Le preposizioni semplici da scoprire

Audio esercizio

Audio soluzione

LINK UTILI

Trascrizione

Ciao ragazzi, facciamo oggi un bell’esercizio dedicato alle preposizioni semplici ed ai mestieri, cioè le professioni, vale a dire ai lavoro. In questo esercizio racconterà una storia in cui vengono utilizzate le espressioni idiomatiche spiegate sul sito italianosemplicemente.com dal 2015 fino ad oggi.

Nella spiegazione scritta, però, mancheranno le preposizioni semplici.

Di conseguenza sta a voi scrivere le giuste preposizioni da utilizzare, dopodiché potrete guardare ed ascoltate la soluzione domani, quando pubblicherà la soluzione con tutte le preposizioni semplici da usare nelle varie parti del testo: di, a, da, in, con, su, per, tra, fra.

Vi parlerò dell’apprendimento della lingua italiana secondo Italiano Semplicemente. Ogni volta che si presenterà una preposizione semplice vedrete uno spazio vuoto sul testo e ascolterete un “bip” nel file audio.

Domani invece potrete leggere e ascoltare la soluzione.

L’apprendimento secondo Italiano Semplicemente.

Come sapete, il sito Italiano semplicemente.com è basato sulle sette regole d’oro che vado____seguito ad elencare:

1) Ascoltare ascoltare ascoltare. REPETITA IUVANT. Questa è la prima delle sette regole d’oro; la più importante. Ma come, non è la grammatica la prima regola? Ma quale grammatica d’Egitto! Italiano Semplicemente non insegna la grammatica fine____se stessa. Se amate la grammatica spiegata____modo noioso____Italiano Semplicemente non c’è trippa____gatti!

2) Usare i tempi morti____ascoltare. Questa è la seconda regola d’oro____cui far riferimento: quali sono i tempi morti? Mentre si fa colazione, al bagno (anche facendo la doccia), quando siete____viaggio, mentre si fa la spesa, lavando i piatti eccetera. Una cosa importante: se ci sono persone attorno____voi, magari parlate____voce bassa o nella vostra testa, ma se avete la faccia____bronzo non sarà un problema. ___ l’altro, non aver paura____essere giudicati e____fare brutte figure è sicuramente un punto____vostro vantaggio.

3) Studiare senza stress,____condizioni____relax. Il metodo Co.co.mi. (Costanti e continui miglioramenti).

Lo stress, uno dei nemici____sconfiggere. Se non volete perdere la voglia____imparare, dovete armarvi____pazienza e aspettare che le prime due regole d’oro diano i risultati. Vedrete che scoprirete una cosa fondamentale nell’apprendimento della lingua, e se finora avete ascoltato o studiato stressati, adesso che conoscete questa regola, vi rifarete____gli interessi.

4) Apprendere attraverso delle storie ed emozioni. Questa è la quarta regola____usare. Cosa vuol dire? Non imparate frasi o singole parole: ascoltate delle storie, ascoltate dei podcast, un discorso compiuto che metta____moto il vostro cervello. Il contesto vi aiuterà____capire ciò che non riuscite____capire attraverso una singola frase; se non conoscete una parola, le altre parole del discorso vi aiuteranno. Le emozioni non vi faranno distrarre e non vi stancherete____ascoltare. Ma questa è una regola importante anche____chi insegna. Il mio ruolo è importante: sarà mia la responsabilità nel non farvi annoiare.

5) Apprendere attraverso Italiano vero e non____libri____grammatica. Ascoltare ciò che PIACE. Trattasi della quinta regola d’oro____Italiano Semplicemente. Dedicate il vostro tempo____leggere e ascoltare ciò che attrae il vostro interesse. Anche questa regola vale anche____me, che devo realizzare episodi differenziati,____raggiungere i gusti____tutti.

6) Sesta regola d’oro: Domande e risposte sulle storie ascoltate: I principianti e anche chi ha un livello più alto, deve esercitarsi____subito e provare____rispondere (con la propria voce)____delle facili domande____quanto ascoltato,____questo modo l’apprendimento diventa attivo, non passivo: voi partecipate attivamente e così imparare ad usare parole diverse, parole alternative, verbi e tempi diversi. Ci sono diversi modi____rispondere alla stessa domanda.

7) Parlare: l’ultima regola ma non____importanza. Oggi abbiamo i social, abbiamo whatsapp, abbiamo le chat____cui possiamo parlare____persone____ogni parte del mondo.

Usate tutti questi strumenti____parlare,____ascoltare e____scrivere, ma soprattutto____parlare, perché una lingua non si chiamerebbe così se non si dovesse parlare.____questo modo, rispettando queste sette regole d’oro, va____sé che ci sarà un miglioramento del vostro livello____italiano e questo avverrà anche____modo veloce. Gli amanti della grammatica si mettano l’anima____pace.

Spero che questo episodio rispetti le sette regole d’oro e che voi possiate riuscire____terminare l’ascolto avendo la voglia____rifarlo altre volte. Provate____stampare il dialogo e____riempirlo____le preposizioni semplici. E ascoltate poi la soluzione nel secondo file audio che trovate____questo episodio.____chi è interessato, abbiamo realizzato altri episodi dedicati alle preposizioni semplici. Date un’occhiata se avete tempo.____poco questo episodio sarà terminato. Solo il tempo____un saluto e un’ultima raccomandazione: trovate un amico____cui condividere i vostri episodi: farlo____due sarà più piacevole e produttivo!

Un saluto____Giovanni

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Invece o piuttosto?

Audio

Trascrizione

Ciao ragazzi oggi come decidiamo di passare questo tempo insieme?

