778 Seduta stante

Seduta stante (scarica audio)

Trascrizione

Eccomi qua a spiegarvi seduta stante una nuova espressione italiana.

Nel corso dell’ultimo episodio vi avevo detto che mi sarei occupato di “stante“, il participio presente del verbo stare, e naturalmente cercherò di farlo in modo meno noioso possibile.

Oggi vediamo uno degli utilizzi di “stante“, che troviamo nell’espressione “seduta stante“, che ho usato proprio all’inizio.

Seduta stante” significa adesso, subito, immediatamente.

Un’espressione che ha un che di perentorio, si usa infatti soprattutto quando si danno degli ordini, o quando si esprime la necessità di una urgenza, come ho fatto io all’inizio, per trasmettere un senso di immediatezza. Non si può aspettare ulteriormente.

L’espressione contiene le due parole seduta e stante.

Una seduta è simile a una riunione. Si usa in casi particolari, come quando si fa una seduta spiritica, per richiamare le anime dei morti. Poi ci sono le sedute dal fisioterapista, dallo psicologo, ci sono le sedute terapeutiche, ci sono le sedute della Camera e del senato. Durante una seduta, si sta seduti, e l’obiettivo è discutere, esaminare una situazione, o una persona, oppure per prendere decisioni. Si fanno sedute anche in tribunale per decidere delle cause. Può anche essere un incontro tra un professionista e un cliente per consigli, consultazioni o cure.

Quando dico che qualcosa avviene seduta stante si vuole trasmettere l’idea che questa cosa viene fatta prima che la seduta sia terminata, quindi prima di alzarsi in piedi, quindi senza neanche alzarmi dal posto, durante la seduta stessa, durante la stessa riunione o incontro.

Non è detto che ci sia alcuna seduta però. L’espressione si può utilizzare in qualunque contesto, quindi fare qualcosa seduta stante equivalente a fare qualcosa sul momento, immediatamente.

Questo è uno dei modi di usare “stante“, che significa “che sta”.

In questo caso indica, in senso anche figurato, una seduta, un incontro, una riunione che “si sta” svolgendo in questo momento.

Prossimamente vedremo anche gli altri modi di usare “stante”. Per oggi ripassiamo, e complimenti a Doris, membro austriaco dell’associazione che ha composto questo bel ripasso che la stessa Doris e altri membri hanno registrato. Un ripassone coi fiocchi direi.

Rafaela: Ahimè! Devo dirvi una cosa ragazzi. Ce ne vuole per leggere i vostri ripassi. Di volta in volta penso che vi mancano buone idee per buttare giù qualcosa di più meritevole da leggere.

Anthony: Uffa, proprio tu ci fai una cazziata, tu, che brilli sempre per la tua assenza. Ma sappiamo che pagherai lo scotto per la tua defezione nel giro di qualche mese!

Hartmut: Lasciala in pace. I suoi interventi, anche se sono risicati, hanno comunque il loro perché. Per intenderci, non la difendo, assolutamente no, perché il suo comportamento spesso è fuori luogo, ma non è che forse possiamo imparare qualcosa da tutti i membri?

Doris: Vuoi darci a intendere che fosse lecito criticare i nostri ripassi? Lei non lascia nulla di intentato per metterci in ridicolo! Hai visto mai perché!

Marcelo: A me sinceramente questo tiro e molla con i ripassi mi rompe veramente le scatole. Non vi dico quanto sono stufa di sentire sempre la stessa solfa. Perché, per l’amor del cielo, non trovate finalmente un tema interessante da discutere?

Peggy: hei, Se non ti piacciono i nostri tentativi, così come magari non piacciono ai tuoi sostenitori, vattene a quel paese e prendi con te tutto il cucuzzaro. Attaccatevi al tram!

Marcelo: Quindi io farei parte del cucuzzaro se ho ben capito! Smettila di scagliare queste frecciatine contro di me. Non permetto a chicchessia di parlarmi così. Ti ho preso in contropiede o sei per caso un po’ risentito? Da che mondo è mondo tutti abbiano il diritto di esprimere le nostre opinioni, sicché anch’io!

Peggy: Lungi da me criticarti ma è palese che non hai le carte in regola per offrire soluzioni sostenibili, altrimenti l’avresti fatto. È facile lagnarsi senza suggerire qualcosa di proficuo con cui si possa andare avanti in modo più efficace.

Marcelo: Chissà per quali motivi ti immischi costantemente!

Ulrike: Vedete, di nuovo solo diverbi, diatribe o vattelappesca! Ste cose non possono condurre mai a una collaborazione fruttuosa che sarebbe invece appagante per tutti. Sin dall’inizio ho provato a scervellarmi per capire dove stanno le sfide che lanciate, ma ogni volta vado a tentoni!

Peggy: Un po’ dura di comprendonio?

Ulrike: Boh, adesso fai il sostenuto non solo con gli altri ma persino con me?

Marcelo: Non ti preoccupare Peggy, bontà sua, offende sempre tutti indiscriminatamente. Si mette sempre di traverso, è un continuo!

Danielle: Una magra consolazione però. Lancia i suoi commenti avvelenati senza requie verso di me. Comunque sia, volevo suggerire qualcosa.

Peggy: E l’apporto di oggi? Scommetto che verrà a mancare il tuo!

Irina: Santa pazienza, ma non potresti stare zitto/a solo una volta nella tua vita? Della serie: apri bocca e gli dai fiato!

Marcelo: Devi considerare che Peggy non è una tipa seria; è – passatemi il termine – una brontolona senza pari. Brontolona pare un parolone ma indubbiamente è una furbona. Ci mette un battibaleno a provocare un subbuglio madornale. I suoi tiri mancini, però, sono ormai scontati e tutti possono intuire le sue intenzioni. È un azzeccagarbugli e non indietreggia di fronte a niente.

