686 Si fa prima

Si fa prima (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: Ciao ragazzi, che si fa oggi?

Oggi potremo occuparci proprio di “si fa“, due piccole paroline che messe insieme si possono usare in diversi modi, sia semplicemente come ho fatto io, sia mettendole insieme a qualche altro termine. In questo modo si formano alcune locuzioni che hanno un significato particolare, come:

Si fa prima

Si fa tardi

Si fa presto

Si fa per dire

ed altre ancora.

Ci siamo già occupati di “Si fa per dire“,

Oggi vorrei parlarvi di “si fa prima“, una locuzione informale che si può usare quando soprattutto parliamo del tempo che occorre per fare qualcosa.

Stiamo in particolare facendo un confronto.

Quanto tempo occorre per andare a Roma con la macchina?

Una possibile risposta potrebbe essere:

Perché andarci in macchina? Si fa prima con l’aereo!

Avrete sicuramente capito che “si fa prima” sta per “si impiega meno tempo“, “occorre meno tempo“.

Quindi stiamo facendo un confronto che riguarda il tempo. Qual è la strada più veloce? Si fa prima da questa strada o da quest’altra?

Attenzione però, perché “si fa prima” può indicare anche una sequenza di operazioni, e non un’operazione che richiede meno tempo rispetto a un’altra.

A esempio:

Nelle espressioni matematiche si fa prima la moltiplicazione o la somma?

La risposta è:

“Si fa prima la moltiplicazione” e dopo la somma.

Stiamo dando un ordine. Prima si fa la moltiplicazione e poi (cioè dopo) la somma.

Oppure:

Cosa si fa prima di spedire una lettera? Prima si scrive e poi si spedisce. Mi pare chiaro.

Anche in questo caso stiamo dando un ordine di operazioni da fare.

Attenzione quindi a queste due modalità di intendere “prima“. Si può intendere un ordine –  e in questo caso prima di contrappone a dopo – oppure “prima” indica un minor tempo per fare qualcosa. 

Naturalmente in entrambi i casi stiamo parlando in modo impersonale.

Vi faccio notare però che a volte “si fa prima” si può usare anche in senso ironico, quando voglio sottolineare una eccessiva complessità di qualcosa, inoltre spesso si fa riferimento, anche senza fare ironia, anche alla minore complessità, a una maggiore facilità, una minore difficoltà nel fare qualcosa anziché un’altra. Non parliamo necessariamente di tempo. 

In Italia si fa prima a fare un figlio che a prendere la patente.

Questo è un uso ironico. Voglio dire che prendere la patente di guida è particolarmente complesso, impegnativo o richiede molto tempo. In confronto, ci vuole meno tempo a fare un figlio!

Che pizza, l’autobus non passa! E’ un’ora che aspettiamo! Si fa prima a andare a piedi!

Si tratta di linguaggio informale, questo è bene chiarirlo.

Quando una squadra non vince, si fa prima a cambiare l’allenatore piuttosto che tutti i calciatori.

Quest’ultimo esempio fa riferimento più che alla velocità, cioè al minor tempo, direi piuttosto alla semplicità di una scelta rispetto ad un’altra.

Ho acquistato un oggetto del valore di 1 euro su Amazon, ma non funziona. Si fa prima a ricomprarlo che a chiedere la sostituzione!

Degli amici calabresi mi hanno invitato a pranzo. Volete sapere cosa ho mangiato? Si fa prima a dire cosa NON ho mangiato!

Questo è un altro esempio ironico in cui uso “prima” per indicare qualcosa che richiede meno tempo e/o meno impegno.

Questa modalità di utilizzo di “prima” spesso si usa per dare un consiglio a una persona o come semplice considerazione, ma in questo caso non è più impersonale:

Tuo marito ti tradisce? Vuoi che cambi il proprio comportamento? Hai deciso di portarlo a fare psicoterapia? Vuoi riconquistarlo attraverso della lingerie sexy? Ma non fai prima a cambiare marito? Non è più facile?

Si è rotta la macchina quindi sono rimasto a piedi a 500 metri da casa. Chiamo i soccorsi? Faccio una telefonata a mio fratello che mi viene a prendere? Oppure faccio prima andare a casa a piedi?

Se volessi esprimermi in modo meno informale, a seconda delle circostanze, potrei dire:

E’ più conveniente che io torni a piedi (anziché dire “faccio prima a tornare a piedi”)

Credo ti convenga cambiare marito! (e non “fai prima a cambiare marito”)

E’ preferibile dire cosa non ho mangiato (anziché “si fa prima a dire cosa non ho mangiato).

Si parla quindi di “convenienza” in generale, non necessariamente di tempo impiegato o da impiegare.

A volte si sostituisce “prima” con “meglio“, ma sicuramente è bene usare “si fa meglio” quando si parla di qualità di una scelta:

Il pane si fa meglio a mano che con la macchina impastatrice.

Anziché dire stupidaggini, nella vita spesso si fa meglio a tacere

Si parla quindi di una scelta migliore rispetto a un’altra.

Altre volte il confine tra qualità e convenienza è meno evidente, e allora si potrebbe dire ad esempio:

Siamo a 500 metri da casa. Si fa meglio a andare a piedi piuttosto che chiamare un taxi.

Si potrebbe rispondere:

Non so se sia meglio, sicuramente si fa prima a piedi!