Avrei pensato di affrontare la differenza tra invece e piuttosto, che ne dite?

Ho notato che molti stranieri hanno spesso alcuni problemi nel distinguere questi due avverbi. In effetti hanno ognuno delle caratteristiche ed usi specifici. Oggi ne parliamo insieme se volete, con Giovanni di italiano semplicemente.

Facile confondere invece con piuttosto. A volte non è un grave errore comunque.

Iniziano da invece.

Invece è un avverbio usato per sottolineare l’opposizione, il contrasto o la sostituzione di un concetto ad un altro. Si usa quindi quando vogliamo sottolineare la differenza tra due cose.

Io studio italiano invece tu preferisci l’inglese.

Maria sta a dieta, io invece no.

Credevo mi amassi, invece tu amavi un’altra persona

Abbastanza semplice in questo caso come in altri casi simili: c’è un concetto all’inizio della frase, poi c’è invece che serve ad annunciare un secondo concetto opposto a quello iniziale.

Ci sono alcuni casi particolari però che è necessario spiegare bene a voi stranieri:

1 caso: a volte si può rafforzare l’opposizione usando “mentre invece“, oppure “ma invece“. Ad esempio:

Pensavo che Maria mi baciasse, mentre invece mi ha detto che io e lei siamo solo amici.

L’opposizione tra il bacio ed il rifiuto è sottolineata da “mentre”.

I ladri sono entrati in casa mia ma invece di rubare, hanno giocato con la Play station

Anche qui usare “ma invece” rafforza il contrasto tra i ladri che entrano in casa, che si presume lo facciano per rubare, portare via le cose, ed il fatto che invece si sono messi a giocare.

2 caso: invece di. Quando la preposizione “di” segue dopo, in questo caso c’è sempre una opposizione, ma nel senso dello scambio.

Invece di lamentarti che non hai soldi, perché non vai a lavorare?

Questo libro è in offerta: costa € 10 invece di € 20

Notate che “invece di” in questi casi sostituisce anziché.

Quindi lavora anziché lamentarti. Lavora invece di lamentarti.

10 euro anziché 20 euro. 10 euro invece di 20 euro.

Non sempre però:

Maria sta bene, invece di Giovanni cosa mi dici?

Vediamo adesso “piuttosto“.

Anche piuttosto è un avverbio, ed anche piuttosto serve a fare dei confronti oppositivi. Questo è un problema? Come facciamo a capire quando è la stessa cosa usare invece e piuttosto?

“Piuttosto”, dobbiamo dirlo, si usa anche in altri modi, con altri significati. Invece l’avverbio “invece” è esclusivamente dedicato all’opposizione.

Piuttosto però a volte si può usare al posto di invece, altre volte no. Quando questo accade il significato è quello di “anziché”:

Piuttosto che studiare italiano, perché non studi l’inglese?

In questo caso posso sostituire “piuttosto che” con “invece che”:

Invece che/di studiare italiano, perché non studi l’inglese?

Il senso è lo stesso: opposizione.

Preferisco mangiare tutto ciò che voglio piuttosto che stare a dieta

Preferisco mangiare tutto ciò che voglio invece che stare a dieta

Quindi anziché può diventare “invece di” oppure “piuttosto che”, oppure “invece che” e anche “piuttosto di” a seconda della circostanza.

C’è da dire che “piuttosto che” viene usato anche in modo improprio molto spesso, con lo stesso significato di “oppure”. Ne parliamo dopo.

Riprendiamo adesso gli esempi fatti all’inizio e vediamo come possiamo usare piuttosto al posto di invece, perché non sempre possiamo usare indifferentemente l’uno e l’altro. In questo modo capirete la differenza tra invece ed piuttosto. Gli esempi erano:

Io studio italiano, invece tu preferisci l’inglese.

Potrei chiederti:

Perché non studi l’inglese?

e tu potresti rispondere:

Cosa? Inglese? Piuttosto che studiare inglese, studierei l’eschimese!

Vedete che l’uso di piuttosto serve a contrapporre ancora di più. “Invece” è più neutrale, mentre con piuttosto c’è spesso una rifiuto di una scelta e la preferenza di un’altra. A volte si usa piuttosto per sottolineare l’assoluta avversione verso una cosa, una avversione talmente elevata che siamo disposti, come alternativa a scegliere la peggior cosa possibile, sempre meglio della prima:

Cosa? Inglese? Piuttosto che studiare inglese, studierei l’eschimese!

Piuttosto studio l’eschimese (che non mi servirebbe a nulla), ma l’inglese non lo studierei mai. Una avversione talmente alta verso questa lingua che preferirei la lingua più inutile del mondo: l’eschimese (ovviamente è solo un esempio).

Altri esempi? Prima abbiamo detto

Maria sta a dieta, io invece no.

Potrei dire:

Odio le diete, e piuttosto che stare a dieta, preferisco morire!

Anche qui: talmente è alto l’odio per la dieta, che al limite, sarei disposto a morire come alternativa. Meglio morire che stare a dieta!

Scelta sicuramente opinabile, ma anche questo è solo un esempio.

Credevo mi amassi, invece tu amavi un’altra persona

Questo era l’ultimo esempio fatto inizialmente. Notate che non posso sostituire invece con piuttosto. Il risultato avrebbe un altro significato.

Credevo mi amassi, piuttosto tu amavi un’altra persona

In questo caso può significare: non sono io che amavo un’altra persona, eri tu che amavi un’altra persona: l’enfasi, l’accento, sta sulla parola “tu”:

Non c’è quindi solo una semplice differenza, come con “invece”: io ti amo, invece tu no.

