396 Il buon senso

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Trascrizione

Tra tutte le qualità di una persona, spicca certamente il buon senso.

Si dice che una persona è di buon senso quando è una persona moderata, che sa valutare bene le situazioni, che ha la capacità di giudicare sempre con equilibrio e ragionevolezza una situazione, comprendendo le necessità pratiche che essa comporta. Ha molto a che fare con l’intelligenza.

Le persone di buon senso non esagerano mai, non vanno oltre i limiti, ma soprattutto si sta parlando della loro capacità di giudizio. Si parla di come vedono le cose e di come agiscono di conseguenza, valutando attentamente pro e contro.

È una capacità naturale, istintiva. Il buon senso non si impara né si insegna, almeno non più di tanto.

La persona di buon senso sa distinguere il logico dall’illogico, l’opportuno dall’inopportuno, e sa comportarsi in modo giusto, saggio ed equilibrato, in funzione dei risultati pratici da raggiungere.

Si può usare sia il verbo essere che avere:

Quel presidente è totalmente privo di buon senso.

Se avesse più buon senso potremmo fidarci di lui.

Se uso il verbo essere devo usare anche “di”: essere di buon senso. Con avere non c’è bisogno.

Avere buon senso.

Essere di buon senso.

Si usa spesso citare il buon senso anche come una capacità richiesta quando si deve interpretare qualcosa di scritto, come una legge.

Se la legge dice: anche all’aperto è obbligatorio indossare la Mascherina.

Allora il buon senso vuole (si dice così) che se sei completamente solo, come quando sei in macchina da solo o in un parco a fare una passeggiata, non c’è bisogno di indossarla.

Si usa anche le frasi “basta un po’ di buon senso”, “fare appello al buon senso”. “la vittoria del buon senso”.

Basta con questi lockdown, che vinca il buon senso!

In questo caso si sta dicendo che è sufficiente che i cittadini capiscano da soli come comportarsi. Non serve chiudersi tutti in casa.

Abbi il Buon senso di stare zitto!

Come a dire: stare zitto è la cosa più giusta che tu possa fare. Questa è una frase che si sente spesso quando due persone litigano.

Stasera è il 31 ottobre 2020. Tutti i sindaci e governanti del mondo fanno appello al buon senso dei cittadini per la festa di halloween.

Si fa appello al buon senso, cioè ad essere responsabili, a capire da soli come comportarsi, perché non si possono controllare i comportamenti di tutti.

Io invece adesso lascio la parola a qualche membro dell’associazione Italiano semplicemente per il ripasso delle puntate precedenti.

Carmen: Se aspetti un ripasso da noi stasera, stai fresco.

Oggi non è cosa ché è Halloween 🎃 .

Invece di scervellarsi su delle frasi di ripasso, faremo una bella baldoria. Piuttosto, speriamo che tu abbia dolcetti a portata di mano a scanso di beccarti degli scherzetti.

Le meraviglie d’Italia: Il pozzo di San Patrizio

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Trascrizione

Una delle meraviglie d’Italia che sono poco conosciute dagli stranieri che ci fanno visita è il pozzo di San Patrizio, che si trova ad Orvieto, un piccolo borgo dell’Umbria, nel centritalia, un paese abbarbicato su una rupe di tufo.

Curioso questo “abbarbicato” che significa “fortemente attaccato”.

Pensare che c’è persino chi si abbarbica alle proprie idee, quindi che è talmente attaccata ad esse che non cambia mai idea.

Chi invece è abbarbicato al denaro non si stacca mai da esso, e poi ci sono i borghi abbarbicati al tufo, come Orvieto.

Ed è proprio nel tufo, questo materiale che proviene dai vulcani (dalla lava dei vulcani, quindi è un materiale lavico, di origine lavica) è stato scavato questo pozzo nel secolo Xvi.

Il secolo sedicesimo inizia nel 1500 e termina il 1599.

Un pozzo serve a raccogliere acqua, per essere utilizzata nel corso dell’anno o in caso di emergenza, ed il pozzo di San Patrizio, con la sua profondità di più di 50 metri, di acqua ne può contenere parecchia.

È stato costruito per volere di papa Clemente VII, che voleva essere sicuro che l’acqua non mancasse mai, neanche in caso di epidemie e calamità naturali come terremoti e cose simili.

