Stroncare (ep. 947)

Stroncare (scarica audio)

Giovanni: facciamo un gioco: ditemi cos’hanno in comune un fulmine che spezza un ramo, un peso che affatica il corpo, una rivolta che viene fermata, una vita che viene prematuramente interrotta e una dura critica che colpisce una persona?

La risposta è il verbo stroncare.

Infatti questo verbo possiamo usarlo in molte circostanze diverse.

Se dovessi cercare un termine comune per descrivere tutti i diversi usi di stroncare, potrei dirvi il verbo “interrompere“. Anche “violenza” però è abbastanza adatto.

Infatti si può descrivere il concetto di spezzare con violenza qualcosa, come quando un fulmine colpisce un albero e stronca un ramo oppure stronca l’intero albero.

la furia del vento ha stroncato molti alberi

Gli alberi sono stati stroncati, cioè tagliati via con violenza. Aggiungere una esse al verbo troncare dà proprio l’idea della violenza, ma anche della rapidità. Ho fatto l’esempio dell’albero perché l’albero ha il suo tronco che rappresenta la sua struttura. Stroncare deriva proprio dal termine tronco.

Allo stesso modo un terremoto può stroncare la vita di molte persone, perché arriva all’improvviso e può essere molto violento e rapidamente far crollare tutto. Così come un alluvione può stroncare un’abitazione, eccetera.

Ulrike: Da questo punto di vista è simile anche al verbo strappare, rompersi all’improvviso in due pezzi, spezzarsi.

C’è chiaramente anche il senso dell’interruzione: “una vita interrotta/stroncara” ad esempio.

Quindi significa anche cessare in modo rapido e deciso, oppure far cessare, reprimere in modo violento e definitivo. C’è anche questo senso: qualcosa di definitivo, senza possibilità di tornare indietro.

Es:

la protesta degli studenti è stata stroncata sul nascere dalla polizia.

La rivolta dei lavoratori sarà stroncata dalle forze dell’ordine.

La mia iniziativa è stata stroncata da tutti.

Marcelo: Ecco in quest’ultimo caso, quando viene stroncata un’iniziativa o un’idea o una proposta, evidentemente nessuno la condivide, ma non solo, direi che tutti, immediatamente, non hanno alcun dubbio che si tratti di una pessima idea. Si tratta di una forte critica, una critica spietata.

Quindi potremmo dire che analogamente stroncare un libro significa démolirlo, distruggerlo con un giudizio duro e Severo. Questo è un uso figurato.

Ho comprato un libro ma mia moglie, che l’ha già letto, lo ha stroncato.

Il film è stato stroncato dalla critica.

Ho fatto sentire a tutti come suono il pianoforte ma qualcuno mi ha stroncato con le sue critiche.

André: In questi casi non c’è molto il senso dell’interruzione, del far cessare, che invece c’è se dico:

Un uomo è stato stroncato da una malattia incurabile.

Si parla in questo caso di una morte improvvisa e veloce.

Quindi è simile anche a uccidere prematuramente, cioè in modo prematuro, oppure uccidere velocemente.

Non c’è bisogno di uccidere però. È sufficiente stancare, affaticare.

Quindi ad esempio:

Da bambino ho sempre portato a scuola uno zaino pesantissimo che mi stroncava la schiena.

Per andare a casa devo fare 100 scalini che ogni volta mi stroncano le gambe.

Il covid mi ha proprio stroncato. Non riesco a riprendermi completamente.

Sono stroncato dalla fatica.

Giovanni: Adesso ripassiamo:

Irina: Gianni vuole unire l’utile al dilettevole cioè creare un nuovo episodio mentre mangia e beve alla faccia nostra con i membri che sono andati all’incontro in Toscana! Non me la sento di fare un ripasso. Aspetto invece bellamente che se ne occupi qualcun altro. Sono invidioso di loro e oltretutto la mia condizione non
è passibile di miglioramento.

Marcelo: se me lo consentite, non ho troppo tempo neanch’io oggi per creare un bel ripasso. Faccio una breve frase alla bell’e meglio solo per darvi manforte, dato che state tutti facendo bisboccia. Perdonate il mio menefreghismo ma oggi sono proprio restio a fare qualsiasi cosa. So già che questo mio tentativo sarà stroncato!

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Svezzare e svezzarsi. Il vezzo (ep. 946)

Svezzare e svezzarsi. Il vezzo (scarica audio)

Giovanni: adesso è il momento giusto di occuparci del verbo svezzare.

Nell’ultimo episodio infatti abbiamo visto l’avvezzo e avvezzarsi.

Anche svezzare ha a che fare con le abitudini, perché prima di avvezzarsi, cioè prima di prendere una abitudine, bisogna svezzarsi. Prima, ma anche dopo.

Cominciamo col prima.

Nell’uso più comune, svezzare si usa per indicare che un bambino inizia a mangiare cose diverse dal latte.

Si dice anche “divezzare“.

Svezzare/divezzare un lattante significa far passare un bambino dall’allattamento a una forma di alimentazione più ricca e varia.

Quando lo svezziamo questo bambino? Bisogna chiedere al pediatra!

Da quel momento in poi, dopo lo svezzamento, il bambino inizia a abituarsi, quindi possiamo dire che inizia a avvezzarsi al cibo diverso dal latte.

Chiaramente anche i cuccioli di animale vanno svezzati.