Quindi l’avverbio piuttosto si può usare:

1. Al posto di “invece” per segnalare un’alternativa preferibile.

Quando poi non si vuole proprio esprimere una preferenza ma aggiungere delle possibilità che si ritengono migliori, meglio usare “piuttosto”, e mettere davanti “o”. In questo modo si esprime una preferenza senza scartare la prima possibilità:

Vuoi conquistare quella ragazza? Allora mandale delle rose, o piuttosto scrivile una lettera d’amore.

E’ come dire: “mandale delle rose, o meglio ancora, scrivile una lettera d’amore”.

2. Seconda categoria di usi: Il senso di “meglio ancora” può diventare una avversione assoluta verso una scelta quando si fa un paragone e si usa piuttosto per scartare fortemente una scelta, come abbiamo visto:

– piuttosto che sposarti, divento suora!

– piuttosto che tifare la Juventus, non vado più allo stadio!

In questi casi “invece” non è adatto. A volte l’avversione è meno marcata, ma sempre meglio usare piuttosto per evidenziare la contrapposizione:

Non ti lamentare sempre che hai molto da studiare, piuttosto inizia a farlo, perché domani hai l’esame!

In questi casi piuttosto può stare anche alla fine della frase:

Non ti lamentare, studia piuttosto!

3. Terza possibilità: si usa piuttosto per spostare una colpa, o per evidenziare in generale come una caratteristica sia da associare a B anziché ad A.

Un esempio di questo terzo utilizzo lo abbiamo visto prima, quando si parlava di amare altre persone e spostare una colpa da una persona all’altra:

Io non ti ho mai tradito, tu piuttosto, lo hai fatto tante volte!

Mi sembri ingrassato.

Io ingrassato? Ma cosa dici? Tu, piuttosto, non ti riconosco più con quella pancia!

Velocemente vorrei dirvi che, come dicevo all’inizio, l’avverbio “piuttosto” si usa anche in altri modi, che non c’entrano con l’opposizione. Come ad esempio al posto di “un po’“, “abbastanza“:

Oggi mi sento piuttosto bene, cioè mi sento bene, abbastanza bene;

Giulia è piuttosto simpatica;

E’ piuttosto tardi per andare al cinema.

eccetera.

L’uso di piuttosto indica quindi una sensazione non del tutto definita, ma senza eccessi, con una certa cautela, senza troppa decisione.

Infine, un uso improprio, cioè non corretto di “piuttosto” è quello di usarlo al posto di oppure, o di indifferentemente, come se, anziché indicare contrapposizione o avversione, si stesse esprimendo una uguale preferenza. Si sente usare in questo modo nella lingua parlata quando si fa una lista di cose, una lista generalmente non esaustiva e completa. A volte si sente dire ad esempio:

Nel tempo libero studio italiano piuttosto che inglese o francese.

Sembra quasi che la persona che parla stia esprimendo una netta preferenza per la lingua italiana, ed invece nelle intenzioni di chi parla c’è solo quello di fare una lista di lingue, come a dire:

Nel tempo libero studio italiano ma anche inglese o francese.

Nel tempo libero studio italiano oppure inglese o francese.

Nel tempo libero studio italiano oltre che l’inglese o il francese.

La scelta tra queste lingue è indifferente quindi. Ma questo modo di usare “piuttosto” non è corretto, è bene dirlo, proprio perché può essere interpretata in modo diverso, visto che “piuttosto” si usa per contrapporre e non al posto di “oppure”.

Si sente usare anche in ufficio, e a volte anche nella forma scritta. Personalmente mi provoca una sensazione molto negativa quando ascolto quest’uso di piuttosto.

Chiudiamo con un esercizio. Mi aiutano alcuni membri dell’associazione Italiano Semplicemente: sentirete una frase da me, avrete il tempo per riflettere e provare a rispondere, con una frase equivalente usando “invece” oppure “piuttosto”, poi sentirete la risposta. Grazie a Khaled dall’Egitto, Anthony e Albert dagli Stati Uniti, Mariana ed Andrè dal Brasile, Ulrike e Bogusia dalla Germania, Natalia dalla Colombia, Monica dalla Spagna e Rauno dalla Finlandia.

Fare il bagno d’inverno? In Egitto Preferisco farlo d’estate!

Khaled: Fare il bagno d’inverno? Piuttosto meglio farlo d’estate in Egitto!

Dici che non ho studiato abbastanza? Tu non l’hai fatto invece! Tu non hai studiato, non io!

Mariana: dici che non ho studiato abbastanza? Tu non l’hai fatto piuttosto!

In Germania si vive abbastanza bene

Ulrike: In Germania si vive piuttosto bene

In Brasile però si potrebbe vivere meglio

Andrè: In Brasile invece si potrebbe vivere meglio

Il caffè prodotto in Colombia viene abbastanza ricco di complessità aromatiche!

Natalia: Il caffè prodotto in Colombia viene piuttosto ricco di complessità aromatiche!

Io sono Polacca ma vivo in Germania, e in Germania sto abbastanza bene. In Polonia però mi sento proprio a casa.

Bogusia: Io sono Polacca ma vivo in Germania, e in Germania sto piuttosto bene. In Polonia invece mi sento proprio a casa,

Invece io sono finlandese, e non rinuncerei mai alla sauna. Meglio morire in quel caso.

Rauno: Invece io sono finlandese, e piuttosto che rinunciare alla mia sauna preferirei morire!

In Italia non si fa la corrida. In Spagna sì.

Monica: In Italia non si fa la corrida. In Spagna invece sì!

Grazie a tutti per l’ascolto.