Domani vediamo “si fa presto“. Nel frattempo si è fatto tardi… allora ripassiamo!

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Ulrike: Io in generale con l’oroscopo non ho niente a che spartire

Irina: io penso che siano stupidaggini, fesserie o sciocchezze, che dir si voglia. Naturalmente faccio salvo il libro sui segni zodiacali pubblicato da Italiano Semplicemente, che è l’audiolibro migliore ideato da Gianni, il nostro professore indefesso

Rafaela: è un audio-libro pensato per chi vuole imparare come descrivere i tratti del carattere delle persone. Un capolavoro, altro che storie, ed io sicuramente non mi ritengo una ruffiana dicendo così. 

Marcelo: torniamo a bomba però. Neanche io sono per dare credibilità all’oroscopo, ma ciò non toglie che di volta in volta io mi tolga lo sfizio e lo legga, non fosse altro che per divertirmi.

Bogusia: sapete che proprio oggi mi è capitato di imbattermi in un oroscopo per l’anno venturo. Lo spunto per leggerlo era il titolo che iniziava con la frase di due minuti con italiano semplicemente. La sorte e la mia insaziabile curiosità hanno voluto che io lo leggessi, vai a capire perché. Vi dico cosa diceva l’oroscopo: Altro che cattiva sorte. Il 2022 sarà una pioggia d’oro per questi segni baciati dalla fortuna e ricompensati dalle stelle: Leone e pesci . Perché mi ha colpito? Si dà il caso che siamo in tanti nell’associazione ad essere nati sotto il segno dei pesci, ivi incluso il nostro professore. Non so se ci andrà veramente di lusso l’anno prossimo (per inciso, anche io sono dei pesci) o se dovremo venir meno alle nostre aspettative in merito, ma spero che sia la verità. Auguro a tutti i leoni e pesci buona fortuna, ma mi raccomando, stiamo in campana con questo virus. 

685 Adito

Adito (scarica audio)

Trascrizione completa disponibile solo per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (EntraRegistrati)

Descrizione

Il termine “adito” non è mai usato dagli studenti non madrelingua. Vediamo come si usa e quali sono le differenze tra “dare adito” e “dare luogo“.

684 Dare luogo a

Dare luogo a (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: ricordate l’episodio che abbiamo dedicato a causare, generare, provocare e produrre?

Oggi ci occupiamo di una modalità particolare che si può ugualmente usare per esprimere una conseguenza, o un effetto.

Abbiamo visto anche la locuzione “per via di“, e nello stesso episodio abbiamo parlato anche di “grazie a” , “per merito di” , “per colpa di” .

Queste ultime sono sicuramente le più utilizzate dagli italiani e anche da voi non madrelingua.

Sicuramente però la locuzione che voglio spiegarvi oggi voi non la utilizzate praticamente mai:

Dare luogo a

Oppure

Dar luogo a

Anche questa locuzione serve ad esprimere una conseguenza. Non esprime necessariamente una colpa o un merito di qualcosa che accade, ma semplicemente un effetto, un risultato, che può essere negativo o positivo.

Nella maggioranza dei casi però, questo bisogna dirlo, “dar luogo” esprime una conseguenza poco gradevole, diciamo negativa, non desiderabile, a volte solo potenziale.

Eppure nei dizionari leggiamo che dare luogo significa lasciar passare una persona, oppure cedere il proprio posto a qualcuno. Quindi ad esempio:

dare luogo a una persona anziana

Bisogna dire che però in questo modo sicuramente non si usa molto spesso.

I dizionari ci dicono anche che dare luogo significa anche fare intervenire, fare seguire, fare in modo che qualcosa accada.

Posso dire ad esempio:

Bisogna dar luogo a un cambiamento

Cioè: bisogna far sì che avvenga un cambiamento, bisogna agevolare un cambiamento, occorre favorire un cambiamento.

È un modo poco informale, sicuramente, di esprimersi, ed è parecchio usato nei telegiornali e nelle dichiarazioni fatte dai personaggi politici italiani, quando si esprime la volontà di favorire qualcosa, quando si vuole permettere qualcosa:

Occorre dar luogo a interventi immediati per combattere la crisi.

Vedete che si usa in fondo anche con un senso simile a “fare“, oltre che favorire e permettere. C’è spesso un invito all’azione.

Il modo più diffuso, ad ogni modo, resta quello legato alle conseguenze, con un senso simile a “generare“, “produrre“, “causare“:

Oggi sono previste intense precipitazioni, che possono dar luogo a frane e smottamenti del terreno.

Quindi in conseguenza della forte pioggia (intense precipitazioni) si potrebbero verificare frane e smottamenti del terreno, crolli.

Le ultime decisioni del governo potrebbero dar luogo a forti proteste

Anche qui è simile, generare, produrre e causare. Potrei anche dire:

Alle ultime decisioni del governo potrebbero seguire forti proteste

Quindi “dare luogo” si può usare correttamente nel senso di permettere, favorire, come abbiamo detto, ma questo uso è abbastanza appannaggio di un certo tipo di linguaggio, più adatto al lavoro e al linguaggio dei politici e giornalisti.

L’uso più frequente di “dare luogo” è invece, è bene ribadirlo (cioè confermarlo), nel senso di generare, produrre come risultato.

Vediamo altri esempi e poi ripassiamo gli episodi precedenti:

Le ultime dichiarazioni del presidente hanno dato luogo ad accese polemiche.