Ad esempio, per i cani lo svezzamento dei cuccioli inizia dalla terza o quarta settimana di vita.

Normalmente il verbo svezzare si usa in questo senso, ma allargando il campo, in modo scherzoso possiamo usare lo stesso verbo per indicare la prima volta che una persona inizia a fare qualcosa di normale che fanno tutti.

Es:

Il ragazzo deve ancora svezzarsi. Siate comprensivi con lui, sta crescendo.

All’inizio al lavoro avevo qualche difficoltà, ma poi gradualmente i miei colleghi mi hanno svezzato.

Anche nello sport si usa abbastanza spesso:

Il portiere è bravo ma deve ancora svezzarsi nel gioco con i piedi. Tra qualche tempo sarà pronto.

Dicevo che svezzare e svezzarsi possono usarsi anche dopo aver preso una abitudine, quando questa abitudine va interrotta.

In questi casi si sta parlando di perdere un’abitudine, in genere una brutta abitudine.

Es:

Svezzare qualcuno dall’alcol

Svezzarsi dal fumo.

La società deve svezzarsi dai combustibili fossili e passare alle fonti rinnovabili.

Un tossicodipendente deve essere svezzato dall’uso delle sostanze nocive per l’organismo.

Quindi parliamo di abitudini negative o comunque parliamo del passaggio da una condizione negativa a una migliore.

In questi casi c’è di mezzo un “vezzo” . Il termine vezzo deriva dal “vizio” , quindi da qualcosa di negativo, da una abitudine negativa.

Uno dei significati del ternine vezzo è quello di qualcosa di abituale.

Si dice spesso:

fare una cosa per vezzo

avere il vezzo di fare qualcosa.

Spesso implica l’idea di qualcosa di sconveniente:

ho il vezzo di mangiarmi le unghie.

A volte si dice anche “mal vezzo” proprio perché parliamo di cattive abitudini che si devono interrompere, che sarebbe bene interrompere. Es:

Perché rispondi sempre male ai tuoi genitori? Questo è un è un mal vezzo che dovresti toglierti!

Quindi è una cattiva abitudine che è meglio perdere.

Adesso un ripasso.

Ulrike: Essendo avvezza a sentirmi chiamata in causa, perfino quando non c’è nessuno a chiamarmi (evidentemente una mia fisima), subito dopo aver letto il tuo messaggio, mi sono messa all’opera. Mi sono scervellata invano però. Vabbè, ci sono 30 gradi e passa qui, che vuoi che ti dica. Nisba allora.

Marcelo: Vorrei mettere sul piatto il mio contributo! Io mi domando e dico: chi farà le veci del nostro presidente adesso che lui sicuramente starà facendo bisboccia in Toscana durante la riunione dei membri di IS! beh, lasciamo che si diverta! Se lo merita perché ha la stoffa da capo!

Irina: Giuseppina come al solito deterrà il ruolo di facente funzioni!

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Essere avvezzi (ep. 945)

Essere avvezzi (scarica audio)

Giovanni: ecco un’altro termine che voi non madrelingua italiana non utilizzate mai: avvezzo. Al femminile avvezza, al plurale avvezzi e avvezze.

Avvezzo” è simile a “abituato” , ma anche a “assuefatto”.

Si usa quasi sempre col verbo essere o diventare”. Inoltre, analogamente a “abituato” e “assuefatto” per indicare la cosa a cui siamo avvezzi dobbiamo usare la preposizione “a”.

Es:

Sono abituato a lavorare anche il sabato e la domenica

Sono avvezzo alle fatiche

Sono assuefatto alle droghe

A seconda dell’occasione posso scegliere il termine più adatto. Assuefatto ad esempio è più usato in medicina che altro, quindi ce ne occuperemo nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della salute.

Restiamo su “avvezzo“.

Intanto, notate la pronuncia, con la zeta dura, tipo “pazzo” ma diversamente da “razzo“.

Quando si usa avvezzo?

Fondamentalmente essere avvezzo significa prendere l’abitudine a qualche cosa, ma ci sono delle differenze rispetto a essere abituato, che è molto più generico.

Essere avvezzo indica l’essere abituati o familiarizzati con qualcosa. Rappresenta uno stato di abitudine o consuetudine che si è sviluppato nel tempo. La differenza principale tra l’essere “avvezzo” e le semplici abitudini, assuefazioni o adattamenti risiede nel grado di familiarità e nel tempo necessario per acquisire tale abitudine.

Implica una profonda familiarità e una consolidata abitudine rispetto a un determinato comportamento, situazione o ambiente. Indica che qualcosa è diventato consueto, normale o comune per una persona a causa della sua esperienza prolungata nel tempo. È fondamentalmente una questione di tempo.

Un’abitudine si riferisce a un comportamento regolare e ripetitivo che una persona ha acquisito attraverso la pratica costante.

È una tendenza automatica o un modo di fare le cose che può essere sviluppato con relativa facilità. Quando sei abituato a qualcosa neanche ci fai più caso.

L’abitudine può richiedere un periodo di tempo variabile per formarsi, ma non necessariamente raggiunge lo stesso grado di profondità e familiarità dell’essere avvezzo.

Essere avvezzo si usa sia con le abitudini positive che negative, ma forse maggiormente con quelle negative, legate alla sopportazione di qualcosa alla quale ormai ci siamo abituati, cioè qualcosa alla quale ormai siamo avvezzi.

