791 Casomai

Casomai (scarica audio)

Trascrizione

Gianni: quante volte, parlando con un italiano avete incontrato il termine casomai?

Casomai si usa in tre modi diversi.

Prima di tutto, contenendo “caso“, indica un’ipotesi, ma si tratta di qualcosa di poco probabile.

Equivale a “nel caso che”, o anche a “qualora“, o, se vogliamo anche a “se” e “nel caso in cui”, ma la caratteristica di casomai è proprio il fatto che stiamo per parlare di qualcosa che ha poche possibilità di accadere.

Es.

Lo so che non mi vuoi più vedere ma casomai cambiassi idea, mi puoi chiamare quando vuoi.

Oppure:

Sto aspettando il mio pacco Amazon da due ore. Ora però devo andare al bagno cinque minuti. Casomai venisse il corriere, puoi prendere tu il pacco?

Solitamente casomai precede sempre l’eventualità:

Casomai cambiassi idea, sai dove trovarmi

Casomai venisse il corriere apri tu la porta

Casomai passassi dalle mie parti vieni a trovarmi

A volte però è sufficiente “casomai” e si va subito alla conclusione.

Es:

Vado in bagno un attimo, casomai vai tu ad aprire la porta al corriere.

Avete notato che nel primo caso si usa il congiuntivo:

Casomai facessi…

Casomai dovessi…

Casomai suonasse…

Ecc

Passiamo al secondo utilizzo di casomai, in cui si introduce una possibile alternativa.

Vieni tu a casa mia, poi se sarai impossibilitata casomai vengo io da te.

In questo caso somiglia a “se necessario“, o “semmai“.

Non so se riesco a chiamarti stamattina, casomai ci sentiamo nel pomeriggio.

Voglio aiutarti a fare il trasloco e casomai potrei anche portare mio fratello.

È una forma colloquiale molto usata da tutti.

Potremmo sostituìrla anche con “al limite”, oppure con “male che va” in alcune occasioni.

Oggi il programma era di andare al mare ma forse pioverà. Beh, casomai restiamo a casa a vedere un bel film.

Il terzo modo in cui possiamo usare casomai è in modo simile a “invece” o “piuttosto“.

Cosa hai detto? Giovanni è antipatico? Casomai tu, caro Mario!

Questa modalità è diversa dalle precedenti perché in pratica si sta dicendo: non è come dici tu, ma…

Ah, ti lamenti perché lavori troppo? Casomai io dovrei lamentarmi perché non mi fai mai una telefonata!

È simile anche a “al contrario” e ancora una volta a “semmai”.

Infatti anche “semmai” si utilizza in questo modo.

Questo vestito non è rosso! Casomai è Bordeaux.

Vedete che “invece” e ancor di più “piuttosto” sono abbastanza simili specie negli incisi (ricordate che abbiamo fatto un episodio sugli incisi?)

Tu dici di aver fame? Sono io, casomai, che ho fame, visto che sono due giorni che non mangio!

Adesso facciamo un bel ripasso di qualche episodio precedente.

Ulrike:
Ciao cari amici, quale sollievo essere qui per abbozzare un bel ripasso. Sono in ritardo, lo so, ma fino ad adesso sono stata costrettoa a sorbirmi una predica bell’ e buona di mia madre, dovuta al fatto che ho dimenticato per la seconda volta il compleanno di mio padre. Mannaggia a me! Una caterva di rimproveri, tanto duri *quanto* meritati, difficilissimo smarcarmene per raggiungervi in tempo.

Marcelo:
A sgridarti, ne aveva ben donde tua madre. Lei avrà probabilmente notato dolorosamente quanto era rimasto male tuo padre allorché si è reso conto che sei di nuovo venuta meno al giorno del suo compleanno. E dire che non è stato un qualsiasi compleanno ma proprio l’ottantantesimo! Scusami Ulrike, ma non sono riuscito risparmiarti una seconda predica. Così impari!

546 Meglio di o meglio che? – CONFRONTI

Meglio di o meglio che? (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni:
In questo episodio voglio parlarvi di “meglio“, avverbio e aggettivo.

Spesso infatti i non madrelingua, anche di livello avanzato, fanno un errore abbastanza evidente. L’errore viene dal fatto che non è chiaro quando “meglio” si usi insieme alla preposizione “di”, oppure alla congiunzione “che” oppure quando non ci vuole proprio nulla.

Più in generale “meglio” e “peggio” possono essere associati a qualsiasi preposizione e congiunzione ma spesso la preposizione “di” viene usata male dai non madrelingua.

In questo episodio cercherò di far luce su questo aspetto, sperando di non essere noioso.

Vediamo alcuni esempi:

Secondo te è meglio fare il vaccino Pfizer o Moderna?

Secondo me è meglio Pfizer che Moderna.

Questi due vaccini sono meglio che Astrazeneca?

Astrazeneca è sempre meglio che niente!

In tutti i casi stiamo facendo un confronto, un paragone, utilizzando “meglio“.

Beh, in fondo “meglio” serve a questo no? Serve ad esprimere una preferenza, quindi un paragone va sempre fatto.

Il problema c’è soprattutto quando facciamo un confronto e paragoniamo due cose, che possono essere due persone, due oggetti, due caratteristiche, due aspetti, eccetera.

In questi casi è importante notare l’ordine delle due cose che si confrontano.

C’è il primo termine di paragone e il secondo termine di paragone.

Col primo termine non si usa mai nulla. Questa è la prima cosa da sapere.

Ma prima del secondo termine cosa usare? “Di” oppure “che” ?

Ascoltate il seguente esempio e ditemi se vi sembra giusto:

Meglio di fare un po’ ogni giorno di fare tutto in un giorno!

La prima parte “meglio di fare” non va bene.

Meglio fare” è corretto perché è il primo termine di paragone. Non si deve usare né “di”, né “che”. Questo riguarda il primo termine di paragone.

Il secondo termine di paragone è “fare tutto in un giorno”.

È corretto usare “di” ? In genere No.

E’ infatti da preferire “che” se non parliamo di persone, col secondo termine di paragone. A volte si usa anche “di” ma generalmente si usa “che“, più corretto.

Negli esempi iniziali infatti posso anche usare “di” e questo è normalissimo e non ci sono problemi. Forse nel linguaggio comune è persino più normale usare la preposizione “di”:

Secondo me è meglio Pfizer di Moderna.

Questi due vaccini sono meglio di Astrazeneca?

Posso usare “di” senza problemi. Questo vale anche quando nel secondo termine di paragone c’è un verbo all’infinito. Si deve usare “che“, sebbene anche gli italiani a volte usino “di”.

Meglio bere che mangiare.

È meglio una settimana di vacanza che un solo giorno.

Meglio ridere che piangere

Meglio parlare d’amore che di lavoro

In questo caso ho usato “che” per fare il paragone. “di lavoro” sta invece per “parlare di lavoro”. “Parlare” lo ometto per non fare la ripetizione; è questa la funzione di questa preposizione semplice è diversa in questo caso. Non serve a fare il paragone. Ecco un buon motivo per usare “che”. Altrimenti dovremmo scrivere due volte “di”.

Spesso si usa anche “piuttosto che” per evidenziare il secondo termine di paragone:

Meglio divertirsi piuttosto che lavorare

Questo però vale per i verbi all’infinito.

Altrimenti meglio usare “di”:

Meglio dello sport, niente aiuta a rilassarsi.

Niente è meglio del caffè per svegliarsi.

Se confrontiamo direttamente le persone invece, col primo termine non si usa nulla, mentre col secondo si deve usare “di“:

Io sono meglio di te a giocare a tennis

Tu sei meglio di chiunque altro per me.

