n. 124 – PRENDERE CON LE MOLLE – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Khaled (egitto) e Lejla (Bosia): Due minuti con Italiano Semplicemente, episodio n. 124.

Giovanni: Oggi parliamo di molle. sapete cosa sono le molle? Innanzitutto molle si pronuncia con la o aperta: mòlle. Le molle, plurale di molla sono degli oggetti metallici che servono a fare varie cose: in generale una molla si deforma, si deve deformare, deve accorciarsi e allungarsi, deve diventare lunga e poi corta. Pensate al “materasso a molle”, un materasso, quindi che serve per dormire, con dentro delle molle, moltissime molle, che evidentemente servono per stare comodi. Quindi la funzione delle molle è quella di piegarsi. Si usano anche nelle macchine e nelle moto, e servono ad ammortizzare, cioè a far rimbalzare la macchina o la moto se si prende una buca nel terreno.

Ora, vi parlerò dell’espressione “prendere con le molle“, che si usa quando c’è una questione delicata, molto delicata, quando bisogna stare attenti alle conseguenze di un’azione.

Si può usare in moltissime occasioni diverse, ogni volta che siamo di fronte a qualcosa che dobbiamo prendere con le molle, cioè trattare con molta cautela, con prudenza, attenzione. Non parliamo di oggetti quindi: le molle sono solamente un’immagine figurata. Se prendete una buca con la macchina e le molle degli ammortizzatori non funzionano potete rompere tutto! Lo stesso accade con tutte le situazioni in cui bisogna stare attenti. Infatti se non si presta la necessaria attenzione potrebbero accadere dei guai seri, dei danni. In queste occasioni potete usare prendere con le molle.

Ad esempio nello sport, se c’è una partita difficile, a cui prestare attenzione e non sottovalutarla, possiamo dire che:

La partita va presa con le molle, perché l’avversario può essere molto pericoloso, quindi sarà una gara da prendere con le molle.

Parliamo di razzismo? ok, ma stiamo attenti, perché su certi argomenti è opportuno andarci con le molle, sono argomenti da prendere con le molle.

Si usa anche in questo modo: “andarci con le molle” cioè “andarci piano“, cioè stare attenti.

Informalmente si dice spesso: hei, vacci piano!

Vale a dire “stai attento!”

Vacci piano con i bambini piccoli, stai attento a come li prendi perché puoi fargli male.

Prendere con le molle è molto simile ma si usa maggiormente in situazioni meno materiali, sempre nelle questioni difficili da affrontare ma “vacci piano”, “andiamoci piano” eccetera è anche più informale e usato nella lingua di tutti i giorni.

Sapete quando si usa anche? Questo è un secondo utilizzo di “prendere con le molle“, Quando si ascolta qualcosa, un’affermazione da parte di una persona e si ha il dubbio che questa informazione, questa dichiarazione non sia credibile, attendibile e di conseguenza che sia meglio non credere a quanto si dice prima di aver fatto un’attenta verifica.

Le dichiarazioni di Marco sono sempre da “prendere con le molle” cioè occorre verificarle, perché Marco non sempre è affidabile nelle sue affermazioni. In questo caso parliamo di dubbi legati alla credibilità di una persona.

Ora ripassiamo le espressioni passate parlando di credibilità:

Cristine (Brasile): Sto imparando a ballare, ed il mio obiettivo è riuscire a muovermi con grazia. Cosa non facile però, perché dovrei anche dimagrire un po’. Dieci chili in meno sarebbero sicuramente benaccetti. Oltretutto in questo modo riuscirei anche ad indossare uno di quei vestitini un po’ osé che mi piacciono tanto. Credo che dovrò ricorrere all’ausilio di un nutrizionista.

L’Inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con italiano semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!

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Ripasso: Università pubbliche e private

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Episodio di ripasso di alcune espressioni imparate con Italiano Semplicemente. Vi parlerò delle università pubbliche e private. Vediamo le differenze tra questi due tipi di università e durante la spiegazione avremo modo di capire quante espressioni abbiamo memorizzato e se sappiamo immediatamente comprenderle.