In generale comunque si può essere avvezzi a fare esercizio fisico regolarmente, a mangiare sano, a lavorare sodo o ad altri comportamenti di qualunque tipo.

Per sottolineare la questione del tempo si potrebbe parlare di “abitudine consolidata“, come ho detto anche poco fa, consolidata nel tempo e quindi si riferisce a qualcosa – ripeto – al quale una persona si è abituata nel corso del tempo.

Da oggi avete una parola in più nel vocabolario.

Ma avete anche un verbo in più: avvezzarsi, simile a abituarsi.

Es: nella nostra famiglia non ci siamo avvezzati a rinunciare alle vacanze estive.

Evidentemente le abbiamo sempre fatte e per avvezzarsi, cioè per diventare avvezzi, occorre il tempo.

Mi sono avvezzato al caratteraccio di mio fratello. Ormai non faccio più caso alle sue risposte.

Bene ragazzi, considerato che ormai siete abbastanza avvezzi, non vi stupirete se adesso vi dico che facciamo un ripasso delle cose già imparate.

A proposito, a cosa siete avvezzi voi?

Komi: Ieri sera mentre cenavo ad un ristorante mi sono reso conto che la maggioranza delle persone che erano lì usavano i loro cellulari in attesa del cibo! Questo chiaramente va a scapito delle chiacchierate tra amici! Direi che la tecnologia, se da una parte avviciana chi si trova lontano, per contro allontana quelli chi si trova vicino! Non sono ancora avvezzo però a questo rovescio della medaglia!

Marcelo: Ho scoperto che per diventare abitudine qualsiasi cosa, si deve ripetere di continuo almeno 21 giorni! Per quanto mi riguarda fare la passeggiata mentre ascolto IS: sono due abitudini che vanno a braccetto e a cui ormai sono avvezzo. Riesco sempre a trovare il momento propizio per ritagliarmi un momento di tranquillità e così unisco l’utile al dilettevole!

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Pesi e contrappesi. Il bilanciamento dei poteri. Il linguaggio della politica (Ep. n. 40)

Pesi e contrappesi. Il bilanciamento dei poteri

Trascrizione

Descrizione

Parliamo dei “pesi e contrappesi” che contraddistinguono il sistema politico italiano.

Durata: 11 minuti

Alla fine dell’episodio, come esercizio, si può provare rispondere a voce o per iscritto a 10 domande.

l’audio e la trascrizione completa dell’episodio sono disponibili per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente

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il pronostico – IL LINGUAGGIO DEL CALCIO (EP. 15)

il pronostico (scarica audio)

Indice episodi del linguaggio del calcio

Benvenuti nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al mondo del calcio.

Oggi parliamo del pronostico.

Non è un caso che trattiamo il pronostico dopo aver parlato del verdetto.

Infatti mentre il verdetto è qualcosa di ineccepibile, di incontestabile, di inoppugnabile, un pronostico è una previsione o un’opinione sul futuro, e precisamente sul risultato di una partita o di una competizione.

Chi vincerà la partita? Chi vincerà il campionato del mondo?

Non si sa, ma possiamo fare una previsione e in base a questa previsione formulare un pronostico.

Un pronostico è dunque una previsione o un’opinione informata su un evento futuro, come l’esito di una partita di calcio o il risultato di un evento sportivo. Si può usare anche in altre circostanze, tipo in caso di elezioni politiche, dove c’è comunque una competizione, come nello sport.

Dove non c’è una competizione è più adatto il termine “previsione”. Ad esempio in medicina, per dare un’idea della presunta durata della guarigione di un paziente, fondata sugli esami medici e sul trattamento necessario. Lo stesso nel caso di previsioni meteo.

Quindi al di fuori dei risultati sportivi e delle competizioni in generale si preferisce usare il termine “previsione”, come ad esempio le “previsioni meteo“. Anche i pronostici però, come le previsioni, sono basati sull’analisi di dati storici, statistiche, tendenze e altre informazioni pertinenti.

I pronostici in ogni caso non sono garanzie di ciò che effettivamente accadrà, ma rappresentano solo una stima delle probabilità.

Come abbiamo visto invece nel contesto sportivo, il verdetto può essere il risultato ufficiale di una partita o di una competizione, come la vittoria, la sconfitta o il pareggio.

Nel calcio, come anche in altri sport, quando si chiede:

Come finirà la partita secondo te?

Prova a indovinare quale sarà l’esito della partita!

Come alternativa possiamo dire:

Prova a fare un pronostico sulla partita.

Oppure si può anche dire:

Fai una previsione sulla partita.

Fai una previsione sul risultato della partita

Una previsione può essere poi una valutazione più ampia basata su modelli o analisi scientifiche. Invece un pronostico generalmente nel calcio si esprime semplicemente. Così:

Vincerà il Barcellona!

Vincerà l’Italia 2-1

Eccetera.

Tra l’altro una previsione, oltre ad essere spesso qualcosa di più complesso, non è detto riguardi il risultato finale di una partita.

Si potrebbe dire ad esempio che si prevede che una partita finirà ai calci di rigore, senza indicare il vincitore. Questa è più una previsione che un pronostico.