Meglio di noi non c’è nessuno al mondo.

Meglio lui di te.

Noi siamo meglio di voi

Naturalmente in questi casi stiamo confrontando le persone.

Se dico:

Questo vestito sta meglio a te (piuttosto) che a me

Ho usato “che“, ma in questo caso parlo del vestito, è un giudizio sul vestito.

Un’altra difficoltà c’è quando usiamo il verbo “preferire“. In questo caso non usiamo “meglio”.

La sostanza cambia un po’.

Col primo termine di paragone non si usa né “di”, né “che”, come prima – niente di nuovo – mentre col secondo termine di paragone si usa “a” oppure a volte “che“:

Meglio bere che mangiare

Se uso preferire:

Preferisco bere che mangiare

Preferisci Giovanni a Mario come professore.

Preferisco la campagna alla città

Stasera preferisco il cinema al teatro

Stasera preferisco andare al cinema (piuttosto) che al teatro

Adesso è meglio fare (senza “di“) un bel ripasso piuttosto che continuare a fare esempi:

Ulrike: Quali che siano le difficoltà nel ripassare le espressioni precedenti, alla luce del crescendo degli episodi, mi vedo proprio costretta a rispolverarle ogni tanto, altrimenti tutti i gioiellini della rubrica scompaiono dalla mia mente. Allora o così o pomì.

meglio di o meglio che? CONFRONTI LINGUA ITALIANA

n. 145 – SENNONCHÉ – 2 minuti con Italiano semplicemente

File audio

Trascrizione

Giovanni: Due minuti con Italiano semplicemente, episodio n. 145.

145_sennonché_immagine

Allora, oggi voglio parlarvi di una congiunzione, ma che sia una congiunzione non ci interessa affatto visto che qui non ci occupiamo di grammatica.

Sto parlando di sennonché, con l’accento sulla e.

Si scrive tutto attaccato quindi è un’unica parola, sebbene si possa usare, qualche volta, anche divisa  in tre parti: “se non che”.

Questo infatti è un primo possibile utilizzo, in cui è preferibile staccare le tre parole.

In questo caso significa “salvo il fatto che”, o in altre parole “solo che”, “solamente che”, “ad eccezione di una cosa”. Salvo nel senso di “ad eccezione di”.

Ad esempio tra due fidanzati in crisi, uno dei due può dire:

C’è poco da dire, se non che siamo a un passo dalla rottura definitiva.

Una situazione catastrofica questa, avrei potuto trovare esempi migliori, più simpatici, come ad esempio:

Non c’è niente di strano nel mio aspetto, se non che io sia vestito da donna!

Quindi “se non che” (meglio staccato) vuol dire “soltanto questa cosa”, “salvo questa cosa”, “salvo il fatto che”.

Altre volte però è meglio scrivere tutto attaccato in una sola parola.

Questo quando?

Quando sennonché equivale a ma, però, con un valore avversativo, cioè quando c’è una frase finale che ha un senso contrario o che limita o che restringe: come accade con: ma, però, nondimeno, tuttavia.

Prima dite una frase e poi mettete un “ostacolo”, chiamiamolo così. Ad esempio.

Stavo uscendo per andare al cinema, sennonché (con due ENNE si scrive, mi raccomando) avevo dimenticato di avere un appuntamento con l’idraulico a quell’ora.

La ragazza era incinta, sennonché il destino gli ha negato la gioia di diventare madre

(ancora un esempio non molto positivo!)

Sarei caduto dall’albero, sennonché c’era mio fratello che mi ha dato una mano a mantenere l’equilibrio (questo va meglio!).

Quindi sennonché serve a mettere un “ostacolo” nella maggior parte dei casi, come dire: avrei fatto questo, ma è accaduto quest’altro; se non fosse accaduta questa cosa, tutto sarebbe andato come previsto.

In definitiva si usa in due casi. nel primo caso meglio staccare le tre parole quando si vuole aggiungere qualcosa prima di terminare un discorso, come abbiamo visto.

Nel secondo caso (tutto attaccato) per introdurre un ostacolo, un inconveniente (per questo mi veniva naturale fare esempi poco gradevoli), ma anche per dire che non si è verificato un evento, non è successo qualcosa, non è andata come sembrava perché è intervenuto, all’improvviso, un qualcosa che ha cambiato gli eventi.

Avrei voluto terminare questo episodio in due minuti, in conformità col nome della rubrica, sennonché il mio desiderio di essere chiaro mi ha spinto a sforare col tempo, come al solito!

Ripassiamo adesso alcune espressioni precedenti.

Bogusia (Polonia): Un poliziotto, lavoratore indefesso, tentava di parlare con un ragazzino al telefono.
Purtroppo il bambino, essendo troppo sconvolto, si incartava ogni due per tre e non riusciva a dire niente, tranne il suo indirizzo.
Il poliziotto aveva sentore che poteva trattarsi del peggiore dei casi e in men che non si dica mandò due macchine della polizia a casa del ragazzo.
I poliziotti, presi alla sprovvista , incontrando il ragazzino davanti alla porta, chiesero semplicemente: “Cosa succede? Cosa succede? “
“È la mia sorellina. “Rispose finalmente Il ragazzino senza remore . Non me la sentivo più di abbozzare “ continuò, mentre accompagnava i poliziotti nel soggiorno. Lì c’era una bambina seduta su una sedia, con tanta grazia.
“Lei vuole sempre avere la meglio su di me. I poliziotti ancora non si capacitavano del problema.
Poi il ragazzo chiosò : “Ha imbrogliato mentre giocavamo a scacchi, e adesso fa la finta tonta!

L’Inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con italiano semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

Giovanni: comunque anche “senonché” con una enne sola, può andar bene lo stesso!

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Infatti, in effetti

Audio

E’ possibile leggere ed ascoltare e/o scaricare il file audio di questo episodio in formato MP3 tramite l’audiolibro (+Kindle) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 54 espressioni italiane e 24 ore di ascolto.

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Trascrizione

Buongiorno ragazzi, oggi voglio rispondere ad una domanda che mi è arrivata da una ragazza di nome Ericka, che saluto e ringrazio per questo.

Erika mi ha chiesto di spiegare la differenza tra infatti e in effetti.

Infatti è la prima parola, di sette lettere e poi in effetti, che sono due parole: la preposizione in seguita dalla parola effetti.

Bene allora vi dico subito che si tratta di due modalità molto simili, che in alcune occasioni possono essere l’una utilizzata al posto dell’altra. C’è però una differenza. Su internet non è facile trovare una spiegazione dettagliata di “in effetti” perché è composta da due parole e non è una vera espressione idiomatica. Si tratta di una locuzione grammaticale cioè un gruppo di parole che funziona come un’unità lessicale con significato proprio, che prescinde dalle singole parole di cui è composta.

Noi italiani lo diamo per scontato, perché pensiamo sia semplice, l’utilizzo corretto di “in effetti” ma pensandoci bene scopro che non è così.

Per infatti invece è più facile trovare una spiegazione, poiché si tratta di una sola parola, si tratta di una congiunzione. Una congiunzione congiunge, cioè unisce due parti di una frase.

Infatti viene utilizzato per confermare, per dare una conferma ad un’altra persona, o per confermare una frase precedente. Sta in mezzo solitamente a due parti di una frase. Ma spesso sta anche da sola, alla fine della frase.

Ad esempio:

Non ti ho trovato a casa ieri, infatti eri uscito.

Quindi dopo la parola infatti c’è un’altra frase che conferma la frase precedente, che avvalora la frase precedente, che dà una ulteriore prova della veridicità della frase precedente.

