L’anno bisestile – ripasso 2 minuti con Italiano semplicemente (1-212)

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Trascrizione

Buongiorno a tutti e benvenuto in questo episodio di ripasso della rubrica 2 minuti con Italiano Semplicemente – Parliamo dell’anno bisestile.

Abbiamo superato i 200 episodi. Niente male vero? E dire che sembra ieri che abbiamo iniziato questa rubrica.

Cerchiamo oggi di utilizzare il maggior numero di espressioni imparate finora. Non tutte ovviamente perché, che volete , sono più di 200, mica pizza e fichi!

Il mese di Febbraio nel 2020 ha 29 giorni, e questo accade ogni 4 anni. Ogni 4 anni diventa di 29 giorni. Normalmente ne ha 28. Si tratta di un’eccezione quindi alla regola. Un’eccezione che si ripete ogni 4 anni.

Siete curiosi di sapere il motivo? Quale occasione migliore di un episodio di ripasso proprio questo giorno?

Ma mi chiedo: allungare un giorno ogni 4 anni ha conseguenze negative?

Che io sappia no, ma se qualcuno di voi crede che l’anno bisestile vada a discapito dei propri interessi, o della propria salute, mi faccia sapere… sono proprio curioso!

Difficilmente comunque sarei disposto ad assecondare una teoria di questo tipo.

Sicuramente infatti nessuno di noi potrà risentire delle conseguenze di un giorno in più, Che sarà mai un giorno!

Circa le ragioni di questa curiosità, la spiegazione è semplice, e risale ai tempi dell’impero romano.

Che poi noi tutti a quei tempi non fossimo presenti, beh, questo è assolutamente normale, considerato che stiamo parlando di all’incirca 2000 anni fa.

Dunque, dicevo che la storia dell’anno bisestile, (si chiama anche “bisesto”, per la cronaca (questa la spieghiamo domani), risale ai tempi dell’antica Roma, dunque è ormai una tradizione che dura da moltissimo tempo, e se vogliamo ci siamo anche abituati ormai.

L’anno bisestile non è altro che un anno composto da 366 giorni anziché di 365.

Questo avviene ogni quattro anni, perché un anno in realtà, mi riferisco all’anno solare, durerebbe, volendo essere precisi, esattamente 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 45 secondi.

Spero non siate insofferenti ai numeri. Fatemi sapere se accusate il colpo.

Siamo noi comunque che arbitrariamente abbiamo deciso di far durare l’anno durare 5 ore, 48 minuti e 45 secondi meno del dovuto. Ma io mi chiedo: inserendo un giorno in più ogni 4 anni, quindi 6 ore ogni anno, abbiamo sgarrato di circa 12 minuti. Dunque i conti non tornano.

Non la vedete così anche voi? Il che mi fa dedurre che tra circa 5000-6000 anni, più o meno, le stagioni risulteranno spostate di un mese in avanti. Vi era sfuggito questo particolare?

Comunque torniamo a bomba: chi di voi è nato il 29 febbraio? Conoscete almeno una di queste persone?

Si dice che invecchino più lentamente visto che festeggiano il compleanno ogni quattro anni. Ma questa sembra una vera sciocchezza giusto?

Ai tempi dei romani dovete sapere che c’era un calendario diverso dal nostro.

Quel calendario viene chiamato anche pre-giuliano, poiché è rimasto in vigore fino all’avvento del calendario giuliano, istituito da Gaio Giulio Cesare nell’anno 46 a.C., che sarebbe morto due anni dopo. Ma questo non ha alcuna importanza ai fini dell’episodio di oggi.

Mia figlia è nata il 28 febbraio sapete? Ma nessuno aveva programmato di farla nascere il 29, quindi non è nata anzitempo, anche perché quell’anno, il 2006, non era bisestile.

Invece domani è il mio compleanno, quindi normalmente i nostri due compleanni sono attaccati, fatti salvi, appunto, gli anni bisestili.

Quest’anno comunque è diverso dagli altri anni bisestili. Le persone oggi non si accalcano nei teatri e nei cinema, per via del corona virus. D’altronde ci sono regole igieniche a cui tutti dobbiamo sottostare se vogliamo combattere questo virus.