Meglio non parlare troppo oggi alla riunione, per non dar luogo ai tuoi colleghi di accusarti come al solito.

Non devono vederci insieme, sarebbe un male per me se dessi luogo a pettegolezzi.

Non hai parlato troppo chiaro. Le tue parole daranno sicuramente luogo a tante interpretazioni.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Edita: oggi è arrivato il freddo e la neve in Italia. Possiamo dire che è arrivato l’inverno a tutti gli effetti.

Irina: in California ci sono 21 gradi invece. Ma non voglio farvi rosicare!

Ulrike: rosicare noi? Noi siamo in Italia, hai presente? Spaghetti, parmigiano, caponata, polenta, trippa al sugo e via dicendo. Altro che California!

Anthony: Ci risiamo con i litigi ragazzi!

Marguerite: dai, è divertente prendersi in giro, che sarà mai!

Cat: mi state facendo venir fame! E dalle mie parti non c’è verso di trovar cibo italiano! Il resto lascia decisamente a desiderare.

Peggy: è vabbè allora sapete che facciamo? La prossima estate, covid permettendo, andiamo tutti a Roma alla riunione dei membri di Italiano Semplicemente. Sempre che Giovanni sia d’accordo.

Sofie: io verrò sicuramente e porto anche tutto il cucuzzaro, cioè marito e figli.

Hartmut: magari. È grasso che cola se riesco a venire da solo/a! Però ci provo lo stesso. Ammesso e non concesso che in ufficio mi concederanno le ferie!

Marcelo: oggi abbiamo rispolverato espressioni che non usavamo da illo tempore! Vi consiglio di andarle a ripassare, ivi incluse le prossime.

Cat: lo farò senza meno. Come sempre. Prendiamo atto che Giovanni sta alzando forse un po’ troppo il tiro. Facciamocene una ragione.

683 Tutto il cucuzzaro

Tutto il cucuzzaro

File audio MP3 disponibile solo per i membri del’associazione Italiano Semplicemente (EntraRegistrati)

Trascrizione

Giuseppina: può capitare che un termine specifico che si usa in un gioco trovi il modo di entrare nel vocabolario per essere usato in situazioni particolari.

È il caso del termine cucuzzaro, che deriva da cocuzza, che in dialetto calabrese e siciliano significa zucca.

Nel “gioco del cucuzzaro” si pronuncia appunto la frase “tutto il cucuzzaro”, e il cucuzzaro in quel gioco è la persona che conduce il gioco, ma si rappresenta la persona che vende le zucche.

Dunque il cucuzzaro è una persona, nel gioco del cucuzzaro.

Nel linguaggio informale invece, quando si dice questa frase: tutto il cucuzzaro, si intende “tutto quanto” o “tutti quanti” in riferimento a persone o anche a cose.

Ovviamente è una modalità scherzosa, quindi è simile ad altri termini più o meno simili che si usano in queste occasioni, come combriccola e banda, riferito a persone e armamentario e ambaradan (riferito a cose).

Anziché dire tutta la famiglia al completo, o tutti quanti i figli, si potrebbe così usare “tutto il cucuzzaro”.

Vediamo qualche esempio:

Siete invitati a cena stasera.

Dobbiamo venire soli o portare tutti e 5 i figli?

Portate pure tutto il cucuzzaro, c’è da mangiare in abbondanza!

Quindi l’espressione si usa per estendere a tutti o a tutto, cioè a una collettività o un gruppo, un invito o qualunque altra cosa.

Altro esempio:

Stanotte nel quartiere la polizia ha arrestato una ventina di persone per traffico di stupefacenti.

Chissà se hanno arrestato anche il dott. Bianchi o qualcuno della sua famiglia.

Si, altroché, non solo lui, ma pare abbiano preso tutto il cucuzzaro, altro che qualcuno!

Un ultimo esempio, che sottolinea ancora una volta il senso di estendere qualcosa a più persone (quasi sempre) o cose:

Io alle prossime elezioni non vado a votare, perché non c’è alcuna differenza secondo me tra destra, sinistra, centro e tutto il cucuzzaro. Sono tutti uguali!

In questo caso sto estendendo il mio pensiero a tutte le forze politiche, nessuna esclusa.

In questa occasione come in altre è un po’ come dire “anche tutto il resto”, “e tutti gli altri“. Si tratta appunto di un’estensione fatta con senso dispregiativo o semplicemente con un tono ironico.

Anche stavolta le zucche, anzi le cocuzze non c’entrano niente!

Adesso ripassiamo.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Irina: vi propongo un argomento che darà luogo a accese discussioni: secondo voi, può essere giustificabile una avventura extraconiugale?

Marcelo: mi prendi in contropiede, perché non ho mai pensato neanche a sposarmi, figuriamoci al tradimento.

Karin: scusate ma l’espressionedare luogo, usata da Irina, non mi risulta sia mai stata oggetto di un episodio.

Hartmut: non sbagli, ma non vorrai mica eludere la sua domanda. Vero? In merito all’espressione dare luogo, evidentemente un motivo ci sarà perché è stata utilizzata.

Karin: va bene, allora per non dare adito a polemiche, rispondo che per me, l’unico caso in cui si possa tradire il proprio partner è che lui ne sia a conoscenza e che sia d’accordo.

