Se dico “me ne guardo bene” voglio dire che sono convinto di non voler fare qualcosa. Anche qui non c’è “da” ma è scontato. La frase completa sarebbe:

Me ne guardo bene dall’andare in giro di notte da sola.

Adesso prova tu a rispondere:

Andiamo in montagna questa estate?

In montagna? Me ne guardo bene! Andrò al mare invece.

Il che equivale a dire :

Me ne guardo bene dall’andare in montagna! Andrò al mare invece.

Vogliamo smetterla di ascoltare gli epusodi di italiano semplicemente?

Cosa? Me ne guardo (bene dallo smettere)..

Spero che ve ne guardiate bene veramente dallo smettere di ascoltare gli episodi di italiano semplicemente.

In questo caso ci “ascoltiamo” nel prossimo episodio!

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