Mettercela tutta

Mettercela tutta (scarica audio)

Giovanni: “Mettercela tutta“. Questa è l’espressione di cui ci occupiamo oggi.
“Mettercela tutta” significa impegnarsi al massimo, dedicare tutto il proprio sforzo e energie a qualcosa, fare del proprio meglio per raggiungere un obiettivo o affrontare una sfida. È un’espressione che sottolinea il massimo impegno e la determinazione nel perseguire un obiettivo.

E’ un’espressione del tutto equivalente ad altre, tipo: “dare tutto” o anche “dare tutto se stessi” o “dare l’anima” e simile anche a “sputare sangue”.

Ce ne sono anche altre abbastanza simili:

  • Dare il massimo
  • Sforzarsi al massimo
  • Impegnarsi al massimo
  • Fare del proprio meglio
  • Non risparmiarsi
  • Dare tutto quello che si ha
  • Dare tutto quello che si può

Ma torniamo all’espressione “mettercela tutta”, che utilizza il verbo “mettere”. Questo è chiaro.

Mettere nel senso di impiegare. In questo caso si parla di impegno, di energie, di sforzo, di fatica.
Si sottolinea l’azione di investire completamente se stessi in un’attività o in un obiettivo, indicando massimo impegno e dedizione.

Vediamo qualche esempio:

Nello studio:
“Sto studiando per gli esami e voglio davvero mettercela tutta quest’anno.”

Nello sport:
“L’atleta si è infortunato, ma vuole comunque mettercela tutta per tornare in forma.”

Nel lavoro:
“Ho un progetto importante da completare, e voglio mettercela tutta per consegnarlo entro la scadenza.”

Nelle relazioni:
“Dopo l’ultimo litigio, abbiamo deciso entrambi di mettercela tutta per far funzionare la nostra relazione.”

Nelle passioni personali:
“Ho iniziato a suonare la chitarra e voglio veramente mettercela tutta per migliorare la mia abilità musicale.”

Avrete notato che in “mettercela” c’è la particella “ce” che si riferisce al luogo o l’obiettivo. È anche possibile staccare ce dal verbo.

Es: ce la devi mettere tutta per superare l’esame

Cioè:

Devi mettercela tutta per superare l’esame.

Oppure:

Dovrò mettercela tutta affinché io possa battere il record del mondo

Cioè:

Ce la dovrò mettere tutta affinché io possa battere il record del mondo.

Questo si può fare anche con altri verbi, non solo con mettere. C’è già un episodio in merito (anzi due) fortunatamente, quindi potete dargli un’occhiata se vi interessa.

Avrete anche notato che si usa la forma femminile: mettercela e non mettercelo. Lo abbiamo visto anche in altri episodi. “La” a cosa si riferisce quindi?

Questa cosa di usare il femminile nelle locuzioni e espressioni idiomatiche è una caratteristica della lingua italiana e la forma femminile non è legata in questi casi al genere del sostantivo.

Parliamo di impegno che è maschile, o di dedizione che è femminile, o di energia, ancora femminile, o di sforzo, stavolta maschile. Potreste impazzire se andiamo avanti così…

Ci sono pertanto molte altre espressioni idiomatiche in italiano che seguono la forma femminile. Qualcuna di queste li abbiamo già trattate. Abbiamo anche parlato dei verbi pronominali una volta.

Es:

Farla fuori dal vaso (che ha un senso simile a esagerare)

Prendersela comoda

Buttarla in vacca

Buttarla in caciara

Farla finita

Finirla, piantarla

Prendersela con qualcuno (accusare qualcuno per qualcosa di accaduto)

Farla franca

Buttarla sul ridere (un’espressione che si usa per sdrammatizzare)

Farsela sotto

Bersela

Farcela

Passarla liscia

Vedersela

In tutte queste espressioni il cambiamento al maschile ne compromette il significato. Non avremo più un’espressione o una locuzione.

