416 – Sulla scorta

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Giovanni: Abbiamo quasi finito di spiegare una serie di modalità molto simili tra loro.

Abbiamo iniziato con “memore“, poi abbiamo visto “reduce” poi “forte“. Rimangono due modalità simili per riferirsi alle esperienze vissute in passato.

Oggi vediamo “sulla scorta“. E’ molto simile alle precedenti. La meno prossima tra quelle che abbiamo già visto è  “memore”, che è quella che più fa riferimento alla memoria. Quindi sempre del passato parliamo, ma spesso memore richiama un passato molto lontano, e non sempre si tratta di esperienze personali. “Sulla scorta” si usa spesso in ambienti lavorativi.

Infatti c’è poca emozione in questo caso e il singolo individuo è meno coinvolto. Sulla scorta vuole la preposizione di, e “sulla scorta di” equivale a “in base a“.

Attenzione perché in questo caso non sempre si parla di passato. O meglio si tratta di un momento precedente ad un altro, ma questo momento può anche essere futuro.

Faccio un esempio per capire immediatamente:

In una classe di studenti, il professore potrebbe dire:

Deciderò la difficoltà dei compiti da assegnarvi sulla scorta del vostro livello raggiunto col passare del tempo.

.Questo significa che il professore, prima di decidere quale compito assegnare di volta in volta, aspetterà di vedere i risultati del compito precedente.

E’ esattamente come “in base a“, o anche “basandosi su“.

A me non piace molto come locuzione, comunque si usa il termine “scorta” perché questo termine viene usato, se ci pensate, anche per indicare una sorta di aiuto, qualcosa che può essere utile, come la “ruota di scorta” che è utile se ci capita di forare uno pneumatico della nostra auto. Le “scorte alimentari” invece hanno la funzione di essere utilizzate quando abbiamo fame.

Quindi sulla scorta di qualcosa indica qualcosa da usare, qualcosa di cui tenere conto. Sulla scorta in definitiva equivale a:

In/sulla base a/di

tenendo conto di

Alla luce di

Vediamo qualche esempio:

Dobbiamo terminare il lavoro sulla scorta di quanto abbiamo fatto ieri.

Equivalente a:

Dobbiamo terminare il lavoro sulla base di quanto abbiamo fatto ieri.

Dobbiamo terminare il lavoro alla luce di quanto abbiamo fatto ieri.

Dobbiamo terminare il lavoro tenendo conto di quanto abbiamo fatto ieri.

In questo esempio, a differenza di prima, ci riferiamo a ieri, quindi al passato.

Altro esempio:

Coronavirus: Il Governo deciderà le regole da rispettare per il 2021 sulla scorta dei dati di fine anno 2020

La decisione di fare la riunione dei membri di Italiano Semplicemente nel 2021 in Italia sarà presa sulla scorta del livello di sicurezza che sarà raggiunto.

Giovanni, sulla scorta delle indicazioni dei membri dell’associazione, deciderà la data più opportuna per incontrarci nel 2021.

Bene adesso ripassiamo un po’:

Doris: Hai fatto bene a parlare della riunione dei membri, perché probabilmente ci sarò anch’io. Te lo faccio saper nel giro di un mese, ma deciderò anche sulla scorta di quello che dicono gli altri.

Ulrike: Io ci resterei male però se non si facesse la riunione neanche quest’anno.

Rafaela: avrei in mente una mandrakata, ve la dico?

Komi: Magari!,Io pur di venire in Italia farei anche le magie nel 2021.

Rafaela: Ecco cosa ho pensato: noi intanto prenotiamo, così i prezzi sono più bassi, che ne dite? Pensate che questa proposta abbia il suo perché?

Sofie: un’idea ottima idea. Ma dopo cotanta idea, adesso Giovanni datti da fare se tutti siete d’accordo!

Giovanni: Benissimo. Poi dice a che servono i ripassi!

 

 

 

 

 

Uno sproloquio

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Sono interessanti i termini che finiscono con – loquio, infatti loqui significa parlare. Da qui derivano molte parole, come colloquiare, interloquire, esiste la loquacità, la loquela, loquace, loquacemente.

Esiste anche il ventriloquo, che è colui che sembra parlare con il ventre, cioè con la pancia e non con la bocca, perché ha l’abilità di parlare senza muovere le labbra e i muscoli facciali, sicché i suoni sembrano avere origine non dagli organi vocali ma da una sede diversa.

Ma anche il colloquio e lo sproloquio hanno la stessa origine.

Soffermiamoci in questo episodio sul colloquio e sullo sproloquio.

