preposizioni semplici
Quando ‘per’ significa ‘nonostante’
Quando ‘per’ significa ‘nonostante’
(ep. 1164)
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Trascrizione
Oggi voglio parlarvi di un altro uso particolare della preposizione “per”.
Ricordate che in passato infatti abbiamo visto frasi come “per essere bravo, sei bravo”.
Ebbene, abbiamo fatto questo bell’episodio in merito e abbiamo visto che in quel caso la preposizione per viene usata per introdurre qualcosa di insufficiente.
C’è sempre un “ma”, o un “però” a seguire. In qualche modo siamo vicini al senso di “nonostante“, perché c’è qualcosa che non basta, non è sufficiente, o che non corrisponde a ciò che serve, che è utile, o che ci si aspettava. Si riconosce, se vogliamo, una qualità inutile. Non voglio entrare maggiormente nel merito, essendoci appunto l’episodio che potete ascoltare e leggere.
Oggi invece vediamo che si può usare la preposizione “per” anche in un modo alternativo, e ha anche questa volta un senso simile a “nonostante“.
Analizziamo la frase seguente:
Guidi bene per essere una donna
A parte lo stereotipo sulle donne che non sanno guidare, la preposizione “per” ha un utilizzo particolare, che indica una concessione e non una causa o un obiettivo.
Infatti la preposizione “per” molto spesso indica una causa o un obiettivo.
Es:
Ho studiato molto per superare l’esame.
Oppure:
Lavoro per guadagnare dei soldi.
In questo caso invece, “per” significa “nonostante“, “sebbene” o “considerando che“, “tenendo conto che”, e l’espressione complessiva implica una sorta di contrasto tra l’aspettativa comune (che, secondo stereotipi, in questo caso le donne non sarebbero brave a guidare) e la realtà, che invece è diversa.
Quindi la frase “guidi bene per essere una donna” si traduce in “nonostante tu sia una donna, guidi bene” oppure “considerato che sei una donna, guidi bene”.
La preposizione “per” in questo caso non indica uno scopo, ma una contraddizione rispetto all’aspettativa comune.
Possiamo anche invertire la frase, facendola iniziare con la preposizione per:
Per essere una donna guidi bene.
Vediamo altri esempi.
Entro in un negozio e vedo con piacere che oggi tutti i prodotti sono scontati del 20%. Però poi mi accorgo che i prezzi sono ugualmente alti.
Posso dire:
Oggi, per esserci lo sconto, non mi pare costi poco.
“Per” funziona qui nello stesso modo, indicando che “nonostante” lo sconto, il costo non sembra essere basso.
Lo stesso vale per la frase:
Per essere così giovane, è molto maturo
In sintesi, l’uso di “per” in queste frasi è legato a una concessione che esprime un contrasto tra ciò che ci si aspetta e ciò che effettivamente accade.
Questo uso della preposizione “per” con il significato di “nonostante” è considerato colloquiale, informale.
Si tratta di una costruzione che si trova spesso nel linguaggio parlato o in contesti meno formali, ma che può risultare poco adatta a un registro scritto o formale, dove espressioni come “pur essendo”, “benché” o “nonostante” sarebbero più appropriate.
Ad esempio:
Informale:
Per essere un film di basso budget, è fatto davvero bene.
Formale:
Pur essendo un film di basso budget, è realizzato molto bene.
Questa costruzione è comune e perfettamente comprensibile, ma il suo tono informale la rende più adatta a situazioni di uso quotidiano o a testi meno rigorosi.
Adesso ripassiamo qualche episodio passato. Vi consento di dire la vostra.
Albéric: Sapete ragazzi, riflettevo sul significato di certi modi di dire nella lingua italiana, e mi chiedevo: si dice consentire o acconsentire in questo contesto? Per scrupolo, meglio chiarire una volta per tutte.
Rauno: A dir la verità, non me ne volere, ma certi dettagli non mi tangono più di tanto; ciò non toglie che la lingua italiana abbia fior fiore di espressioni degne di nota. Senza contare che, tra l’altro, c’è già un episodio in merito.
Estelle: Beato te! Io invece sto sempre lì lì per scatenarmi quando sento qualcuno storpiare certi termini, tanto che mi vien voglia di mettere dei paletti sull’uso corretto delle parole!
Marcelo: Vivaddio, concordo! Non c’è santo che tenga: le regole grammaticali vanno rispettate in toto e non possiamo permetterci di eludere la grammatica.
A+sostantivo
Ha ragione, a ragione (ep. 1077)
Ha ragione, a ragione
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Trascrizione
La lettera h sarà pure muta (la cosiddetta “mutina”, come veniva chiamata la lettera h nel gergo scolastico di un tempo), però con o senza di essa, anche il senso della frase muta! (cioè cambia).
