Un uso particolare delle preposizioni dal, dallo, dai, dalle, dagli.

Un uso particolare delle preposizioni dal, dallo, dai, dalle, dagli (scarica audio)

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Recentemente nel gruppo whatsapp dell’associazione Italiano Semplicemente è stata posta una domanda molto semplice e al contempo molto interessante. Parlo di un utilizzo particolare delle preposizioni articolate dal, dallo, dai, dalle e dagli.

Ad esempio:

La gallina dalle uova d’oro

La ragazza dal vestito rosso

Il ragazzo dai capelli biondi

Il filo dall’anima d’acciaio

La donna dagli occhi blu

Avete già capito che utilizzare queste preposizioni articolate è esattamente come utilizzare la preposizione “con”. Seguita da un articolo, ma meglio ancora se uso “che”.

Quindi, usando “con” o “che” abbiamo le frasi equivalenti:

La gallina con le uova d’oro

La gallina che fa le uova d’oro

La ragazza con il vestito rosso

La ragazza che indossa/ha il vestito rosso

Il ragazzo con i capelli biondi

Il ragazzo che ha i capelli biondi

Il filo con l’anima d’acciaio

Il filo che ha l’anima d’acciaio

La donna con gli occhi blu

La donna che ha gli occhi blu

Utilizziamo la modalità da+articolo quando vogliamo indicare una caratteristica di una persona o di qualcosa, oppure quando vogliamo specificare o distinguere. La caratteristica quindi è distintiva. Serve generalmente a distinguere.

Quale ragazza delle due? Quella dagli occhi verdi? Oppure quella dagli occhi blu?

Quale tavolo vuoi tra quei due che hai visto? Quello dalla forma quadrata o quello dalla forma rotonda?

Questo si può fare quasi sempre, ma spessissimo la scelta di usare le preposizioni dal, dagli, dalle eccetera, si preferisce nei titoli dei film, dei libri, delle serie televisive eccetera.

Es:

La ragazza dal vestito rosso

La ragazza dal pigiama giallo

Questi sono i titoli di due film.

“La ragazza dal cuore d’acciaio” è invece il titolo di un romanzo.

Ciò non toglie, come dicevo, che in una normale conversazione posso dire ad esempio che Pietro è un ragazzo dal cuore d’oro o dal carattere esuberante.

Nessun problema.

Pietro ha un carattere esuberante, Pietro è un ragazzo con un carattere esuberante, Pietro è un ragazzo che ha un carattere esuberante. Stesso significato.

Allora facciamo un giochino adesso.

Usate queste preposizioni per riformulare le seguenti frasi. Vi lascerò il tempo necessario e poi io vi darò la risposta.

Pronti? Via!

Giovanni fa sempre episodi che hanno uno scarso contenuto grammaticale.

Giovanni fa sempre episodi dallo scarso contenuto grammaticale.

Vorrei una matita con la punta morbida.

Vorrei una matita dalla punta morbida.

Italiano Semplicemente è un sito con i fiocchi.

Attenzione: in questo caso non posso dire “dai fiocchi”, perché questa è una espressione idiomatica.

Questa era una classica domanda a trabocchetto! Inoltre manca qualcosa. Manca un aggettivo.

Infatti anche se dicessi:

Di quale dei due uomini stai parlando? Di quello con i capelli?

Non posso dire “quello dai capelli” .

Posso farlo se invece dicessi:

Quello con i capelli rossi

Che può diventare:

Quello dai capelli rossi.

Adesso posso farlo perché ho aggiunto l’aggettivo “rossi”.

Per questo motivo dicevo prima che si può fare quasi sempre. .

Quindi continuiamo il gioco:

La casetta con il tetto rosso

La casetta dal tetto rosso.

Mi piace la pasta con il parmigiano reggiano.

Altro trabocchetto!

Sto parlando di aggiungere il parmigiano. Non posso pertanto dire: “mi piace la pasta dal parmigiano reggiano”. Non ha senso questa frase. Il parmigiano reggiano non è una caratteristica che appartiene alla pasta.

Più in generale, si usa da+articolo per fornire dettagli su caratteristiche che appartengono a quella cosa o persona, che sono propri di quella cosa o persona.

Quando invece si forniscono dettagli su altre caratteristiche, si può usare solamente “con” oppure “che”.

Ad esempio con cose che sono state aggiunte (come il parmigiano sulla pasta) o acquistate dalla persona in questione.

Quindi, analogamente, se parlo del “ragazzo con le lenti colorate verdi” non posso dire “Il ragazzo dalle lenti colorate verdi”.

Quindi ricordate: caratteristiche proprie e aggettivi.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.

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Rifare e rifarsi

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Trascrizione

Rifare e rifarsi. Vediamo i diversi significati:

1) fare per la seconda volta
2) far tornare il sollievo
3) vincere dopo aver perso
4) operazione estetica
5) ricreare una situazione positiva
6) rimborsare
7) proporsi nuovamente
8) sistemare

Ascoltare i seguenti esempi di utilizzo dei verbi rifare e rifarsi.