Sofie: beh, sicuramente questo non sarebbe qualificabile come tradimento a tutti gli effetti, sicuramente però, per sgombrare il campo da ogni dubbio sul mio pensiero, non accetto il tradimento per ripicca. E poi, scusate l’inciso, ma ci sarebbe anche un’altra espressione che non è mai stata spiegata prima: dare adito. E mi fa specie che sia stata proprio Karin a farlo, che prima si lamentava tanto per l’espressione “dare luogo” .

Marguerite: non è che stiamo mettendo troppa carne al fuoco? Oh no, l’ho fatto anch’io!!

André: va beh ragazzi, ma la domanda di Irina sui tradimenti mi sembrava interessante. Nessun altro vuole raccogliere la sfida? Io dico che il tradimento non si giustifica mai, fatto salvo se sono io a farlo.

Ulrike: ah, André, se tanto mi dà tanto, questo significa che l’hai già fatto! Vero?

André: sì! No, no! Beh... hai una domanda di riserva?

Peggy: Personalmente, se mi venisse chiesto non sarei mai accondiscendente. In caso contrario non so se sarei mai disposta a tollerare una cosa simile, in quanto credo che uno se lo fa una volta, poi lo farà anche una seconda, una terza e cosi via. Spesso e volentieri, tale comportamento avviene per via dell’insoddisfazione che, col tempo, deriva dal rapporto di coppia, che come sappiamo esclude rapporti extra-coniugali. Quando due persone hanno deciso essere fedeli e prendersi cura amorevolmente l’uno dell’altro e poi accade questo, allora, a questo punto, ritengo sia meglio trasformare la relazione coniugale in una di amicizia.

682 Una domanda di riserva

Una domanda di riserva (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: oggi, in questo episodio della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente vediamo il termine riserva.

Ampiamente utilizzato nella lingua italiana, quella di tutti i giorni, ma in generale sia nella lingua formale che informale.

La riserva esprime un concetto semplice: qualcosa che potrebbe servire, che potrebbe essere utile per diversi motivi, ma che inizialmente non viene utilizzato. Si utilizza solamente in caso di necessità.

Questo è il significato principale, poi ce ne sono alcuni particolari che appartengono a usi specifici.

Ma vediamo invece l’uso di cui vi ho parlato.

Nello sport, la riserva è costituita da ciascuno degli atleti che partecipano a gare e campionati solo in caso di indisponibilità di un titolare.

Quindi ad esempio nel calcio la riserva è fatta da calciatori che entrano e giocano solo se l’allenatore decide sia il caso. Si chiama più comunemente “panchina” in questo caso, perché questi calciatori stanno seduti in attesa di entrare in campo.

Anche nel linguaggio militare, la riserva è l’insieme delle persone che potrebbero partecipare ad una eventuale guerra ma che in questo momento non sono militari, ma persone normali. Non si sa mai!

In macchina invece “stare/trovarsi in riserva” indica che abbiamo poco carburante a disposizione, quindi si accende la spia rossa della riserva, il che significa che dobbiamo fare rifornimento al più presto altrimenti resteremo senza carburante.

Allora adesso passiamo alla “domanda di riserva” che dà il titolo all’episodio di oggi.

Una espressione che si utilizza in caso di necessità.

Ma quale sarebbe questa necessità?

Si tratta in realtà di una espressione scherzosa, che si usa normalmente quando c’è una domanda scomoda, o difficile, alla quale non vogliamo rispondere o preferiremmo non rispondere.

Una domanda si dice “scomoda” quando reca disagio, o imbarazzo o disturbo.

La domanda potrebbe anche essere compromettente, cioè impegnativa, ma nel senso che rispondendo a questa domanda potrebbe derivare un certo rischio o danno, specie per la reputazione di chi risponde. Tipo:

Ma lei ha mai avuto a che fare, nella sua vita, con la mafia?

Oppure:

Hai qualche strana fantasia sessuale?

Sei mai stato infedele?

Si può semplicemente non rispondere a domande di questo tipo, oppure, per buttarla sul simpatico, potete rispondere così:

Non c’è una domanda di riserva?

Un ultimo esempio:

Ciao, com’è andata ieri sera con Paola? So che era il vostro primo appuntamento. Dai raccontami!

Risposta: Hai una domanda di riserva?

Questo tipo di risposta è chiaramente un modo ironico ed anche molto chiaro per dire che qualcosa è andato storto (cioè è andato male). Meglio non parlarne quindi.

È una battuta che si può fare anche con domande meno impegnative, tipo:

Come stai?

Come butta? (molto giovanile)

Come è andata al lavoro oggi?

Che mi racconti di bello?

In tutti questi casi è accaduto qualcosa di brutto o negativo e preferiamo non parlarne.

Un altro esempio:

Una ragazza, in piena notte, sveglia il suo fidanzato e gli chiede:

Ma tu, sinceramente – guardami negli occhi – mi ami?

Quale risposta migliore di:

Una domanda di riserva?

Marguerite: Adesso ripassiamo? Niente domande di riserva stavolta.

Peggy: certo, anche perché quella che hai appena fatto è una domanda retorica.

Marcelo: bando alle ciance ragazzi, c’è qualche idea come si deve?

Bogusia: Oggi sono sguarnita di idee per il ripasso. Ne ho ben donde però. I miei pensieri ruotano attorno al dolore che provo da ieri: il mal di denti. Mi girano, come si suol dire, quando penso che mi tocca andare dal dentista. Non c’è incubo peggiore, ma resta pur sempre l’ultima spiaggia per chi ci soffre. Mannaggia!