Ma vedrete che tra qualche settimana saremo riusciti ad avere la meglio su di esso, me lo sento, e così tutti gli stranieri non diranno più che non se la sentono di venire in Italia, altri poi sono combattuti, per ora hanno un po’ di fifa ma passerà. Alcune misure sembrano un po’ esagerate, tipo chiudere le scuole, ma chi le ha prese avrà pensato che non bisogna lasciare nulla di intentato.

Comunque, cosa farete voi in questo giorno in più che il calendario ci ha regalato?

Io sono andato in palestra, e spero non debba rispondere di questo. Se dovessi conrarre il virus mi darò all’isolamento, non si sa mai, ma spero che il virus, bontà sua, non mi rovini il compleanno. Ma se andassi in quarantena ci sarebbe un bel rovescio della medaglia: farei almeno 10 episodi al giorno!

Comunque per rassicurarvi la palestra era quasi deserta, quindi non vedo perché preoccuparsi. Oggi mi ero prefisso di allenarmi e si dà il caso che io mantenga le promesse e gli impegni presi. Stare a casa a cincischiare non è proprio da me. Tenere a bada le preoccupazioni e le tensioni è importante e fare attività sportiva mi aiuta in questo.

Bene, adesso che abbiamo rispolverato alcune espressioni, tra cui qualcuna che va per la maggiore tra gli italiani, posso salutarvi.

Ci sentiamo al prossimo episodio di ripasso, ma tra un po’, quando avremo realizzato almeno altri 30 episodi della rubrica, prima direi che non è cosa.

213 – ALTRO CHE STORIE – due minuti con italiano semplicemente

Audio

Video

https://youtu.be/tPtmgdRRrvk

Trascrizione Giovanni: Buongiorno. Oggi vediamo un’espressione che si sente spesso dagli italiani, mentre probabilmente è meno diffusa nella comunicazione scritta.

L’espressione è “altro che storie“. 

Si usa solitamente quando si è arrabbiati e quando si è sicuri di qualcosa. Talmente sicuri che non si accettano opinioni contrarie, o argomentazioni che possono portare a conclusioni differenti. 

Vediamo alcuni esempi:

Non mi dire che sono magro, ok? Io devo perdere almeno 10 kg, altro che storie

Quindi in questo esempio, chi parla è sicuro che vuole dimagrire, e coloro che la pensano diversamente sono in torto, altro che storie!

Altro che storie” significa quindi: questa è la verità, e tutto il resto, cioè le altre cose che si dicono, sono storie, cioè non sono la verità. 

Il termine “storie” infatti è spesso utilizzato nella lingua italiana per indicare delle bugie, o comunque delle cose non vere, come se fossero delle storie, quindi come se fossero frutto della fantasia. Avete presente le storie che si raccontano ai bambini? Sono cose fantasiose, inventate, non appartengono alla realtà, quindi per questo si usa il termine storie per indicare cose non vere:

Non mi raccontare storie!

Cioè: non inventare cose, non dire bugie, non cercare di convincermi con delle cose non vere.

Si sente spesso anche dire:

Che storia è mai questa?

Quando non crediamo a qualcosa. E diciamo una frase di questo tipo se ci sembra molto strano quello che ascoltiamo, qualcosa di apparentemente lontano dalla realtà.

Un altro esempio:

Quali sono i problemi italiani in questo momento? 

C’è chi dice che il problema più grande è l’immigrazione, altri dicono che ci sono troppi anziani e pochi giovani poi arrivo io che dico:

Ragazzi, il problema è il lavoro, altro che storie!

Quindi, come prima, il problema non è l’immigrazione, e non è neanche il numero degli anziani. Il vero problema in Italia è che non c’è lavoro per tutti, altro che storie!

“Altro che storie” serve semplicemente a escludere categoricamente tutte le altre risposte alla domanda.

Forse è una esclamazione un po’ dura, a volte può anche essere offensiva per chi ha un’idea diversa, ma l’obiettivo di chi parla è sicuramente quello di fare chiarezza e non quello di offendere e esprime una certa sicurezza in quello che si dice:  Ma vedo che sono già passati i due minuti quindi ora è l’ora del ripasso, altro che storie!