Permettetemi questa battuta come inizio di questo episodio in cui l’obiettivo è spiegare soprattutto l’utilizzo della locuzione “a ragione” con “a” senza la lettera h.
Tutti sapete usare infatti “ha ragione” con la lettera h. Es:
Giovanni ha ragione
Tua madre ha ragione a dire che devi studiare si più
Eccetera.
Si tratta quindi del verbo avere.
Ma “a ragione“- senza acca, è, come dicevo, una locuzione italiana che si usa per indicare che qualcosa è giusto o corretto. Parliamo sempre del fatto che una persona ha ragione (con l’acca), ma non stiamo usando il verbo avere.
Usiamo invece la preposizione semplice a.
Può essere utilizzata per sottolineare non che una persona “ha ragione”, ma che una persona ha una buona ragione o un valido motivo per pensare o agire in un certo modo. È importante specificare. Stiamo solitamente valutando una situazione a posteriori.
Ad esempio:
Gianni ha parlato a ragione quando ha detto che la situazione era pericolosa.
Significa che Gianni ha detto qualcosa che poi si è dimostrato essere corretto, poiché la situazione era effettivamente pericolosa. In altre parole, le sue preoccupazioni avevano fondamento.
Oppure:
Chi parla a ragione ha sempre ragione
Potremmo sostituire “a ragione” con “giustamente” e a volte anche con “a maggior ragione“, di cui ci siamo già occupati.
Altro esempio, immagina che Maria abbia criticato un progetto di lavoro perché pensava che non fosse abbastanza dettagliato. Successivamente, il progetto ha avuto problemi proprio a causa della mancanza di dettagli.
In questo caso, si potrebbe dire:
Maria ha parlato a ragione quando ha sollevato dubbi sulla completezza del progetto, poiché i problemi che abbiamo incontrato confermano effettivamente le sue preoccupazioni.
Chiaramente esiste anche la locuzione “a torto“, che esprime il senso opposto. Ne abbiamo parlato in un episodio dedicato proprio al “torto“.
Si usa per indicare che qualcuno si è sbagliato o ha agito in modo errato senza una valida ragione. Anche questa osservazione viene fatta solitamente a posteriori.
Ad esempio:
Luisa ha criticato il nuovo film senza vederlo, quindi possiamo dire che ha criticato a torto. Il film, perché non l’aveva ancora visto.
Significa che la critica di Luisa non era giustificata perché non aveva esperienza diretta del film. Infatti non l’aveva visto.
Oppure:
Il dittatore, a torto, pensava di conquistare il mondo, e invece il suo esercito e i suoi sogni sono stati distrutti.
Ricordate l’espressione “a ragion veduta“? Anche in questo caso, come anche in “a maggior ragione” , l’utilizzo della preposizione a è esattamente lo stesso. Tutte indicano un ragionamento o un’azione che è giustificata o ben ponderata. “A ragion veduta”, come ricorderete, si riferisce a un giudizio o a un’opinione formata dopo un’attenta considerazione dei fatti o delle circostanze, magari perché si aveva già avuto quell’esperienza. Si era già visto (o “veduto”) il possibile risultato.
Con “A maggior ragione“, invece, sempre senza acca, si fa un confronto e si esprime un motivo aggiuntivo per giustificare un’azione o un pensiero.
Parlatemi di voi adesso. Potrete rispondermi, a ragione, che dovete pensarci un po’. Pensateci pure e poi fatemi sapere.
– – –
Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Marcelo:
Come la vedi questa storia? Durante questi tre ultimi giorni, ho dovuto affrontare un’aspra battaglia legale con l’ente che si occupa della mia pensione. È stata un’esperienza frustante! Veramente un incubo! Il calcolo della pensione iniziale a mio avviso é stato effettuato in modo errato, come avevo detto a ragione in tempi non sospetti con le mie indagini. Sono più di 10 anni che ci rimpalliamo con sta benedetta pensione. Vai a capire i meandri della burocrazia!
Segue una canzone dal titolo “lo dicevo a ragione“
Mi hai mai amato? Non lo so
a ragione lo dicevo
Le tue parole
Confondevo
Quando dicevo “Io ti amo”
Tu dicevi no
a torto però
Mi hai mai amato? Non capisco
Le tue azioni
Mi rendo conto
Mi hai fatto credere a un sogno
Che era solo un gioco
Mai amato
Mai amato
Le tue parole erano false
Mai amato
Mai amato
Mi hai spezzato il cuore
Oh no
L’aggettivo suscettibile (ep. 927)
L’aggettivo suscettibile (scarica audio)
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Quello che state per leggere o ascoltare è l’episodio numero 927 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.
Questo episodio non è particolarmente indicato per le persone che amano eccessivamente la grammatica, specie se particolarmente suscettibili.
Scherzi a parte (avete capito che scherzavo vero?), l’episodio è dedicato all’aggettivo suscettibile, che ha due significati.
