Accadde il 5 dicembre 63 a.C.: le catilinarie e il raziocinio

Le catilinarie e il raziocinio

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Trascrizione

Marco Tullio Cicerone, il 5 dicembre nel 63 a.C., pronuncia la Quarta Catilinaria.

In questa celebre orazione Cicerone, uno dei più grandi oratori, avvocati e filosofi dell’antica Roma, smascherò i piani di una congiura per sovvertire la Repubblica attraverso argomentazioni precise, prove e un’analisi logica dei fatti. Vi dirò tra poco a chi era diretta questa reazione, questo discorso.

Cicerone, in quella occasione,nel Foro Romano, non si limitò a gridare accuse per suscitare emozioni nella folla, ma organizzò il suo discorso con criteri razionali.

Cicerone quel giorno esamina le prove, collega i fatti, anticipa le obiezioni e guida il Senato verso una conclusione basata sulla logica e il rigore argomentativo.

Cicerone dimostò raziocinio.

Cos’è il raziocinio?

Il raziocinio è il processo mentale attraverso cui si ragiona con ordine e coerenza per giungere a una conclusione sostenuta da motivazioni solide.

Spiegare la differenza tra raziocinio e razionalità, termine più noto ai non madrelingua, aiuta a capire meglio il concetto.

La razionalità è una qualità più generale: indica la capacità di agire o pensare in modo conforme alla ragione, evitando contraddizioni e pregiudizi.

È un termine ampio che si applica a come una persona adotta criteri coerenti nel suo comportamento o nel giudizio. Il raziocinio, invece, è il meccanismo concreto attraverso il quale si esercita la razionalità: è il processo di collegare passaggi logici, valutare le prove e giustificare passo per passo una conclusione.

Nel contesto del discorso di Cicerone, la razionalità è l’atteggiamento mentale che spinge a cercare la verità, mentre il raziocinio è lo strumento concreto usato per articolare le argomentazioni nel discorso pubblico. Cicerone non si basa su solo entusiasmo o opinioni popolari: costruisce un argomento motivo per motivo, rendendo evidente a tutti come i pezzi di informazione si incastrano, secondo i criteri della logica.

Per rendere il concetto immediato anche in altri contesti, pensa a una situazione quotidiana: quando scegli un ristorante per una cena con amici, potresti agire razionalmente considerando budget, gusti e distanza.

Ma il raziocinio è il percorso mentale che utilizzi per confrontare opzioni, pesare pro e contro e giustificare la scelta finale con argomentazioni convincenti invece che con un impulso del momento.

Allo stesso modo, se stai decidendo come organizzare il tuo studio per studiare per un esame all’università, non basta “voler fare bene”; devi mettere in sequenza quelle azioni specifiche, come programmare minuti di lettura, pause, revisione di appunti, confrontando le opzioni e scegliendo la più coerente con i tuoi obiettivi: questo è raziocinio, il processo logico che ti porta a una decisione fondata.

Nel quotidiano si usa soprattutto per dare consigli.

Per esempio, in una situazione di rabbia, dire “usa un po’ di raziocinio” suona molto naturale, perché richiama l’idea di un controllo immediato delle emozioni. Dire di usare razionalità è corretto, ma appare più freddo e teorico, come se descrivessi una qualità, non un’azione concreta. La razionalità è più astratta.

Se consigli a qualcuno di valutare bene una scelta di lavoro, “agire con raziocinio” mette l’accento sul processo di valutazione, mentre “agire con razionalità” descrive il fatto che quella persona dovrebbe comportarsi in modo coerente e non impulsivo. Entrambe sono corrette, ma il focus cambia.

Nei consigli pratici e immediati del quotidiano, quindi, raziocinio è più incisivo, perché indica il ragionare in atto. Razionalità è perfetta quando vuoi parlare di equilibrio, coerenza e buon senso come caratteristiche stabili di una persona o di un comportamento.

Infine, vi sareste chiesti cosa sia una catilinaria.

Catilinaria è un sostantivo femminile che indica un discorso pubblico di accusa dura e appassionata, pronunciato per denunciare comportamenti ritenuti pericolosi, immorali o dannosi per la collettività.

Il termine deriva proprio dalle celebri orazioni di Marco Tullio Cicerone, che erano rivolte contro Lucio Sergio Catilina, che era accusato di aver organizzato una congiura contro la Repubblica romana nel 63 a.C.

In quelle orazioni Cicerone smaschera Catilina davanti al Senato usando raziocinio, con un discorso serrato, ricco di argomentazioni logiche, accuse precise e forte tensione morale.

Nel significato moderno, una catilinaria non è più legata solo all’episodio storico, ma indica qualunque invettiva lunga e articolata, spesso pronunciata in pubblico, in cui qualcuno viene attaccato senza mezzi termini. Non è una semplice critica: è un atto di accusa costruito, polemico e spesso solenne. Naturalmente questo è un termine conosciuto solo dalle persone più colte. Molti Italiani non sanno l’origine e l’utilizzo, anche se può essere intuibile.