Danielle: non gli stai risparmiando nulla!

Marcelo: Devi prendere Peggy davvero con le molle. Non solo ha il diavolo in corpo ma nemmeno sa come controllarsi in situazioni delicate. Parlare con lui/lei è sempre un’impresa titanica.
Interventi illogici che, quantomeno a me, fanno dare di volta il cervello.

Danielle: A me invece fa sempre più specie ascoltare e leggere ripassi composti da persone che dicono di parlare e scrivere correttamente!

Marcelo: Non esageriamo dai, piuttosto credo che gli stranieri non padroneggino abbastanza la lingua e quando si accingono a scrivere qualcosa, spesso restano troppo sul vago e si perdono nei meandri delle parole. A scanso di equivoci sarebbe vantaggioso sviluppare uno stile di scrittura più conciso ma questo richiede allenamento.

Danielle: Chissà, forse. Vai a capire!

Marcelo: Certo, poi, pensare che tutte le espressioni vengano assorbite automaticamente è un’idea errata. Richiede una disciplina e un’abnegazione se non per qualche anno, sicuramente per molti mesi, ma non è un dispendio inutile e neanche un’impresa impossibile. È giocoforza esercitarsi in modo regolare però. Io ad un certo punto ho pensato che sarebbe stato d’uopo ricorrere all’associazione Italiano Semplicemente.

Irina: Aggiudicato! Hai il mio pieno beneplacito e gradisco le tue conclusioni in merito. Voglio soltanto aggiungere un cosa. Mi preme dire da illo tempore che chi vuole, può unirsi alle nostre conversazioni, generate nei meandri della fantasia, per allenarsi con tutte le espressioni già imparate:)))

777 Il nullafacente e il nullatenente

Il nullafacente e il nullatenente (scarica audio)

Trascrizione

Oggi vorrei fare delle riflessioni sul participio presente di alcuni verbi.

Tranquilli non vi spaventate, non voglio fare una lezione di grammatica, ma riflettevo sul fatto che per alcuni verbi è difficile se non impossibile usare la forma del participio presente. Invece accade che ci sono dei termini derivati che si usano moltissimo, quantomeno maggiormente del participio presente.

Ci facciamo oggi una chiacchierata su questo facendo, se permettete, anche alcune divagazioni che magari possono risultare utili per non annoiarvi.

Pensate allora, ad esempio, al verbo potere. “Potente“, che sarebbe “colui/colei che può” , ma si usa in realtà sempre e solamente come aggettivo. Parliamo di potere, di forza, di energia.

Però tra i contrari di “potente”, potete controllare, figura anche l’aggettivo “impotente” , che sta per colui o colei che non può fare qualcosa, che non è in grado di fare.

Infatti se dico di essere impotente di fronte a un terremoto, significa che non posso far nulla, che non ho potere, che le mie azioni sono inutili. È simile a inerme in certi contesti.

Ma quando accade il contrario (se cioè posso fare qualcosa) non si dice di essere “potente”.

Si usano altre forme come ad esempio avere il potere di fare qualcosa, essere nella possibilità di agire, di fare qualcosa.

Tra l’altro l’impotenza è anche l’impossibilità di generare figli. Ma se io non sono impotente non posso certamente dire che sono potente, se non in senso lato, cioè in senso ampio, generico.

Impotente significa letteralmente “non poter far nulla” e si usa molto spesso. È derivato da potente, ma inteso come participio presente e non come una persona che ha potere, autorità. Altrimenti il contrario sarebbe debole, fiacco.

Passiamo adesso al verbo stare. “Stante” è il participio presente e può capitare di incontrarlo. Ma ne parliamo nel prossimo episodio perché merita.

Pensate invece al verbo fare, che è quello che mi interessa di più oggi. “Facente” (colui o colei o qualcosa che fa) si utilizza, sebbene solamente in pochi casi: facente parte, facente capo, facente funzione. Anche questo merita sicuramente un episodio.

Oggi mi interessa soprattutto l’aggettivo e il sostantivo “nullafacente“, che si scrive tutto in una parola, e che letteralmente indica una persona che non fa nulla. Deriva quindi proprio dal participio presente “facente”.

Si usa abbastanza spesso per indicare, con tono accusatorio e/o giudicante, una persona che potrebbe lavorare ma non lo fa e che magari viene mantenuta dal marito, dalla moglie o dai genitori. Il nullafacente non svolge nessuna attività, è ci si riferisce all’attività lavorativa. Si usa non solo per l’attività lavorativa ma anche in generale come una persona che non vuole fare nulla, quindi una persona inutile, improduttiva, svogliata.

Con tono altrettanto giudicante si usa “sfaccendato“.

Letteralmente sta per libero da occupazioni, libero da faccende, come una persona che non ha niente da fare, ma in realtà sta per fannullone, ozioso, persona che non ha voglia di lavorare o di fare qualcosa.

Non fare lo sfaccendato, aiutami a lavare i piatti.

Questa classe è piena di sfaccendati nullafacenti. Quando iniziate a studiare come gli altri?

Poi c’è un altro termine interessante: Nullatenente.

Parliamo qui del verbo TENERE. anche in questo caso, come per potere, il participio presente non si usa mai, ma nullatenente si usa molto spesso e in situazioni diverse.

Sembrerebbe simile a nullafacente, ma stavolta non c’è alcun giudizio. Si tratta di un dato di fatto, di una realtà oggettiva.

Una persona nullatenente è una persona che non possiede nulla. “Tenere” è il verbo, ma in questo senso, nel senso di possedere, essere possessore di beni.