Prima di tutto si utilizza per le persone. Infatti ci sono persone più suscettibili di altre. Cosa significa?
Una persona si dice suscettibile se dimostra un’eccessiva sensibilità verso un giudizio più o meno critico nei propri confronti. Una persona suscettibile è pertanto una persona permalosa, che si offende facilmente.
Quanto sei suscettibile! Non volevo affatto offenderti, perché mi tieni il muso?
E’ un aggettivo che si usa in particolare proprio per giustificarsi di fronte ad una persona che si mostra offesa, ma che non si ritiene aver offeso.
Ci sono molte situazioni diverse che possono far risentire o offendere una persona, anche se non c’era l’intenzione di offendere. Ad esempio, alcuni argomenti possono essere particolarmente delicati per alcune persone, come la religione, la politica o la salute mentale. Inoltre, alcune persone possono avere sensibilità diverse su determinati argomenti o possono essere più inclini a prenderla sul personale.
È importante ricordare che ogni persona ha la propria esperienza di vita che influenza la propria sensibilità e quindi la propria suscettibilità.
Questo è il primo significato del concetto di suscettibilità.
Un secondo significato è relativo alla possibilità di subire impressioni, influenze, modificazioni.
In pratica, quando qualcosa potrebbe cambiare. potrebbe subire una modifica, una variazione o una influenza da parte di altro o di qualcuno, possiamo usare l’aggettivo “suscettibile” e in questi casi si usa la preposizione “di”:
Dottore come sta mia madre?
Dottore: Non molto bene per ora, ma le sue condizioni sono suscettibili di miglioramento.
E’ dunque un modo alternativo per indicare un possibile cambiamento. Una modalità sicuramente meno informale, ma che tutti gli italiani comprendono senza difficoltà. Si usa maggiormente in contesti professionali, specie nella forma scritta.
Se qualcosa è suscettibile di cambiamenti o di modifiche (o termini analoghi, come “sviluppi”, “integrazioni”, “rifacimenti” allora parliamo di qualcosa di provvisorio, temporaneo. La preposizione “di” serve a indicare l’effetto (es: la modifica).
Vediamo altri esempi:
Il calendario degli eventi per la riunione dei membri dell’associazione è suscettibile di variazioni, a seconda delle condizioni metereologiche.
Quindi il calendario degli eventi, pur essendo già stabilito, potrebbe cambiare, potrebbe subire delle modifiche, potrebbe essere soggetto a cambiamenti/modifiche.
Se ricordate abbiamo già trattato “soggetto a” in uno dei primissimi episodi di questa rubrica.
Si può anche dire che il calendario è passibile di cambiamenti/modifiche. Ricordate anche l’episodio che abbiamo dedicato all’aggettivo passibile?
Dunque se qualcosa è suscettibile di modifiche allora è passibile di modifiche.
L’aggettivo passibile è sostituibile da suscettibile anche quando parliamo di possibile conseguenza (negativa) di un atto contrario alla legge.
Si può quindi dire, ad esempio, che “un comportamento è passibile di denuncia” e anche che “un comportamento è suscettibile di denuncia”.
Possiamo anche dire che “chi va troppo veloce con la macchina è passibile di multa” e anche che “è suscettibile di multa”.
Quando usiamo suscettibile però, oltre alla preposizione “di” possiamo usare anche “a” ma in questo caso indichiamo la possibile causa del cambiamento o di influenza. Non parliamo dell’effetto ma della causa.
Es:
La quotazione dell’Euro rispetto al dollaro è molto suscettibile alle questioni geo-politiche.
Quindi le questioni geo-politiche, come ad esempio un conflitto europeo, anche potenziale, ha la capacità di influenzare il cambio euro-dollaro.
Il livello dell’inflazione è sempre molto suscettibile alle fluttuazioni di prezzo del petrolio.
Facciamo un esempio più terra-terra:
La popolazione anziana è maggiormente suscettibile agli effetti delle ondate di caldo sulla salute.
Sei troppo suscettibile a qualsiasi visita improvvisa. Che sarà mai se ti viene a trovare qualcuno all’improvviso? Non è una bella sorpresa? Che vuoi che sia se hai la casa disordinata?
Ricapitolando, l’aggettivo suscettibile può essere utilizzato per indicare la sensibilità di una persona. In questo caso la suscettibilità è la sensibilità verso i giudizi negativi nei suoi confronti. Si usa però anche per indicare una possibile modifica futura.
Si tratta comunque, in entrambi i casi di un cambiamento che deriva da qualcosa di esterno. Se usiamo la preposizione “di” indichiamo l’effetto (es: suscettibile di variazione) mentre se usiamo “a” indichiamo la causa (es: suscettibile alle visite improvvise).