1. Ho bruciato la cena, quindi devo rifarla. (I burned dinner, so I have to redo it)
2. Dopo aver mangiato quella schifezza devo rifarmi la bocca. Dammi una Caramella! (After eating that garbage, I need to cleanse by palate)
3. Bravo, hai vinto tu. Cercherò di rifarmi nella rivincita (Well done, you won. I’ll try to make up for it in the rematch)
4. Dopo il suo fallimento iniziale, ha lavorato sodo per rifarsi e avere successo (After his initial failure, he worked hard to bounce back and succeed)
5. È difficile rifarsi dopo una delusione, ma è importante perseverare (It’s tough to find satisfaction after a disappointment, but it’s important to persevere)
6. Dopo aver sbagliato la prima volta, ho rifatto l’esercizio fino a farlo correttamente (After getting it wrong the first time, I redid the exercise until I got it right)
7. Guarda quella donna. È completamente rifatta. Si è rifatta le labbra, gli zigomi e persino le sopracciglia (look at that woman, She’s had a lot of work done. She got her lips, cheeks, and even her eyebrows redone)
8. Rifarsi la bocca con un caffè dopo un pasto pesante è sempre piacevole (Refreshing the palate with a coffee after a heavy meal is always enjoyable)
9. Nonostante le critiche iniziali, ha continuato a lavorare duramente per rifarsi una reputazione (Despite the initial criticism, she continued to work hard to rebuild her reputation)
10. Dopo il suo ritiro, l’atleta ha cercato di rifarsi in una nuova carriera come allenatore (After retiring, the athlete tried to make a comeback in a new career as a coach)
11. Hai sbagliato a sposarti così presto. Adesso che ti sei separato cerca di rifarti una vita (You made a mistake getting married so early. Now that you’ve separated, try to rebuild your life)
12. È stato onesto e mi ha rifatto dei danni (He was honest and made up for the damages)
13. Vai sulla spiaggia a rifarti gli occhi con le belle ragazze (Go to the beach to feast your eyes on beautiful girls)
14. Sono stato rifiutato tre volte ma ho continuato a rifarmi avanti. Io non mi arrendo (I’ve been rejected three times, but I kept pushing forward. I don’t give up)
15. Vai subito a rifarti il letto! (Go make your bed right away!)

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641 Bell’e buono

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Trascrizione

Giovanni: la bellezza e la bontà. Oggi parliamo di queste due caratteristiche che possono essere associate ad esempio a delle persone, ma non solo.

Alla bontà tra l’altro voglio dedicare un episodio a parte perché è interessante come viene usata nella lingua Italiana.

Oggi invece voglio parlarvi di un’espressione in cui compaiono entrambe le caratteristiche.

L’espressione è “bell’e buono“.

Però qui né la bellezza tantomeno la bontà c’entrano qualcosa, infatti l’espressione si usa per sottolineare un termine, un sostantivo usato in una frase.

Si tratta in particolare di sottolineare una caratteristica di una persona o di un aspetto o un oggetto, e la usiamo spesso quando siamo arrabbiati, ma non solo.

Vediamo qualche esempio:

Se vado a piazza di Spagna, quindi al centro di Roma ed ordino un caffè al tavolo, il cameriere me lo porta e poi mi presenta il conto, pari con mia grossa sorpresa a dieci euro il allora dico:

Ma questo è un furto bell’e buono!

Chiaro no? Io credo che 10 euro per un caffè sia un prezzo esagerato quindi questo è un vero e proprio furto.

Vero e proprio: Questo è un secondo modo, equivalente al primo, per sottolineare il mio pensiero e in particolare in questo caso la parola furto.

Queste due modalità si usano anche quando il termine che vado a sottolineare è abbastanza “forte” e spesso non proprio adatto a descrivere il fatto, come in questo caso, perché si usa il termine furto ma non sarebbe il caso di farlo perché non c’è stato un vero e proprio reato, un vero furto. Nessuno ha rubato veramente.

Come vedete la bellezza e la bontà non c’entrano nulla.

Notate che bell’e buono si scrive con l’apostrofo e fate caso anche alla pronuncia (non c’è la o di bello e buono si pronuncia con due b)

Solitamente i termini che vengono sottolineati sono sempre negativi:

Ho comprato una macchina che si è rotta subito. Una fregatura bell’e buona! (stavolta al femminile)

Franco è un cretino bell’e buono! Meglio lasciarlo perdere.

Ciò non toglie che io possa dire anche qualcosa di positivo:

Hai vinto 1 milione di euro alla lotteria? Ma questa è una fortuna sfacciata bell’e buona!

Cioè è una fortuna autentica, è vera fortuna.

Potremmo in effetti sostituire bell’e buona con “vera” e bell’e buono con “vero” tranquillamente. Lo stesso vale con “autentico” e “autentica”. Anche “puro” e “pura” rendono bene l’idea. Bell’e buono però va solo alla fine della nosra frase:

Hai vinto alla lotteria?

La tua è pura fortuna (di solito si mette prima l’aggettivo in questi casi, ricordate l’episodio?)

La tua è vera fortuna

la tua è vera e propria fortuna (due aggettivi, stesso discorso)

la tua è fortuna bell’e buona (questa è l’eccezione che conferma la regola)

La tua è fortuna con la F maiuscola

Anche questa è una modalità simile, anche se non esattamente equivalente: usare la maiuscola (la lettera grande) per sottolineare l’importanza o l’unicità di qualcosa. Non è detto però ci sia animosità. Lo vediamo meglio in un prossimo episodio comunque.

Ah, hai trovato un’altra donna? e me lo dici così?

Sei uno stronzo con la S maiuscola!

Sei uno stronzo bell’e buono!

Sei un autentico stronzo!

Sei proprio un bello stronzo!

Quest’ultimo esempio fa riferimento all’uso di “bello” davanti a un aggettivo. date un’occhiata se non ricordate.

Ma a proposito di bellezza, sapete dirmi cos’è la bellezza? Sapreste definirla?

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Irina (Stati Uniti): sapete che spesso accade che ciò che è buono è anche bello, o forse è bello proprio perché è buono. Una mamma è sempre buona col suo bambino, perché gli dedica tempo e si occupa di lui, e in quanto tale, risulta al contempo anche bella.

Marcelo (Argentina): ma la bellezza genera anche invidia spesso e volentieri e quindi desiderio e voglia di possesso. Senza la bellezza non ci sarebbero state neanche tante guerre. Come facciamo allora?

Anthony (Stati Uniti): secondo Platone la bellezza è semplicemente armonia, ordine e proporzione alla vista. In pratica la forma è sostanza, e Aristotele non era di diverso avviso.