681 Essere provato

Essere provato

File audio MP3 disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

 

Trascrizione

Giovanni: Dopo aver provato a spiegarvi, nell’ultimo episodio, uno degli utilizzi del verbo provare, oggi ne vediamo un altro.

Essere provato, infatti, è completamente diverso da aver provato.

Essere provati significa semplicemente essere stanchi, ma è una stanchezza che può essere di due tipi diversi.

Può essere una grande stanchezza, quindi essere provato è come essere stanchissimo, essere esausto, non avere più energie.

Il secondo uso si riferisce imvece ad una stanchezza diversa, non solo fisica ma anche mentale. Si può trasmettere anche un senso di sofferenza.

Ecco che allora una persona provata può esserlo perché non ha più le energie, fisiche o mentali, ma si può dire anche di persone che recano i segni di esperienze difficili o dolorose:

È una famiglia provata dalle disgrazie

Quest’uomo è visibilmente provato dagli anni

Sono veramente provato. Dopo 25 esami all’università e il dottorato non vedo l’ora di iniziare a lavorare.

Posso anche dire che:

Un contadino può essere provato dalla fatica

In questo caso si parla di fatica, ma non necessariamente di fatica di una giornata di lavoro, bensì quella di una vita di lavoro e sacrifici.

Provato è quindi un aggettivo, proprio come stanco e esausto, e si usa solo per le persone o al limite per un animale, che so, ad esempio un asino provato dalla fatica o un qualunque animale provato dagli anni, provato dall’età.

Potrebbe sembrare che non ci sia nessun legame col verbo provare, inteso come sperimentare, tentare.

Ma vediamo la frase seguente:

I ragazzi, dopo quattro ore di maratona, sono stati provati dallo sprint finale.

Oppure:

L’ultima salita mi ha provato!

In questo caso, essere provati da qualcosa si avvicina a “essere messi a dura prova” , o semplicemente “essere messi alla prova” .

Quando qualcosa ci mette alla prova, questa è una sfida da vincere, ed è una sfida molto difficile da vincere.

Non è sicuro che si riuscirà a vincere, perché la sfida ci metterà alla prova, ci metterà a dura prova.

La prova sarà dura e solamente provando si può verificare se possiamo veramente farcela.

La cosiddetta “prova” è infatti un sinonimo di sfida, qualcosa da superare, qualcosa che ci impegnerà duramente.

Dunque possiamo sentirci provati dopo che qualcosa ci ha messo a dura prova dal punto di vista fisico o mentale, ci ha estenuati.

È vero o no che la lotta contro il virus ha messo alla prova i sistemi sanitari di tutto il mondo?

È anche vero che tutti noi ma soprattutto i medici che sono in prima linea sono provati da due anni di lotta contro il Covid.

Notate che normalmente si usa il verbo essere, ma possiamo anche usare sentirsi:

Mi sento provato dalla fatica

Ci sentiamo provati da tanti anni di lavoro

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

irina russiaIrina: Ciao a tutti. Vorrei rispondere a Marcelo e complimentarmi con lui per i suoi bei ripassi che ha fatto di recente. Riprendendo il suo discorso sull’attività fisica e l’alimentazione, direi che schiaffarsi sul divano dopo aver mangiato, magari dopo aver anche sforato col cibo, è una cosa normale da fare, no? Non sono un medico ma l’attività fisica dopo un pranzo abbondante direi proprio che sia il caso di evitarla.

Karin: Sì, lo penso anch’io. Trenta e anche passa minuti per il riposo, dopo aver mangiato a crepapelle credo sia la mossa giusta da fare altro che storie!

Albéric: guarda, con me sfondi una porta aperta, però bisogna comunque stare alla larga dai cibi troppo pesanti. State sempre sul chi vive riguardo all’alimentazione, altrimenti la pesantezza, giocoforza, è inevitabile e si rischia di prendere una brutta piega col tempo.

Hartmut: concordo. Va bene ogni tanto mangiare e divertirsi, ma si dà il caso che il colesterolo non si possa prendere alla leggera. Avete sicuramente ben presente il fatto che la cattiva qualità del sonno può essere un campanello di allarme per il colesterolo alto, vero? Livelli alti, appunto, possono causare disturbi del sonno.

Anthony: per quanto mi riguarda, In quanto medico, ce ne sarebbero di cose da dire ma
non voglio tediarvi con noiosi paroloni scientifici. Sicuramente bisogna sgombrare la tavola dai cibi più grassi, che causano maggiore pesantezza . Non siate ossessionati però. Mangiare troppo fa male ma di qui a dire che un singolo peccatuccio di gola sia deleterio ce ne vuole. La parola d’ordine è “moderazione”.

Peggy: Io veramente ne faccio anche qualcuno in più di peccatuccio di gola, ma in compenso faccio molta attività fisica. Per tenere a bada il colesterolo poi mangio 5 porzioni di frutta e verdura al giorno e al contempo cerco di scegliere cibi ricchi di fibre come il pane integrale, legumi e cereali.

bogusia poloniaBogusia: ho capito, volete farmi sentire in colpa perché non so resistere a patate arrosto e salsicce? Ma non è colpa mia. Tra la mia voglia di moderazione e le salsicce che mi dicono “mangiami” la sfida è impari.