Ripassiamo::
Andrè (Brasile):
Pensavo che tornare  in Italia ancora una volta fosse un’ ipotesi peregrina, comunque ne ho parlato con mia moglie ieri sera e abbiamo concluso che risparmiando come si deve, puo’ darsi che  tra due anni circa potremmo farcela!  Ovviamente da oggi in poi ridurremo  il nostro tetto di spesa  e lo faremo senza remore.
Che poi il cambio con l’euro stia peggiorando, questo non significa che non terrò fede alla mia promessa di viaggiare almeno una volta l’anno.

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N.6 – FAME E SETE – 2 minuti con Italiano semplicemente – PRIMI PASSI

PRIMI PASSI: CORSO DI ITALIANO PER PRINCIPIANTI

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6^ lezione – sesta lezione – lezione n. 6: FAME E SETE

Audio

Emanuele: Primi passi. Lezione numero sei (6): FAME E SETE

Emanuele: ciao papà

Giovanni: ciao Emanuele.

Emanuele: papà, ho fame. Sono affamato.

Giovanni: ah, davvero? Hai fame? Sei affamato?

Emanuele: si, ho fame. Voglio mangiare qualcosa. Adesso!

Giovanni: bene. Ok, ho capito. Cosa vuoi mangiare?

Emanuele: un bel piatto di pasta.

Giovanni: ok. Sei molto affamato?

Emanuele: si, ho molta fame Sono molto affamato.

Giovanni: bene, hai anche sete? Vuoi bere qualcosa?

Emanuele: si grazie volentieri. Un po’ d’acqua.

Giovanni: vino? Vuoi del vino?

Emanuele: no, acqua. Ho detto acqua. Voglio bere dell’acqua.

Giovanni: bene. Allora un piatto di pasta e un po’ d’acqua. Nient’altro?

Emanuele: no. Nient’altro. Tu non hai fame papà? Non sei affamato?

Giovanni: si, anch’io sono affamato. Ho anche molta sete. Quindi mangio un po’ di pasta anch’io con te. Un bel piatto di pasta anche per me. Io però bevo anche un po’ di vino.

Giovanni: mangiamo insieme allora?

Emanuele: sì. Volentieri. Mangiamo insieme.

Giovanni: allora io preparo la pasta. L’acqua la prendi tu?

Emanuele: va bene. Che fame!

Giovanni: e che sete!

Ripasso lezioni precedenti:

Elettra: Ciao ragazzi. Volete sapere come mi chiamo? Volete sapere il mio nome? Volete sapere se il mio nome è Emanuele? La risposta è no! Emanuele è mio fratello. Questo è il suo nome. Io mi chiamo Elettra. E volete sapere la mia età? Sì? La mia età è 13 anni. Non ho ancora 14 anni. Volete sapere anche se ho un lavoro? La risposta è no! Non ho ancora un lavoro. Neanche mio fratello Emanuele lavora perché lui ha ancora 11 anni. E mio padre lavora? Certo che lavora. La risposta è sì.

212 – CIRCA – due minuti con italiano semplicemente

Audio

Anne France (Francia): Ogni due per tre ascolto il nuovo episodio di Italiano Semplicemente bevendo il caffè. Ecco una bella parentesi di due minuti

Giovanni: Che ore sono?

Sono circa le 8.

Ti aspetto da circa 20 minuti

Sono circa 100 le persone che ti stanno aspettando.

Sapete sicuramente usare l’avverbio “circa” in questo modo. Significa più o meno, approssimativamente.

Sono circa le 8, quindi potrebbero essere le 8 meno 10 ma anche le 8 e 10. Sto fornendo un’indicazione approssimativa, imprecisa. Non conosco il dato preciso.

Ti aspetto da circa 20 minuti, quindi, analogamente, significa che sto aspettando forse da 15, forse da 25 minuti. Non ho calcolato esattamente la mia attesa, molto probabilmente i minuti di attesa sono 20, minuto più, minuto meno. In questi casi posso anche usare all’incirca. Stesso significato.