Parliamo anche di una persona povera, indigente.

Anche una famiglia può essere definita nullatenente, ma in genere si parla di persone.

Si usa nullatenente anche talvolta per indicare semplicemente una persona che non lavora. Non sarebbe però questo il significato, quanto quello legato al possesso di beni, di un patrimonio. Un Nullatenente non possiede nulla.

È curioso che il termine “tenente” ha anche un uso militare. È un grado della gerarchia degli ufficiali, cui compete il comando di un plotone o di un’unità equivalente.

C’è anche il sottotenente, il tenente colonnello e il tenente militare. Esiste anche il luogotenente, che è una persona chiamata a sostituire temporaneamente o localmente il titolare del massimo grado di una gerarchia, ad esempio il luogotenente del re. Normalmente si usa il termine sostituto.

Questi comunque sono i più noti utilizzi del termine in ambito più che altro militare. C’è anche il tenente dei carabinieri. Ma questo uso nella gerarchia militare non ha nulla a che fare col concetto che vi ho spiegato di nullatenente, che a sua volta come si è visto è completamente diverso da nullafacente.

Va bene, la chiacchierata è finita. Adesso ripassiamo. Perché i membri dell’associazione non sono né nullatenenti e tantomeno nullafacenti, tant’è vero che questo è un bel ripasso composto da Anthony.

Anthony: Eccomi di nuovo, tornato alla carica per dare un ulteriore apporto al gruppo nella forma di un ripasso. Prima che qualcuno me lo chieda, vi assicuro che non li faccio per essere un membro edificante del gruppo. I miei motivi sono più egoistici.

Peggy: Li sappiamo tutti i tuoi motivi, dottorino dei miei stivali. Ce li hai detti ripetutamente, pure troppo per i miei gusti. Se non segui il processo attraverso il quale ti organizzi i pensieri e metti tutto su carta per scrivere qualcosa, molti dei termini che trattiamo ti sfuggono in men che non si dica. Sai cosa mi dice tutto questo? Che sei più che un po’ duro di comprendonio.

Hartmut: un commento un tantino ingeneroso non trovi, Peggy? Comunque cercherò anch’io di seguire l’sempio sulla falsariga di quelli che partecipano attivamente nel gruppo. Ogni tanto ho il vizio di consumare contenuti ma non di produrli, sia qua, sia sui social. Questo approccio non giova particolarmente né alla mia conoscenza della lingua italiana né al mio numero di follower.

Marcelo: Per quanto mi riguarda, posso dire che più volte mi sono prefisso/a l’obiettivo di contribuire ai ripassi ma a dispetto di questo finisco per vedere il tempo che mi vola via e alla fine nisba.

Edita: Ma non dire amenità! Forse non ti rendi conto degli enormi passi in avanti che hai fatto da quando sei entrato/a nel gruppo. Sei migliorato/a parecchio, altro che storie. Ciò non toglie però che faresti ulteriori miglioramenti se riuscissi a ritagliarti il tempo per metterci del tuo nel gruppo. Vedrai che a quel punto sarai proprio a cavallo!

Albéric: Tanto, se sbagli non fa niente. Siamo molto gentili e tranquilli qua. Non ci sara’ nessuno ad inveire contro di te!

776 Se non (seconda parte)

Se non – seconda parte (scarica audio)

Trascrizione

Oggi vediamo un altro utilizzo molto frequente e interessante di “se non“. Qualche episodio fa abbiamo parlato essenzialmente di se non per” e “se non altro“, ma abbiamo anche detto che “se non” in senso proprio introduce una condizione. Es:

Se non vuoi venire, non è un problema

Abbiamo già visto gli utilizzi di se non fosse“. e anche “se non che“. Invece nell’ultimo episodio abbiamo anche parlato di alternative. Es:

Se non ora, quando?

Quando andare al mare se non oggi che è bel tempo?

Chi è stato a mangiare la cioccolata? Non può essere stato nessun altro se non lui!

Abbiamo quindi visto che “se non” può essere un modo per dire solamente, soltanto, escludendo tutte le alternative. A volte si fa una domanda, ma questa domanda è spesso una domanda retorica che serve solamente ad essere più convincenti.

Vediamo oggi un uso un po’ diverso di “se non“.

Ad esempio se dico:

Questo è uno dei giorni più importanti della mia vita, se non il più importante.

Se non il più importante” significa in questo caso:

Forse il più importante

Probabilmente il più importante

Anzi, il più importante

Per non dire il più importante

Siamo nuovamente di fronte ad una scelta, ma stavolta non per escludere le alternative, quindi non con un significato equivalente a “solamente”, “soltanto“. Piuttosto stiamo cercando di dare più importanza, di sottolineare maggiormente qualcosa, mettendola al primo posto in una graduatoria, in una gerarchia.

Mio figlio è tra i più bravi della sua classe, se non proprio il più bravo in assoluto

E’ come se si volesse dare un chiarimento aggiuntivo, attraverso un’auto-correzione:

Roma è sicuramente una delle città più belle al mondo, se non la più bella.

In questo modo esprimo una mia preferenza in due passaggi e questo risulta ancora più convincente rispetto a frasi più nette:

Roma è la mia città preferita.

Infatti sembra che ci sia una riflessione in più, che porta ad esprimere un giudizio più ponderato, più pensato. Direi che questo è un modo interessante per esprimere una preferenza. Spesso alla fine si aggiunge “in assoluto“, come si è visto. Questo conferisce una maggiore decisione e convincimento delle proprie idee, sebbene non ci sia un’opinione netta. Certo, è più convincente di un “forse”. Se uso “Probabilmente” siamo più o meno sullo stesso livello, mentre se dico “anzi” sto proprio dicendo che, pensandoci bene, la mia scelta sta al primo posto senza dubbio. C’è un ripensamento.