Ma anche perché c’era appena stato il Sacco di Roma nel 1527 e c’era il pericolo di altri assedi o conflitti.

Il Sacco di Roma avvenne infatti nel 1527 da parte dei lanzichenecchi che oltre a saccheggiare Roma, cioè a devastare e derubare, uccisero un sacco di persone e portarono anche la peste.

Papa Clemente VII riuscì a scappare

Così Clemente VII all’indomani del Sacco di Roma si rifugia ad Orvieto dopo essere scappato travestito da ortolano.

Così per essere sicuro di avere sempre l’acqua fa costruire questo profondissimo pozzo.

Forse non ve l’avevo detto ma l’indomani non è detto sia proprio il giorno successivo ad un giorno dato, ma in generale si intende immediatamente dopo, subito dopo, nei giorni seguenti.

Il pozzo comunque ha un fascino unico, è un vero capolavoro di ingegneria. Ha due rampe di scale indipendenti per salire e scendere, e pensate che erano dei muli a trasportare l’acqua estratta dal pozzo per portarla in superficie.

Il mulo è un animale simile al cavallo, usato nel passato per trasportare carichi pesanti.

Dall’alto del pozzo si vede l’acqua che c’è in fondo, e c’è l’usanza di gettare delle monete nel pozzo, un po’ come si fa con fontana di Trevi a Roma.

Se capitate in Umbria, fate un salto ad Orvieto e resterete a bocca aperta.

Si respira un’atmosfera magica e sacra, è davvero bello questo pozzo di San Patrizio.

In Italia è conosciuto da tutti, almeno tra gli adulti, tanto che è entrato anche nel linguaggio, e precisamente si dice che una cosa è come il Pozzo di San Patrizio quando si sprecano molte risorse ed energie, ma spesso senza troppi risultati.

Altre volte si usa anche per indicare qualcosa di molto capiente, profondo, che sembra senza fondo, senza fine.

Nel pozzo di San Patrizio infatti entra tantissima acqua e non si riesce mai a riempirlo.

Allora posso dire ad esempio che se una persona che non si sazia mai, se ha sempre fame, allora è come il pozzo di San Patrizio. perché non si riempie mai lo stomaco.

Posso ugualmente dire che se mio figlio spende un sacco di soldi e li spreca tutti, se più soldi ha, più ne spende, allora è come il pozzo di San Patrizio.

Oppure posso dire che la sanità italiana è un pozzo di San Patrizio perché si spendono tantissimi soldi per la cura della salute e spesso ci si chiede cosa ci si faccia con tanti aoldi e che non bastano mai.

Ciao a tutti. Andate a vedere qualche foto del pozzo di San Patrizio su internet.

395 Metti che…

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Trascrizione

Non riesco mai a fare episodi che durano meno di due minuti, ma mettiamo che io oggi ci riesca, riuscirete a perdonarmi per gli episodi passati?

“Mettiamo che” , oppure “metti che” è un modo informale per fare un’ipotesi.

La frase corretta sarebbe “ammettiamo che”, comunque nel linguaggio di tutti i giorni questo ammettere diventa mettere.

Significa “diamo per scontato che sia così”, “facciamo finta che sia così”, “consideriamo vera questa ipotesi”.

Più brevemente “metti che” significa supponiamo che, ammettiamo che, ipotizziamo che. A volte si può anche togliere il “che”

Qualche altro esempio:

– metti che oggi piove, andremo ugualmente a cena ?

– si, però se piove troppo, mettiamo, 2 ore, allora meglio restare a casa. Ma non credo proprio, guarda che sole che c’è!

– ma le previsioni per stasera sono pessime, e metti che hanno ragione?

Evviva ce l’ho fatta! 1 minuto e 16 secondi! Record del mondo!

Adesso ripassiamo:

Irina:

È l’ennesima volta che provo a scrivere un ripassino, intendo, senza tirarla per le lunghe, bensì tagliando corto come si deve e come è richiesto dal buon senso, considerato il nome di questa rubrica. Perché tanti tentativi? Quando apro la pagina dei due minuti sul sito vedo oltre 350 voci. Ogni volta incomincio a scervellarmi ma dopo un po’ mi dà di volta il cervello. Mi viene la nausea vedendo un’espressione dietro l’altra: tutte queste espressioni, espressioni, espressioni… un incubo davvero. Tutto verte sull’utilizzo di parole ed espressioni già spiegate. Questo è un ripasso. La cosa strana di cui non riesco ancora a capacitarmi è che quando provo ad usarle tutto diventa buio nella mia memoria. Perbacco!