Dicevo che posso anche evitare di aggiungere altro. Infatti può terminare una frase.

La parola infatti è anche una affermazione singola, il cui scopo è confermare semplicemente la frase precedente detta da qualcun altro.

Oggi non ho voglia di studiare italiano, meglio ascoltare un episodio di Italiano Semplicemente che ne dici?

Risposta: infatti!

In questi casi significa si, buona idea, è vero, hai ragione.

Infatti ha qualche sinonimo, che potete usare al suo posto, ma c’è sempre qualche piccola differenza:

di fatto, nei fatti, in realtà, invero, appunto, esattamente, precisamente, proprio, effettivamente, veramente, tanto è vero.

Di fatto” e “nei fatti” si usano maggiormente per evidenziare un fatto, la realtà dei fatti, l’evidenza.

Giovanni dice di essere povero, ma di fatto lui ha 3 automobili.

Con Italiano semplicemente non si studia la grammatica, ma nei fatti si impara bene l’italiano

In realtà” si usa per contrastare una precedente affermazione, per negare qualcos’altro quindi, evidenziando un secondo aspetto, qualcosa che mette in evidenza la verità. Molto simile a “di fatto” e “nei fatti”.

Sabrina sembra una anziana signora, ma in realtà ha solo 35 anni.

Invero è molto meno usato di infatti e degli altri sinonimi. Viene da “in+vero” ed equivale a davvero, veramente, ma è meno usato.  Serve ad introdurre un’argomentazione che conferma quanto è detto precedentemente. Niente di nuovo quindi:

Imparare l’italiano può essere un problema per qualcuno, e invero non ci sono molti metodi validi.

Appunto, proprio, precisamente, esattamente si usano come in risposta, come affermazione energiche, per dare forza a una frase. Sono simili a “sì”, “infatti”, “bravo”, come a confermare che un concetto è proprio quello che volevo dire, quindi ha un tono di conferma:

Se una persona ti dice:

Hai visto? avevi ragione tu!

La tua risposta potrebbe essere:

Appunto, te l’avevo detto!

proprio così!

era precisamente questo ciò che volevo dire.

era proprio ciò che ti dicevo.

era appunto quello che intendevo io.

infatti, proprio questo intendevo dire

“Infatti” è anche simile ad un’altra congiunzione: “difatti“, ma questa parola, in realtà, benché molto simile, anche nella pronuncia, ad “infatti”, è molto simile, come significato, anche a “in effetti“. Quando usiamo “difatti” o “in effetti”, solitamente aggiungiamo sempre qualcosa dopo.

Ma non è soltanto questo. Questo non basta a capire la differenza, perché accade spesso anche con “infatti”.

Quello che aggiungiamo non serve solamente a confermare la frase precedente ma serve a convincere e anche a convincersi, serve a convincere se stessi della veridicità della frase precedente. È una specie di riflessione, alla quale facciamo seguire qualcosa di convincente, una prova, qualcosa che ci convince.

“in effetti” si usa spesso per convincere la persona con cui si parla, il proprio interlocutore, mostrando che noi stessi ora siamo più convinti, ma l’uso di “in effetti” dimostra l’esistenza di un dubbio, di qualcosa di cui non eravate sicuri e quindi cercate di trovare dei collegamenti logici, dei nessi, dei legami per dimostrare qualcosa.

Se usate “in effetti” in pratica volete essere più convincenti ma voi stessi state cercando una soluzione un legame logico.

Se invece usate “infatti” non è mai del tutto sbagliato ma non avete dei dubbi. Si tratta semplicemente di una conferma. È più semplice usare “infatti”, ed anche più comune, tra gli italiani e tra gli stranieri.

Vi faccio un esempio:

Ieri è piovuto, infatti ho dovuto prendere l’ombrello.

Beh, in questo caso non ha nessun senso usare “in effetti” perché non ci sono dubbi sul fatto che ieri piovesse, non devo fornire prove, non è in discussione la pioggia. È sicuro che ieri piovesse. Quindi ho dovuto prendere l’ombrello. Questa è una semplice conferma e anche una conseguenza della pioggia di ieri.

Se invece dico:

Non so se ieri sia piovuto o meno a Roma. Non ero a Roma ieri, ma forse è piovuto. In effetti ho trovato una pozzanghera quando sono tornato a casa.

Quindi in questo caso non sono sicuro se ieri sia piovuto, ma il fatto che al mio ritorno io abbia trovato una pozzanghera a terra mi fa credere che ieri sia piovuto. Una pozzanghera è semplicemente acqua, un piccolo accumulo di liquido che si trova a terra, sul suolo, e solitamente si forma a seguito della pioggia.

Quindi abbiamo capito che “in effetti” si usa per cercare di dare credito a una affermazione, per dare una spiegazione, per cercare delle prove.

“Difatti” è, come vi dicevo, molto simile a “in effetti” , ma anche simile a “infatti” . Diciamo che è una via di mezzo.

L’origine è sempre nella parola “fatto” cioè qualcosa che è accaduto. Il fatto è un avvenimento, una cosa reale che è successa, che si è realizzata. Quindi infatti e difatti contengono entrambi la parola “fatti” che vuole indicare quindi dei fatti, degli avvenimenti che confermano qualcosa.

“In effetti” invece contiene la parola “effetti”, plurale di “effetto”.

L’effetto è il risultato, la conseguenza di qualcos’altro. L’effetto è il contrario della causa.

La causa determina l’effetto. Quindi quando usiamo “in effetti” vogliamo cercare delle conseguenze, degli effetti di un qualcosa che è la causa. “In effetti” è più complicato da sostituire rispetto a “infatti”.

Possiamo sostituirlo con “difatti”, ed a volte anche con “adesso che ci penso“, “pensandoci bene”, “pensandoci attentamente“, oppure “guarda, credo che questo possa aiutare a capire“.

Notate anche che non si usa dire “in effetto” al singolare. La parola effetto infatti, al singolare, si usa spesso per altri motivi. Ad esempio per indicare una sensazione:

Ad esempio:

Che effetto ti ha fatto rivedere tua sorella dopo 20 anni? Non ti ha fatto effetto rivederla dopo tanto tempo?

Mi ha fatto veramente effetto tornare nella mia vecchia casa.

Ma questo è “fare effetto”, un’altra locuzione avverbiale. Per evitare fraintendimenti quindi, “in effetti” si usa solamente al plurale. Questo è importante.

Per ultimo vi faccio notare che “in effetti”, come espressione a se stante, come espressione singola, senza aggiungere altre parole dopo, si usa per affermare che ci si è convinti di qualcosa. E’ come dire: “sì, è vero!”

Si usa quindi per dire:

Hai ragione, hai proprio ragione, ora che ci penso questa è la verità.

In poche parole “in effetti!”

In questo caso è una esclamazione.

Ad esempio, se un vostro amico vi dice:

Italiano semplicemente è un sito molto utile per imparare e migliorare l’italiano. Le sette regole d’oro sono veramente dei consigli utili, ed ho sentito dire che i membri dell’associazione Italiano Semplicemente sono molto soddisfatti e fanno molti progressi senza studiare la grammatica italiana ma con divertimento con il metodo di italiano semplicemente.

Uno dei membri dell’associazione potrebbe rispondevi:

In effetti!

È questa risposta vuol dire: hai ragione, quello che dici è vero, ti do ragione, è proprio la verità.

Bene ragazzi, è stato un piacere ancora una volta. Un ciao ed un grazie ad Ericka, spero di essere stato chiaro. Grazie a tutti per l’ascolto e la lettura di questa puntata di italiano semplicemente.