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Audiolibro: I primi 30 verbi professionali

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Servizio riservato ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

 

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Alcune Recensioni

ulrike.jpg

Utilissimo un libro di questo tipo. Io non ho mai avuto intenzione di lavorare in Italia.
Perché mi sono interessata quindi del corso di italiano professionale?
Semplicemente perché so che la bellezza di ogni lingua sta nella sua ricchezza espressiva. Voglio leggere libri, poesia, giornali, capire quello che parlano in radio e tv, voglio capire anche le sfumature delle espressioni nei contesti diversi in cui vengono usate. È per questo che faccio parte dell’associazione Italiano Semplicemente; è per questo che seguo con attenzione e grande divertimento il corso e i verbi che formano una sezione importante
del corso. 

andre.jpgUn libro  scritto da una persona che sa, come nessuno, il significato della parola “insegnare”,  impeccabile e indispensabile per qualsiasi straniero che usi quotidianamente la lingua italiana nel suo lavoro oppure, come me, che semplicemente ha voglia  di imparare a comunicare in italiano.

 

 

bogusia.jpgÈ un libro che io potrei raccomandare a tutti quelli che stanno cercando la possibilità o le fonti che faciliterebbero il passaggio dal vocabolario di base al livello più avanzata che assomiglia a quello degli stessi italiani, non solo nell’ambito professionale. In un modo divertente e istruttivo viene mostrata la possibilità di usare i verbi in ogni situazione quotidiana. Il metodo proposto dal sito Italiano Semplicemente (vale la pena dare un occhiata) viene implementato rigorosamente attraverso tutti i contenuti del libro.  La mia esperienza personale mi permette di dire: funziona. Basta ascoltare gli audio nel tempo libero e durante un’attività che non coinvolge la concentrazione assoluta. In questo modo impari ad esprimerti in un modo anche migliore rispetto all’italiano medio.

khaled.jpgPer me è un piacevole utilizzo dei tempi morti della giornata: sfogliare, leggere un libro di questo tipo e trovare gli argomenti più disparati spiegati nei dettagli e in modo divertente. Vi consiglio di leggere le sette regole d’oro di Italiano Semplicemente prima di leggere il libro. Sono uno studente universitario ed interessato ad imparare la lingua italiana, soprattutto la cultura italiana.  Sinceramente, seguire il sito e la pagina Facebook può cambiare le vostre idee sull’apprendimento. Essere membro di Italiano Semplicemente ha  soddisfatto le mie esigenze di imparare e vivere la cultura italiana.

jasna.jpgl libro “Verbi professionali” è indispensabile sia per quelli che studiano la lingua italiana sia per quelli che la insegnano. Tutti e due hanno in comune la stessa meta: riuscire a padroneggiare bene la lingua. E se vogliamo bene padroneggiare la lingua italiana questo libro non dovrebbe mancare sul nostro scaffale. La padronanza di tali vocaboli contribuirà di sicuro al successo di una  comunicazione d’affari in italiano e aumenterà senz’altro le opportunità di carriera nel mercato di lavoro. Secondo me con questo libro saranno evitate le eventuali incomprensioni interculturali, che accadono spesso, e che sono uno dei maggiori ostacoli al successo della comunicazione d’affari.

E poi c’è il metodo giusto – TPRS – che ci facilita il loro apprendimento e che diventa alla fine divertente. Molto consigliabile.

 

 

Segnaletica stradale

Audio

Trascrizione

Andrè e Giovanni vanno in discoteca. I due diciottenni promettono ai propri genitori di non bere.

Alla fine della serata, Andrè sembra in grado di guidare, sebbene abbia bevuto un paio di bicchieri.

Giovanni invece è decisamente brillo, per non dire alticcio. Peccato, perché dei due, Giovanni è il più attento alla guida, mentre Andrè si distrae abbastanza spesso. Inoltre Andrè non ha ancora fatto l’esame di guida!

Andrè si mette comunque alla guida.

Tu fammi da navigatore”, dice a Giovanni, “perché non sono sicuro di ricordare la strada di casa.

Conta su di me”, risponde Giovanni, sebbene Andrè fosse consapevole della probabile scarsa credibilità delle parole di Giovanni, ma d’altronde non aveva scelta.

Fai attenzione ai segnali di precedenza”. Giovanni inizia subito con i sui consigli, sbracato sul sedile posteriore ad occhi semichiusi.

Andrè: Ok, tranquillo, ce la faccio. Però dammi indicazioni precise, perché i cartelli stradali non li conosco benissimo ancora.

Dopo 100 metri, ecco il primo incrocio pericoloso.

Giovanni: “fermati allo stop, vedi il cartello?”

Andrè si ferma allo stop, rispettando correttamente l’apposita segnaletica verticale e orizzontale.

Giovanni: Questo segnale o cartello indica che ci dobbiamo fermare per dare la precedenza alle macchine che vengono da destra o da sinistra. E’ uno stop. Si chiama così.

“Tra un po’ inoltre incroceremo una strada con diritto di precedenza”, la voce di Giovanni arrivava puntuale dalle retrovie.

Andrè: Bene, ecco la strada. Che faccio?

Giovanni: il cartello triangolare con la punta verso il basso indica che bisogna dare la precedenza a chi viene da destra.

Adesso vedrai che la strada peggiorerà, ci sono molte buche qui, quindi vai più piano. Ecco il cartello che indica che la strada è dissestata.

Andrè: ah ok, che devo fare?

Giovanni: rallenta, mica vorrai rompere il semiasse, no?

Andrè: Giusto. E quel segnale ritondo? Questo con le frecce che fanno il giro.

Giovanni: vuol dire che tra poco c’è una rotatoria.

