Svezzare e svezzarsi. Il vezzo (ep. 946)

Svezzare e svezzarsi. Il vezzo (scarica audio)

Giovanni: adesso è il momento giusto di occuparci del verbo svezzare.

Nell’ultimo episodio infatti abbiamo visto l’avvezzo e avvezzarsi.

Anche svezzare ha a che fare con le abitudini, perché prima di avvezzarsi, cioè prima di prendere una abitudine, bisogna svezzarsi. Prima, ma anche dopo.

Cominciamo col prima.

Nell’uso più comune, svezzare si usa per indicare che un bambino inizia a mangiare cose diverse dal latte.

Si dice anche “divezzare“.

Svezzare/divezzare un lattante significa far passare un bambino dall’allattamento a una forma di alimentazione più ricca e varia.

Quando lo svezziamo questo bambino? Bisogna chiedere al pediatra!

Da quel momento in poi, dopo lo svezzamento, il bambino inizia a abituarsi, quindi possiamo dire che inizia a avvezzarsi al cibo diverso dal latte.

Chiaramente anche i cuccioli di animale vanno svezzati.

Ad esempio, per i cani lo svezzamento dei cuccioli inizia dalla terza o quarta settimana di vita.

Normalmente il verbo svezzare si usa in questo senso, ma allargando il campo, in modo scherzoso possiamo usare lo stesso verbo per indicare la prima volta che una persona inizia a fare qualcosa di normale che fanno tutti.

Es:

Il ragazzo deve ancora svezzarsi. Siate comprensivi con lui, sta crescendo.

All’inizio al lavoro avevo qualche difficoltà, ma poi gradualmente i miei colleghi mi hanno svezzato.

Anche nello sport si usa abbastanza spesso:

Il portiere è bravo ma deve ancora svezzarsi nel gioco con i piedi. Tra qualche tempo sarà pronto.

Dicevo che svezzare e svezzarsi possono usarsi anche dopo aver preso una abitudine, quando questa abitudine va interrotta.

In questi casi si sta parlando di perdere un’abitudine, in genere una brutta abitudine.

Es:

Svezzare qualcuno dall’alcol

Svezzarsi dal fumo.

La società deve svezzarsi dai combustibili fossili e passare alle fonti rinnovabili.

Un tossicodipendente deve essere svezzato dall’uso delle sostanze nocive per l’organismo.

Quindi parliamo di abitudini negative o comunque parliamo del passaggio da una condizione negativa a una migliore.

In questi casi c’è di mezzo un “vezzo” . Il termine vezzo deriva dal “vizio” , quindi da qualcosa di negativo, da una abitudine negativa.

Uno dei significati del ternine vezzo è quello di qualcosa di abituale.

Si dice spesso:

fare una cosa per vezzo

avere il vezzo di fare qualcosa.

Spesso implica l’idea di qualcosa di sconveniente:

ho il vezzo di mangiarmi le unghie.

A volte si dice anche “mal vezzo” proprio perché parliamo di cattive abitudini che si devono interrompere, che sarebbe bene interrompere. Es:

Perché rispondi sempre male ai tuoi genitori? Questo è un è un mal vezzo che dovresti toglierti!

Quindi è una cattiva abitudine che è meglio perdere.

Adesso un ripasso.

Ulrike: Essendo avvezza a sentirmi chiamata in causa, perfino quando non c’è nessuno a chiamarmi (evidentemente una mia fisima), subito dopo aver letto il tuo messaggio, mi sono messa all’opera. Mi sono scervellata invano però. Vabbè, ci sono 30 gradi e passa qui, che vuoi che ti dica. Nisba allora.

Marcelo: Vorrei mettere sul piatto il mio contributo! Io mi domando e dico: chi farà le veci del nostro presidente adesso che lui sicuramente starà facendo bisboccia in Toscana durante la riunione dei membri di IS! beh, lasciamo che si diverta! Se lo merita perché ha la stoffa da capo!

Irina: Giuseppina come al solito deterrà il ruolo di facente funzioni!

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