Il colloquio è un dialogo, UNA CHIACCHIERATA, uno scambio di parole e di opinioni. Quando si fa un colloquio in genere è perché si vuole ottenere un lavoro.

Un “colloquio di lavoro”, si dice in genere, ma non c’è neanche bisogno di specificare perché tutti i colloqui sono di lavoro. Con i colloqui di lavoro si fanno anche affari, accordi, trattative.

Poi ci sono gli sproloqui. Uno sproloquio è un discorso. Non si fa in due, come il colloquio ma si fa da solo.

È un discorso però lunghissimo, fastidiosamente lungo, macchinoso e inconcludente. Inutile direi.

Insomma gli sproloqui non piacciono a nessuno.

Quando si parla di sproloqui si usano spesso anche due altri aggettivi con cui si può definire quel discorso: prolisso, che significa lungo, ed enfatico, cioè un discorso fatto con enfasi, spesso anche alzando il tono della voce. Spesso però un discorso enfatico è anche ampolloso e ridondante.

Altri due aggettivi interessanti.

I discorsi che contengono sproloqui sono molto noiosi. Queste persone espongono con enfasi il loro punto di vista, la loro opinione, sottolineandolo con un tono particolare, ad alta voce spesso, facendo gesti anche con le mani. Si compiacciono di caricare i toni ma così facendo risultano prolissi (una lunghezza eccessiva) e ampollosi, cioè superbi, saccenti, vanagloriosi. Le persone equilibrate non fanno sproloqui. Chi li fa invece è pieno di superbia, direi anzi gonfio di superbia. Gonfi come le ampolle, che sono delle bottiglie panciute, delle bottiglie con la pancia più gonfia.

I loro discorsi sono noiosi perché anche ridondanti.

Questo significa che c’è una eccessiva abbondanza degli stessi termini e concetti. Si ripetono sempre le stesse cose. Come una campana 🔔 che quando suona fa “din don dan”. Questo sicuramente vi aiuterà a ricordare l’aggettivo ridondante!

Insomma ad un certo punto viene voglia di dire: basta! Questi sproloqui non si possono sentire!

Ma c’è di peggio sapete?

Se si esagera anche con la volgarità, allora c’è ancora un altro termine: si tratta di un turpiloquio, che è un parlare turpe, cioè un modo di parlare volgare, offensivo e irriverente, cioè irrispettoso, utilizzato per mostrare contrarietà, disappunto verso qualcosa o qualcuno.

Durante un turpioquio si usano imprecazioni, parolacce e anche bestemmie.

Se proprio dovete scegliere, fate uno sproloquio!!

Vediamo alcuni esempi:

La professoressa ha iniziato la lezione con un lungo sproloquio contro gli studenti che non lasciano il cellulare a casa.

Questa professoressa quindi ha parlato troppo, si è soffermata troppo su questo argomento, dicendo cose anche inutili e fastidiose. Non c’era bisogno di insistere così tanto su questo.

Un altro esempio:

Durante la conferenza, il direttore del giornale ha fatto uno sproloquio a favore degli sponsor, dicendo che senza di loro non si va avanti, che è sempre stato così, che anche la pubblicità online è necessaria e Bla Bla Bla. È durato mezz’ora questo sproloquio.

E chiaro che anche questo sproloquio non ha niente di positivo per nessuno, probabilmente neanche per gli sponsor del giornale.

Che ne dite se adesso facciamo un piccolo esercizio di ripetizione? D’altronde la settima regola d’oro di italiano semplicemente è proprio “parlare“. E allora adesso tocca a voi.

Ascoltare e ripetere è importante, ma non voglio fare uno sproloquio sulla ripetizione 🙂

Ripetete dopo di me:

Uno sproloquio

Lo sproloquio

Gli sproloqui

Il professore ha fatto uno sproloquio.

Ma questo è uno sproloquio interminabile!

Ma quanto dura questo sproloquio?

Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente.

Fare spallucce

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Trascrizione

Giovanni: Buongiorno, oggi voglio spiegarvi una bella espressione italiana, ma prima della spiegazione voglio fare una proposta ai visitatori di Italiano Semplicemente.
La proposta è che chi si iscrive oggi alla newsletter del sito Italianosemplicemente.com riceverà in regalo l’accesso alla cartella dei primi 100 episodi audio della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente, grazie alla quale potrete iniziare un percorso di miglioramento della lingua italiana.

Se siete in grado di capire ciò che dico e che scrivo evidentemente farete grossi passi in avanti.

Quindi chi si iscriverà verrà abilitato alla cartella con questi 100 episodi audio.

Spero che di fronte a questa proposta non farete spallucce.