Allora voglio parlarvi di questo argomento perché mi è stato chiesto da un membro dell’associazione e non vedo perché non debba accontentarlo. D’altronde non è facile per uno straniero capire la differenza e di conseguenza non si tratta di una domanda retorica. Allora ho preparato questo episodio in men che non si dica.

Naturalmente non sarà della durata di due minuti! Questo potrebbe indisporre più di una persona, ma vedrete che ne varrà la pena. Inizio subito, quindi tenete a bada la vostra impazienza e vedrete che io riuscirò a tener fede alla mia promessa.

Esordisco dicendo che in Italia esistono due diversi tipi di università: statali e non statali. Quelle non statali possono essere promosse da enti pubblici, da enti privati e poi possono essere telematiche, cioè online) e le leggi sono le stesse. sia per il reclutamento del personale docente sia per il rilascio dei titoli di studio agli studenti: il quadro normativo a cui devono sottostare è quindi lo stesso.

Le 65 università statali sono distribuite nelle 20 regioni italiane, e è la Lombardia ad averne il maggior numero: 8.

Le università non statali sono ugualmente riconosciute dalla legge ed autorizzate ad utilizzare il titolo cioè il nome di università, ateneo, politecnico o istituto di istruzione universitaria.

Si possono chiamare in questo modo anche le università private dunque. Inoltre anche le università private rilasciano titoli accademici relativi all’ordinamento universitario, e questi hanno quindi valore legale.

Apriamo una breve parentesi sulle università telematiche: Le università telematiche sono 11 oggi in Italia, e le lezioni si svolgono online, non in un’aula fisicamente. Sarà questo il motivo per cui ogni due per tre sento un collega di ufficio che sceglie un’università di questo tipo per laurearsi.

Io non ho frequentato un’università telematica ma credo che anche l’iscrizione e l’invio o il ritiro della documentazione per l’iscrizione avvenga online; un grosso vantaggio questo. Non vi dico quante volte sono andato in segreteria studenti a consegnare o ritirare dei documenti cartacei!

Le lezioni sono preparate dal professore e poi guardate e scaricate (cioè fruite) dallo studente in Internet nel luogo e nel momento che lo studente stesso ritiene più opportuno. C’è molta flessibilità dunque per lo studente.

Sono comode come università soprattutto per persone che lavorano e che non riescono molto a destreggiarsi tra lavoro e studio.

Oggi poi molte università telematiche affiancano alle lezioni online le lezioni anche alcune lezioni in aula. Forse col tempo ci si è accorti che la preparazione degli studenti sia migliore nelle lezioni classiche. Evidentemente sono venuti a galla alcuni svantaggi soprattutto didattici di questo tipo di insegnamento.

Restano molte diverse comunque le modalità organizzative delle lezioni e lo studio autonomo da parte dello studente: nelle università telematiche gli studenti hanno anche un tutor personale, una persona che li assiste personalmente, e in questo modo si evita che il percorso di studi prenda una brutta piega.

Non è facile capire quale università scegliere: a volte si sente dire spesso che la scuola privata non sia alla stessa altezza di quella statale, perché basta pagare e si ottiene la laurea.  A volte le persone sono prevenute nei confronti di certe università private, ma spesso si tratta di voci false e tendenziose.  In fondo bisogna fare sempre degli esami, e questo non credo sia mai considerato un pro forma. Altre volte invece si dice il contrario: sono meglio quelle private perché le lezioni sono preparate come si deve da docenti più competenti.

Se guardiamo alla lista, alla classifica delle migliori università ci sono infatti sedi pubbliche e private. Volete i nomi di alcune università con i fiocchi? L’Alma Mater Studiorum di Bologna, l’Università di Perugia, quella di Trento, e tra quelle private la Bocconi di Milano.

Quello che cambia comunque, ed anche di molto, tra pubbliche e private è soprattutto il costo. Quindi la scelta dipende soprattutto dal proprio tetto di spesa. Ne avevate il sentore vero? Sarebbe stato inutile tenervi sulle spine.