Ulrike: non me lo dire! Con me un piatto non resta mai Intonso! Inoltre sono di un goloso pazzesco! Ma da domani, quant’è vero Iddio, mi metto a dieta!

Khaled: e fu così che si mangiò tutto il frigorifero! Le ultime parole famose!

680 Provare qualcosa

Provare qualcosa (scarica audio

cosa provi per me?

Trascrizione

Giovanni: episodio 680 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Avete mai provato a parlare in italiano?

No? Perché non provate allora?

Provare è il primo passo verso il successo!

A proposito, sapete che il verbo provare ha più di un significato?

Non ha infatti solamente il senso di verificare, quindi non è solamente legata ai tentativi, alle prove, alle verifiche.

Ha a che fare anche con altre questioni. 

Trascrizione completa disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

richiesta adesione

679 Essere deputato a

Deputato (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: episodio 679 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Sicuramente ciascuno di voi, all’interno dell’attività in cui lavora, è deputato a svolgere determinate mansioni. Non è vero?

Essere deputati è l’argomento di oggi. 

Il termine deputato, direte voi, è un sostantivo, perché i deputati sono coloro che compongono il ramo inferiore del Parlamento italiano (detto appunto Camera dei deputati) oppure anche coloro che fanno parte del Parlamento europeo. Anche loro si chiamano deputati. In quel caso si può dire “essere un deputato”.

Ma deputato è anche un aggettivo, infatti è simile a “incaricato di un compito“, quindi si tratta di una persona destinata a una mansione specifica. Ma non è detto si tratti di una persona 

Una commissione deputata al controllo

Un gruppo di lavoro deputato a redigere un contratto

Un luogo deputato allo svolgimento di riunioni

Un organo deputato alla riproduzione

Vedete che si usano sempre le preposizioni a, al, alla, agli, allo, alle, alle.

A cosa sei deputato nella tua azienda?

E’ un po’ come chiedere: cosa fai? Di cosa ti occupi nello specifico? Quali sono le tue responsabilità?

Oppure:

A cosa serve quest’aula? A cosa è deputata? Cosa ci si fa in quest’aula?

A cosa serve la milza?

Il suo compito è di produrre globuli bianchi, è l’organo deputato a ripulire il sangue dai globuli rossi invecchiati.

Oppure:

Gli anticorpi sono deputati alle difese immunitarie

Le fibre bianche sono deputate agli sforzi brevi ed intensi

Le agenzie di viaggio sono deputate allo svolgimento di servizi 

Il difensore, in una squadra di calcio. è deputato a ostacolare gli attaccanti 

Capite bene che è un aggettivo che si usa poco nel linguaggio di tutti i giorni, dove si usano preferibilmente frasi diverse:

A cosa serve?

Chi se ne occupa?

Che attività fanno?

Esiste anche il verbo deputare, anch’esso abbastanza formale.

Colui che deputa, decide il compito di qualcuno o qualcosa, quindi è simile a “designare” per lo svolgimento di un incarico o di una missione o di un compito qualsiasi
 
Deputare un lavoratore a un compito specifico
Chi è stato deputato a fare le pulizie?
Chi è stato deputato a rappresentare il governo in Europa?
Da sempre sono io la persona deputata a questo incarico

Adesso passiamo al ripasso del giorno, per il quale ho deciso di deputare Marcelo.

Marcelo (Argentina): No grazie, l’episodio può anche terminare così, A dire il vero avevo iniziato un ripasso ma poi l’ho lasciato perdere. Immagino che sarebbe stato un mero pippone non degno di nota. Mica sono bravo come tutti voi! Non è il caso di schiaffare qui qualcosa di primitivo che prevede sgrossature e limature eccessive. Ciò non toglie che mi sono scatenato scrivendo quella pappardella improponibile. Ragion per cui il processo è stato pure utile. Come si suol dire: perso per perso, almeno ne ho tratto giovamento. 

678 Stare sul chi vive, stare sul chi va là

Stare sul chi vive (audio )

Trascrizione

Giovanni: buongiorno amici. Oggi vediamo un’espressione molto curiosa:

Essere/stare sul chi vive.

Con stare sul chi vive si indica quel particolare stato d’animo caratterizzato da una tensione tale che lo fa stare molto attento a qualsiasi cosa gli accada intorno.

Si usa il il verbo vivere perché bisogna stare svegli, attenti, concentrati alle cose che accadono.

L’origine è il linguaggio militare: simile a “stare in guardia”, essere pronti a fronteggiare qualsiasi avvenimento o imprevisto; si intende un imprevisto sgradevole. Qualcosa potrebbe accadere da un momento all’altro.

Nel linguaggio militare, quando una sentinella vede qualcuno, chiede: “Chi vive?”

Con questo segnale la sentinella intimava a questa persona di farsi riconoscere.

Apriamo una breve parentesi sul verbo intimare.

Intimare è un verbo anch’esso molto usato nel linguaggio militare e sta per ordinare in modo perentorio: intimare l’alt a qualcuno; intimare di fermarsi, intimare di farsi riconoscere. E’ un ordine a tutti gli effetti.

Si utilizza anche nella giustizia nel senso di far conoscere a una persona una decisione di una autorità, nel senso di notificare in nome dell’autorità:

intimare lo sfratto a un inquilino

intimare a un teste di presentarsi a un’udienza eccetera.