Spesso accade invece che la stessa modalità possa usarsi anche per riferirsi a un sostantivo femminile, ma in quel caso il senso è quello materiale.

Es: quanta pasta devo mettere nell’acqua?

Risposta: metticela tutta

Oppure: devi mettercela tutta, ce la devi mettere tutta.

Sto parlando della pasta (la) che devo mettere nell’acqua (“ce” indica il luogo).

In questo caso, quando mi riferisco al sostantivo, la frase ha lo stesso uso della forma maschile.

Es:

Ho un etto di formaggio qui, quanto ne devo mettere nella pasta?

Risposta: “ce lo devi mettere tutto” o “metticelo tutto” o “devi mettercelo tutto“.

Stavolta uso il maschile perché il formaggio è maschile.

In altre locuzioni simili, cioè che sono alla forma femminile, a volte accade la stessa cosa, vale a dire che posso usare il maschile o il femminile in senso materiale per riferirmi a qualcosa di maschile o femminile, ma in altri casi non si fa.

Le espressioni citate prima ad esempio non si usano quasi mai al maschile neanche in senso materiale. A volte si può fare però.

Ad esempio “prendersela comoda” potrei usarla così:

Dovrei prendere una poltrona, hai qualche consiglio da darmi?

Risposta: prenditela comoda! In questi casi bisogna prendersela comoda.

Chiaramente sto parlando della poltrona che deve essere comoda, cioè confortevole.

Adesso facciamo un esercizio di ripetizione. Ripetete dopo di me:

Ce la devi mettere tutta!

Stavolta ce la metterò tutta, caschi il mondo!

Metticela tutta mi raccomando!

Per mettercela tutta non ce la dobbiamo prendere comoda

Per farcela, dobbiamo mettercela tutta!

Se vuoi farla franca, devi mettercela tutta!

Mettetecela tutta se volete superare l’esame di italiano

Mi auguro che ce la mettano tutta i vostri figli per laurearsi in tempo.

Metterci la faccia (ep. 1030)

Metterci la faccia

DURATA MP3: 10:50

“Metterci la faccia” significa assumersi la responsabilità di qualcosa, mostrarsi pubblicamente o personalmente per difendere un’idea, una causa, un progetto o un’azione

A partire dal numero 1001, gli episodi di questa rubrica sono solamente per i membri dell’associazione.

L’episodio contiene anche 47 utilizzi di espressioni o termini spiegati in episodi precedenti. Questo rappresenta una forma di ripasso affinché non si dimentichi ciò che si è già imparato.

ENTRAADERISCI

 

I verbi porre e porsi (ep. 997)

Porre e porsi (scarica audio)

Giovanni: il verbo porre non si usa moltissimo, ma ci sono alcune occasioni in cui diventa inevitabile.

Iniziamo con il dire che il significato di base di porre è “mettere” o “collocare” e viene utilizzato per descrivere azioni come:

Mettere un oggetto su un tavolo.

ES:

Porre una matita su un tavolo.

È più formale di mettere. Si usa ad esempio quando si fa un concorso e si danno istruzioni ai partecipanti:

Ponete cortesemente la carta d’identità sul banco

In senso figurato, mettere (e quindi porre) si può usare anche in questo modo:

Porre attenzione su qualcosa

Es

Adesso ponete attenzione su ciò che sto dicendo

Ponete attenzione quando state alla guida

Si pregano i gentili passeggeri di porre attenzione ai borseggiatori

Anche questo è un uso meno informale rispetto a “mettere”. Chiaramente anche “fare attenzione” è una possibilità, e tra l’altro è molto più utilizzata rispetto a mettere e porre parlando di “attenzione“.

Si usa come alternativa al verbo “fare” , ancora una volta meno informale, anche quando si “fa” una domanda.

Posso dire infatti:

Porre una domanda

Es: Se volete porre una domanda al professore, potete farlo al termine della lezione.