Ok, comunque questo uso di circa lo conosciamo e credo sia chiaro ai più. Ci sono sempre dei numeri nella frase in questi casi, perché non posso farne a meno. Non si può dire ad esempio: “ti aspetto da circa molto tempo“. Devo per forza usare dei numeri (ore o minuti).

Ce n’è un altro però, un altro utilizzo di circa, meno usato dagli stranieri sicuramente, dove circa serve a specificare.

Vi faccio qualche esempio:

Ho chiesto a Giovanni alcune informazioni circa l’orario di arrivo del suo aereo.

Mi devi raccontare tutto circa ciò che è accaduto.

Desideriamo maggiori informazioni circa la qualità del prodotto.

Cosa mi dici circa la tua salute? Stai bene?

In questi casi circa significa “riguardo“, “riguardante“, “riguardanti“, “che riguarda/riguardano“, “a proposito di”, “concernente”, “concernenti” “che concerne”.

A volte posso anche usare “su“, che è il modo più informale di tutti. Anche “di” si può usare spesso:

Mi devi raccontare tutto su ciò che ti è accaduto.

Mi devi raccontare tutto di ciò che ti è accaduto.

In tutti i casi sto specificando l’argomento di interesse. Somiglia molto al termine inglese “about“.

Usare circa, in questi casi non è una cosa strana, potete farlo anche tra amici. Senza problemi. Probabilmente è meno diffuso, forse è un po’ più formale rispetto alle altre forme (non tutte: concernente ad esempio è molto più formale). È anche molto usato dai giornalisti e in ambito professionale quindi vi consiglio di imparare questo uso di circa anzi, vi consiglio di cercare di farvi un’idea più precisa circa questo utilizzo attraverso altri esempi che potete trovare su internet. Comunque credo che questo sarà uno dei termini più adatti per essere ripassati nei prossimi episodi di due minuti con italiano semplicemente.

A proposito. È arrivato il momento del ripasso di questo episodio numero 212.

Ulrike (Germania): 

Hai chiesto un ripasso delle espressioni passate? Oggi non è cosa Gianni. Non vedo come io possa sfoderare un ripasso in men che non si dica. È un compito esigente sai. Poi ho un bel po’po’ di lavoro sulla scrivania. Quindi mi vedo costretta a dirti che oggi non ti darò manforte. Se poi anche i tanti altri del nostro gruppo si mostrano restii, toccherà a te fare il prossimo ripasso. O così o pomì.

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212_circa

 

211 – CHE POI – 2 minuti con Italiano semplicemente

Audio

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Trascrizione

Giovanni: episodio n. 211.
Tutti voi stranieri conoscete l’avverbio “poi“, perché vi hanno insegnato ad usarlo relativamente al tempo.
In pratica è un sinonimo di “dopo” e il contrario di “prima“.

Prima o poi andrò in Italia.
Sono andato a Roma, poi a Napoli.

Comunque si può usare anche per aggiungere informazioni come sapete.

Io sono italiano. Poi sono anche un uomo e poi mi piace insegnare agli stranieri.

Poi? Nient’altro?
Ma in fin dei conti quando si aggiungono informazioni lo si fa successivamente nel tempo, quindi c’è sempre il tempo di mezzo.
A volte “poi” si usa anche dopo la congiunzione “che“: che poi.
A me interessa spiegarvi questo oggi: che poi.
In questo caso si può usare ugualmente al posto di “dopo” o “più tardi” o per aggiungere informazioni.

Leonardo Da Vinci, che poi è stato anche un grandissimo inventore, ha dipinto “la Gioconda”.

In questi casi si usa come “in aggiunta“, “inoltre” (spesso potete eliminare “poi” e non succede niente).
Poi si usa a volte quando con queste informazioni aggiuntive si esprime qualcosa che non si capisce, qualcosa di illogico.

Giovanni è scappato in aereo?
Davvero? Che poi, adesso che ci penso, Giovanni non aveva paura di volare?