I costi riguardano sia i costi di iscrizione, cioè le cosiddette “rette universitarie” che il materiale didattico, cioè libri eccetera. Le università private, bontà loro, pagano anche stipendi più alti ai docenti. Spesso anche il 30 per cento in più rispetto ai colleghi delle università pubbliche.

Le differenze in questo caso sono notevoli e indiscutibili: le università private sono più care! Per questo forse sono quelle statali ad andare per la maggiore. Che vuoi, non tutti possono permettersi di spendere molto per l’istruzione. Se si è sguarniti di risorse economiche la scelta è obbligata.

Spesso la scelta personale dell’università dipende dalla vicinanza rispetto alla propria abitazione, ed in questi casi se si trova la giusta facoltà è inutile cincischiare: rompete gli indugi ed iscrivetevi  senza pensarci troppo. Si dà il caso che anche il tempo e lo spazio siano elementi importanti! A volte poi non si ha in realtà molta scelta per diversi motivi, e in questi casi inutile stare a scervellarsi troppo: quindi o così o pomì.

Ma con quale università si trova lavoro più facilmente una volta laureati? Questo infatti potrebbe essere l’obiettivo che vi siete prefissi: lavorare il prima possibile!

La risposta è abbastanza semplice quindi meglio tagliare corto: le università private da questo punto di vista danno statisticamente dei risultati migliori, quindi uno studente laureato trova molto più rapidamente un lavoro se ha frequentato un’università privata. Poi ovviamente c’è sempre l’eccezione che conferma la regola.

Questo potrebbe far pensare che le università private siano migliori ed è questo il motivo per cui chi si iscrive ad una università privata spesso abbia un fare un po’ antipatico: si credono più bravi degli altri forse. Chi lo sa. Questo si sente dire a volte.

Ma perché? Per diverse ragioni, prima tra tutte il fatto che i maggiori costi di queste università permettono agli studenti anche di frequentare dei tirocini e degli stage di alto livello, con insegnanti di alta qualità. Quindi in qualche modo si riesce ad ingranare più facilmente nel mondo del lavoro.

Ma ci sono fattori difficilmente valutabili: il reddito degli studenti, più alto nelle università private influisce sicuramente nella possibilità di trovare lavoro, Dobbiamo considerare anche la rete sociale dei rapporti, vale a dire il fattore “conoscenze” che all’aumentare del reddito si fa più importante. Questa influenza non credo sia affatto un’ipotesi peregrina!

In generale è impossibile dire con certezza quale università sia la migliore tra quella pubblica e quella privata e la scelta della giusta università è sicuramente da prendere con le molle. Comunque se anche io esprimessi una preferenza tra le due, qualcuno potrebbe essere di diverso avviso e potrebbe arrabbiarsi. Meglio rimanere neutri quindi: hai visto mai!

Senz’altro chi si laurea ha maggiori possibilità di trovare lavoro rispetto a chi ha un titolo di studio più basso, ed eccome se ci sono delle facoltà che garantiscono un lavoro più remunerativo rispetto ad altre, come ad esempio medicina e ingegneria.

Le meno remunerative? Sono scienze pedagogiche e psicologiche. Sarebbe a dire che vale la pena fare una riflessione anche sulla facoltà da scegliere. Naturalmente avrete valutato annessi e connessi quando vi siete iscritti, e lo avrete fatto anche in conformità alle vostre attitudini, ma se questa differenza remunerativa vi ha colto alla sprovvista perché non la conoscevate e non riuscite a capacitarvi di come sia possibile, allora potete anche cambiare facoltà se volete; siete sempre in tempo a correre ai ripari!

Se invece lo sapevate benissimo perché siete notoriamente un dritto in questo tipo di scelte, allora meglio per voi.

Se volete un consiglio da me, io vi direi che qualsiasi università voi scegliate, non arrendetevi ai primi fallimenti, alle prime bocciature: tornate alla carica finché non riuscite a superare ogni esame! Vi dirò che dovete armarvi di pazienza e avere forza di volontà: queste sono le armi vincenti. Non sottovalutate nessun esame se non volete pagarne lo scotto, e dite ai genitori sempre la verità sugli esami sostenuti. senza restare sul vago. Anche se chioseranno contro di voi, fregatevene e cercate di mettere  a punto un piano vincente per laurearvi il prima possibile, altrimenti sarete voi i primi a risponderne.