Penso allora: sarà un po’ po’ di lavoro sfoderare qualche frase ma i vantaggi sarebbero notevoli. Non solo i ripassi rappresentano un ausilio aggiuntivo per sviluppare la capacità di esprimersi meglio, spesso in modo più elegante o formale, ma queste piccole “opere d’arte” sono anche un ausilio per gli altri e tutto il gruppo whatsapp dei membri, e sono spesso e volentieri benaccetta da tutti. Mi prefiggo allora di rompere gli indugi. Invece un’altra ora è passata e il foglio è ancora bianco. Mi chiedo cosa sia successo… perché non hai scritto niente? Non hai presente l’importanza dei ripassi? Di nuovo faccio una capatina sul sito e penso: oggi proprio non è cosa. Bisogna avere pazienza.

Poi i miei occhi si soffermano sull’episodio 372 “Il lavoro paga” e proprio in questo momento squilla il telefonino: nient’altro che chiacchiere improduttive anche se per certi versi necessarie, almeno di tanto in tanto affinché l’anima e lo spirito rimangano sani. Poi però, senza troppi fronzoli dico alla voce dell’altro lato: bando alle ciance, devo scrivere un ripassino sennò il mio studio prenderà una brutta piega e, poi dopo dovrò uscire, il che rappresenta un pretesto solo per smarcarmi da questo impegno.

Il mio interlocutore ha risposto con educazione e mi ha persino incoraggiato ad impegnarmi. Mi ha detto che il mercato lavorativo è spesso sguarnito di personale e che ne ha bisogno urgentemente in diversi ambiti dell’economia. Ha aggiunto che ogni ripasso mi porterebbe più vicino ai miei obiettivi personali. “Sta a te, non ci sono altre soluzioni, o così o pomì. Stavo già scalpitando alla cornetta ma lui continuava a parlarmi. Diceva che ho tutte le carte in regola per riuscire anche questa volta e io spero che questo risponda al vero.
Certo, lui è un amico e non mi darebbe mai del’idiota.
Ora tocca a te, ha aggiunto, ed alla fine ha chiosato: hai voluto la bicicletta?
Mi facevano un po’ specie queste parole dette da lui: cosa voleva dirmi veramente? Le sue parole mi sono ronzate per la testa a lungo. Ho già pedalato per tutta la vita e non mi sono mai risparmiata.
Un po’ scombussolata stavo accingendomi a scrivere. Normalmente penso le parole prudentemente ma questa volta me ne sono fregata ed all’improvviso mi sono accorta che avevo scritto un ripassone, anziché un ripassino.

Aiutati ché Dio t’aiuta

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Un bel proverbio ottimista, che ti spinge a vedere il futuro in modo positivo è il seguente:

Aiutati che Dio t’aiuta

Questo proverbio ti spinge a risolvere i problemi, ti spinge a fare qualcosa, ad essere attivo, a reagire alle difficoltà, ti spinge ad aiutarti, ad aiutare te stesso. Non devi aspettare che i problemi si risolvano da soli.

“Aiutati” cioè aiuta te stesso. Lo devi fare perché vedrai che anche Dio ti aiuterà.

Come a dire che le cose si risolvono se vengono affrontate.

Attenzione alla pronuncia di “aiutati” perché si potrebbe confondere con “aiutati” che si scrive allo stesso modo ma ha la pronuncia con l’accento sulla seconda a.

Ad esempio: i ragazzi sono stati aiutati da Dio.

Notate poi l’utilizzo di “ché” nel proverbio.

“che” normalmente significa “cosa”:

Che fai domani?

Che ne pensi?

Che mi dici di bello?

Che in realtà ha un sacco di utilizzi: pronome, aggettivo, congiunzione.

Questo “ché” invece, che in trova in questo proverbio significa “perché” e questo uso è frequente nella lingua italiana:

Prendi l’ombrello, ché oggi piove

Mangia la pasta, ché poi non c’è altro.

Non fare esercizi, ché non servono.