E’ un segnale di prescrizione, cioè di obbligo. Lo trovi prima dello sbocco su un’area in cui è prescritta la circolazione rotatoria (un incrocio, una piazza).
Quindi i conducenti sono obbligati, c’è cioè la prescrizione, quindi devono per forza circolare secondo il verso indicato dalle frecce.
Il segnale lo trovi sempre prima dell’incrocio sul lato destro. Ricordati he?

Andrè: va bene allora giro in tondo.

Giovanni: adesso attento perché c’è una scorciatoia che possiamo prendere, una strada in cui non si potrebbe passare, ma considerata l’ora, possiamo provarci. Eccola, vedi che c’è il cartello di divieto di transito.

Andrè: Quello rotondo col bordo rosso e dentro bianco?

Giovanni: sì, quello, ma vai lo stesso, tanto chi deve passare a quest’ora! Tra l’altro nessuno può passare qui, né da una parte né dall’altra. Quello è un divieto di transito,

Andrè: rischiamo una multa?

Giovanni: sì, ma la polizia non c’è in giro. Ecco, adesso vai fino alla fine, gira a sinistra e siamo quasi arrivati.

Andrè: ok, ma quest’altro cartello che significa? E’ rosso ed ha una banda bianca orizzontale al centro.

Giovanni: non potremmo transitare, è vero, infatti quando incontri questo segnale vuol dire che stiamo entrando dal senso sbagliato. Da questa parte non si può entrare, dobbiamo entrare dall’altro senso. Ma vai tranquillo, sono le tre di mattina.

Andrè: possibile che incontriamo tutte strade in cui non possiamo andare?

Giovanni: no, tranquillo, adesso c’è anche un senso unico. Prendilo. Ecco, è questa strada davanti a te, che ci porterà fino a casa.

Andrè: quale strada? E dov’è il cartello?

Giovanni: questo rettangolare blu, con la freccia bianca dentro verso destra.

Andrè: ah sì, lo vedo. Vado tranquillo quindi?

Giovanni: vai, vai, questa è una strada a senso unico, puoi andare tranquillamente!

Andrè: sì… a meno che incontriamo altri due ubriaconi come noi che tornano a casa!

Giovanni: vai a tutta birra qui che siamo quasi arrivati!

Andrè: ma c’è il limite di velocità a 80 all’ora, non possiamo andare forte qui, questo cartello lo conosco! E poi c’è una macchina davanti a noi. Mica possiamo sorpassarla.

Giovanni: sì, lo so, ma stanotte abbiamo fatto tante infrazioni, quindi vai forte e sorpassa questa lumaca!

Andrè: va bè, ma ti ricordavo come un ragazzo prudente, cosa ti è successo stanotte? Comunque faccio finta che questo divieto di sorpasso non esista?

Giovanni: esatto! Allora qualche cartello lo conosci!

Andrè: solo qualcuno. Ma guarda chi sta arrivando!

Giovanni: la polizia!! Ci stava seguendo da un po’ di tempo!

Meno male che siamo arrivati. Accosta davanti casa e fai finta di niente!

Poliziotta: buongiorno (si fa per dire), non è la vostra giornata fortunata oggi: Guida in stato di ebrezza, guida senza cinture di sicurezza, infrazione del divieto di transito, transito senso contrario, ed infine parcheggio in sosta vietata. Non oso neanche chiederle di farmi vedere la patente!

Andrè: beh, in effetti… ma come sosta vietata?

Poliziotta: certo, non si può parcheggiare qui. Non conosce i cartelli stradali?

Giovanni: signora poliziotto, potrebbe chiudere un occhio per stavolta? Siamo stanchi e…

Poliziotta: … va bene, va bene, ma la prossima vi ritiro la patente! Se ce l’avete…

Lanciare frecciate

Audio

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Trascrizione

Avete mai lanciato frecciate?

frecciate_immagine.jpg

Che voi siate italiani oppure no, sappiate che non ha alcuna importanza. È questa la frase idiomatica oggetto di spiegazione oggi. Chi vi parla è la voce di Italiano Semplicemente, Giovanni.

Bene è interessante notare l’uso del verbo lanciare.

Sapete cosa sono le frecce? Frecce si scrive senza la lettera i, a differenza del singolare freccia.

Le frecce stanno all’arco come i proiettili stanno ad un’arma da fuoco.

Le frecce le usano gli indiani, e sono un’arma. Si lanciano o si tirano oppure si scoccano o si scagliano. Le frecce le usano gli arcieri, che sono i tiratori d’arco, ad esempio dei soldati muniti di arco e frecce addestrati per lanciare delle frecce.

Esistono anche le freccette, ed anch’esse si lanciano. Sono delle piccole frecce che si afferrano con due dita e si lanciano contro un piccolo bersaglio. Un gioco da ragazzi in pratica. Si tratta del gioco delle freccette.

E le frecciate? Non sono come le freccette (anche freccette si scrive senza la lettera i). La parola frecciata è analoga alla parola sassata. Quando lancio un sasso, una pietra, do una sassata, tiro una sassata. Posso ad esempio dire che sono stato colpito da una sassata, cioè da un colpo di sasso.

Analogamente potrei dire che se qualcuno mi lancia una freccia, potrei essere colpito da una frecciata. In realtà però questo termine frecciata si usa in senso prevalentemente figurato. Cosa vuol dire?

Una frecciata non si lancia con l’arco bensì con lo sguardo, oppure con delle parole. Evidentemente l’effetto deve essere simile, quindi quantomeno pungente!

Quello che voglio dire è che quando una persona lancia una frecciata a qualcuno vuol dire che ha fatto una battuta, una battuta maliziosa, maligna, una allusione pungente. Oppure semplicemente ha lanciato uno sguardo ugualmente pungente.