Marta (Argentina): ma si dà il caso che esista anche la bellezza interiore, cioè le virtù morali. Dante Alighieri ad esempio, parlando della sua Beatrice diceva: tanto gentile e tanto onesta pare. Anche questa è bellezza. Dante si riferiva alla nobiltà d’animo e al suo decoro, cioè la sua dignità.

Andrè (Brasile): Dante non aveva occhi e pensieri che per Beatrice, ma c’è bellezza e bellezza. Il Dalai Lama dice che tutti contribuiscono alla bellezza del mondo. Tutte le creature, ivi incluse quelle meno belle, suppongo.

Mary (Stati Uniti): tra l’altro, come diceva il cantante Pino Daniele, ogni scarrafone è bello a mamma sua, cioè anche il figlio più brutto vuoi che non piaccia alla propria madre?

Karin (Germania): queste vostre riflessioni mi fanno pensare all’idea che Kant aveva circa la bellezza, che è ben diversa dalla piacevolezza. Non confondiamo. Ritengo sia il caso di chiarire bene: Secondo Kant la bellezza deve essere disinteressata, quindi non deve essere contaminata dal benché minimo interesse verso l’oggetto o la persona. In poche parole ciò che è bello non è ciò che piace. I desideri e i sensi a dire di Kant non devono avere nessun ruolo.

Peggy (Taiwan): che confusione! Non mi ci raccapezzo molto tra tutte queste teorie. Non ne contesto la giustezza perché ad un tratto mi sono un po’ perso. E dire che quando una cosa è bella è così evidente! Mica si fanno tutti questi ragionamenti! Ma dimmi tu!

639 Di lì a poco

Di lì a poco (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: quando si studia l’italiano si impara, tra le altre cose, la differenza tra qui e lì.

Si impara ad esempio che qui e lì indicano dei luoghi vicini oppure un po’ più lontani. Si parla di luoghi e di spazio.

Lì, con l’accento, si usa in diversi modi in realtà, e tutti questi modi non fanno sempre riferimento al concetto di vicinanza o lontananza da un luogo, una vicinanza spaziale.

Se dico “La bottiglia si trova lì”, magari indicando col dito, sto certamente parlando di una bottiglia che sta poco lontano da me.

Oppure posso dire che “sta lì” nel senso di “si trova in quel luogo” o “lì vicino” cioè vicino a quel luogo anche se quel luogo è lontanissimo.

Se allarghiamo gli orizzonti, abbiamo visto già l’espressione “siamo lì” e si è visto come il concetto di vicinanza non è detto si riferisca sempre allo spazio. In questo caso infatti si potrebbe parlare anche di vicinanza nel senso, nel significato, negli effetti o nel risultato.

Altre volte “lì”, in posizione finale serve a rafforzare qualcosa:

È quel libro lì che devi comprare

Come a dire: proprio quello, esattamente quel libro, quello che hai appena detto o quello di cui abbiamo appena parlato.

Poi abbiamo già visto insieme anche l’espressione “lì per lì” , che significa “sul momento”, come abbiamo visto. Lo spazio qui non c’entra ma c’entra il tempo e la stretta vicinanza rispetto ad un momento.

Abbiamo anche visto “essere li lìper fare qualcosa.

Ma ci sono altre due espressioni che mi interessa spiegarvi.

Oggi vediamo “di lì a poco” e domani “giù di lì“.

Nell’espressione “di lì a poco” si utilizza il concetto di vicinanza con riferimento al tempo. Quindi lì rappresenta un momento nel passato, quindi non nell’immediato presente ma un momento già passato di cui si parla.

“Di lì” sta per “da quel momento”, mentre “a poco” sta per “poco tempo dopo” .

Quindi “di lì a poco” significa “poco tempo dopo quel momento”.

L’espressione si usa quando si vuole parlare di un fatto accaduto dopo un certo momento, abbastanza vicino.

Es:

Maria si è laureata a marzo del 2000 e di lì a poco aveva già trovato un lavoro.

Quindi Maria è fortunata perché appena si è laureata è passato poco tempo prima che trovasse un lavoro. Maria, dal momento in cui si è laureata, dopo poco tempo aveva già trovato un’occupazione.

Un’espressione veloce, colloquiale e molto usata.

Notare che ai sta parlando del passato, altrimenti, se parliamo del presente meglio dire “di qui a poco”.

Quanto ti manca prima di essere pronta cara, lo sarai di qui a poco?

Lo so, faccio sempre lunghe spiegazioni, ma prometto che di qui in avanti cercherò di essere più sintetico.

Di qui a un mese avremo fatto altri 30 episodi di questo tipo.

Sia qui che lì, pertanto, assumono anche valore temporale. Poco infatti sta per “poco tempo“, ma questo tempo può essere espresso in giorni o minuti ore ecc. In questo caso poco diventa pochi:

Di qui a pochi secondi avrò terminato la spiegazione

Dopo l’incidente, di lì a pochi giorni mi ripresi.

Per sintetizzare al massimo , “di qui a poco” significa “tra poco”.

Di lì a poco” invece posso tradurlo più semplicemente con “poco dopo”.

Adesso ripassiamo con un po’ di storia:

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Hartmut (Germania): la vogliamo finire una volta per tutte con questi ripassi complicati? Quasi fossimo studenti e tu Giovanni un professore di storia e letteratura italiana!

Bogusia (Polonia): sai che a monte di questa tua rabbia e intransigenza, potrebbe esserci proprio una scarsa cultura?

Marguerite (Francia) e Edita (Rep. Ceca): Potrebbe aiutarti anche un po’ di meditazione. All’inizio potresti essere impaziente, ma col prosieguo dell’esperienza ne trarrai sicuro giovamento

Mary (stati Uniti): nel frattempo però, disponendo di tempo risicato, non possiamo più parlare d’altro. Vorrà dire che se ne riparla domani . Giusto il tempo di accennare alla definizione che del tempo ne dà sant’Agostino: il tempo non esiste. Questo si deve al fatto che Il passato non esiste in quanto non è più; il futuro non esiste in quanto non è ancora; e il presente diventa continuamente passato.