A proposito di cose illogiche. Potrei cercare di giustificarle per renderle logiche, per darle un senso, per farle diventare logiche.
C’è anche questo caso, quello che interessa a me oggi.
In pratica, se devo dimostrare qualcosa, se devo convincere qualcuno e quindi sto sostenendo un’idea, se qualcosa però non mi aiuta a sostenere la mia idea, allora uso “che poi” per spiegare queste cose scomode o illogiche, che però secondo me hanno una spiegazione. Potrei anche dire “poi, il fatto che“.
Ricordiamoci infine che alla fine della frase devo giustificare, ok? Devo dire qualcosa alla fine, perché questa cosa ha una spiegazione.
Anche il tono da usare è importante.
Ad esempio: sono dell’idea che il corona virus sia una grave malattia e non una normale influenza.
Allora posso dire:

Il corona virus si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo. Che poi la mortalità sia bassa e che muoiano solo persone anziane con gravi patologie esistenti, questo non significa che non dobbiamo combatterla con tutte le nostre forze.

Avete prestato attenzione ai tono?
Un altro esempio.

A me piacciono più le donne more, cioè quelle con i capelli scuri. Che poi io abbia sposato una donna bionda questo è solo un caso. Che poi i capelli rossi mi piacciano ancora di più, questo è dovuto solo al fatto che non vi sono molte rosse al mondo. Per questo non ho sposato una donna dai capelli rossi.

Vi piace come giustificazione?
Ah, non vi ho detto ancora che quando aggiungete queste informazioni scomode è sempre meglio usare il congiuntivo. Che poi la frase si capisca lo stesso se non lo fate, di questo non dovete preoccuparvi. Fidatevi.
Adesso ripassiamo.
Bogusia (Polonia):
A scanso di equivoci ragazzi, per non risentire troppo delle conseguenze di contagio del corona virus, bisogna dare seguito alle parole di chi se ne intende, cioè i medici. Ma sono in tanti che invece dicono: non è cosa! e se ne fregano . Dall’altro canto c’è chi ha paura e decide di agire senza discapito per se stesso, almeno questo è ciò che pensa e se vogliamo anche rimanendo a casa chiuso. C’è poi chi dice: se stessi male, rimarrei a casa, se andassi all’ospedale starei peggio, che paradosso. Ma che vuoi, siamo alle solite, ci sono sempre atteggiamenti all’insegna del panico.
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210 – IL CONDIZIONALE NEL PASSATO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Trascrizione

Giovanni: episodio n. 210.

Sapete che c’è un modo particolare per usare il condizionale. Non nel modo classico, del tipo:

Se avessi fame, mangerei

Questo “mangerei” è il classico condizionale, e non è un evento certo, infatti si chiama condizionale perché si deve verificare una condizione.
In questo caso la condizione è aver fame.
Ma quando si racconta qualcosa accaduto nel passato, che quindi è già accaduto, posso usare il condizionale in un’occasione particolare: quando parlo del futuro, ma quando questo futuro è già passato.
In questi casi, a volte si usa per esprimere un evento dubbio, ma non sempre.
Ad esempio:

Il ragazzo, dopo essere stato a casa, sarebbe uscito un’ora più tardi.

Parlo del passato quindi, e anche del futuro (è uscito un’ora più tardi) e c’è del dubbio in questa frase. Non c’è nessuna condizione però. Solo dubbio. Non sono sicuro che il ragazzo sia veramente uscito.
Lo stesso se dico:

Sono arrivato molto tardi e ho perso l’aereo, che sarebbe anche partito qualche minuto in ritardo.

Anche qui: futuro nel passato e nessuna condizione. Però ancora dubbio. Mi hanno detto, mi è stato riferito che l’aereo è partito in ritardo.
Ma ascoltate questa frase:

Il film racconta delle vicende di uno scrittore nel 1920, scrittore che poi sarebbe morto qualche anno più tardi.

Oppure:

Mio nonno, che si sarebbe sposato solo qualche anno più tardi, a quel tempo, quando aveva 20 anni, era un grande appassionato di donne.