Grazie ancora una volta ai donatori e ai membri dell’Associazione Italiano Semplicemente. Ma ora è bene che finisca questo episodio, in effetti potreste già aver perso la pazienza. Speriamo di no!

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Onde evitare

Audio

È possibile ascoltare il file audio in formato mp3 tramite l’audiolibro in vendita su Amazon (Kindle o cartaceo)

LINK UTILI

Trascrizione

Buongiorno amici di Italianosemplicemente.com, oggi vediamo una espressione molto particolare, che probabilmente pochissimi stranieri conoscono.

onde_evitare_immagine

Prima però volevo ricordare a tutti, soprattutto ai nuovi, a coloro che per la prima volta ascoltano un podcast di Italiano Semplicemente, che questo è il sito dell’Associazione Culturale che si chiama esattamente in questo modo: Italiano Semplicemente ed è il sito in cui gli stranieri possono imparare l’italiano in modo semplice attraverso dei contenuti audio e scritti. I principi a cui si fa riferimento, cioè le regole che si utilizzano in questo sito sono state riassunte in quelle che vengono qui chiamate “sette regole d’oro” per imparare la lingua italiana. Andate a dare un’occhiata se siete curiosi.

Abbene l’espressione di oggi è “onde evitare”. Un’espressione un po’ complicata perché contiene una parola complicata “onde”.

Tutti conoscono la parola onde intesa come sostantivo: onda è il singolare di onde, ad esempio le onde del mare, quelle che si infrangono sugli scogli o detto più semplicemente quella massa d’acqua che si solleva e si abbassa alternativamente, in modo cioè alternato, sul livello di quiete del mare per effetto semplicemente del vento o anche per altra causa come le maree. Attenzione alla pronuncia di maree, plurale di marea.

Ripeti: l’onda può essere provocata dalle maree

Questo esercizio di ripetizione, che vi invito a fare, rappresenta una delle sette regole d’oro di cui vi parlavo prima. È sufficiente che ripetiate ogni volta la frase che vi viene proposta in modo da restare concentrati ed essere anche maggiormente partecipi all’episodio.

Ripeti: sì, voglio essere partecipe all’episodio

Bene, allora la parola “onde”  della frase “onde evitare” non è quella di cui vi ho appena parlato. Infatti la parola “onde”, con la e finale, non è solamente un sostantivo. Tra l’altro ci sono molti tipi di onde (come sostantivo) non solo quelle del mare. Ci sono le onde elettromagnetiche, le onde gravitazionali, le onde d’urto, le onde sonore, le onde longitudinali anche, eccetera.

Oggi invece parliamo di onde con un altro significato.

Vi dico subito che “onde evitare” significa “al fine di evitare” o anche semplicemente “per evitare”.

La parola onde in questo caso può anche quindi essere sostituita da “per”, più semplice da capire perché è la parola, la preposizione semplice (una delle nove preposizioni semplici),  quasi sempre usata per indicare una finalità, un obiettivo e un modo, uno strumento per raggiungerlo.

Ad esempio “per andare a Roma posso prendere l’aereo” , “per dimagrire occorre mangiare meno”.

Ripeti: per ripetere occorre parlare.

Mi sembra giusto!

La vostra domanda allora potrebbe essere:

Allora posso sempre, in teoria, usare “onde” al posto di “per”? Posso farlo sempre?

La mia risposta è: No!

Perché? Direte voi.

Ci sono due motivi. Prima di tutto, Il motivo numero uno è che “per” non si usa solamente per indicare un obiettivo. La preposizione “per” ha molti utilizzi diversi. Solo per farvi un esempio, se prendiamo la frase:

– Vado a Roma passando per Napoli.

In questa frase per ha un valore spaziale; non posso dire pertanto “Vado a Roma passando onde Napoli”. Non ha senso. Questa frase non ha nessun significato.

Posso sostituire “per” con “onde” soltanto  quando sto parlando di ottenere un risultato, cioè raggiungere un obiettivo e, al fine di raggiungere questo obiettivo c’è qualcosa che mi può aiutare. In questo caso posso farlo.

Vediamo la seconda frase che ho detto in precedenza:

per dimagrire occorre mangiare meno

Ripeti: per dimagrire occorre mangiare meno

Questo rappresenta in effetti un obiettivo. Qual è l’obiettivo, qual è il risultato che devo raggiungere? È il dimagrimento. Devo dimagrire no? Quindi, a questo scopo, devo mangiare meno. Devo dimagrire, quindi a tal fine devo mangiare meno. Devo dimagrire, e per raggiungere questo risultato devo mangiare meno.

In questo caso potrei in teoria dire: “onde dimagrire occorre mangiare meno”.

La parola “onde” in questo caso non è un sostantivo ma è una congiunzione che diventa quasi una preposizione, quasi come “per” appunto. Quando questa parola (onde) è seguita da un verbo all’infinito (dimagrire ad esempio), come in questo caso, questo verbo all’infinito è quasi sempre il verbo “evitare”, quasi sempre ma non sempre, come nella frase che avete ripetuto: “onde dimagrire”.  Quasi sempre invece è il verbo evitare: onde evitare.

Più raramente dunque si usano altri verbi all’infinito, ed il significato di “onde evitare” è “con l’obiettivo di evitare”, “al fine di evitare”, “per poter evitare”, “se vogliamo evitare” eccetera.

L’espressione non è neutra (diciamo così) dal punto di vista espressivo, e con questo intendo dire che non è molto elegante. “Onde evitare” contiene a volte dell’ironia, a volte anche della presunzione da parte di chi parla, quindi attenzione, a volte esprime persino maleducazione. Invece qualche volta la frase è del tutto innocua e può risultare anche molto appropriata a seconda del contesto di riferimento.

Vediamo qualche esempio:

– Onde evitare guai, ti consiglio di smetterla!

Ripeti: Onde evitare guai, ti consiglio di smetterla!

Questa è una frase che potrebbe dire un padre o una madre al figlio che ha fatto qualcosa di sbagliato. Anzihé dire smettila!

Si tratta di una specie di avvertimento in questo caso.

E’ un’espressione che si usa sempre per parlare del futuro in generale, quando c’è una necessità, quando si auspica, cioè si spera, che accada qualcosa nel futuro. Questo qualcosa deve accadere affinché una conseguenza negativa non ci sia, cioè sia evitata. In tal caso la madre consiglia al figlio di smetterla di fare qualcosa (che non abbiamo detto) di sbagliato, onde evitare guai (guai per il bambino si intende!).

Vediamo un altro esempio:

– Onde evitare di cadere, meglio camminare con gli occhi aperti

Ripeti: Onde evitare di cadere, meglio camminare con gli occhi aperti

Questa frase è un po’ ironica (fa un po’ ridere). Lo stesso effetto non lo avremmo ottenuto usando “per” o “al fine di”.

– Onde evitare di fare incidenti, meglio non bere alcool.

In questa frase diciamo che si raccomanda di non bere alcool al fine di non fare incidenti. È una semplice raccomandazione.

Ma si tratta sempre di raccomandazioni, o di precauzioni, di attenzioni da prestare “per”, cioè “onde” evitare di avere delle conseguenze negative.

Cosa possiamo fare seguire ad “onde evitare”? Cosa posso dire dopo? C’è una regola?