Porre si può usare anche per fare delle ipotesi: “poniamo che…” Equivalente ma più formale rispetto a “mettiamo che…” e equivalente anche a “ipotizziamo che…”. Per saperne di più date un’occhiata all’episodio di italiano professionale in cui si parla di situazioni ipotetiche. 

Es:

Poniamo che io vi insulti pesantemente. Come reagireste?

Altri modi di usare il verbo porre sono:

Porre in evidenza

Porre a confronto

Porre in relazione

Porre a rapporto

In tutti questi casi, il verbo “porre” viene utilizzato in senso figurato per esprimere l’idea di mettere o collocare qualcosa o qualcuno in una situazione specifica o per scopi particolari, diversi dall’uso letterale del verbo.

Quando si “pone in evidenza” qualcosa, si sta sottolineando, mettendo in risalto o enfatizzando un particolare aspetto o caratteristica. Ad esempio:

Il capo ha posto in evidenza i dettagli del suo programma

Quando invece si “pongono a confronto” due o più cose, si stanno valutando le loro differenze o somiglianze. Ad esempio:

È interessante porre a confronto le culture di questi due paesi.

“Porre a rapporto” ha lo stesso uso. Si usa però anche in matematica quando si fa una divisione; infatti ogni divisione si esprime attraverso il rapporto tra due valori o numeri o grandezze.

Porre in relazione” è leggermente diverso, perché qui, “porre” significa “mettere in una connessione” o “collegare”. Quando si “pongono in relazione” due o più elementi, si sta esaminando come essi sono legati tra loro o come interagiscono. Ad esempio:

Questo libro pone in relazione la storia e la cultura della Regione Lazio.

Adesso passiamo a porsi.

Quando si pone sé stessi, il verbo porre diventa “porsi“.

Porsi” è quindi una forma riflessiva di “porre“.

Si usa per esprimere l’atteggiamento o l’approccio nei confronti di una situazione.

Es:

Mi pongo obiettivi realistici

Mi pongo delle domande sulla mia vita

Quindi posso pormi degli obiettivi, nel senso di stabilire degli obiettivi che intendo raggiungere.

Nel caso delle domande posso ugualmente anche usare “fare” (o farmi) ma non se parlo di obiettivi.

Stavolta posso sostituire il verbo porsi con “stabilire“, o “fissare” ma con porsi c’è più l’idea dell’impegno personale, essendo riflessivo, e si usa più facilmente in tante occasioni poco formali. Stabilire e fissare suonano più professionali stavolta.

Posso anche usare “prefissarmi/prefiggermi di raggiungere un obiettivo” mantenendo la forma riflessiva e quindi il senso dell’impegno personale.

Un’altra cosa che normalmente si pone (quindi non in senso riflessivo) sono delle condizioni. Anche in questo caso “stabilire” è un adatto sostituto di porre.

I terroristi hanno posto delle condizioni alla base del rilascio dei prigionieri

Quindi porre delle condizioni equivale a stabilire, fissare delle condizioni.

Tornando a “Porsi“, anche col verbo riflessivo possiamo parlare di condizioni:

Porsi nelle condizioni

Quando qualcuno si pone nelle condizioni di fare qualcosa, sta creando le circostanze o le condizioni necessarie per svolgere un’azione o per affrontare una situazione specifica.

Es:

Per ottenere un prestito, devi porti nelle condizioni richieste dalla banca, adempiendo a determinati requisiti di credito e finanziari.

Anche in questo caso si può usare il verbo “mettere“.

Per aiutarti, mi devi mettere/porre nelle condizioni di poterlo fare!

Parliamo sempre di creare le condizioni necessarie per raggiungere un obiettivo o affrontare una situazione specifica.

Il verbo “porsi“, riguarda molto spesso  un atteggiamento personale di tipo interiore.

C’è infatti un altro modo per usare questo verbo.

Es:

Come ti poni con i tuoi clienti? Ti poni in modo aggressivo o come una persona riflessiva?

Giovanni non riesce a porsi nel modo giusto ogni volta che conosce una ragazza.