Questi due esempi hanno tre caratteristiche in comune.
La prima è che si tratta di eventi già trascorsi.
La seconda è che si parla anche di futuro nel passato ma adesso è già accaduto. Era futuro prima, nel passato. Ora non lo è più.
La terza, importantissima, è che quando si usa il condizionale lo si fa perché l’informazione aggiuntiva è di secondo piano, cioè non è di primaria importanza nella frase, ma serve solo a definire meglio il contesto. Insomma, è una frase che aiuta solo a capire qualcosa in più.
Notare bene che non c’è nessun dubbio o condizione: mio nonno si è veramente sposato qualche anno più tardi rispetto a quando era un conquistatore di donne.
Questo è un evento certo. Si è verificato. Ed anche lo scrittore di cui vi ho parlato prima, qualche anno dopo il 1920 è morto. Anche questo è certo. Ma sono informazioni di secondo piano, e per evidenziare questo fatto uso il condizionale, anche se la tentazione di usare il passato prossimo o remoto è tanta, vero?
Sarebbe morto qualche anno dopo.
Si sarebbe sposato qualche anno più tardi.
Tranquilli comunque. Se usate una forma passata non sbagliate.
Agli studenti stranieri posso consigliare di usare questa forma quando si parla ad esempio di grandi personaggi italiani che sono vissuti nel passato. Farete una bella figura col professore.
Non è così difficile, basta aggiungere un’informazione di contesto sul futuro.

Era il 1321 quando Dante Alighieri terminò di scrivere la divina commedia. Di lì a poco lui poi sarebbe morto, ma quando iniziò a scriverla era il 1304, sembra.

Ora, augurandomi che non abbiate risentito troppo di questo episodio grammaticale, ascoltiamo una frase di ripasso.
Camille (Libano 🇱🇧): Quando credevamo di essere sicuri di non studiare la grammatica, ecco che arriva un episodio sul condizionale.
Lejla (Bosnia): Quale sorpresa Giovanni!
Giovanni: Prometto che in futuro sgarrerò solo se ne varrà la pena, ragion per cui non c’è motivo di preoccuparsi.
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209 – RISENTIRNE – 2 minuti con Italiano semplicemente

Audio

Giuseppina: episodio n. 209.

Ora che abbiamo imparato ad usare a scapito e a discapito, sicuramente sarà più facile introdurre il verbo risentire.

Siamo in una situazione infatti molto simile a quelle precedenti.

Vediamo solamente uno degli usi di questo verbo, vale a dire subire le conseguenze di qualcosa.

Sapete già di cosa sto parlando perché nell’episodio 159 abbiano visto “accusare il colpo” che ha proprio questo stesso significato. Risentire ha però un uso più ampio, perché si usa in qualsiasi contesto, e non solo riferito alle persone. Si usa ovunque ci sia una conseguenza di un evento.

Parliamo sempre di conseguenze negative.

Risentire, quando ha questo utilizzo, si usa spesso insieme alla particella ne.

L’economia risentirà delle conseguenze del corona virus? L’economia ne risentirà?

Sicuramente ne risentiranno le relazioni sociali.

A risentirne saranno sicuramente le relazioni sociali.

A risentirne, cioè a subirne negativamente le conseguenze.

I fiori sul balcone hanno risentito del freddo intenso. Ne hanno risentito soprattutto le rose.

L’attenzione all’ascolto risente molto della durata di un episodio, e per questo motivo, per risentirne il meno possibile l’episodio 208 termina qui. Ma non prima di aver ascoltato una frase di ripasso.

Ulrike: Oggi mi gira proprio bene e me la sento di tornare alla carica con qualche frasi di ripasso. Allora ascoltate un po’ e dopo tocca a voi a ripetere le espressioni evidenziate. Stamattina presto, durante il dormiveglia mi è venuta in mente il termine chicchessia della rubrica “due minuti con italiano semplicemente”.

Una volta entrata nella mia mente cominciava a ronzarmi per la testa proprio come il suono di un treno che corre: chicchessia, chicchessia…!

Quale tormentone questo! Ora ditemi voi: il significato della parola, i modi di usarla come si deve, li avete presente? Io no, ammetto che mi erano totalmente sfuggiti. Dopo essermi scervellata un po’, invano purtroppo, quindi tuttora sguarnita di un’idea del significato, mi vedevo costretta a fare un ripasso della puntata 101 della rubrica.