Adesso ripassiamo qualche episodio passato. La parola passa ai membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Marcelo: Ciao amici, come state? Oggi non mi sento veramente molto in vena per fare un ripasso! Dopo un po’ però mi sono detto: coraggio Marcelo, fallo! Hai il fegato per farne uno (spero anche la stoffa) e allora eccomi qua, indugiando di fronte al computer e navigando per i meandri dei miei pensieri alla ricerca di un’idea che non arriva. Tanto vale provarci però. Per questo, almeno in teoria, sono sempre abbastanza propenso a farne uno, dal momento che so che questo arricchisce il mio apprendimento della lingua del sì! Fatevi sotto amici! Datemi manforte!
Ulrike: in quanto alla odierna richiesta di un ripasso, sono alquanto restia. Non c’è un argomento valevole per farne uno come Dio comanda e nessuno mi ha fornito un assist adeguato. Perciò, essendo anch’io sguarnita di idee e proposte propizie, non resta che tacere. Mi dispiace Marcelo, non sono in grado di tenderti la mano.
Edita: Non c’è di che dispiacersi Ulrike! Ce ne fossero di amici come te, sempre disposti a tendere la mano all’uopo .
Forse abbiamo potuto aprire una breccia nel cuore di un altro dei nostri amici con questo dialogo improvvisato e quindi capace che a questo punto si precipiti a trovare un vero argomento sul quale destare interesse. Tutt’al più sarà un’occasione per fare pratica e destreggiarsi. Alla fine resta sempre un ripasso. Buttalo via!
– – – – –
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874 Di già?
Di già? (scarica audio)
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Trascrizione
Il titolo di questo episodio è “di già?”. Si tratta di una domanda con cui si manifesta stupore per qualcosa che termina prima del previsto, o prima di quanto vi aspettavate. Lo avevamo già accennato in un episodio passato ma oggi vorrei dire qualcosa in più.
Finita la spiegazione.
Proprio adesso voi potete rispondere così:
Di già?
Cioè: hai già finito?
Oppure: cosa? È già terminata la spiegazione? Così presto? Davvero?
Si potrebbe anche dire: di già terminata?
Hai di già finito?
O, meglio ancora:
Hai finito di già?
Semplice vero?
Altre volte poi non c’è il punto interrogativo. Es:
Dopo due minuti avevo finito di già.
In questo modo c’è qualcosa di inaspettato, c’è stupore per una fine prima del previsto.
Se volete, posso aggiungere che a volte si usa anche ironicamente, perché ciò che pensate è esattamemte il contrario.
Es:
Dopo due ore che aspetti sotto casa la tua fidanzata, lei ti dice:
Sono pronta, adesso scendo!
Risposta: di già?
State attenti perché potreste risultare ironici anche non volendo.
Notate che volendo potete eliminare la preposizione “di” e il senso non cambia. C’è solamente meno enfasi sulla meraviglia.
La preposizione “di” si usa davanti a “già” non solo in questo caso, però sicuramente col punto interrogativo va interpretata in questo modo.
Es. Se dico che:
Il Covid ha aggravato una situazione di già difficile per la popolazione, colpita precedentemente dalla crisi economica.
In questo caso non c’è nessuna meraviglia e la preposizione ha solamente il ruolo di sottolineare che la situazione era (di) già difficile da prima che arrivasse il Covid.
Anche stavolta però possiamo eliminare “di” e la frase ha ugualmente senso.
Anche esempi come quest’ultimo che ho fatto sono molto frequenti. Accade ogni volta che volete enfatizzare un evento che peggiora una situazione (di) già complicata prima che accadesse:
Il terremoto ha peggiorato le condizioni della casa, di già compromesse dall’uragano della scorsa settimana.
Vediamo un terzo utilizzo con alcuni esempi:
Quando avevo tre anni ho scoperto che il mondo era qualcosa di già esistente.
L’ultima sfilata di moda a cui ho assistito era un mix tra nuovo e di già visto.
Tra i membri del nuovo governo ce ne sono di nuovi e di già noti.
I soldati, benché di già stanchi, continuarono a lottare
Non c’è meraviglia però neanche in questi casi. Verrebbe anche qui voglia di eliminare la preposizione vero? Spesso in effetti all’orale si preferisce non utilizzarla, ma a volte è necessaria perché serve a specificare, a fare delle distinzioni (di nuovi e di già noti, un mix tra nuovo e di già visto) o a far rientrare qualcosa in una categoria (qualcosa di già esistente).
Oggi comunque volevo solamente spiegarvi l’uso di “di già?” ma come al mio solito mi sono dilungato. È qualcosa di già visto comunque, giusto?
Ripassiamo adesso:
Irina: ragazzi, siamo lontani da casa questo fine settimana dopo aver abbozzato quattro ore di noiosissima macchina ieri sera. Mentre ci avvicinavamo alla destinazione ci siamo accorti di essere in riserva. Quindi ci siamo fermati per fare benzina. E chi ti trovo alla pompa di benzina accanto? Un mio collega di lavoro! Una sorpresa che non ti dico!
