n. 145 – SENNONCHÉ – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giovanni: Due minuti con Italiano semplicemente, episodio n. 145.

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Allora, oggi voglio parlarvi di una congiunzione, ma che sia una congiunzione non ci interessa affatto visto che qui non ci occupiamo di grammatica.

Sto parlando di sennonché, con l’accento sulla e.

Si scrive tutto attaccato quindi è un’unica parola, sebbene si possa usare, qualche volta, anche divisa  in tre parti: “se non che”.

Questo infatti è un primo possibile utilizzo, in cui è preferibile staccare le tre parole.

In questo caso significa “salvo il fatto che”, o in altre parole “solo che”, “solamente che”, “ad eccezione di una cosa”. Salvo nel senso di “ad eccezione di”.

Ad esempio tra due fidanzati in crisi, uno dei due può dire:

C’è poco da dire, se non che siamo a un passo dalla rottura definitiva.

Una situazione catastrofica questa, avrei potuto trovare esempi migliori, più simpatici, come ad esempio:

Non c’è niente di strano nel mio aspetto, se non che io sia vestito da donna!

Quindi “se non che” (meglio staccato) vuol dire “soltanto questa cosa”, “salvo questa cosa”, “salvo il fatto che”.

Altre volte però è meglio scrivere tutto attaccato in una sola parola.

Questo quando?

Quando sennonché equivale a ma, però, con un valore avversativo, cioè quando c’è una frase finale che ha un senso contrario o che limita o che restringe: come accade con: ma, però, nondimeno, tuttavia.

Prima dite una frase e poi mettete un “ostacolo”, chiamiamolo così. Ad esempio.

Stavo uscendo per andare al cinema, sennonché (con due ENNE si scrive, mi raccomando) avevo dimenticato di avere un appuntamento con l’idraulico a quell’ora.

La ragazza era incinta, sennonché il destino gli ha negato la gioia di diventare madre

(ancora un esempio non molto positivo!)

Sarei caduto dall’albero, sennonché c’era mio fratello che mi ha dato una mano a mantenere l’equilibrio (questo va meglio!).

Quindi sennonché serve a mettere un “ostacolo” nella maggior parte dei casi, come dire: avrei fatto questo, ma è accaduto quest’altro; se non fosse accaduta questa cosa, tutto sarebbe andato come previsto.

In definitiva si usa in due casi. nel primo caso meglio staccare le tre parole quando si vuole aggiungere qualcosa prima di terminare un discorso, come abbiamo visto.

Nel secondo caso (tutto attaccato) per introdurre un ostacolo, un inconveniente (per questo mi veniva naturale fare esempi poco gradevoli), ma anche per dire che non si è verificato un evento, non è successo qualcosa, non è andata come sembrava perché è intervenuto, all’improvviso, un qualcosa che ha cambiato gli eventi.

Avrei voluto terminare questo episodio in due minuti, in conformità col nome della rubrica, sennonché il mio desiderio di essere chiaro mi ha spinto a sforare col tempo, come al solito!

Ripassiamo adesso alcune espressioni precedenti.

Bogusia (Polonia): Un poliziotto, lavoratore indefesso, tentava di parlare con un ragazzino al telefono.
Purtroppo il bambino, essendo troppo sconvolto, si incartava ogni due per tre e non riusciva a dire niente, tranne il suo indirizzo.
Il poliziotto aveva sentore che poteva trattarsi del peggiore dei casi e in men che non si dica mandò due macchine della polizia a casa del ragazzo.
I poliziotti, presi alla sprovvista , incontrando il ragazzino davanti alla porta, chiesero semplicemente: “Cosa succede? Cosa succede? “
“È la mia sorellina. “Rispose finalmente Il ragazzino senza remore . Non me la sentivo più di abbozzare “ continuò, mentre accompagnava i poliziotti nel soggiorno. Lì c’era una bambina seduta su una sedia, con tanta grazia.
“Lei vuole sempre avere la meglio su di me. I poliziotti ancora non si capacitavano del problema.
Poi il ragazzo chiosò : “Ha imbrogliato mentre giocavamo a scacchi, e adesso fa la finta tonta!

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Giovanni: comunque anche “senonché” con una enne sola, può andar bene lo stesso!

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n. 144 – UN CRESCENDO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giovanni: Due minuti con Italiano semplicemente, episodio n. 144, il numero cresce di giorno in giorno e crescendo si impara, potremmo dire. Come i bambini.

A proposito di “crescendo“. Crescendo è il gerundio del verbo crescere, come l’ho appena utilizzato io: “crescendo si impara”. Però esiste anche “un crescendo“.

Vediamo qualche esempio:

Lo spettacolo è stato un crescendo di emozioni!

La manifestazione è iniziata pacificamente ma poi c’è stato un crescendo di tensione e di scontri tra i partecipanti.

La mia attività non andava bene all’inizio, ma dopo un paio d’anni di difficoltà c’è stato un crescendo di successi e di guadagni.