Vi faccio alcuni esempi:

Siamo in ufficio e precisamente in una riunione. Io sto spiegando alcune cose al capo, al direttore diciamo, e sono presenti anche tutti i miei colleghi.

Il direttore chiede: come vanno le cose nell’ufficio?

Io rispondo: abbastanza bene, a parte qualche discussione ogni tanto.

A questo punto mi accorgo che una mia collega (diciamo che ad esempio si chiama Katia) mi sta guardando, mi sta fissando, cioè guardando intensamente, come se volesse che io la guardassi.

Katia non può dire nulla ovviamente perché siamo in riunione, ma se potesse, a giudicare dallo sguardo, credo mi direbbe:

Ma cosa stai dicendo? Stai dicendo al direttore che in ufficio ci sono discussioni? Ma come ti viene in mente?

Ma questo non può dirlo, ed allora continua a lanciarmi frecciatine con lo sguardo, per farmi capire che ho sbagliato. Direi che mi ha quasi fulminato con lo sguardo.

Poi un altro collega (Giuseppe) interviene e dice:

sì, in effetti alcuni colleghi hanno discusso ma in tutti gli uffici si discute un po’. Il tempo comunque premierà chi lavorerà di più e parlerà meno.

Questa è ancora una frecciatina. Molto spesso si usa il diminutivo: una frecciatina, per indicare che è meno grave della frecciata. In cosa consiste la frecciata o frecciatina di Giuseppe?

Giuseppe ha detto che il tempo premierà chi lavorerà di più e parlerà meno, e dicendo questo fa una allusione velata (leggermente nascosta) a me che ho osato dire che ci sono discussioni: ho parlato troppo, sono io che ho parlato troppo, e questo non mi premierà in futuro. Questo voleva dire Giuseppe.

Una frecciatina pertanto può essere lanciata con lo sguardo, con una “occhiataccia“, oppure con le parole, con una battuta “al vetriolo“.

Questi sono due termini molto usati: un’occhiataccia è una brutta occhiata, uno sguardo volto a ferire. Un’occhiataccia è molto simile alla frecciata: è una breve, rapida occhiata volta a fare un dispetto, o a rimproverare, a volte a minacciare.

L’occhiataccia è un termine più informale di frecciata ma direi equivalente. Potrei dire anche un’occhiata al vetriolo, come ho detto prima, o uno sguardo al vetriolo, o una frecciata al vetriolo.

Per vetriolo, nel linguaggio del popolo, si intende un acido, l’acido solforico fumante, che quindi corrode in un istante. Se quindi faccio una battuta al vetriolo, se lancio un’occhiata al vetriolo – è importante la preposizione “al” davanti – significa che c’è uno spirito polemico aggressivo, impietoso (senza pietà), volto a far male come l’acido.

Una frecciata in effetti fa male quando si riceve. Che si tratti di una occhiataccia, di una risposta al vetriolo, o di una battuta velenosa (si usa anche questo aggettivo a volte: velenosa come il veleno di un serpente) una frecciata non si dimentica.

C’è ovviamente chi preferisce parlare chiaramente ed apertamente, senza lasciare spazio all’allusione ed al veleno di un’occhiataccia e di una frecciata.

Volevo anche dire che le parole frecciata e frecciatina fanno pensar e anche ad altre parole che hanno un legame e che possono essere usate in circostanze simili.

Ad esempio il “sarcasmo“: è questo il nome che si dà ad una forma di ironia puntenge, con la quale si intende offendere o ferire una persona. E’ un atteggiamento di alcune persone o a volte proprio una caratteristica di alcune persone, che sono spesso sarcastiche. Spesso fanno battute allusive, ovviamente offensive. Un semplice commento può essere sarcastico, un sorriso, una frase detta con un certo tono. Un’espressione può essere sarcastica.

Il sarcasmo è molto fastidioso, è bene sottolinearlo.

Un’altra parola usata in queste circostanze “stoccata“, termine che viene dallo sport della scherma, ed è un colpo che colpisce il bersaglio.

Lanciare una stoccata (si usa lo stesso verbo di frecciata) significa colpire una persona, ferirla con una battuta, una frase, con una risposta al vetriolo. Questo avviene direttamente, come si fa con la frecciata. In effetti i termini sono molto simili. La stoccata è meno allusiva in generale. E’ un rimprovero più diretto a volte.

Posso usarla anche nel linguaggio di tutti i giorni:

Vai tu a fare la spesa caro? Così potrai incontrare la cassiera del supermercato che ti fa grandi sorrisi!

Ecco, questa è una stoccata!

Parlare “tra le righe” è un’altra espressione simile che si usa quando si dice una cosa e in realtà se ne vuole dire un’altra, oppure entrambe. Anche in questo caso si gioca con le parole facendo allusioni più o meno nascoste. Le righe sono quelle che state leggendo, una serie di parole disposte orizzontalmente sulla stessa linea in una pagina scritta. Tra le righe c’è uno spazio vuoto, e dunque leggendo “tra le righe” di un discorso si può leggere qualcosa che non è scritto e che non poteva essere scritto per diverse ragioni.

Un altro termine che si usa in caso di critiche è il “pettegolezzo“, che è il parlare alle spalle di qualcuno. Si tratta di chiacchiere di corridoio, spesso di notizie senza un fondamento di verità, una voce falsa messa in giro da qualcuno. La differenza tra una frecciata ed un pettegolezzo è che chi lancia frecciate lo fa direttamente al destinatario – è vero, facendo una allusione – ma l’obiettivo è ferire, far male.