Dammi una mano ché non ce la faccio.

Vieni a mangiare ché è pronto

Aiutati ché Dio t’aiuta.

Attenzione però: Questo “ché” ha anche l’accento acuto sulla e, e il motivo è che sostituisce perché.

Vieni con me ché ti faccio vedere che bel sito che ho trovato per imparare l’italiano.

È un modo veloce per esprimere un motivo o una conseguenza:

Aiutati perché se farai così anche Dio ti aiuterà

Vieni a mangiare perché è pronto.

Prendi l’ombrello, in quanto oggi piove

Questo ché con l’accento permette di fare frasi più veloci, immediate.

Però attenzione, ché non potete usare questo “ché” con l’accento per fare domande ok?

Non lo fate, ché sarete bocciati all’esame!

Se lo fate l’accento non c’è. È un altro “che”, senza accento stavolta, e spesso è un che particolare, dall’uso sempre colloquiale:

Che, non ci credi?

Che, mi dai una mano per favore?

Che, l’hai fatto poi l’esame?

Anche questo è un uso un po’ strano per un non madrelingua, perché non significa “cosa“. Ma è senza accento.

Vabbe adesso non voglio annoiarvi ché questo episodio sta diventando troppo lungo.

394 Infame

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Trascrizione

Tra tutti gli aggettivi che ci sono per descrivere una persona, ce n’è uno che si utilizza soprattutto all’interno della malavita. Quindi lo utilizzano i criminali, i mafiosi eccetera, che formano accordi tra loro, lavorano in gruppo per fini criminali e illegali.

Questo aggettivo è “infame“.

Una persona si dice infame quando è un traditore.

Ma non parliamo di un tradimento qualsiasi.

Se un uomo tradisce una donna o viceversa, c’è stato sì un tradimento, e quindi c’è un traditore o una traditrice, che è la persona che ha tradito l’altra. Possiamo parlare anche di adulterio, ma non di infamia. Così si chiama la caratteristica di chi si comporta da infame: l’infamia. Un termine che comunque ha diverse sfumature di significato.

Per esserci infamia, questo è uno dei significati, si deve tradire un accordo d’onore. Un infame è quindi un traditore, una spia, uno che ha tradito un accordo. Una persona che appartiene alla criminalità e poi va a raccontare tutto alla polizia è un infame, ed anche i cosiddetti “pentiti” sono considerati infami, sono, come dire, disonesti, inaffidabili, perché la loro parola non vale nulla.

Cosa fanno gli infami quindi? Gli infami tradiscono, e tradendo, gettano infamia su qualcuno, cioè diffamano altre persone, vale a dire ne parlano male, ne sporcano l’immagine, gettano fango su qualcuno, raccontano delle cose che rovinano l’immagine di una persona, che disonorano questa persona. Quando disonori una persona sei un infame, perché questa persona, grazie alle tue parole, adesso non è più stimata come prima, quindi è stata disonorata: le hai tolto l’onore, il rispetto.

Per essere un infame quindi è sufficiente tradire, non importa se è vero o meno ciò che vai a raccontare. Hai preso un accordo e non l’hai rispettato, per questo sei un infame.

Anche il termine “onore” è spesso legato al linguaggio dei mafiosi e/o criminali. Ha a che fare con la dignità, col mantenere le promesse, con la reputazione, col riconoscimento di alcune caratteristiche importanti di una persona.

Attenzione quindi quando usate il termine infame parlando di una persona.

Nell’uso corrente non si parla solamente di traditori infami, ma anche di infami assassini; di individuo infami, e in questi casi infame serve a enfatizzare ancora di più il senso di persone indegne, negative, moralmente condannabili. Non necessariamente c’è un tradimento, ma semplicemente un pessimo giudizio verso persone che hanno gravi colpe per aver offeso la legge, la morale, o la religione.

Insomma si tratta di persone della peggior specie, che hanno fatto qualcosa di ignobile. In ogni caso è un aggettivo che trova il suo utilizzo ottimale verso persone che mentono, che ingannano, che tradiscono, che calunniano, che dicono menzogne per ottenere vantaggi personali.

Posso usarlo anche non rivolgendomi a persone:

Oggi c’è un tempo infame! (un brutto tempo)

Un luogo infame è un luogo frequentato da gente disonesta, da “gentaccia”, come si dice normalmente.