La partita si è conclusa in un crescendo di fischi per la squadra che non dava spettacolo.

Avete capito che c’è sempre qualcosa che cresce. Ogni volta c’è un graduale aumento d’intensità: un crescendo d’applausi, di urla, di fischi, di emozioni, di tensioni, di violenza eccetera.

“Un crescendo di” qualcosa. Se volete che sia chiaro il concetto del graduale aumento di intensità, dovete mettere “un” davanti, oppure “il”.

Uno spettacolo bellissimo, dove il crescendo di sensazioni ha dato grosse emozioni al pubblico.

Il crescendo della criminalità è dovuto all’aumento della povertà.

Dopo il crescendo della squadra che si è visto nella sfida contro la Juventus, nella partita successiva la prestazione non è stata delle migliori.

Leggendo il libro, ho apprezzato il crescendo delle scene emozionanti.

“Un crescendo” è come dire “una crescita”.

Un crescendo di emozioni = una crescita di emozioni.

il crescendo” equivale invece a “la crescita“, quindi ad esempio “la crescita della criminalità” equivale al “crescendo della criminalità”.

Il crescendo, rispetto alla crescita, è però un po’ più coinvolgente, si usa per sollecitare le emozioni, mentre la crescita è un linguaggio più tecnico e in alcuni casi non è sostituibile con “il crescendo“. Ad esempio:

La fase della crescita dei bambini;

La crescita dello spread;

La crescita dei guadagni.

La crescita della popolazione mondiale

Non c’è molta emozione in queste frasi: si vuole trasmettere l’idea di una crescita fisica o numerica. Niente a che fare con le emozioni e con il coinvolgimento emotivo.

Diverso è se dico:

I bambini sono stressati perché sono cresciuti in un crescendo di tensioni.

Bisogna arrestare il crescendo dello spread.

L’azienda va benissimo, ed il crescendo dei guadagni non sembra arrestarsi

Il riscaldamento globale sta attraversando una preoccupante fase di crescendo.

Ora ripassiamo le espressioni passate con l’aiuto di Ulrike da Berlino.

Ulrike: Allora, vuoi di nuovo un ripasso Gianni. Ti devi capacitare però che un ripasso come si deve non è fatto in men che non si dica. Siamo studenti, cominciamo appena ad ingranare con la lingua italiana. Volentieri ti tenderei la mano, ma si dà il caso che io debba lavorare ora.

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n. 143 – PAVENTARE – 2 minuti con Italiano semplicemente

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143_paventare_immagineGiovanni: Due minuti con Italiano semplicemente, episodio n. 143, un numero abbastanza elevato:

Si paventano giornate difficili per coloro che non hanno ascoltato le spiegazioni precedenti.

Paventare è il verbo a  cui dedichiamo questo episodio. Nessuno straniero conosce questo verbo (credo) poiché nel linguaggio comune si usa poco. Ma lo trovate abbastanza spesso sui giornali e nelle notizie su internet.

Il verbo paventare è simile a spaventare vero? C’è solamente una esse in meno!

Anche il significato è simile comunque. Un primo significato infatti è proprio “aver paura“, “sentirsi intimorito“, provare timore.

Però ovviamente voi volete sapere quando usarlo e qual è la differenza con spaventare.

Allora, intanto devo dirvi che in questo senso non si usa molto. Difficile ascoltare frasi come:

Io pavento per la mia vita

Che sarebbe come dire

Io ho paura per la mia vita

L’uso più frequente e quello che vale la pena di ricordare è quello legato al possibile verificarsi di eventi futuri, eventi negativi, spaventosi comunque, ma per qualcun altro. Quindi paventare qualcosa, nel senso di mostrare qualcosa come una possibilità futura, rendere un pericolo reale o immediato parlando di qualcosa che potrebbe accadere.

Ad esempio:

Il leader del partito dell’opposizione tenta di paventare le paure più nascoste degli italiani.

Si paventa il rischio di una nuova crisi finanziaria.

L’azienda potrebbe chiudere. A paventare questa possibilità è stato il direttore.

L’inquinamento è arrivato ad un punto insostenibile tanto da paventare un disastro ambientale.

In questi esempi è chiaro che quando si paventa qualcosa, quando viene paventato qualcosa, si vuole mostrare la possibilità che possa accadere qualcosa in futuro, qualcosa di negativo, uno scenario non positivo, non auspicabile, non desiderabile.

Volete dei sinonimi? Prospettare ad esempio, che però è neutro, nel senso che non spaventa nessuno!

Avere timore che qualcosa accada, temere. Così va meglio direi. O anche “ipotizzare un pericolo“. Anche “minacciare” è simile perché ci si riferisce al futuro, ma la minaccia viene dalla persona che parla, mentre in paventare non c’è il coinvolgimento di chi parla.

Il contrario invece è augurare, auspicare, che si usano per un futuro migliore, non peggiore!

Adesso è più chiaro vero?