Questo è l’argomento di oggi: fare spallucce.
Fare spallucce significa dimostrare disinteresse o disprezzo nei confronti di chi afferma qualcosa che si considera irrilevante. Fare spallucce è un gesto abbastanza offensivo direi. Quando non siete interessati a qualcosa alzate le spalle come a dire: non mi interessa!
Si dice in modo più semplice “alzare le spalle”.
Vediamo qualche esempio:

Ragazzi, ho una proposta per voi. Spero non alziate le spalle.
Ho detto a mia moglie che avevo un regalo per lei ma ha fatto spallucce. Basta. Chiedo il divorzio!!
Sei un egoista. Fai sempre spallucce quando ti dico che ho un problema!

E’ un gesto quindi. Stiamo parlando del gesto di stringersi nelle spalle, o alzare le spalle leggermente. In realtà non serve solamente a esprimere disinteresse.

Il gesto può sostituire diverse frasi:

Non mi interessa
Boh, e che ne so io?
Io non ne so nulla.
Io non lo sapevo
Non so, non lo chiedere a me
Non saprei proprio
Non saprei che dirti
Ma che ne so!

Ci può essere quindi indifferenza ma spesso anche solo disinteresse. Dagli esempi fatti può sembrare che si faccia questo gesto anche quando non si conosce qualcosa.

In realtà non si fanno spallucce semplicemente quando non si conosce qualcosa, ma anche quando non si è interessati a questa cosa.

Spesso lo si fa anche quando ci si vuole giustificare di fronte ad un’accusa, quindi si accompagnano alcune frasi con questo gesto delle spalle.

Ma io non ne sapevo nulla!
Non è colpa mia!
Ma io non sapevo di fare una cosa sbagliata!

Allora se non fate spallucce 🤷‍♂️ anche voi alla mia richiesta iscrivetevi alla newsletter.
Se non sapete come fare potete semplicemente inviarmi una richiesta nella pagina della trascrizione di questo episodio.
Alla prossima.

L’articolo il

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Trascrizione

Il è un articolo. Questo lo sapete tutti vero?

È uno degli articoli della lingua italiana.

Proviamo a ripassare qualche espressione della rubrica due minuti con Italiano Semplicemente facendo degli esempi di utilizzo.

Anzi, facciamo degli esempi di non utilizzo. Quando non si utilizza l’articolo il si usa l’articolo lo.

Il, per gli amanti delle regole, si usa coi nomi maschili che cominciano con consonante, che non sia x, z, o la s seguita da altra consonante e infine quando le parole iniziano con gn e pn.

Ad esempio:

Col termine pneumatico, che è la ruota delle macchine, ci va l’articolo lo e non il.

Questa cosa non la sanno neanche gli italiani, che infatti dicono praticamente tutti: il pneumatico della macchina e i pneumatici, al plurale.

In realtà si dice lo pneumatico e gli pneumatici. Ma questo non lo sa praticamente nessuno.

Gli è il plurale di il. Quindi per “gli” valgono le stesse regole di “il”.

Con gn non ci sono dubbi invece. I nomi maschili che iniziano con gn vogliono l’articolo lo e gli

Gli gnomi hanno cura di biancaneve.

Lo gnocco si mangia, non fosse altro perché è il singolare di gnocchi.

Lo gnorri fa sempre il finto tonto.

Lo gnu non se la sente di farsi mangiare dai predatori.

Riguardo alla lettera s seguita da un’altra consonante qualsias, in nessun caso usiamo il.

Lo stupido è da prendere con le molle.

Lo stomaco quando fa male, non ti dico che fastidio!

Lo scarafaggio è carino? Un parolone direi!

Gli strozzini non li reggo proprio.

Eccetera

Per il resto, parole con la x ce ne sono poche, ma vogliono solo “lo”:

Lo xinofono è uno strumento che puoi trovare a buon mercato.

Lo xenofobo odia gli stranieri. Vi auguro di non imbattervi mai in uno di loro.

Anche con la zeta le parole non sono tantissime, e tutti i nomi vogliono l’articolo lo.

Lo zibibbo non è un ammazza caffè.

Lo zodiaco ha a che fare con l’oroscopo, ma mi fa specie che nessun oroscopo aveva previsto un 2020 così brutto.

Lo zio può essere il fratello del padre. Grazie! Questo lo sanno tutti!

Concludo con una curiosità che gli stranieri non conoscono.

Sapete che l’articolo il si usa anche quando due persone, ad esempio due amici che stanno sempre insieme o marito e moglie, una persona molto alta ed una molto bassa.

Per prenderli in giro a volte si dice:

Guarda quei due: sembrano l’articolo il!