Nel linguaggio familiare basta che una cosa sia molto brutta o molto spiacevole o fatta male per essere definita infame:

Mi è stato dato un compito infame in ufficio: devo sistemare tutti i documenti cartacei dal 1970 fino ad oggi.

Quel tizio fa un mestiere infame: lavora per la banca e deve andare a chiedere i soldi a coloro che non hanno restituito il prestito!

Si tratta di cose con nessuna qualità.

Che destino infame quello del pianeta terra, sommerso dai rifiuti.

Certo, se ci rivolgiamo ad una persona, infame è molto offensivo, molto simile a figlio di… e anche pezzo di m….

Negli altri casi c’è sempre un sentimento negativo, spiacevole, brutto, anzi bruttissimo!

Ma adesso ripassiamo un po’. Passiamo qualcosa di piacevole come la voce di Natalia che è tutt’altro che infame!

Natalia: Vi rendete conto che quasi tutti i giorni alla stessa ora Gianni ci chiama alla resa dei conti con un ripasso delle espressioni viste? È vero, a volte può darsi che ci colga alla sprovvista anche se è risaputo che lo si fa più o meno sempre alla fine della giornata, ragion per cui, per la cronaca vado in tilt quando voglio raccogliere la provocazione di scrivere un ripasso…oggi per esempio mi sono scervellata, e come al solito non riesco ad essere concisa, la prendo sempre per le lunghe; abbiate pazienza ragazzi, via via che scrivevo mi ronzava per la testa una nuova espressione.😊

393 O meglio

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O meglio

Trascrizione

Nell’ultimo episodio della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente abbiamo visto tutti i sinonimi di “cioè”.

Tra questi sinonimi abbiamo accennato anche a “per meglio dire”.

Questa espressione  è equivalente alla più sintetica “o meglio”.

Queste sono due modalità sono simili  a cioè, ma non sono esattamente la stessa cosa e sono ancora meno simili a ossia, ovvero e ovverosia.

Perché? Perché adesso stiamo dicendo che c’è un modo migliore, che esiste un modo migliore per esprimere lo stesso concetto appena espresso, o la stessa parola.  Non si tratta più di alternative ugualmente valide, ma stiamo correggendo ciò che abbiamo detto.

Se usiamo “o meglio” questa correzione è ancora più evidente rispetto a “per meglio dire”.

Ad esempio:

Oggi in Italia non è garantito il diritto alla salute, o meglio, non per tutti è garantito.

Non studio mai la grammatica, o, per meglio dire, non la studio più da quando ascolto gli episodi di italiano semplicemente.

Per imparare l’italiano è obbligatorio studiare la grammatica? O meglio quanto è importante anche ascoltare e parlare con dei madrelingua?

Vedete quindi che stiamo sempre correggendo ciò che abbiamo detto.

È come dire: “lo dico meglio” oppure anche: “no, scusa, volevo dire che…”.

Se è un piccolo cambiamento o una specifica usiamo “per meglio dire” mentre se stiamo cambiando molto, se sto correggendo e non specificando uso “o meglio”.

È un po’ strano che si utilizzi “o” che significa “oppure”. Questo lascia pensare a un sinonimo ma in realtà dopo c’è “meglio”.

O meglio” è molto simile ad “anzi“, dove è molto più chiaro che stiamo cambiando molto il senso.

Ma di “anzi” parliamo domani, o, per meglio dire, nel prossimo episodio della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Adesso ripassiamo se non avete niente da fare, o meglio, se ne avete voglia:

Hartmut: ma dimmi tu Gianni, com’è possibile che chiedi ogni due per tre un nuovo ripasso a quest’ora. Non è che voglio risponderti in malo modo, ho sentore però, che l’episodio sia già pronto e noi poveri studenti siamo di nuovo chiamati in causa a sfoderare di punto in bianco un bel ripasso. Hai certe pretese sai? 😉

 

 

La stretta

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corso di italiano professionale

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Cos’è una stretta?

La stretta più conosciuta è la stretta di mano.

Infatti quando due persone si conoscono si STRINGONO la mano.

Il verbo stringere quindi è all’origine della stretta: quando stringo qualcosa do una stretta.

Quando stringete qualcosa date una stretta.

Col verbo stringere si usa il verbo dare.