Bene, allora possiamo ripass alcune espressioni passate con l’aiuto di Doris dall’Austria, uno dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente. Vai Doris.

Doris (Austria):

Un ripasso di nuovo? Questo mi ha colto davvero alla sprovvista. Ma senza remore ed ovviamente di buon grado darò seguito all’invito di tirare fuori alcune frasi con i fiocchi e come si deve.
Rompere gli indugi senza cincischiare troppo ci dà solitamente una sensazione di soddisfazione e in men che non si dica. Il mio sarà un tentativo sicuramente comprensibile per chi ha ascoltato gli episodi precedenti.
Magari qualche espressione dovrete rivederla, ma che vuoi, qualcosa può sempre sfuggire.
Dopo tutto siamo studenti con tutti gli annessi e connessi. Se ci diamo alla pigrizia, certo, prima o poi vengono a galla le nostre lacune, ma ti dirò che questo è sottinteso. Non sono mai stata annoverata tra i migliori studenti, quindi magari potrei essermi incartata: in questo caso armatevi di pazienza perché spesso sono dura di comprendonio.

Giovanni: e brava Doris! Non sei affatto dura di comprendonio e credo che tu abbia fatto un tentativo molto ben riuscito. Ciao a tutti.

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n. 142 – FARE UN DISTINGUO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giovanni: Vi faccio una domanda: tutti i siti internet in cui si insegna la lingua italiana sono uguali oppure bisogna fare dei distinguo?

Io qualche distinguo lo farei!

Infatti i siti non sono proprio tutti uguali. Cambia il metodo usato per insegnare molto spesso. Inoltre pochi siti usano file audio a supporto delle loro lezioni. Qualche distinguo è necessario!

Ad esempio dove lo trovate un sito che spiega la parola distinguo come si deve?

Il dizionario dice che un distinguo è una distinzione, una precisazione, per lo più pedante e pignolesca, insomma, un cavillo.

Quindi un distinguo è una distinzione? E’ qualcosa che si distingue, che si differenzia da qualcos’altro?

Allora vediamo se è vero con degli esempi.

Una mamma non fa distinguo tra i propri figli. Ci mancherebbe altro!

La mamma quindi non fa distinguo, non fa alcun distinguo tra i figli. Questo vuol dire che la mamma tratta i figli tutti allo stresso modo, tutti alla stessa maniera, senza fare distinguo, senza fare distinzioni tra un figlio e l’altro.

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La parola distinzione va bene, è un sinonimo sempre utilizzabile, e sicuramente è più usata. Distinguo è più formale ed effettivamente a volte è più pignola, come dice il dizionario.

Quando si fa un distinguo molto spesso si va a cercare un motivo molto particolare per fare una distinzione, per non considerare due cose, o due persone,  alla stessa stregua, nello stesso modo.

Una  mamma che non fa distinguo tra i suoi figli quindi in nessun modo tratta i propri figli diversamente. E’ anche una questione di piccole cose dunque.

Un altro esempio:

Se in una azienda si dice che i lavoratori sono tutti inefficienti, che non lavorano abbastanza, che sono dei lavativi, qualcuno potrebbe dire:

Eh no! A questo punto iniziamo a fare dei distinguo! Ci sono alcuni lavoratori che lavorano moltissimo e che meriterebbero una promozione!

Fare un distinguo pertanto (o, al plurale “fare dei distinguo“) ha uno scopo preciso: quello di far emergere delle differenze importanti, quello di estrarre dal mucchio., dalla massa, dal gruppo, degli elementi diversi, che si differenziano, si distinguono dagli altri.

Il termine “precisazione“, citata dal dizionario, è ugualmente vicino a questo concetto, benché la precisazione serva a precisare, ad andare nel dettaglio, a specificare ciò che fino ad ora non è stato specificato abbastanza. Il concetto è abbastanza simile perché precisando emergono delle distinzioni, delle differenze. La precisazione fa emergere le differenze. E’ attraverso delle precisazioni che è possibile fare dei distinguo.

La paola distinguo si usa quasi sempre con il verbo fare: nel “fare un distinguo” c’è la volontà di dividere un gruppo in almeno due parti, attraverso una precisazione delle caratteristiche dei singoli componenti.

A volte si usa “operare dei distinguo“. L’uso di “operare” serve a essere più precisi ancora, più pignoli. La pignoleria è una eccessiva scrupolosità, una esagerata precisione.

A volte è semplicemente più formale (le leggi operano sempre dei distinguo ad esempio), altre volte ci sono entrambe le componenti: formalità e pignoleria.

Ad esempio:

La legge italiana opera alcuni distinguo tra le coppie eterosessuali e le coppie omosessuali.

E’ giusto operare dei distinguo? Oppure è meglio farli? Più o meno è la stessa cosa, forse però  quando si crede che un distinguo sia giusto, più spesso troverete il verbo fare.

I distinguo spesso sono anche “sottili“, almeno quando si vuole sottolineare una eccessiva o anche sbagliata distinzione.