Albéric: lui ci vede subito e ci fa “cosa ci fate qua?” Gli abbiamo risposto subito dicendo che siamo venuti per far visita a mio fratello e poi gli abbiamo posto la stessa domanda. Ma lui invece era molto restio a rispondere. Infatti avevamo subito sentore che qualcosa di strano stesse succedendo.
Karin: e allora? Non teneteci sulle spine! Ha tagliato corto ed è partito subito o cosa?
Natalia: sì, ma prima che fosse riuscito a darsela, ho buttato un occhio nella sua macchina e ho intravisto una signora che mi sembrava un’infermiera dal nostro reparto: era tutta in ghingheri, Non era di certo sua moglie, che ho incontrato più volte. Per non farlo innervosire ulteriormente ho fatto la finta tonta e non ho detto piu’ niente.
Estelle: mi sa che alla fine è una vicenda di cui non si parlerà mai piu’. Tra l’altro non voglio rovinarmi l’idea positiva che ho di lui come professionista indefesso sempre pronto a tendere la mano ai colleghi. Comunque, se ne parlassimo, finirebbe in difficoltà e gli toccherebbe giurare e spergiurare di non aver fatto nulla di inappropriato.
Giovanni: e rieccomi qua! Per finire, se volete, abbiamo due episodi sull’uso della preposizione di. Se non credete sia un di più, andate subito a leggerli. Che volete di più?
– di e da
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828 Fare conto
Fare conto (scarica audio)
Trascrizione
Ecco una delle tante locuzioni che ho utilizzato inavvertitamente (cioè senza farlo apposta, senza volontà) in un episodio e che puntualmente mi è stato chiesto di spiegare: “fare conto“, una locuzione che ho usato nell’episodio dedicato a “come“.
Il contesto spesso aiuta capire il senso di questa locuzione, comunque è sempre gradita una spiegazione. Ad ogni modo non si deve mettere l’articolo alla parola conto, altrimenti fare il conto è ad esempio ciò che fa il proprietario del ristorante quando il cliente deve pagare il conto per pagare ciò che ha mangiato. Si parla, in questi casi, di effettuare un calcolo matematico.
“Fare conto”, senza l’articolo, può avere due diversi significati.
Può significare “fare finta”, quindi si usa per considerare un’ipotesi vera, considerare un fatto presente come vero, anche se non lo è, con la finalità di usare l’immaginazione spesso per trarre una conseguenza, anche se solo ipotetica.
Es:
Se sono con una ragazza che deve togliersi i vestiti e si vergogna di farlo davanti a me, posso dirle:
Fai conto che io non sia presente
Fai conto di essere sola
Fai conto che io sia cieco
Quindi è proprio come dire “fai finta” che io non ci sia, fai finta di essere sola, fai finta che io sia cieco. Quindi stiamo dicendo:
Non è così, non sei sola, perché ci sono anch’io ma la cosa può essere imbarazzante.
Allora immagina di essere sola, immagina che io non sia qui a guardarti.
Vedete che se diciamo “fai conto che”, è bene usare il congiuntivo (questa sarebbe la regola) anche se nelle comunicazioni informali come sappiamo si usa spesso l’indicatico presente.
Fai conto che io non ci sono/sia
Fai conto che non sono/sia qui con te.
Se. Invece usiamo la preposizione “di” non si usa il congiuntivo:
Fai conto di essere sola
Se invito un amico a casa mia, per farlo sentire a suo agio posso dirgli:
Fai conto di essere a casa tua
Ma volendo potrei usare “che” :
Fai conto che ti trovi a casa tua
Un secondo uso, diverso dal primo, si usa per fare una specie di promessa.
Ad esempio, se la mia fidanzata mi chiede un anello di diamanti, il cui costo si aggira sui 10000 euro, io potrei dirle:
Fai conto di averlo già al dito
Vale a dire:
te lo regalerò, puoi starne certa
ti assicuro che questo anello sarà tuo
ti prometto che l’avrai
Vediamo un secondo esempio.
Il mio capo mi chiede urgentemente un lavoro.
La mia risposta potrebbe essere:
Fai conto che io lo abbia già fatto.
Fai conto che ho già fatto il lavoro
Anche questa è una promessa, e l’obiettivo è rassicurare il mio capo, fargli capire che è come se avessi già fatto il lavoro, perché sono sicurissimo che farò ciò che mi hai chiesto. In questi casi usare “fare finta” non è appropriato perché non si tratta di immaginare il presente ma il futuro, che si può ancora realizzare.
La parola “conto” si usa anche in espressioni diverse, come “tenere conto“, che può infatti essere usata allo stesso modo, per immaginare il presente, proprio come “fare conto”.