Peggy (Taiwan): qualcosa non mi torna… ma se il tempo non esiste, allora neanche questa rubrica dei due minuti esiste?

Sergio (Argentina): eccome se esiste invece! questa è la famosa eccezione che conferma la regola!

624 Sfigurare

SFIGURARE

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Peggy (Taiwan): benvenuti nella rubrica due minuti con Italiano Semplicemente”

Giovanni: dopo esserci occupati dell’espressione essere da meno, oggi restiamo nello stesso ambito e vediamo il verbo sfigurare.

Quando usiamo sfigurare non è detto ci sia un confronto con altre persone, però è sempre un problema di orgoglio e di valore o di onore.

Sfigurare infatti significa fare brutta figura, suscitare un’impressione negativa.

È il giudizio degli altri che ci preoccupa, perché quando qualcuno o qualcosa sfigura è per via di una sensazione di scarsa adeguatezza o qualità, specialmente in confronto ad altre.

Anche in questo caso c’è quasi sempre un confronto con altre persone o altre cose, ma non è detto. Il confronto può anche essere con le aspettative, con ciò che ci si aspetta.

Es: è il compleanno di un mio amico, ed ho paura di sfigurare perché gli ho fatto un regalo di poco valore.

Sfigurare pertanto equivale a fare una brutta figura. C’è un episodio in particolare che abbiamo dedicato alle figuracce. Può essere utile dare un’occhiata.

Quando si tratta di confronti si può dire chiaramente nella frase:

Non vorrei sfigurare in confronto altri altri

Tutti i miei compagni di classe sono bravissimi. Ho paura di sfigurare in confronto a loro.

L’Italia quest’anno non ha affatto sfigurato nel corso degli europei di calcio al cospetto di squadre teoricamente più forti

Il verbo è molto adatto per fare confronti, proprio come essere da meno, ma la differenza sta soprattutto nel fatto che con sfigurare è più importante l’opinione degli altri, l’immagine, il ricordo che le altre persone avranno.

Infatti la “figura” rappresenta l’immagine che si ha di qualcosa, quindi come sembra, come appare a chi la guarda.

Cerca di non farmi sfigurare con i miei amici. Comportati bene e sii educato

Il verbo non si usa solo in questo modo però, perché l’immagine riguarda anche il viso di una persona.

Una persona sfigurata è una persona con i lineamenti del viso alterati, tanto alterati da rendere irriconoscibile questa persona.

Es: l’acido ha sfigurato il volto di una donna

Si usa anche in senso figurato:

L’odio che provava in quel momento le sfigurava il volto.

C’è l’idea di una emozione così intensa da modificare i lineamenti del viso.

Per distinguere il caso della brutta figura da quello del viso sfigurato, può essere utile notare il verbo ausiliare:

Non hai sfigurato nel corso dell’esame (verbo avere – fare brutta figura)

È stato sfigurato dall’acido (verbo essere – lineamenti)

Ma adesso ripassiamo:

Anthony (Stati Uniti) e Rafaela (Spagna): “Chi non ha pretese non ha neanche dispiaceri.” ha detto una volta Pier Paolo Pasolini. Vai a capire perché Pasolini usa la parola pretese e non desideri.

Marcelo (Uruguay): forse perché le pretese coinvolgono altre persone e ciò che pretendiamo da loro, quindi le pretese generano false aspettative quindi delusioni e anche dispiaceri.

Karin 8Germania) e Mary (Stati Uniti): difficile cogliere tutte le sfumature delle frasi di Pasolini. Probabilmente non voleva dire che avere un atteggiamento ambizioso sia negativo, ma solo di non crearsi troppe aspettative, né in amore e tantomeno al lavoro.

Harjit (India): allora saremmo a cavallo se non pensassimo al futuro? Ma ti rendi conto? Che sciocchezza!

Komi (Congo): ma tu credi sempre di saperla più lunga degli altri? Reagisci sempre distinto, salvo poi pentirti e chiedere scusa. Non voglio darti del superficiale ma datti una regolata quando parli di gente come Pasolini.

Irina (California): bel benservito che le hai dato! Non potevi fargliela passare liscia. Forse Harjit voleva dire: che vita sarebbe senza aspettative? Dacché mondo è mondo gli uomini si nutrono anche di sogni. E come superare i tempi e momenti brutti senza la speranza, che, come tutti sanno, è l’ultima a morire.

623 Essere da meno

Essere da meno (scarica audio)

Trascrizione

Giovanni: nell’ultimo episodio ci siamo occupati di un argomento interessante (abbiamo visto l’espressione essere soliti) ma oggi non voglio essere da meno.

Questa locuzione: “essere da meno” si può usare quando si fa un confronto.

Non essere da meno di qualcuno, significa non essergli inferiore. Solitamente si utilizza con due persone diverse:

Non sono da meno di lui

Non sei da meno di tuo fratello

Non voglio essere da meno del mio collega

Non voglio essere da meno rispetto a ieri

Ecc.

Si usa quindi nei confronti, nei paragoni, generalmente quando è coinvolto l’orgoglio, o la dignità, la propria fierezza, il proprio onore o il prestigio.

In generale potremmo dire che è coinvolto il valore di qualcuno.

Lui è riuscito a laurearsi in soli 4 anni? Io non voglio sicuramente essere da meno! Ce la farò anch’io.

Vedete che spesso c’è coinvolto l’orgoglio e anche il valore di una persona, la voglia di non fare una brutta figura.

Anche io, come lui, voglio laurearmi in 4 anni. Non voglio fare peggio di lui, non voglio essere da meno di lui, poiché non valgo meno di lui.

Si usa quasi sempre con la negazione:

Non possiamo essere da meno degli italiani. Alle prossime olimpiadi dobbiamo vincere noi la gara dei 100 metri. Essere da meno sarebbe un disonore.