Rauno (Finlandia): Come sono i tuoi alunni Giovanni?

Giovanni: Beh, tutti abbastanza bravi direi.

Rauno: Ma c’è qualcuno più bravo degli altri?

Giovanni: Rauno, non credo sia il caso di  perdersi in sottili distinguo. Sono tutti bravissimi, e adesso ve lo dimostro con questa frase di ripasso da parte di Bogusia, uno dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente che ci parla con l’occasione di Michelangelo.

Bogusia (Polonia): Forse qualcuno di voi può pensare che io studi solamente italiano, ma si dà il caso che in questo momento stia rileggendo una biografia di Michelangelo.
Come di consueto esordisco con questa espressione: si dà il caso: ha un non so che di affascinante.
Allora, stavo dicendo che rileggendo questo libro, di punto in bianco mi balza agli occhi qualcosa: non esiste più la “casa di Michelangelo” a Roma.
Ma come sarebbe a dire? Un personaggio di questo spessore che ci ha vissuto nientepopodimeno che 30 anni, e precisamente in Piazza Macel de’ Corvi; uno che ha sfoderato i capolavori che addobbano l’intera città, possibile non si meriti di avere un museo in quella che fu la sua dimora?
Possibile? Ce la sentiamo di fare un torto di questo tipo a questo artista? E’ mai possibile fregarsene in questo modo? Non si fa così, cari romani.
Mi vedo costretta di ricordare infatti che la piazza e la stessa umile casa di Michelangelo sono state demolite nel 1902.
Ora solo una lapide ricorda l’artista. Questo potremmo anche chiamarlo il colpo di grazia alla memoria di Michelangelo.

Flora (italia): un distinguo, due distinguo, cento distinguo: Attenzione perché al plurale non cambia. Resta invariato.

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n. 141 – AVERE LA MEGLIO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Papà: Ciao Emanuele

Figlio: Ciao papà

Papà: A cosa stai giocando?

Figlio: A Fortnite.

Papà: È un gioco dove si uccidono persone?

Figlio: Sì però non si vede sangue o scene macabre.

Papà: Ma pensi di avere la meglio di tutti?

Figlio: Questo non è molto probabile, ma credo di avere la meglio su almeno una decina di persone

Papà: E alla fine qualcuno avrà anche la meglio su di te?

Figlio: Sì

Papà: Davvero?

Figlio: Si.

Papà: Accidenti, non voglio assistere a quando avranno la meglio su di te. Ti saluto!

Figlio: Ciao.

Giuseppina: Avere la meglio significa vincere, significa uscire vincitori da una sfida. C’è chi ha la meglio e chi ha la peggio. Il primo vince e il secondo perde.

Ma non si tratta sempre di sport o di battaglie o di guerre, come quando si gioca a fortnite.

Si può avere la meglio anche in una sfida non sportiva ed anche se non siamo in guerra.

Se avete un’influenza o un raffreddore sperate di avere la meglio sul raffreddore il prima possibile. Anche al lavoro ed in altri ambienti si può avere la meglio su qualcosa o qualcuno.

Si usa la preposizione su.

Abbiamo avuto la meglio sui nostri rivali alle elezioni.

Vorrei avere la meglio sul mio avversario a tennis almeno una volta.

Se tu avrai le meglio sul tuo capo avrai l’aumento di stupendio.

Anna non ha mai avuto la meglio con me a scacchi.

Giocate voi due e chi avrà la meglio giocherà con me.

Ripasso.

Sofie (Belgio 🇧🇪):

Ogni due per tre Giovanni ci chiede di fare una frase di ripasso ma non si capacita del fatto che spesso non ce la sentiamo perché abbiamo una fifa che non ti dico!
Cominciamo a scervellarci ma poi andiamo in tilt in men che non si dica.
Dobbiamo farcene però una ragione e fregarcene di tutto quello che potrebbero pensare gli altri.
Allora occorre soltanto riavviare il nostro cervello impallato, tenere a bada le nostre paure e provare a sfoderare qualche bella frase. Spero di esserci riuscita a fare un po’ po’ di frase di ripasso!

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n. 140 – DI BUON GRADO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Oggi ci occupiamo dell’espressione “di buon grado“, molto simile alla parola “volentieri“, che conoscete, ed anche a “ben accetto” che abbiamo già incontrato Nell’episodio 119 della rubrica “due minuti con italiano semplicemente“.

Volentieri sicuramente l’avete vista utilizzare molte volte, perché si usa anche da sola come esclamazione. È una forma di ringraziamento spesso accompagnata da “grazie“.

Vuoi una fetta di torta?

Volentieri, grazie.

Oppure se dite:

Al mare ci vado volentieri. Invece la montagna non mi piace molto. Non ci vado volentieri. Vale a dire che ci vado malvolentieri.

Volentieri esprime un piacere di qualsiasi tipo, e quindi si usa per esprimere un gradimento verso un gesto o una cortesia.