Tuttavia, tenere conto si usa prevalentemente nel senso di considerare, tener presente, tenere in considerazione, o anche per sottolineare qualcosa di importante da non dimenticare.
“Fai conto” come ho detto, in questo secondo uso è una specie di promessa, e una cosa simile accade nella locuzione “contare su” qualcosa o qualcuno.
“Conta su di me” infatti significa fidati di me, abbi fiducia in me, e si parla sempre del futuro.
Quindi per fare una promessa posso usare entrambe le locuzioni. Es:
Fai conto che hai ottenuto il risultato
Conta su di me, ti aiuterò a ottenere il risultato
Vuoi sapere se ti aiuterò? Contaci!
Si dice anche, quando ci si aspetta che una persona mantenga una promessa, o semplicemente crediamo che accadrà qualcosa e mi comporterei di conseguenza.
Ci conto!
Mi raccomando, ci conto!
Domani andrò al mare, perché conto sul fatto che non pioverà
In quest’ultimo caso non c’è una persona di cui fidarsi, ma speriamo e crediamo che domani non pioverà, e conseguentemente decidiamo di andare al mare. Se non avessimo contato su questo non avremmo preso questa decisione.
Io invece dovrei tener conto del fatto che questo episodio fa parte della rubrica dei due minuti con Italiano Semplicemente e di conseguenza non tirarla troppo per le lunghe.
Un’ultima cosa. Esiste anche “fatti conto”, che si usa esattamente come “fai conto” (al plurale diventa fatevi conto e fate conto) che è la versione riflessiva e comunque si usa meno frequentemente. Direi che è anche molto più informale. “Fatti conto” somiglia a “immaginati”, anch’esso riflessivo, che può andar bene sia nel suo primo significato che abbiamo spiegato all’inizio, sia nel secondo, quando c’è una promessa.
Adesso vediamo un ripasso, poi l’esercizio per vedere quanto avete appreso di questo episodio e casomai ripetere l’ascolto. L’esercizio in questione è appannaggio dei soli membri dell’associazione.
Ripasso episodi precedenti (a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente)
Sergio e Edita: qui, nel nostro gruppo whatsapp dell’associazione Italiano Semplicemente di volta in volta capita che il nuovo episodio venga costruito, così, su due piedi, grazie a una domanda posta o un dubbio sorto da chicchessia.
Che meraviglia!
Marcelo: infatti, non si lascia nulla di intentato per approfondire le questioni della lingua del sì.
Mariana: si, e quanto a me, davvero cerco di dare fondo a tutte le mie energie per tenere il passo, ma non ci riesco sempre.
Peggy: ma dai, è ovvio che non si può sempre seguire tutto, e poi l’ascolto di ogni episodio va quantomeno bissato, o persino trissato se più complicato. Siamo tutti sulla stessa barca.
Irina: non abbiamo di che lamentarci però. Le risorse non mancano per imparare, ognuno con i propri tempi. Lo dico a scanso di equivoci, perché nessuno venga tacciato di non stare sempre sul pezzoe venga apostrofato per questo. Non sia mai.
Bogusia: hahahaha, forse quando si parla troppo di grammatica qualcuno inizia ad aver voglia di cazziare il colpevole. Però questo non mi tange minimamente, perché anch’io sono propensa a evitarla.
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794 Un di cui
Un di cui (scarica audio)
Trascrizione
Sono sicuro che molti non madrelingua sanno usare il termine “cui“.
È qualcosa di cui abbiamo già parlato, potrei dire.
“Cui“, scritto con lettera c seguita dalla u e dalla i, si utilizza per riferirsi a qualcosa. È simile a “che” e anche a “quale”.
Tutte le preposizioni semplici possono accompagnare “cui” e ogni volta il significato cambia.
La casa in cui vivo è questa
La questione di cui ti vorrei parlare riguarda il nostro legame
La cosa a cui mi riferisco la conosci benissimo
Il motivo per cui mi preoccupo è che ti voglio bene
Questo è un luogo da cui voglio scappare
Questo è l’amico con cui mi trovo più a mio agio
Sono preparato. Per cui supererò l’esame (stavolta significa “quindi”)
Ho tanti amici, tra cui Paolo.
Esiste però una locuzione interessanti: un di cui.
Es:
Gli Iscritti all’associazione Italiano Semplicemente di nazionalità brasiliana sono un di cui degli Iscritti complessivi dell’associazione.
Significa dunque che qualcosa fa parte di un’altra, abbiamo quindi un sottoinsieme di un insieme più grande.
Potrei ugualmente dire che gli Iscritti all’associazione Italiano Semplicemente di nazionalità brasiliana sono una parte degli Iscritti complessivi dell’associazione.
Le due modalità sono equivalenti, ma quando uso “un di cui” spesso sto sottolineando questo fatto con una finalità, quella di sminuire qualcosa, oppure per dare più importanza a qualcosa di più grande.