Anche la polizia può intimare a delle persone di alzare le mani, oppure un arbitro di calcio, che rappresenta un’autorità in campo, può interrompere il gioco e invitare lo speaker ad intimare ai tifosi di smettere con i cori razzisti. E’ simile anche al verbo ingiungere, di cui ci occuperemo nel corso di Italiano Professionale.

Intimare non ha nulla a che fare con l’intimità naturalmente, sebbene l’origine sia la stessa.

Ma torniamo a bomba: “Stare sul chi vive” si usa ugualmente anche nel linguaggio militare e l’espressione “stare sul chi va là“, ha lo stesso significato ma è più informale.

Chi va là!

Significa la stessa cosa: chi c’è? Chi è? Chi c’è là? Quindi anche questo è un modo per intimare a qualcuno di farsi riconoscere in ambito militare.

Se usciamo da questo mondo però, che è ciò che ci interessa, le due espressioni “stare sul chi va là” “stare sul chi vive” si usano come dicevo nel senso di stare molto attenti a qualsiasi cosa accada.

Se siamo ad esempio con una tenda in mezzo al bosco, di notte bisogna stare sul chi vive, perché non si sa mai cosa può accadere. Un animale si potrebbe avvicinare alla tenda, degli insetti potrebbero entrare, il vento potrebbe portar via la tenda, oppure potrebbe allagarsi eccetera.

Se partecipo ad un concorso e da un giorno all’altro potrebbe uscire la data del colloquio, ma non si sa esattamente quando uscirà; allora bisogna stare sul chi vive perché altrimenti potremmo dimenticare di controllare.

Naturalmente un non madrelingua è abituato, in tutti questi casi, ad usare “stare attento” o “stare concentrato“, o “prestare attenzione”, ma queste  modalità sono più adatte ad uno studente che deve seguire una lezione, o a una persona che guida l’automobile e deve prestare attenzione mentre guida. 

Invece “Stare in guardia” è una espressione che si avvicina maggiormente a “stare sul chi vive“, perché ha ugualmente a che fare col pericolo. Significa assumere un atteggiamento di vigile attesa e difesa. E’ adatto a un pugile che deve stare attento a non farsi colpire dall’avversario, ma si usa normalmente per indicare qualsiasi tipo di pericolo.

Esiste anche “guardarsi le spalle” se questo pericolo può arrivare da qualcuno che ti tradisce.

Si usa spesso anche stare all’erta” e “stare in campana, due espressioni di cui ci siamo già occupati. 

In famiglia un genitore può esortare il proprio figlio a stare sul chi vive quando esce per andare in un posto potenzialmente pericoloso. Stavolta meglio usare il verbo “esortare” e non intimare. Esortare sta per spingere, spronare, cercare di indurre a un certo comportamento, facendo leva sugli affetti e magari sulla ragione. Si può usare anche “incitare” (come fanno i tifosi allo stadio).

Ti esorto alla prudenza

Ti esorto a essere prudente.

Ti esorto a stare sul chi vive

Suona un po’ formale nel caso del genitore col figlio. Magari in casi come questi meglio “invitare“:

Ti invito a stare sul chi vive

o semplicemente:

Stai sul chi vive, mi raccomando!

Stare sul chi vive è, tra tutte, l’espressione meno popolare, e, se vogliamo, quella più usata anche nel caso di un pericolo non fisico, non legato alla vita, ma anche, molto più genericamente, può indicare una attesa vigile, vedendo ciò che accade, prima di fare qualcosa, come nel caso del concorso: biusogna stare sul chi vive in attesa di fare la domanda di partecipazione.

Il fatto che sia legato anche all’attesa lo dimostra il fatto che si usa spesso insieme a “per ora“, “per il momento“. Es:

Per ora meglio stare sul chi vive. Vediamo cosa succede e poi vedremo cosa fare.

 Non prendiamo decisioni azzardate. Stiamo sul chi vive per il momento e se qualcuno prova a dire qualcosa, sapremo cosa rispondere.

Che ne dite se adesso ripassiamo? Vi esorto ad ascoltare il seguente ripasso dalle voci di alcuni membri dell’associazione, che stanno sempre sul chi vive in attesa che gli chieda sempre qualcosa da registrare! 

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Marcelo (Argentina): Oggi non mi sento in vena di fare la solita passeggiata. Ci sono motivi? Sicuramente ma non è stato così facile capirli. Ho dovuto fare mente locale, e così ho trovato la causa principale. Ieri sera abbiamo cucinato un arrosto e credo di aver esagerato. A pensarci bene ho sforato col cibo, col bere e perfino col dolce. Il piacevole rovescio della medaglia è stato di aver condiviso un giorno con famiglia ed amici. Molto divertente.

Anne France (Francia): Condivido pienamente la tua sensazione di essere restii a passeggiare oggi. Purtroppo però sono un medico e sono giocoforza andare di nuovo alla carica. Ci sono i nuovi pazienti qua per le prime visite. Non vi dico quanto mi piacerebbe rificcarmi nel letto.

Anthony (Stati Uniti): ah sei medico? Allora a ragion veduta, credo che sarà meglio per la tua salute farla la passeggiata.

Hartmut (Germania): parli bene tu, con quello che hai mangiato! Ma se sei veramente convinto, qui ti voglio! Adesso dai il buon esempio tu. Hai voluto la bicicletta?