Nel linguaggio quotidiano si può dire, per esempio, che un insegnante ha fatto una vera catilinaria contro la mancanza di impegno degli studenti, oppure che un giornalista ha scritto una catilinaria contro la corruzione politica. In questi casi il termine suggerisce non solo durezza, ma anche una certa costruzione retorica, quasi da oratore.

In sintesi, catilinaria significa discorso di accusa veemente e strutturato, con un forte intento di denuncia pubblica, e porta con sé un chiaro richiamo alla tradizione culturale e retorica dell’antica Roma.

Una catilinaria dunque è una specie dì invettiva. Questa parola l’abbiamo già incontrata (ma solo di sfuggita) in un episodio dedicato alle finippiche e le prediche.

Ma mentre l’invettiva può essere istintiva, la catilinaria è un’invettiva ragionata, spesso lunga,.

Quando oggi diciamo che qualcuno “ha fatto una catilinaria”, suggeriamo non solo che ha attaccato duramente qualcuno, ma che lo ha fatto organizzando il discorso, quasi come un oratore antico, con l’obiettivo di convincere e smascherare, non solo di insultare.

L’invettiva l’abbiamo incontrata anche parlando del verbo scagliarsi (contro qualcuno). Anche scagliarsi è diverso dalla catilinaria.

È vero che facendo una catilinaria, Cicerone sì scagliò contro il povero Catilina, ma quando ci si scaglia contro qualcuno non sempre si tratta di una catilinaria, anzi, quasi mai. Generalmente, infatti, si perde il controllo, non si agisce con raziocinio ma in preda alla rabbia.

775 I verbi FIONDARSI, SCAGLIARSI, PRECIPITARSI, LANCIARSI, BUTTARSI

I verbi FIONDARSI, SCAGLIARSI, PRECIPITARSI, LANCIARSI, BUTTARSI (scarica audio)

Oggi vediamo alcuni verbi abbastanza simili. Ci concentriamo soprattutto sulla versione riflessiva. Iniziamo dal più simpatico: fiondarsi.

FIONDARSI è un verbo molto simpatico ma dovete sapere che è di utilizzo prevalentemente informale, quindi si usa esclusivamente o quasi con amici, parenti e, al limite, colleghi di ufficio ma solo durante la pausa caffè e altre occasioni in cui ci si rilassa parlando del più e del meno. Non mancano comunque esempi anche sulla stampa.

Per spiegare il significato di questo verbo bisogna prima che vi parli della FIONDA.

Si tratta di un gioco, sopratutto usato dai ragazzi, sebbene possa anche risultare pericoloso.

La fionda serve a lanciare degli oggetti, dei piccoli oggetti. Prevalentemente si tratta di piccoli sassi.

La fionda è costituita da un elastico e un piccolo pezzo di legno, plastica o metallo a forma di y. La lettera Y, meglio se maiuscola, è esattamente come la forma della fionda.

La fionda si afferra con una mano e sulle due estremità (le due punte in alto della lettera Y) viene collegato un elastico e al centro viene collocato il piccolo oggetto che può essere lanciato prima tirando l’elastico verso di sé e poi lasciandolo improvvisamente cosìcché l’oggetto possa essere scagliato, lanciato lontano.

Posso naturalmente dire anche che l’oggetto viene fiondato lontano.

Quindi fiondare un oggetto significa lanciarlo con la fionda, scagliarlo lontano. Almeno questo è il senso proprio.

Generalmente c’è un obiettivo da colpire quando si tira con la fionda.

Nel verbo fiondare c’è pertanto l’idea di un rapido movimento, un movimento improvviso, una partenza o un lancio improvviso con una destinazione da raggiungere.

Si usa prevalentemente in modo riflessivo però. Fiondarsi significa fiondare sé stessi, lanciare sé stessi verso un obiettivo.

Appena ho sentito la scossa di terremoto mi sono immediatamente fiondato fuori casa.

Quindi fiondarsi è analogo a precipitarsi fuori da un luogo o in uno diverso da quello in cui si è.

Precipitarsi è la versione non familiare di fiondarsi. Si usa più spesso precipitarsi, ma dipende molto dall’età. Gli adolescenti sicuramente usano di più fiondarsi.

Precipitarsi inoltre trasmette più l’idea dell’urgenza, mentre fiondarsi l’idea dell’occasione da non perdere o semplicemente l’idea della velocità.

Es:

Non speravo che Maria mi chiedesse un appuntamento. Invece l’ha fatto.

E tu hai accettato?

Se ho accettato? Mi ci sono fiondato!

Appena esce il nuovo modello di iPhone mi fiondo nel negozio a comprarlo!

Hei, siamo già nove giocatori in campo. Cosa aspetti a fiondarti in campo anche tu? Ti stiamo aspettando per la partita. Fiondati!

Mario, devi precipitarti a prendere tuo figlio perché ha avuto un incidente! (vedete l’urgenza?)

Sono in ritardo alla riunione. Scusate ma l’avevo dimenticato. Mi precipito subito da voi!