Invece il pettegolo e la pettegola sono persone che parlano male di una persona ma parlandone con altre persone: non direttamente ma alle spalle. Si possono fare pettegolezzi anche su una società, su una squadra, ma generalmente sono sempre persone l’oggetto principale di un pettegolezzo. Molto simile a “chiacchiera” come termine, ed il “chiacchierone” è quindi simile al “pettegolo“: entrambi dicono cose “infondate“, cose cioè che non hanno fondamento, cioè non si può dimostrare che siano vere.

Quindi ricapitoliamo: una frecciata è a volte uno sguardo, un’occhiataccia, altre volte è una battuta pungente, e ha origine dal termine freccia, che insieme all’arco costituisce l’arma degli arcieri. Il senso figurato della freccia deve dare l’idea di far male, colpire, attraverso però una frase poco chiara, vagamente allusiva, una insinuazione maliziosa spesso. Se la persona offesa risponde, facendo notare l’offesa, chi ha lanciato la frecciata può sempre dire: ma io scherzavo, non volevo dire questo!

Si usa quasi sempre il verbo “lanciare” con le frecciate. Non si usa mai o quasi mai scoccare, a volte si usa scagliare e quasi mai tirare. Questi tre verbi sono riservati alle vere frecce.

Adesso facciamo un piccolo esercizio: provate a riformulare la frase in modo equivalente nel significato ma usando il termine “frecciata” o “frecciatina“:

Andrea mi ha fulminato con lo sguardo.

Andrea mi ha lanciato una frecciata.

Giovanni mi ha fatto una battutaccia allusiva in riunione!

Giovanni mi ha lanciato una frecciata in riunione.

Queste insinuazioni pubbliche non le sopporto più!

Queste frecciate lanciate pubblicamente sono insopportabili!

Paolo deve smetterla di darmi stoccate!

Paolo deve smetterla di lanciarmi frecciate!

Bene ragazzi, spero che io sia riuscito a spiegarmi bene. Al prossimo episodio di ItalianoSemplicemente.com.

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Le specialità italiane: melanzane alla parmigiana

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Trascrizione

Giovanni: Buongiorno ragazzi oggi vediamo un piatto classico della cucina italiana: la parmigiana di melanzane. Dal nome si capisce subito che gli ingredienti fondamentali sono due: il parmigiano e le melanzane. Spessissimo gli italiani la chiamano semplicemente la parmigiana, ma lascio la parola a Giuseppina, che vi spiega la ricetta da par suo, noi ci sentiamo dopo. Vai mamma!

Giuseppina:

Parmigiana di melanzane.

Che domenica piovosa! Oggi si presenta una giornata di quelle noiosissime e io cosa posso fare, per passare la giornata senza restare tutto il giorno davanti alla TV?

Cucino, e preparo un piatto confort food, di quelli che ci coccola e ci scalda il cuore, gratifica, rassicura e fa passare anche eventuali momenti di tristezza.

Da buona italiana il mio piatto di conforto, quello per i giorni in cui serve tirarsi su, è la parmigiana di melanzane, il piatto della famiglia in festa.

Un grande classico della cucina italiana, ricco, fatto con melanzane, farina, uova, sugo di pomodoro, mozzarella e parmigiano.

Se decidiamo di concederci una parmigiana, dobbiamo farla buona, perché questo non è un piatto dietetico, inutile pensare di fare light un piatto come la parmigiana, la facciamo una volta ogni tanto e quella volta ce la gustiamo così, ricca e gustosa.

Se poi volete sentirvi meno in colpa, gustatela come piatto unico. E’ un piatto generoso, di quelli che dopo aver riposato, il giorno dopo è ancora più buono.

Allora dai, facciamo insieme questo piatto tradizionale, semplice e perfetto, che rappresenta uno dei piatti meglio riusciti della tradizione mediterranea e ha il grosso vantaggio di poter essere preparato in anticipo per poi essere cotto al forno, prima di servirlo caldo e filante.

Le regioni che si contendono l’origine delle melanzane alla parmigiana sono la Sicilia, la Campania e la città di Parma.

Non spetta certamente a me decidere chi ha ragione, ma solo cercare di prepararla al meglio per poterla gustare sulle nostre tavole. Io la preparo così:

Prendiamo le melanzane, quelle lunghe e strette, 1 chilogrammo.
Le laviamo bene, togliamo la parte superiore e le facciamo a fette dello spessore di mezzo cm. che faremo fritte dorate. Procediamo così:
Passiamo nella farina le fette di melanzane;

Sbattiamo due uova con un pizzichino di sale e ci bagniamo le fette di melanzane infarinate. Le rigiriamo una per volta in modo che l’uovo le ricopra bene e le lasciamo li.

Mettiamo sul fuoco una padella con abbondante olio per friggere, – io per friggere preferisco l’olio di girasole – e mettendo 3,4 fette per volta le facciamo dorare tutte.

Mano a mano che le togliamo dalla padella le mettiamo in un piatto sopra della carta assorbente che toglierà l’olio in eccesso.

Ora facciamo un bel sugo di pomodoro, ma non solo con quello.

Metteremo in un tegame olio extra vergine di oliva, sedano, carota e cipolla, e 300 grammi di carne bovina macinata, facciamo scaldare e aggiungiamo una bottiglia di polpa di pomodoro o di passata, come preferite, l’importante è che sia di buona qualità, sale e pepe e facciamo cuocere circa mezz’ora.

Qualcuno arriccia il naso di fronte al sugo di carne sulla parmigiana, io vi assicuro che ci sta proprio bene, però se volete farla solo vegetariana, come la vuole Gianni, preparate la salsa di pomodoro solo con il trito di sedano, carota e cipolla e basilico.

Facciamo a fettine una bella mozzarella grande, di circa 300 grammi.