Ovviamente la più dispiaciuta è la lettera i, che è più bassa della elle. “Altezza mezza bellezza”, come si dice in questi casi.

Voglio anche dirvi una cosa molto triste che riguarda la lettera i.

Molto tempo fa, nel II secolo dopo Cristo, la i non era mai sola. Infatti sebbene l’articolo determinativo in latino non esistesse, c’era il pronome dimostrativo che si usava come articolo: “illum“, ma col passare del tempo il pronome illum perse lum. E rimase il.

Alla lettera i era rimasta la sua unica compagna: la elle.

Al plurale accadde la stessa cosa: il pronome illi perse ill.

Da allora, il non ha più ritrovato lum. Ma soprattutto la lettera i rimase sola.

Una vera tragedia.

La povera i è sola ormai da illo tempore.

Questa è una locuzione molto usata in Italia. Significa “da molto tempo”.

Quanta nostalgia in questa locuzione vero? Bei tempi quelli.

415 – Forte di

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Giovanni: oggi, cari amici, ci occupiamo dell’espressione “forte di”. Vorrei farlo ancora una volta con l’aiuto dei miei amici e membri dell’associazione Italiano Semplicemente. Se siete d’accordo eh?

Olga: io ci sto. Anche se mi è rimasto un dubbio sul termine reduce. Si può usare in senso positivo?

Giovanni: si, si può fare infatti “essere reduci da” molto spesso si usa al posto di “venire da“, quindi semplicemente citando qualcosa di vissuto, un’esperienza positiva o negativa.

Ad esempio nello sport posso dire che una squadra è reduce da 10 vittorie consecutive. Si può fare. Non è tanto la memoria in questo caso la protagonista, ma ciò che è appena accaduto, cioè le ultime esperienze vissute. Vero Max?

Max: invece l’espressione di oggi Giovanni, “forte di” cosa ha a che fare con la forza?

Giovanni: Ok, grazie della domanda. Ci sono altre domande?

Ulrike: ciao Gianni. Avevi annunciato un episodio sulla locuzione “forte di”. Allora ho dato un’occhiata su google ed ho visto che ci sono significati diversi! C’è un utilizzo particolare di cui vuoi parlare?

Giovanni: grazie anche a te Ulrike. Bella domanda.

Normalmente trovate frasi come:

Sono più forte di te

Sono più forte di prima

Sono molto forte di cuore

Siamo la squadra più forte del Campionato

Eccetera.

In questo episodio invece “forte di” è legata all’esperienza o a qualcosa che ci rende più forti, ma non fisicamente. Dopo “di” dobbiamo indicare la cosa che ci rafforza, la cosa che ci dà forza. “forte di” , in questo caso è esattamente come “rafforzato da”.

Ha a che fare con la forza perché l’esperienza vissuta in passato ci rende più forti. Soprattutto se in futuro ci ricapita di vivere esperienze simili.

Irina: e quale verbo si usa in questo caso? Sempre il verbo essere come con memore e reduce?

Giovanni: si Irina, e anche il verbo fare: essere forte e farsi forte. Ma anche nessun verbo.

Vi faccio alcuni esempi.

I lavoratori hanno fatto un accordo molto favorevole con l’azienda. Forti dell’accordo raggiunto, ora possono essere soddisfatti.

Sofie: ho una domanda sulla preposizione da usare: stavolta è “di” e non “da”. Perché? Con reduce usiamo “da” invece.

Giovanni: Ottima domanda Sofie. Con reduce usiamo “di” nel caso in cui reduce è sostantivo, tipo: “i reduci di guerra”. Invece quando è aggettivo usiamo “da”: “siamo reduci da una brutta esperienza”. Ad esempio. Usiamo “da” perché veniamo da una brutta esperienza.  “I reduci” invece hanno l’articolo, quindi è sostantivo.

Quindi stavolta usiamo di perché la forza viene imputata a un particolare motivo. Ad esempio:

Forte dell’esperienza vissuta

Forte di un successo avuto

Forte di molti anni di studio

Eccetera.

Poi c’è un’altra cosa da dire. La preposizione “da” è più adatta per indicare la provenienza, quindi anche le esperienze vissute, il passato, ciò che viene prima in generale.

Invece in questo caso vogliamo riferirci a ciò che ci rende forti. Vogliamo indicare quello che ci è utile adesso. E per indicare qualcosa la preposizione di è più adatta.

Xiaoheng: Quindi adesso potrei dire che, forte di questa spiegazione, sento che potrei subito usare questa locuzione. Ho detto bene?

Giovanni: perfetto cara Xiaoheng. Vedi come ho imparato bene la pronuncia del tuo nome, forte di tanti tentativi?