Questo però l’ho raccontato solo a voi, non parlatene con chicchessia, mi raccomando!

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208 – A DISCAPITO – 2 minuti con Italiano semplicemente

A discapito

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Trascrizione

Giovanni: episodio n. 208.

Il termine discapito è quasi identico al termine scapito, che è stato oggetto dell’ultimo episodio, ma ho detto appunto “quasi”

Vediamo qualche esempio:

La legge va a discapito delle persone più povere

Abbiamo preso questa decisione a nostro discapito

La biblioteca è stata chiusa a discapito degli utenti

Le politiche sociali sono spesso a discapito delle donne

Ti dico queste cose a mio discapito

Quindi discapito si usa prevalentemente quando c’è un danno, un semplice danno che subisce qualcuno, senza la necessità di un confronto diretto:

le misure per la sicurezza dei cittadini sono a scapito della privacy: piu sicurezza = meno privacy.

Prima ho parlato di danno contro “qualcuno” perché discapito si usa quasi sempre con le persone, e se uso mio, tuo, suo, o per me, per noi, ecc non posso usare “scapito”:

Faccio questo a mio discapito

Questa cosa va a tuo discapito

Le decisioni non vanno mai a suo discapito

Bisogna agire senza discapito per noi

Ecc.

Discapito quindi si può usare anche come sinonimo di danno, svantaggio che colpisce una persona. Quindi sebbene sia meno usato rispetto a scapito in realtà ha un uso più ampio.

Ora ascoltiamo una frase di ripasso, nonostante questo vada sia a scapito che a discapito della breve durata.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Junna: Non so come la vedete voi, ma ultimamente me la devo ingiustamente vedere con tanti sguardi e tanti giudizi negativi solo perché ho gli occhi a mandorla.

Natalia: Propongo una sfida, far sì che tutti coloro che diffondono voci false e tendenziose in questi giorni riguardo al corona virus siano colti alla sprovvista con atti e parole di solidarietà.

Ulrike: Balza agli occhi che ci siano forze politiche che non lasciano nulla di intentato per seminare odio e nutrire sentimenti razzisti. Tocca a noi che siamo di diverso avviso a difendere coloro che vengono ingiustamente aggrediti ed umiliati.

Bogusia: Finora abbiamo infatti abbozzato troppo. Bisogna rompere gli indugi e iniziare a guardare la sostanza, non la forma.
Attaccare la gente innocente non è più solo uno strappo alla regola. è questo il virus da combattere.
Io dico no a coloro che raccontano sciocchezze in quanto prevenuti e inutilmente insofferenti.

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N.5 – Sì o No? – 2 minuti con Italiano semplicemente – PRIMI PASSI

PRIMI PASSI: CORSO DI ITALIANO PER PRINCIPIANTI

primi_passi

5^ lezione. Quinta lezione. Lezione numero cinque: Sì o No?

Audio

Elettra: Primi passi. Lezione numero cinque (5): Sì e No

Elettra: Ciao.

Giovanni: ciao.

Elettra: tu ti chiami Giovanni? Ti chiami così?

Giovanni: Sì, mi chiamo Giovanni. Mi chiamo così.

Elettra: Non ti chiami Giuseppe?

Giovanni: No, non mi chiamo Giuseppe. Non mi chiamo così.

Elettra: stai bene?

Giovanni: sì, sto bene, grazie.

Elettra: tu sei mio padre, vero?

Giovanni: sì, sono tuo padre.

Elettra: sei mio padre?

Giovanni: sì, lo sono.

Elettra: Sei mia madre?

Giovanni: no, non sono tua madre.

Elettra: Sei mia madre?

Giovanni: no, non lo sono.

Elettra: Hai 48 anni?

Giovanni: sì, ho 48 anni.

Elettra: Hai 48 anni?

Giovanni: sì, be ho 48. E tu quanti anni hai? Quanti ne hai?

Elettra: io ne ho 13. Ma tu sei felice?

Giovanni: sì, sono felice.