Infine esiste un’espressione molto diffusa, in cui si può usare solamente il termine “pronostico“:

godere il favore del pronostico

Oppure:

godere del favore del pronostico

Oppure:

godere del favore dei pronostici

Es:

per la finale di Champions league, l’Inter non gode del favore dei pronostici

Significa che la squadra dell’Inter non è, secondo gli esperti, la squadra favorita, quella che probabilmente vincerà.

L’Inter non è data come probabile vincitrice alla vigilia di una gara.

Si dice anche così.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente dedicato al linguaggio del calcio.

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Sai che puoi ascoltare gli episodi anche su Spotify? Puoi abbonarti se vuoi e avrai accesso a tutti gli episodi pubblicati!https://open.spotify.com/show/6LCTjWrtOSQfmCzyC9TfJh

Affabile (ep. 944)

Affabile (scarica audio)

Giovanni: oggi parliamo dell’affabilità, cioè della caratteristica delle persone affabili. Solo una persona può essere definita affabile. Nient’altro.

Affabile è un aggettivo che descrive una persona che è cordiale, gentile, socievole e piacevole nell’interazione con gli altri.

Una persona affabile è generalmente amichevole, aperta e di buon carattere.

È chiaramente una caratteristica positiva, che indica una predisposizione naturale a trattare gli altri con gentilezza e rispetto, facendo sentire le persone a proprio agio intorno a sé.

Es:

Maria è una persona estremamente affabile, saluta sempre tutti con un sorriso e riesce a mettere a proprio agio chiunque entri in contatto con lei.

Il professor Rossi si distingue per la sua affabilità: è sempre disponibile ad aiutare gli studenti e si prende il tempo di spiegare le cose in modo chiaro e gentile.

La nuova collega si è integrata molto velocemente nel team grazie alla sua affabilità: si mostra aperta e amichevole con tutti, rendendo l’ambiente di lavoro più piacevole.

L’affabilità di Marco lo rende un ottimo rappresentante commerciale: sa come instaurare un buon rapporto con i clienti, mettendoli a proprio agio e guadagnandosi la loro fiducia.

Durante la cena di gala, l’affabilità del sindaco è stata apprezzata da tutti gli ospiti: si è dimostrato cortese, affabile e interessato a ogni conversazione.

Il contrario di affabile è “scontroso“, “burbero“.

Questi termini indicano una persona che è scorbutica, brusca o poco incline a essere amichevole o socievole con gli altri.

In cosa consiste la scontrosità?

Al contrario dell’affabilità, una persona scontrosa tende a essere fredda, distante o poco interessata alle interazioni sociali.

Se vi interessano altri aggettivi per descrivere le persone, credo che vi potrebbe piacere l’audiolibro dedicato proprio a questo.

Attraverso i segni dello zodiaco abbiamo esplorato le varie tipologie di persone, descrivendone tutte le caratteristiche, quindi pregi e difetti.

È disponibile anche su Amazon.

Adesso ripassiamo qualche episodio passato.

Voi vi ritenete affabili o scontrosi?

Sofie: Salve, mi chiamo Sofie e, a detta di molti, sono una persona scontrosa. Non che io abbia l’intenzione di essere antipatica, ma ho una certa tendenza a reagire in modo brusco alle situazioni. Mi dispiace se sembro così, ma è il mio carattere.

Anne Marie: Buongiorno a tutti, sono Anne Marie e mi piace definirmi un tipo pressoché affabile. In linea di massima sono una persona aperta e cordiale, ma ci sono momenti in cui preferisco restare un po’ più in riservatezza. Non che sia scontrosa, ma ho le mie peculiarità e prerogative.

Karin: Ciao, io sono Karin e, a differenza di molti miei amici, mi considero più scontrosa che affabile. Non è che non mi piaccia socializzare, ma preferisco mantenere una certa distanza.

Marcelo: Salve a tutti, mi chiamo Marcelo e sono una persona affabile. Mi piace brillare negli incontri sociali e fare amicizia con facilità. Non mi direte che non è una caratteristica apprezzabile!

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La tresca e trescare (ep. 943)

La tresca e trescare

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Giovanni: chi ama il gossip, o meglio, il “pettegolezzo” in italiano, sicuramente conosce il termine tresca e sa usare correttamente anche il verbo trescare.

Abbiamo a che fare con due tipi di situazioni diverse, quindi due significati diversi, anche se c’è qualcosa in comune.

Il termine “tresca“, molto informale, può indicare una sorta di accordo tra persone, un accordo nascosto, non alla luce del sole. Possiamo chiamarlo anche un intrigo o una cospirazione.

“Tresca” può riferirsi dunque a un’attività segreta, spesso illegale o moralmente discutibile, che coinvolge un gruppo di persone che complottano contro qualcuno segretamente, che fanno cioè accordi segreti.

Complottare è un verbo interessante, molto usato quando si parla di politica. Un complotto è simile a una tresca, ma il complotto (così come la cospirazione) sono termini decisamente più seri.

Ad esempio, si potrebbe dire che un gruppo di individui sta organizzando una tresca per sabotare un’azienda concorrente. In questo caso possiamo tranquillamente sostituire tresca con complotto o cospirazione.

Il secondo significato, che poi è quello che viene subito in mente ad un italiano, è la tresca intesa come relazione amorosa segreta.

C’è sempre qualcosa di segreto, ma qui parliamo di due persone che hanno una relazione amorosa o semplicemente sessuale, non alla luce del sole.