Komi: riguardo all’uso del verbo fare, “farsi forte” di qualcosa è diverso da “farsi forza”?

Giovanni: infatti caro Komi, molto diverso. Farsi forza significa farsi coraggio, incoraggiarsi. Si può dire a una persona che non sembra avere la forza di affrontare qualcosa. Se devi fare un esame ma hai paura di non superarlo io posso dirti:

dai, fatti forza e vedrai che ce la farai

Questo però non c’entra nulla con la frase di oggi ma hai fatto bene a fare la domanda.

Allora se avete altre domande, fatevi forza e fatele.

Carmen: sembra che farsi forte di qualcosa, se ho capito bene, vuol dire utilizzare questa cosa come principale argomento a proprio vantaggio.

Giovanni: proprio così Carmen. Ad esempio io, che sono il presidente dell’associazione Italiano Semplicemente, posso farmi forte di questa posizione per decidere quale sarà il prossimo episodio di cui ci occuperemo.

Vedete che in questo caso non parliamo neanche di un’esperienza passata, ma stiamo solo indicando la cosa che mi rende forte. Questo è un motivo in più per usare la preposizione “di” e non “da”. Questo la rende simile all’espressione “in virtù di” che abbiamo spiegato nell’episodio 231 di questa rubrica.

Bene, credo che abbiate abbastanza su cui riflettere. Nel prossimo episodio vediamo insieme “sulla scorta di” e vedrete che, forti degli episodi precedenti tutto sarà più facile. Un saluto e grazie a tutti i membri dell’associazione italiano semplicemente che mi hanno aiutato oggi.

La primavera

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Sicuramente sapete tutti cos’è la primavera: una delle quattro stagioni. Forse la più bella.

La primavera arriva dopo l’inverno e prima dell’estate.

È la stagione dei fiori, e il clima è mite e gradevole:esplodono i colori e la natura si risveglia dopo il freddo invernale.

È quindi normale che il termine primavera venga utilizzato anche per indicare la giovinezza, ad esempio. L’età giovanile viene spesso chiamata la primavera della vita, spesso quando si prova o si vuole trasmettere un senso di nostalgia.

È la stagione della nascita, del risveglio, del cambiamento.

Avete mai sentito parlare della primavera della patria? È il momento in cui nasce una nazione, un paese, uno stato, quando l’aria è piena di entusiasmo, un entusiasmo che riempe i cuori come il polline l’aria.

E avete mai sentito parlare della primavera di Praga? Era il 1968.

In questo caso si parla del risveglio politico e civile che accompagna il ritorno alla democrazia.

Dopo l’inverno (rappresentato dalla politica totalitaria, dalla dittatura), buio e triste, torna ancora la primavera. Un’immagine politica quindi.

È la stessa cosa accaduta a partire dal 2010 in medio oriente e in Africa settentrionale. Iniziarono movimenti di protesta che fecero cadere i regimi autoritari, anzi totalitari.

Quella viene chiamata la primavera araba. Una rinascita anch’essa.

Se passiamo allo sport esiste la squadra primavera che è quella giovanile. Si può giocare nella squadra primavera fino ad una certa età, un’età che non torna più.

Come se la primavera non tornasse più.

E invece la primavera torna ogni anno, puntualmente.

Infatti ogni volta che arriva la primavera è passato un anno.

Non è un caso che col termine primavere, al plurale quindi, si possono chiamare gli stessi anni che passano, ma solo quando sono tanti, solo quando voglio indicare moltissimi anni, passati con fatica:

Sai che mia nonna ha 96 primavere sulle spalle?

Anche mio nonno aveva molte primavere quando ci lasciato.

Sai quante primavere ho passato in questo ufficio? Ben 40!

Questo è un uso generalmente scherzoso ma anche letterario.

Ci vediamo al prossimo episodio di italiano semplicemente.

414 – Reduce

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Giovanni: Allora oggi, dopo aver spiegato il termine “memore“,  è il turno di “reduce”, simile a memore, ma ci sono delle differenze. Anche oggi mi aiuteranno alcuni membri dell’associazione Italiano Semplicemente, che pare trovino questa modalità per realizzare gli episodi alquanto stimolante.

Allora, cosa mi dite di “reduce”?

Sofie: cosa significa reduce? Nel dizionario ho trovato che il concetto è usato ad esempio come un nome.

Giovanni: infatti esiste il reduce, che è una persona. Reduci se sono più persone, maschi o femmine. Si usa normalmente con i soldati che vengono dalla guerra. Quindi è simile a “sopravvissuto“.