Non a caso infatti spesso si usa dire “solo/solamente un di cui”.
Es:
I costi relativi al mutuo sono solo un di cui rispetto alle spese che affrontiamo tutti i mesi in famiglia.
Quindi le spese complessive sono molto maggiori.
Notate che potrei anche dire:
Le nostre spese mensili ammontano a 2500 euro, di cui 1000 servono a pagare il mutuo della nostra casa.
“Di cui 1000” è un modo veloce per dire, in questo caso:
Di questi 2500 euro, 1000 sono per il mutuo.
Non c’è però nessuna enfasi in “di cui” a differenza di “un di cui”.
Un altro esempio:
Il rispetto dell’ambiente deve diventare una priorità per tutti e un utilizzo maggiore del lavoro da remoto rappresenta solamente un di cui.
Sto sottolineando che c’è anche altro da considerare, e non solo il lavoro da casa quando parliamo di dare maggiore importanza all’ambiente. Occorre fare anche altro.
Un altro esempio:
Due fidanzati parlano del loro futuro. La ragazza ad un certo punto dice:
Di tutto ciò che hai detto oggi, mi è piaciuto solamente una parola: “matrimonio”. Il resto è solamente un di cui.
Quindi, ciò che vuole dire la ragazza è che il resto non è molto importante, essendo solamente “un di cui”. Stavolta usiamo la locuzione per sminuire la parte restante, che è la maggioranza, ma ha meno importanza.
Quasi dimenticavo di dirvi che non esiste la versione femminile “una di cui”, o meglio, esiste, ma non è da interpretare con questo senso.
Es:
Giovanna è una di cui ti puoi fidare.
Semplicemente Giovanna è una persona degna della tua fiducia. Come abbiamo già visto in un altro episodio, “uno” e “una” spesso indicano una persona.
Allora esiste similmente anche “uno di cui” (“uno”, non “un”):
Gianni è uno di cui sentirai parlare presto.
“Un di cui” pertanto è diverso da “uno di cui”.
E adesso ripassiamo, perché il ripasso che facciamo alla fine di ogni episodio della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente non dovete considerarlo solo un di cui dell’episodio, ma è la cosa più importante perché è esattamente questa la prerogativa di questa rubrica: il ripasso.
Ascoltiamo Peggy, una di cui sentirete spesso parlare, e di cui avete in realtà già sentito parlare nei passati ripassi.
Peggy: L’altro giorno, mi è balzata agli occhi la seguente notizia. Ve la racconto:
Biniam Girmay, alla decima tappa del Giro d’Italia ha avuto la meglio su Mathieu van der Poel, uno dei migliori ciclisti al mondo. Il ciclista eritreo, festeggiava la vittoria sul podio, stappando la consueta bottiglia di spumante, quando il tappo gli ha colpito un occhio. Si è dovuto per questo ritirare dalle gare successive. Che vuoi! Quando si dice la sfortuna!
Per la cronaca, anche il suo avversario Van der Poel, che aveva vinto la prima tappa, a sua volta era stato centrato al collo e al viso dal sughero della sua bottiglia durante il festeggiamento sul podio.
Sarà pure un caso, ma per non saper né leggere né scrivere, dopo l’infortunio dei due ciclisti , dalla tappa appresso si è deciso di rimuovere i tappi dalle bottiglie.
659 Aggettivo + di un
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Descrizione
Giovanni: questo episodio lo dedico a un uso particolare della preposizione di che nessuno vi spiegherà mai. Nessuno tranne italiano semplicemente, ovviamente.
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Trascrizione
Giovanni: abbiamo dedicato fino ad oggi svariati episodi al termine “quanto“. Abbiamo visto la differenza tra quantomeno e tantomeno, poi la locuzione in quanto tale, poi abbiamo spiegato anche questo è quanto, poi in quanto, tanto quanto, poi ancora per quanto, quanto mai e infine quanto ti devo. Tutte questi modi diversi di usare “quanto” semplicemente perché quando uniamo “quanto” a diverse preposizioni, si dà luogo a locuzioni particolari con significato proprio, di tipo limitativo, causale, concessivo, Oggi vediamo “quanto a“, equivalente a “in quanto a“. Si tratta di una locuzione che introduce una limitazione, cioè serve a specificare a cosa mi sto riferendo, a cosa sto facendo riferimento. Vediamo qualche esempio e poi vediamo quante modalità ci sono per esprimere lo steso concetto:
La partita, (in) quanto a spettacolo, non ha deluso le aspettative In questa frase la parte principale è: “La partita non ha deluso le aspettative”
Poi però sento il bisogno di specificare meglio. Da quale punto di vista la partita non ha deluso? In che senso? Di cosa sto parlando in particolare? Risposta:
- Dal punto di vista delle aspettative
- Quanto alle aspettative
- In quanto alle aspettative
- Riguardo alle aspettative
- Per quanto riguarda le aspettative
- Per quanto concerne le aspettative (più formale)
- In merito alle aspettative
- Meritatamente alle aspettative
- Circa le aspettative
- In fatto di aspettative
- Limitatamente alle aspettative
- A livello di aspettative
- A proposito di aspettative
- parlando di aspettative
- Relativamente alle aspettative
- Per quanto attiene (formale)

Vedete quanti modi diversi ci sono, alcuni dei quali li abbiamo già incontrati nell’episodio dedicato a “circa” (era il numero 212 della rubrica). Stavolta usiamo “quanto“, seguito però dalla preposizione “a” che assume un ruolo determinante, fondamentale nel dare il senso limitativo alla locuzione. Infatti “in quanto” (senza la preposizione a) o anche ad esempio “in quanto che” hanno altro significato, simile rispettivamente a perché, poiché e dal momento che. “In quanto” (sempre senza preposizione a) come abbiamo visto nell’episodio 437, può anche assumere un significato simile a “quale“, “come”, “in qualità di”. Occorre fare altri esempi, potrei dire. Lo faccio io in quanto presidente dell’associazione.