Dare una stretta di mano

Dare una stretta ad una vite

Dare una stretta ad un bullone

Dare una stretta alla cintola

Dare una stretta ai lacci delle scarpe

La stretta è quasi sempre legata all’allentamento.

Allentare infatti è il contrario di stringere.

Si può anche allentare una stretta.

Ehi, mi stai stringendo troppo forte la mano. Devi allentare la stretta!

Allenta la cinta, l’hai stretta troppo.

Devo allentare un po’ i lacci delle scarpe, li ho stretti troppo.

Una stretta quindi è una pressione intorno ad un corpo o su almeno due punti.

Con un dito si preme (verbo premere), ma con una mano si può anche stringere.

Il verbo stringere però si usa anche in senso figurato.

Esiste anche la stretta al cuore o a una qualsiasi parte del corpo .

È un dolore forte, acuto e circoscritto, si chiama anche fitta: una fitta

Avvertire una fitta, sentire una fitta è come avvertire un forte dolore in un punto.

Se però parlate del cuore, se non si tratta di un infarto, non è un vero dolore, ma una forte emozione di solito negativa.

La mia fidanzata mi ha lasciato e ho provato una stretta/fitta al cuore.

Ultimamente però, in tempi di covid-19, la stretta più usata, quella che si sente utilizzare maggiormente è quella economica e quella delle libertà.

Il governo è pronto ad una nuova stretta per contrastare la pandemia

stretta del governo

In questo caso si dovrebbe parlare di RESTRIZIONE e non di stretta.

Si sta parlando di restringere le libertà, ridurre, oppure di politiche economiche restrittive.

La stretta di cui si parla quindi fa riferimento ad un restringimento, ad una restrizione delle libertà.

Tutti i governi del mondo, chi più, chi meno, hanno imposto delle strette alla popolazione.

Poi c’è anche un altro significato legato al precedente.

“Essere alle strette” infatti significa essere in una situazione molto difficile.

Quando siamo alle strette spesso siamo costretti a fare qualcosa. Non ci sono molte alternative perché in senso figurato non abbiamo molta libertà di movimento, non abbiamo molte scelte.

L’Italia è alle strette a causa dell’aumento dei contagi

Un allenatore di una squadra di calcio è alle strette quando deve assolutamente vincere per non essere esonerato.

D’altronde quando “stiamo stretti” vuol dire che siamo vicini, troppo vicini e non riusciamo a muoverci.

Su un autobus pieno di persone si sta molto stretti infatti.

Infine, ancora un altro uso del termine “stretta“: quando siamo alla stretta finale vuol dire che siamo al momento decisivo, al momento culminante.

Tra una settimana ci sono le elezioni? Allora siamo alle stretta finale!

Dopodomani ho un esame? Siamo alla stretta finale!

Siamo agli ultimi 100 metri della maratona? Siamo alla stretta finale!

E’ alla stretta finale che si decide qualcosa di importante, manca poco tempo, il tempo rimasto si RESTRINGE sempre di più.

Allora adesso ripetete dopo di me:

Piacere di conoscerla: Dare una stretta di mano.

Dare una stretta ad una vite. L’hai stretta bene?

Dare una stretta ad un bullone: ecco fatto, adesso è ben stretto!

Sono dimagrito, devo stringere la cinta! Devo dare una stretta alla cinta 

Si sono allentate le scarpe: Dare una stretta ai lacci delle scarpe

Il Governo è pronto ad una nuova stretta!

Dopodomani ho un esame? Siamo alla stretta finale!

L’Italia è alle strette a causa dell’aumento dei contagi

Ho tradito mia moglie, lei mi ha scoperto e mi ha messo alle strette, mi ha detto di scegliere: o lei, o la morte!

23 – Vendite online: rispondere con un messaggio automatico – ITALIANO COMMERCIALE

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Vediamo insieme quali tipi di messaggi possono essere inviati ai clienti che hanno appena acquistato un nostro prodotto online.

vendite online - grazie per l'acquisto

392 Cioè, ossia, ovvero, oppure, ovverosia, vale a dire, in altre parole, per meglio dire

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Trascrizione

Buongiorno a tutti, avete mai pensato a quanti modi diversi ci sono per dire “cioè”?

Però questi modi, che adesso vedremo, non sono proprio tutti uguali, altrimenti esisterebbe solo cioè.