Sei tra le ragazze più belle che io abbia mai visto, se non la più bella in assoluto!

Anche il tono è importante naturalmente.

Adesso ripassiamo:

Anthony: Stavo per entrare nel mio studio casalingo per abbozzare un bel ripasso quando mi sono accorto che c’era un’accozzaglia di oggetti alti mezzo metro a bloccare l’ingresso della porta.

Sofie: Mamma mia! Lo so che per te avere qualcosa in disordine non esiste proprio. Infatti mi ha sempre colpito quanto tu mantenga spartani i tuoi spazi. Sei un minimalista bell’e buono.

Peggy: Hai ragione Sofie! Questa rientra nella lunghissima lista di peculiarità di Anthony. Ma vuoi che di peculiarità e prerogative non ne abbiamo tutti? Eccome se ne abbiamo!

Edita: Infatti! E non sono mica da meno neanche io per quanto concerne l’ordine e la semplicità del design. Vi dico di più, ogni volta che mi tocca fare il cambio di stagione, colgo l’occasione per fare repulisti del mio armadio. Se non lo faccio mi si ficca in mente l’idea di essere terribilmente scompigliata al punto di innervosirmi finché non mi tolgo lo sfizio.

Albèric: Ma tu non hai piccoli in casa. Anthony invece ha ancora una figlia piccolina quindi la mancanza del perfetto ordine non gli può andare così di traverso.

Estelle: Si sa bene che i bimbi e il disordine sono un binomio inscindibile. Quindi lui dovrà armarsi di pazienza altrimenti sua moglie gli dirà di attaccarsi al tram!

775 I verbi FIONDARSI, SCAGLIARSI, PRECIPITARSI, LANCIARSI, BUTTARSI

I verbi FIONDARSI, SCAGLIARSI, PRECIPITARSI, LANCIARSI, BUTTARSI (scarica audio)

Oggi vediamo alcuni verbi abbastanza simili. Ci concentriamo soprattutto sulla versione riflessiva. Iniziamo dal più simpatico: fiondarsi.

FIONDARSI è un verbo molto simpatico ma dovete sapere che è di utilizzo prevalentemente informale, quindi si usa esclusivamente o quasi con amici, parenti e, al limite, colleghi di ufficio ma solo durante la pausa caffè e altre occasioni in cui ci si rilassa parlando del più e del meno. Non mancano comunque esempi anche sulla stampa.

Per spiegare il significato di questo verbo bisogna prima che vi parli della FIONDA.

Si tratta di un gioco, sopratutto usato dai ragazzi, sebbene possa anche risultare pericoloso.

La fionda serve a lanciare degli oggetti, dei piccoli oggetti. Prevalentemente si tratta di piccoli sassi.

La fionda è costituita da un elastico e un piccolo pezzo di legno, plastica o metallo a forma di y. La lettera Y, meglio se maiuscola, è esattamente come la forma della fionda.

La fionda si afferra con una mano e sulle due estremità (le due punte in alto della lettera Y) viene collegato un elastico e al centro viene collocato il piccolo oggetto che può essere lanciato prima tirando l’elastico verso di sé e poi lasciandolo improvvisamente cosìcché l’oggetto possa essere scagliato, lanciato lontano.

Posso naturalmente dire anche che l’oggetto viene fiondato lontano.

Quindi fiondare un oggetto significa lanciarlo con la fionda, scagliarlo lontano. Almeno questo è il senso proprio.

Generalmente c’è un obiettivo da colpire quando si tira con la fionda.

Nel verbo fiondare c’è pertanto l’idea di un rapido movimento, un movimento improvviso, una partenza o un lancio improvviso con una destinazione da raggiungere.

Si usa prevalentemente in modo riflessivo però. Fiondarsi significa fiondare sé stessi, lanciare sé stessi verso un obiettivo.

Appena ho sentito la scossa di terremoto mi sono immediatamente fiondato fuori casa.

Quindi fiondarsi è analogo a precipitarsi fuori da un luogo o in uno diverso da quello in cui si è.

Precipitarsi è la versione non familiare di fiondarsi. Si usa più spesso precipitarsi, ma dipende molto dall’età. Gli adolescenti sicuramente usano di più fiondarsi.

Precipitarsi inoltre trasmette più l’idea dell’urgenza, mentre fiondarsi l’idea dell’occasione da non perdere o semplicemente l’idea della velocità.

Es:

Non speravo che Maria mi chiedesse un appuntamento. Invece l’ha fatto.

E tu hai accettato?

Se ho accettato? Mi ci sono fiondato!

Appena esce il nuovo modello di iPhone mi fiondo nel negozio a comprarlo!

Hei, siamo già nove giocatori in campo. Cosa aspetti a fiondarti in campo anche tu? Ti stiamo aspettando per la partita. Fiondati!

Mario, devi precipitarti a prendere tuo figlio perché ha avuto un incidente! (vedete l’urgenza?)

Sono in ritardo alla riunione. Scusate ma l’avevo dimenticato. Mi precipito subito da voi!

Posso anche in teoria usare il verbo lanciarsi al posto di fiondarsi, oltre che precipitarsi, come già detto.

Lanciarsi comunque si usa maggiormente in senso fisico.

L’uomo era molto depresso e si è lanciato dal quinto piano.

Si usa anche in modo figurato, in caso di una sfida contro la timidezza o nel senso di rischiare:

Ho deciso di lanciarmi. Adesso vado da lei e le chiedo un appuntamento.

Molto simile a buttarsi in questo caso.

Anche questo è riflessivo. Qui prevale ancora il rischio e la voglia di sfidare il destino. Buttarsi è sicuramente più informale rispetto a lanciarsi.