Oggi dovete fare tutti 100 esercizi come compito a casa. Quanto a te, Giovanni, domani ti interrogherò. Quindi preparati.
“Quanto a te, Giovanni”. Anche in questo caso posso sostituire la locuzione con “riguardo a te”, “per quanto riguarda te”, “relativamente a te”, “per quanto concerne te”.
Il tuo tema di italiano, in quanto a fantasia, è eccezionale. Quanto alla grammatica però, ci sono troppi errori.
Ho fatto due specifiche diverse in questo caso, ho dato due giudizi su due questioni diverse, la fantasia e la grammatica.
Quanto a chiarezza, gli episodi di questa rubrica sono molto ben fatti, ma in quanto alla durata, non riesco ancora a stare nei due minuti promessi.
Notate una cosa importante. Quando uso una preposizione articolata, in realtà molto spesso (non sempre) potrei anche non farlo, quindi “quanto alla durata” può diventare “in quanto a durata” e anche “quanto a durata“. Quest’ultima è leggermente più colloquiale ma ugualmente utilizzata anche nello scritto. “In” all’inizio si può mettere oppure no. Senza è più colloquiale. Lo stesso dicasi per la scelta di usare “a” al posto di “al”, “allo” alla”, “alle”, “agli”. Più colloquiale con “a” ma non si può sempre usare la preposizione semplice. Vediamo altri esempi per capire meglio:
Allora ci vediamo più tardi ok? In quanto al problema di cui stavamo parlando, ne discutiamo domani.
In questo caso “al” non può diventare “a” perché mi sto riferendo a uno specifico problema (il problema di cui stavamo parlando)
Com’è Francesco, simpatico? Oppure vi ha creato problemi? Risposta: Guarda, (in) quanto a problemi, ce ne ha creati parecchi, ma non è affatto antipatico. direi un po’ troppo esigente. Vuoi sapere com’è andata la tua gara? Allora, in quanto a/al tempo direi benissimo, (in) quanto invece a/alla disciplina, può ancora migliorare. Come va quanto a lavoro? Risposta: non ho molto da fare recentemente Quanto al nuovo lavoro, come va? Risposta: va tutto bene, grazie
Voi mi chiederete adesso: ma quanto dura questo episodio? E quando arriverà il ripasso quotidiano? Risposta: Quanto alla durata, ho avuto bisogno di un po’ più di tempo. Quanto invece al ripasso, arriva subito. Le voci sono come sempre quelle dei membri dell’associazione. Quanto a noi, ci sentiamo domani.
Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente
Irina (California): Oggi ragazzi è veramente un tempaccio qui. Ha diluviato tutta la notte salvo un’oretta stamani.
Peggy (Taiwan): anche da me piove. Non sarebbe un problema se non fosse che non poso fare lavatrici. Comunque da qualche minuto a questa parte ha smesso.
Edita (Repubblica Ceca): Il cielo da me non si presta a facili previsioni. A momenti ci sono nuvole, a momenti scompaiono. Le previsioni dicono che pioverà ma ancora non c’è nessun temporale in vista.
Rafaela (Spagna): dai che ci scappa ancora un’altra frase!
Ulrike (Germania): Eseguo l’ordine di continuare. Ma l’argomento mi va di traverso un po’. Un discorso sul tempo, dai… siamo alla frutta? Comunque il tempo è quello che è anche qui in Italia. Volevo fare una passeggiata ma visto che piove, come non detto!
Marcelo (Argentina): non sia mai detto che rinuncio alla passeggiata! anche in caso di acquazzone, quant’è vero Iddio, alla passeggiata non ci rinuncio!