Avranno un motivo queste persone per nascondere la loro relazione? Probabilmente si!

Si tratta di un termine molto colloquiale. Solitamente, si riferisce a una relazione extraconiugale o a una relazione amorosa che viola le norme sociali o morali.

Il termine “adulterio” non è un sinonimo di tresca.

Adulterio è molto più serio e specifico. Una volta era persino reato in Italia (se a tradire era la moglie) tradire il proprio coniuge. Questo è l’adulterio.

Non c’è bisogno di essere sposati per avere una tresca.

Possiamo avere una tresca anche col capufficio, pur non essendo sposati, ma non vogliamo farlo sapere.

Se vogliamo essere meno informali dovremmo parlare di una “relazione clandestina“.

Quando qualcosa – qualunque cosa – è definito clandestino, allora avviene senza l’approvazione di una autorità o avviene contro il divieto delle leggi.

Questo vale anche per gli immigrati clandestini, il commercio clandestino, la stampa clandestina eccetera.

Quando parliamo di una relazione clandestina, ad esempio si può dire:

Tra quei due pare ci sia stata una tresca in passato.

C’è da dire che, sebbene più raramente, si parla di una tresca anche semplicemente nel senso di un rapporto intimo poco importante, poco impegnativo, che può anche non essere nascosto.

Es:

Una volta ho avuto una tresca con quella ragazza!

Come a dire: niente di serio.

Certo, una persona innamorata non definirebbe mai il suo rapporto con l’altra una “tresca”.

Nel primo o nel secondo significato, quindi sia quello legato alle attività segrete, sia quello inteso come relazioni amorose segrete, si usa anche il verbo “trescare” , cioè agire in modo subdolo, nascosto, anche per fini illeciti. Si dice anche “ordire” imbrogli o intrighi.

Giovanni per ottenere quel posto ha trescato.

Hanno scoperto una tresca in ufficio. Marco trescava con la moglie del direttore da anni!

Trova in casa l’amico con la moglie, sospetta che trescassero (sospetta una tresca) e li uccide entrambi.

Cosa? Sei stato scoperto a trescare con un’altra donna?

La tresca somiglia anche all’intrallazzo e all’inciucio, e dunque Intrallazzare, inciuciare e t tramare sono abbastanza simili a trescare.

Se ricordate, si tratta di termini che abbiamo visto nella rubrica di Italiano semplicemente dedicata al linguaggio della politica.

Adesso ripassiamo.

La parola passa ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente, almeno a quelli più volenterosi.

Irina: io non sono tra i più “volenterosi”, ma non voglio fare la persona suscettibile, anche se ne avrei ben donde! Partecipo volentieri al ripasso.

Marcelo: anch’io. Quando il capo mi chiama in causa non posso fare lo gnorri.

Ulrike: anch’io do il mio apporto. Lungi da me dal restare impalata.

Peggy: io invece vi dico che me ne sto bellamente spaparanzata sul divano alla faccia vostra.
Però mi riprometto di partecipare la prossima volta.

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Mettere sul piatto (ep. 942)

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Giovanni: oggi vediamo l’espressione “mettere sul piatto“, che è un modo di dire comune in italiano che significa offrire o presentare qualcosa, di solito riferendosi a una proposta o a un’opportunità.

Spesso viene utilizzata in contesti negoziali (cioè accordi commerciali, negoziazione di contratti, accordi finanziari o qualsiasi altra situazione in cui due o più parti cercano di raggiungere un accordo vantaggioso per entrambe) o più in generale nelle trattative, ma può essere usata anche in situazioni più informali. Ecco alcuni esempi che illustrano l’uso di questa espressione:

  1. Negoziazione di un contratto:

Mario: Sono interessato ad acquistare la tua auto. Quanto la vendi?

Luca: Beh, considerando le condizioni e l’anno di produzione, vorrei almeno 10.000 euro.

Mario: Capisco, ma posso mettere sul piatto 9.000 euro?

Luca: Hmm, la tua offerta è interessante. Ci devo pensare.

Dunque quando si mette sul piatto qualcosa, ci si aspetta che qualcuno accetti la tua proposta, la tua offerta, che però può anche essere rifiutata. Il piatto si usa di solito per mangiare, ma questo chiaramente è un uso figurato.

  1. Offerta di lavoro:

Alessia: Sono rimasta molto colpita dal tuo curriculum. Abbiamo un’opportunità di lavoro aperta nella nostra azienda. Sei interessato?

Giovanni: Assolutamente! Sono pronto a mettere sul piatto le mie competenze e la mia dedizione per questa posizione.

Alessia: Fantastico! Possiamo fissare un colloquio per discutere i dettagli?

Anche in questo caso si sta offrendo qualcosa: le mie competenze e la mia dedizione. Ci siamo occupati della dedizione parlando della locuzione “avere cura” di qualcosa.

  1. Pianificazione di una serata tra amici:

Laura: Ho deciso di organizzare una serata a casa mia sabato. Ognuno può portare qualcosa da mangiare o da bere.

Marco: Posso mettere sul piatto una deliziosa torta fatta in casa e una selezione di vini italiani.

Laura: Wow, sembra ottimo! Non vedo l’ora di assaggiare la tua torta!