Se vi dicono: lascia stare, l’università non fa per te! Sappiate che questi sono consigli che lasciano il tempo che trovano. Non ascoltate chicchessia che voglia distruggervi!

Spero  con questo episodio di aver rispolverato abbastanza espressioni. Se qualcosa non vi torna, date un’occhiata ai singoli episodi. La cosa importante è che si impari sempre qualcosa e che ci si senta sempre a nostro agio con la lingua italiana.

Quando la misura sarà colma, potete smettere di ascoltare gli episodi di Italiano Semplicemente.

Ciao

 

n. 123 – IL COLPO DI GRAZIA – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giovanni: nell’ultimo episodio abbiamo detto che la grazia può essere data, ed in questo caso dare la grazia significa salvare (o perdonare) una persona che è stata condannata a morte o alla prigione. Anche in Italia esiste questo tipo di grazia, che può essere data (o meglio concessa) solo dal presidente della Repubblica nei confronti di un individuo. Si tratta di un cosiddetto provvedimento di clemenza individuale: ad una persona condannata ad una certa pena viene “condonata” la sua pena, anche completamente.

Ora, se questo è dare la grazia, è evidente che a ricevere la grazia è il condannato.

E’ evidente che dare la grazia è un atto di clemenza, direi un atto di bontà, cioè si fa qualcosa di positivo, si perdona una persona, e lo si fa per il suo bene.

A volte però, si può fare del bene ad una persona anche uccidendola.

Ecco allora che dare la grazia diventa “dare il colpo di grazia“. Normalmente un colpo di grazia è un colpo dato ad una persona che sta soffrendo, perché è ferita, oppure perché ormai è incapace di difendersi, non ha più difese.

Cosa possiamo fare per questa persona? Possiamo solo accorciare le sue sofferenze, ed allora le diamo il colpo di grazia. “Il” colpo di grazia: è importante usare “il” e non “un” perché il colpo di grazia è solamente uno, quello che grazia il condannato, quello che dà fine alle sue sofferenze.

Quante volte abbiamo dato il colpo di grazia magari ad un insetto che stava soffrendo?

Una volta ho visto dare il colpo di grazia ad un cavallo che si era rotto la schiena e stava soffrendo molto. Si tratta di un atto di pietà, ed in passato si usava nei confronti di un combattente ferito sul campo di battaglia.

Ora ovviamente non si usa più, ma rimane il senso di “colpo finale”.

Ogni tanto capita di ascoltare questa espressione anche parlando di argomenti futili: una squadra di calcio che gioca male in un certo periodo può ricevere il colpo di grazia se i suoi migliori giocatori si ammalano o si infortunano tutti assieme nello stesso periodo.

Un partito politico che non sta passando un buon momento può ricevere il colo di grazia da dalle elezioni,

Possiamo anche dire che se gli Stati Uniti mettessero i dazi (cioè le tasse) sui prodotti alimentari italiani che vengono esportati, questi dazi darebbero il colpo di grazia all’economia italiana, che no sta passando proprio un bel periodo.

Ripassiamo adesso le espressioni passate parlando di dazi.

Lejla (🇧🇦 Bosnia):

dazi faranno male molto all’economia italiana, L’agroalimentare Made in Italy pagherà un conto salatissimo e bisognerà correre presto ai ripari. Conoscendo la politica di Trump, si poteva anche avere sentore di una decisione di questo tipo. A pagare lo scotto però saranno anche i palati degli americani, che dovranno sostituire il parmigiano reggiano con qualche altro formaggio made in USA, e magari compreranno meno pasta italiana, meno olio extravergine d’oliva e più hamburger di fast food con maionese. Si prevedono pasti con i fiocchi! Buon appetito al presidente.