Il “modo di porsi” riguarda il modo con cui siamo percepiti dal prossimo, o meglio, l’impressione che facciamo verso gli altri.

Il “modo di porsi” si riferisce quindi all’atteggiamento, al comportamento o alla disposizione di una persona in una determinata situazione o verso qualcun altro. In altre parole, si tratta di come una persona si comporta o si presenta in relazione agli altri, alle circostanze o a un particolare contesto. Il modo in cui una persona si pone può essere riflessivo, amichevole, aggressivo, timido o in qualsiasi altro modo che descriva il suo atteggiamento o il suo comportamento.

Nel primo esempio, “Come ti poni con i tuoi clienti? Ti poni in modo aggressivo o come una persona riflessiva?”, si sta chiedendo come la persona interagisce con i suoi clienti e se mostra un atteggiamento aggressivo o riflessivo nel suo comportamento.

Nel secondo esempio, “Giovanni non riesce a porsi nel modo giusto ogni volta che conosce una ragazza,” si sta dicendo che Giovanni ha difficoltà a mostrare l’atteggiamento o il comportamento appropriato quando incontra una ragazza. In altre parole, potrebbe comportarsi in modo goffo, timido o inappropriato.

Non parliamo generalmente di vestiti e di aspetto esteriore, anche se a volte si usa anche in questo senso. Es:

Un dipendente di una banca che indossa una maglietta al posto di giacca e cravatta non si pone con i clienti in un modo professionale. Possiamo dire che si pone in modo sbagliato.

Sicuramente mi sto dimenticando altri modi di usare porre e porsi, perché sono veramente tanti.

Mi viene in mente ad esempio solo ora “porre in essere“. che significa mettere in atto o realizzare qualcosa. È spesso utilizzata per riferirsi all’atto di mettere in pratica un’azione, un progetto o un’idea. Ad esempio, se qualcuno dice di “porre in essere un piano” significa che sta mettendo in atto o attuando un piano specifico. In altre parole, si tratta di tradurre in azione ciò che è stato pianificato o progettato.

Es:

L’azienda porrà in essere una strategia di espansione globale, aprendo nuove filiali in diversi paesi

Il docente ha posto in essere un nuovo metodo didattico per coinvolgere gli studenti in attività più interattive e coinvolgenti

Il governo ha annunciato l’intenzione di porre in essere un piano di vaccinazione su larga scala per combattere la diffusione di una malattia contagiosa.

Poi c’è anche “porre rimedio” che significa agire per correggere o risolvere una situazione problematica o un errore. Quando qualcuno “pone rimedio a qualcosa” sta cercando di trovare una soluzione o prendere misure per affrontare un problema o mitigare un danno che è stato causato.

Es:

Come porre rimedio all’inquinamento?

Mi sono accorto degli errori fatti e ho cercato di porre rimedio

A volte si usa anche “porre riparo” con lo stesso senso, che ha un senso diverso di “porsi al riparo“, che si usa in senso simile a ripararsi o proteggersi o mettersi al sicuro prima che accada qualcosa:

Poiché il meteo prevedeva una forte tempesta, la famiglia ha deciso di porsi al riparo in casa anziché andare al picnic.

L’azienda ha cercato di porsi al riparo dagli effetti negativi dell’instabilità economica diversificando i propri investimenti

Quindi rispetto a “porre rimedio a qualcosa” che si usa dopo che è accaduto qualcosa di negativo, “porsi al riparo da qualcosa” è un’azione precedente all’evento negativo. Sta per “prendere misure per proteggersi da situazioni potenzialmente negative” o per evitare conseguenze dannose.

Ora posso porvi una domanda?

Poniamo che io vi chieda un ripasso (che volete, bisogna usare il congiuntivo) che parla del vostro modo di porvi. Cosa mi direste voi?