Vediamo qualche esempio per capirlo:

– Onde evitare malintesi, dobbiamo fare maggiore chiarezza;

Ripeti: Onde evitare malintesi, dobbiamo fare maggiore chiarezza

– Onde evitare possibili disguidi (cioè possibili malintendimenti, malintesi) occorre spedire in tempo la documentazione;

Ripeti: onde evitare possibili disguidi occorre spedire in tempo la documentazione; 

– Onde evitare spiacevoli effetti collaterali, meglio vendere i medicinali solo con una prescrizione medica;

Ripeti: onde evitare spiacevoli effetti collaterali, meglio vendere i medicinali solo con una prescrizione medica

– Onde evitare equivoci come in passato, è preferibile pagare le tasse in tempo;

Ripeti: Onde evitare equivoci come in passato, è preferibile pagare le tasse in tempo

Vedete che “onde evitare” si usa spesso all’inizio della frase. Ma questo non significa che non si possa inserire al centro, posso quindi invertire la frase:

– Dobbiamo fare maggiore chiarezza onde evitare malintesi,

– Occorre spedire in tempo la documentazione onde evitare possibili disguidi;

– Meglio vendere i medicinali con una prescrizione medica, onde evitare spiacevoli effetti collaterali;

– E’  preferibile pagare le tasse in tempo, onde evitare equivoci come in passato.

L’unica regola quindi è quella di mettere dopo “onde evitare” la cosa che va evitata. Tutto qui.

Talvolta dopo la parola “onde” si mettono altri verbi però al posto di “evitare”, e sempre all’infinito.

Questo si fa specialmente nell’uso burocratico, quando si vuole evitare di ripetere la  preposizione “per” che potremmo già aver usato nella stessa frase. Allora utilizzo “onde” al posto di “per” usando il verbo all’infinito, come si fa normalmente con “per” ma questo è un modo considerato meno corretto.

Vediamo qualche esempio:

Per imparare l’italiano con divertimento esiste ItalianoSemplicemente.com, e bisogna diventare membri dell’Associazione Italiano Semplicemente onde raggiungere un buon livello di italiano;

In questo caso ho usato “raggiungere” e “onde raggiungere” significa “per poter raggiungere”. Avevo già utilizzato la preposizione “per” all’inizio della frase (Per imparare l’italiano…) quindi anziché dire: per raggiungere un buon livello di italiano, scelgo di sostituire per con “onde”.

Questa cosa si fa abbastanza spesso, come dicevo, nel linguaggio della burocrazia, ma come dicevo prima,  meglio evitare questa forma per via dei possibili pericoli legati alla frase e quindi meglio preferire invece altre forme, come “al fine di”, oppure  anche “se vogliamo”:

–  Per imparare l’italiano con divertimento esiste ItalianoSemplicemente.com, e bisogna diventare membri dell’Associazione Italiano Semplicemente al fine di raggiungere un buon livello di italiano opure “se vogliamo” raggiungere un buon livello di italiano;

Posso farvi anche frasi ancora più burocratiche:

– Restiamo in attesa di Vs. (vostre) disposizioni, onde provvedere in conformità; questa è una frase veramente molto burocfratica. Attendiamo quindi di sapere le vostre disposizioni (quello che volete fare) per poter operare al meglio. Vs significa “vostre” nel linguaggio burocratico.

Ripeti: restiamo in attesa di Vs. disposizioni, onde provvedere in conformità

Allora abbiamo detto che quando vogliamo sostituire la congiunzione “per” usiamo il verbo all’infinito giusto? Onde evitare, onde provvedere, onde raggiungere… in tutti questi casi voglio sempre raggiungere un risultato ed indicare uno strumento per raggiungerlo. È sempre così.

Vediamo ora, con lo stesso fine, che la parola “onde” può, in questi casi, anche sostituire  la parola “affinché” o “perché”.

Se ricordate l’episodio in cui abbiamo parlato di come esprimere le conseguenze (vi ricordate?) per passare dalla causa all’effetto, in quell’episodio abbiamo spiegato le parole: perciò, quindi, per cui, eccetera (molte altre parole), dove abbiamo anche visto la parole “cosicché”, simile ad “affinché” ed anche a “perché”, parole che si usano anche per sottolineare una conseguenza conclusiva, ma non esattamente come causa ed effetto; non è esattamente una cosa che ne causa un’altra, ma è una cosa che ne permette un’altra. La prima cosa è necessaria per il verificarsi della seconda:

Ripeti: la prima cosa è necessaria per il verificarsi della seconda

Siamo esattamente in questo caso quindi: stiamo parlando di un risultato e di uno strumento che permetta di ottenere il risultato. Quindi “onde” può anche sostituire, facendo molta attenzione le parole “affinché”, “cosicché” e “perché” in questi casi.

Posso dire ad esempio:

– ascolta più volte questo episodio cosicché ricorderai più facilmente. una frase semplice.

– ascolta più volte questo episodio onde ricordare più facilmente;

“Cosicché ricorderai” diventa “onde ricordare”: è più generico, impersonale (usando l’infinito è impersonale) e quindi può avere un tono di presunzione, (come se fosse una regola, una legge) o anche solamente ironico.

– E’ bene riscaldare il latte cosicché sia pronto al momento della colazione;

Ripeti: è bene riscaldare il latte cosicché sia pronto al momento della colazione;

– è bene riscaldare il latte onde sia pronto al momento della colazione;

In questo caso onde mantiene il congiuntivo: onde sia. “Cosicché sia” diventa “onde sia”.

Allo stesso modo posso dire:

affinché tutto sia chiaro ascolta attentamente;

onde tutto sia chiaro ascolta attentamente.

Notate che quando uso “affinché” solitamente utilizzo il congiuntivo: “affinché tutto sia chiaro”.

Quindi anche quando uso “onde” al suo posto devo usare il congiuntivo: “onde tutto sia chiaro”.

Vediamo altri esempi:

Affinché io sia promosso devo studiare molto;

Ripeti: affinché io sia promosso devo studiare molto;

Onde io sia promosso devo studiare molto.

In definitiva quando “onde” sostituisce “per” si usa solitamente il verbo all’infinito (per mangiare, per bere eccetera) invece al posto di “affinché” uso il congiuntivo. Con “cosicché” posso usare entrambi, dipende un po’ dalla frase.

Per concludere, la frase del giorno “onde evitare” è una espressione usata molto spesso dagli italiani, ma non dai ragazzi e dai bambini e neanche dagli adolscenti. Piuttosto molto di più dai giornalisti e ogni volta si voglia dare un tono particolare alla frase: spesso un tono ironico come detto, anche se spesso si rischia di apparire un po’ presuntuosi e arroganti. Altre volte non ci sono problemi quindi in generale fate attenzione. Bisogna ascoltare molto per evitare di usare male questa espressione.

La parola “onde” in realtà ha molti altri significati utilizzi, che vedremo in altri episodi. È stata usata molto spesso da Dante Alighieri e anche da altri famosi letterati italiani come Verga, Petrarca, Boccaccio, Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, Carducci e Machiavelli solo per fare qualche nome.

Per oggi può bastare così, onde evitare una eccessiva confusione mentale da parte vostra.

Grazie della vostra attenzione, grazie a tutti per le vostre donazioni molto generose che servono a sostenere l’attività del sito. Senza i donatori nulla sarebbe possibile.  Ricordatevi comunque che potete richiedere l’iscrizione all’Associazione culturale Italiano Semplicemente se state pensando di fare le cose seriamente con la lingua italiana. Vi aspetto. Un caro saluto a tutti.

Tanto

Audio

L’episodio appartiene all’audiolibro in vendita su Amazon (Kindle o cartaceo)

Trascrizione

Buongiorno ragazzi, grazie di essere qui con me e con questo nuovo episodio di Italiano Semplicemente.

tanto_immagine

Oggi vorrei affrontare un argomento particolare. Non si tratta di spiegare una espressione italiana, come facciamo solitamente, ma si tratta di spiegare tutti gli utilizzi di una parola italiana tanto utilizzata dagli italiani. La parola è “tanto“.