Questo caso sembra un po’ forzato, perché quando si mette sul piatto qualcosa, in genere ci sono altre persone che stanno mettendo sul piatto altre cose. Ognuno fa la sua offerta e una persona deve scegliere quale accettare. La torta fatta in casa e i vini italiani che offre Marco saranno sicuramente accettati la sua è una semplice offerta e non ci si aspetta che ci sia concorrenza perché ognuno può portare qualcosa senza necessariamente scegliere un “vincitore”.

  1. Trattativa per l’acquisto di una casa:

Paolo: Questa casa è esattamente ciò che stiamo cercando, ma il prezzo è un po’ al di sopra del nostro budget.

Sara (agenzia immobiliare): Capisco la tua situazione. Il proprietario è disposto a negoziare, ma dobbiamo mettere sul piatto un’offerta seria.

Paolo: Siamo disposti a mettere sul piatto il 10% in meno rispetto al prezzo indicato. Possiamo discutere ulteriormente?

Sara: Mi sembra un punto di partenza ragionevole. Posso parlare con il venditore e vediamo cosa possiamo fare.

Quest’ultima in effetti è una vera trattativa, dunque “mettere sul piatto” è assolutamente un’espressione adatta in questo caso perché alla fine il proprietario dovrà decidere se accettare l’offerta o se rifiutarla, magari per accettare una migliore offerta che ha ricevuto.

Come potete vedere dagli esempi, “mettere sul piatto” implica offrire qualcosa di valore o di significativo in una determinata situazione. Può riguardare denaro, beni materiali, abilità o altre risorse che possono influenzare una trattativa o un’opportunità.

Cosa potete mettere sul piatto come argomento del giorno per ripassare gli episodi passati?

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Divertimento responsabile tra amici

Peggy: Ragazzi, che ne dite di organizzare una serata divertente tra amici? Ho un amico che ha tante cose da bere e mi risulta che porti anche un paio di ragazze amiche sue.

Marcelo: va bene ma chi le conosce queste? Dobbiamo assicurarci solo di non farci coinvolgere in qualche situazione di malcostume.

Ulrike: tra l’altro con troppo alcol difficile evitare comportamenti indebiti.

Estelle: alla vostra età? Ragazzi occhio, ché ammesso e non concesso che queste ragazze siano pienamente (come si suol dire)accondiscendenti“, non vorrei che qualcuno di voi avesse una tachicardia.

Irina: se fossi in voi, piuttosto che alla tachicardia starei attento alle vostre mogli, che potrebbero sbucare quando meno ve lo aspettate!

André: io ci sto, me ne frego di cosa ne pensará mia moglie! Casomai me la vedo ioragazzi vi prego, non lasciate che mia moglie ascolti questo episodio!

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La scocciatura e il verbo scocciare (ep. 941)

La scocciatura e il verbo scocciare (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: oggi esploriamo il verbo ‘scocciare’ e il sostantivo ‘scocciatura’. Si usano molto nel linguaggio di tutti i giorni.

Dopo aver parlato dei rodimenti, non ci allontaniamo di molto col verbo scocciare e col sostantivo scocciatura.

Dal nervosismo, che prevale nel rodimento, ci spostiamo su un sentimento più simile al fastidio. Inoltre il rodimento è spesso la conseguenza di invidia o di qualcosa che non riusciamo a “digerire”, nel senso di sopportare. Spesso poi il rodimento è silenzioso, avviene dentro di noi e preferiamo non mostrarlo. Invece la scocciatura spesso si manifesta. Generalmente si manifesta sbuffando.

Perché sbuffi? Sei scocciato?

Questo è un tipico esempio di utilizzo del verbo scocciare.

Questo verbo viene comunemente usato proprio per esprimere fastidio, noia o irritazione. Si tratta di qualcosa di più semplice e meno importante del rodimento.

Quando qualcosa o qualcuno “ci scoccia“, significa che ciò che sta accadendo o la persona che interagisce con noi sta diventando fastidiosa o noiosa. Per esempio, potremmo dire:

Mi scoccia aspettare il bus sotto la pioggia

o

Mi scoccia quando le persone interrompono una conversazione

Il verbo “scocciare” può essere utilizzato in vari contesti.

Ad esempio, se state parlando di un film che non vi è piaciuto affatto, potreste dire:

Quel film mi ha proprio scocciato!

Oppure, se state raccontando di una lunga attesa in coda alla posta, potreste esclamare:

Stare in fila mi scoccia da morire!

A volte può indicare una perdita della pazienza. Immaginiamo un professore che si è stancato che uno studente parla continuamente durante la lezione:

Adesso mi hai proprio scocciato! Vai fuori della porta!

Ora, passiamo al sostantivo “scocciatura” che è molto simile a “rompimento“.

Questo termine deriva dal verbo “scocciare” (simile a rompere) ed è utilizzato per indicare qualcosa di fastidioso, seccante o irritante.

Ad esempio, potremmo dire:

Andare al supermercato il sabato mattina mi scoccia da morire.

Spendere altri soldi per riparare questa vecchia auto mi scoccia proprio

Ti scoccia se ti chiedo di accompagnarmi a casa?

Ecco alcuni esempi che mostrano come utilizzare il sostantivo “scocciatura“:

Non vedo l’ora che questa scocciatura finisca!

o

Le pulizie di primavera sono sempre una grande scocciatura.