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n. 122 – AVERE GRAZIA – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giuseppina: Avere grazia. Avere la grazia. Che differenza c’è? Per scoprirlo dobbiamo parlare di grazia (con la g minuscola, essendo anche un nome di donna) e dobbiamo anche parlare della grazia.

Partiamo da “avere grazia“. Vi ricordate di Michel Platini? Tutti lo ritengono un giocatore che si muoveva con grazia all’interno del campo. La grazia con cui si muoveva Platini stava nelle sue movenze, nel suo stile inconfondibile nel passare la palla. Una certa eleganza nel palleggio, nel modo in cui si muoveva in campo.

Anche Falcao secondo me aveva una grazia abbastanza simile. Entrambi accarezzavano la palla, la toccavano con classe ed eleganza. Ecco, l’eleganza, la classe sono legati alla grazia di un giocatore, che si nota solamente quando un giocatore è in movimento.

La stessa cosa avviene nella danza: la grazia è probabilmente la virtù migliore di una ballerina. Una ballerina che ha grazia, che si muove con grazia, è aggraziata.

Invece la ballerina non aggraziata non è bella da vedere, è rigida nei movimenti, sembra più pesante, fa persino più rumore quando si muove.

La grazia sta nella bellezza, nella leggiadria, nella delicatezza, nella sensazione di leggerezza. Questo è avere grazia.

La grazia però non è solo quella dei movimenti, ma è anche una specie di perdono. Avere o ricevere la grazia significa infatti essere perdonati da Dio, o da un potente, che ci risparmia la vita. Siamo stati condannati a morte perché abbiamo fatto qualcosa di molto grave?

Possiamo sempre ricevere la grazia da parte di qualcuno, un re, un imperatore, un’autorità religiosa ad esempio che decide che siamo perdonati. Abbiamo avuto la grazia, siamo stati graziati. Si dice anche così.

La parola grazia si usa in molti contesti diversi e si usa in molti modi, ma è interessante che ricevere la grazia, cioè essere graziati è completamente diverso dall’essere aggraziati.

In uno sport come il calcio, ad esempio, un portiere, che difende la porta, può essere “graziato” se l’attaccante della squadra opposta sbaglia una facile occasione da rete. L’attaccante, sebbene aggraziato nei movimenti, può pertanto graziare la squadra avversaria, e questa non è una buona notizia per lui, poiché poteva fare un gol ma non c’è riuscito. La grazia dei suoi movimenti non l’ha aiutato in quanto ha graziato il portiere avversario, quando invece avrebbe potuto dargli il colpo di grazia.

Ma questo lo vediamo domani.

Adesso ripassiamo alcune espressioni passate.

Mariana (Brasile 🇧🇷): Cosa fare se un virus entra nel nostro computer? Sicuramente dobbiamo correre subito ai ripari, ricorrendo all’ausilio di un tecnico informatico, il cui aiuto sarà senz’altro benaccetto. Una volta mi è successo e solo grazie ad un po’ pò di esperto informatico ho potuto mettere a posto il pc. Avevo una fifa matta di perdere tutti i dati e sarei andato in tilt se fosse successo.

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n. 121 – CORRERE AI RIPARI – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Correre ai ripari è l’espressione di oggi della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente.

Correre lo conoscete tutti, significa procedere velocemente, avanzare con andatura veloce, o camminare in fretta. Per la frase di oggi ciò che serve ricordare è la fretta.

Bisogna fare qualcosa in fretta, ok, ma cosa? e Perché soprattutto?

Quando si corre ai ripari, bisogna fare in fretta per riparare.

Ma riparare cosa?

Riparare cosa significa? Se pensiamo ad un oggetto, o ad uno strumento, se questo si rompe, se non funziona più, allora lo dobbiamo rimettere a posto eliminando i guasti e i difetti. Però riparare significa anche coprire, per proteggere, quindi posso ripararmi dalla pioggia con un ombrello se piove- Posso anche riparare una persona nel senso che la proteggo se qualcuno la offende.

Posso anche riparare ad una offesa fatta a qualcuno chiedendo scusa.