Posso anche in teoria usare il verbo lanciarsi al posto di fiondarsi, oltre che precipitarsi, come già detto.

Lanciarsi comunque si usa maggiormente in senso fisico.

L’uomo era molto depresso e si è lanciato dal quinto piano.

Si usa anche in modo figurato, in caso di una sfida contro la timidezza o nel senso di rischiare:

Ho deciso di lanciarmi. Adesso vado da lei e le chiedo un appuntamento.

Molto simile a buttarsi in questo caso.

Anche questo è riflessivo. Qui prevale ancora il rischio e la voglia di sfidare il destino. Buttarsi è sicuramente più informale rispetto a lanciarsi.

Scagliare invece, anche nella forma riflessiva “scagliarsi” generalmente viene usato quando c’è una finalità offensiva, quando si è arrabbiati. Significa lanciarsi o anche gettarsi con violenza contro qualcuno.

Un ragazzo si è scagliato contro mio fratello per picchiarlo.

Molto simile a aggredire, anche con le parole, e non solo fisicamente.

Durante il dibattito televisivo, mi sono state scagliate accuse da tutti.

Ma perché vi scagliate tutti contro di me?

Non ti scagliare contro di me solamente perché ti ho contraddetto.

Scagliarsi contro una persona, quando questa aggressione avviene a parole, è molto simile a a inveire contro questa persona. Questo verbo non fa parte della lista a cui avevo pensato inizialmente per questo episodio ma visto che ci sono…

Un’aggressione verbale, cioè a parole, tramite insulti e accuse, magari anche alzando la voce è dunque anche detta una invettiva. Parola nuova, vero?

Parliamo di un discorso aggressivo e violento, per lo più di accusa o aspro rimprovero.

La violenza dell’invettiva viene manifestata anche dal verbo che si usa:

Lanciare un’invettiva.

C’è dunque un tono accusatorio, aggressivo e violento.

Riguardo a fiondarsi, ci si fionda sulle occasioni, sulle opportunità che potrebbero non durare molto, quindi la velocità e spesso il fatto di arrivare prima degli altri è importante.

Però attenzione perché come ho detto se prevale il senso del rischio, meglio usare il verbo buttarsi o lanciarsi.

Quindi fiondarsi e buttarsi sono due verbi informali ma diversi. Il primo evidenzia l’occasione da non perdere (l’obiettivo da conquistare) mentre il secondo evidenzia il rischio, la volontà di provarci anche se non si è sicuri.

Buttati, non si sa mai!

Fiondati, cosa aspetti?

Però (purtroppo c’è sempre un però) se aggiungo un “ci” tutto cambia:

“Mi ci butto” è del tutto simile a “mi ci fiondo”.

Infatti la particella “ci” si riferisce all’obiettivo da raggiungere quindi il senso dell’occasione da non perdere è l’unico che conta.

Altre volte buttarsi ha invece il senso di concentrare tutte le proprie energie:

Ho il prossimo esame tra una settimana. Mi devo buttare sui libri senza pensare ad altro.

In questi casi e simili posso usare solamente buttarsi:

Buttarsi nella lettura di un nuovo libro.

Mi sto buttando a capofitto nel lavoro. Non ho tempo per altro.

Buttarsi a capofitto è un’espressione figurata che indica un serio impegno. Il capo è la testa.

Fitto” significa conficcato, piantato, quindi c’è la testa piantata all’ingiù. Ovviamente il senso è figurato in questo caso.

Dedicare la propria attenzione a qualcosa in modo totale e assoluto.

Si usa spesso anche l’espressione dedicare anima e corpo a qualcosa, come il proprio lavoro o l’amore.

Tornando a fiondarsi, le poche volte che si usa in modo non riflessivo (fiondare) – sempre molto giovanile come utilizzo – è simile a gettare via, liberarsi di qualcosa per indicare che non serve o che dà fastidio.

Si parla solamente di oggetti comunque.

Non ti serve più questo vecchio cellulare? Fiondalo e comprane uno nuovo, che aspetti?

Inveire è il verbo relativo all’invettica. Di uso poco familiare, ma comunque abbastanza diffuso.

Adesso ripassiamo, perché non voglio che inveiate contro di me per via della durata eccessiva dell’episodio…

Albéric:
Ciao amici! Ieri sera, prima di mettermi a dormire, mi sono prefisso di abbozzare un bel ripasso. Che ne dite?

Peggy:
Era proprio ora Albéric! È un pezzo, per non dire che è da illo tempore, che non te ne esci con qualche frase brillante delle tue.

Albéric:
Allora mi butto! Però vi avverto: da qui a dire che uscirà un ripasso brillante, ce ne vuole.

Ulrike:
Brillante dici Peggy? Capirai! Non è per niente dovuto, da parte sua, che uscirà il fior fiore dei ripassi. È sufficiente che Albéric faccia del suo meglio. In fondo è reduce da una lunga fase di assenza quindi ciò che conta è rispolverare per noi alcune espressioni della rubrica.