Ora che abbiamo esplorato il significato e l’uso del verbo “scocciare” e del sostantivo “scocciatura“, voglio fornirvi alcuni verbi alternativi che potete utilizzare per esprimere la stessa idea.

Questi verbi possono arricchire il vostro vocabolario e darvi più opzioni durante la conversazione.

Invece di dire “mi scoccia“, potreste utilizzare “mi infastidisce”, “mi dà fastidio” o “mi urta” o anche “mi rompe”.

Allo stesso modo, per sostituire il sostantivo “scocciatura“, oltre a rompimento, molto informale, potreste usare “fastidio”, “seccatura” o “irritazione”.

Ricordate, l’uso dei sinonimi vi permette di variare il vostro linguaggio e di esprimere le vostre sensazioni in modi diversi, aggiungendo sfumature alla comunicazione.

Per esempio, al posto di dire “Mi scoccia aspettare il bus sotto la pioggia”, potreste dire “Mi infastidisce aspettare il bus sotto la pioggia” o “Mi irrita aspettare il bus sotto la pioggia”, Mi dà proprio fastidio aspettare il bus sotto la pioggia”, eccetera.

Se c’è una cosa che mi dà sui nervi è aspettare il bus sotto la pioggia.

Spesso si usa anche il verbo “seccare“, soprattutto nel nord Italia:

Vi secca se vi chiedo una favore?

Anche “seccante” si sente abbastanza di frequente.

È veramente seccante quando non puoi iniziare una riunione per via dei soliti ritardatari.

Queste modalità alternative vi offrono più possibilità di esprimere il vostro stato d’animo e di comunicare in modo più preciso. Un altro esempio:

Rifare tutto il lavoro daccapo è una scocciatura che non avrei voluto affrontare.

Mi infastidisce dover sopportare senza potermi lamentare.

Ricapitolando, “scocciare” è un verbo che esprime fastidio o noia, mentre “scocciatura” è il sostantivo che indica qualcosa di fastidioso o irritante o noioso.

Abbiamo anche esplorato alcuni verbi alternativi come “infastidire“, “irritare” e “seccare“, “rompere“, che possono essere utilizzati al posto di “scocciare”.

Anche la seccatura è ugualmente molto usata ed è un’ottima alternativa a scocciatura.

Ci stiamo avvicinando tra l’altro al linguaggio formale.

Prima di vedere le alternative formali, credo sia bene anche chiarire una cosa. Come possiamo chiamare la persona che ci causa una scocciatura?

Scocciatore è una possibilità. Al femminile diventa scocciatrice. Seccatore e seccatrice sono un’alternativa. Es:

Non fare lo scocciatore! Stavo uscendo dall’ufficio proprio adesso e mi dici che c’è del lavoro urgente?

Ti ha cercato quella scocciatrice di Alessandra. Buon per te che non c’eri.

Si usa anche seccante, tra l’altro non solo parlando di persone.

Non mi chiamare seccante, ma mi passeresti il sale?

Questa situazione è veramente seccante! Possibile che non posso prendere tutto il mese di agosto come ferie?

Seccante” (che si usa sia per i maschi che per le femmine) viene spesso utilizzato per descrivere una persona ma anche quindi una situazione che provoca fastidio, noia o irritazione.

Può indicare qualcosa che è ripetitivo, tedioso o che richiede attenzione e impegno costante. Ad esempio, un compito che richiede molte attenzioni o una persona che chiede sempre aiuto possono essere descritti come “seccanti”.

Tuttavia, “seccante” può anche essere utilizzato in modo più generico per indicare qualcosa che è fastidioso senza specificarne la causa precisa.

Seccatore e scocciatore indicano invece solamente una persona che è fastidiosa, irritante o che crea disturbo in modo prolungato. Può implicare un comportamento importuno, invadente o molesto.

Si parla di una persona che disturba ripetutamente gli altri, che non rispetta i confini personali o che causa disagio con le sue azioni o richieste.

Nel linguaggio formale, esistono diverse alternative che si possono utilizzare al posto di “scocciatura” e “scocciare” per rendere il linguaggio più elegante. Ecco alcuni suggerimenti:

Incomodo” e “incomodare“:

Esempio:

Il compito di compilare tutti quei documenti è un incomodo che vorrei evitare.
Vorrei chiederti un favore, ma non voglio incomodarti. Se hai il tempo e la disponibilità, potresti revisionare il mio progetto?

Turbamento” o “disagio“:

Esempio:

La presenza di estranei durante la riunione causa un notevole turbamento nell’ambiente di lavoro.

Non vorrei procurare alcun disagio agli ospiti. Mi raccomando.

Noia“:

Esempio:

Risolvere questo problema tecnico è una noia che richiede tempo e pazienza.

Volendo, anche disturbare e disturbo sono alternative a scocciare e scocciatura.

Adesso ripassiamo qualche episodio passato parlando degli effetti dell’alcol.

Irina: personalmente non lascio mai che l’alcool mi annebbi il cervello.

Peggy: Non vorrei sembrare allarmista, ma vi rendete conto di quali e quanti sono i postumi dell’abuso dell’alcol?

Carmen: L’alcol è quello che è, una droga appunto. Però una droga ben accettata dalla società. Difficile rimettersi subito in sesto dopo una sbornia, che va evitata, allora. È sempre la dose che fa la differenza.