In generale riparare si usa per rimediare, per limitare i danni. é vero, anche per riportare al funzionamento qualcosa di rotto o danneggiato, ma se lo usiamo in senso figurato, che è quello che ci interessa oggi, riparare significa fare qualcosa che ovviare a un danno ricevuto o causato, o a un errore fatto da me o da altre persone. 

Ecco quindi che “correre ai ripari” è esattamente questo: fare qualcosa per portare una situazione a non peggiorare, fare qualcosa velocemente (ecco perché uso “correre”) per ovviare, per riparare una situazione negativa.

E’ un’espressione molto usata dagli italiani, più all’orale che allo scritto.

Allo scritto si usa un semplice verbo: “provvedere” che però non trasmette il senso dell’urgenza. Inoltre provvedere ha anche altri significati.

Es:

Oddio, si è allagata casa!! Bisogna immediatamente correre ai ripari!

Abbiamo giocato malissimo oggi, bisogna correre ai ripari prima che sia troppo tardi.

La temperatura mondiale sta salendo! I governi devono correre ai ripari attraverso misure adeguate!

In caso di terremoto, bisogna subito correre ai ripari.

Insomma correre ai ripari è cercare di rimediare a una situazione grave, difficile.

Attenzione perché si corre ai ripari solo dopo che è successo un evento negativo, mentre prima ci si mette al riparo (riparo, al singolare), che è un’altra, simile ma non identica.

Si dice anche “metterci una pezza“, espressione quasi identica, questa, che significa risolvere una questione in qualche modo, diciamo con il minore dei danni. Il senso della pezza è figurato ovviamente.

La pezza indica in questo caso un pezzo di stoffa (chiamato informalmente “pezza”), come se avessimo solo quello quando ad esempio abbiamo un tubo che perde acqua in casa.

Oddio, si sta allagando casa, c’è un buco sul tubo dell’acqua, cosa ci metto?

E mettici una pezza! Meglio di niente!

Ripassiamo qualche espressione precedente:

Bogusia (Polonia): Mio marito, di regola, ha un fare molto gentile con tutti. Però con i nostri figli è troppo accondiscendente purtroppo ed Io a volte lo accetto anche se a malincuore.
Ogni due per tre mi coglie alla sprovvista la sua generosità. Io a mia volta, non di raro, sono di diverso avviso. Eccome se lo sono! Ho abbozzato abbastanza e adesso mi vedo costretta a tornare alla carica riguardo all’educazione dei nostri figli. Sennò, ho sentore che un giorno ne pagheremo lo scotto. E questo non sarà benaccetto da nessuno, né da me, né da mio marito.

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Ripasso (1-120): la testa di marmo e l’oste chiacchierone

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Buongiorno cari amici del sito italiano semplicemente. Sono di nuovo qui. Mi chiamo Bogusia, sono un membro dell’associazione italiano semplicemente. Si dà il caso che la rubrica che si chiama “due minuti con italiano semplicemente” abbia sorpassato la soglia, nientepopodimeno che di 100 episodi. Tutti realizzati con i fiocchi ovviamente.

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Hai visto mai che qualcuno si arrabbi se lo dico, ma penso che un bel ripasso di alcune di queste belle espressioni non sia affatto un’idea peregrina.

Ho deciso di tornare alla carica con la rubrica delle meraviglie di Roma. Ho un po’ una fifa blu di non riuscire a sfoderare qualcosa di avvincente, spero e credo di sì, ma può darsi che ci sarà qualcuno di diverso avviso e per questo mi scuso in anticipo. Non vorrei tenervi sulle spine e inizio senza cincischiare. Il mio racconto di oggi verte su Piazza Navona.