Scagliare invece, anche nella forma riflessiva “scagliarsi” generalmente viene usato quando c’è una finalità offensiva, quando si è arrabbiati. Significa lanciarsi o anche gettarsi con violenza contro qualcuno.

Un ragazzo si è scagliato contro mio fratello per picchiarlo.

Molto simile a aggredire, anche con le parole, e non solo fisicamente.

Durante il dibattito televisivo, mi sono state scagliate accuse da tutti.

Ma perché vi scagliate tutti contro di me?

Non ti scagliare contro di me solamente perché ti ho contraddetto.

Scagliarsi contro una persona, quando questa aggressione avviene a parole, è molto simile a a inveire contro questa persona. Questo verbo non fa parte della lista a cui avevo pensato inizialmente per questo episodio ma visto che ci sono…

Un’aggressione verbale, cioè a parole, tramite insulti e accuse, magari anche alzando la voce è dunque anche detta una invettiva. Parola nuova, vero?

Parliamo di un discorso aggressivo e violento, per lo più di accusa o aspro rimprovero.

La violenza dell’invettiva viene manifestata anche dal verbo che si usa:

Lanciare un’invettiva.

C’è dunque un tono accusatorio, aggressivo e violento.

Riguardo a fiondarsi, ci si fionda sulle occasioni, sulle opportunità che potrebbero non durare molto, quindi la velocità e spesso il fatto di arrivare prima degli altri è importante.

Però attenzione perché come ho detto se prevale il senso del rischio, meglio usare il verbo buttarsi o lanciarsi.

Quindi fiondarsi e buttarsi sono due verbi informali ma diversi. Il primo evidenzia l’occasione da non perdere (l’obiettivo da conquistare) mentre il secondo evidenzia il rischio, la volontà di provarci anche se non si è sicuri.

Buttati, non si sa mai!

Fiondati, cosa aspetti?

Però (purtroppo c’è sempre un però) se aggiungo un “ci” tutto cambia:

“Mi ci butto” è del tutto simile a “mi ci fiondo”.

Infatti la particella “ci” si riferisce all’obiettivo da raggiungere quindi il senso dell’occasione da non perdere è l’unico che conta.

Altre volte buttarsi ha invece il senso di concentrare tutte le proprie energie:

Ho il prossimo esame tra una settimana. Mi devo buttare sui libri senza pensare ad altro.

In questi casi e simili posso usare solamente buttarsi:

Buttarsi nella lettura di un nuovo libro.

Mi sto buttando a capofitto nel lavoro. Non ho tempo per altro.

Buttarsi a capofitto è un’espressione figurata che indica un serio impegno. Il capo è la testa.

Fitto” significa conficcato, piantato, quindi c’è la testa piantata all’ingiù. Ovviamente il senso è figurato in questo caso.

Dedicare la propria attenzione a qualcosa in modo totale e assoluto.

Si usa spesso anche l’espressione dedicare anima e corpo a qualcosa, come il proprio lavoro o l’amore.

Tornando a fiondarsi, le poche volte che si usa in modo non riflessivo (fiondare) – sempre molto giovanile come utilizzo – è simile a gettare via, liberarsi di qualcosa per indicare che non serve o che dà fastidio.

Si parla solamente di oggetti comunque.

Non ti serve più questo vecchio cellulare? Fiondalo e comprane uno nuovo, che aspetti?

Inveire è il verbo relativo all’invettica. Di uso poco familiare, ma comunque abbastanza diffuso.

Adesso ripassiamo, perché non voglio che inveiate contro di me per via della durata eccessiva dell’episodio…

Albéric:
Ciao amici! Ieri sera, prima di mettermi a dormire, mi sono prefisso di abbozzare un bel ripasso. Che ne dite?

Peggy:
Era proprio ora Albéric! È un pezzo, per non dire che è da illo tempore, che non te ne esci con qualche frase brillante delle tue.

Albéric:
Allora mi butto! Però vi avverto: da qui a dire che uscirà un ripasso brillante, ce ne vuole.

Ulrike:
Brillante dici Peggy? Capirai! Non è per niente dovuto, da parte sua, che uscirà il fior fiore dei ripassi. È sufficiente che Albéric faccia del suo meglio. In fondo è reduce da una lunga fase di assenza quindi ciò che conta è rispolverare per noi alcune espressioni della rubrica.

774 Dispiace o mi dispiace?

Dispiace o mi dispiace? (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni:

Oggi vediamo un’altra cosa che nessun libro di grammatica o di lingua italiana, di qualsiasi tipo, checché se ne dica, vi spiegherà mai.
Parlo della differenza tra l’esclamazione “mi dispiace” e “dispiace“, senza il pronome davanti.

Ciò che intendo dire è che spessissimo si leggono e si ascoltano, sempre di più da qualche tempo a questa parte, frasi tipo:

Spiace un po’ che Giovanni abbia questa avversione per la grammatica.

Dispiace per come sono andate le cose tra Maria e Pasquale. Le ricordo come due brave persone e si volevano bene.

In pratica a volte si preferisce non usare il pronome mi, ti, ci, vi, gli.

Perché?

Vediamo allora le differenze tra “mi dispiace” e dispiace.

Se io mi sto scusando per una mia colpa devo assolutamente usare il pronome personale.

Ad esempio:

Oh, davvero hai perso il treno per colpa mia? Mi dispiace molto, scusami.

Mi dispiace che ti sei sentito offeso, ma non era mia intenzione, ti assicuro.

Questo è un primo caso in cui non posso togliere il pronome perché si vuole sottolineare il dispiacere e allo stesso tempo questa è una forma di scuse.