Fernando: è interessante anche il fatto che non esista un verbo corrispondente al nome.

Giovanni: infatti anche con reduce si usa “essere reduce“, proprio come “essere memore“.

Ulrike: In un altro episodio abbiamo parlato di rimettersi in sesto che significa guarire da una malattia, riprendersi da un infortunio.
Quindi chi viene da una malattia, possiamo dire che è reduce da una malattia?

Giovanni: certo: reduce significa “che ritorna“, quindi “che viene“. Si parla di esperienze vissute, come nel caso di memore, però c’è il senso del passato rischioso, di un’esperienza passata che abbiamo superato, proprio come i reduci dalle guerre, i reduci del campo di concentramento.

Ogni volta che si ha un’esperienza pericolosa, rischiosa in qualche modo, ma che abbiamo superato, possiamo usare “essere reduce da”.

Ulrike: ma ho visto che si usa anche in modo scherzoso. Ad esempio:

Sono reduce dopo una lunga passeggiata col mio cane.

Giovanni: certo, si usa in realtà molto più spesso in questo modo. Si lascia intendere che la passeggiata, in questo caso, sia stata un’impresa!

Ulrike: il giorno dopo Natale posso dire di essere reduce dal pranzo a casa di mia madre?

Giovanni: esatto, proprio in questo modo! Va benissimo!

Irina: Mi piace questo uso scherzoso. Sembra più utile nella vita quotidiana.

Giovanni: è proprio così cara Irina! E se collaborare a realizzare questi episodi ti sembra molto a rischio di fare brutte figure, alla fine potrai dire di essere reduce dall’ultimo episodio della rubrica dei due minuti con Italiano Semplicemente.

Doris: io sono reduce da una serie di notti in bianco. Posso dire così?

Giovanni: certo, tranquillamente.

Irina: Mio fratello, reduce dall’esame di latino, è sfinito!

Irina: Il gruppo rock è reduce da un tour in Australia.

Giovanni: si può anche essere reduci da un periodo di assenza, anche se non c’è stato pericolo in questo caso.

Bogusia: Allora io direi che sono proprio io un membro reduce da un lungo periodo di assenza dal gruppo Whatsapp dell’associazione. Ma adesso sono rientrata. Siccome però sono memore delle lagne di alcuni membri, che spesso dicevano frasi come “io sono ancora a carissimo amico“, o cose di questo tipo, da allora, mi ha preso alla sprovvista la leggerezza con cui queste persone sono riuscite a sfoderare tutti questi esempi che avete fatto Grazie mille per tutti i vostri esempi con i fiocchi.

Giovanni: bene, visto che Bogusia ci ha aiutato anche a ripassare, ci vediamo al prossimo episodio in cui ci occupiamo ancora di memoria, con la frase “forte di“.

25 – I pezzi di ricambio – ITALIANO COMMERCIALE

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Lezione 25 di due minuti con Italiano commerciale.

Molti clienti, quando entrano in un negozio, sono alla ricerca di pezzi di ricambio…

413 – Memore

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Giovanni: ragazzi, come potremmo spiegare il termine Memore? Potete aiutarmi?

Anthony: sembra legato alla memoria. Sul dizionario ho trovato questo significato. Pare si debba usare il verbo essere, tipo “io sono Memore”

Giovanni: si, giusto Anthony. Facciamo un esempio?

Doris: sono memore di quando ero bambina.

Giovanni: si la frase Doris è corretta ma va inserita in un contesto in cui la memoria ti aiuta oggi.

Doris: allora riprovo. oggi riesco a esprimermi in italiano memore dei mille errori fatti in passato.

Giovanni: esatto, quando si usa memore bisogna generalmente anche specificare a cosa è servita l’esperienza passata. In questo caso è servita ad esprimerti meglio in italiano.

Al plurale rimane così? No, al plurale diventa memori, ma attenzione a come si pronuncia memori.

Sofie: in pratica essere memori di qualcosa significa ricordarsi di qualcosa e conservare nella memoria questa cosa per poi utilizzarla in futuro.

Giovanni: mi hai rubato le parole di bocca Sofie. È proprio così.

Sofie: si usa sempre la preposizione di?

Giovanni: si, è come dire “mi ricordo di”. Quindi essere memori di un’esperienza significa ricordarsi di quell’esperienza.

Vi faccio alcuni esempi:

Molti italiani, memori del significato delle parole fame e guerra, oggi sono felici anche se hanno pochissimo per vivere.

Memore degli errori fatti nel compito di italiano, studierò molto di più la prossima volta

Bogusia: scusa Giovanni, mi sembra di aver capito che queste esperienze avute in passato siano sempre negative.