Si usa spesso anche “per non essere da meno“, per evidenziare il comportamento di una persona che fa qualcosa per non apparire “meno” importante di un’altra. Si usa però anche in senso ironico:

Es:

Gli americani hanno detto che andranno sul pianeta Marte entro il 2050. I russi, per non essere da meno, hanno detto che loro ci andranno entro il 2040.

forma ironica: Nella partita Roma-Juventus, il portiere della Roma ha fatto una papera sul gol della Juventus. Poi però, per non essere da meno, anche il portiere della Juventus si è fatto fare un gol da principiante.

L’espressione di oggi si usa in tutti i tempi e non solo con le persone. Inoltre con senso simile si può usare anche con verbi diversi da essere, tipo “sentirsi da meno” e “mostrarsi da meno” o “sembrare da meno”:

Il 2018 fu una annata eccezionale per i vini italiani e il 2019 non fu da meno.

Il nuovo iPhone non sarà certamente da meno dell’ultimo.

Non devi sforzarti a dire qualcosa come se fossi da meno se non lo fai.

Non devi sentirti da meno di lui

Mio fratello era bellissimo e io per non sembrare da meno, mi truccavo!

Bravissima l’atleta statunitense nel salto in alto, ma adesso non vorrà mostrarsi da meno l’atleta italiana.

Ultimamente abbiamo fatto bei ripassi e oggi non vogliamo essere da meno.

Allora ascoltiamo cosa hanno da dirci alcuni membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Anthony: Chi l’ha detto che una poesia debba essere lunga per essere bella? Tant’è vero che Il poeta Giuseppe Ungaretti, parlando dei soldati che muoiono in battaglia ne ha scritta una bellissima intitolata “Soldati” dedicata alla scelleratezza della guerra:

Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie

Mary: in pratica vorrebbe dire che per i soldati morire è solo una questione di tempo. Via via il vento della guerra se li porta via tutti.

Edita: la questione però interessa l’essere umano in generale. Tutti siamo vittime dello scorrere del tempo, proprio come i soldati in guerra. Prima o poi ci troveremo tutti a tu per tu con la morte. Che allegria eh?

Khaled: brava, L’allegria. Proprio questo è il titolo della raccolta in cui si trova questa breve poesia. È questa la sensazione che si prova nel farcela, quando si scampa alla guerra.

Irina: le guerre sono tutte infami, fermo restando che bisogna fare tesoro dei loro insegnamenti, che sembrano a volte insostituibili. Vorrei allora concludere con un messaggio di speranza citando una frase di Gibran:

Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte.

Marcelo: vorresti dire che la guerra è inevitabile ? Di primo acchitto direi che sono di diverso avviso, ma urge una riflessione profonda su questo. Ognuno può farla sulla scorta delle proprie esperienze e della propria sensibilità.

622 Essere soliti

Essere soliti

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Giovanni: cosa siete soliti fare mentre ascoltate gli episodi di italiano semplicemente?

C’è chi è solito lavare i piatti, chi è solito fare ginnastica e chi è solito guidare o andare in autobus.

Qualunque cosa siate soliti fare, l’importante è imparare qualcosa di nuovo della lingua Italiana e oggi imparerete l’espressione “essere soliti” fare qualcosa.

Non è la prima volta che incontriamo il termine solito.

Abbiamo visto qualche tempo fa l’espressione “essere alle solite” e più recentemente anchecome si suol dire“, dove si usa il verbo “solere”.

Infatti, l’espressione “come si suol dire” , sta, come abbiamo visto, per “come si dice solitamente in questi casi” , o “come si dice di solito in questi casi”. Quindi c’è un legame tra ciò che viene definito solito con questa espressione.

Essere soliti”, l’espressione che vediamo oggi, non è però come “essere alle solite“.

Infatti essere soliti fare qualcosa indica un’attività che accade abitualmente, qualcosa che fa parte della consuetudine, qualcosa che si fa spesso.

Si parla di abitudini quindi.

Essere soliti fare qualcosa significa avere l’abitudine di fare qualcosa, e si usa proprio in sostituzione del verbo solere che non si usa praticamente mai, a parte nell’espressione “come si suol dire”.

Di norma essere soliti è seguito da un infinito.

Es:

La mattina sono solito passeggiare un’oretta.

Potrei anche dire che:

di solito la mattina faccio un’oretta di passeggiata

o che:

solitamente la mattina passeggio circa un’ora.

Se utilizzassi il verbo solere (che non si fa mai) sarebbe invece:

La mattina soglio passeggiare un’oretta

Vediamo altre frasi:

In Italia siamo soliti bere il cappuccino solo la mattina

Da quando sono sposato non sono più solito andare in discoteca.

Negli ultimi anni siamo soliti andare in vacanza in Calabria.

A volte si usa, sebbene raramente, anche la preposizione “di”, il che non è considerato scorretto ma gli italiani non sono molto soliti di farlo:

Personalmente sono solito bere tre caffè al giorno, ma può capitare che diventino quattro.

Non sono molto solito rispettare la durata dei due minuti, ma stavolta ci sono andato abbastanza vicino.

Allora vi dico anche che “essere solito” non è come “essere il solito”.

Infatti se metto “il” o un altro articolo, poi devo inserire un sostantivo:

Sei il solito disordinato

Siamo i soliti italiani.

L’articolo fa la differenza.

A volte possono anche avvicinarsi i due significati:

Sei il solito bugiardo.

Sei solito dire bugie.

Il concetto se vogliamo è lo stesso, ma con l’articolo suona come un rimprovero, una lamentela, per manifestare una delusione dopo l’ennesima dimostrazione, come anche “siamo alle solite“.

La seconda frase invece ha solo la pretesa di riportare un’abitudine, senza un significato emotivo.