Il pronome trasmette un coinvolgimento emotivo personale, quindi devo assooitanente utilizzarlo.

In realtà non è necessario che ci sia una colpa personale.

Anche quando non si tratta di una colpa personale ma semplicemente di trasmettere vicinanza, affetto o comprensione per qualcosa di negativo accaduto, è necessario usare il pronome personale:

Cosa? Sei stato bocciato all’esame di grammatica? Non puoi capire quanto mi dispiace!

Mi spiace per tua madre. Ho saputo che sta passando un brutto momento.

La persona apprezzerà affermazioni di questo tipo, perché trasmettono empatia e comprensione.

Quando invece si commenta una situazione in cui non c’è alcuna colpa ma, oltre a questo c’è anche poco coinvolgimento emotivo, si può evitare di mettere il pronome ed è sufficiente un “dispiace che…”.

Anche il tono è importante. Oltretutto la frase è anche più veloce da pronunciare.

Es:

Nei prossimi campionati mondiali chi vincerà? Certo, dispiace che non ci sarà l’Italia.

In taluni casi (cioè “talvolta”), come anche nell’esempio appena fatto, possiamo anche aggiungere “mi” o “ci”, ma se aggiungessi “ci” qualcuno direbbe: dispiace a chi?

Quindi “ci” implicherebbe l’esistenza di un “noi” quando invece non c’è nessun “noi” in questo caso.

Se invece usassi “mi dispiace” o “mi spiace” (equivalente, anche se c’è meno coinvolgimento) andrebbe comunque bene ma questa non è una questione personale, non è accaduta una disgrazia ad una persona, sebbene la cosa rappresenti pur sempre un fallimento calcistico di una nazione.

Questo “dispiace” è pertanto impersonale rispetto a “mi dispiace” e perciò appare più freddo, più distaccato. Si vuole esprimere ugualmente un dispiacere, ma piuttosto lieve. Certamente non è colpa di chi parla se l’Italia non è andata avanti nel suo percorso, inoltre non è detto che la qualità del campionato mondiale sia inferiore per via dell’assenza dell’Italia.

Infine, non abbiamo un interlocutore a cui vogliamo alleviare le sofferenze e esprimere empatia. Questo è ugualmente importante.

Tutti questi motivi rendono accettabile l’assenza del pronome.

Dico “accettabile” perché non è mai un errore inserire il pronome “mi”, ma sicuramente non siamo in uno dei casi descritti sopra in cui il pronome è obbligatorio.

Finora si è parlato essenzialmente di emozioni, di coinvolgimento e di empatia, ma spesso bisogna usare il pronome semplicemente per indicare a chi ci si riferisce:

Non ho capito. Ti dispiace spiegarti meglio?

Non vi dispiace se fumo una sigaretta vero?

La forma impersonale in questi casi non posso usarla.

Poi, sapete che “non mi dispiace” può esprimere anche un piacere (ad esempio per qualcosa che si mangia o si ascolta) e non solo l’assenza di un dispiacere per un qualcosa che accade, come visto finora. Parlo della forma opposta rispetto a “mi piace”.

Se dico:

Tranquillo, non mi dispiace se parli prima tu di me.

Qui si esprime, con una forma di cortesia, l’assenza di un dispiacere.

Invece:

Sai che ho assaggiato il caffè senza zucchero e ho scoperto che non mi dispiace affatto.

In questo caso si esprime un piacere inaspettato, un vero apprezzamento per il caffè senza l’aggiunta di zucchero.

Anche in questi casi (entrambi) non possiamo togliere il pronome, essendo il piacere una cosa del tutto personale.

Direi che senza il pronome davanti, “dispiace che” è molto simile a “peccato che”. Si esprime in questo modo per lo più disappunto, che è abbastanza vicino al concetto di lieve dispiacere.

Adesso, se non vi dispiace, ripassiamo un po’:

Ripasso in costruzione

Albéric: Mi Dispiace molto che stiamo transcorrendo un periodo colmo di conflitti e divergenze, dove tra l’altro fioccano ogni due per tre voci false e tendenziose, nonché accozzaglie di storie inventate e faziose.
Ne ho fin sopra i capelli.

Peggy: Dai, cerca di essere ottimista, intorno a noi esistono anche tante cose interessanti da provare, tante persone per bene per scambiarsi idee. Per non parlare delle bellezze folgorante da ammirare. Guarda quella ragazza che sta passando davanti a te ad esempio. Sbaglio o ti ha lanciato un’occhiatina?

Edgardo: Ue’, non fare lo spiritoso! Non mi vanno a genio questo tipo di battute!

Hartmut: dunque, ragazzi. Con questo stress sociale, non mi dispiace affatto la riunione a Roma a fine giungno con i membri della nostra associazione. Saranno presenti i membri più brillanti del gruppo. Poi ci sarò anch’io, se non vi dispiace…

Un’accozzaglia

Un’accozzaglia (scarica audio)

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Trascrizione

Ecco un termine molto negativo: accozzaglia.

Scommetto che vi piacciono le cozze, vero? Se avete visitato l’Italia centrale o meridionale avrete sicuramente assaggiato le cozze, una specialità gastronomiche dell’Italia centro-meridionale.

Beh, purtroppo non c’entra nulla con l’accozzaglia ma scommetto che ci avevate pensato! Devo ammettere che lo avevo fatto anch’io.

Una accozzaglia è invece un insieme confuso di persone spregevoli, oppure una massa discordante di cose.

Si tratta quindi di cose o persone diverse tra loro, con caratteristiche diverse. Non si tratta necessariamente di caratteristiche negative, ma si parla di accozzaglia quando questa diversità non è apprezzata per qualche motivo.