Giovanni: hai ragione Bogusia, allora bisogna fare anche qualche altro esempio. Infatti si usa anche per i bei ricordi che conserviamo nella memoria.

Irina: che però ci hanno insegnato qualcosa, oppure che ci fa semplicemente piacere ricordare.

Giovanni: perfetto Irina. Assolutamente perfetto. Vedo che Ulrike vuole fare una domanda. Prego Ulrike.

Ulrike: Posso aggiungere un esempio?

Quando ero adolescente mia madre ha detto: un giorno quando sarai grande sarai memore dei miei consigli, vedrai. Ora so, non sono solamente memore dei suoi consigli, ma anche e soprattutto del suo amore.

Bogusia: posso essere memore della cordialità di una persona.

Giovanni: esatto. L’importante è che si conservi il ricordo di un fatto non solo nella mente ma anche nel sentimento, e anche in modo continuo, non momentaneo.
Altre domande?

Bogusia: Ah, si. Ascolto tante cose che riguardano la storia. Potrei dire anche, credo almeno, ad esempio: l’Italia è un paese pienissimo di luoghi memori di migliaia di vicende storiche. Allora non solo una persona può essere memore. Vero?

Giovanni: assolutamente si. Anche un luogo può conservare ricordi, proprio come una persona. Per oggi vi risparmio il ripasso. Può bastare così. Ci vediamo al prossimo episodio in cui vedremo ancora un termine collegato alla memoria: reduce.

412 – “Me ne frego” e “me ne frega”

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Trascrizione

Rispondo ad una domanda che mi ha fatto Doris, membro dell’associazione Italiano semplicemente. Doris mi ha chiesto la differenza tra “me ne frego” e “me ne frega”.

Grazie della domanda Doris. Abbiamo già tratato il verbo fregarsene  ma oggi lo approfondiamo grazie ala tua domanda.

Allora: Quando siete o non siete interessati a qualcosa, quando provate o non provate interesse, un modo molto informale per esprimere questo concetto è usare il verbo fregarsene.

Parliamo di interesse e disinteresse, ma se usiamo il verbo fregarsene è soprattutto per esprimere disinteresse:

Io me ne frego
Tu te ne freghi
Lui se ne frega
Noi ce ne freghiamo
Voi ve ne fregate
Loro se ne fregano

Se dico che me ne frego di te significa che non mi interessa nulla di te.

Si tratta di un forte disinteresse, quasi di un disprezzo.

Usate questo verbo con moderazione perché può essere molto offensivo.

Tu te ne freghi di me

Significa che non sei per niente interessato a me. Non hai alcun interesse per me.

Mario se ne frega di Francesca

Significa che Mario non è per niente interessato a Francesca.

Ora, cosa succede se invece vogliamo esprimere il significato opposto, cioè che non è vero che non siamo interessati?

Vediamo, nelle tre frasi che abbiamo visto sopra, come fare:

Il contrario di “me ne frego di te” sarebbe:

Non me ne frego di te

Di te non me ne frego

Ho detto sarebbe perché questo verbo come ho detto si usa quasi esclusivamente per esprimere un forte disinteresse.

Infatti se volete veramente dire che provate interesse, meglio usare la seguente forma:

Non è vero che me ne frego di te!

Di te non me ne frego affatto!

Il tono da usare è anch’esso importante per far capire le proprie intenzioni.

Perché si può creare questo malinteso? Perché dovete poi sapere che esiste anche “me ne frega” e “non me ne frega niente/nulla“.

A me non frega nulla

A te non frega nulla

A lui non frega nulla

A noi non frega nulla

A voi non frega nulla

A loro non frega nulla

Sempre uguale. Non cambia mai. Questa è la versione, possiamo dire “maleducata” dell’uso di un altro verbo: importare. Lo vediamo tra un po’.

Questa forma, allo stesso modo del verbo fregarsene, si usa per mostrare prevalentemente un forte disinteresse.

Di te non me ne frega niente

Non mi frega nulla della scuola (più informale)

Non me ne frega nulla della scuola

Che me ne frega della grammatica! Mi basta leggere e ascoltare.

Non sono ricco? Che mi frega! Mi basta avere molti amici ed essere in salute.

In questo caso si aggiunge “non“:

Non mi frega di…

Non mi frega niente di…

Non me ne frega nulla di…

Significa che non sono per niente interessato a qualcosa.

Un’alternativa è iniziare con “che” o “ma che”:

Che me ne frega?

Che mi frega?

Ma che ne ne frega a me?

Si tratta di una domanda retorica ovviamente.