Accetto volentieri un passaggio fino a casa;

Mangio molto volentieri frutta secca a colazione.

C’è una circostanza particolare però, in cui è possibile usare anche “di buon grado” e spesso è preferibile anche.

Questa espressione si usa quando si tratta di accettare qualcosa, o di accogliere qualcosa o qualcuno.

Accettare e accogliere accompagnano quasi sempre questa espressione. Quando una cosa è benaccetta, invece, il verbo accettare è già contenuto nella parola stessa.

In queste occasioni posso sempre usare volentieri, e se utilizzo “di buon grado” solitamente si parla di altre persone che accettano con piacere qualcosa, quindi non sto parlando direttamente con la persona che mi ha fatto un piacere o mi ha offerto qualcosa che ha incontrato il mio gradimento.

In altre occasioni si tratta di eventi esterni, accadimenti, e non di persone; eventi che hanno comportato qualcosa di gradito per me, ma tra l’altro, non è richiesto il mio permesso.

Posso dire ad esempio che:

I contadini hanno accolto la pioggia di buon grado perché era un po’ di tempo che non pioveva.

La TV ha detto che il prezzo della benzina probabilmente si abbasserà nei prossimi giorni. Questa notizia sicuramente sarà accolta di buon grado dai camionisti o dai pendolari, coloro che usano molto spesso la macchina per lavoro.

Ho accettato di buon grado la decisione di mia figlia di sposarsi.

Perché non uso “volentieri” in queste occasioni?

Potrei anche farlo, ma in realtà non c’è una persona che ha offerto qualcosa direttamentea me. Ai contadini ha fatto piacere la pioggia, l’hanno accettata volentieri, posso dirlo, ma la pioggia non ha chiesto loro il permesso. Ciò non toglie che per loro sia una bella notizia.

Anche ai camionisti ha fatto piacere la notizia del calo della benzina, l’hanno accettata con favore, hanno gradito la notizia, posso anche dire così, usando il verbo gradire, ma se loro non fossero d’accordo, se cioè l’accettassero malvolentieri, non cambierebbe nulla.

Passiamo a mia figlia che ha deciso di sposarsi. A me ha fatto piacere la sua decisione di sposarsi, mi aggrada (un modo più formale questo) ma non è un favore che lei ha fatto direttamente a me, nonostante tutto la notizia ha incontrato il mio gradimento, quindi l’ho accettata di buon grado.

Attenzione infine perché gradire ed accettare di buon grado non sono proprio uguali. Sono entrambi soddisfazioni legate a motivi di ordine pratico, ma gradire qualcosa è più delicato, più educato e si usa maggiormente quando si è coinvolti direttamente.

Gradisce una tazza di tè?

La gradisco molto volentieri grazie.

Ho gradito molto i suoi complimenti;

Gradirei un maggiore silenzio, grazie

Nell’accettare di buon grado invece c’è meno coinvolgimento personale e anche meno intensità emotiva.

Ora ripassiamo le espressioni precedenti con l’aiuto di Bogusia.

Bogusia (Polonia 🇵🇱):

Se non ve ne siete accorti, si dà il caso che il Natale sia alle porte. In tutte le famiglie si fissa un tetto di spesa per i regali, considerata la non infinita disponibilità finanziaria. A volte in effetti si supera facilmente tale limite. Ma non è solo questo il problema. Ho sentore che sia il limite del peso quello che preoccupa maggiormente.
Sfido chicchesia a non avere fifa di superare questo limite. C’è però qualcosa che può tendervi la mano durante il periodo goloso. Non vi tengo sulle spine e vi dico che potete dimagrire in men che non si dica con lo zenzero. Mangiate senza remore dunque: potete darvi ai bagordi perché lo zenzero è perfetto per perdere peso grazie al gingerolo. È il principio attivo che accelera il metabolismo e stimola l’eliminazione dei grassi in eccesso. Valutate voi se prendere con le molle questo consiglio. Potete anche dare un’occhiata sulla rete se non vi fidate di me tanto da dare seguito ai miei consigli.

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Il verbo ESSERE: Esercizio di ripetizione con tutte le coniugazioni.

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Buongiorno ragazzi, io sono Giovanni, ed oggi ci divertiamo un po’ col verbo essere.

Tranquilli, questa non sarà una lezione noiosa, infatti userò come pretesto questa lezione, apparentemente grammaticale, per ripassare le espressioni spiegate sul sito italianosemplicemente.com. Le espressioni fanno parte della rubrica “2 minuti con Italiano Semplicemente“, quindi si tratta di brevi episodi. Queste espressioni non verranno rispiegate nuovamente, questo è sottinteso, altrimenti sarebbe un episodio di 10 ore. Metterò dei link comunque che vi riporteranno alle spiegazioni singole se volete ripassare o approfondire.

Il verbo essere lo vediamo in tutte le sue possibilità di utilizzo.