Adesso un bel ripasso, come siamo soliti fare da sempre in questa rubrica.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Rauno (Finlandia): Leopardi era solito studiare e scrivere di notte, dormire di giorno e pranzare nel tardo pomeriggio. Una vita all’insegna dell’irregolaritâ.

Karin (Germania): invece Leonardo da Vinci era solito scrivere i suoi appunti al contrario, cioè da destra verso sinistra, in modo da poter risultare comprensibili solo se riflessi in uno specchio. Questo si deve anche al fatto che Leonardo era mancino.

Sofie (Belgio): io invece sono solita incontrare un’amica alla volta. Tutti lo sanno. Una volta però ho voluto fare una riunione con tutte le amiche insieme e una allora mi fa: ma che ti ha dato di volta il cervello? Una reazione esagerata non trovate? Neanche le avessi fatto del male! Ma ti pare!

Peggy (Taiwan) e Olga (Saint Kitts e Nevis): comunque senti, si parlava di grossi personaggi e delle loro abitudini. Non è che io voglia offenderti ma occorre fare un minimo di distinguo!

Edita (Repubblica Ceca): credo che lo accetterà di buon grado. Io vorrei dare il mio apporto a questa discussione dicendo che era nella città di Carrara che Michelangelo era solito andare a scegliere i blocchi da scolpire. Era risaputo anche allora che il marmo di Carrara fosse il migliore.

Ulrike (Germania): e dove si troverebbe questa Carrara?

Hartmut (Germania): evidentemente non sei mai stata solita studiare la Geografia. Comunque per la cronaca, Carrara si trova in Toscana. Ce l’hai presente almeno la Toscana?

621 Abbassarsi

Abbassarsi

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Giovanni: come si fa a abbassarsi?

Facile. Basta piegare le ginocchia e scendere verso il basso con la testa.

Perché ci si abbassa?

Ci si abbassa per raccogliere un oggetto, per allacciarsi le scarpe o per sdraiarsi a terra o altre ragioni.

È praticamente come chinarsi o anche piegarsi. Due verbi molto simili.

È difficile però trovare un verbo con un solo significato nella lingua italiana, e anche abbassarsi non fa eccezione

Infatti l’utilizzo figurato di abbassarsi non fa riferimento ad uno spostamento fisico, ed un abbassamento fisico, ma ad un abbassamento diciamo morale, cioè ad una umiliazione, un degrado.

Se ad esempio ricevo una scorrettezza da una persona, che quindi si comporta male con me, potrei essere tentato di rispondere con un’altra scorrettezza.

Però penso:

Non voglio abbassarmi al suo stesso livello

Significa che io ritengo di avere una mia dignità, una mia morale e non voglio avere un comportamento simile al suo, che evidentemente ha fatto qualcosa che ritengo immorale, sbagliato, scorretto, ed io, sebbene possa avere la tentazione di punire questa persona, di vendicarmi comportandomi in modo analogo, con un’altra scorrettezza, non me la sento perché verrei meno ai miei principi, infrangerei un principio morale importante, una regola di comportamento.

Quindi questo è abbassarsi in senso figurato. Io sto più in alto di lui o lei, da un punto di vista del valore umano, della moralità, e non voglio scendere al suo stesso livello comportandomi in modo simile.

Questo è un primo modo per abbassarsi in senso figurato. C’è anche un altro modo per abbassarsi, sempre nel senso di degradarsi, umiliarmi: quello di “scendere” da un punto di vista professionale e non morale.

Quindi se io sono un funzionario o meglio ancora un dirigente, quindi una persona molto importante, che dirige un ufficio e quindi ha delle mansioni importanti, di coordinamento e direzione di questo officio, non posso abbassarmi a svolgere attività che normalmente vengono svolte da persone con un livello più basso.

Il tuo capo ti ha detto di fare delle fotocopie? Non puoi abbassarti a fare fotocopie. Sei un dirigente!

Giusto, non mi abbasserò mai a tanto!

Quindi: abbassarsi a fare qualcosa.

Si usa in questo modo il verbo in modo figurato. Generalmente si usa “per” nell’uso proprio, tipo abbassarsi per allacciarsi le scarpe.

Volete un terzo uso di abbassarsi?

Abbassarsi i pantaloni

Che significa abbassare i propri pantaloni o calarsi le braghe, simile da questo punto di vista a tagliarsi le unghie e rimboccarsi le maniche.

Quella di abbassarsi i pantaloni è un’operazione quotidiana che si fa almeno un paio di volte al giorno. Per chi indossa i pantaloni ovviamente.

Un quarto modo?

Abbassarsi lo stipendio

Significa accettare una diminuzione del proprio stipendio, ridursi lo stipendio, che è il corrispettivo del proprio lavoro.

Oggi si è parlato ovviamente solo dell’uso riflessivo del verbo.

Si potrebbe anche dire che con l’arrivo dell’autunno…

Le temperature iniziano ad abbassarsi.

Così come:

Con l’avanzare dell’età i desideri aessuali si abbassano

Si abbassa anche l’attenzione dopo un po’, quindi meglio passare al ripasso, che tra l’altro necessita di molta l’immaginazione e di fantasia per essere creato.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Peggy e Ulrike: parliamo di poesia? Dove il nostro sguardo non arriva, può farlo la forza dell’immaginaziome. Questo è l’insegnamento che ci arriva dalla poesia L’infinito, di Giacomo Leopardi. E voi non ve lo sareste mai immaginato di imbattervi in Giacomo Leopardi oggi vero?

Hartmut: l’interpretazione delle poesie mi ha sempre dato del filo da torcere. Non so a voi.

Rauno: generalmente risulta difficile anche a me. In questa poesia, nei primi versi si parla di una siepe che, proprio perché impedisce la vista, è capace di suscitare l’immaginazione verso spazi infiniti.

Sofie: pare che a lui questo infinito che si apre facendo appello all’immaginazione appaia come un mare in cui si perde. Ma Leopardi descrive come “dolce” questa sensazione di perdersi nel mare infinito dell’immaginazione.