Cioè” è il più diffuso, e serve per spiegare meglio un concetto o anche per dire che non si è capito bene.

cioè, ovvero, ovverosia, vale a dire,

Spesso è usato anche come intercalare, ma spesso si abusa di questo termine e non ce n’è bisogno veramente. I ragazzi hanno questo vizio spesso, e il motivo è che non si legge abbastanza.

E’ come dire: adesso cerco delle parole diverse, te lo dico in un altro modo, aggiungo qualcosa che può aiutare a capire.

Tu non mi ami più, cioè non è che non mi ami più, forse mi ami, ma non me lo dimostri più.- Cioè voglio dire che io ho bisogno di attenzioni,  cioè di regali, di carezze, di parole carine. Cioè, in altri termini una volta prestavi più attenzione a questi particolari.

Questo è un esempio di uso colloquiale di cioè.

Infatti “cioè” è sempre colloquiale e nello scritto è sicuramente meglio usare una modalità alternativa.

Ad esempio “vale a dire”, “in altri termini”, “in altre parole”, “per meglio dire”

Questi sono più adatti allo scritto, quando si spiega meglio un concetto, aggiungendo dettagli o modificando i termini usati.

Vale la pena soffermarci su “ovvero“. A volte ovvero può sostituire “cioè”.

Questo episodio è molto interessante, ovvero molto utile per migliorare la lingua italiana.

La lingua di Dante, ovvero la lingua italiana, è la più melodica al mondo.

Ovvero inizia per “o” e infatti è l’unione tra “o” e “vero”, cioè serve a introdurre un’altra cosa “vera”, nel senso di equivalente.

Ma ci sono due cose da aggiungere a riguardo. Primo, che “ovvero” può usarsi per riferirsi ad una categoria più grande, o ad etichettare ciò che abbiamo già detto. Quindi non semplicemente ad usare parole diverse, come “cioè”, ma ad inquadrare ciò che abbiamo detto in una categoria più grande.

Mi spiego meglio con qualche esempio:

Oggi vi spiego cosa cucinare con gli avanzi del giorno prima, ovvero vediamo l’arte culinaria del riciclo.

In questo episodio parliamo di cioè, ovvero, ossia e altri termini, ovvero cerchiamo di aumentare il nostro vocabolario.

Questo è un uso particolare di ovvero, che non ci crea particolari problemi.

I problemi arrivano perché alcune volte “ovvero” si utilizza al posto di “oppure” e risulta spesso difficile capire se, in una frase, il senso di chi parla o scrive sia quello di “cioè” o quello di “oppure”: si sta cecando di spiegare meglio o stiamo aggiungendo una alternativa?

se dico ad esempio:

Si può partecipare alla festa di Giovanni solo se invitati ovvero se sei un suo parente.

Cosa significa? Potrebbe significare che ci sono due possibilità per partecipare alla festa: essere parenti o essere invitati, anche se non parenti. Ma allora significa “oppure”.

La seconda possibilità è che solamente i parenti siano invitati quindi quell’ovvero sta per “vale a dire”.

Il mio consiglio allora è di non usare mai “ovvero” proprio per questo motivo. Purtroppo, soprattutto nella lingua giuridica, quindi nelle leggi, regolamenti eccetera, il senso è più spesso quello di “oppure” mentre nella lingua comune significa quasi sempre “vale a dire”, “cioè”.

Quindi non usate ovvero, ma sappiate che si usa in questi due modi.

Poi c’è OSSIA, che equivale a cioè, ma è meno comune, più formale, più adatto allo scritto.

Ossia però non si usa normalmente per chiarire un concetto poco chiaro quando non trovo le parole adatte, cioè non esattamente per spiegarsi meglio, ma per introdurre una definizione equivalente o per aggiungere informazioni più dettagliate. Ad esempio:

Oggi vi parlo dei sinonimi di “cioè”, ossia dei termini che posso usare in sostituzione di “cioè”.

Per evitare il contagio, bisogna osservare le norme, ossia indossare la mascherina e rispettare la distanza di sicurezza.

Per vivere a lungo bisogna condurre uno stile di vita equilibrato, ossia mangiare poco, fare attività fisica, evitare lo stress e i pericoli e dormire almeno 7-8 ore al giorno.