Iniziamo dall’indicativo presente, il più semplice. Potete se volete, arrestare l’ascolto e ripetere la frase, oppure cambiarla al femminile, oppure provare ad anticipare la frase successiva. Iniziamo.

Indicativo presente

  • Io sono: io sono sicuro che oggi mi si impallerà il PC.
  • Tu sei: tu sei soggetto a controllo da parte del tuo dirigente. Non dimenticarlo!
  • lui è: lui è oggetto di scherno tutti i giorni.
  • noi siamo: noi due siamo un binomio inscindibile da quando ci siamo conosciuti.
  • voi siete: siete combattuti se stare a casa o venire alla festa.
  • loro sono: loro sono sicuri di aver lavorato in conformità della legge

Indicativo imperfetto

  • Io ero: Fino a stamattina ero sicuro di aver tenuto fede ai miei principi morali.
  • Tu eri: Stamattina eri indeciso se tenere o meno a bada la tua impulsività.
  • Lui era: la scorsa settimana era parecchio indisposto con me.
  • Noi eravamo: ieri noi eravamo indecisi se venire, ma alla fine siamo arrivati in men che non si dica.
  • Voi eravate: Ieri eravate sicuri che non ci fosse scelta. Ci avevate detto o così, o pomì. Vi ricordate vero?
  • loro erano: i ragazzi erano lì a cincischiare, quando è arrivato il loro capo che li ha sgridati.

Indicativo passato prossimo

  • Io sono stato: sono stato molti giorni senza fare nulla prima di rompere gli indugi.
  • tu sei stato: sei stato pronto ad esordire non appena il mister ti ha detto di entrare
  • Lui è stato: Mario è stato sgridato dalla professoressa perché aveva un fare un po’ prepotente a suo dire.
  • Noi siamo stati: Si dà il caso che (noi) siamo stati impegnati al lavoro fino a tardi, ecco perché non siamo venuti a cena con voi.
  • voi siete stati: siete stati bravi a prefiggervi di finire entro le 10.
  • loro sono stati: sono stati i primi a parlare con me dopo l’incidente. Mi hanno detto: ci voleva tanto a stare più attenti? A me questa è sembrata una domanda retorica!

Indicativo trapassato prossimo

  • io ero stato: In quel momento ero stato accusato di aver dato una risposta sibillina!
  • tu eri stato: mi raccontavi che eri stato eletto il più affascinante della tua classe. Non eri bello, ma avevi un certo non so che di interessante. Lo dicevano tutti.
  • lui era stato: Il ragazzo, come ricostruito dai carabinieri, in passato era stato affidato ai nonni. Però qualcosa non mi torna: ma i nonni non erano morti tutti? Mi sbaglio?
  • noi eravamo stati: eravamo stati primi a sforare con i tempi. Quindi non potevamo lamentarci del ritardo degli altri.
  • voi eravate stati: Vi siete trovati in un posto per la prima volta ma siete sicuri che sia un luogo in cui eravate già stati? In questo caso non è una cosa strana, non siete pazzi, accade a tutti, non vedo perché nasconderlo.
  • loro erano stati: i brasiliani erano stati onesti ad ammettere che il calcio di rigore a loro favore fosse inesistente, prima che l’Italia segnasse il gol vittoria. Questo si chiama fair play, ma il rovescio della medaglia è che il Brasile ha perso la partita.

Passato remoto

  • io fui: nel 1944, durante la guerra, ricordo che fui risparmiato dal nemico, quindi non fui ucciso. Però presi un bel rovescio per aver cercato di scappare di prigione.
  • tu fosti: Tutti, dicevano: Sarà dura scappare di prigione. Tu fosti l’unico che disse qualcosa di diverso. E infatti riuscimmo a scappare. Eri un vero dritto!
  • lui fu: Quella volta fu lui a tirarci quel tiro mancino, ti ricordi?
  • noi fummo: dopo che la casa crollò, fummo costretti a ricostruila immediatamente. Non fu facile riuscire a destreggiarsi in mezzo a tutta quella polvere!
  • voi foste: non appena iniziò a crollare la casa, voi foste indecisi se scappare o nascondervi sotto il tavolo. Avete dovuto valutare tutti gli annessi e connessi in un paio di secondi.
  • loro furono: i mie fratelli furono presi in giro per via delle numerose foto osè presenti sulla loro pagina Instagram personale.

Trapassato remoto

  • io fui stato: Nel 2008 fui stato tradito dai miei amici e ricordo che soffrii molto. Ma oggi è diverso. Con l’età ci si abitua a tutto… o quasi.
  • tu fosti stato: quando tuo figlio era piccolissimo non fosti stato capace di proteggerlo. Riesci a capacitartene?
  • lui fu stato: Il giocatore firmò un contratto biennale, e il costo complessivo dell’operazione fu stato pari a circa 10 milioni di euro. Voi vi ci mettereste nei suoi panni?
  • noi fummo stati: ce ne andammo via solo dopo che fummo stati insultati: la misura era veramente colma!
  • voi foste stati: voi foste stati avvisati solo quando ormai era tardi. La cosa ovviamente vi colse alla sprovvista.
  • loro furono stati: quella del 7 novembre 2010 fu la notte in cui i due carabinieri furono stati aggrediti dai ragazzi ubriachi. Ora tocca al giudice decidere sulla loro sorte.