Giovanni:

Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.

620 La finezza

La finezza (scarica l’audio)

Trascrizione

Giovanni:

Provate ad indovinare la parola misteriosa partendo da 10 indizi, cioè dieci suggerimenti utili

1-può esserlo una spiaggia
2-eseguito con attenzione
3-di ottima qualità o fattura
4-può essere usato come pretesto per giustificare un comportamento
5-può esserlo un ragionamento
6-un intenditore si potrebbe vantare di essere così
7-si legge al cinema
8- è maschile e femminile
9 – alla propria ci si arriva sempre
10-può essere lieto se vincono i buoni o l’amore

La parola misteriosa è “fine”.

Infatti vediamo gli indizi uno ad uno.

Può esserlo una spiaggia perché fine è un aggettivo che significa, tra le altre cose, qualcosa di uno spessore o diametro notevolmente ridotti o limitati. Quindi esistono ad esempio capelli fini come la seta. Allo stesso modo ci sono dei materiali con una grana molto piccola, ed ecco allora che esiste la sabbia fine e quindi la spiaggia fine, che si distingue dalle spiagge con una sabbia più grossa. Anche la polvere è fine.

Ma l’aggettivo fine ha anche altri utilizzi.

Infatti quando un lavoro, inteso non come attività lavorativa ma come singola operazione, viene definito fine si vuole dire che è stato fatto o eseguito con gusto, cura, con precisione, stando attenti anche ai piccoli particolari.

Questo lavoro svolto in modo fine è dunque un lavoro che ha richiesto molta attenzione e professionalità.

Quindi è anche qualcosa di ottima qualità o fattura.

Si pensi anche all’oro fine o finissimo ad esempio.

Quest’anello è in oro finissimo

Si dice anche che un prodotto è di finissima qualità per le ottime materie prime che sono state impiegate.

Una finissima qualità è una altissima qualità.

La finezza quindi è sintomo di qualità, che si tratti di oro, argento, un prodotto o un lavoro, per non parlare delle persone fini, o delle persone dai modi molto fini.

Una persona fine è l’opposto di una persona rozza e maleducata, quindi in questo caso la finezza indica educazione, gentilezza, indica modi raffinati, una persona con dei gusti molto fini.

Si tratta fondamentalmente di persone che appartengono alla cosiddetta buona società, che spesso abitano nei quartieri bene.

Con un senso simile, un ragionamento fine è un ragionamento acuto, perspicace, sagace, o, detto più semplicemente: intelligente. La stessa intelligenza può dirsi fine intelligenza.

Non confondete fine con fina o fino, un aggettivo diverso che sta per sottile, quindi la seta può essere fina, una tela o anche la pelle. Fina è il contrario di spessa. Si parla di spessore.

Quindi la finezza è sempre qualcosa di positivo.

È anche il caso di un fine intenditore, di qualunque cosa si tratti.

Chi si intende di qualcosa, chi ne capisce di qualcosa, chi è esperto di qualcosa, può essere definito così e questo è un gran complimento perché significa che sa distinguere le qualità e le caratteristiche di quel prodotto nei minimi dettagli, piccoli dettagli, come i granelli di sabbia fine.

Quando però fine è un sostantivo allora, l’inizio 4 ci dice che può essere usato come pretesto, cioè una scusa, un motivo che si ritiene valido per giustificare un comportamento.

C’è una frase che si sente spesso in merito: il fine giustifica i mezzi. secondo la quale qualsiasi azione è giustificata, scusata, quindi ritenuta possibile anche se in contrasto con le leggi, con la morale, con l’amicizia, con la lealtà e altri valori importanti. Il fine giustifica i mezzi è un’espressione che abbiamo già incontrato nella lezione n. 8 di italiano professionale, parlando delle espressioni che riguardano i risultati.

Avete un fine che ritenete valido? Se pensate che il fine giustifichi i mezzi allora potete usare qualsiasi mezzo per poterlo raggiungere. Non importa se qusto farà male a qualcuno o se è contro la legge o la morale.

Allora il fine stavolta rappresenta l’obiettivo da raggiungere, la finalità, ciò che vogliamo ottenere.

Qual è il tuo fine?

Cioè qual è l’obiettivo che vuoi raggiungere?

Si chiama così perché dovrebbe arrivare, se tutto va bene, alla fine dei nostri sforzi. La fine, al femminile, è la parte finale, come la fine di un film ad esempio, che arriva quando il film termina cioè finisce.

Per questo si legge la scritta FINE, sugli schermi della TV o al cinema per segnalare che non c’è altro da vedere e bisogna lasciare la sala o andare a letto perché il film è finito.

L’indizio 7 parlava esattamente della scritta FINE sugli schermi del cinema.

Esiste allora la fine al femminile, cioè il termine, e il fine al maschile, cioè l’obiettivo.

Questo per spiegare Lindizio numero 8.

Lindizio 9 ci segnala che alla propria ci si arriva sempre.

La propria fine è la propria morte, e siccome tutti dobbiamo morire, prima o poi, tutti allora arriviamo alla nostra fine.

Parlando sempre di film, ci sono film a lieto fine e film non a lieto fine.

I primi hanno un finale positivo che ci soddisfa. I film a lieto fine finiscono bene, quindi il protagonista ottiene ciò che voleva e in genere i film a lieto fine si concludono con i buoni che hanno la meglio sui cattivi. Oppure finisce con due persone che riescono a stare insieme tutta la vita superando mille difficoltà. L’amore trionfa sempre nei film a lieto fine.

Lieto significa positivo, che prova, esprime o suscita un sentimento di soddisfazione serena e gioiosa.

Lieto di conoscerla, io sono Giovanni.

Siamo lieti di averla nella nostra trasmissione

Ed io sono lieto di avervi spiegato tutti i significati del termine fine, ed infine, come al solito, ascoltiamo un bel ripasso.