Andrè: Se sono al lavoro nel momento in cui si svolgono le videochat dell’associazione Italiano Semplicemente come potrei partecipare? Questa è la domanda che mi pongo! Essendo una domanda retorica, tra l’altro, nessuno risponde!

Albèric: Quanto a me, mi pongo spesso l’obiettivo di ripassare almeno due episodi al giorno, dicendomi: questa “sarà la volta buona” che mi metto in pari con le lezioni mancanti. Poi invece, come c’era da aspettarsi, scopro che ci sono 10 nuovi episodi e dico: vaffancina!!!!

Marcelo: Ogni giorno quando mi alzo, mi chiedo come sarà il nuovo giorno: sarà bello, sarà bel tempo oppure no? E non appena alzo la persiana avvolgibile, a prescindere dal tempo, vedo il solito paesaggio mozzafiato, allora ringrazio Dio e mi dico: avanti Marcelo, anche oggi il problema non si pone!

677 Metterci una buona parola

Metterci una buona parola (scarica audio)

Video YouTube con sottotitoli

Trascrizione

Giovanni: buongiorno amici, ho una novità da darvi!

Da oggi i nuovi membri dell’associazione Italiano Semplicemente potranno scegliere un tutor, vale a dire una persona che parla la loro stessa lingua, che fa già parte dell’associazione e che li potrà aiutare.

In questo modo tutto sarà più facile per i nuovi membri, anche se il loro livello non è molto alto.

Il tutor li aiuterà a prendere confidenza col sito e soprattutto con il gruppo whatsapp dell’associazione per poter iniziare a comunicare con tutti noi che ne facciamo già parte.

Di cosa si parla oggi nel gruppo?

Dove posso trovare sul sito questo episodio?

Avete già parlato di questo argomento?

Come faccio a partecipare con la mia voce agli episodi di italiano semplicemente?

Queste sono alcune delle domande più frequenti.

Spero che questa sia una novità gradita da tutti gli ascoltatori e lettori di italiano semplicemente che ancora non si sono iscritti all’associazione.

I nostri tutor parlano tutte le lingue del mondo, quindi a ciascuno il suo. Quando qualcuno vorrà iscriversi potrà subito indicare la persona che preferisce, altrimenti potrà sceglierla dopo, oppure potrà fare tutto da solo se conosce già italiano semplicemente e ha un sufficiente livello di italiano.

Allora bando ai convenevoli, adesso vi presento Sofie, che avete già ascoltato in numerosi episodi passati.

Sofie parla perfettamente l’italiano ma parla anche il fiammingo poiché è di nazionalità belga.

Lei è appunto uno dei tutor dell’associazione.

Lascio allora la parola a Sofie per l’episodio di oggi.

Sofie: episodio 676 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Qualche tempo fa abbiamo fatto un episodio sul termine “parola“.

Abbiamo accennato, in quell’occasione all’espressione “mettere una buona parola” su una persona.

Questa è un’espressione che si usa molto in Italia, soprattutto quando si parla di lavoro, ma non solo.

Si cerca di aiutare qualcuno, ad esempio ad essere assunto, a trovare un lavoro, oppure a ricevere un favore, una cortesia. Non si tratta necessariamente di qualcosa di illegale, perché in quel caso si preferiscono altre espressioni.

Si usa prevalentemente al futuro ma anche al presente indicativo, sempre però parlando di qualcosa che accadrà in futuro, oppure al passato.

Se io metterò una buona parola su di te vuol dire che parlerò bene di te, cercherò di aiutarti.

La parola è “buona“, cioè serve ad aiutare qualcuno, e la parola buona si “mette”, si mette “su qualcuno” oppure si “spende”, come il denaro.

Questo ad indicare il valore dell’atto, il valore del favore fatto a questa persona, sulla quale viene spesa una buona parola, o sulla quale viene messa una buona parola.

Vediamo qualche esempio:

Ti prego, mi aiuti a ottenere questo lavoro? Ci metti una buona parola tu su di me?