Prima però ringrazio tutti per l’interesse mostrato per l’associazione culturale italiano semplicemente.

Vi informo che lo statuto e le condizioni di adesione saranno presto tradotte in diverse lingue grazie all’aiuto di alcuni membri dell’associazione che sono già iscritti. In questo modo tutto sarà più chiaro. Per chiunque fosse interessato a far parte dell’associazione basta dare i dati personali e pagare l’iscrizione. Mandate una email se volete maggiori chiarimenti (italianosemplicemente @ gmail.com)

Torniamo adesso all’episodio di oggi. Abbiamo in passato già affrontato alcune espressioni che contengono questa parola “tanto” , ad esempio quando abbiamo spiegato la frase “si fa per dire“, che può diventare “tanto per dire” e inoltre abbiamo anche visto, in un episodio di qualche mese fa, tutti i modi per dire “molto” e “molti“.

Potete dare un’occhiata a questi due episodi se volete. Oggi vediamo l’argomento da un punto di vista più generale. Infatti la parola “tanto” ha molti significati e molti utilizzi diversi, non solo in senso di quantità o intensità.

Può essere infatti un aggettivo, un avverbio, un pronome, una congiunzione e usato in diversi modi, anche in alcune frasi particolari che vedremo oggi.

Iniziamo con tanto inteso come aggettivo. Ma non prestate troppa attenzione alla grammatica perché quello conta è che voi sappiate comprendere ed utilizzare le frasi.

Lo so, ci vuole tanta volontà per studiare l’italiano.

Ho appena utilizzato l’aggettivo tanto. Ci vuole anche tanta pazienza e anche tanti soldi a volte per pagare i corsi di italiano. Ma dopo tanto studiare sicuramente imparerete l’italiano. Anche in questo caso tanto è un aggettivo, ma di intensità (tanto studiare) e non di quantità come prima (tanta volontà, tanta pazienza ecc).

Con italiano semplicemente poi non dovete neanche tanto viaggiare per imparare.

Al massimo dovete navigare, ma solo tra le pagine del sito. Nella frase “non dovete neanche tanto viaggiare“, tanto è un aggettivo usato per la distanza, non è una intensità ma una quantità di metri, chilometri, miglia eccetera. A volte tanto si usa senza specificare di cosa state parlando perché si capisce dalla frase: da quanto tempo studiate italiano? Da tanto! Questa risposta significa “da tanto tempo”. Quanto mi vuoi bene? Tanto!

A volte si unisce con “che” o “da“:

ho studiato così tanto da farmi venire il mal di testa;

Ho bevuto tanto che ora mi sento scoppiare.

In questi casi si usa tanto che o tanto da per esprimere una conseguenza.

Inoltre posso fare dei confronti usando tanto: ho studiato tanto quanto te.

Oppure:

ho studiato tanto l’italiano quanto il francese.

Quindi nel primo caso non stiamo dicendo che ho studiato molto, ma che l’ho fatto quanto te, ho studiato tanto quanto te, né meno te, tantomeno più di te, ma ho studiato tanto quanto te. Nel secondo caso ho studiato italiano quanto il francese: uguale.

La parola “come” ed “analogamente” possono facilmente sostituire “tanto quanto“. Se usiamo “tanto quanto” è perché vogliamo sottolineare il livello raggiunto:

tu sei stato bocciato all’esame ed io promosso? Strano, perché hai studiato tanto quanto me, eppure io sono stato promosso e tu invece bocciato.

Anche come avverbio si usa spesso, non come aggettivo:

io amo l’italiano proprio tanto, e lo studio senza pensarci tanto, devo solamente parlare ed ascoltare tanto se voglio seguire I consigli di italiano semplicemente. Se seguirete questi consigli non ci metterete tanto.

Inoltre potrei aggiungere che:

le sette regole d’oro sono disponibili tanto per i brasiliani quanto per i tedeschi.

Questa frase è simile a quella di prima: ho studiato tanto quanto te, l’unica differenza è che ora non sto parlando di quantità bensì sto facendo un semplice confronto tra brasiliani e tedeschi. In questo caso potrei dire:

le sette regole d’oro sono disponibili sia per i brasiliani che per i tedeschi

Uso invece “tanto quanto”. Perché lo faccio? Solo perché è per fare un esempio, tanto per dire due diverse nazionalità, due nazioni qualunque. Non è sempre questa la ragione però, infatti spesso si usa “tanto quanto” solo per rafforzare il senso della frase.

Ad esempio:

io voglio bene tanto a mia figlia quanto a mio figlio

cioè voglio bene ad entrambi, sia all’una che all’altro.

Se amate l’italiano pertanto (cioè “quindi”) iniziate ad ascoltare di più e a studiare un po’ meno la grammatica perché:

tanto più” passano gli anni quanto meno si ha il tempo e l’entusiasmo per farlo. Quindi quanto prima iniziate, tanto meglio per voi.

Tutte queste frasi che ho appena detto usano l’avverbio “tanto”.

Tanto può essere anche pronome:

vi state stancando? Allora vuol dire che avete poca pazienza, mentre, avete ragione, ce ne vorrebbe tanta. Ma siete in tanti ad averne tanta. Vi assicuro!

Cercate di resistere un tantino in più (cioè un po’ in più) e sarete soddisfatti, anche se ci vuole “tanto di” pazienza.

Quando dite che vuole tanto di qualcosa è come dire molta quantità di un qualche cosa che non ha una unità di misura, il peso, l’altezza eccetera.

Ci vuole tanto di pazienza per imparare l’italiano, ci vuole tanto di coraggio per tenere un orso in casa, ci vuole tanto di cervello per laurearsi in due soli anni, eccetera.

Adesso invece se io vi dicessi:

ok, basta ascoltare, tanto non serve, tanto è lo stesso. In questo caso tanto è una congiunzione. Possiamo usare anche “perché” al suo posto: tanto è lo stesso = perché è lo stesso.

A volte (si usa spesso in famiglia), si usa la parola “tanto” come congiunzione, anche senza aggiungere altro.

Ad esempio:

perché non vuoi ascoltare più? Risposta: tanto…

In questo caso si esprime rassegnazione. Si vuole dire che è inutile.

Perché hai abbandonato il gruppo whatsapp di italiano semplicemente?

Risposta: Perché tanto…

È inutile! È questo il significato in questo caso. Tanto secondo me non serve adresse ad imparare la lingua.

Oppure rispondete:

Va bé, continuo ad ascoltare tanto per fare qualche cosa di diverso, tanto per cambiare.

Anche qui è una congiunzione: tanto per + qualcosa. Stavolta significa solamente, soltanto. È come dire: non c’è un motivo particolare, qualcosa di molto importante, “tanto per” : qualcuno può anche rispondere in questo modo, tanto si capisce lo stesso: lo faccio tanto per. Si usa però solo all’orale.

Ma quanti saranno gli stranieri che seguono italiano semplicemente? A dir tanto saranno 100.

Questo potrebbe dire una persona dodicenne.

Ebbene no, sono circa 1000 ogni giorno. Rispondo io.

Questi 1000 ora hanno imparato anche la frase “a dir tanto“, che vuol dire “al massimo“, “se volessi esagerare”.

Tanto è congiunzione anche in questo caso. Ovviamente dir è la forma abbreviata di dire.

Non lo dico “tanto per dire” , ma proprio di congiunzione di tratta anche nella frase “tanto per dire”.

In questo caso significa “così“, ma anche “soltanto” come esempi che abbiamo fatto in precedenza.