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Sergio: non ho nulla a che spartire con coloro secondo i quale il fine giustifica i mezzi. Il che significa ovviamente che mi ritengo una persona con una morale.

Hartmut: circa invece la finezza ? È una virtù? Come la vedete?

Irina (California): naturalmente. La signorilità e la raffinatezza sono sempre prerogative ad appannaggio di persone di classe. Lo stesso dicasi per le persone cosiddette distinte e affabili. A proposito sapete che si può anche fare una finezza?

Mary (Stati Uniti): Maradona ne faceva parecchie! Prevalentemente col piede sinistro, suo malgrado. Fermo restando che ha fatto gol anche col destro e di testa

Albéric (Francia): si ma a volte la finezza si usa in modo ironico. Se è vero come è vero che indica spesso una certa classe, proprio come la classe, può indicarne la mancanza
Con coloro che se ne fregano delle buone maniere viene talvolta spontaneo esclamare: che finezza!

Ulrike: a me viene invece voglia di prenderle a mali parole queste persone. Chi non si degna di rispettare gli altri non meriterebbe a sua volta rispetto.

619 Pari pari, spiccicato, tale e quale

Pari pari, spiccicato, tale e quale

File audio disponibile per i membri dell’associazione Italiano Semplicemente (ENTRA)

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Trascrizione

Giovanni: ripetere una parola, nella lingua italiana, può dar luogo a espressioni con un significato particolare, a volte difficilmente intuibile.

Altre volte invece non è così difficile capirlo. Mia suocera ad esempio ha due barattoli di caffè, ed uno dei due è caffè decaffeinato. Come distinguerli?

Su quel barattolo ha scritto “caffè”. Allora sul barattolo del caffè diciamo “normale” cosa poteva scrivere?

La sua scelta è caduta sulla scritta “caffè caffe” che sta per “vero caffè”. Come dire che in questo barattolo c’è del caffè che è più caffè dell’altro. Quasi caffè fosse un aggettivo.

In effetti questo giochino si fa spesso, soprattutto all’orale, prevalentemente proprio con gli aggettivi ma non solo:

Questo è un hamburger vegetale e quest’altro invece è un hamburger hamburger!

Tra poco ti presento Marco e Giulio. Marco è un amico dell’università. Giulio è invece un amico amico. Ci conosciamo da sempre.

Altre volte è un po’ più difficile.

È il caso di “ancora ancora” che abbiamo già incontrato e spiegato in questa rubrica. Anche “pari pari” non è proprio facile da capire. Spieghiamolo allora.

La parola pari ha più significati e uno dei più diffusi è legato all’uguaglianza.

Io e te siamo pari di età (abbiamo la stessa età)

Un metro è pari a 100 cm

Il mio stipendio è pari a 2000 euro

La tua intelligenza è pari alla mia

Ci può essere una corrispondenza, come nel caso dei cento centimetri che corrispondono (sono pari)! a un metro, e anche dello stipendio che corrisponde (è pari) a 2000 euro, altre volte si tratta di un livello, come nel caso dell’intelligenza. Lo stesso livello diventa “pari livello”.

Pari pari” significa invece uguale esattamente, proprio uguale, ma difficilmente si usa quando c’è un livello di qualcosa, tipo stessa intelligenza, stessa quantità di lavoro eccetera.

Si usa prevalentemente in caso di uguaglianza alla vista o in qualcosa di scritto o sentito e che spesso stupisce.

Ho sentito un politico fare un discorso pubblico. Lo stesso discorso lo aveva fatto cinque anni fa, pari pari.

Il professore scopre che due compiti sono completamente identici e dice: ho notato che il compito di Giovanni è pari pari quello di Rosario. Chi dei due ha copiato?

Oggi ho conosciuto un ragazzo che è pari pari tuo fratello.

Notate che non è necessario scrivere la preposizione “a”:

Lui è pari pari tuo fratello

E non “lui è pari pari a tuo fratello”.

Si potrebbe dire anche uguale/uguali “in tutto e per tutto“.

Si può anche dire “alla lettera” se si tratta di parole:

Devi fare pari pari ciò che ti ho detto. Né una cosa in più, né una in meno.

Devi fare ciò che ti ho detto alla lettera.

Spesso in “pari pari” c’è anche l’idea del plagio, della scorrettezza, come nel caso del compito copiato pari pari da uno studente. Oppure se dico:

Il ritornello di questa canzone è pari pari quello di una canzone degli anni ’50.

Nel caso di persone che si somigliano moltissimo, tanto da sembrare identici, si usa spesso anche essere spiccicato ad un’altra persona o essere tale e quale un’altra persona.

Sei tale e quale tuo padre

Sei spiccicato ad un mio amico. Incredibile!

Sei tale e quale a vent’anni fa.

Naturalmente pari pari non fa parte del linguaggio formale, ma si usa molto di frequente.

Ripassiamo adesso?

Ripasso a cura dei membri dell’associazione Italiano Semplicemente

Irina (California): nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura. Come potremmo dirlo in altre parole usando delle frasi di ripasso?

Sergio (Argentina): se ci sente Dante Alighieri potrebbe anche metterci le mani addosso lo sai?

Peggy (Taiwan): il ripasso è ancora in divenire, e chissà come andrà a finire. Andremo tutti all’inferno di questo passo?

Harjit (India): rispondo io all’appello. Dante, con quelle parole, dice di trovarsi a metà, e quindi nel mezzo della sua vita. Ha quindi circa quarant’anni.

Hartmut: quale che sia la sua età, pare stia attraversando un brutto momento

Ulrike (Germania): Il pensiero di Dante di cui sopra non mi tange. Anch’io ho attraversato quell’età e allora mi sono imbattuta in avventure piuttosto piacevoli e avvincenti e fino ad oggi non ho avuto mai sentore che la mia vita prendesse una brutta piega.