Certo, stai tranquillo. Spenderò qualche buona parola a tuo favore. Parlerò bene di te e dirò che sei una persona onesta e volenterosa.

Oppure:

Paolo ha messo una buona parola su di te con il regista per farti ottenerere almeno una parte nel prossimo film.

Un calciatore della Juventus ha messo una buona parola per l’acquisto di un suo ex compagno di squadra.

Mio figlio vorrebbe entrare a far parte del nostro gruppo, ma non so se il nostro presidente sia d’accordo. Ci puoi mettere una buona parola tu? Te ne sarei grata!

Sapete che io stessa sto registrando questo episodio grazie a qualcuno che ha speso buone parole per me con Giovanni. Quindi ci risentiremo spesso.

Si può dire anche mettere una buona parola sul mio conto, o sul tuo conto, o sul conto di qualcun altro.

Ho speso una buona parola sul tuo conto col direttore

Speriamo che qualcuno metta una buona parola sul mio conto anche per il prossimo episodio

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Karin: c’è una strana parola, UMARELL, originaria dal dialetto bolognese, che anche molti italiani non conoscono ma è una parola italiana a tutti gli effetti, essendo entrata nel dizionario italiano molto recentemente.

Marcelo: deriva dalla parola uomo, o meglio, da ometto, che può diventare omarello.

Cat: Avete presente quei signori anziani che si aggirano con le mani dietro la schiena per i cantieri dei lavori, facendo domande, dando suggerimenti o criticando le attività che vi si svolgono? Questo è un umarell.

Peggy: mah, sarà! io non mi sono mai imbattuta nel mio paese in uno di questi signori, tantomeno in questa strana parola.

Ulrike: beh, si dà il caso che in Italia la temperatura spesso consenta di stare in giro senza problemi.

Anthony: pensate che è nata persino una piazza a Bologna con questo nome. Niente po’ po’ di meno!

Danita: per inciso, al plurale diventa umarells, con la esse finale. Alla faccia della grammatica italiana!

Marguerite: che curiosi che sono gli anziani! Se mi capita glielo dico per scherzo: curioso di un pensionato che non sei altro! Vuoi rispettare l’undicesimo comandamento?

673 Ficcare e Ficcarsi

Ficcare e Ficcarsi

Audio MP3 disponibile solo per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA) (REGISTRATI)

Trascrizione

Giovanni: episodio 673 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente. Oggi mi aiuterà Irina, membro della nostra associazione, che ha una voce piuttosto squillante.

Irina (California): Mi rivolgo oggi a tutti coloro che credono che si possa imparare una lingua solamente attraverso lo studio della grammatica:

Volete ficcarvi in testa che bisogna parlare?

Scusate ma per introdurre l’episodio di oggi ho dovuto ricorrere ad un rimprovero!

Ficcare è l’argomento di questo episodio.

Questo è un altro verbo che si usa solamente nel linguaggio familiare, come anche schiaffare, che abbiamo visto nell’episodio scorso.

Ficcare significa ancora una volta mettere, ma è più vicino a inserire, o meglio inserire a forza, far entrare, far penetrare, spingere all’interno con forza.

Es:

Ficcare un chiodo nel muro

Normalmente diremmo “piantare un chiodo nel muro”, ma ficcare è anch’esso adatto in quanto il chiodo si spinge con un martello quindi si usa la forza.

Posso usarlo anche nel senso di penetrare, conficcarsi, simile a infilarsi:

Mi si è ficcata una spina nel piede

Vale a dire che mi è entrata una spina nel piede.

Un altro esempio:

Dove avrò ficcato le chiavi? Non le trovo!

In questo caso è in sostituzione di “infilare”, ma anche i più semplici “mettere” e “nascondere”.

Si può anche usare “andare a finire” in questi casi:

Dove si saranno ficcati i miei occhiali?

Dove sono andati a finire i miei occhiali?

Dove avrò messo gli occhiali?

Se dite “dove avrò ficcato” o “dove si saranno ficcati” non cambia.