Come di consueto, sono restia nel raccontarvi delle bellezze o della storia. Non che io me ne freghi, piuttosto sono votata ad andare fino in fondo e soprattutto mi interessano le leggende e le cose che sfuggono a tanti visitatori dei luoghi storici. Che vuoi, ho preso questa brutta piega ed ormai sono affezionata a questo mio modo di fare. Mi sono prefissa però di rispolverare un po’ di informazioni su Piazza Navona in quanto ben conosciuta da tutti, essendo tappa fissa di diversi itinerari turistici. È una delle più belle piazze d’Italia. Oltre alla prestigiosa opera di Gian Lorenzo Bernini, che balza subito agli occhi, cioè la Fontana dei quattro fiumi, la piazza offre molte altre possibilità per ammirarla.

C’è anche la Fontana del moro e quella di Nettuno. C’è poi la bella Chiesa di Sant’Agnese, opera del Borromini: anche questa forma un binomio inscindibile con la piazza. Piazza Navona fa parte del cuore pulsante del centro della capitale e nei suoi pressi sorgono ristoranti, bar e locali per il divertimento tanto diurno quanto notturno. Con i pasti buonissimi sempre da completare con un bell’ammazza caffè.

A volte, si sfora un po’ con l’alcol e, vista la misura colma, sfuggono le cose piccole da ammirare che hanno sempre un certo non so che. Adesso tocca a me raccontarvene una di queste.

Eccovi la storia della testa di marmo e dell’oste chiacchierone.

In pochi notano questa piccola testa di marmo affacciata su Piazza Navona. Si trova sulla parete di un palazzo. Aguzzando la vista, stropicciandovi gli occhi, provate a cercarla voi. Mi vedo costretta a darvi un indizio però: cercate su un muro al di sopra dell’insegna di un ristorante. Quella maschera marmorea, sembra quasi un uomo che tenta di uscire a tutti i costi e anche di buona lena, dal muro.

Chi era quell’uomo? Io che mi ci sono trovata a tu per tu vi dico: era un oste di una taverna in cui forse una volta siete già stati oppure dove un giorno, prima o poi, pranzerete.

Alla fine del ‘500, al soglio pontificio salì Sisto V, che si preoccupò molto della sicurezza e della giustizia, tant’è che le esecuzioni pubbliche, in soli 5 anni di pontificato si moltiplicarono a dismisura. È pur vero che la Roma dell’epoca era tutto tranne che una città sicura: voci false e tendenziose, ladri di ogni genere, poveri affamati che non lesinavano di usare armi bianche per estorcere cibo e denaro.

Papa Sisto V, da buon amministratore di un’area vasta ed essendo anche lui un dritto non solo si preoccupava, ma siccome ne andava pure della sua reputazione, pare che amasse uscire in incognito, vestendosi come la gente povera, ed ascoltare ciò che il “popolino” aveva da dire. Un giorno si recò in una taverna di Piazza Navona e cominciò a parlare con l’oste, il quale non lo riconobbe e gli disse sinceramente il suo parere, come si deve, andando dritto al punto, senza restare sul vago, appunto. Sono così venute a galla, in men che non si dica, tutte cose poco lusinghiere, giudizi molto taglienti e critici sul modo di gestire le cose a Roma da parte del pontefice. Di questo l’oste, poveraccio, dovette risponderne e pagarne lo scotto. Nessuno strappo alla regola.

Il giorno dopo infatti l’oste vide sistemato davanti al suo negozio, un patibolo. Mai avrebbe pensato che quello fosse destinato proprio a lui. Era duro di comprendonio? Che ne so io? Direi che era troppo sbadato forse, oppure che fu preda degli eventi. L’oste chiese perdono ovviamente, ma nessuno, né tanto meno Sisto V glielo concesse.

Tutte le richieste di perdono lasciarono il tempo che trovarono. Fu così che l’oste venne di punto in bianco impiccato per le sue parole.

Pare, infine, che i suoi amici, affissero sul muro davanti alla taverna, questa testa in marmo raffigurante l’oste. Un ricordo di un uomo che disse semplicemente ciò che pensava ma forse alla persona sbagliata… Oggi la testa è ancora lì, per qualcuno rappresenta un ammonimento a non parlare in modo sconsiderato, per altri il ricordo del coraggio di chi è morto pur di non rinunciare alla libertà di espressione? Sfido chicchessia a pensare, soffermandosi sulle proprie emozioni. Finita la storia.
Qualora abbiate abbozzato a lungo e le mie storielle vi abbiano fanno venire il latte alle ginocchia, non abbiate timore di chiosare contro di me.