Futuro semplice

  • io sarò: se mi travesto da donna balzerò agli occhi di tutti. Sarò fortunato se non mi prenderà in giro nessuno.
  • tu sarai: prima di continuare fammi aprire una parentesi sulle tue responsabilità: sarai tu che dovrai pagare perché tu sei il responsabile. Ok, chiusa parentesi. Ora posso riprendere col discorso di prima.
  • lui sarà: lui sarà anche bravo, ma si sbaglia ogni due per tre.
  • noi saremo: saremo in grado di vincere veramente? Non dire subito di sì perché ci sono io nella nostra squadra che sono il più bravo, il più forte eccetera eccetera. Non fare il solito ruffiano!
  • voi sarete: sarete espulsi dalla scuola di punto in bianco se provate a non rispettare le regole.
  • loro saranno: non saranno le voci false e tendenziose che ho sentito a scoraggiarmi. Io vado avanti!

Futuro anteriore

  • io sarò stato: Ho dovuto maltrattare il mio collega Giovanni. Sarò stato troppo cattivo con lui? Non lo so, ma stavolta non si salverà in calcio d’angolo con la solita scusa!
  • tu sarai stato: Non conta se sarai stato il migliore, se sarai arrivato per primo, ma conta il fatto che hai provato a combattere. Questa è la cosa piu importante. Eccome se è questa!
  • lui sarà stato: Vedremo alla fine chi sarà stato il migliore. Perché il migliore, alla fine, vince senz’altro.
  • noi saremo stati: saremo stati felici di avervi a cena, mi spiace molto che avete un impegno così importante. Nessun problema comunque, che volete, può capitare.
  • voi sarete stati: immagino sarete stati felici di incontrare i vostri vecchi amici vero? In queste occasioni vengono rispolverati tutti i ricordi più belli.
  • loro saranno stati: no so perché sono arrivati tardi all’appuntamento. Saranno stati impegnati, non saprei. Magari quanto ti ci troverai a tu per tu, puoi chiedere loro maggiori spiegazioni.

Condizionale Presente

  • io sarei: (io) sarei interessato a questi pantaloni. So che vanno per la maggiore tra i giovani.
  • tu saresti: saresti disponibile a fare delle ripetizioni di matematica a mio figlio? Non vorrei prenda una brutta piega quest’anno…
  • lui sarebbe: lui sarebbe disposto ad aiutarmi. Dice seriamente, è una persona generosa, non si tratta di un pro forma.
  • noi saremmo: non saremmo mai riusciti a fare pace se non ti avessi detto questa piccola bugia: ma prometto che si è trattato solo di uno strappo alla regola.
  • voi sareste: voi sareste riusciti ad ingranare se solo vi foste impegnati di più nello studio.
  • loro sarebbero: loro sarebbero anche disposti ad aiutarti, ma cerca di abbozzare un po’, non puoi sempre alzare la voce.

Condizionale Passato

  • Io sarei stato: sarei stato infelice tutta la vita senza di lei, ma lei, bontà sua, mi ha concesso di sposarla!
  • tu saresti stato: saresti stato contento se ti avessero bocciato? Non ti dico!
  • lui sarebbe stato: sembrava un’anima in pena quella sera. Sarebbe stato meglio non fargli quello scherzo.
  • noi saremmo stati: noi saremmo stati più saggi e avremmo guardato alla sostanza e non alla forma.
  • voi sareste stati: sareste stati contenti se dopo aver trascurato la forma, aveste scoperto che la forma è sostanza? io no!
  • loro sarebbero stati: loro sarebbero stati a sballarsi in discoteca stasera se la madre non gli avesse impedito di prendere la macchina.

Congiuntivo Presente

  • che io sia: che io sia maledetto se non riesco a finire questo esercizio. Sono disposto a scervellarmi piuttosto!
  • che tu sia: non ho dubbi che tua sia capace a guidare senza prendere delle lezioni, ma i soldi non sono un problema, sebbene spesso ne sia sguarnito.
  • che lui sia: che lui sia prevenuto non ci sono dubbi. Lo conosciamo ormai!
  • che noi siamo: mi sembra che noi siamo molto stanchi stasera. Meglio andare a letto prima che vengano a galla i tuoi problemi col nervosismo da stress!
  • che voi siate: Siete stati derubati? Beh, è facile pensare che voi, così giovani, siate stati ingannati da quell’uomo. Io però sono vostro padre e mi vedo costretto a non darvi più soldi in contanti per il futuro.
  • che loro siano: sono molto felice che loro siano riusciti a superare l’esame. Vuoi che non sia contento?