Ora, in una teglia, versiamo sul fondo un poco di sugo, poi facciamo uno strato di melanzane, aggiungiamo la mozzarella, il parmigiano e copriamo con il sugo.

Continuiamo sempre così fino a che avremo finito tutte le melanzane.

Mettiamo in forno a 200 gradi per 30 minuti con il calore impostato sia sotto che sopra in modo che venga una bella crosticina dorata.

Ed eccola qua, pronta, profumata e molto invitante. Basta lei sola a rendere importante un pranzo. Buon appetito!

Un consiglio: fatela riposare qualche minuto prima di tagliarla e servirla, troppo bollente ed appena sfornata non da il meglio.

Giovanni: bene, ora che non vedete l’ora di assaggiarla, considerato che dovete aspettare un po’ per farla raffreddare, usiamo questo poco tempo per imparare qualcosa.

Mia madre ha parlato di conforto: un piatto di conforto, che serve a confortare le persone, cioè a tirarle su, a farle risollevare il morale, a rassicurarle. A consolare, ad alleviare una sofferenza. Quando piove confortatevi con una bella parmigiana, concedetevi una bella parmigiana come ha fatto mia madre. Cedete alla tentazione e concedete una gratificazione al vostro palato. Attenzione perché il verbo concedersi, quindi nella forma riflessiva (concedersi a qualcuno) significa concedere se stesso, nel senso sessuale, vale a dire abbandonarsi tra le braccia di qualcuno. Meglio concedersi la parmigiana!

Il verbo contendersi, utilizzato da mia madre, significa lottare per aggiudicarsi qualcosa. In questo caso la Sicilia, la Campania e la città di Parma si contendono l’origine della parmigiana, come ci si può contendere una coppa, un premio o una conquista amorosa. Se la parmigiana è troppo poca e gli ospiti sono tanti, allora vi contenderete anche voi la parmigiana.

La parmigiana, tra i suoi ingredienti ha due tipi di formaggi, il parmigiano e la mozzarella. Ed è quest’ultima a rendere filante la parmigiana.

Filante è tutto ciò che fila. Ed è la stessa mozzarella a filare.

Un verbo particolare “filare“. Ha molti significati, ma nel caso della mozzarella, filare significa produrre dei fili, cioè assumere un aspetto filiforme, formare dei filamenti. La mozzarella, quando è riscaldata, diventa filante, cioè fila, diventa molto più morbida e non si spezza, ma forma dei filamenti. Questo accade quando mordete un pizza con della mozzarella o provate a spezzare con la forchetta la parmigiana. Avrete bisogno di allungare il braccio per spezzare la mozzarella filante (un gesto non molto elegante).

La mozzarella difficilmente si spezza ma rimane sempre un filamento attaccato che si allunga, si allunga, si allunga…

Meglio poi la polpa di pomodoro o la passata di pomodoro 🍅?

Qual è la differenza innanzitutto?

La polpa è ricavata direttamente da pomodori che sono stati precedentemente tagliati a pezzi e privati dei semi. La polpa è usata prevalentemente per cotture lunghe o a elevate temperature ed è particolarmente indicata per fare il ragù.

La passata invece è più liquida perché i pomodori li trovate già tritati ed inseriti nella loro acqua. Non è pomodoro in pezzi quindi ma pomodori tritato. Inoltre la passata a differenza della polpa viene precedentemente cotta durante la produzione quindi necessita di una cottura più breve, anche perché perderebbe parte delle sue proprietà.

Vediamo adesso arricciare il naso.

Questa è un’espressione del viso oltre che un’espressione idiomatica. Simile a storcere il naso, Quando ascoltiamo qualcosa con cui non siamo d’accordo facciamo una smorfia tipica, arricciamo il naso, storciamo il naso. Un’espressione del viso particolare che mostra la nostra disapprovazione verso qualcosa, come se assaggiassimo un cibo che non ci convince. Arricciare e storcere significano piegare, avvolgere, cambiandone la forma.

Potete usare l’espressione arricciare il naso in un contesto informale ogni volta che c’è qualcuno che disapprova qualcosa. Non è una forte disapprovazione, altrimenti useremmo altre espressioni tipo provare ribrezzo verso qualcosa o schifare qualcosa o rabbrividire per qualcosa.

Se viene servito un caffè non eccezionale un italiano sicuramente storce o arriccia il naso. Se sento dire che in alcuni paesi la parmigiana viene preparata senza melanzane, qualcuno potrebbe incuriosirsi, altri arriccierebbero il naso per questo.

Vediamo adesso la differenza tra una padella ed un tegame.

Avete ascoltato che si usa la padella per friggere le melanzane con olio. In effetti la padella si usa prevalentemente per friggere verdure e per fare le frittate, cioè uova fritte. La padella è poco profonda ed ha un solo manico. Solo una mano è necessaria per usare una padella.

Il tegame invece è un utensile di metallo (come anche la padella) ma è più profondo, ed ha due manici. Il tegame è più adatto per preparazioni più lunghe perché può contenere una quantità maggiore di verdure, carne eccetera.

Quindi un hamburger si cucina in padella, mentre per il ragù si usa un tegame. Sia la padella che il tegame comunque vanno sul fuoco, cioè si usano solo sui fornelli. In un forno potete mettere invece una teglia (o pirofila), generalmente rettangolare, alta circa 7-10 centimetri, di metallo o rame ed ha anche questa due manici. È nella teglia che cuoce la parmigiana al forno.

Adesso potete andare a farvi confortare dalla vostra parmigiana. Se ne avete fatta abbastanza potete evitare di contendervela.

Un saluto da Giovanni.

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