Non c’è bisogno di essere sempre accondiscendenti o sottostare alle idee altrui.
In ogni caso, il racconto non è stato sguarnito delle espressioni di due minuti con italiano semplicemente, ed inoltre non c’è stato bisogno di ricorrere a racconti osé per attirare la vostra attenzione. Tanti abbracci, ciao e alla prossima.

n. 120 – L’AUSILIO – 2 minuti con Italiano semplicemente

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Giuseppina: Ok ragazzi oggi in questo episodio della rubrica due minuti con italiano semplicemente vi spiegherò una parola che vi sarà di aiuto, anzi vi sarà di ausilio.

La parola è proprio questa: “ausilio” molto simile alla parola “aiuto” .

Ma allora perché dovremmo usare ausilio se c’è già la parola aiuto?

Beh è vero ma solo in parte perché si tratta di un linguaggio un po’ più formale spesso usato in ambito medico.

Ad esempio posso dire che l’oculista, il medico degli occhi si avvale dell’ausilio di molti strumenti elettronici.

Quindi l’ausilio è un supporto. Sì, un aiuto, è vero ma aiutare si usa spesso con le azioni dell’uomo:

ti voglio aiutare a risolvere questo problema.

Non esiste il verbo “ausiliare” (che invece è un sostantivo, significa aiutante) ma esiste essere d’ausilio.

Equivale ad aiutare, ma aiutare ha un senso più umano, l’aiuto prevede empatia e un bisogno da parte di chi lo riceve.

L’ausilio è invece molto tecnico come termine.

Di conseguenza una persona può anche offrire il proprio aiuto dicendo:

Posso esserti d’ausilio?

Ma non significa necessariamente che si ha bisogno di aiuto perché c’è un problema. Quello che si sta offrendo è un supporto, un aiuto più tecnico.

Qualcosa che agevola, che facilita.

Dicevo che avvalersi è un verbo spesso usato in questi contesti. Lo abbiamo visto bene anche nel corso di italiano professionale, in cui abbiamo dedicato un episodio a questo verbo. Quindi:

Io ti sono d’ausilio e tu ti avvali del mio ausilio

La strumentazione tecnica è di ausilio al medico, che si avvale quindi dell’ausilio di questi strumenti.

Si usa anche quando si parla di cose solenni come nella religione:

Solo l’ausilio divino ci può salvare!

Vale a dire che solo se Dio ci aiuta possiamo salvarci.

Terminiamo queato episodio grazie al consueto ausilio di un membro dell’associazione Italiano Semplicemente che ci propone una frase di ripasso di alcune delle precedenti 119 espressioni.

Sofie (Belgio 🇧🇪): in Italia, ma anche in molti altri paesi europei l’omeopatiava per la maggiore, però c’è chi dice che l’omeopatia è una cura che lascia il tempo che trova. Secondo questi ultimi sarebbe una terapia che tende la mano a chi non vuole lasciare nulla di intentato.
Fatto sta che l’omeopatia è soggetta a discussioni infinite e che la dimostrabilità della sua efficacia terapeutica resta sul vago.

Giovanni: Oggi ne facciamo anche un’altra, ma è solo uno strappo alla regola.

Khaled (Egitto 🇪🇬) e Martine (Francia 🇫🇷): Noi stranieri spesso crediamo di doverci avvalere dell’ausilio di regole grammaticali per evitare che vengano a galla le nostre carenze linguistiche. Se però avete sentore che non sia esattamente così, e l’idea di non studiare la grammatica vi risulterà meno peregrina, allora il metodo utilizzato da italiano semplicemente vi risulterà ben accetto.

L’Inizio e/o la fine di ogni episodio dei “due minuti con italiano semplicemente” servono a ripassare le espressioni già viste e sono registrate dai membri dell’associazione. Se vuoi migliorare il tuo italiano, anche tu puoi diventare membro. Ti aspettiamo!