Si usa di frequente anche il cerbo “cacciare“.

Giovanni:

Dove si sono cacciate le chiavi?

Dove avrò cacciato le chiavi?

Chissà dove si sono cacciate!

Anche “cacciare“, usato in questo modo è informale naturalmente.

Un altro esempio con ficcare, ma in senso figurato:

Non ficcare il naso nei miei affari!

In questo caso questa frase significa “impicciarsi” (altro verbo informale) o anche “non farsi gli affari propri” ma in generale ficcare si usa anche nel senso di agire in modo da trovarsi coinvolti in una situazione negativa.

Ficcare poi, se usato in modo riflessivo diventa ficcarsi:

Significa mettersi in un posto, infilarsi, cacciarsi da qualche parte.

Es:

Vado a ficcarmi nel letto!

Cerca di non ficcarti nei guai, come al solito!

Quindi simile a “mettersi” e “infilarsi“, anche in modo figurato.

Avrete notato che il verbo ficcare si usa quasi sempre in contesti negativi: una spina nel piede, dei guai, non trovo più qualcosa, farsi gli affari altrui, situazioni in cui si rimprovera una persona ecc.

L’unico esempio che si salva è “ficcarsi nel letto” che è piuttosto piacevole.

Va bene allora adesso ripassiamo attraverso la voce di alcuni membri dell’associazione.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente.

Khaled (Egitto) è Irina: Le mie giornate sono strane a volte. Talora si fa subito tardi senza accorgermene e sono combattuto/a. tra la voglia di schiaffarmi sul divano e quella di fare una chiacchierata. Adesso ad esempio vorrei raccontarvi di un incontro tanto inaspettato quanto commovente avvenuto poc’anzi.

Marcelo (Argentina): Stavo lì lì per uscire da un emporio affollato quando all’improvviso mi sono sentita chiamare da una persona che, di primo acchito, mi sembrava sconosciuta.

Irina: Ho dovuto fare mente locale ma in men che non si dica il suo nome mi è scattato sulle labbra: una vecchia conoscenza, e non la vedevo da Illo tempore, quando eravamo entrambe ragazzine nella stessa scuola! Eravamo molto amiche, un binomio inscindibile! Quasi…

Sofie (Belgio): poi la vita ti fa andare su strade diverse. Ma talvolta la stessa vita fa sì che le strade s’incrocino di nuovo.
All’inizio, trovarsi a tu per tu dopo tanto tempo fa un pò specie. Balzava
agli occhi un non so che d’innaturale e non sapevamo in che modo rompere gli indugi.

Peggy (Taiwan): subito dopo scattano le risate. Darsi alla gioia nel ritrovare un’amica non è mica niente! I lieti ricordi vennero a galla subito! Ma non è che rimembrare il passato lascia il tempo che trova?
Questo è quanto per oggi.

Harjit (India): se volete, un’altra volta vi dirò che tipo di donne siamo diventate col passare degli anni. Imparerete su di noi di tutto e di più. Già, perché col tempo non si resta intonse né nel fisico, né nella mente. In compenso con l’età, scusate l’inciso, aumenta l’esperienza. Buttala via!

672 Schiaffare e schiaffarsi

Schiaffare e schiaffarsi (scarica audio)

Trascrizione

Trascrizione disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

richiesta adesione

 

Giovanni: episodio 672 della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

395 Metti che…

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

Se non sei membro ma ami la lingua italiana puoi registrarti qui

Trascrizione

Non riesco mai a fare episodi che durano meno di due minuti, ma mettiamo che io oggi ci riesca, riuscirete a perdonarmi per gli episodi passati?

“Mettiamo che” , oppure “metti che” è un modo informale per fare un’ipotesi.

La frase corretta sarebbe “ammettiamo che”, comunque nel linguaggio di tutti i giorni questo ammettere diventa mettere.

Significa “diamo per scontato che sia così”, “facciamo finta che sia così”, “consideriamo vera questa ipotesi”.