Il Brasile ha una superficie di 8.516.000 km², ossia più di 28 volte l’Italia.

Ci vediamo domenica prossima, ossia il primo novembre.

In questi casi potremmo usare tranquillamente cioè, vale a dire, ovvero, eccetera, ma ossia è il più usato e il più adatto.

Spesso “ossia”, come avete visto, si usa anche per introdurre un elenco che riteniamo di utilità esplicativa:

Per andare a scuola mi servono ancora diverse cose, ossia una cartella, due penne e una matita.

Ossia possiamo quindi chiamarlo un chiarimento ampliato di una affermazione precedente.

Poi c’è anche “ovverosia” che è come “ossia”, ma molto meno comune.

Per perdere peso bisogna stare attenti alla matematica, ovverosia al numero delle calorie contenute negli alimenti.

Questa volta però non c’è più il doppio senso, l’ambiguità di “ovvero” che abbiamo visto prima. Quindi ovvero è meglio se non lo usate proprio, mentre per ovverosia vi è concesso, ma sempre meglio usare “ossia“. Sappiate comunque che è la stessa cosa.

Adesso ripassiamo:

Ulrike (Germania): A furia di spiegarci le espressioni per filo e per segno, spesso e volentieri il nostro presidente sfora un po’. Guardiamo la sostanza e non la forma.

391 La scelleratezza

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Trascrizione

Siamo arrivati all’episodio n. 391 della rubrica “2 minuti con Italiano Semplicemente”. A coloro che solo oggi conoscono questa rubrica consiglio di iniziare dall’episodio n.1.

Qualunque scelta diversa sarebbe sbagliata, a meno che il livello di italiano posseduto è molto alto.

A proposito di sbagliare. Quando parlate di cose sbagliate, se si tratta di scelte, di comportamenti, di azioni molto pericolose possiamo usare l’aggettivo scellerato o scellerata.

Anche una persona può essere scellerata, e in questo caso questa persona fa qualcosa di molto sbagliato, pericoloso, ma se non parliamo di persone non cambia molto: una scelta scellerata, un comportamento scellerato, un’azione scellerata eccetera. Si tratta di cose sbagliate, che giudichiamo sbagliate, questo è sicuro, ma se vogliamo usare la scelleratezza (questo è il nome della caratteristica in questione) dobbiamo concentrarci sulle conseguenze, anche solo potenzialmente molto negative. C’è anche però un giudizio morale quando usiamo questo aggettivo “scellerato” o il sostantivo “scelleratezza”. Qualcosa che noi non faremmo mai e poi mai.

Una madre scellerata lascia in casa il suo bambino di due anni da solo tutto il giorno.

Lanciare una bomba atomica è una scelta scellerata.

Lasciare la scuola a 15 anni è una decisione scellerata.

Licenziarsi dal proprio lavoro con una famiglia sulle spalle può essere ugualmente una decisione scellerata.

Suicidarsi è un atto scellerato.

Non abusate di questi termini però perché se il contesto non è molto grave non ha molto senso. Meglio allora usare pericoloso, sbagliato, grave, riprovevole, irragionevole, incomprensibile e via dicendo.

Adesso ripassiamo:

Anne France: Ha appena telefonato un nostro cliente. Era incazzato perché la merce pervenuta non è come si deve. Si vuole avvalere del suo diritto di rimandarla indietro.

Max Karl: allora dovremmo correre subito ai ripari, sennò ne va della nostra reputazione. Chiamiamo in causa il nostro reparto servizio clienti.
Ah no, accidenti, mi è sfuggito che oggi non c’è nessuno! Caschiamo proprio male. Allora te la devi vedere tu!

Komi: beh ..Non mi dispiace per niente raccogliere la provocazione, con i clienti difficili ci so fare, direi che sono proprio portato per questo.

Ma purtroppo ho i tempi stretti!

Max Karl: dai, non fare storie! mettiti subito all’opera per sbrogliare la matassa. Il cliente mi sta addosso e mi sta incalzando per una risposta, quindi urge sbrigarsi , non vogliamo certamente correre il rischio che ci faccia causa.

E: d’accordo , mi adopererò per ovviare al meglio. Farò una capatina da lui per parlargli dal vivo. Vedrai che in futuro sarà annoverato tra i nostri migliori clienti.