È la cosa quando diciamo “tanto per fare”, e possiamo anche cambiare verbo.

Bene ora vediamo delle frasi colloquiali molto frequenti che quindi si usano spessissimo:

Di tanto in tanto:

di tanto in tanto imparo nuove parole italiane.

Quindi significa “ogni tanto“.

Non farla tanto lunga: cioè non resistere, non continuare ad insistere.

Tanto meglio / tanto peggio:

non vuoi ascoltare ma preferisci leggere? Tanto peggio per te. Vuoi iniziare ad ascoltare e leggere nello stesso tempo ? Tanto meglio (ancora meglio).

Tanto più:

puoi provare il nostro metodo, tanto più che molte persone hanno provato già e non sono pentite.

In questo caso sto aggiungendo una informazione aggiuntiva, “tanto più” è seguito da “che” in questo caso. Non è solo un’informazione aggiuntiva ma è anche importante. Altrimenti avrei detto semplicemente: “ed in più“.

Né poco né tanto:

quanto tempo devo ascoltare ogni giorno? Diciamo che 40 minuti non sono né poco né tanto, cioè sono il giusto.

Una volta tanto:

credi ancora che ascoltare non serva a nulla? Ed ascoltami una volta tanto, no? In questo caso significa “almeno una volta“, ma la frase è più forte ed ha un tono di rimprovero.

Lo usano spesso i genitori con i propri figli.

Tanto vale:

tanto vale che mi ascolti, perché questo è l’unico modo di imparare l’italiano senza annoiarsi. “Tanto vale” di usa quando vale la pena di fare qualcosa perché non costa nulla.

Prova a seguire questo metodo:

dopo due settimane, se non funziona puoi provarne un altro ma se invece funziona “Tanto di guadagnato!”

anche questa frase si utilizza quando fare un tentativo non costa nulla: se dopo aver provato vedi che funziona allora tanto di guadagnato!

Guardare con tanto d’occhi:

se non mangiate da una settimana e io vi faccio vedere una bella mela, sicuramente la guarderete con tanto d’occhi! Perché avete molta fame.

Tanto di cappello:

chapeau! Così si dice in francese. Tanto di cappello in italiano. Quando volete mostrare stima, apprezzamento verso qualcuno per ciò che ha fatto, perché richiede molta fatica, allora si può usare questa espressione: tanto di cappello! Per mostrare quindi la stima ed il rispetto.

Bene ragazzi questo è un episodio un po’ più difficile degli altri, vi consiglio di ascoltarlo più volte e di fare anche l’esercizio di ripetizione che facciamo subito. Ripetete dopo di me.

Tanto

Tanto di cappello

Guardare con tanto d’occhi

Una volta tanto

Di tanto in tanto

Tanto di guadagnato

Tanto vale

Tanto vale ripetere

Una volta tanto

Non farla tanto lunga

Tanto per cambiare

Ciao amici e grazie tanto a tutti i donatori che aiutano italiano semplicemente. Grazie ad Ulrike che mi ha aiutato a realizzare il podcast che avete appena ascoltato. Un caro saluto a tutti.

Perché, poiché, anzi, anziché

Audio

E’ possibile ascoltare il file audio e leggere la trascrizione di questo episodio tramite l’audiolibro (Kindle o cartaceo) in vendita su Amazon, che contiene in tutto 42 espressioni italiane.

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Trascrizione

avverbi.jpgBuongiorno amici, grazie di essere qui all’ascolto di questo episodio di Italiano Semplicemente.

Oggi rispondo ad una domanda di Madonna, una bella e simpaticissima ragazza egiziana che avendo avuto modo di ascoltare la sua voce vi posso dire che parla molto bene l’italiano. Madonna vorrebbe conoscere l’utilizzo, con degli esempi, di alcune parole italiane: si tratta di alcuni avverbi e congiunzioni.

Madonna ha un livello abbastanza elevato per poter comprendere e parlare di qualsiasi argomento nella lingua italiana, quindi questo significa che queste parole creano qualche volta dei problemi anche alle persone di livello elevato.

Saper utilizzare bene queste paroline significa sapersi esprimere bene in italiano.

In questo episodio quindi spieghiamo alcune delle parole richieste da Madonna, che saluto con l’occasione, e poi inserirò sul sito il podcast audio in formato mp3 in modo che lo possiate scaricare ed ascoltare.

 Inserirò però anche le singole frasi separatamente, facciamo questo esperimento  in modo che i visitatori di Italiano Semplicemente possano ascoltare solamente le frasi e gli esempi che gli interessano di più. Se volete potete anche ripetere le frasi in modo che possiate esercitare la lingua.

Un esperimento questo che se si rivelerà produttivo e che se gradirete attraverso dei like su Facebook continueremo sicuramente a fare. Vediamo come va.

I miei figli mi aiuteranno a rendere più piacevole l’ascolto.

Oggi spieghiamo perché, poiché, anzi ed anziché

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Perché

Perché si usa principalmente in frasi interrogative, quando si fa una domanda e quindi si richiede una risposta: (in tal caso è un avverbio e sta prima di un verbo)

– perché studi la grammatica?

– Perché stai studiando italiano?

Perché sei così stupido?

è perché tu non pensi mai agli affari tuoi?

La parola “perché” a volte si usa anche da sola, dando il verbo per scontato: ad esempio:

– non rispondi mai al telefono quando ti chiamo: perché?

– non mi guardi mai in faccia quando ti parlo, perché?

mi rubi sempre le caramelle, perché?

mi fai sempre un sacco di domande, perché?

Infine “perché” si può usare anche  in frasi in cui non si fa direttamente la domanda, ma la si riporta in modo indiretto. Vediamo qualche esempio.

ho chiesto a mia moglie perché fosse così bella.

– mi chiedo perché mangi così tanto durante le feste di Natale!

– la maestra mi ha chiesto perché non ho fatto i compiti!

– tu invece non ti sei mai chiesto perché sei così stupido!

A volte “perché” si usa al posto della parola “motivo” o “causa”, e in questo caso ci mettiamo anche l’articolo davanti: “il perché” cioè “il motivo”, “la causa”, o anche “la colpa”. Ad esempio:

– voglio sapere il perché di tutto questo.

Oppure anche:

– non ti chiedi il perché delle nostre continue discussioni?

Oppure:

– ti dirò dopo il perché di tutti i miei dispetti!

scoprirai dopo il perché di tutti gli errori che fai!

sei tu il perché dei nostri problemi, lo vuoi capire?

Inoltre si usa anche come congiunzione: ad esempio:

voi ascoltate perché siete interessati;

oppure anche:

voi adesso state ascoltando perché un giorno possiate comunicare bene in italiano;

Inoltre,  ma è più raro questo uso, si usa in frasi di questo tipo:

– è troppo difficile perché tu possa capirlo;

oppure:

parli con la voce troppo bassa perché io possa ascoltarti.

sei troppo stupido perché tu possa capire le donne!

– e tu sei troppo presuntuosa perché  possa riuscire ad essere gentile!

Passiamo ora a poiché:

—————-

Poiché

Poiché è una congiunzione, ma non ce ne potrebbe fregare di meno. A parte gli scherzi, vediamo i suoi utilizzi.

In molti casi si usa come “perché”; con valore causale infatti equivale a ‘perché’, ma l’accento non è sulla causa, sul motivo, non si vuole evidenziare il motivo. Quando evidenzio il motivo infatti devo usare perché: ad esempio:

– ti voglio sposare perché mi piaci;

voglio baciarti perché sei bello!

voglio lasciarti perché puzzi!