Più brevemente “metti che” significa supponiamo che, ammettiamo che, ipotizziamo che. A volte si può anche togliere il “che”

Qualche altro esempio:

– metti che oggi piove, andremo ugualmente a cena ?

– si, però se piove troppo, mettiamo, 2 ore, allora meglio restare a casa. Ma non credo proprio, guarda che sole che c’è!

– ma le previsioni per stasera sono pessime, e metti che hanno ragione?

Evviva ce l’ho fatta! 1 minuto e 16 secondi! Record del mondo!

Adesso ripassiamo:

Irina:

È l’ennesima volta che provo a scrivere un ripassino, intendo, senza tirarla per le lunghe, bensì tagliando corto come si deve e come è richiesto dal buon senso, considerato il nome di questa rubrica. Perché tanti tentativi? Quando apro la pagina dei due minuti sul sito vedo oltre 350 voci. Ogni volta incomincio a scervellarmi ma dopo un po’ mi dà di volta il cervello. Mi viene la nausea vedendo un’espressione dietro l’altra: tutte queste espressioni, espressioni, espressioni… un incubo davvero. Tutto verte sull’utilizzo di parole ed espressioni già spiegate. Questo è un ripasso. La cosa strana di cui non riesco ancora a capacitarmi è che quando provo ad usarle tutto diventa buio nella mia memoria. Perbacco!

Penso allora: sarà un po’ po’ di lavoro sfoderare qualche frase ma i vantaggi sarebbero notevoli. Non solo i ripassi rappresentano un ausilio aggiuntivo per sviluppare la capacità di esprimersi meglio, spesso in modo più elegante o formale, ma queste piccole “opere d’arte” sono anche un ausilio per gli altri e tutto il gruppo whatsapp dei membri, e sono spesso e volentieri benaccetta da tutti. Mi prefiggo allora di rompere gli indugi. Invece un’altra ora è passata e il foglio è ancora bianco. Mi chiedo cosa sia successo… perché non hai scritto niente? Non hai presente l’importanza dei ripassi? Di nuovo faccio una capatina sul sito e penso: oggi proprio non è cosa. Bisogna avere pazienza.

Poi i miei occhi si soffermano sull’episodio 372 “Il lavoro paga” e proprio in questo momento squilla il telefonino: nient’altro che chiacchiere improduttive anche se per certi versi necessarie, almeno di tanto in tanto affinché l’anima e lo spirito rimangano sani. Poi però, senza troppi fronzoli dico alla voce dell’altro lato: bando alle ciance, devo scrivere un ripassino sennò il mio studio prenderà una brutta piega e, poi dopo dovrò uscire, il che rappresenta un pretesto solo per smarcarmi da questo impegno.

Il mio interlocutore ha risposto con educazione e mi ha persino incoraggiato ad impegnarmi. Mi ha detto che il mercato lavorativo è spesso sguarnito di personale e che ne ha bisogno urgentemente in diversi ambiti dell’economia. Ha aggiunto che ogni ripasso mi porterebbe più vicino ai miei obiettivi personali. “Sta a te, non ci sono altre soluzioni, o così o pomì. Stavo già scalpitando alla cornetta ma lui continuava a parlarmi. Diceva che ho tutte le carte in regola per riuscire anche questa volta e io spero che questo risponda al vero.
Certo, lui è un amico e non mi darebbe mai del’idiota.
Ora tocca a te, ha aggiunto, ed alla fine ha chiosato: hai voluto la bicicletta?
Mi facevano un po’ specie queste parole dette da lui: cosa voleva dirmi veramente? Le sue parole mi sono ronzate per la testa a lungo. Ho già pedalato per tutta la vita e non mi sono mai risparmiata.
Un po’ scombussolata stavo accingendomi a scrivere. Normalmente penso le parole prudentemente ma questa volta me ne sono fregata ed all’improvviso mi sono accorta che avevo scritto un ripassone, anziché un ripassino.