Estelle: Senza contare gli impatti sulla gravidanza. In questo caso il verdetto è chiaro, nessun alcolico è consentito!
Dobbiamo prendere tutte le debite precauzioni per la salute dei bambini.

Albéric: «In vino veritas» dicono gli anziani romani da illo tempore. Ragion per cui si può alzare il gomito senza remore. Peccato che oggi ci si deve sorbire tutti questi discorsi sulla moderazione e come darsi una regolata in tutto. Che vadano a quel paese tutti quelli con il loro latte d’avena o altri frullati! Come diceva Baudelaire: «Il vino può rivestire i luoghi più sordidi di un lusso miracoloso». Questo è quanto! Altro che storie!

Hartmut : in vino veritas? Allora non hai ancora bevuto abbastanza! Ma guarda tu se nel 2023 ancora dobbiamo sentire queste stupidaggini.

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Il verbo vessare (ep. 940)

Il verbo vessare (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni:

Molti di voi, amanti della lingua italiana non madrelingua, probabilmente non avete mai usato il verbo vessare. Tranquilli, siete come molti italiani – direi almeno il 30 percento della popolazione.

Questa però è un’occasione propizia per me per parlarvi di molti altri verbi simili che si possono usare. C’è da dire che ogni verbo in realtà ha il suo perché, e se esiste ci sarà un motivo!

Vediamo allora cosa significa e quali sono le occasioni migliori per usare il verbo vessare.

Vessare significa sottoporre a continui maltrattamenti materiali o morali.

Quindi è molto simile a maltrattare, trattare male.

Maltrattare è molto usato da tutti, ma si usa nel senso di sgridare, far notare qualcosa di sbagliato che si è fatto.

Ad esempio i genitori maltrattano spesso i figli quando sbagliano:

Questo non si fa! Non voglio ripeterlo una seconda volta, chiaro?

I “maltrattamenti” però riguardano anche questioni più serie. Un termine questo che si usa per indicare anche delle crudeltà. Possiamo parlare di una imposizione di prove avvilenti o dolorose, oppure di atti di arroganza, prepotenza, violenta, sopraffazione.

Spesso un maltrattamento può costituire anche reato.

Cercando tra le notizie di Google ad esempio, si trovano episodi di maltrattamento degli animali, o di un datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti.

Vessare però è un po’ diverso, perché è più una forma di oppressione, una tormenta, una insistenza in un comportamento che crea angoscia o comunque conseguenze negative, anche economiche. Si tratta sempre di ingiuste oppressioni nelle intenzioni di chi parla.

Se una persona mi dice continuamente, ripetutamente di fare qualcosa che io non ho voglia di fare, posso dire:

“Non mi opprimere”, “non mi tormentare”, “non mi rompere così tanto”, ma anche “non mi vessare”, “basta con queste continue vessazioni”.

Il contesto non è dei più adatti però.

Il verbo vessare è più adatto in altri contesti:

Vessare i cittadini con eccessive tassazioni.

La legge prevede pene severe per coloro che commettono atti di vessazione sul luogo di lavoro.

Il giornalista ha denunciato le vessazioni subite da alcuni cittadini da parte delle forze di polizia.

Durante il periodo scolastico, alcuni ragazzi vessano costantemente il compagno più timido (in questi casi si parla più spesso di bullismo)

Il datore di lavoro è stato accusato di vessare i dipendenti tramite discriminazioni e minacce costanti.

L’organizzazione per i diritti umani si batte per porre fine alle vessazioni subite dai prigionieri politici.

L’uso del verbo “vessare” può essere quindi preferibile rispetto ai termini “maltrattare” o “opprimere” in contesti in cui si desidera enfatizzare il carattere reiterato e continuo degli atti di persecuzione o molestie.

Si è visto quindi che quando si parla di bullismo è preferibile usare vessare. L’uso del verbo “vessare” può descrivere meglio l’azione ripetitiva e continua di tormento subita dalla vittima.

Anche in un ambiente di lavoro, Se si vuole sottolineare un comportamento di molestie, discriminazioni o intimidazioni persistenti nei confronti di un dipendente, l’uso del verbo “vessare” può rendere più chiaro l’aspetto di durata e ripetitività delle azioni.

In contesti legali e giuridici, “vessare” e “vessazioni” possono essere utilizzati per riferirsi a comportamenti di persecuzione sistematica e continuata che possono costituire reati o violazioni dei diritti umani.

Quando parliamo di politica, giornalismo o siamo in altri contesti pubblici, si possono mettere bene in luce azioni di persecuzione o molestie croniche perpetrate da individui o gruppi.

In definitiva vessare è un verbo abbastanza formale che è preferibile (ma non obbligatorio) usare in contesti più seri.

Ora mi rivolgo ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente ai quali chiedo un ripasso degli episodi precedenti. Non dite che vi sto vessando perché lo faccio per voi!

Komi: essendo reduce da una settimana lavorativa intensa, pensavo di prendermela comoda questa mattina. Eppure c’è il nostro presidente a supplicarci per un ripasso. Non mi entusiasma dirlo, ma se continua ad insistere, il presidente potrebbe incorrere in disappunto o quantomeno essere oggetto di scherno da parte mia.

Anthony: supplicarci? Mi pare un parolone! Se c’è qualcosa in cui potrebbe incorrere, casomai è un motivato rodimento per il tuo disappunto! Ma guarda tu!

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