Congiuntivo Passato

  • che io sia stato: Non mi sembra che io sia stato così sgarbato nei suoi confronti. Mi sono sempre comportato come si deve.
  • che tu sia stato: non ho dubbi che tu sia stato vittima di un inganno, ma avrei preferito sentirlo da te, non per interposta persona.
  • che lui sia stato: Sembra che durante una delle tappe del suo viaggio, Giovanni sia stato coinvolto in un incidente.
  • che noi siamo stati: Quel giorno Elena lavorò così di buona lena che sembra che noi stessi siamo stati sorpresi da questo!
  • che voi siate stati: si dice che voi siate stati un po’ ingenui a non farvi aiutare da Giovanni. Lui la mano ve l’aveva tesa.
  • che loro siano stati: impossibile che loro siano stati ubriachi quella sera. Non c’è nessuna attinenza tra l’incidente e il fatto che siano stati in discoteca. Fidatevi.

Congiuntivo Imperfetto

  • che io fossi: Giovanni si aspettava che io fossi più chiaro, soprattutto quando ho parlato dei suoi diritti. Si è arrabbiato, ed oltrettutto non mi parla più. Accidenti!.
  • che tu fossi: non sapevo che tu fossi votato alla cucina, altrimenti ti avrei lasciato preparare il pranzo senza problemi.
  • che lui fosse: ho aspettato che fosse più tranquillo prima di offrirgli un caffè e poi un ammazza-caffè!
  • che noi fossimo: Piero credeva fossimo arrabbiati per il conto al ristorante, in realtà eravamo solo preoccupati perché avevamo dimenticato di pagare il coperto!
  • che voi foste: Pamela non si aspettava che foste voi a cercarla per telefono, credeva fosse la polizia, così si è data subito alla fuga appena ha sentito squillare il telefono.
  • che loro fossero: non volevo che i nostri amici fossero insultati liberamente, così ho voluto dare seguito alla storia con una bella denuncia alla polizia!

Congiuntivo trapassato

  • che io fossi stato: Giuseppina non credeva che io fossi stato così bravo nel compito in classe di italiano. In realtà ti dirò che potevo anche andare meglio.
  • che tu fossi stato: temevo veramente che tu quella sera fossi stato convolto in una rissa. La tua irrequietezza mi preoccupa, e prima o poi ne pagherai lo scotto.
  • che lui fosse stato: credevo fosse stato più attento in quanto adulto e responsabile. Adesso sarà lui a rispondere di questo furto in azienda.
  • che noi fossimo stati: la nonna era felice che noi fossimo stati a trovarla. E’ un po’ depressa ultimamente, quindi vorrei aiutarla senza lasciare nulla di intentato.
  • che voi foste stati: nonostante foste stati bocciati all’esame, non vi siete arresi, così siete tornati alla carica il mese successivo.
  • che loro fossero stati: mi sembrava che i ragazzi fossero stati attenti a preparare il discorso con attenzione, invece si sono subito incartati quando gli hanno fatto una domanda.

Imperativo Presente

  • sii: sii felice di aver vinto: sei finalmente annoverato tra i pochi ad aver battuto gli italiani nella preparazione della pizza. Mostra la tua felicità senza remore.
  • sia: bisogna che lui sia più convinto delle sue potenzialità! Anche se ha la zeppola può riuscire a comunicare senza problemi. Ma ce la farà , si è sempre impegnato indefessamente.
  • siamo: ragazzi mi raccomando: la prossima volta siamo precisi, senza restare sul vago! Vedrete che faremo una grossa impressione sulla platea.
  • siate: su cosa verte il discorso di oggi? Siate concisi per favore!
  • siano: di cosa si lamentano? Siano soddisfatti, almeno del fatto che non abbiano un capo a cui debbano sottostare.

Infinito presente

  • Essere: Essere pazienti o ascoltare l’istinto? Sempre meglio armarsi di pazienza secondo me.

Infinito passato

  • Essere stato: mi fa piacere essere stato il tuo unico uomo, ma il mio piacere lascia il tempo che trova se tu non sei felice ora.

Participio presente

  • Essente: Il participio presente del verbo “essere” per alcuni è “ente”, secondo altri invece è “essente”, per altri ancora non esiste. Qual è la verità? Io ho cercato di sforzarmi di fare almeno un esempio con “essente”, ma evidentemente non ho capito come si usa. Sarò forse duro di comprendonio?

Participio passato

  • Stato: quello che è stato, è stato ormai, Scordiamoci il passato, freghiamocene.

Gerundio presente

  • Essendo: essendo già andato in tilt una volta, meglio non fare tardi al lavoro anche stasera. Anche il tuo dirimpettatio si arrabbierebbe del rumore che fai quando rientri a casa.

Gerundio passato

  • Essendo stato: capisco i tuoi problemi, essendo stato anche io in passato nelle tue stesse condizioni. Pertanto non me la sento di criticarti più di tanto.