Edita (Rep. Ceca): va bene se volete riposatevi ma solo per oggi. Comunque perso per perso, almeno abbiamo fatto un bel ripasso, sempre che Giovanni lo approverà. Ci netterò una buona parola io. Vedremo se saremo stati all’altezza o se abbiamo sfigurato!

677 Metterci una buona parola

Metterci una buona parola (scarica audio)

Video YouTube con sottotitoli

Trascrizione

Giovanni: buongiorno amici, ho una novità da darvi!

Da oggi i nuovi membri dell’associazione Italiano Semplicemente potranno scegliere un tutor, vale a dire una persona che parla la loro stessa lingua, che fa già parte dell’associazione e che li potrà aiutare.

In questo modo tutto sarà più facile per i nuovi membri, anche se il loro livello non è molto alto.

Il tutor li aiuterà a prendere confidenza col sito e soprattutto con il gruppo whatsapp dell’associazione per poter iniziare a comunicare con tutti noi che ne facciamo già parte.

Di cosa si parla oggi nel gruppo?

Dove posso trovare sul sito questo episodio?

Avete già parlato di questo argomento?

Come faccio a partecipare con la mia voce agli episodi di italiano semplicemente?

Queste sono alcune delle domande più frequenti.

Spero che questa sia una novità gradita da tutti gli ascoltatori e lettori di italiano semplicemente che ancora non si sono iscritti all’associazione.

I nostri tutor parlano tutte le lingue del mondo, quindi a ciascuno il suo. Quando qualcuno vorrà iscriversi potrà subito indicare la persona che preferisce, altrimenti potrà sceglierla dopo, oppure potrà fare tutto da solo se conosce già italiano semplicemente e ha un sufficiente livello di italiano.

Allora bando ai convenevoli, adesso vi presento Sofie, che avete già ascoltato in numerosi episodi passati.

Sofie parla perfettamente l’italiano ma parla anche il fiammingo poiché è di nazionalità belga.

Lei è appunto uno dei tutor dell’associazione.

Lascio allora la parola a Sofie per l’episodio di oggi.

Sofie: episodio 676 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Qualche tempo fa abbiamo fatto un episodio sul termine “parola“.

Abbiamo accennato, in quell’occasione all’espressione “mettere una buona parola” su una persona.

Questa è un’espressione che si usa molto in Italia, soprattutto quando si parla di lavoro, ma non solo.

Si cerca di aiutare qualcuno, ad esempio ad essere assunto, a trovare un lavoro, oppure a ricevere un favore, una cortesia. Non si tratta necessariamente di qualcosa di illegale, perché in quel caso si preferiscono altre espressioni.

Si usa prevalentemente al futuro ma anche al presente indicativo, sempre però parlando di qualcosa che accadrà in futuro, oppure al passato.

Se io metterò una buona parola su di te vuol dire che parlerò bene di te, cercherò di aiutarti.

La parola è “buona“, cioè serve ad aiutare qualcuno, e la parola buona si “mette”, si mette “su qualcuno” oppure si “spende”, come il denaro.

Questo ad indicare il valore dell’atto, il valore del favore fatto a questa persona, sulla quale viene spesa una buona parola, o sulla quale viene messa una buona parola.

Vediamo qualche esempio:

Ti prego, mi aiuti a ottenere questo lavoro? Ci metti una buona parola tu su di me?

Certo, stai tranquillo. Spenderò qualche buona parola a tuo favore. Parlerò bene di te e dirò che sei una persona onesta e volenterosa.

Oppure:

Paolo ha messo una buona parola su di te con il regista per farti ottenerere almeno una parte nel prossimo film.

Un calciatore della Juventus ha messo una buona parola per l’acquisto di un suo ex compagno di squadra.

Mio figlio vorrebbe entrare a far parte del nostro gruppo, ma non so se il nostro presidente sia d’accordo. Ci puoi mettere una buona parola tu? Te ne sarei grata!

Sapete che io stessa sto registrando questo episodio grazie a qualcuno che ha speso buone parole per me con Giovanni. Quindi ci risentiremo spesso.

Si può dire anche mettere una buona parola sul mio conto, o sul tuo conto, o sul conto di qualcun altro.

Ho speso una buona parola sul tuo conto col direttore

Speriamo che qualcuno metta una buona parola sul mio conto anche per il prossimo episodio

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Karin: c’è una strana parola, UMARELL, originaria dal dialetto bolognese, che anche molti italiani non conoscono ma è una parola italiana a tutti gli effetti, essendo entrata nel dizionario italiano molto recentemente.

Marcelo: deriva dalla parola uomo, o meglio, da ometto, che può diventare omarello.

Cat: Avete presente quei signori anziani che si aggirano con le mani dietro la schiena per i cantieri dei lavori, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono? Questo è un umarell.

Peggy: mah, sarà! io non mi sono mai imbattuta nel mio paese in uno di questi signori, tantomeno in questa strana parola.

Ulrike: beh, si dà il caso che in Italia la temperatura spesso consenta di stare in giro senza problemi.

Anthony: pensate che è nata persino una piazza a Bologna con questo nome. Niente po’ po’ di meno!

Danita: per inciso, al plurale diventa umarells, con la esse finale. Alla faccia della grammatica italiana!

Marguerite: che curiosi che sono gli anziani! Se mi capita glielo dico per scherzo: curioso di un pensionato che non sei altro! Vuoi rispettare l’undicesimo comandamento?