Pulisci la stanza, è sporca e c’è un’accozzaglia di oggetti di ogni genere sul pavimento.

Si tratta in questo caso di oggetti di ogni tipo, che stanno nel posto sbagliato e c’è molta confusione. Non c’è ordine nella stanza.

Un’accozzaglia è in questo caso un insieme confuso di cose, mischiate tra loro, ammassate a terra, appoggiate dove capita.

Se parlo di persone, un’accozzaglia di persone è un insieme di persone generalmente poco raccomandabili, quindi è un dispregiativo.

Qui è meno importante la diversità, quando invece lo è la qualità, le caratteristiche di queste persone, sempre negative, almeno riguardo al fatto che le loro caratteristiche non sono per niente adatte per uno specificato obiettivo.

C’è spesso l’idea di persone scelte a caso che sono inadeguate ad uno scopo.

Nella mia azienda hanno assunto un’accozzaglia di persone completamente inutili.

Un’accozzaglia di persone messe insieme senza criterio non può formare un partito politico.

Si sente a volte parlare di un’accozzaglia di parole o un’accozzaglia di frasi. Si vuole indicare una comunicazione confusa, un discorso senza senso, parole messe a caso.

773 Brillare

Brillare

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Trascrizione

Giovanni:

Ascoltate le seguenti frasi:

Una stella brilla in cielo

Un ordigno è stato fatto brillare

Ieri sera ero un po’ brillo

Mi hanno detto che non brillo per intelligenza.

In questa scuola ci sono molti studenti brillanti

Questo per dirvi che brillare è un verbo che ha diversi significati. Vediamo se posso farcela a spiegarli tutti.

Innanzitutto le stelle brillano in cielo. Le stelle quindi sono brillanti. Infatti emettono luce, sono scintillanti, sono splendenti. Brillare ha questo significato proprio: Emettere o riflettere una luce vivida e cangiante, quindi è esattamente come splendere.

Allo stesso modo possono brillare dei bicchieri di cristallo, o dei gioielli, e questo indica la loro bellezza, il loro valore, la loro purezza o la loro pulizia.

Riguardo alla pulizia, posso usare questo verbo per indicare molte cose diverse:

La stanza brillava per quanto era pulita.

Dottore, i miei denti non sono per niente brillanti. Quale dentifricio posso usare?

In questo senso posso usare splendere allo stesso modo.

Una mamma al figlio che ha le scarpe sporche:

Lavati le scarpe. Quando torno le voglio vedere splendere/brillare!

La seconda frase che ho detto prima è:

Ieri sera ero un po’ brillo

Anche se l’aggettivo brillo, che ho usato, deriva dal verbo brillare, questo in realtà non è un uso del verbo brillare.

Essere brillo significa essere ubriaco. Non moltissimo però. Si dice anche “alticcio”, e ci si accorge che una persona è brilla quando è eccessivamente euforica e loquace, o non ce la fa a camminare perfettamente per il troppo vino bevuto.

Probabilmente si dice “brillo” perché gli occhi di una persona che ha bevuto troppo iniziamo a brillare.

In realtà quando gli occhi brillano generalmente ci si riferisce alla felicità:

Al matrimonio, a Maria brillavano gli occhi!

Ti brillano gli occhi dalla gioia!

Se torniamo agli esempi di cui sopra c’è:

Un ordigno è stato fatto brillare

Un'esplosione

Un ordigno è una bomba, e far brillare un ordigno significa far scoppiare questa bomba, farla esplodere.

Gli ordigni vengono fatti brillare perché altrimenti potrebbero essere pericolosi.

Negli ultimi due esempi fatti all’inizio si fa invece riferimento al verbo brillare nel senso di imporsi all’attenzione per doti singolari, quindi contraddistinguersi per il fatto di avere una particolare dote. Si tratta sempre di una caratteristica positiva. Una dote, appunto.

Mi hanno detto che non brillo per intelligenza. Eppure mi sono lavato stamattina!

Non brillare per intelligenza significa non essere intelligenti, non avere questa qualità, non distinguersi per questa caratteristica.

Brillare per” è la locuzione usata.

Si utilizza sempre in questo modo, ma curiosamente quasi sempre c’è una negazione:

Il mio amico non brilla certamente per eleganza

Si vuole quindi evidenziare la mancanza di una dote, cioè la mancanza di una qualità: l’eleganza in questo caso, ma prima era l’intelligenza. Potremmo fare la stessa cosa citando altre doti: la memoria, la velocità, la perspicacia, la gentilezza eccetera.

Questo pertanto (non brillare per…) è un modo alternativo per indicare la mancanza di una qualità di una persona. Raramente si usa per sottolineare una dote posseduta, ma si può fare.

In senso positivo esiste comunque l’aggettivo brillante. Non sono solamente le stelle o i gioielli ad essere brillanti:

In questa scuola ci sono molti studenti brillanti

Gli studenti brillanti sono più bravi degli altri, si distinguono per le loro qualità.

Spesso quando si parla di un amico e lo si definisce una persona brillante, ci si riferisce all’intelligenza in generale, o alla sua capacità di essere spiritoso, piacevole e comunque una persona di successo.

Oppure:

Antonio è un brillante medico statunitense

Il dott. Bianchi ha davanti a sé una brillante carriera

Proprio come un gioiello brillante, che attira l’attenzione e si nota rispetto al resto, quando una persona viene definita brillante, in senso figurato significa che suscita ammirazione o interesse per la sua eccezionalità.

Potrei usare aggettivi diversi, tipo splendido, fulgido, eccellente. Il senso non cambia.

Soprattutto in ambito professionale, oltre alle persone, si parla spesso di una carriera brillante.