Elettra: Sei felice?

Giovanni: sì, lo sono.

Elettra: sei triste?

Giovanni: No, non sono triste.

Elettra: Sei triste?

Giovanni: No, non lo sono. E tu lo sei?

Elettra: No, non lo sono. Papà, hai un lavoro?

Giovanni: sì, ho un lavoro.

Elettra: Hai un lavoro?

Giovanni: sì, ce l’ho. E tu ce l’hai?

Elettra: No, non ce l’ho papà.

Elettra: Papà, io sono Elettra?

Giovanni: Sì, sei Elettra .

Elettra: sono tua figlia?

Giovanni: Sì, sei mia figlia.

Elettra: sono tua figlia?

Giovanni: Sì, lo sei. E io sono tuo padre?

Elettra: Sì, lo sei.

Elettra: Papà, sono tuo figlio?

Giovanni: No, non sei mio figlio.

Elettra: sono tuo figlio?

Giovanni: No, non lo sei.

Ripasso lezioni precedenti:

Elettra: Ciao, come state? Io sto bene. Mi chiamo Elettra. Piacere di conoscervi. La mia età è 13 anni. Vado a scuola, quindi non lavoro. Neanche mio fratello lavora. Mio papà invece lavora. Anche mia madre lavora. Noi siamo quattro persone: mia madre, mio padre, mio fratello ed io.

207 – A SCAPITO – 2 minuti con Italiano semplicemente

A scapito

Audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

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Video

Trascrizione

Giovanni: episodio n. 207 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. Per chi non conosce questa rubrica si tratta di brevi episodi numerati.
La brevità è importante perché la lunghezza e il dettaglio delle spiegazioni sono sempre a scapito del numero delle persone che ascoltano l’episodio fino alla fine.
A SCAPITO di. Oggi spieghiamo questa espressione che si può usare quando parliamo di vantaggi ma soprattutto di svantaggi.
Quando facciamo una scelta, qualunque essa sia, valutiamo vantaggi e svantaggi e difficilmente troveremo una soluzione che porta tutti i massimi vantaggi.
Di solito ogni scelta ha i suoi vantaggi, i suoi punti a favore ed altri a sfavore.
Il fatto è che spesso aumentando un vantaggio lo facciamo a scapito di altre caratteristiche, che quindi peggiorano. Ma non c’è bisogno di dire che peggiorano perché abbiamo già detto “a scapito” di queste caratteristiche.
Dobbiamo trovare la combinazione ottimale che più ci soddisfa. Possiamo anche usare “a danno” con lo stesso significato di “a scapito” o anche “a svantaggio“, quindi è il contrario di “a vantaggio”. In modo più formale si dice “a detrimento” nonostante sia un po’ bruttina come modalità.
Se ad esempio andate in un ristorante dove non si usa la tovaglia, beh questo sicuramente va a scapito dell’igiene, vale a dire che l’assenza della tovaglia che ricopre il tavolo, non giova all’igiene, quindi è un punto a sfavore dell’igiene, va a scapito dell’igiene.
Se date troppe attenzioni a uno dei vostri figli questo va a scapito degli altri figli.
Adesso ascoltiamo una frase di ripasso, che forse va a scapito della durata dell’episodio, ma sicuramente giova alla memoria. Nel prossimo episodio vedremo un termine simile: il discapito.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Bogusia: Si dà il caso che a scuola dove lavoro si sia festeggiato il carnevale. Benché fossi restia, mi sono vista costretta a travestirmi anche io. All’insegna dell’unità sociale, sono riuscita a sfoderare in bel costume da vampiro ma ho avuto un problema e sfido chicchessia nel consigliarmi qualcosa per non accusare le conseguenze del trucco. Prude dappertutto, appunto. Che divertimento è? Il fatto è che non ho niente a che spartire con questi festeggiamenti e ora mi sono finalmente smarcata dal costume di carnevale. Cercare di convincermi che sia stato divertente lascia il tempo che trova. Adesso, dopo averlo tolto, mi gira tutto bene. Vi auguro una buona giornata. 😃
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L’inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con Italiano Semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!