Quando l’accento è sulla causa, sul motivo quindi si preferisce “perché”: ad esempio:

– adesso state ascoltando Italiano Semplicemente perché vi piace;

Perché ascoltate italiano Semplicemente? Perché vi piace!

Quindi la cosa importante è che vi piace, il motivo per cui ascoltate è che vi piace. E per questo è meglio che usuate perché, ciò comunque non esclude che possiate usare anche poiché.

Invece “poiché” si usa per mettere in rilievo più una conseguenza che una causa vera e propria; più cioè ciò  che accade dopo. Mi interessa quindi più l’effetto che la causa. In questo particolare utilizzo, poiché equivale a “siccome”.

Ad esempio:

– poiché siete stranieri non sapete bene l’italiano (che equivale a ” non sapete bene l’italiano perché siete stranieri”) 

poiché sei brutto, non ti bacio!

poiché sei bella, ti amo!

Quindi generalmente poiché sta all’inizio della frase, e non si usa “perché” in questi casi, ma si usa “poiché”.

– poiché siete single, state cercando moglie;

L’accento qui non è sul motivo, sul fatto che siete single, ma sul fatto che state cercando moglie: Poiché siete single state cercando moglie.

Passiamo alla parola “ANZI”

——————————————-
Anzi, anziché

Anzi è una preposizione e un avverbio.

E’ una parola che si usa, nel linguaggio moderno, al posto di “Invece”, oppure al posto di  “al contrario”. Si usa per correggere un’affermazione, una frase, che è stata già precedentemente negata: vi faccio alcuni esempi. Posso dire ad esempio, parlando con una persona straniera:

non sei un principiante, anzi conosci molto bene l’italiano;

Quindi vedete che prima si dice una frase (non sei un principiante) che è una negazione, infatti state dicendo “non  sei un princiupiante”,  poi si dice “anzi” e poi dite il contrario: conosci molto bene l’italiano. Quindi anzi è come dire: tutt’altro, tutto il contrario, in una sola parola: anzi!

Posso dire anche, se qualcuno entra nella mia stanza e mi dice: “disturbo”? Io posso rispondere

non mi disturbi affatto, anzi mi fa molto piacere.

Anche qui c’è una negazione: non mi disturbi affatto. Poi c’è “anzi”, che anticipa la frase contraria: “mi fa molto piacere”: non mi disturbi affatto, anzi (al contrario, tutt’altro) mi fa molto piacere.

Vediamo però che “anzi” si può usare anche da solo nelle esclamazioni:

Ad esempio posso dire:

– non è brutto, anzi! 

– non è un principiante, anzi!

non sono una bambina, anzi!

Non sono uno stupido, anzi!

Anche in queste frasi significa: tutt’altro, tutto il contrario! Infatti dicendo “anzi”, sottolineando con il tono della voce la parola si vuole dire: tutto il contrario!

Anzi però non si usa solamente per dire il contrario di una cosa che avete già negato, ma significa anche: “o meglio”, “piuttosto”; si usa quindi anche per modificare quanto abbiamo già detto e non solo per negare. Se fate un esame all’università, il professore potrebbe dirvi:

-bene, ti promuovo con il voto di 28, anzi, facciamo 30;

mi spiace ma non sei andato molto bene, anzi, diciamo pure che sei andato malissimo;

– A me piacciono più le femmine che i maschi, anzi, i maschi non mi piacciono per niente!

A me piacciono le bambole, anzi, ora mi piacciono un po’ meno perché sono cresciuta.

Nelle frasi appena viste quindi c’è una frase affermativa e non una già negata. In questo caso correggo, specifico, modifico, aggiungo qualcosa; é come dire: “o meglio”.

Infine “anzi” si può usare anche per rafforzare, per insistere su un concetto e renderlo ancora più forte.

Anche in questo caso non si nega quanto già è stato detto, ma lo si modifica. In questo caso in particolare lo si rafforza: Se voglio dire a mio figlio che ha sbagliato a non fare i compiti posso dirgli:

– hai fatto male, anzi malissimo, a non fare i compiti;

E mio figlio potrebbe rispondermi:

– hai fatto male a sgridarmi, anzi, malissimo!

E mia figlia può dire:

– ho fatto bene a scrivere la lettera a Babbo Natale, anzi, benissimo!

La parola anzi si usa poi insieme ad altre parole, prima anzi e poi qualche altra parola, che spesso si unisce ad “anzi”.

Ad esempio nell’avverbio “anzitutto” o anche “innanzitutto“, che vuol dire “prima di tutto , cioè prima di dire altre cose vi dico questo.

Ad esempio se devo andare a fare la spesa mia figlia potrebbe dirmi:

innanzitutto papà, comprami i biscotti;

E mio figlio potrebbe invece dire:

Anzitutto papà, dovresti sentire mamma che dice!

In questo caso quindi anzi vuol dire “prima di tutto”.

Ma “anzi” se unita a qualche altra parola può voler dire anche solamente “prima”.

Ad esempio: “anzi notte”, che vuol dire “prima di notte”, ma che è veramente poco usata come accoppiata.

Più usato è “anzi tempo (che si scrive anche tutto unito, in una sola parola: anzitempo.

l’ho saputo anzitempo

che vuol dire “l’ho saputo prima del tempo previsto, prima degli altri, prima che lo sapessero le altre persone, o l’ho saputo prima del normale.

Si dice anche molto spesso:

– è invecchiato anzitempo;

– è morto anzitempo;

il che significa prematuramente, prima del previsto. È invecchiato anzitempo si dice di una persona che sembra più anziana, più vecchia, di quanto in realtà non sia. Se una persona sembra più anziana della sua età, potete dire che è invecchiata anzitempo.

 Lo stesso se una persona muore da giovane: è deceduta anzitempo, ci ha lasciato anzitempo, è morta anzitempo, cioè prima del previsto, prima di quanto comunemente ci si aspetta.

Un altro esempio di come anzi si unisce ad un’altra parola è la parola “anzidetto”, é una parola però molto formale, che non si usa nel linguaggio quotidiano e familiare.

Significa “detto prima”, predetto, suddetto, summenzionato.

Ad esempio:

per le ragioni anzidette, non possiamo incontrarci.

 Che significa per le ragioni dette prima, per le ragioni appena dette, dette in precedenza, non possiamo vederci. Si usa prevalentemente per iscritto,  a voce farebbe un po’ ridere una frase del genere.

In linguaggio familiare potrei dire:

– Ti ho già spiegato prima le ragioni, e per le ragioni che ti ho detto prima, non ci possiamo vedere.

Poi non dimentichiamo che esiste anche la parole “anziché, che è derivata da “anzi.

Anziché significa “invece di”, “piuttosto di”.  Ci sono due azioni contrapposti, ed una delle due azioni viene messa in risalto rispetto all’altra.

– mio figlio preferisce giocare anziché studiare;

– le tue parole, anziché tranquillizzarmi, mi hanno innervosito;

– anziché mangiare sempre, dovresti fare sport!

– anziché farti gli affari miei, potresti pensate ai fatti tuoi!

Anzi inoltre si trova anche nella parola poc’anzi.

Anche in questo caso c’è il tempo di mezzo, e vuol dire “poco fa”, “poco tempo fa”.

Questa parola si scrive con l’apostrofo prima di anzi: P-O-C- apostrofo – anzi. È una delle parole più difficili da scrivere per gli stessi italiani, perché non è così intuitivo mettere l’apostrofo . Tuttavia non è scorretto non metterlo. Posso scriverlo in entrambi i modi.

La prossima lezione vedremo altre parole suggerite da Madonna. Ce ne mancano ancora molte. Ne vedremo altre tre almeno.

Ciao a tutti.

Video con sottotitoli