La carriera è il percorso lavorativo e indica l’eventuale progresso compiuto, specie da un punto di vista sociale ed economico, nel campo di un’attività gerarchicamente organizzata. Fare carriera è come salire dei gradini di una scala. Più si va in alto, maggiore è il prestigio, l’importanza, le responsabilità e lo stipendio.

Un professore dell’Università è alla ricerca di una brillante carriera universitaria, mentre un militare insegue una brillante carriera militare e un impiegato pubblico o privato vorrebbe avere ugualmente una lunga e brillante carriera.

Quindi brillare indica lucentezza, “brillare per” indica il possesso di una qualità particolare e l’aggettivo brillante significa emanare o riflettere luce o in senso figurato suscitare ammirazione e interesse.

Se non siete brillanti, spero almeno non siate brilli!

Rauno: A proposito, quanti bicchieri di vino ci vogliono per diventare brilli?

Sofie: a me basta l’odore del vino e già inizio a ridere! È una mia prerogativa.

Albéric: a mio nonno bastava mezzo bicchiere. Per questo mia nonna adottava l’accorgimento di aggiungere acqua alla bottiglia del vino: un espediente che però faceva solo arrabbiare il marito. Ne nascevano dei simpatici siparietti!

Segue una spiegazione del ripasso.

772 Come un fulmine a ciel sereno

Come un fulmine a ciel sereno (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: avete mai visto un fulmine? Un fulmine, anche detto saetta, è un fenomeno atmosferico legato all’elettricità nell’aria e consiste in una scarica elettrica di grandi dimensioni. Quando c’è un temporale può capitare di vedere dei fulmini e di sentire dei tuoni.

Prima arriva il fulmine e poi si sente il rumore del tuono, essendo la velocità della luce maggiore di quella del suono.

Un temporale: cos’è? Lo possiamo definire come una violenta perturbazione atmosferica, accompagnata da tuoni, lampi e fulmini oltre a poggia e spesso anche vento.

Dunque ci vuole un temporale, le nuvole e la pioggia per vedere un fulmine?

No, perché esistono anche i fulmini a ciel sereno.

Si tratta naturalmente di una espressione idiomatica.

Quando sembra tutto andar bene, quando tutto sembra tranquillo, senza problemi, quando tutto procede regolarmente, può arrivare un fulmine a ciel sereno, cioè può accadere qualcosa di sconvolgente.

Ma non si tratta di un temporale improvviso quando il cielo è sereno, cioè sgombro dalle nuvole, ma di un avvenimento inaspettato e che ci cambia la vita. Almeno questa è la sensazione che si ha quando usiamo questa espressione.

La vita era tranquilla in Ucraina. Nessuno si aspettava ciò che è accaduto dal 24 febbraio 2022.

La guerra è arrivata come un fulmine a ciel sereno e ha sconvolto la vita di milioni di persone.

Non è detto che le cose siano comunque sempre di questa gravità.

Es:

La mia fidanzata ha deciso di lasciarmi. Stavamo bene insieme, almeno io stavo bene e credevo anche lei. Per me è stato come un fulmine a ciel sereno.

Possiamo usare questa espressione quando si verificano eventi spiacevoli, o almeno sgraditi, ma spesso persino sconcertanti, che arrivano in modo del tutto improvviso.

Il fatto di essere inaspettati, inattesi, il fatto che non ci fosse niente che potesse farli presagire è rappresentato dal cielo sereno, cioè senza nuvole.

Il fulmine è ovviamente l’evento negativo e inatteso.

In questo caso il fulmine è visto come qualcosa di sconvolgente e negativo, ma non sempre è così.

Infatti si può associare anche all’amore, o meglio all’innamoramento cioè l’inizio della passione amorosa.

Anche l’amore può essere sconvolgente e si può dire, volendo, che l’amore arriva spesso come un fulmine a ciel sereno.

Si dice spesso anche di essere stati fulminati dall’amore. Avete presente il colpo di fulmine?

Se due persone si incontrano e subito si innamorano tra loro, al primo incontro, al primo sguardo, ebbene, quello è un colpo di fulmine: un innamoramento improvviso e non necessariamente (purtroppo) reciproco.

Si usa spesso anche il verbo “folgorare“, del tutto simile a “fulminare“, che significa colpire con un fulmine o una qualunque scarica elettrica. Ma anche l’amore, ancora una volta, può folgorare.

Sono stato folgorato dalla bellezza di Maria!

La sua bellezza è folgorante!

Purtroppo si usa anche nel senso di morire, con una scarica elettrica ma anche spesso con arma da fuoco o persino da una malattia improvvisa e inaspettata: una malattia folgorante.

Fulminare e folgorare si usano anche con riferimento allo sguardo.

La mia fidanzata, appena mi ha visto che sorridevo ad un’altra ragazza, mi ha folgorato/fulminato con lo sguardo!

Non deve essere piacevole, voi che ne dite?
Adesso ripassiamo perché pare sia caduto un altro fulmine in Brasile, anche se il cielo non era affatto sereno…

Andrè: Come se non bastasse il Covid, sono da far strabuzzare gli occhi i numeri dei casi di Dengue che sono stati resi noti ieri sera dalle autorità sanitarie brasiliane. Sono già confermati più di tremila casi solo nella mia città (Araraquara) nel 2022! Solo coloro che l’hanno già presa conoscono le peculiarità di questa malattia, e anche se quasi non se ne parla, di scomparire la pandemia covid non ne vuole sapere!
Una scomoda realtà per un paese che da 2019 viene condotto dallo Schettino brasiliano. Si salvi chi può!! Ma quando se ne va? Anche di questo per ora non se ne parla, ma alle elezioni di ottobre non manca molto. Che Dio ce la mandi buona .

Segue una spiegazione del ripasso.