Se rivolgo la domanda ad un’altra persona diventa invece un consiglio a fregarsene:

Che te ne frega di Giovanni? Non dare ascolto alle sue parole!

Oppure è una vera domanda, sebbene un po’ arrabbiata:

Giovanni, ma tu sei innamorato di Sofia?

E a te che te ne frega? Fatti gli affari tuoi.

Equivalente a (usando fregarsene):

Fregatene!

Te ne devi fregare!

Insomma nelle due forme viste si usa quasi esclusivamente per esprimere un forte disinteresse.

Quando invece voglio mostrare interesse invece in genere non si usano queste due forme.

Si può fare ma solo per negare il disinteresse. Ad esempio:

Non è vero che non mi frega nulla di te

Non è vero che me ne frego di te

Se vogliamo esprimere interesse meglio usare un’altra modalità: usare il verbo importare, di cui abbiamo accennato prima.

Se qualcosa è importante per te, allora a te importa di questa cosa.

A me importa imparare l’italiano

Vuol dire che l’italiano è importante per me.

A te importa qualcosa si me?

La domanda equivale a:

Sei interessato a me?

Sono importante per te?

Posso usare questo verbo anche per mostrare disinteresse, se una cosa non è importante:

A me non importa se mi tradisci

Non ci importa se non venite alla festa

A loro non importa nulla di voi

Questo verbo si può quindi usare sia per mostrare interesse sia disinteresse.

Quando uso “non mi frega” e “chi se ne frega”, sebbene questa forma si usi quasi sempre solo x mostrare un forte disinteresse (ed è anche maleducata come detto) funziona allo stesso modo di importare.

Mi importa = mi frega

Non mi importa = non mi frega =

Non me ne importa = non me ne frega.

“Non mi frega” e “chi se ne frega” si usano soprattutto quando siete arrabbiati:

Non mi frega niente di te!

Lo vuoi capire che non mi frega più nulla di te? Io amo un’altra donna!

Lo stesso è con il verbo fregarsene:

Non sei d’accordo con me? Me ne frego!

Me ne frego se non vuoi indossare la mascherina 😷. Indossala e basta!

Adesso la domanda nasce spontanea: quando uso fregarsene e quando uso “non mi frega”?

Sono ugualmente utilizzate. Ma c’è una differenza.

Fregarsene, e quindi ad esempio “me ne frego” è più ostentativa, più forte, denota più sicurezza di sé, ed è anche più provocatoria, sprezzante.

Se qualcosa non ci interessa per niente, se non è importante per noi, se il nostro interesse è rivolto ad altre cose, possiamo dire che non ce ne importa nulla o che, se siamo arrabbiati, che non ce ne frega niente.

Se invece vogliamo mostrare forza, prepotenza, se vogliamo mostrare disinteresse verso le difficoltà e gli ostacoli o verso le opinioni delle altre persone, “me ne frego” (quindi fregarsene) è più indicato. Somiglia molto a:

Vado avanti lo stesso

La cosa mi è assolutamente indifferente

La cosa non mi tange

Me ne Infischio

Posso usarlo anche per combattere un atteggiamento di prepotenza:

Non puoi fregartene di tutti, indossa quella mascherina!

Se te ne freghi sempre di tutti non puoi pensare di risultare simpatico!

Tutti se ne fregano di me. Ma io gli dimostrerò che valgo!

Ci sarebbero anche i verbi “fottersene” e “sbattersene” ma sono molto volgari quindi faccio a meno questa volta di spiegarli.

Ci vediamo al prossimo episodio di Italiano Semplicemente.

Adesso ripassiamo qualche espressione passata con Bogusia, anche lei membro dell’associazione.

Bogusia: Finalmente è arrivata una ottima spiegazione dell’uso del verbo fregarsene. Si dà il caso che tante volte ho sentito queste diverse frasi e qualcosa non mi tornava. Si poneva la domanda: perché lo usano gli italiani?

Però avevo una fifa blu, non volevo appunto sembrare dura di comprendonio . Ho abbozzato troppo a lungo con questo mio atteggiamento perché per poter ingranare come si deve bisogna smarcarsi dalle diverse paure, darsi alla disperazione non serve neanche. Essere accondiscendenti e dire sempre di si, assecondare chi fornisce le spiegazioni non sufficienti non è cosa.

Diciamo all’insegna dell’amicizia, uno strappo alla regola perché no. Però alla lunga non serve a chicchessia.

Passi che alcuni argomenti non ci interessano, passi pure che non sempre ci gira bene ma non chiedere mai lascia il tempo che trova.

Bisogna prendere e chiedere. Grazie a Doris per aver fatto le pulci a Gianni, si vede che le importa parecchio dell’italiano.